Language of document : ECLI:EU:C:2013:534

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 10 settembre 2013 (1)

Causa C‑43/12

Commissione europea

contro

Parlamento europeo,

Consiglio dell’Unione europea

«Direttiva 2011/82/UE – Scambio transfrontaliero di informazioni relative alle infrazioni in materia di sicurezza stradale – Scelta del fondamento normativo – Articolo 87, paragrafo 2, lettera a), TFUE – Articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE»





1.        Con il presente ricorso, la Commissione europea contesta il fondamento normativo sul quale è stata adottata la direttiva 2011/82/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (2) (in prosieguo: la «direttiva»).

2.        Tale direttiva istituisce un sistema di scambio di informazioni che consente all’autorità competente dello Stato membro nel quale è stata commessa un’infrazione delle norme in materia di circolazione stradale di ottenere, presso lo Stato membro di immatricolazione, i dati che gli permettano di identificare il responsabile dell’infrazione rilevata.

3.        Inizialmente, la Commissione aveva basato la sua proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (3) sull’articolo 71, paragrafo 1, lettera c), CE, che corrisponde all’attuale articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE.

4.        Quest’ultima disposizione fa parte del titolo VI della terza parte del Trattato FUE, relativo ai trasporti. Essa è così redatta:

«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 90 e tenuto conto degli aspetti peculiari dei trasporti, il Parlamento europeo e il Consiglio [dell’Unione europea], deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni [dell’Unione europea], stabiliscono:

(…)

c)      le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti;

(…)».

5.        Dopo lunghi e difficili negoziati che hanno condotto a ridurre il contenuto della direttiva, il Consiglio ha considerato che la direttiva doveva essere adottata non nell’ambito della politica comune dei trasporti, bensì sul fondamento dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE, che fa parte del capo 5 («Cooperazione di polizia») del titolo V («Spazio di libertà, sicurezza e giustizia») della terza parte del Trattato FUE. In accordo con il Parlamento, è stato infine scelto tale fondamento normativo.

6.        L’articolo 87, paragrafo 1, TFUE dispone che l’«Unione sviluppa una cooperazione di polizia che associa tutte le autorità competenti degli Stati membri, compresi i servizi di polizia, i servizi delle dogane e altri servizi incaricati dell’applicazione della legge specializzati nel settore della prevenzione o dell’individuazione dei reati e delle relative indagini».

7.        Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE:

«Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire misure riguardanti:

a)      la raccolta, l’archiviazione, il trattamento, l’analisi e lo scambio delle pertinenti informazioni;

(…)».

8.        A sostegno della sua posizione secondo cui la direttiva avrebbe dovuto essere fondata sull’articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE, la Commissione evidenzia che l’obiettivo principale della direttiva è il miglioramento della sicurezza stradale e che tale obiettivo rientra nella politica comune dei trasporti. Il sistema di scambio di informazioni attuato dalla direttiva sarebbe solo un mezzo per conseguire siffatto obiettivo.

9.        Essa sostiene inoltre che l’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE, è limitato alla materia penale, sicché detta disposizione potrebbe servire da base normativa solo per l’istituzione di un sistema di scambio di informazioni sulle infrazioni penali. Per definire la portata della nozione di materia penale nel diritto dell’Unione, occorrerebbe mantenere un riferimento alle qualificazioni utilizzate nel diritto nazionale. Pertanto, solo le infrazioni facenti formalmente parte del diritto penale degli Stati membri potrebbero formare oggetto di uno scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE.

10.      Secondo la concezione adottata dalla Commissione quanto all’ambito di applicazione di tale disposizione, il sistema di scambio di informazioni istituito dalla direttiva non rientrerebbe, a suo parere, nell’ambito della cooperazione di polizia ai sensi dell’articolo 87 TFUE. Infatti, le infrazioni stradali prese in considerazione dalla direttiva non sarebbero qualificate esclusivamente come «infrazioni penali» dai diritti degli Stati membri. Dall’esame degli ordinamenti giuridici di detti Stati emergerebbe infatti che tali infrazioni rientrano talvolta nel loro diritto amministrativo e talaltra nel loro diritto penale. La constatazione secondo cui talune infrazioni stradali possono essere considerate in alcuni Stati membri come infrazioni amministrative osterebbe quindi a che l’Unione europea istituisca, sul fondamento dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE, un sistema di scambio di informazioni sulle infrazioni stradali.

11.      Il Parlamento e il Consiglio contestano l’approccio sostenuto dalla Commissione, al pari di tutti gli Stati membri intervenuti nel presente procedimento (4).

12.      Per i motivi che mi accingo ad esporre, ritengo inoltre che la Commissione difenda una concezione troppo restrittiva dell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE e che tale disposizione costituisse il fondamento normativo corretto del sistema di scambio di informazioni istituito dalla direttiva.

I –    Analisi

13.      Il presente ricorso invita a stabilire se un sistema di scambio di informazioni che consente di identificare le persone che hanno commesso un’infrazione stradale in uno Stato membro diverso dal loro Stato di immatricolazione rientri o meno nell’ambito della cooperazione di polizia disciplinata dall’articolo 87 TFUE, sebbene detto sistema miri a migliorare la sicurezza stradale e le infrazioni in questione non costituiscano «infrazioni penali» in tutti gli Stati membri.

14.      Preciso subito, anche se lo si potrebbe dare per scontato, che la scelta del fondamento normativo appropriato per l’adozione della direttiva non deve essere influenzata in alcun modo dalle particolarità istituzionali che distinguono ancora, dopo il Trattato di Lisbona, il titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, dalle altre politiche settoriali. Penso segnatamente al protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato ai Trattati UE e FUE, nonché al protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato ai medesimi Trattati.

15.      Secondo giurisprudenza costante, la scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto. Se l’esame di un atto dimostra che esso persegue una duplice finalità o che esso ha una doppia componente e se una di esse è identificabile come principale, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su una sola base normativa, ossia quella richiesta dalla finalità o dalla componente principale o preponderante (5).

16.      Come enunciato dal suo articolo 1, la direttiva «mira ad assicurare un elevato livello di protezione a tutti gli utenti della strada nell’Unione agevolando lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale e l’applicazione di sanzioni, qualora tali infrazioni siano commesse con un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui è stata commessa l’infrazione».

17.      È incontestabile che il legislatore dell’Unione, mirando dunque a garantire un livello elevato di protezione a tutti gli utenti della strada nell’Unione, persegua l’obiettivo di migliorare la sicurezza di cui detti utenti devono beneficiare sulle strade degli Stati membri, riducendo il numero delle vittime, dei feriti e i danni materiali. Tale obiettivo è evidenziato in particolare ai considerando 1, 6, 15 e 26 della direttiva.

18.      È vero che, come precisato dal considerando 1 della direttiva, il «miglioramento della sicurezza stradale è un obiettivo primario della politica dei trasporti dell’Unione». Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte si può desumere che il legislatore dell’Unione è autorizzato, sul fondamento dell’articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE, ad adottare disposizioni comuni dirette a migliorare la sicurezza stradale (6).

19.      Tuttavia, la constatazione che la direttiva mira a migliorare la sicurezza stradale non mi sembra sufficiente per collocare quest’ultima nell’ambito della politica dei trasporti ed escluderla dall’ambito della cooperazione di polizia disciplinata dall’articolo 87 TFUE.

20.      Mi sembra, infatti, che l’obiettivo di assicurare un livello elevato di protezione per tutti gli utenti della strada nell’Unione possa anche essere collegato a quello perseguito nel contesto del titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, vale a dire, ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 3, TFUE, conseguire un livello elevato di sicurezza.

21.      Inoltre, la cooperazione di polizia nell’ambito dell’articolo 87 TFUE, consentendo una più efficace repressione di una categoria di infrazioni, può ben riguardare un obiettivo di interesse generale parimenti perseguito nel quadro di una politica settoriale quale la politica dei trasporti.

22.      A tale proposito rilevo che, nell’ambito del settore vicino alla cooperazione giudiziaria in materia penale, l’articolo 83, paragrafo 2, TFUE consente all’Unione di stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni allorché il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale si rivela indispensabile per garantire l’attuazione efficace di una politica dell’Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione (7). L’esistenza di un fondamento normativo atto a consentire l’armonizzazione del diritto penale degli Stati membri laddove essa risulti necessaria per conseguire gli obiettivi perseguiti nell’ambito delle politiche settoriali dimostra che non esiste una separazione ermetica tra, da un lato, i fondamenti normativi delle politiche settoriali e, dall’altro, quelli. che consentono di istituire una cooperazione di polizia o giudiziaria nel quadro del titolo V della terza parte del Trattato FUE. Pertanto, una normativa dell’Unione che fosse diretta a stabilire norme minime per la definizione dei reati e delle sanzioni in materia di circolazione stradale perseguirebbe certamente l’obiettivo di migliorare la sicurezza stradale, ma rientrerebbe ciononostante nell’ambito di applicazione dell’articolo 83, paragrafo 2, TFUE.

23.      Nello stesso ordine di idee, più avanti avrò modo di richiamare un atto di diritto derivato rientrante nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale, vale a dire la decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie (8), la quale, consentendo il riconoscimento delle sanzioni pecuniarie inflitte per le infrazioni stradali, contribuisce incontestabilmente all’obiettivo di migliorare la sicurezza stradale.

24.      In base a tali elementi si deve quindi ritenere che la cooperazione giudiziaria in materia penale, quale concepita dal Trattato di Lisbona, possa perseguire obiettivi di interesse generale ricompresi nell’ambito delle politiche settoriali. Non vedo perché il caso della cooperazione di polizia dovrebbe essere diverso.

25.      Da tali prime considerazioni risulta che la constatazione secondo cui la direttiva mira al miglioramento della sicurezza stradale non è decisiva, di per sé, per stabilire quale tra gli articoli 87, paragrafo 2, TFUE e 91, paragrafo 1, TFUE costituisca il fondamento normativo corretto della direttiva.

26.      Occorre quindi approfondire l’esame degli scopi perseguiti dalla direttiva senza limitarsi all’obiettivo dichiarato di migliorare la sicurezza stradale.

27.      Decidendo di adottare la direttiva, il legislatore dell’Unione è partito da una semplice constatazione, vale a dire che lo sviluppo della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione è spesso sinonimo di impunità in materia di infrazioni stradali.

28.      Come indicato dalla motivazione della succitata proposta di direttiva, la necessità di istituire un sistema di scambio di informazioni è nata dal fatto che le infrazioni stradali restano spesso impunite allorché sono commesse con un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso da quello dell’infrazione. Il problema si pone in particolare per le infrazioni rilevate automaticamente mediante telecamere, senza contatto diretto tra il conducente e le autorità di polizia (9).

29.      Al considerando 2 della direttiva, il legislatore dell’Unione constata infatti che «avviene spesso che le sanzioni pecuniarie previste per determinati tipi di infrazioni stradali non vengano applicate se le infrazioni sono commesse con un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui l’infrazione è stata commessa». Muovendo da tale constatazione, la direttiva «mira ad assicurare che anche in tali casi sia garantita l’efficacia delle indagini relative alle infrazioni in materia di sicurezza stradale».

30.      Secondo il considerando 6 della direttiva, «[p]er migliorare la sicurezza stradale in tutta l’Unione e assicurare pari condizioni di trattamento ai conducenti, in particolare ai trasgressori residenti e non residenti, è opportuno che l’applicazione delle sanzioni sia facilitata indipendentemente dallo Stato membro di immatricolazione del veicolo. A tal fine, si dovrebbe istituire un sistema di scambio transfrontaliero di informazioni per certe specifiche infrazioni in materia di sicurezza stradale, a prescindere dalla loro natura civile o penale ai sensi del diritto dello Stato membro interessato, che consenta allo Stato membro dell’infrazione di accedere ai dati di immatricolazione dei veicoli dello Stato membro d’immatricolazione».

31.      Inoltre, secondo il considerando 7 della direttiva, «[u]no scambio transfrontaliero più efficace dei dati di immatricolazione dei veicoli, che semplifichi l’identificazione delle persone sospettate di aver commesso un’infrazione in materia di sicurezza stradale, può accrescere l’effetto deterrente e indurre alla prudenza il conducente di un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro dell’infrazione, permettendo di ridurre in tal modo il numero di vittime dovute agli incidenti stradali».

32.      Tali considerando indicano lo scopo principale della direttiva, ossia consentire una più efficace repressione delle infrazioni stradali mediante l’istituzione di un meccanismo di cooperazione di polizia. Siffatto meccanismo è costituito da uno scambio di informazioni che permette di identificare i responsabili delle suddette infrazioni, il che costituisce un presupposto indispensabile per il perseguimento e la sanzione delle medesime da parte delle autorità competenti degli Stati membri.

33.      Da tale repressione più efficace delle infrazioni stradali, che, con il suo effetto dissuasivo, indurrà i conducenti non residenti a rispettare le norme in materia di circolazione stradale degli Stati membri che attraversano, deriverà un miglioramento della sicurezza stradale. Tale è, in ogni caso, l’auspicio del legislatore dell’Unione. Il miglioramento della sicurezza stradale costituisce, pertanto, il fine ultimo, l’effetto desiderato, e la repressione più efficace delle infrazioni stradali l’obiettivo più immediato e diretto, fermo restando che i due obiettivi sono strettamente connessi.

34.      Lo scopo che mi pare decisivo al fine di stabilire quale sia il fondamento normativo corretto della direttiva è quindi quello di permettere una più efficace repressione delle infrazioni stradali istituendo un meccanismo di cooperazione tra le autorità nazionali competenti in materia di repressione. Ritengo che un atto che persegua tale scopo in via principale debba rientrare nell’ambito della cooperazione di polizia ai sensi dell’articolo 87 TFUE.

35.      Un simile atto si inscrive a pieno titolo nell’azione dell’Unione diretta a creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Sebbene il termine «libertà» contenuto in tale espressione riguardi incontestabilmente la libera circolazione delle persone nell’Unione, esso non ha, tuttavia, solo questo significato (10). Come indicato dal piano di azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del Trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (11), adottato dal Consiglio «Giustizia e Affari interni» del 3 dicembre 1998, si tratta altresì della «“libertà” di vivere in un contesto di legalità, consapevoli che le autorità pubbliche utilizzano tutti i mezzi in loro potere, separatamente o insieme (a livello nazionale, dell’Unione e oltre) per combattere e limitare l’azione di chi cerca di negare tale libertà o abusarne» (12). Peraltro, secondo il medesimo documento, lo spazio di «giustizia» è inteso a «infondere nei cittadini un sentimento comune di giustizia in tutta l’Unione» (13). Orbene, come risulta in particolare dal considerando 6 della direttiva, quest’ultima è volta per l’appunto a porre rimedio al sentimento di ingiustizia che può derivare dall’impunità di cui beneficiano i conducenti di veicoli immatricolati in uno Stato diverso da quello dell’infrazione.

36.      Esaminiamo adesso se il contenuto della direttiva avvalori la scelta dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE quale fondamento normativo corretto della medesima.

37.      Ai sensi del suo articolo 2, la direttiva si applica a otto infrazioni in materia di sicurezza stradale, ossia l’eccesso di velocità, il mancato uso della cintura di sicurezza, il mancato arresto davanti a un semaforo rosso, la guida in stato di ebbrezza, la guida sotto l’influsso di sostanze stupefacenti, il mancato uso del casco protettivo, la circolazione su una corsia vietata, l’uso indebito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida.

38.      Gli elementi costitutivi di tali infrazioni, non essendo armonizzati a livello dell’Unione (14), vengono stabiliti dagli Stati membri (15), al pari delle sanzioni applicabili a tali infrazioni.

39.      Pertanto, il sistema di scambio delle informazioni istituito dalla direttiva non è diretto ad integrare misure già adottate dall’Unione al fine di armonizzare gli elementi costitutivi di talune infrazioni e le relative sanzioni, ma solo a consentire una più efficace applicazione delle norme in materia di circolazione stradale definite autonomamente da ciascuno Stato membro.

40.      Come risulta dall’esame del contenuto della direttiva, l’unico scopo della stessa è istituire un sistema che consenta alle autorità degli Stati membri competenti in materia di repressione di scambiarsi informazioni relative ad infrazioni stradali. Si tratta quindi di mettere a disposizione delle autorità nazionali incaricate di far rispettare le norme interne in materia di circolazione stradale uno strumento per identificare i trasgressori stranieri. Tale strumento permette agli Stati membri di affinare i mezzi di cui dispongono in fase di indagine su un’infrazione stradale, consentendo loro di ottenere le informazioni necessarie per l’identificazione del responsabile di tale infrazione e quindi per la repressione della stessa.

41.      Il nucleo del sistema istituito per aiutare gli Stati membri a reprimere più efficacemente le infrazioni stradali è costituito dagli articoli 4 e 5 della direttiva.

42.      L’articolo 4 riguarda la procedura per lo scambio di informazioni tra Stati membri. Esso prevede al paragrafo 1 che, per le indagini sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale di cui all’articolo 2, gli Stati membri autorizzano i punti di contatto nazionali degli altri Stati membri ad accedere ai dati nazionali di immatricolazione dei veicoli con la facoltà di procedere a consultazioni automatizzate sui dati relativi ai veicoli e sui dati relativi ai proprietari o agli intestatari del veicolo. L’articolo 4, paragrafo 2, primo comma, della direttiva precisa che tale consultazione «è effettuata dal punto di contatto nazionale dello Stato membro dell’infrazione che utilizza un numero completo di immatricolazione».

43.      L’articolo 4, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva dispone che lo «Stato membro dell’infrazione utilizza a norma della (…) direttiva i dati ottenuti per stabilire la responsabilità personale per le infrazioni in materia di sicurezza stradale di cui agli articoli 2 e 3».

44.      L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva prevede inoltre che, per effettuare lo scambio di informazioni, gli Stati membri si avvalgono in particolare dell’applicazione informatica appositamente concepita ai fini dell’articolo 12 della decisione 2008/615/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera (16). Tale elemento dimostra che la direttiva costituisce l’estensione, in materia di infrazioni stradali, di altri strumenti di cooperazione di polizia, quali le decisioni di Prüm, destinate segnatamente a contrastare il terrorismo e la criminalità transfrontaliera (17). Anche i considerando 2, 9 e 10 della direttiva esprimono la stessa idea.

45.      Una volta identificata la persona ritenuta responsabile dell’infrazione stradale di cui trattasi, spetta allo Stato membro dell’infrazione decidere se avviare o meno un procedimento. In caso affermativo, l’articolo 5 della direttiva definisce le modalità con cui l’infrazione dev’essere notificata a detta persona. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva, la lettera d’informazione contiene «ogni informazione pertinente quale, in particolare, la natura dell’infrazione (…), il luogo, la data e l’ora dell’infrazione, il titolo della normativa nazionale violata e la sanzione e, ove opportuno, i dati riguardanti il dispositivo usato per rilevare l’infrazione». Peraltro, l’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva prevede che lo Stato membro dell’infrazione, «al fine di assicurare il rispetto dei diritti fondamentali, invia la lettera d’informazione nella lingua del documento d’immatricolazione, se disponibile, o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di immatricolazione».

46.      Gli articoli 4 e 5 della direttiva istituiscono quindi un meccanismo tipico della cooperazione di polizia, vale a dire un sistema di scambio di informazioni tra autorità competenti in materia di repressione ai fini delle indagini di polizia relative alle infrazioni stradali che consenta di reprimere tali infrazioni previa identificazione dei responsabili.

47.      La giurisprudenza della Corte contiene indicazioni che consentono di stabilire ciò che rientra nell’ambito della cooperazione di polizia. Così, nella sentenza del 10 febbraio 2009, Irlanda/Parlamento e Consiglio (18), la Corte ha dichiarato, a proposito della direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, riguardante la conservazione di dati generati o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE (19), che detta direttiva «disciplina (…) operazioni che sono indipendenti dall’attuazione di qualsiasi eventuale azione di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale». La Corte rileva al riguardo che «[e]ssa non armonizza né la questione dell’accesso ai dati da parte delle autorità nazionali competenti in materia di repressione, né quella relativa al ricorso ai medesimi ed al loro scambio fra le autorità in parola» e osserva che tali questioni «rientran[o] in linea di principio nell’ambito coperto dal titolo VI del Trattato UE» (20).

48.      Inoltre, nella sentenza del 26 ottobre 2010, Regno Unito/Consiglio (21), la Corte ha rilevato che la decisione 2008/633/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) da parte delle autorità designate degli Stati membri e di Europol ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi (22), «persegue finalità che, in quanto tali, rientrano nell’ambito della cooperazione di polizia» (23). Per quanto attiene al contenuto della decisione 2008/633, la Corte ha rilevato che «esso verte tanto sulle modalità di designazione, da parte degli Stati membri, delle autorità, competenti in materia di sicurezza interna, autorizzate a consultare il VIS quanto sulle condizioni di accesso, di comunicazione e di conservazione dei dati utilizzati per i summenzionati fini» (24). Essa ne ha dedotto che «le disposizioni di tale decisione possono, in linea di principio, essere considerate come tese ad organizzare una forma di cooperazione di polizia» (25). La Corte si è basata su tali elementi relativi allo scopo e al contenuto della decisione 2008/633 per considerare che, sotto il profilo della scelta del fondamento normativo, detta decisione rientrava nell’ambito della cooperazione di polizia, pur costituendo parimenti una misura di sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen relative alla politica comune in materia di visti (26).

49.      A mio avviso, le indicazioni contenute nelle succitate sentenze Irlanda/Parlamento e Consiglio e Regno Unito/Consiglio consentono di ritenere che la direttiva rientri nell’ambito della cooperazione di polizia e che essa sia stata correttamente adottata sul fondamento dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE.

50.      Si deve peraltro osservare che, trattandosi di una cooperazione di polizia ricompresa nel campo di applicazione dell’articolo 87 TFUE, l’articolo 7 della direttiva, che riguarda la protezione dei dati, prevede l’applicazione della decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (27), ai dati trattati nell’ambito del sistema di scambio di informazioni previsto dalla direttiva.

51.      Infine, la lettura dell’articolo 11 della direttiva conferma che l’istituzione di un sistema di scambio di informazioni sulle infrazioni stradali definite dagli Stati membri costituisce la componente principale della direttiva. Tale articolo fa riferimento alle misure che potrebbero essere adottate in futuro dall’Unione, quali norme comuni per i dispositivi automatici di controllo e per le procedure, o l’armonizzazione delle norme in materia di circolazione stradale. Tuttavia, non è questo lo stato del diritto dell’Unione, il che impedisce di considerare il sistema istituito dalla direttiva come una misura diretta a completare misure di armonizzazione delle norme sulla circolazione stradale adottate dall’Unione nel quadro della politica comune dei trasporti. In altre parole, tale sistema non costituisce una misura accessoria ad altre misure prese dal legislatore dell’Unione nell’ambito della politica comune dei trasporti. Pertanto, detto sistema non ha lo scopo di garantire la piena effettività delle norme adottate dall’Unione in tale settore. Peraltro, si è già rilevato che la direttiva non procede né all’armonizzazione degli elementi costitutivi delle infrazioni stradali, né a quella delle sanzioni loro applicabili, le quali restano di competenza degli Stati membri. Per questi motivi, mi sembra che un ragionamento ispirato a quello svolto dalla Corte nelle sentenze del 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio (28), e del 23 ottobre 2007, Commissione/Consiglio (29), non sia atto a giustificare il ricorso all’articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE quale fondamento normativo della direttiva. Rilevo, inoltre, che dette sentenze sono intervenute nel contesto giuridico esistente prima del Trattato di Lisbona, contesto contraddistinto dalla priorità che l’articolo 47 UE attribuiva alle basi normative delle politiche settoriali.

52.      Il sistema di scambio di informazioni sulle infrazioni stradali istituito dalla direttiva, in quanto strumento di cooperazione di polizia indipendente da qualsiasi misura di armonizzazione delle infrazioni e delle sanzioni adottata dall’Unione nel quadro della politica comune dei trasporti, rientra quindi, a mio avviso, nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 2, TFUE.

53.      La Commissione obietta a quest’analisi che l’articolo 87 TFUE riguarda esclusivamente la cooperazione di polizia relativa alle infrazioni penali qualificate come tali nei diritti degli Stati membri. Pertanto, dal momento che le infrazioni stradali rientrano talvolta nel diritto amministrativo e talaltra nel diritto penale degli Stati membri (30), l’articolo 87 TFUE non potrebbe costituire il fondamento normativo corretto di un sistema di scambio di informazioni sulle suddette infrazioni.

54.      Non condivido il parere della Commissione, per vari motivi.

55.      In primo luogo, l’interpretazione restrittiva adottata dalla Commissione quanto all’ambito di applicazione dell’articolo 87 TFUE non trova sufficiente sostegno nel titolo stesso del capo 5 del titolo V della terza parte del Trattato FUE, che è limitato alla cooperazione di polizia, senza alcuna indicazione espressa nel senso che tale cooperazione riguardi solo la materia penale.

56.      Quanto al tenore letterale dell’articolo 87, paragrafo 1, TFUE, esso è particolarmente ampio, in quanto enuncia che l’«Unione sviluppa una cooperazione di polizia che associa tutte le autorità competenti degli Stati membri» (31). L’indicazione secondo cui tali autorità comprendono «i servizi di polizia, i servizi delle dogane e [gli] altri servizi incaricati dell’applicazione della legge specializzati nel settore della prevenzione o dell’individuazione dei reati e delle relative indagini» esprime l’idea secondo cui detti servizi vengono menzionati a titolo d’esempio e l’elenco non è esaustivo. Peraltro, come testimoniano altre versioni linguistiche della disposizione di cui trattasi, il riferimento alle infrazioni penali sembra riguardare unicamente gli «altri servizi di repressione», ma non i servizi di polizia e i servizi delle dogane, né tanto meno «tutte le autorità competenti degli Stati membri» (32).

57.      Dalla lettura dell’articolo 87, paragrafo 1, TFUE, risulta quindi che non è affatto escluso che una cooperazione di polizia rientrante nell’ambito di tale disposizione possa essere sviluppata tra autorità che non sono incaricate di far applicare il diritto penale negli Stati membri, qualora esse svolgano compiti ricompresi nelle funzioni di polizia in senso ampio, a prescindere dalla circostanza che si tratti di polizia amministrativa o giudiziaria (33). In altre parole, la cooperazione di polizia di cui all’articolo 87, paragrafo 1, TFUE, deve essere intesa in maniera funzionale, vale a dire nel senso che essa riguarda la cooperazione tra le autorità degli Stati membri incaricate della prevenzione, dell’individuazione e della repressione delle infrazioni.

58.      È quindi erroneo affermare, come fa la Commissione, che la sua concezione formale dell’ambito di applicazione dell’articolo 87 TFUE, posto che quest’ultimo riguarda solo le infrazioni penali qualificate come tali nei vari diritti degli Stati membri, trova un sostegno sufficiente nel testo di tale articolo.

59.      Anche l’esame di altri atti dell’Unione aventi ad oggetto lo scambio di informazioni in materia di cooperazione di polizia depone a favore di un approccio funzionale secondo cui detta cooperazione mira più in generale al mantenimento dell’ordine pubblico e alla lotta contro le infrazioni, senza una limitazione espressa alle infrazioni penali qualificate come tali nei diritti degli Stati membri.

60.      Oltre all’articolo 12, paragrafo 1, primo comma, della decisione 2008/615, cui ho fatto riferimento in precedenza (34), ai sensi del quale la consultazione automatizzata di dati di immatricolazione dei veicoli è effettuata «[p]er la prevenzione dei reati e le relative indagini e in caso di altri illeciti che rientrino nella competenza dei tribunali e delle procure dello Stato membro che effettua la consultazione, nonché allo scopo di mantenere la sicurezza pubblica», si possono citare anche la decisione 2009/917/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sull’uso dell’informatica nel settore doganale (35), la quale dispone, all’articolo 1, paragrafo 2, che il «sistema informativo doganale ha lo scopo (…), di facilitare la prevenzione, la ricerca e il perseguimento di gravi infrazioni alle leggi nazionali rendendo più rapidamente disponibili i dati e più efficaci le procedure di cooperazione e di controllo delle amministrazioni doganali degli Stati membri».

61.      In secondo luogo, la concezione formale adottata dalla Commissione presenta un certo numero di inconvenienti. Essa contrasta anzitutto con l’esigenza di uniformità nell’applicazione del diritto dell’Unione, in quanto comporta un’eterogeneità nello spazio e nel tempo dell’applicazione di meccanismi di cooperazione di polizia come quello previsto dalla direttiva. Infatti, l’applicazione di tale meccanismo dipenderebbe dalla qualificazione adottata a livello nazionale per ciascuna delle infrazioni di cui all’articolo 2 della direttiva. Peraltro, le qualificazioni adottate dagli Stati membri possono variare nel tempo, il che rende incerto l’ambito di applicazione della direttiva. Inoltre, all’interno di uno stesso Stato membro, la qualificazione di un’infrazione stradale può mutare nel corso del procedimento, così che un’infrazione amministrativa può diventare un’infrazione penale, ad esempio qualora il trasgressore non paghi l’ammenda inflitta.

62.      Circoscrivere l’ambito di applicazione dell’articolo 87 TFUE alle infrazioni penali qualificate come tali nei diritti degli Stati membri conduce inoltre a ridurre notevolmente l’effetto utile di tale articolo. Se si seguisse la tesi della Commissione, non solo non lo si potrebbe utilizzare qualora una cooperazione di polizia contribuisca ad un interesse generale rientrante in una politica settoriale, ma, per giunta, la sua applicazione sarebbe limitata alle infrazioni formalmente ricomprese nel diritto penale di tutti gli Stati membri.

63.      A tale proposito preciso che l’adozione di un approccio funzionale al campo di applicazione dell’articolo 87 TFUE consente di garantire l’effetto utile di quest’ultimo senza compromettere, contrariamente a quanto afferma la Commissione, quello dell’articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE. Quest’ultima disposizione può costituire il fondamento di molti atti che contribuiscono a migliorare la sicurezza stradale, quali gli atti relativi alle caratteristiche delle strade e alla loro manutenzione, al controllo tecnico dei veicoli, agli orari di lavoro e alla formazione degli autotrasportatori, o ancora al ravvicinamento delle norme in materia di circolazione stradale.

64.      In terzo luogo, quand’anche si dovesse ritenere che la cooperazione di polizia di cui all’articolo 87 TFUE riguardi unicamente la materia penale, quest’ultima nozione dovrebbe, in ogni caso, essere definita in modo funzionale, e non in modo formale con riferimento alle qualificazioni nazionali, come sostenuto dalla Commissione. Siffatto approccio funzionale si impone sia per le esigenze di uniformità nell’applicazione del diritto dell’Unione menzionate supra, sia per garantire l’efficacia della cooperazione di polizia istituita. In quest’ottica, una cooperazione di polizia relativa alle infrazioni che danno luogo a sanzioni aventi carattere al contempo punitivo e dissuasivo può fondarsi sull’articolo 87 TFUE. Si deve quindi fare riferimento alla «finalità repressiva» (36) delle sanzioni applicabili in caso di infrazioni stradali, anziché all’appartenenza di tali infrazioni e sanzioni al diritto penale degli Stati membri.

65.      A tale proposito, ritengo che l’approccio funzionale adottato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per definire ciò che rientra nella materia penale nel quadro dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, possa servire da fonte di ispirazione per definire il campo di applicazione dell’articolo 87 TFUE. Mi riferisco in particolare alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo Öztürk c. Germania del 21 febbraio 1984 (37), concernente le infrazioni stradali. Seguendo tale approccio funzionale, non vi è dubbio che le infrazioni stradali elencate all’articolo 2 della direttiva abbiano natura penale, in quanto danno luogo, negli Stati membri, a sanzioni aventi carattere al contempo punitivo e dissuasivo. A poco rileva quindi che dette sanzioni rientrino nel diritto amministrativo repressivo oppure nel diritto penale degli Stati membri.

66.      In quarto luogo, la concezione formale adottata dalla Commissione presenta il grave inconveniente di escludere un intero settore della criminalità dall’ambito della cooperazione in materia di polizia, nella fattispecie la criminalità stradale. Infatti, tale forma di criminalità è spesso caratterizzata da infrazioni relativamente «minori» (38), che non rientrano necessariamente nel diritto penale degli Stati membri ma possono dare luogo, per motivi di efficacia, ad una sanzione da parte di un’autorità amministrativa e non da parte di un giudice competente in materia penale. Orbene, nulla indica che gli autori del Trattato FUE intendessero limitare l’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 2, lettera a), TFUE alle infrazioni che, a causa della loro gravità, rientrano nel diritto penale degli Stati membri e non in quello del loro diritto amministrativo repressivo.

67.      Rilevo peraltro che, pur facendo parte talvolta del diritto amministrativo repressivo e talaltra del diritto penale degli Stati membri, le infrazioni stradali sono già contemplate da atti di diritto derivato adottati nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale. A tal riguardo, è interessante fare riferimento alla decisione quadro 2005/214, menzionata in precedenza (39), che completa il sistema di scambio di informazioni istituito dalla direttiva.

68.      Il considerando 4 di tale decisione quadro precisa che essa «dovrebbe includere anche le sanzioni pecuniarie comminate per infrazioni al codice della strada». Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di detta decisione quadro, quest’ultima riguarda segnatamente le infrazioni «al codice della strada». Orbene, la decisione quadro 2005/214 non subordina il reciproco riconoscimento delle sanzioni inflitte in caso di infrazioni stradali alla condizione che tali infrazioni rientrino formalmente nel diritto penale degli Stati membri.

69.      Nella causa Baláž (40), attualmente pendente dinanzi alla Corte, la Commissione sostiene tuttavia un approccio formale analogo a quello da essa difeso a sostegno del ricorso in esame. Detta causa verte sull’interpretazione della nozione di «autorità giudiziaria competente, in particolare, in materia penale» di cui all’articolo 1, lettera a), sub iii), della decisione quadro 2005/214. Ai sensi di tale disposizione, che riguarda in particolare le infrazioni stradali, la decisione che deve formare oggetto di un reciproco riconoscimento è definita come «una decisione definitiva che infligge una sanzione pecuniaria ad una persona fisica o giuridica, laddove la decisione sia stata resa da (…) un’autorità dello Stato della decisione diversa da un’autorità giudiziaria a seguito di atti che sono punibili a norma della legislazione di detto Stato a titolo di infrazioni a regolamenti, purché alla persona interessata sia stata data la possibilità di essere giudicata da un’autorità giudiziaria competente, in particolare, in materia penale» (41). Nelle sue osservazioni, la Commissione fa valere che la condizione prevista dalla suddetta disposizione è soddisfatta se l’interessato può adire un giudice che si pronunci sulle infrazioni penali formalmente qualificate come tali dagli Stati membri. Nelle conclusioni presentate il 18 luglio 2013 nella citata causa Baláž, l’avvocato generale Sharpston sostiene che l’interpretazione proposta dalla Commissione non può essere accolta, considerando, sostanzialmente, che siffatta interpretazione sarebbe in contrasto con l’intento del legislatore dell’Unione di includere nel meccanismo di reciproco riconoscimento le sanzioni pecuniarie indipendentemente dalla circostanza che le infrazioni alle quali esse si applicano siano qualificate come «penali» negli Stati membri interessati (42). Tale analisi concorda con l’approccio funzionale da me sostenuto nel contesto del presente procedimento.

70.      Insomma, la decisione quadro 2005/214, al pari della direttiva, testimonia la volontà del legislatore dell’Unione di adottare, in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria, un approccio funzionale alla materia penale onde evitare di far dipendere l’efficacia dei meccanismi di cooperazione dalle differenze esistenti tra i sistemi e le tradizioni giuridiche degli Stati membri. La medesima idea si riscontra nella direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull’ordine di protezione europeo (43).

71.      Varie indicazioni contenute nel programma di Stoccolma, adottato dal Consiglio europeo nel 2010 (44), contrastano parimenti con la concezione formale adottata dalla Commissione. Infatti, rilevo che al punto 3.1.1, intitolato «Diritto penale», il Consiglio europeo afferma che il «riconoscimento reciproco potrebbe essere esteso a tutti i tipi di sentenze e decisioni di natura giudiziaria, che possono avere, a seconda del sistema giuridico, carattere penale o amministrativo». Nel medesimo punto dedicato al diritto penale, il Consiglio europeo invita la Commissione a «predisporre uno studio completo sugli ostacoli legali e amministrativi all’esecuzione transnazionale delle sanzioni e delle decisioni amministrative per infrazioni al codice della strada e presentare, se necessario, altre iniziative legislative e non legislative per migliorare la sicurezza stradale nell’Unione». Tali indicazioni dimostrano, a mio avviso, da un lato, che l’obiettivo di migliorare la sicurezza stradale nell’Unione costituisce parte integrante della costruzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia e, dall’altro, che i meccanismi di cooperazione e di reciproco riconoscimento in materia penale sono applicabili, in un approccio funzionale, alle infrazioni stradali che formano oggetto di sanzioni nell’ambito del diritto amministrativo repressivo degli Stati membri.

72.      Peraltro, la stessa Commissione, nella sua comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio del 10 giugno 2009, intitolata «Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini» (45), indica, nelle osservazioni dedicate al riconoscimento reciproco in materia penale, che quest’ultimo «va (…) esteso anche ad altri tipi di decisioni che possono avere, a seconda degli Stati membri, un carattere penale o amministrativo». A tale proposito essa rileva, in particolare, che «alcune multe, che a seconda degli Stati possono avere natura penale o amministrativa, devono poter essere eseguite da uno Stato all’altro onde garantire, in senso più specifico, una maggiore sicurezza stradale e, in senso più generale, il rispetto delle politiche dell’Unione» (46).

73.      Da tutti i suddetti elementi deduco che la repressione delle infrazioni stradali può essere oggetto di meccanismi di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale sul fondamento delle disposizioni del Trattato FUE relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, a prescindere dalla circostanza che tali infrazioni siano collegate al diritto amministrativo repressivo o al diritto penale degli Stati membri.

74.      Occorre infine precisare che l’adozione di un approccio funzionale a questioni rientranti nella materia penale nell’ambito della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria non implica l’esclusione assoluta di un approccio formale. Come si è visto, il ricorso ad un approccio funzionale è necessario per assicurare l’efficacia e l’applicazione uniforme di meccanismi di cooperazione di polizia o giudiziaria relativi ad infrazioni e sanzioni la cui qualificazione non è stata armonizzata a livello dell’Unione e che pertanto possono rivestire, a seconda degli ordinamenti e delle tradizioni giuridiche degli Stati membri, carattere amministrativo o penale.

75.      Per contro, l’approccio formale continua ad essere pertinente laddove l’Unione decida, sul fondamento dell’articolo 83, paragrafi 1 e 2, TFUE, di stabilire norme minime relative alla definizione delle infrazioni penali e delle sanzioni nei settori menzionati in dette disposizioni. In tale situazione, è espressamente richiesta l’armonizzazione della qualificazione formale delle infrazioni come infrazioni penali. La nozione di infrazione penale va allora intesa in senso formale, senza rischi di eterogeneità tra gli Stati membri, in quanto questi ultimi sono tenuti a qualificare allo stesso modo una determinata infrazione.

II – Conclusione

76.      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:

–        respingere il ricorso, e

–        condannare la Commissione europea alle spese e dichiarare che il Regno del Belgio, l’Irlanda, l’Ungheria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica slovacca, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopportano le proprie spese.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 288, pag. 1.


3 – COM(2008) 151 def.


4 – Si tratta del Regno del Belgio, dell’Irlanda, dell’Ungheria, della Repubblica di Polonia, della Repubblica slovacca, del Regno di Svezia e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.


5 – V., in particolare, sentenza del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio (C‑130/10, punti 42 e 43).


6 – V. sentenza del 9 settembre 2004, Spagna e Finlandia/Parlamento e Consiglio (C‑184/02 e C‑223/02, Racc. pag. I‑7789, punto 30).


7 – Su quella che può essere qualificata un’«armonizzazione penale accessoria», v. Bernardi, A., «L’harmonisation pénale accessoire»; Tricot, J., «Discussion – L’harmonisation pénale accessoire: question(s) de méthode – Observations sur l’art et la manière de légiférer pénalement selon l’Union européenne», e Gindre, E., «Discussion – L’harmonisation pénale accessoire. Éléments de réflexion sur la place du droit pénal au sein de l’Union européenne», Le droit pénal de l’Union européenne au lendemain du Traité de Lisbonne, Société de législation comparée, Parigi, 2012, rispettivamente pagg. 153, 185 e 197.


8 – GU L 76, pag. 16.


9 – Pagina 2 di tale proposta di direttiva.


10 – V., in tal senso, Labayle, H., «Espace de liberté, sécurité et justice – Cadre général», Jurisclasseur Europe, fascicolo 2625, 2012, punto 9.


11 – GU 1999, C 19, pag. 1.


12 – Punto 6.


13 – Punto 15.


14 – Va tuttavia rilevata l’esistenza, per quanto riguarda il mancato utilizzo della cintura di sicurezza, della direttiva 91/671/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative all’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza sugli autoveicoli di peso inferiore a 3,5 tonnellate (GU L 373, pag. 26), come modificata dalla direttiva 2003/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 aprile 2003 (GU L 115, pag. 63).


15 – Come testimonia il rinvio al diritto dello Stato membro dell’infrazione nelle definizioni di cui all’articolo 3 della direttiva.


16 – GU L 210, pag. 1. Tale decisione è associata alla decisione 2008/616/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, relativa all’attuazione della decisione 2008/615 (GU L 210, pag. 12). Dette decisioni sono indicate congiuntamente come «decisioni di Prüm».


17 – Il modello utilizzato dalla direttiva si ispira dunque all’articolo 12, paragrafo 1, primo comma, della decisione 2008/615, il quale prevede che, «[p]er la prevenzione dei reati e le relative indagini e in caso di altri illeciti che rientrino nella competenza dei tribunali e delle procure dello Stato membro che effettua la consultazione, nonché allo scopo di mantenere la sicurezza pubblica, gli Stati membri autorizzano i punti di contatto nazionali degli altri Stati membri (…) ad accedere ai seguenti dati nazionali di immatricolazione dei veicoli (…):


      a) i dati relativi ai proprietari o agli utenti; e


      b) i dati relativi ai veicoli».


18 – C‑301/06, Racc. pag. I‑593.


19 – GU L 105, pag. 54.


20 – Punto 83 di tale sentenza.


21 – C‑482/08, Racc. pag. I‑10413.


22 – GU L 218, pag. 129.


23 – Punto 50 di tale sentenza.


24 – Punto 51 di detta sentenza.


25 – Idem.


26 – Punti 67 e 68 della sentenza Regno Unito/Consiglio, cit.


27 – GU L 350, pag. 60.


28 – C‑176/03, Racc. pag. I‑7879.


29 – C‑440/05, Racc. pag. I‑9097.


30 – V., al riguardo, considerando 6 e 8 della direttiva.


31 – Il corsivo è mio.


32 – V., segnatamente, le versioni in lingua tedesca e inglese dell’articolo 87, paragrafo 1, TFUE:


      «Die Union entwickelt eine polizeiliche Zusammenarbeit zwischen allen zuständigen Behörden der Mitgliedstaaten, einschlieβlich der Polizei, des Zolls und anderer auf die Verhütung oder die Aufdeckung von Straftaten sowie entsprechende Ermittlungen spezialisierter Strafverfolgungsbehörden».


      «The Union shall establish police cooperation involving all the Member States’ competent authorities, including police, customs and other specialised law enforcement services in relation to the prevention, detection and investigation of criminal offences».


33 – V., a favore di una definizione funzionale della cooperazione di polizia, De Biolley, S., «Coopération policière dans l’Union européenne», Jurisclasseur Europe, fascicolo 2680, 2010, punto 5.


34 – V. nota a piè di pagina n. 17.


35 – GU L 323, pag. 20.


36 – Sentenza del 5 giugno 2012, Bonda (C‑489/10, punto 39).


37 – Serie A n. 73, in particolare §§ da 53 a 56.


38 – Riprendo qui la definizione utilizzata dal legislatore dell’Unione, in particolare a proposito di infrazioni stradali comuni, da un lato, nella direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (GU L 280, pag. 1; v. considerando 16 e articolo 1, paragrafo 3), e, dall’altro, nella direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (GU L 142, pag. 1; v. considerando 17 e articolo 2, paragrafo 2).


39 – V. supra, paragrafo 23.


40 – C‑60/12.


41 – Il corsivo è mio.


42 – V. paragrafi da 52 a 54 delle conclusioni.


43 – GU L 338, pag. 2. V., in particolare, considerando 3, 8, 10 e 20 di tale direttiva.


44 – Programma di Stoccolma — Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (GU 2010, C 115, pag. 1).


45 – COM(2009) 262 def.


46 – Punto 3.1.