Language of document : ECLI:EU:T:2018:67

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

5 febbraio 2018 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti in possesso dell’EMA e trasmessi nell’ambito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale veterinario Bravecto – Decisione di concedere ad un terzo l’accesso ai documenti – Eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali – Assenza di presunzione generale di riservatezza»

Nella causa T‑729/15,

MSD Animal Health Innovation GmbH, con sede a Schwabenheim (Germania),

Intervet international BV, con sede a Boxmeer (Paesi Bassi),

rappresentate inizialmente da P. Bogaert, avvocato, B. Kelly e H. Billson, solicitors, J. Stratford, QC, e C. Thomas, barrister, successivamente da Bogaert, Kelly, Stratford e Thomas,

ricorrenti,

contro

Agenzia europea per i medicinali(EMA), rappresentata da T. Jabłoński, A. Spina, S. Marino, A. Rusanov e N. Rampal Olmedo, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione EMA/785809/2015 dell’EMA, del 25 novembre 2015, che concede a un terzo, in forza del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso a documenti contenenti le informazioni trasmesse nell’ambito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale veterinario Bravecto,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M. Prek (relatore), presidente, E. Buttigieg e B. Berke, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 maggio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le ricorrenti, la MSD Animal Health Innovation GmbH (in prosieguo: la «MSD») e la Intervet international BV (in prosieguo: la «Intervet»), fanno entrambe parte del gruppo societario Merck, leader mondiale nelle cure mediche.

2        Nel novembre del 2012 la Intervet ha depositato una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) per il Bravecto, un medicinale veterinario utilizzato nel trattamento delle infestazioni dei cani da zecche e pulci. La MSD è promotrice di cinque esperimenti tossicologici, realizzati sotto forma di relazioni dettagliate di esperimenti non clinici e trasmessi all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) per il fascicolo di domanda di AIC del Bravecto.

3        In data 11 febbraio 2014, la Commissione europea ha concesso l’AIC per le compresse masticabili di Bravecto, in diversi dosaggi, destinate a cani di peso diverso. Il Bravecto è stato, quindi, autorizzato per il trattamento delle infestazioni dei cani da zecche e pulci.

4        Con e-mail del 24 agosto 2015, l’EMA ha informato le ricorrenti di aver ricevuto una domanda proveniente da un terzo e diretta ad ottenere, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso alle cinque relazioni sugli esperimenti tossicologici contenute nel fascicolo del Bravecto. L’EMA, avendo l’intenzione di divulgare il contenuto di tre delle cinque relazioni, ha invitato le ricorrenti a comunicarle le loro proposte di cancellazioni in vista della divulgazione di dette tre relazioni raggruppate sotto la denominazione «Relazioni sugli studi del lotto 1», vale a dire lo studio di tossicità per esposizione cutanea di ratti recante il codice di riferimento C45151, lo studio di tossicità da esposizione cutanea di ratti recante il codice di riferimento C88913 e lo studio di tossicità orale su ratti recante il codice di riferimento C45162 (in prosieguo, congiuntamente: le «relazioni sugli studi del lotto 1»).

5        Con lettera dell’8 settembre 2015, le ricorrenti hanno segnalato di aver identificato le informazioni presenti nelle relazioni sugli studi del lotto 1 che esse consideravano riservate e hanno allegato dette relazioni, sottolineando le parti delle quali rivendicavano la riservatezza.

6        Con la decisione EMA/671379/2015, del 9 ottobre 2015 (in prosieguo: la «decisione del 9 ottobre 2015»), l’EMA ha indicato alle ricorrenti che essa accettava alcune proposte di cancellazioni – vale a dire l’intervallo di concentrazione del principio attivo, i dettagli dello standard di riferimento interno utilizzato nei test analitici e i riferimenti ai progetti di sviluppi futuri – mentre ne respingeva altre.

7        Con e-mail del 19 ottobre 2015, le ricorrenti hanno sottolineato che, con la decisione del 9 ottobre 2015, l’EMA respingeva in realtà la loro proposta di non divulgare la maggior parte delle informazioni da esse considerate riservate. Esse hanno indicato che ciascuna delle relazioni sugli studi del lotto 1 godeva di una presunzione di riservatezza.

8        Il 28 ottobre 2015 l’EMA e le ricorrenti hanno discusso in occasione di una teleconferenza. Le ricorrenti hanno precisato, in quell’occasione, le ragioni per cui ritenevano che le informazioni da esse individuate dovessero restare riservate. L’EMA, da parte sua, ha reiterato la posizione adottata nella decisione del 9 ottobre 2015.

9        Con lettera del 3 novembre 2015, le ricorrenti hanno sottolineato che la presunzione di riservatezza si applicava alle relazioni sugli studi del lotto 1 e che esse avevano proposto in via strettamente subordinata specifiche espunzioni dalle relazioni sugli studi, accompagnate dalle relative giustificazioni.

10      Con lettera del 25 novembre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), da un lato, l’EMA indicava che la decisione in questione sostituiva quella del 9 ottobre 2015. Dall’altro lato, essa sottolineava di voler mantenere la medesima posizione espressa in quella decisione e confermava la decisione di divulgare i documenti che non avevano, a suo avviso, carattere riservato. Alla decisione impugnata erano allegate tabelle giustificative che esponevano le motivazioni aggiornate delle ricorrenti e le risposte aggiornate dell’EMA.

 Procedimento e conclusioni delle parti

11      Le ricorrenti hanno depositato il presente ricorso il 17 dicembre 2015. Con atto separato dello stesso giorno, le medesime hanno depositato una domanda di provvedimenti provvisori ai sensi dell’articolo 278 TFUE volta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.

12      Con ordinanza del 20 luglio 2016, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA (T‑729/15 R, non pubblicata, EU:T:2016:435), il presidente del Tribunale ha ordinato la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.

13      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EMA alle spese.

14      L’EMA chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

15      Nella decisione impugnata l’EMA ha ricordato, innanzitutto, che le relazioni individuate nella domanda di accesso ai documenti e oggetto della decisione impugnata erano le relazioni sugli studi del lotto 1.

16      Dopo aver precisato che la decisione impugnata annullava e sostituiva la decisione del 9 ottobre 2015, l’EMA ha rammentato che essa aveva concesso un termine supplementare per permettere alla MSD di presentare altri argomenti al fine di dimostrare la natura riservata dei documenti, la cui divulgazione, secondo suddetta agenzia, non arrecherebbe un serio pregiudizio né ai processi decisionali in corso e futuri dell’EMA, né alla posizione concorrenziale e agli interessi economici delle ricorrenti. Essa riferisce di aver esaminato gli argomenti supplementari che le sono stati presentati il 3 novembre 2015 e di essere d’accordo sui dati relativi all’intervallo di concentrazione del principio attivo, ai dettagli dello standard di riferimento interno utilizzato nei test analitici e alla domanda di definizione dei limiti di residui. Per contro, l’agenzia si è rifiutata di cancellare altri dati e, a tal proposito, ha fatto riferimento a tre tabelle, create per ciascuna delle relazioni e costituite rispettivamente di 64, 72 e 48 pagine. Le tabelle allegate alla decisione impugnata contengono, pertanto, le motivazioni dettagliate del rifiuto dell’EMA.

17      A sostegno del proprio ricorso le ricorrenti invocano cinque motivi: il primo motivo verte sulla tutela delle relazioni sugli studi del lotto 1, ex articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001, in forza di una presunzione generale di riservatezza; il secondo motivo verte sulla tutela delle medesime relazioni sugli studi, ex articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, in quanto informazioni riservate sotto il profilo commerciale; il terzo motivo verte sulla tutela delle medesime relazioni sugli studi, ex articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, contro ogni pregiudizio al processo decisionale; il quarto motivo verte sull’assenza di un bilanciamento degli interessi, e il quinto motivo verte sull’inadeguato bilanciamento degli interessi.

 Sul primo motivo, vertente sulla tutela delle relazioni sugli studi del lotto 1, ex articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001, in forza di una presunzione generale di riservatezza

18      Nell’ambito del primo motivo, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che esista una presunzione generale di riservatezza dei documenti prodotti nell’ambito della procedura di AIC di un medicinale e, al riguardo, fanno valere gli argomenti qui di seguito illustrati:

–        nella normativa settoriale relativa ai medicinali, il legislatore ha previsto un regime ad hoc di divulgazione che prevale sul regime di accesso ai documenti di cui al regolamento n. 1049/2001. Tale regime prevederebbe che i documenti prodotti nell’ambito di una procedura di AIC di un medicinale siano tutelati da una presunzione generale di riservatezza ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001;

–        costituisce, peraltro, caratteristica essenziale del regime dell’AIC il fatto che tutti i documenti prodotti per costituire il fascicolo di una domanda di AIC e, in particolare, gli studi clinici e non clinici, siano tutelati attraverso la presunzione generale di riservatezza stabilita dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001;

–        la sussistenza di tale presunzione è avvalorata dall’interpretazione del regolamento n. 1049/2001 e del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1), alla luce dei requisiti imposti dall’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS), del 15 aprile 1994 (GU 1994, L 336, pag. 214; in prosieguo: l’«accordo TRIPS»), e in particolare dal suo articolo 39, paragrafo 3;

–        la presunzione generale di riservatezza deve essere applicata per tutta la durata e anche oltre il periodo di esclusiva dei dati commerciali e non può scadere dopo l’adozione della decisione di AIC; qualsiasi diversa interpretazione sarebbe incompatibile con l’efficacia del regolamento n. 726/2004;

–        in ogni caso, si presume che le relazioni siano riservate almeno fino al termine dei procedimenti decisionali previsti;

–        in linea con la giurisprudenza, le relazioni sugli studi del lotto 1 appartengono tutte alla stessa categoria di documenti e devono beneficiare della presunzione generale di riservatezza, al fine di garantire gli obiettivi della procedura di AIC e di preservare l’integrità dello svolgimento della procedura bilaterale limitando l’ingerenza dei terzi. Inoltre, le relazioni sugli studi del lotto 1 dovrebbero godere di una tutela maggiore rispetto alle relazioni del Comitato per i medicinali, poiché sono state elaborate dalle ricorrenti e non dal Comitato per i medicinali per uso veterinario (in prosieguo: il «CVMP»);

–        l’EMA non ha sufficientemente motivato le ragioni per cui era giustificata la divulgazione dei passaggi contenuti nelle relazioni sugli studi del lotto 1, in deroga alla presunzione generale di riservatezza. Al contrario, senza la benché minima motivazione, essa ha applicato la presunzione assoluta per cui tutte le informazioni afferenti all’AIC in questione potevano essere divulgate, rimettendo in questione la politica di non divulgazione da essa applicata fino al 2010.

19      L’EMA contesta tali argomenti.

20      Nell’ambito del presente motivo di ricorso, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che le presunzioni generali di riservatezza che si applicano a certe categorie di documenti riguarderebbero anche le relazioni sugli studi del lotto 1 presentate nell’ambito della procedura di AIC del Bravecto, prevista dai regolamenti nn. 141/2000 e 726/2004, e che, pertanto, la divulgazione di tali documenti, in linea di principio, arrecherebbe pregiudizio agli interessi commerciali. La presunzione generale di riservatezza invocata dalle ricorrenti si fonda quindi sull’eccezione riguardante la tutela dei loro interessi commerciali, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

21      L’esame di tale questione impone di rammentare che, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, le disposizioni relative all’accesso del pubblico ai documenti dell’EMA si applicano a tutti i documenti detenuti da tale agenzia, cioè a tutti i documenti da essa redatti o ricevuti e in suo possesso, in tutti i suoi settori di attività. Inoltre, pur se detto regolamento è diretto a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni il più ampio possibile, tale diritto è tuttavia assoggettato a taluni limiti fondati su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 85).

22      Occorre parimenti rilevare che la Corte ha riconosciuto la facoltà, per le istituzioni e le agenzie interessate, di basarsi su presunzioni di carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, in quanto considerazioni di ordine generale analoghe possono applicarsi a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50). La sussistenza di una tale presunzione non esclude il diritto, per l’interessato, di dimostrare che un dato documento di cui viene chiesta la divulgazione non è coperto dalla suddetta presunzione (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C 532/07 P, EU:C:2010:541, punto 103).

23      Ciononostante, va sottolineato che la sussistenza di una presunzione generale di riservatezza per certe categorie di documenti costituisce un’eccezione all’obbligo, imposto dal regolamento n. 1049/2001 all’istituzione interessata, di esaminare in maniera concreta e specifica ciascuno dei documenti oggetto di una domanda di accesso al fine di determinare se ad essi si applichi una delle eccezioni previste, in particolare, dall’articolo 4, paragrafo 2, di detto regolamento. Così come la giurisprudenza impone che le eccezioni alla divulgazione di cui alla summenzionata disposizione siano interpretate ed applicate in senso restrittivo, dal momento che esse derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 48), il riconoscimento e l’applicazione di una presunzione generale di riservatezza devono avvenire in maniera restrittiva (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 81).

24      Il giudice dell’Unione ha, pertanto, enucleato in più sentenze determinati criteri per il riconoscimento di una siffatta presunzione in base al tipo di causa.

25      Da un lato, emerge da più sentenze della Corte che, affinché una presunzione generale sia validamente opposta alla persona richiedente l’accesso a documenti in base al regolamento n. 1049/2001, è necessario che i documenti richiesti facciano parte della stessa categoria di documenti o siano della stessa natura (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 72).

26      Dall’altro lato, l’applicazione delle presunzioni generali può essere dettata dall’esigenza imperativa di assicurare il corretto funzionamento delle procedure di cui trattasi e di garantire che i loro obiettivi non vengano compromessi. Quindi, il riconoscimento di una presunzione generale può trovare fondamento nell’incompatibilità dell’accesso ai documenti di talune procedure con il buono svolgimento delle stesse e nel rischio di un pregiudizio alle medesime, posto che le presunzioni generali consentono di preservare l’integrità dello svolgimento della procedura limitando l’ingerenza dei terzi (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nelle cause riunite LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:528, paragrafi 66, 68, 74 e 76).

27      In tal senso, per esempio, il Tribunale ha ritenuto che, finché, nella fase precontenziosa di un’indagine svolta nell’ambito di una procedura EU Pilot, esisteva un rischio di alterare la natura del procedimento per inadempimento, di modificarne lo svolgimento e di comprometterne gli obiettivi, fosse giustificata l’applicazione della presunzione generale di riservatezza ai documenti scambiati tra la Commissione e lo Stato membro interessato (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑306/12, EU:T:2014:816, punti da 57 a 63).

28      Inoltre, in tutte le cause che hanno condotto al riconoscimento di simili presunzioni, il diniego di accesso di cui trattasi riguardava una serie di documenti chiaramente circoscritti dalla loro comune appartenenza a un fascicolo afferente a un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 128; del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punti 49 e 50, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punti 69 e 70).

29      Infine, il giudice dell’Unione considera che anche l’applicazione di regole specifiche previste da un atto giuridico relativo ad un procedimento svolto dinanzi a un’istituzione dell’Unione, per le cui esigenze sono stati prodotti i documenti richiesti, è uno dei criteri atti a giustificare il riconoscimento di una presunzione generale (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop, T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punto 91, e le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:325, paragrafo 75). Le eccezioni al diritto di accesso ai documenti che figurano all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non possono, quindi, essere interpretate senza tener conto delle regole specifiche che disciplinano l’accesso ai documenti in parola, previste dai regolamenti di cui trattasi.

30      In tal senso, la Corte ha rilevato che, nell’ambito di un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE, talune disposizioni del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), disciplinavano in maniera restrittiva l’uso dei documenti compresi nel fascicolo relativo a detto procedimento, in quanto prevedevano che le parti di un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE non disponevano di un diritto di accesso illimitato ai documenti compresi nel fascicolo della Commissione e che i terzi, ad eccezione dei denuncianti, non disponevano, nell’ambito di un procedimento siffatto, del diritto di accesso ai documenti del fascicolo della Commissione. La Corte ha stimato che autorizzare un accesso generalizzato, sulla base del regolamento n. 1049/2001, ai documenti compresi in un fascicolo relativo all’applicazione dell’articolo 101 TFUE avrebbe posto in pericolo l’equilibrio che il legislatore dell’Unione aveva voluto garantire, nei regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004, tra l’obbligo per le imprese interessate di comunicare alla Commissione informazioni commerciali eventualmente sensibili, al fine di consentire a quest’ultima di scoprire l’esistenza di un cartello e valutarne la compatibilità col predetto articolo, da un lato, e la garanzia di una tutela rafforzata collegata, in forza del segreto d’ufficio e del segreto commerciale, alle informazioni trasmesse a tale titolo alla Commissione, dall’altro lato. Da ciò la Corte ha concluso che la Commissione, ai fini dell’applicazione delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, aveva il diritto di presumere, senza procedere individualmente ad un esame concreto di ciascun documento compreso in un fascicolo relativo ad un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE, che la divulgazione di tali documenti arrecasse pregiudizio, in linea di principio, alla tutela degli interessi commerciali delle imprese coinvolte in un procedimento del genere (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punti 86, 87, 90 e 93).

31      É anche in funzione di tale criterio che il Tribunale ha ritenuto, per contro, che nessuna presunzione generale di riservatezza risultasse dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1), poiché detto regolamento non disciplinava in maniera restrittiva l’uso dei documenti contenuti nel fascicolo relativo ad una procedura di autorizzazione per l’uso di una sostanza chimica, a differenza delle situazioni per le quali la Corte e il Tribunale hanno ammesso che si applicassero le presunzioni generali di riservatezza che giustificano il diniego di accesso ai documenti (v., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2017, Deza/ECHA, T‑189/14, EU:T:2017:4, punto 39).

32      Nel caso di specie, i documenti controversi non riguardano un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso, poiché l’AIC del Bravecto è stata concessa l’11 febbraio 2014 e la domanda di accesso ai documenti controversi è intervenuta solamente il 24 agosto 2015. Di conseguenza, anche a voler ritenere che la giurisprudenza citata ai precedenti punti 26 e 27, secondo cui l’applicazione di una presunzione generale potrebbe essere giustificata dall’esigenza imperativa di garantire il corretto funzionamento del procedimento di cui trattasi, si applichi nell’ambito di una procedura di AIC, la divulgazione della relazione controversa non può alterare detto procedimento, dato che il procedimento è stato chiuso prima della domanda di accesso ai documenti controversi da parte di un terzo.

33      Allo stesso modo, a differenza delle situazioni per le quali la Corte e il Tribunale hanno ammesso l’applicazione delle presunzioni generali di riservatezza che giustificano il diniego di accesso ai documenti, il regolamento n. 726/2004 non disciplina in maniera restrittiva l’uso dei documenti compresi nel fascicolo relativo a una procedura di AIC di un medicinale. Esso non prevede una limitazione dell’accesso agli atti per le «parti interessate» o i «denuncianti».

34      Il regolamento n. 726/2004 prevede espressamente all’articolo 73 che ai documenti detenuti dall’EMA si applichi il regolamento n. 1049/2001 e che il consiglio di amministrazione di quest’ultima agenzia adotti disposizioni per l’attuazione del regolamento n. 1049/2001. Nessun’altra disposizione del regolamento n. 726/2004 potrebbe essere intesa come rivelatrice dell’intenzione del legislatore dell’Unione di creare un regime di accesso ristretto ai documenti attraverso una presunzione generale di riservatezza degli stessi.

35      Il regolamento n. 726/2004 impone, infatti, all’EMA, all’articolo 11, all’articolo 13, paragrafo 3, all’articolo 36, all’articolo 38, paragrafo 3, e all’articolo 57, paragrafi 1 e 2, la divulgazione di tre documenti, vale a dire la relazione pubblica europea di valutazione (in prosieguo: l’«EPAR»), il riassunto delle caratteristiche dei medicinali interessati e il foglietto illustrativo per l’utilizzatore, una volta eliminate da essi tutte le informazioni riservate sotto il profilo commerciale. Tali disposizioni menzionano le informazioni minime che l’EMA, attraverso i tre documenti summenzionati, è chiamata a mettere proattivamente a disposizione del pubblico. L’obiettivo del legislatore dell’Unione è, da un lato, che siano indicate nel modo più intellegibile possibile al personale sanitario le caratteristiche del medicinale in oggetto e le modalità di prescrizione ai pazienti e, dall’altro, che il pubblico non professionista sia informato, in un linguaggio comprensibile, del modo ottimale di utilizzo del medicinale e degli effetti di quest’ultimo. Tale regime di divulgazione minima proattiva di informazioni non costituisce, dunque, un regime ad hoc di accesso ai documenti da interpretare nel senso che tutti i dati e le informazioni non contenuti nei tre documenti summenzionati debbano presumersi riservati.

36      Gli articoli 11, 12 e 36 nonché l’articolo 37, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004 traducono parimenti la volontà del legislatore che la procedura di AIC sia trasparente anche qualora essa non dia luogo ad una decisione o sfoci in una decisione di rifiuto di AIC. Tali disposizioni prevedono, infatti, che sia le informazioni relative a una domanda di AIC che il richiedente ha ritirato prima che l’EMA si sia pronunciata, sia quelle che riguardano una domanda di AIC che è stata rifiutata debbano essere accessibili al pubblico.

37      Ne deriva che il principio preminente nei regolamenti nn. 726/2004 e 1049/2001 è quello dell’accesso del pubblico alle informazioni e che le eccezioni a tale principio sono quelle previste all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, tra cui quelle riguardanti le informazioni commerciali riservate. Tenuto conto del requisito d’interpretazione restrittiva richiamato al precedente punto 23, si deve ritenere che il legislatore dell’Unione non abbia previsto un regime ad hoc di accesso ai documenti e, in tal senso, non ha stabilito una presunzione generale di riservatezza delle relazioni sugli studi del lotto 1.

38      In considerazione di quanto sopra esposto, si deve concludere che non esiste alcuna presunzione generale di riservatezza dei documenti e delle relazioni contenuti in un fascicolo di AIC di un medicinale, risultante dall’applicazione del combinato disposto dei regolamenti nn. 1049/2001 e 726/2004. Una volta conclusa la procedura di AIC di un medicinale, non si può, quindi, ritenere che i documenti del fascicolo amministrativo, ivi comprese le relazioni sugli studi di non pericolosità, godano di una presunzione generale di riservatezza per la ragione implicita che manifestamente ricadrebbero, in linea di principio e nel loro complesso, nell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali dei richiedenti AIC. Spetta quindi all’EMA verificare, attraverso un esame concreto ed effettivo di ciascuno dei documenti del fascicolo amministrativo, se ogni documento è coperto in particolare dal segreto commerciale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

39      È importante aggiungere, peraltro, che, in applicazione dell’articolo 73 del regolamento n. 726/2004, l’EMA ha adottato le disposizioni per l’attuazione del regolamento n. 1049/2001. Allo stesso modo, al fine di rafforzare la propria politica relativa all’accesso ai documenti, essa ha adottato, il 30 novembre 2010, il documento EMA/110196/2006 intitolato «[P]olitica dell’[EMA] sull’accesso ai documenti (relativi ai farmaci per uso umano o veterinario)». In tale documento si sottolinea che, ferma restando una tutela adeguata delle informazioni commerciali riservate, dei dati personali e di altri interessi specifici, l’accesso a un documento è negato unicamente se si ritiene applicabile una delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

40      É opportuno parimenti rilevare che, in applicazione della propria politica sull’accesso ai documenti, l’EMA ha redatto il documento EMA/127362/2006, nel quale ha riportato i risultati della propria politica sull’accesso ai documenti relativi ai medicinali per uso umano e veterinario. Tale documento contiene una tabella dei risultati che è stata completata in funzione dell’esperienza acquisita dall’agenzia in materia di domanda di accesso ai documenti. Detta tabella è stata completata, da un lato, dal documento EMA/484118/2010 relativo alle raccomandazioni dei direttori delle Agenzie per i medicinali sulla trasparenza e, dall’altro, dalla guida comune dell’EMA e dei direttori delle Agenzie per i medicinali relativa all’identificazione delle informazioni commerciali riservate e dei dati personali nell’ambito di una procedura di AIC, che potevano essere rese pubbliche dopo l’adozione di una decisione. Risulta da tale tabella che, per quanto riguarda i fascicoli dei richiedenti autorizzazione, l’EMA considera che, non appena sia conclusa la procedura d’AIC di un medicinale e dopo aver consultato il titolare dei suddetti documenti, questi ultimi sono in linea di principio accessibili.

41      Ne deriva che il motivo di ricorso vertente sulla sussistenza di una presunzione generale di riservatezza delle informazioni controverse deve, in ogni caso, essere respinto.

42      Nessuno degli argomenti addotti dalle ricorrenti può rimettere in discussione tale conclusione.

43      In primo luogo, il fatto che le relazioni sugli studi del lotto 1 siano stati elaborati dalle ricorrenti e che non provengano da una relazione di valutazione del CVMP basata su informazioni trasmesse dal richiedente AIC non giustifica, di per sé, la necessità di una tutela più elevata di tali rapporti. Infatti, la questione se l’informazione in oggetto sia riservata o meno sotto il profilo commerciale è l’elemento determinante; poco importa che tale informazione sia stata inserita dal CVMP nella sua relazione di valutazione o che essa provenga direttamente dal titolare dell’AIC. In tale contesto, si deve rilevare che il mero fatto che i dati contenuti nelle relazioni sugli studi del lotto 1 appartengano tutti alla medesima categoria di documenti non sarebbe sufficiente a ritenere che essi beneficino della presunzione generale di riservatezza.

44      In secondo luogo, le ricorrenti affermano invano che costituirebbe caratteristica essenziale del regime di AIC la tutela, attraverso la presunzione generale di riservatezza stabilita dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, di tutti i documenti prodotti per costituire il fascicolo di AIC e, in particolare, gli studi clinici e non clinici, e che nello stesso senso deporrebbe la giurisprudenza del giudice dei procedimenti sommari e quella risultante dalla sentenza del 23 gennaio 1997, Biogen (C‑181/95, EU:C:1997:32). Innanzitutto, tale affermazione non è minimamente comprovata. Non risulta in modo evidente, poi, che gli studi clinici e non clinici siano di per sé riservati. Essi, infatti, possono limitarsi a rispondere al modello regolamentare prescritto dall’EMA senza contenere alcun elemento innovativo. Va sottolineato, inoltre, che la trasparenza del processo seguito dall’EMA e la possibilità di ottenere l’accesso ai documenti utilizzati dagli esperti di tale agenzia per procedere alla loro valutazione scientifica contribuiscono a conferire a detta autorità, agli occhi dei destinatari dei suoi atti, una maggiore legittimità, e ad aumentare la fiducia di questi ultimi verso l’autorità in parola, nonché ad accrescere la responsabilità di quest’ultima verso i cittadini in un sistema democratico (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 56). Infine, non sarebbe possibile desumere dalla sentenza del 23 gennaio 1997, Biogen (C‑181/95, EU:C:1997:32), né dalle ordinanze del 25 aprile 2013, AbbVie/EMA (T‑44/13 R, non pubblicata, EU:T:2013:221), e del 1o settembre 2015, Pari Pharma/EMA (T‑235/15 R, EU:T:2015:587), invocate dalle ricorrenti, alcun riconoscimento della sussistenza di una presunzione generale di riservatezza delle relazioni sugli studi del lotto 1. Come sottolineato a giusto titolo dall’EMA, non si può dedurre una conclusione simile dalle ordinanze del giudice dei procedimenti sommari. Quanto alla sentenza del 23 gennaio 1997, Biogen (C‑181/95, EU:C:1997:32), oltre al fatto che essa è stata pronunciata prima dell’adozione del regolamento n. 1049/2001, dalla stessa non risulta che la Corte abbia confermato la riservatezza delle informazioni contenute in una AIC nel loro complesso.

45      In terzo luogo, è inoperante l’argomento secondo cui la presunzione generale di riservatezza delle relazioni sugli studi del lotto 1 è indispensabile per garantire gli obiettivi della procedura di AIC e di preservare l’integrità dello svolgimento della procedura bilaterale. Nel caso di specie, si deve constatare, innanzitutto, che le relazioni sugli studi del lotto 1 sono state trasmesse e valutate nell’ambito della domanda di AIC del Bravecto, che in seguito l’EMA ha accordato alle ricorrenti l’AIC di tale medicinale per una determinata indicazione terapeutica e, infine, che la procedura di concessione dell’AIC del Bravecto era conclusa quando la domanda di accesso alle suddette relazioni è stata presentata da un terzo.

46      In tali circostanze, le ricorrenti sostengono che, per garantire l’efficacia del regolamento n. 726/2004, la presunzione generale di riservatezza dovrebbe applicarsi per tutta la durata e anche oltre il periodo di esclusiva dei dati commerciali senza scadere dopo l’adozione della decisione di AIC. Esse sostengono che altri dati potrebbero essere riutilizzati nell’ambito di nuove domande di AIC. Tali argomenti vanno respinti. La possibilità di un riutilizzo dei dati, infatti, non costituisce di per sé un motivo sufficiente per ritenere tali informazioni riservate o in grado di pregiudicare il processo decisionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n.1049/2001. Emerge dalla decisione impugnata che possono essere considerate informazioni commerciali riservate soltanto gli elementi delle relazioni sugli studi del lotto 1 che non riguardano l’indicazione già autorizzata, che sono relativi a dettagli specifici della domanda in corso o ai progetti di sviluppo futuri e che non sono contenuti in un documento accessibile al pubblico (come l’EPAR). L’EMA non può, dunque, negare l’accesso agli elementi contenuti nelle relazioni sugli studi del lotto 1 che non riguardano i tre tipi di dati summenzionati. In tal senso, va sottolineato che la decisione impugnata ha indicato che sono stati eliminati i riferimenti fatti nelle relazioni sugli studi del lotto 1 a qualsiasi progetto di sviluppo futuro delle ricorrenti e che tali informazioni «non rivelano nessun dettaglio relativo alla domanda attualmente in corso in vista dell’aggiunta di una nuova forma farmaceutica». Tali considerazioni, d’altronde, non sono state contestate dalle ricorrenti.

47      In quarto luogo, occorre esaminare l’argomento secondo cui l’interpretazione dei regolamenti nn. 1049/2001 e 726/2004 alla luce delle condizioni poste dall’accordo TRIPS e, in particolare, dal suo articolo 39, paragrafi 2 e 3, avrebbe dovuto condurre l’EMA a concludere che le relazioni sugli studi del lotto 1 godrebbero di una presunzione generale di riservatezza.

48      È importante sottolineare che, sebbene l’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS, al quale fanno riferimento le ricorrenti, non possa essere invocato in quanto tale per invalidare la decisione impugnata, i regolamenti nn. 1049/2001 e 726/2004 devono comunque essere interpretati in modo da garantire la loro conformità al contenuto di tale disposizione. Infatti, le disposizioni dell’accordo TRIPS, che fa parte dell’accordo OMC, firmato dalla Comunità europea e successivamente approvato con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Qualora in un settore disciplinato dall’accordo TRIPS esista una normativa dell’Unione, trova applicazione il diritto dell’Unione; ciò implica l’obbligo di operare, nella misura del possibile, un’interpretazione conforme a tale accordo, senza che tuttavia possa essere riconosciuta alla disposizione in questione dell’accordo suddetto un’efficacia diretta (v. sentenza dell’11 settembre 2007, Merck Genéricos – Produtos Farmacêuticos, C‑431/05, EU:C:2007:496, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

49      Occorre rammentare che l’articolo 39, paragrafo 2, dell’accordo TRIPS prevede che le informazioni che hanno un valore commerciale siano protette dall’uso e dalla divulgazione da parte di terzi se sono segrete, vale a dire se non sono, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili a persone del settore che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione. Il paragrafo 3 di tale articolo impone agli Stati membri di garantire la tutela dei dati non divulgati che risultano da esperimenti o di altri dati non divulgati da usi commerciali sleali, qualora l’autorizzazione alla commercializzazione di prodotti farmaceutici implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche sia subordinata alla presentazione di tali dati, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno.

50      Dall’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS non si può tuttavia far discendere un obbligo di far prevalere in maniera assoluta la tutela accordata ai diritti di proprietà intellettuale sulla presunzione in favore della divulgazione delle informazioni presentate nell’ambito di una domanda di deroga all’esclusiva di mercato di un medicinale orfano. In tal senso, l’approccio difeso dalle ricorrenti volto a caratterizzare come riservate tutte le informazioni da esse presentate significa non tenere conto dell’equilibrio creato dai regolamenti summenzionati e non applicare il meccanismo che prevede, in sostanza, la divulgazione delle informazioni, ad eccezione di quelle commerciali riservate, relative ai medicinali oggetto di una procedura di autorizzazione. Un siffatto approccio non può essere accolto, in quanto esso porta in realtà a mettere in discussione la legittimità del meccanismo creato dai regolamenti nn. 1049/2001 e 726/2004 alla luce dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS.

51      Per di più, l’argomentazione delle ricorrenti lascia intendere che non esisterebbe alcun meccanismo di tutela della proprietà intellettuale. Orbene, da un lato, i titolari dei dati beneficiano di un periodo in cui questi ultimi sono tutelati in forza dell’articolo 39, paragrafo 10, del regolamento n. 726/2004. Dall’altro lato, essi godono, in applicazione delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, di una tutela delle informazioni commerciali riservate contenute nel fascicolo di AIC, tra cui quelle relative alla fabbricazione del prodotto e alle altre specifiche industriali e tecniche dei processi di qualità applicate per fabbricare la sostanza.

52      In quinto luogo, le ricorrenti accusano l’EMA di non aver motivato a sufficienza le ragioni per cui essa affermava che le relazioni sugli studi del lotto 1 non godessero di una presunzione generale di riservatezza e, allo stesso tempo, contestano i motivi volti a giustificare tale affermazione. Gli argomenti delle ricorrenti, nei limiti in cui devono in realtà essere intesi come una censura vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, devono essere respinti. La decisione impugnata, infatti, riporta un ragionamento completo e dettagliato che permette di comprendere in toto le ragioni per cui l’EMA ha concluso nel senso dell’assenza di una presunzione generale di riservatezza delle informazioni controverse. In particolare, l’EMA sottolinea che la presunzione generale di riservatezza è contraria alle disposizioni del Trattato FUE e del regolamento n. 1049/2001 relative alla trasparenza. Essa richiama a tal proposito il contenuto dell’articolo 2, paragrafi 3 e 4, e dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001. Quanto all’affermazione circa la sussistenza di un rischio di sfruttamento sleale dei dati volta a giustificare la presunzione generale di riservatezza, l’EMA rileva che i dati forniti a sostegno di una domanda di AIC sono tutelati da un periodo di esclusiva dei dati previsto dagli articoli 13 e 13 bis della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU 2001, L 311, pagg. 1). A tal riguardo, l’EMA osserva che la comunicazione di informazioni conformemente al regolamento n. 1049/2001 non può recare pregiudizio alla tutela instaurata dall’articolo 39 dell’accordo TRIPS e dagli articoli 13 e 13 bis della direttiva 2001/82. La decisione impugnata indica, inoltre, che, conformemente all’articolo 16 del regolamento n. 1049/2001, la decisione dell’EMA di concedere l’accesso ai documenti non pregiudica i diritti di proprietà intellettuale che possono esistere sui documenti o sul loro contenuto e non può essere interpretata come un’autorizzazione esplicita o implicita o una licenza che permette al richiedente accesso di utilizzare, riprodurre, pubblicare, divulgare o sfruttare in altro modo i documenti o il loro contenuto. L’EMA indica, inoltre, che il rischio di un uso dei documenti elusivo dell’esclusiva dei dati in violazione della direttiva 2001/82 e del regolamento n. 1049/2001 non può costituire un motivo di diniego d’accesso ai documenti, poiché un approccio opposto comporterebbe, praticamente, una paralisi quasi totale delle attività legate all’accesso ai documenti dell’EMA. Tale approccio sarebbe in contrasto con le disposizioni sulla trasparenza contenute nel Trattato FUE e nel regolamento n. 1049/2001. L’EMA rileva, infine, che sussiste sempre il rischio di un uso illegale dei documenti rilasciati conformemente al regolamento n. 1049/2001 e che le altre normative europee e nazionali prevedono le corrispondenti misure correttive. Pertanto, i motivi riportati nella decisione impugnata volti a contestare la sussistenza di una presunzione generale di riservatezza delle relazioni sugli studi del lotto 1 soddisfano l’obbligo di motivazione dell’articolo 296 TFUE.

53      Nei limiti in cui verte sui motivi stessi di tale conclusione, la contestazione delle ricorrenti non può essere accolta. Innanzitutto, come risulta dall’analisi effettuata ai precedenti punti da 20 a 41, non si può dedurre dalle disposizioni del regolamento n. 726/2004 la sussistenza di una qualsivoglia presunzione generale di riservatezza delle relazioni sugli studi del lotto 1.

54      Inoltre, il requisito di cui all’accordo TRIPS relativo alla tutela dei documenti forniti all’EMA da usi commerciali sleali è soddisfatto per le ragioni richiamate ai precedenti punti da 47 a 51. A tal proposito, le ricorrenti affermano a torto che l’iniziativa dell’EMA presuppone necessariamente che tutti i loro concorrenti rispettino sempre la legge e che non potranno ottenere alcun vantaggio economico utilizzando legalmente le relazioni sugli studi del lotto 1. Infatti, da un lato, la tutela dei dati prevista dal regolamento n. 726/2004 è volta precisamente ad impedire ai concorrenti di utilizzare gli studi presenti in un fascicolo di AIC. Dall’altro, la riservatezza di certi dati, garantita dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, costituisce un baluardo contro l’uso sleale di dati commercialmente sensibili.

55      Le ricorrenti affermano che l’EMA ha previsto alcune condizioni per un uso proattivo dei documenti, così ammettendo l’eventualità di un loro uso sleale. Esse sottolineano che l’EMA declina qualsiasi responsabilità circa il rispetto di dette condizioni da parte degli interessati e che tale circostanza equivale a confessare che tali condizioni sono inadatte ad impedire ai concorrenti di ottenere vantaggi ingiusti. Tali argomenti devono essere respinti in ragione del fatto che essi presuppongono che i dati che possono essere sfruttati in modo sleale sono da considerare riservati. Orbene, non si può garantire un’assenza assoluta di rischi di uso sleale dei dati. È dunque normale che l’EMA declini ogni sua responsabilità al riguardo. Tale motivo, in aggiunta, non permette di concludere che tutti i dati debbano godere della presunzione di riservatezza.

56      Le ricorrenti sostengono, inoltre, che esistono numerosi modi in cui i concorrenti potrebbero utilizzare le conoscenze acquisite dalle relazioni sugli studi del lotto 1 per trarne un vantaggio concorrenziale, a danno delle ricorrenti medesime. Ciò non prova in alcun modo, tuttavia, che le informazioni meritino di essere tutelate nel loro complesso attraverso una presunzione generale di riservatezza.

57      Le ricorrenti affermano, infine, invano che, visto che i dati sono soggetti a divulgazione, i richiedenti AIC avrebbero interesse a presentare il minimo di informazioni sufficiente a soddisfare le condizioni necessarie per presentare un fascicolo di AIC e ottenere l’AIC per il loro medicinale. Tale argomento presuppone che l’EMA si accontenterà di un minimo di informazioni per emettere un parere favorevole ad un’AIC per un medicinale, circostanza che, tenuto conto degli elevanti standard imposti dalla normativa dell’Unione, è poco probabile.

58      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il primo motivo di ricorso dev’essere respinto perché infondato.

 Sul secondo motivo, vertente sulla tutela, ex articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, delle relazioni sugli studi del lotto 1 in quanto informazioni riservate sotto il profilo commerciale

59      Nell’ambito del secondo motivo, le ricorrenti fanno valere che le relazioni sugli studi del lotto 1 sono globalmente riservate sotto il profilo commerciale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, poiché rivelano in particolare un know-how regolamentare, capacità di valutazione clinica, e l’approccio strategico inventivo seguito dalla MSD per realizzare i propri studi di non pericolosità. Infatti, i dati scientifici di dominio pubblico, così come quelli coperti dal segreto, sarebbero stati configurati e assemblati secondo una strategia innovativa e formerebbero un insieme inscindibile con un certo valore economico. Essi fornirebbero quindi un punto di riferimento in grado di aiutare i concorrenti e indicherebbero l’itinerario o la «tabella di marcia» che conduce all’ottenimento di una AIC per tutti i medicinali che contengono il medesimo principio attivo; svelerebbero sviluppi futuri di prodotti e potrebbero essere integralmente utilizzati per completare i fascicoli di domanda di AIC depositati dai concorrenti. A tal riguardo, le ricorrenti sostengono di aver investito risorse importanti nell’elaborazione delle relazioni sugli studi del lotto 1 e fanno valere quindi che l’uso di queste ultime come parametro avvantaggerebbe potenziali concorrenti. Il periodo di esclusiva dei dati concesso ai titolari di AIC non garantirebbe una tutela piena dalla concorrenza sleale.

60      L’EMA contesta gli argomenti delle ricorrenti.

61      In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, secondo i principi e alle condizioni da definire in conformità con la procedura legislativa ordinaria. Il regolamento n. 1049/2001, come indicato dal considerando 4 e dall’articolo 1 dello stesso, mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni (sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 111 e del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 53; v. anche, in tal senso, sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 40).

62      Si deve rammentare, peraltro, che la procedura di domanda di AIC dei medicinali è disciplinata dal regolamento n. 726/2004, che introduce nel diritto dell’Unione una procedura a tale riguardo. L’articolo 73 del regolamento n. 726/2004 prevede che il regolamento n. 1049/2001 si applichi ai documenti detenuti dall’EMA. Ne consegue che il principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti deve, in linea di principio, essere rispettato nel caso dei documenti in possesso dell’EMA.

63      Il principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti è tuttavia soggetto a taluni limiti fondati su ragioni di interesse pubblico o privato. Infatti, il regolamento n. 1049/2001, segnatamente al considerando 11 e all’articolo 4, prevede un sistema di eccezioni che impone alle istituzioni e agli organismi di non divulgare taluni documenti, qualora la suddetta divulgazione arrechi pregiudizio a uno di tali interessi (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 111; del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 53, e del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 40).

64      Dal momento che le eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (v., in tal senso, sentenze del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 48).

65      Occorre parimenti osservare che il regime delle eccezioni previsto all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, e segnatamente al paragrafo 2 dello stesso, è fondato su una ponderazione degli interessi contrapposti in una data situazione, ossia, da un lato, gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall’altro, quelli che sarebbero minacciati da tale divulgazione. La decisione su una domanda di accesso ai documenti dipende dallo stabilire quale debba essere l’interesse prevalente nel caso di specie (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P et C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 42, e del 23 settembre 2015, ClientEarth e International Chemical Secretariat/ECHA, T‑245/11, EU:T:2015:675, punto 168).

66      Occorre rilevare che, per poter giustificare il diniego di accesso a un documento, non basta, in linea di principio, che tale documento rientri in un’attività o in un interesse fra quelli menzionati all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, poiché l’istituzione interessata o, se del caso, il soggetto che ha trasmesso le informazioni contenute nel documento controverso deve anche spiegare come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista da tale articolo (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 116; del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 57, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 64) e che il rischio di un pregiudizio a tale interesse è ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 69, e del 22 maggio 2012, Sviluppo Globale/Commissione, T‑6/10, non pubblicata, EU:T:2012:245, punto 64).

67      Quanto alla nozione di interessi commerciali, emerge dalla giurisprudenza che non si può ritenere che tutte le informazioni relative ad una società e alle sue relazioni commerciali ricadano sotto la tutela che deve essere garantita agli interessi commerciali conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, salvo vanificare l’applicazione del principio generale che consiste nel conferire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni (sentenze del 15 dicembre 2011, CDC Hydrogene Peroxide/Commissione, T‑437/08, EU:T:2011:752, punto 44, e del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, T‑516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759, punto 81). Va parimenti precisato, d’altronde, che la guida comune dell’EMA e dei direttori delle Agenzie per i medicinali relativa all’identificazione delle informazioni commerciali riservate e dei dati personali nell’ambito di una procedura di AIC definisce l’«informazione riservata sotto il profilo commerciale» come qualsiasi informazione non di dominio pubblico né accessibile al pubblico e la cui divulgazione può pregiudicare gli interessi economici o la posizione concorrenziale del suo proprietario.

68      Al fine di applicare l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, è necessario dunque dimostrare che i documenti controversi contengono elementi idonei, per il fatto di essere divulgati, ad arrecare pregiudizio agli interessi commerciali di una persona giuridica. Ciò avviene qualora, segnatamente, i documenti richiesti contengano informazioni commerciali sensibili relative, in particolare, alle strategie commerciali delle imprese di cui trattasi o ai loro rapporti commerciali, oppure qualora essi contengano dati propri dell’impresa che svelino il suo know‑how (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, T 516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759, punti da 82 a 84).

69      È alla luce delle considerazioni riportate ai precedenti punti da 61 a 68 che devono essere analizzati gli argomenti delle ricorrenti secondo cui l’EMA, adottando la decisione impugnata, che autorizza la divulgazione delle informazioni controverse, ha violato l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

70      In via preliminare, occorre rammentare che l’analisi del primo motivo di ricorso ha rivelato la non sussistenza di una presunzione generale di riservatezza che tutela dalla divulgazione le relazioni sugli studi del lotto 1 nel loro complesso. Di conseguenza, per poter concludere che le relazioni sugli studi del lotto 1 presentino globalmente un carattere di riservatezza commerciale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, è necessario che tutti i dati contenuti in tali relazioni costituiscano informazioni commerciali riservate.

71      In primo luogo, le ricorrenti sostengono che le relazioni sugli studi del lotto 1 rivelano un know-how regolamentare, capacità di valutazione clinica e l’approccio strategico inventivo seguito dalla MSD per realizzare i suoi studi di non pericolosità.

72      Tuttavia, l’EMA ricorda, a giusto titolo, che tutti gli studi di non pericolosità inclusi nelle domande di AIC di medicinali veterinari devono aver soddisfatto le condizioni previste all’allegato I della direttiva 2001/82. Si deve tener conto ugualmente del fatto che l’EMA ha pubblicato linee guida per gli esperimenti tossicologici successivamente alla conclusione di un accordo di armonizzazione tra l’Unione, il Giappone e gli Stati Uniti d’America e che tali linee guida pubbliche, elaborate progressivamente nel corso di molti anni, costituiscono oggi un vasto corpus che guida l’industria farmaceutica nella condotta degli studi richiesti ai fini dell’approvazione dei medicinali veterinari.

73      Nel caso di specie, nella decisione impugnata, l’EMA ricorda che gli studi sono stati concepiti nel rispetto delle linee guida e delle raccomandazioni internazionalmente accettate. Essa si riferisce in particolare alle «[l]inee guida dell’OSCE sui test di prodotti chimici, [s]ezione 4, [e]ffetti sulla salute, n. 410, [t]ossicità per via cutanea a dosi ripetute: 21/28 giorni, adottate il 12 maggio 1981», a «[t]he International Conference on Harmonisation of Technical Requirements for Registration of Pharmaceuticals for Human Use (ICH), Topic S 3A Toxicokinetics: A Guidance for Assessing Systemic Exposure in Toxicology Studies (CPMP/ICH/384/95)» [Conferenza internazionale sull’armonizzazione dei requisiti tecnici per la registrazione dei medicinali ad uso umano (CIH), tema S 3A, tossicocinetica: linee guida per la valutazione dell’esposizione sistemica negli studi tossicologici], alle «VICH, Guideline 31, Studies to evaluate the Safety of Residues of Veterinary Drugs in Human Food: Repeat-Dose (90 Days) Toxicity Testing, octobre 2002» [Conferenza internazionale sull’armonizzazione dei requisiti tecnici per la registrazione dei medicinali ad uso veterinario (CIHV), Guida 31, studi di valutazione della sicurezza dei residui di medicinali a uso veterinario nell’alimentazione umana: studio della tossicità per ripetuta somministrazione (90 giorni), ottobre 2002] ed alla «Guidance for Industry. Bioanalytical Method Validation, U.S. Department of Health and Human Services, Food and Drug Administration, Center for Drug Evaluation and Research (CDER), Center for Veterinary Medicine (CVM), May 2001» [Linee guida per l’industria. Validazione del metodo bioanalitico, Ministero della salute e dei servizi sociali degli Stati Uniti, Amministrazione per gli alimenti e i medicinali, Centro di valutazione e di ricerca dei farmaci (CERM), Centro di medicina veterinaria (CMV), maggio 2001].

74      Va constatato che le ricorrenti non hanno contestato il fatto di aver seguito il protocollo previsto dalle summenzionate linee guida e raccomandazioni. Esse, quindi, non hanno messo in dubbio il fatto che le relazioni sugli studi del lotto 1 rispettino le linee guida applicabili e che le medesime si basino su principi conosciuti e largamente accessibili nella comunità scientifica. Tale circostanza tende così ad avvalorare la conclusione dell’EMA secondo cui dette relazioni non presentano alcun carattere innovativo.

75      A ciò si aggiunga che non è minimamente comprovata l’affermazione delle ricorrenti secondo cui le relazioni sugli studi del lotto 1 forniscono una strategia innovativa circa la maniera di pianificare un programma di tossicologia. Le ricorrenti, infatti, non hanno fornito alcun elemento concreto atto a dimostrare che le relazioni riporterebbero elementi unici e importanti che permettono di fornire indicazioni sulla loro complessiva strategia innovativa e sul loro programma di sviluppo.

76      In senso analogo, le ricorrenti sostengono che, sebbene, come concezione, gli studi di non pericolosità siano in parte standardizzati, le linee guida non potrebbero sostituirsi al know-how in materia di dati relativi al principio attivo. Tuttavia, come sottolineato dall’EMA, l’affermazione secondo cui un know-how sarebbe presumibilmente contenuto nei documenti è vaga e non permette di determinare in cosa consisterebbe l’approccio innovativo seguito. Per le medesime ragioni, le ricorrenti affermano invano che esiste una differenza importante tra i documenti di orientamento contenenti raccomandazioni sui documenti che bisogna o meno produrre ai fini di una domanda, e i documenti realmente contenuti nel fascicolo presentato a sostegno di tale domanda.

77      Esse invocano anche dettagli sugli standard di gestione interna sviluppati dalla MSD, contenuti in uno studio di tossicologia, ma non li identificano né, ancor meno, forniscono elementi concreti che permettano di comprendere in che modo i suddetti standard rifletterebbero un «know-how segreto sviluppato con impegno e costi notevoli». È utile, in aggiunta, sottolineare che l’EMA ha accettato che non siano divulgati dettagli relativi allo standard di riferimento interno utilizzato per i test analitici.

78      In secondo luogo, le ricorrenti, in sostanza, accusano l’EMA di non aver indicato alcun motivo che permetta di contraddire l’argomento secondo cui le informazioni sarebbero riservate, in quanto queste ultime indicherebbero l’itinerario o la «tabella di marcia» che conduce all’ottenimento di una AIC per tutti i medicinali che contengono il medesimo principio attivo.

79      Sotto un primo profilo, tale considerazione deve essere respinta, nei limiti in cui essa debba essere intesa come una censura vertente su un difetto di motivazione. La decisione impugnata, infatti, riporta motivi precisi relativi agli argomenti delle ricorrenti su tal punto, come emerge sia dalle risposte alle considerazioni generali, sia da quelle, specifiche, riguardanti le informazioni controverse che, secondo l’EMA, non sono riservate (v. le pagine 331 e 339 dell’allegato alla lettera del 25 novembre 2015).

80      Sotto un secondo profilo, se gli argomenti invocati dalle ricorrenti devono essere interpretati come una censura volta a dimostrare la riservatezza delle relazioni sugli studi del lotto 1 nel loro complesso e a constatare che l’EMA non ha fornito prova del contrario, tale censura va respinta. Innanzitutto, la considerazione secondo cui tutte le informazioni controverse sarebbero riservate in ragione del fatto che esse indicherebbero l’itinerario o la «tabella di marcia» che conduce all’ottenimento di una AIC è piuttosto assimilabile all’invocazione di una presunzione generale di riservatezza che spetterebbe all’EMA confutare. Orbene, l’analisi del primo motivo di ricorso ha rivelato la non sussistenza di una tale presunzione nell’ambito delle procedure di AIC dei medicinali veterinari. Inoltre, gli argomenti a sostegno di detta censura sono vaghi e non sostanziati. Infatti, affermare semplicemente che le informazioni controverse indicherebbero l’itinerario o la «tabella di marcia» che conduce all’ottenimento di una AIC non è sufficiente per stabilire che tali informazioni sono riservate. Non si può, quindi, legittimamente sostenere che l’EMA avrebbe dovuto presentare motivi atti a dimostrare il contrario. Infine, è importante sottolineare che, nella decisione impugnata, l’EMA ha deciso di occultare un certo numero di informazioni. Essa sottolinea, infatti, senza che le ricorrenti la contraddicano su questo punto, che i documenti non contengono nessuna informazione sulla composizione o la fabbricazione del Bravecto, poiché sono state occultate le seguenti informazioni nelle relazioni sugli studi del lotto 1: dettagli relativi agli intervalli di concentrazione dei principi attivi, dettagli relativi agli standard interni di riferimento utilizzati per i test analitici, nonché riferimenti ai futuri progetti di sviluppo.

81      In terzo luogo, non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti secondo cui, in applicazione della giurisprudenza risultante dalle ordinanze del 25 luglio 2014, Deza/ECHA (T‑189/14 R, non pubblicata, EU:T:2014:686), e del 23 maggio 2016, Pari Pharma/EMA (T‑235/15 R, non pubblicata, EU:T:2016:309), le relazioni sugli studi del lotto 1 costituiscono un insieme inscindibile che ha un valore economico e meritano così un trattamento riservato nel loro complesso. Da un lato, è pacifico che le suddette relazioni contengano un certo numero di informazioni che sono state pubblicate. Infatti, l’EPAR relativo al Bravecto è accessibile al pubblico e riporta dati che provengono direttamente dalle relazioni sugli studi del lotto 1, il che implica necessariamente che almeno una parte dei dati contenuti nelle suddette relazioni sono accessibili al pubblico. Di conseguenza, per poter esigere un trattamento riservato per le relazioni nel loro complesso, le ricorrenti devono dimostrare che assemblando e completando i dati accessibili al pubblico con quelli che non lo sono si crea un dato commerciale sensibile, la cui divulgazione pregiudicherebbe i loro interessi commerciali. Il fatto, sostenuto dalle ricorrenti, che l’EPAR sarebbe meno dettagliato e non conterrebbe spiegazioni circa le modalità seguite per raggiungere i risultati relativi al Bravecto è ininfluente a tal riguardo. Le ricorrenti hanno presentato unicamente spiegazioni vaghe e generiche al fine di dimostrare che la suddetta combinazione di informazioni controverse potrebbe produrre le asserite conseguenze in termini di pregiudizio al loro know-how e ai loro segreti commerciali. Spiegazioni precise e concrete si sarebbero rivelate tanto più necessarie in quanto, come è stato ricordato al precedente punto 64, poiché le eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate e applicate restrittivamente.

82      Dall’altro lato, il pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una persona, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, non viene necessariamente determinato alla luce del valore economico dell’informazione che costituisce l’oggetto della divulgazione.

83      In tale contesto, deve essere parimenti respinto l’argomento vertente sul fatto che, a differenza delle relazioni redatte dal Comitato per i medicinali per uso umano che contengono dati presentati dal richiedente di un’AIC, le relazioni sugli studi del lotto 1 provengono dalle ricorrenti stesse, circostanza che rafforzerebbe la loro riservatezza. Infatti, come indicato al precedente punto 81, le ricorrenti non hanno concretamente dimostrato che la divulgazione delle informazioni controverse arrecherebbe pregiudizio ai loro interessi commerciali.

84      In quarto luogo, l’affermazione delle ricorrenti, secondo cui i concorrenti sarebbero in grado di utilizzare gli studi come aiuto per concepire i propri studi di tossicologia e gli elementi prodotti dalla MSD come parametro per le proprie domande di AIC, deve essere relativizzata sono due profili. Da un lato, le imprese concorrenti devono in ogni caso condurre i propri studi conformemente alle linee guida scientifiche applicabili e fornire tutti i dati richiesti affinché il loro fascicolo sia completo. Non è, quindi, scontato che la divulgazione delle relazioni sugli studi del lotto 1 permetta loro di accelerare il processo per l’ottenimento di una AIC del loro medicinale e un’approvazione più rapida dei test clinici. Non è stato fornito al riguardo alcun argomento concreto. Dall’altro lato, come ricorda l’EMA nella decisione impugnata, il regolamento n. 726/2004 e la direttiva 2001/82 accordano una tutela, tramite l’esclusiva dei dati, a documenti regolamentari presentati ai fini dell’ottenimento di una AIC. Un’impresa concorrente non potrà dunque accontentarsi di utilizzare gli studi di non pericolosità delle ricorrenti, ma dovrà produrre studi che ha condotto essa stessa.

85      In quinto luogo, le ricorrenti fanno valere inutilmente che il periodo di esclusiva dei dati concesso ai titolari di AIC non garantirebbe una tutela piena dalla concorrenza sleale e che sussisterebbero innumerevoli svantaggi commerciali ai quali i titolari di AIC sarebbero esposti in caso di divulgazione generalizzata dei loro dati clinici e non clinici. Emerge dai precedenti punti che le ricorrenti non hanno dimostrato la concretezza degli svantaggi commerciali sostenuti nelle loro memorie.

86      In tali circostanze, le ricorrenti sostengono che sia il principio attivo sia lo standard di riferimento sono indispensabili per condurre le analisi che producono i risultati attesi e che i concorrenti non sarebbero in grado di produrre i medesimi risultati senza violare i diritti di esclusiva delle ricorrenti sul principio attivo. Va, tuttavia, ricordato che l’EMA ha ritenuto che fosse opportuno omettere l’intervallo di concentrazione del principio attivo, nonché i dettagli dello standard di riferimento interno utilizzato nei test analitici. Le ricorrenti non hanno fornito nessun elemento utile a comprendere le ragioni per cui tali omissioni non sarebbero sufficienti e, quindi, in quale modo i concorrenti violerebbero i loro diritti di esclusiva sul principio attivo.

87      In sesto luogo, le ricorrenti segnalano il rischio di una perdita immediata del beneficio del periodo di esclusiva dei dati in caso di divulgazione delle relazioni sugli studi del lotto 1, in ragione del fatto che queste ultime potrebbero essere utilizzate dai concorrenti in paesi terzi che lo permettano. Tuttavia, oltre al fatto che tale argomento delle ricorrenti è vago e impreciso, nulla permette di concludere che l’accesso alle informazioni in questione, le quali non sono riservate sotto il profilo degli interessi commerciali delle ricorrenti, renderebbe di per sé più facile per un’impresa farmaceutica concorrente ottenere un’AIC in un paese terzo. Ciò è ancora più evidente in considerazione del fatto che rimangono riservati dati come quelli relativi all’intervallo di concentrazione del principio attivo, ai dettagli dello standard di riferimento interno utilizzato nei test analitici e a una domanda di definizione dei limiti di residui. Le ricorrenti non hanno presentato alcun argomento tangibile volto a dimostrare la presunta concretezza del pericolo che sussisterebbe in taluni paesi terzi. Inoltre, la non divulgazione di tutti gli studi, per impedire alle autorità di un paese terzo di concedere l’accesso al mercato di quest’ultimo a un fabbricante, senza che questi sia tenuto a presentare studi propri, farebbe venir meno il diritto del pubblico, ad esso riconosciuto dal diritto dell’Unione, di accedere ai documenti che contengono informazioni relative ai medicinali autorizzati.

88      In settimo luogo, anche a voler supporre che le relazioni sugli studi del lotto 1 possano essere utilizzate come elemento costitutivo del fascicolo di AIC depositato da concorrenti in una procedura introdotta per un medicinale generico concorrente del Bravecto, in ogni caso non sembra che tale medicinale generico possa essere commercializzato prima che scada un termine di dieci anni (v. articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/82). É difficilmente concepibile, quindi, che l’uso di informazioni quasi dieci anni dopo la commercializzazione del Bravecto possa pregiudicare gli interessi commerciali delle ricorrenti.

89      In ottavo luogo, le ricorrenti parimenti fanno invano valere che esse hanno investito importanti risorse nell’elaborazione delle relazioni e che ciò dimostrerebbe in maniera evidente il valore commerciale potenziale di queste ultime. Innanzitutto, come già ricordato al precedente punto 82, il pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una persona, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, non si determina necessariamente alla luce del valore economico dell’informazione che costituisce l’oggetto della divulgazione. In altri termini, il fatto che la realizzazione di studi di non pericolosità richieda investimenti finanziari da parte di imprese farmaceutiche non implica di per sé che i suddetti studi siano riservati. Inoltre, come già sottolineato al precedente punto 72, tutti i test di non pericolosità che sono inclusi nelle domande di AIC di medicinali veterinari devono aver soddisfatto le condizioni previste dalla direttiva 2001/82 e dalle linee guida dell’EMA relative ai test di tossicità. Infine, i dati contenuti nelle relazioni sugli studi del lotto 1 sono protetti attraverso l’esclusiva (v. punto 84 supra). In considerazione di tali elementi, è inevitabile constatare che tutte le imprese farmaceutiche devono condurre i loro propri studi di non pericolosità, poiché esse non si possono accontentare di far riferimento a quelli dei concorrenti. Esse devono, quindi, procedere a investimenti finanziari in tale ambito alla stregua delle ricorrenti. Non risulta, dunque, che la divulgazione di tali informazioni, che avrebbero un valore commerciale, possa per ciò solo arrecare pregiudizio agli interessi commerciali delle ricorrenti e che tali informazioni abbiano d’ufficio carattere riservato sotto il profilo commerciale.

90      In nono luogo, non può essere accolto l’argomento secondo cui i concorrenti saranno in grado di arrecare un pregiudizio ai progetti futuri, a cui la MSD destina il Bravecto, dentro e fuori l’Unione. Emerge dalla decisione impugnata, infatti, che l’EMA ha accettato di escludere dalle relazioni sugli studi del lotto 1 i riferimenti a tutti i progetti futuri di sviluppo delle ricorrenti. In considerazione di ciò, e come sottolineato dall’EMA, non è facile comprendere in che modo la divulgazione dei documenti potrebbe pregiudicare i progetti futuri di sviluppo di altre indicazioni del Bravecto.

91      In decimo luogo, è del tutto inconferente l’affermazione secondo cui i concorrenti potrebbero arrecare pregiudizio alle ricorrenti divulgando, fuori contesto, passaggi delle relazioni sugli studi del lotto 1 al fine di nuocere alla reputazione del Bravecto. La possibilità di nuocere alla reputazione del titolare dei documenti non costituisce, infatti, un criterio utile a determinare se un’informazione sia, o meno, riservata.

92      In undicesimo luogo, deve essere respinta l’affermazione secondo cui le informazioni non cliniche contenute nelle relazioni sugli studi del lotto 1 permetterebbero ai concorrenti della MSD di ottenere più facilmente un’AIC. Le ricorrenti non hanno individuato alcun dato contenuto nelle suddette relazioni, né hanno sostanziato la loro teoria con argomenti concreti che permettano di ritenere che le informazioni non cliniche siano riservate.

93      In ultimo luogo, le ricorrenti affermano che l’approccio dell’EMA, che impone alle ricorrenti di dimostrare in che modo l’AIC di un prodotto concorrente si possa basare sullo sfruttamento sleale dei loro documenti, non è conforme alla giurisprudenza, che richiederebbe unicamente di dimostrare che lo sfruttamento sleale dei loro dati è ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico. Un siffatto argomento è inconferente, in quanto le ricorrenti non hanno dimostrato un rischio ipotetico di uso sleale dei loro dati, come rilevato dall’EMA. Infatti, è stato ricordato al precedente punto 84 che le imprese concorrenti devono in ogni caso condurre i propri studi conformemente alle linee guida scientifiche applicabili e fornire tutti i dati richiesti affinché il loro fascicolo sia completo. Alla luce di tali circostanze, non appare ragionevolmente prevedibile che la valutazione comparativa con il fascicolo delle ricorrenti possa permettere ai concorrenti di accelerare la loro procedura di autorizzazione regolamentare e di vedersi autorizzare più rapidamente la realizzazione di test clinici.

94      Alla luce di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo di ricorso.

 Sul terzo motivo, vertente sulla tutela, ex articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, delle relazioni sugli studi del lotto 1 da pregiudizi al processo decisionale

95      A sostegno del terzo motivo di ricorso, le ricorrenti affermano, innanzitutto, che la divulgazione delle relazioni sugli studi del lotto 1 sarebbe in ogni caso prematura. Esse sottolineano che l’EMA ritiene di poter omettere solamente le informazioni relative alle domande successive delle ricorrenti e non quelle contenute nella domanda di AIC, in seguito alla quale sono state presentate le suddette relazioni. Orbene, esse ritengono che, se la divulgazione può nuocere a una domanda di AIC successiva, le informazioni in questione rientrano nella sfera di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3 (oltre che dell’articolo 4, paragrafo 2 del regolamento n. 1049/2001) e dovrebbero essere trattate come riservate. Esse fanno valere, inoltre, che la divulgazione dei dati spingerà i richiedenti AIC a trasmettere soltanto il minimo di informazioni necessarie a sostenere la propria domanda. Esse sostengono, infine, di essere direttamente e individualmente interessate dagli eventuali effetti della divulgazione delle relazioni sugli studi del lotto 1 sul processo decisionale dell’EMA, avente ad oggetto il Bravecto, e di avere, quindi, il diritto di far valere i propri argomenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

96      L’EMA contesta il fatto che la divulgazione delle relazioni sugli studi del lotto 1 possa nuocere alla procedura di AIC del Bravecto.

97      Nell’ambito del terzo motivo di ricorso, le ricorrenti fanno valere che la divulgazione delle relazioni sugli studi del lotto 1 arreca pregiudizio al processo decisionale ed è pertanto in contraddizione con l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

98      In via preliminare, occorre rammentare che l’applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 presuppone che sia dimostrato che l’accesso ai documenti richiesti poteva arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela del processo decisionale della Commissione e che tale rischio di pregiudizio era ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v. sentenza del 18 dicembre 2008, Muñiz/Commissione, T‑144/05, non pubblicata, EU:T:2008:596, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

99      Va parimenti sottolineato che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 opera una chiara distinzione in funzione della circostanza che il procedimento sia concluso o meno. Infatti, da un lato, secondo l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del suddetto regolamento, rientra nella sfera di applicazione dell’eccezione mirante alla tutela del processo decisionale qualsiasi documento redatto da un’istituzione ad uso interno, o ricevuto da un’istituzione e che riguardi una questione sulla quale quest’ultima non abbia ancora preso una decisione. Dall’altro lato, l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del medesimo regolamento prevede che, una volta presa la decisione, l’eccezione in questione copre unicamente i documenti che contengono riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 79).

100    Di conseguenza, è solo per una parte dei documenti ad uso interno, ossia quelli contenenti riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata, che l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001 consente di opporre un diniego anche dopo l’adozione della decisione, quando la loro divulgazione lederebbe gravemente il processo decisionale di tale istituzione (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 78).

101    Ne consegue che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che, una volta adottata la decisione, le esigenze di tutela del processo decisionale presentino una rilevanza minore, di modo che la divulgazione di qualsiasi documento diverso da quelli menzionati dall’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001 non può mai ledere il suddetto processo e che il diniego di divulgazione di un siffatto documento non può essere autorizzato, persino quando la divulgazione di quest’ultimo avrebbe gravemente pregiudicato detto processo se fosse avvenuta prima di adottare la decisione in questione (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 80).

102    Nel caso di specie, si deve constatare, innanzitutto, che le relazioni degli studi del lotto 1 sono state trasmesse e valutate nell’ambito della domanda di AIC del Bravecto, poi, che l’EMA ha accordato alle ricorrenti l’AIC di quest’ultimo per una determinata indicazione terapeutica e, infine, che la procedura di concessione dell’AIC al Bravecto era conclusa quando è stata presentata da un terzo la domanda di accesso alle suddette relazioni. L’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001 è dunque la disposizione a cui, in sostanza, fanno riferimento le ricorrenti.

103    È alla luce delle considerazioni suesposte che vanno analizzati gli argomenti delle ricorrenti.

104    In via preliminare, si deve rispondere all’argomento dell’EMA secondo cui il terzo motivo di ricorso dedotto dalle ricorrenti dovrebbe essere respinto in ragione del fatto che queste ultime non hanno un interesse legittimo concreto ad invocarlo. Il ragionamento proposto dall’EMA si basa sul fatto che l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001 prevede che, nel caso di documenti provenienti da un terzo, l’istituzione deve consultare quest’ultimo al fine di determinare se si applichi un’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1 o 2, del medesimo regolamento, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato. Orbene, dato che tale disposizione indica testualmente che l’eccezione invocata dal titolare dei documenti per giustificare la loro non divulgazione si può fondare unicamente sull’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, le ricorrenti non avrebbero interesse ad invocare un’eventuale violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, di tale regolamento dinanzi al Tribunale.

105    Ciò equivale in sostanza a considerare che il limite secondo cui i terzi all’origine dei dati devono essere consultati unicamente «al fine di determinare se sia applicabile una delle eccezioni di cui a[ll’articolo 4,] paragrafi 1 o 2[, del regolamento n. 1049/2001]» e non all’articolo 4, paragrafo 3, di tale regolamento valga anche in caso di un procedimento dinanzi al Tribunale.

106    Si deve, tuttavia, notare che non esiste alcun ostacolo di natura legale che impedisca ai ricorrenti di invocare la violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n.1049/2001 nell’ambito di un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale. Il requisito previsto all’articolo 4, paragrafo 4, del medesimo regolamento, imposto in capo alle ricorrenti al momento della consultazione, di limitarsi alle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento, non può costituire ipso iure un ostacolo ad invocare la violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, di tale regolamento dinanzi al Tribunale. Ciò è ulteriormente confermato dal fatto che, come sottolineato dalle ricorrenti, queste ultime sono direttamente interessate sia dalla decisione dell’EMA di divulgare i documenti che esse considerano riservati, sia dagli effetti di tale divulgazione sul processo decisionale dell’EMA per quanto riguarda il Bravecto.

107    Pertanto, il presente motivo di ricorso non potrebbe essere respinto sulla base dell’asserito motivo che le ricorrenti non avrebbero alcun interesse ad invocarlo.

108    Quanto al merito, in primo luogo, le ricorrenti sostengono che le relazioni sugli studi del lotto 1 saranno utilizzate per nuove domande di autorizzazione, poiché esse contano di basarsi su tali relazioni per le loro future domande. Esse ritengono, quindi, che alle informazioni in questione si applichi l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 e che la loro divulgazione arrecherà, di conseguenza, un grave pregiudizio al processo decisionale dell’EMA nell’ambito del procedimento amministrativo in corso e dei procedimenti amministrativi futuri.

109    Tali argomenti non possono, tuttavia, essere accolti. Sotto un primo profilo, come rilevato a giusto titolo dall’EMA, i titolari delle AIC – che per ottenerle hanno presentato dati su test di non tossicità – beneficiano di una tutela dei loro dati a più livelli al termine della procedura d’AIC. Da un lato, i titolari dei dati godono di un periodo di tutela di questi ultimi in forza dell’articolo 39, paragrafo 10, del regolamento n. 726/2004. Dall’altro lato, essi beneficiano di una tutela delle informazioni commerciali riservate contenute nel fascicolo di AIC, ivi incluse le informazioni relative alla fabbricazione del prodotto e le specifiche industriali e tecniche dei processi di qualità implementati per fabbricare la sostanza. In considerazione di simili garanzie, non pare che, in astratto, l’accesso alle relazioni degli studi del lotto 1, una volta concessa l’AIC, possa causare un pregiudizio agli interessi delle ricorrenti.

110    Sotto un secondo profilo, il fatto che altri dati possano essere riutilizzati nell’ambito di nuove domande di AIC non costituisce di per sé un motivo sufficiente per ritenere tali informazioni riservate o in grado di pregiudicare il processo decisionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n.1049/2001. Come sottolineato al precedente punto 46, l’EMA si è assicurata, nella decisione impugnata, che i dati non collegati all’indicazione già autorizzata e quelli relativi a futuri progetti di sviluppo rimangano riservati.

111    Sotto un terzo profilo, e in ogni caso, si deve constatare che le ricorrenti non hanno presentato elementi che permettano di concludere che l’asserito pregiudizio al processo decisionale fosse grave. Orbene, come risulta dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 98 e 99, e tenuto conto di quanto constatato al precedente punto 102, spettava alle ricorrenti dimostrare che l’accesso alle relazioni sugli studi del lotto 1 poteva arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela del processo decisionale della Commissione e che tale rischio di pregiudizio era ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Muñiz/Commissione, T‑144/05, non pubblicata, EU:T:2008:596, punto 74 e giurisprudenza ivi citata). La necessità di una simile dimostrazione era tanto più giustificata quanto minore era la rilevanza dei requisiti di tutela del processo decisionale.

112    In secondo luogo, le ricorrenti affermano inutilmente che la divulgazione dei dati come le relazioni sugli studi del lotto 1 spingerebbe i richiedenti AIC a trasmettere il minimo di informazioni sensibili all’EMA e avrebbe in sostanza un effetto controproducente.

113    Da un lato, le imprese farmaceutiche che cercano di ottenere un’AIC per il loro medicinale non hanno alcun interesse a trasmettere il minor numero di informazioni possibili all’EMA, in quanto un approccio simile diminuirebbe in maniera significativa le loro possibilità di successo al riguardo.

114    Dall’altro lato, riconoscere l’eventuale reticenza di un’impresa farmaceutica a conferire, nell’ambito della sua domanda di AIC di un medicinale, informazioni all’EMA in ragione del fatto che queste ultime potrebbero essere divulgate in virtù del regolamento n. 1049/2001 non può costituire il fondamento per un serio pregiudizio al processo decisionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 24 maggio 2011, Batchelor/Commissione, T‑250/08, EU:T:2011:236, punto 80).

115    Da quanto precede discende che il terzo motivo di ricorso dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sull’assenza di un bilanciamento degli interessi

116    Le ricorrenti constatano come l’EMA abbia indicato a più riprese e in via incidentale, nella decisione impugnata, che le informazioni potevano essere in ogni caso divulgate qualora ciò fosse giustificato da un interesse pubblico prevalente. Esse constatano, tuttavia, che l’EMA non individua né la natura dell’interesse pubblico né le ragioni per cui quest’ultimo prevarrebbe sugli interessi delle ricorrenti. A loro parere, un’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 alla luce dell’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS deve condurre a ritenere che, qualora sussista un rischio di sfruttamento sleale dei dati, le ipotesi di interesse pubblico prevalente alla divulgazione si limitano al caso in cui sia necessario proteggere il pubblico; una simile necessità non sussisterebbe, tuttavia, nel caso di specie. Esse aggiungono che, in nome del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e del diritto fondamentale alla protezione dei loro dati di natura professionale, nonché del diritto di proprietà (ivi inclusa la proprietà intellettuale), l’EMA avrebbe dovuto verificare se la divulgazione fosse proporzionata al rischio di pregiudizio a cui erano esposti gli interessi delle ricorrenti e se potevano sussistere altre soluzioni (come una comunicazione riservata ai ricercatori universitari indipendenti). Esse sostengono che le preoccupazioni di salute pubblica espresse dall’EMA non sono idonee a provare la sussistenza di un interesse pubblico prevalente, nei limiti in cui tali motivi sono in realtà fondati su asserzioni generiche e non suffragate. In tal senso, l’EMA non potrebbe valersi della propria missione di salute pubblica e dell’obbligo di trasparenza previsto dal regolamento n. 1049/2001 per divulgare le relazioni sugli studi del lotto 1, poiché il regolamento n. 726/2004 instaurerebbe già un regime di accesso dettagliato in cui sarebbe prevista la non divulgazione dei dati riservati sotto il profilo commerciale.

117    L’EMA confuta tutti i citati argomenti.

118    In via preliminare, è importante determinare la portata esatta del quarto motivo di ricorso dedotto dalle ricorrenti. Emerge dal punto 111 della richiesta che l’accusa rivolta all’EMA di non aver effettuato un bilanciamento degli interessi in gioco interviene «una volta accertata la natura riservata (in tutto o in parte) delle relazioni sugli studi del lotto 1». Il motivo non riguarda dunque il momento – cronologicamente anteriore – in cui l’EMA si pone la questione dell’eventuale riservatezza di una determinata informazione. Il ragionamento svolto dalle ricorrenti ai punti 114 e seguenti della richiesta è, tuttavia, ambivalente e suggerisce che queste ultime accusino l’EMA parimenti di non aver operato un bilanciamento degli interessi nella prima fase del suo ragionamento, vale a dire al momento della valutazione dell’eventuale riservatezza di una determinata informazione.

119    Ciò detto, occorre esaminare il motivo di ricorso, in via principale, nella parte in cui verte sull’assenza di un bilanciamento degli interessi, nonostante le informazioni controverse siano riservate e, in subordine, nella parte in cui verte sulla sussistenza stessa di una delle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

120    In primo luogo, occorre rammentare che l’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte della frase, del regolamento n. 1049/2001 dispone che le istituzioni dell’Unione non rifiutano l’accesso a un documento qualora la sua divulgazione sia giustificata da un interesse pubblico prevalente, ancorché essa possa arrecare pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica o alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile delle istituzioni dell’Unione (sentenza del 7 ottobre 2014, Schenker/Commissione, T‑534/11, EU:T:2014:854, punto 74). In tale contesto, occorre bilanciare, da un lato, l’interesse specifico che deve essere tutelato impedendo la divulgazione del documento in questione e, dall’altro, in particolare, l’interesse generale all’accessibilità a tale documento, alla luce dei vantaggi che derivano, come precisa il considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da una maggiore trasparenza, consistenti in una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e in una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza del 21 ottobre 2010, Agapiou Joséphidès/Commissione e EACEA, T‑439/08, non pubblicata, EU:T:2010:442, punto 136).

121    Sebbene l’interesse pubblico prevalente che può giustificare la divulgazione di un documento non debba necessariamente essere distinto dai principi soggiacenti al regolamento n. 1049/2001 (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 92), risulta tuttavia dalla giurisprudenza che considerazioni generiche non possono essere idonee da sole a dimostrare che il principio di trasparenza presenta una rilevanza particolare che potrebbe prevalere sulle ragioni che giustificano il diniego di divulgazione dei documenti in questione e che spetta al richiedente invocare concretamente le circostanze su cui si fonda l’interesse pubblico superiore alla divulgazione dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punti 93 e 94, e del 23 settembre 2015, ClientEarth e International Chemical Secretariat/ECHA, T‑245/11, EU:T:2015:675, punto 193).

122    Da un lato, come sottolineato dall’EMA, quest’ultima non ha concluso che le informazioni in questione dovevano essere tutelate da un regime derogatorio come quello previsto all’articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001. Per questo motivo, essa non aveva l’obbligo di stabilire o valutare l’interesse pubblico alla divulgazione delle informazioni, né di bilanciarlo con l’interesse delle ricorrenti a mantenere riservate dette informazioni.

123    Dall’altro lato, occorre notare che resta imprecisa e non sostanziata l’affermazione delle ricorrenti secondo cui l’EMA avrebbe indicato a più riprese e in via incidentale, nella decisione impugnata, che le informazioni potevano essere divulgate in ogni caso qualora sussistesse un interesse pubblico prevalente. Le ricorrenti, infatti, non identificano i punti della decisione impugnata nei quali l’EMA farebbe riferimento all’interesse pubblico prevalente e non permettono quindi di prendere in considerazione il contesto nel quale sarebbero intervenute tali considerazioni.

124    In secondo luogo, anche a voler supporre che si debba ritenere che le ricorrenti accusino l’EMA di non aver bilanciato gli interessi allorché essa ha valutato l’eventuale riservatezza di ciascuna informazione, si deve considerare che gli argomenti proposti non possono essere accolti.

125    Sotto un primo profilo, il ragionamento delle ricorrenti si basa sul presupposto erroneo che esista una presunzione generale di riservatezza. L’analisi del primo motivo di ricorso ha infatti rivelato la non sussistenza di una siffatta presunzione per le relazioni sugli studi di non pericolosità afferenti alla domanda di accesso ai documenti.

126    Sotto un secondo profilo, le ricorrenti sostengono in sostanza che, in considerazione delle disposizioni speciali contenute nel regolamento n. 726/2004, l’EMA avrebbe dovuto adottare un approccio cauto nel momento in cui ha analizzato la questione della divulgazione delle relazioni sugli studi del lotto 1 in applicazione del regolamento n. 1049/2001 e che essa avrebbe dovuto, quindi, tenere conto nella propria valutazione della questione dell’interesse pubblico prevalente.

127    L’articolo 73 del regolamento n. 726/2004, tuttavia, prevede esplicitamente che le disposizioni del regolamento n. 1049/2001 si applichino ai documenti detenuti dall’EMA. Quest’ultima è pertanto tenuta, in nome del principio di trasparenza sancito dall’articolo 15 TFUE e nel regolamento n. 1049/2001, a concedere l’accesso ai documenti in suo possesso, vale a dire, in particolare, le relazioni che le sono state trasmesse nell’ambito di domande di AIC. È solamente nel caso in cui a tali documenti si applichi una delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che si deve negare l’accesso ai medesimi. Di conseguenza, e contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, il regolamento n. 726/2004 non prevede alcun regime ad hoc di accesso ai documenti che derogherebbe al principio generale di trasparenza previsto dal regolamento n. 1049/2001.

128    L’EMA non è incorsa, quindi, in un errore di diritto laddove non ha applicato il criterio dell’interesse pubblico prevalente nella propria valutazione dell’eventuale riservatezza dei dati contenuti nelle relazioni sugli studi del lotto 1.

129    Sotto un terzo profilo, le ricorrenti sostengono in sostanza che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 avrebbe dovuto essere interpretato e applicato alla luce dell’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS. Esse sostengono che, poiché sussisteva un rischio di uso sleale dei dati, le relazioni sugli studi del lotto 1 potevano essere divulgate unicamente nel caso in cui sussistesse un interesse pubblico prevalente a tale divulgazione, il quale a sua volta poteva sussistere unicamente nel caso in cui fosse necessario proteggere il pubblico. Orbene, non ci sarebbe stato alcun interesse simile nel caso di specie.

130    Tali argomenti vanno respinti. Occorre rammentare che i «dati regolamentari» di cui all’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS godono della tutela prevista sia dall’articolo 39, paragrafo 10, del regolamento n. 726/2004, sia dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. Le due norme citate prevedono, infatti, misure volte a garantire che i dati siano tutelati da usi commerciali sleali. Misure di questo tipo sono conformi al dispositivo dell’articolo 39, paragrafo 3, ultima parte, dell’accordo TRIPS. Spettava quindi alle ricorrenti indicare in che modo la tutela prevista dalle norme summenzionate fosse insufficiente e come dunque si imponesse la necessità di dimostrare un interesse pubblico prevalente.

131    Sotto un quarto profilo, le ricorrenti ritengono che, in nome dei loro diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei loro dati di natura professionale, nonché del diritto di proprietà (ivi inclusa la proprietà intellettuale), l’EMA avrebbe dovuto verificare se la divulgazione fosse proporzionata al pregiudizio arrecato agli interessi delle ricorrenti e se potessero sussistere altre soluzioni (come una comunicazione riservata ai ricercatori universitari indipendenti). Tali argomenti non possono tuttavia essere accolti. L’esame della presente questione deve essere inserito, infatti, nel contesto delle disposizioni del regolamento n. 1049/2001. Orbene, come ricordato a giusto titolo dall’EMA, risulta dal combinato disposto dei regolamenti nn. 1049/2001 e 726/2004 che ogni cittadino ha diritto di accesso ai documenti dell’EMA, ivi inclusi quelli trasmessi dalle imprese farmaceutiche al fine di ottenere una AIC, salve le eccezioni previste dal suddetto regolamento n. 1049/2001. Nella specie, l’EMA si è limitata ad applicare tali disposizioni. Data l’assenza di una presunzione generale di riservatezza delle relazioni sugli studi del lotto 1, l’EMA poteva quindi negare l’accesso alle relazioni nel loro complesso unicamente nel caso in cui tutte le informazioni in esse contenute fossero state ritenute quali informazioni commerciali riservate, la cui divulgazione poteva arrecare pregiudizio agli interessi commerciali delle ricorrenti, circostanza che queste ultime non hanno dimostrato. In tali circostanze, l’EMA non ha potuto violare i diritti fondamentali delle ricorrenti applicando le disposizioni del regolamento n. 1049/2001.

132    A tal proposito, per quanto concerne la precisa censura mossa all’EMA relativa al fatto che essa non avrebbe verificato se la divulgazione fosse proporzionata al rischio di pregiudizio a cui erano esposti gli interessi delle ricorrenti, è opportuno sottolineare che l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 prevede che, se una o più eccezioni si applicano soltanto a una parte del documento richiesto, le altre parti del documento sono divulgate, e che l’esame dell’accesso parziale al suddetto documento dell’EMA deve essere realizzato alla luce del principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2001, Consiglio/Hautala, C‑353/99 P, EU:C:2001:661, punti 27 e 28).

133    La giurisprudenza sottolinea, infatti, che dalla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 emerge che un’istituzione o un organo deve esaminare se sia opportuno accordare un accesso parziale ai documenti oggetto di una domanda di accesso, limitando un eventuale diniego ai soli dati inclusi nelle eccezioni previste. L’istituzione o l’organo deve concedere un siffatto accesso parziale se lo scopo perseguito da tale istituzione o organo, allorché esso rifiuta l’accesso al documento, può essere raggiunto ove tale istituzione o organo si limiti ad omettere i passaggi che possono pregiudicare l’interesse pubblico tutelato (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2001, Consiglio/Hautala, C‑353/99 P, EU:C:2001:661, punto 29, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 84).

134    L’analisi approfondita dei vari documenti, contenuta nella decisione impugnata, evidenzia come l’EMA abbia esaminato la domanda di accesso ai documenti nel pieno rispetto del principio di proporzionalità, la cui applicazione in materia di accesso ai documenti è stata descritta dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 132 e 133.

135    Sotto un quinto profilo, le preoccupazioni di salute pubblica espresse dall’EMA non sarebbero sufficienti, secondo le ricorrenti, a giustificare la sussistenza di un interesse pubblico prevalente, poiché tali motivi si fonderebbero in realtà su asserzioni generiche e non suffragate, le quali non hanno nessun collegamento specifico con le relazioni sugli studi del lotto 1. Il presente argomento deve essere respinto, in quanto le ricorrenti non hanno identificato nessun punto della decisione impugnata in cui l’EMA avrebbe fatto riferimento a considerazioni di salute pubblica. Inoltre, non risulta che l’EMA abbia basato la propria decisione di divulgare le relazioni sugli studi del lotto 1 su preoccupazioni di salute pubblica. Gli unici motivi che hanno determinato il merito della decisione impugnata riguardano la questione dell’applicabilità ai documenti interessati di una delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

136    Sotto un sesto profilo, la censura rivolta all’EMA dalle ricorrenti, secondo cui essa farebbe riferimento alla sicurezza del Bravecto ai fini della divulgazione dei documenti, è irrilevante per ragioni analoghe a quelle riportate al precedente punto 135. Le ricorrenti, infatti, non hanno menzionato alcun punto della decisione impugnata che indicherebbe che l’EMA si sia basata sulla sicurezza del Bravecto per decidere di divulgare le relazioni sugli studi del lotto 1. Come ricordato a giusto titolo dall’EMA, la regola generale prevede che i documenti detenuti dalle istituzioni dell’Unione siano pubblici. Occorre, dunque, determinare se alle relazioni sugli studi del lotto 1 nel loro complesso o a una parte delle stesse fosse applicabile una delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. L’EMA, ritenuto che le suddette eccezioni non trovassero applicazione nella specie, non era tenuta a bilanciare gli interessi né, ancor meno, a identificare e a dimostrare la sussistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione, come risulta dal precedente punto 128.

137    In aggiunta, è opportuno precisare che, con le loro argomentazioni, le ricorrenti creano confusione, dando l’impressione che qualsiasi divulgazione di documenti decisa dall’EMA avvenga nell’ambito della sua missione di protezione della salute pubblica e sia fatta in nome della salute pubblica, che tale agenzia collegherebbe all’interesse pubblico prevalente. Orbene, il fatto che l’impatto che possono avere i documenti in oggetto sulla salute pubblica sia una delle ragioni per cui il legislatore dell’Unione ha rinforzato la trasparenza e ha stabilito il diritto di accesso ai documenti detenuti in particolare dall’EMA non significa, tuttavia, che la divulgazione di documenti come le relazioni sugli studi del lotto 1 si faccia d’ufficio in nome dell’interesse pubblico prevalente di salute pubblica e che implichi d’ufficio l’obbligo di bilanciare gli interessi. Come ricordato ai precedenti punti 135 e 136, occorreva innanzitutto determinare se alle relazioni sugli studi del lotto 1 nel loro complesso, o a una parte delle stesse, fosse applicabile una delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

138    Alla luce dell’insieme delle considerazioni suesposte, va, in ogni caso, respinto il quarto motivo di ricorso in quanto infondato.

 Sul quinto motivo, vertente su un bilanciamento inadeguato degli interessi

139    Nell’ambito del quinto motivo di ricorso, le ricorrenti sostengono che, in ogni caso, un bilanciamento adeguato degli interessi, nel quale si sarebbe dovuto tener conto del regime di divulgazione instaurato dal regolamento n. 726/2004, dell’accordo TRIPS, dei diritti fondamentali delle ricorrenti e del principio di proporzionalità, avrebbe condotto ad un risultato che sarebbe stato per loro indubbiamente favorevole. Esse sottolineano che l’EPAR aveva già reso accessibile al pubblico le informazioni necessarie e che la condivisione dei dati contenuti nelle relazioni sugli studi del lotto 1, motivata da ragioni di salute pubblica, avrebbe potuto essere realizzata secondo modalità meno pregiudizievoli per i diritti del titolare dell’AIC (per esempio attraverso un accesso limitato e condizionato). In aggiunta, non sarebbe stata espressa, in merito alla non pericolosità del Bravecto, alcuna riserva che potesse giustificare un esame specifico.

140    L’EMA ricorda di aver sottolineato che i documenti non possono essere qualificati come informazioni commerciali riservate e che essa non poteva, quindi, bilanciare un interesse pubblico prevalente alla divulgazione e la non comunicazione dei documenti.

141    Il quinto motivo di ricorso dedotto dalle ricorrenti si basa ancora una volta sul presupposto che le relazioni sugli studi del lotto 1 o una parte delle stesse siano riservate. Orbene, emerge dall’esame dei precedenti motivi di ricorso che l’EMA non è incorsa in errore nel concludere nel senso dell’assenza di informazioni riservate ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, e che essa non doveva quindi procedere ad alcun bilanciamento tra l’interesse specifico alla riservatezza e l’interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

142    L’analisi dei primi quattro motivi di ricorso ha parimenti rivelato che tale approccio dell’EMA era conforme all’accordo TRIPS, ai diritti fondamentali delle ricorrenti al rispetto della vita privata e alla protezione dei loro dati di natura professionale nonché del diritto di proprietà e al principio di proporzionalità.

143    Ne consegue che non può essere contestato all’EMA un bilanciamento inadeguato degli interessi.

144    Di conseguenza, il quinto motivo di ricorso, in ogni caso, deve essere respinto in quanto infondato.

145    Da tutto quanto precede risulta che il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

146    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nella specie, la ricorrente, rimasta soccombente nel procedimento principale, in conformità alle conclusioni dell’EMA, deve essere condannata a sopportare le spese di quest’ultima, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La MSD Animal Health Innovation GmbH e la Intervet international BV sopporteranno, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ivi comprese le spese relative al procedimento sommario.

Prek

Buttigieg

Berke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 febbraio 2018.

Firme


Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, vertente sulla tutela delle relazioni sugli studi del lotto 1, ex articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001, in forza di una presunzione generale di riservatezza

Sul secondo motivo, vertente sulla tutela, ex articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, delle relazioni sugli studi del lotto 1 in quanto informazioni riservate sotto il profilo commerciale

Sul terzo motivo, vertente sulla tutela, ex articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, delle relazioni sugli studi del lotto 1 da pregiudizi al processo decisionale

Sul quarto motivo, vertente sull’assenza di un bilanciamento degli interessi

Sul quinto motivo, vertente su un bilanciamento inadeguato degli interessi

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.