Language of document : ECLI:EU:T:2012:686

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

13 dicembre 2012 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato della gomma cloroprene – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 81 CE – Fissazioni dei prezzi e ripartizione del mercato – Imputabilità del comportamento illecito – Obbligo di motivazione – Diritti della difesa – Prova della partecipazione all’intesa − Infrazione unica e continuata − Ammende − Gravità e durata dell’infrazione − Recidiva – Effetto dissuasivo – Circostanze attenuanti – Limite massimo del 10% del fatturato – Collaborazione − Comunicazione sulla cooperazione del 2002 − Parità di trattamento – Proporzionalità»

Nella causa T‑103/08,

Versalis SpA, già Polimeri Europa SpA, con sede in Brindisi,

Eni SpA, con sede in Roma,

rappresentate inizialmente da M. Siragusa, G.M. Roberti, F. Moretti, I. Perego, F. Cannizzaro, V. Ruotolo, V. Larocca e D. Durante, successivamente da M. Siragusa, G.M. Roberti, F. Moretti, I. Perego, F. Cannizzaro, V. Larocca e D. Durante, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci, G. Conte e V. Bottka, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento parziale della decisione C (2007) 5910 def. della Commissione, del 5 dicembre 2007, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38629 – Gomma cloroprene) nella parte in cui riguarda le ricorrenti, e, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta in solido alle ricorrenti con tale decisione,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto dal sig. A. Dittrich, presidente, dalla sig.ra I. Wiszniewska‑Białecka (relatore) e dal sig. M. Prek, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1.     Le ricorrenti e il prodotto rilevante

1        Il presente ricorso è stato proposto da due destinatarie della decisione C (2007) 5910 def. della Commissione, del 5 dicembre 2007, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38629 – Gomma cloroprene) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), ossia la Polimeri Europa SpA, con sede in Brindisi, divenuta la Versalis SpA, e la capogruppo Eni SpA, con sede in Roma, ricorrenti nella presente causa.

2        L’Eni è la società controllante capofila del gruppo Eni, il quale è entrato nel mercato della gomma cloroprene (in prosieguo: il «CR») alla fine del 1992 attraverso l’acquisizione del settore del CR del gruppo Rhône-Poulenc, la cui società specializzata nel CR era denominata Distugil. Nel periodo dal 13 maggio 1993 al 31 ottobre 1997 la società responsabile dell’attività relativa al CR (in prosieguo: l’«attività CR») all’interno del gruppo Eni era l’EniChem Elastomeri Srl, controllata al 100% dall’EniChem SpA, a sua volta controllata, in parte direttamente e in parte indirettamente, dall’Eni per una quota compresa tra il 99,93% e il 99,97%. Il 1° novembre 1997 l’EniChem Elastomeri è stata assorbita dall’EniChem. Quest’ultima ha assunto la responsabilità degli atti pregressi dell’EniChem Elastomeri, che ha cessato di esistere come entità giuridica distinta. Il 1° gennaio 2002 l’EniChem ha trasferito l’attività CR alla sua controllata al 100%, la Polimeri Europa. Il 21 ottobre 2002 l’Eni ha acquisito il controllo diretto al 100% della Polimeri Europa. Il 30 aprile 2003 l’EniChem ha cambiato ragione sociale, diventando la [riservato](1) SpA.

3        Il CR è una gomma sintetica, costituita da un polimero artificiale che agisce come un elastomero. Il CR è utilizzato principalmente nella fabbricazione di articoli tecnici in gomma, come cavi, tubi e cinghie per la trasmissione di potenza, di adesivi segnatamente per l’industria delle calzature e del mobile come suole, tacchi e tessuti gommati, e di lattice per le attrezzature per l’immersione subacquea, per le miscele di bitume e per la suola interna delle scarpe (v. punti 7‑11 della decisione impugnata).

4        Le altre destinatarie della decisione impugnata sono: la Bayer AG, la EI du Pont de Nemours and Company (in prosieguo: la «EI DuPont»), la DuPont Performance Elastomers LLC, la DuPont Performance Elastomers SA, la The Dow Chemical Company (in prosieguo: la «Dow»), la Denki Kagaku Kogyo K.K., la Denka Chemicals GmbH, la Tosoh Corp. e la Tosoh Europe BV.

2.     Il procedimento dinanzi alla Commissione

5        Il 18 dicembre 2002 la Bayer ha informato la Commissione delle Comunità europee [riservato] e ha manifestato l’intenzione di collaborare con la Commissione, conformemente alle condizioni di cui alla comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 2002»). Con la decisione del 27 gennaio 2003 la Commissione ha conferito alla Bayer l’immunità condizionale dalle ammende comminate (v. punto 60 della decisione impugnata).

6        A seguito della comunicazione di informazioni da parte della Bayer, la Commissione ha effettuato ispezioni a sorpresa presso gli impianti della Dow Deutschland Inc., il 27 marzo 2003, e presso la sede della Denka Chemicals, il 9 luglio 2003 (v. punti 61 e 62 della decisione impugnata).

7        Il 15 luglio 2003, la Tosoh Corp. e la Tosoh Europe, e il 21 novembre 2003 la DuPont Dow Elastomers LLC (in prosieguo: la «DDE»), società comune detenuta in parti uguali dalla EI DuPont e dalla Dow, hanno proposto ognuna una richiesta di trattamento favorevole in conformità della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

8        Nel marzo 2005 la Commissione ha indirizzato le sue prime richieste di informazioni alle imprese destinatarie della decisione impugnata, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1).

9        Dopo aver ricevuto la prima richiesta di informazioni, [riservato] e la Polimeri Europa hanno presentato richieste di trattamento favorevole [riservato]. [riservato] ha formulato «ulteriori» dichiarazioni nell’ambito di detta richiesta di trattamento favorevole [riservato] e [riservato] (v. punti 63‑66 della decisione impugnata).

10      Con lettere del 7 marzo 2007 la Commissione ha informato la Tosoh Corp., la Tosoh Europe e la DDE della conclusione preliminare cui era giunta, secondo la quale gli elementi di prova trasmessi costituivano un valore aggiunto significativo ai sensi del paragrafo 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e, quindi, della sua intenzione di applicare una riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta compresa in una delle forcelle di cui al paragrafo 23, lettera b), primo comma, della comunicazione in parola, ossia una riduzione del 30‑50% per la Tosoh Corp. e la Tosoh Europe e una riduzione del 20‑30% per la DDE (v. punti 63‑66 della decisione impugnata). Con lettere in pari data [riservato] e la Polimeri Europa sono state informate della circostanza che le loro richieste non soddisfacevano i requisiti di cui al paragrafo 8, lettere a) e b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e che, in applicazione dei punti 15 e 17 della stessa comunicazione, non sarebbe stata loro concessa l’immunità condizionale dalle ammende (v. punto 67 della decisione impugnata).

11      Il 13 marzo 2007 la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo e ha adottato una comunicazione degli addebiti relativi ad un’infrazione all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: l’«accordo SEE»), indirizzata a dodici società, fra le quali figuravano le ricorrenti. Tutte le parti destinatarie della comunicazione degli addebiti hanno inviato osservazioni scritte in risposta alle censure formulate dalla Commissione e si sono avvalse del loro diritto al contraddittorio nel corso di un’audizione orale, tenutasi il 21 giugno 2007 (v. punti 68‑72 della decisione impugnata).

3.     La decisione impugnata

12      Il 5 dicembre 2007 la Commissione ha adottato la decisione impugnata. Tale decisione è stata notificata all’Eni il 10 dicembre 2007 e alla Polimeri Europa l’11 dicembre 2007. Una sintesi della decisione impugnata, come modificata dalla decisione C(2008) 2974 def. della Commissione, del 23 giugno 2008, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 3 ottobre 2008 (GU C 251, pag. 11). Destinatarie di quest’ultima decisione erano unicamente la EI DuPont, la DuPont Performance Elastomers SA, la DuPont Performance Elastomers LLC e la Dow.

13      Dalla decisione impugnata risulta che, fra il 1993 e il 2002, svariate imprese produttrici di CR, destinatarie della decisione impugnata, hanno partecipato ad un’infrazione unica e continuata dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, estesa all’intero territorio dello Spazio economico europeo (SEE), consistente in accordi e pratiche relativi alla ripartizione e stabilizzazione dei mercati, a quote di mercato e quote di vendita per il CR, al coordinamento e all’attuazione di svariati aumenti di prezzo, al concordare prezzi minimi, alla ripartizione dei clienti e allo scambio di informazioni sensibili sotto il profilo della concorrenza (v. punti 2, 3 e 81‑122 della decisione impugnata). Tali produttori s’incontravano regolarmente, più volte l’anno, in riunioni multilaterali, trilaterali o bilaterali (v. punti 94‑116 della decisione impugnata).

14      Ai sensi degli articoli 1‑3 della decisione impugnata, come emendata:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE] nonché, a partire dal 1° gennaio 1994, l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando, per i periodi rispettivamente sottoindicati, a un accordo unico e continuato o a una pratica concordata nel settore del [CR]:

a)      Bayer (...): dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002;

b)      [EI DuPont]: dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002; DuPont Performance Elastomers SA, DuPont Performance Elastomers LLC e [Dow]: dal 1° aprile 1996 al 13 maggio 2002;

c)      Denki Kagaku Kogyo (…) e Denka Chemicals (…): dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002;

d)      [le ricorrenti]: dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002;

e)      Tosoh Corp[.] e Tosoh Europe (…): dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002.

Articolo 2

Per l’infrazione di cui all’articolo 1, sono inflitte rispettivamente le seguenti ammende:

a)      Bayer (…): [EUR] 0;

b)      [EI DuPont]: [EUR] 59 250 000; [di cui] in solido con

i)      DuPont Performance Elastomers SA: [EUR] 44 250 000;

e

ii)      DuPont Performance Elastomers LLC: [EUR] 44 250 000 e

iii)      [Dow]:       [EUR] 44 250 000;

c)      Denki Kagaku Kogyo (…) e Denka Chemicals (…), in solido:       [EUR] 47 000 000;

d)      [le ricorrenti], in solido: [EUR] 132 160 000;

e)      Tosoh Corp[.] e Tosoh Europe (…), in solido: [EUR] 4 800 000;

f)      [Dow]       [EUR] 4 425 000.

(…)

Articolo 3

Le imprese elencate all’articolo 1 pongono immediatamente fine alle infrazioni constatate, qualora non vi abbiano ancora provveduto.

Esse si astengono dal ripetere qualsiasi atto o condotta di cui all’articolo 1 e (...) qualsiasi atto o condotta avente oggetto o effetto identico o simile».

15      Al fine di determinare l’importo di base delle ammende, la Commissione si è basata sugli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «Orientamenti del 2006»). Essa ha considerato una percentuale del valore delle vendite di CR realizzate da ciascuna impresa all’interno del SEE durante l’anno civile 2001, l’ultimo intero anno in cui sussiste l’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione (v. punti 521 e 523 della decisione impugnata).

16      Per stabilire la percentuale del valore delle vendite da considerare, la Commissione ha ritenuto che gli accordi orizzontali di ripartizione dei mercati e di fissazione dei prezzi costituissero, per la loro stessa natura, alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza (v. punto 525 della decisione impugnata). In proposito, la Commissione ha parimenti stimato che la quota di mercato aggregata nel SEE di tutte le imprese che hanno partecipato all’infrazione fosse pari al 100%, che l’estensione geografica dell’infrazione fosse mondiale e che l’infrazione fosse stata attuata sistematicamente (v. punto 526 della decisione impugnata).

17      La Commissione ha deciso che la percentuale del valore delle vendite realizzate da ciascuna impresa coinvolta che occorreva utilizzare per determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere doveva essere pari al 21% (v. punto 535 della decisione impugnata).

18      A causa della partecipazione all’infrazione per un periodo di nove anni per la EI DuPont, la Bayer, la Denki Kagaku Kogyo e la Denka Chemicals (in prosieguo, congiuntamente: la «Denka»), le ricorrenti, nonché la Tosoh Corp. e la Tosoh Europe (in prosieguo, congiuntamente: la «Tosoh»), e per un periodo di sei anni e un mese per la DuPont Performance Elastomers SA e la DuPont Performance Elastomers LLC (in prosieguo, congiuntamente: la «DPE»), e la Dow, la Commissione, in conformità del paragrafo 24 degli Orientamenti del 2006, ha moltiplicato per 9 gli importi di partenza delle ammende determinati in funzione del valore delle vendite delle ricorrenti, della EI DuPont, della Bayer, della Denka, dell’EniChem e della Tosoh e per 6,5 gli importi di partenza delle ammende determinati in funzione del valore delle vendite della DPE e della Dow (v. punto 536 della decisione impugnata).

19      Al fine di dissuadere le imprese dal prendere parte ad un accordo di ripartizione dei mercati o ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi come quelli di cui al presente caso, e tenendo conto segnatamente degli elementi menzionati al punto 16 supra, la Commissione, in applicazione del paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006, ha incluso nell’importo di base delle ammende un importo supplementare pari al 20% del valore delle vendite (v. punto 537 della decisione impugnata).

20      Considerati tali elementi, l’importo di base dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti è stato fissato in EUR 59 milioni (v. punto 539 della decisione impugnata).

21      Per quanto riguarda gli adeguamenti degli importi di base delle ammende, da un lato, a titolo di circostanze aggravanti, l’importo di base dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti è stato maggiorato del 60% e l’importo di base dell’ammenda da infliggere alla Bayer è stato maggiorato del 50%, considerato che dette imprese erano recidive (v. punti 540‑542 della decisione impugnata). D’altro lato, non è stata concessa nessuna riduzione degli importi di base delle ammende a titolo di circostanze attenuanti di cui al paragrafo 29 degli Orientamenti del 2006, dal momento che la Commissione ha respinto tutte le richieste di riduzione presentate in tal senso (v. punti 543‑582 della decisione impugnata).

22      La Commissione ha quindi applicato, all’ammenda di talune imprese destinatarie della decisione impugnata, un aumento specifico al fine di garantire un effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende, tenendo conto del volume del fatturato di tali imprese anche escludendo le vendite dei beni e servizi ai quali l’infrazione si riferisce. L’importo di base dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti è stato moltiplicato per 1,4 e l’importo di base dell’ammenda da infliggere alla Dow è stato moltiplicato per 1,1 (v. punti 583‑586 della decisione impugnata).

23      L’importo di base dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti è stato pertanto fissato in EUR 132,16 milioni (v. punto 587 della decisione impugnata).

24      Relativamente all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la Commissione ha concesso una riduzione dell’importo di base dell’ammenda pari al 100% alla Bayer, al 50% alla Tosoh e al 25% alla EI DuPont, alla DPE e alla Dow (v. punti 591‑638 della decisione impugnata). La Commissione ha respinto le richieste presentate a norma di tale comunicazione da[riservato] e dalla Polimeri Europa (v. punti 639‑654 della decisione impugnata).

25      L’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti è stato quindi stabilito in EUR 132,16 milioni, in solido (punto 655 della decisione impugnata).

 Procedimento

26      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2008 le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

27      Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura, ha invitato la Commissione a produrre taluni documenti e ha rivolto quesiti scritti alle parti. Le parti hanno ottemperato a tale invito entro il termine impartito.

28      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 18 febbraio 2011.

29      Con ordinanza del 30 marzo 2011 il Tribunale ha disposto provvedimenti istruttori chiedendo alla Commissione di produrre taluni documenti. Ha altresì chiesto alla Commissione di specificare, fra i documenti da produrre, i documenti che godevano della tutela particolare concessa nell’ambito del programma di trattamento favorevole.

30      La Commissione ha ottemperato a tale richiesta entro il termine impartito. Le ricorrenti hanno quindi potuto consultare presso la cancelleria del Tribunale i documenti che fruivano della tutela particolare nell’ambito del programma di trattamento favorevole.

31      Il 16 maggio 2011 le ricorrenti hanno presentato osservazioni sui documenti prodotti dalla Commissione.

32      La fase orale del procedimento è stata chiusa il 16 novembre 2011 e successivamente riaperta con ordinanza del 30 novembre 2012. La Polimeri Europa ha informato il Tribunale di aver cambiato denominazione sociale; la nuova denominazione sociale è Versalis. Sentita la Commissione, la fase orale del procedimento è stata chiusa il 7 dicembre 2012.

 Conclusioni delle parti

33      Le ricorrenti chiedono, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata, in tutto o in parte, per quanto le concerne;

–        in subordine, eliminare o ridurre l’importo dell’ammenda loro inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese del procedimento.

34      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

35      La Commissione propone altresì al Tribunale di fornirgli tutti i documenti relativi alla causa che tale giudice ritenga utili.

 In diritto

36      A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono undici motivi.

37      Sei motivi sono diretti all’annullamento della decisione impugnata e sono relativi, il primo, alla violazione dell’articolo 81 CE e alla carenza di motivazione della decisione impugnata quanto all’imputazione dell’infrazione all’Eni; il secondo, alla violazione dei diritti della difesa, in quanto la decisione impugnata sarebbe in contrasto con la lettera di chiusura del procedimento nei confronti [riservato]; il terzo, alla violazione dell’articolo 81 CE e alla carenza di motivazione della decisione impugnata per l’imputazione dell’infrazione alla Polimeri Europa; il quarto, alla carenza di motivazione della decisione impugnata e alla contraddittorietà di motivazione, al difetto di istruttoria e alla violazione dell’articolo 81 CE relativamente alla valutazione dei fatti e delle prove da parte della Commissione, in particolare riguardo alla partecipazione [riservato] e della Polimeri Europa alle riunioni tenutesi nel 1993 e nel 2002; il quinto, alla carenza di motivazione della decisione impugnata e alla contraddittorietà di motivazione, al difetto di istruttoria e alla violazione dell’articolo 81 CE relativamente alla qualificazione dell’infrazione come unica e continuata e, il sesto, alla carenza di motivazione della decisione impugnata e al difetto di istruttoria riguardo al computo del periodo di durata dell’infrazione.

38      Cinque motivi sono diretti all’eliminazione o alla riduzione dell’importo dell’ammenda e sono relativi, il primo, all’errata determinazione dell’importo di base dell’ammenda; il secondo, alla violazione del principio di proporzionalità e alla carenza di motivazione della decisione impugnata riguardo agli adeguamenti dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva, delle circostanze attenuanti e per garantire l’effetto dissuasivo; il terzo, all’errata determinazione della soglia del 10% del fatturato; il quarto, alla mancata considerazione della collaborazione prestata al di fuori dell’ambito d’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e, il quinto, alla mancata riduzione dell’ammenda in forza della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

1.     Sui motivi diretti all’annullamento della decisione impugnata


 Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 81 CE e ad una carenza di motivazione riguardo all’imputazione dell’infrazione all’Eni

 Richiamo del testo della decisione impugnata

39      Al punto 457 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che l’Eni fosse da considerare responsabile in solido con la Polimeri Europa del comportamento di quest’ultima e dell’EniChem nel corso del periodo dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002, atteso che l’Eni «possedeva direttamente o indirettamente circa il 100% dell’EniChem Elastomeri S.r.l., [dell’]EniChem S.p.A. (ora [riservato]) e [della] Polimeri Europa S.p.A. all’epoca in cui dette imprese hanno partecipato direttamente all’infrazione». Allo stesso punto della decisione la Commissione ha aggiunto, inoltre, che vi erano «altri elementi che confermano (venendo quindi a suffragare la presunzione [in base alla quale, nel caso di società controllate al 100%, è dato presumere che la società madre abbia esercitato effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata]) che Eni S.p.A. ha esercitato un’influenza decisiva sulle sue controllate».

40      Ai punti 458 e 459 della decisione impugnata, riguardo a detti altri elementi che confermerebbero l’esercizio di un’influenza determinante, la Commissione ha osservato quanto segue:

«(458) In primo luogo, la maggior parte, se non tutti, i membri del consiglio di amministrazione di EniChem S.p.A. (1995-2001) e di Polimeri [Europa] (2002) venivano direttamente o indirettamente nominati da Eni. (...) [I]l canale informativo [riservato] del comparto [del CR] conduceva direttamente [riservato] di EniChem S.p.A. e di Polimeri [Europa].

(459) In secondo luogo, la concentrazione delle attività chimiche formanti il comparto “Elastomeri e Stirenici” prima presso EniChem S.p.A. e poi presso Polimeri [Europa] indica la chiara intenzione del Gruppo Eni di riservare speciale attenzione a quel settore e di continuare a deciderne, in ultima analisi, la struttura e la gestione».

41      Riguardo alla valutazione dell’effettiva autonomia della controllata, la Commissione ha innanzitutto osservato che «[l]’affermazione secondo cui non vi sono indicazioni di un coinvolgimento diretto della società madre nel comportamento anticoncorrenziale né essa sarebbe stata a conoscenza di quest’ultimo non [era] rilevante» (v. punto 463 della decisione impugnata) e, successivamente, che «[n]on è necessario che una società madre si occupi della gestione ordinaria delle attività di una sua controllata per poter esercitare un’influenza decisiva sulla sua politica commerciale» (v. punto 464 della decisione impugnata).

42      Infine, da un lato, al punto 467 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato quanto segue:

«[L]a definizione delle attività fondamentali (…) e la qualificazione della funzione del gruppo di controllo in termini di “holding” non dimostrano in modo conclusivo l’effettiva e reale autonomia di una controllata. Il fatto che la società madre non sia coinvolta nelle attività diverse non è decisivo rispetto alla questione se essa debba essere considerata come formante un’unità economica con le entità operative del gruppo. La suddivisione delle funzioni è un fenomeno normale in seno ai gruppi di società. Un’entità economica svolge per definizione tutte le principali funzioni di un operatore economico in seno alle entità giuridiche di cui è composta. Le società che fanno capo ad un gruppo e le entità commerciali che dipendono da un centro societario per quanto riguarda l’orientamento fondamentale della strategia e delle operazioni commerciali, gli investimenti, la tesoreria, le questioni giuridiche e la funzione di guida, formano un unico soggetto economico e non possono essere considerate come entità economiche autonome».

43      Dall’altro lato, la Commissione, ai punti 469 e 470 della decisione impugnata, ha dichiarato che «la concentrazione delle attività chimiche formanti il comparto “Elastomeri e Stirenici” prima presso EniChem S.p.A. e poi presso Polimeri [Europa] dimostra[va] l’importanza strategica che il settore chimico riveste per il Gruppo Eni» e che, «[i]n ogni caso, [era] improbabile che EniChem S.p.A. e Polimeri [Europa] potessero agire in maniera indipendente sul mercato in una situazione in cui la società madre continuava a riorganizzarne sistematicamente le attività».

44      La Commissione, al punto 477 della decisione impugnata, ha quindi constatato che «gli elementi presentati da Eni non [era]no in grado di superare la suddetta presunzione».

 Argomenti delle parti

45      Le ricorrenti fanno valere che all’Eni non può essere imputata la responsabilità solidale per la partecipazione di una delle sue controllate ad un’infrazione dell’articolo 81 CE. Poiché nella decisione impugnata ha ritenuto il contrario, la Commissione avrebbe, in primo luogo, erroneamente imputato la responsabilità del comportamento di una controllata alla società madre in ragione della sola titolarità del capitale di tale controllata; in secondo luogo, avrebbe scorrettamente valutato l’effettiva autonomia della controllata; in terzo luogo, avrebbe violato i principi di personalità della responsabilità e della pena, di presunzione di innocenza, nonché di tutela dei diritti della difesa e, in quarto luogo, avrebbe violato il principio di responsabilità limitata del diritto societario.

46      Riguardo, in primo luogo, all’imputazione della responsabilità sulla sola base della titolarità della totalità del capitale, le ricorrenti, operando un richiamo alla giurisprudenza, riconoscono che la circostanza che una società madre sia titolare della totalità o della quasi totalità del capitale della controllata costituisce un «indizio consistente» del fatto che la società madre eserciti un controllo sulla condotta commerciale della controllata, tuttavia fanno valere che non è di per sé sufficiente per consentire d’imputare la responsabilità del comportamento della controllata alla società madre. Dalla giurisprudenza risulterebbe che la Commissione non può comunque esimersi dall’esaminare gli elementi del caso di specie che dimostrino l’autonomia della controllata nella definizione delle proprie strategie e che tali elementi riguardano l’insieme degli eventuali vincoli organizzativi, economici e giuridici esistenti tra la società controllante e la sua controllata tali da giustificare la loro considerazione come un’unica entità economica. In tal modo, l’imputazione del comportamento di una controllata alla società madre sarebbe sempre subordinata all’accertamento dell’effettivo esercizio di un potere di direzione della seconda sulla prima. L’affermazione riportata al punto 404 della decisione impugnata secondo cui la Commissione può presumere che una controllata al 100% segua essenzialmente le istruzioni che le sono impartite dalla società madre senza dovere controllare se la società madre abbia effettivamente esercitato quel potere non sarebbe pertanto fondata. Tale ultima impostazione, peraltro, sarebbe contraria ai fondamentali principi di diritto in materia di responsabilità delle persone giuridiche, renderebbe impossibile la prova contraria e trasformerebbe la presunzione semplice in un’«inammissibile presunzione juris et de jure». Sarebbe infatti impossibile ribaltare una presunzione che riposa su un elemento obiettivo e inconfutabile quale il controllo totalitario del capitale.

47      Relativamente, in secondo luogo, alla valutazione dell’effettiva autonomia della controllata, i numerosi elementi aggiuntivi di norma considerati rilevanti dai giudici dell’Unione e dalla Commissione per stabilire se una controllata al 100% disponga o meno di un’autonomia strategica nel caso di specie non sussisterebbero. Se tali elementi sono rilevanti per stabilire la responsabilità della controllante, qualora essi sussistano, essi sono del pari rilevanti, qualora non sussistano, per negare la responsabilità di quest’ultima. Non vi sarebbe, quindi, base alcuna per fondare la responsabilità in solido dell’Eni per il comportamento della sua controllata Polimeri Europa, in quanto le due circostanze menzionate nei punti 458 e 459 della decisione impugnata (il potere di nomina dei membri del consiglio di amministrazione delle controllate e la riorganizzazione delle attività chimiche all’interno del gruppo) consentirebbero del resto di confermare la conclusione proposta dalle ricorrenti. Oltre a ciò, la Commissione avrebbe erroneamente valutato alcuni ulteriori elementi, addotti nella fase amministrativa e tesi a dimostrare che l’Eni non aveva nessuna intenzione di ingerirsi nelle attività della [riservato] e della Polimeri Europa, che le attività CR avevano un carattere marginale per l’Eni e che quest’ultima ha operato alla stregua di una semplice holding finanziaria e non ha esercitato alcuna influenza sulle decisioni operative relative alle attività CR. Inoltre, la Commissione avrebbe tralasciato di valutare una serie di elementi che consentirebbero di concludere che l’Eni non esercitava un’influenza decisiva sul comportamento delle sue società partecipate nel settore del CR. Difatti, l’Eni, innanzitutto, non avrebbe mai preso parte ai comportamenti anticoncorrenziali sanzionati e non avrebbe nemmeno mai operato nel settore del CR. Ulteriormente, riguardo all’Eni e alle sue controllate, non sarebbe mai stata constatata alcuna compresenza delle medesime persone fisiche nei consigli di amministrazione. Infine, non vi erano flussi informativi fra l’Eni e la [riservato]/Polimeri Europa. Il complesso di dette circostanze, così come le regole statutarie e di corporate governance confermerebbero, consentirebbe di affermare che l’Eni ha rivestito il ruolo di holding di partecipazione limitandosi a svolgere unicamente le prerogative tipiche di qualsiasi azionista secondo le previsioni del diritto societario, ciò che tuttavia non potrebbe essere equiparato a una situazione di influenza decisiva, tale da consentire l’imputazione di responsabilità per atti realizzati dalla società controllata. Peraltro, sostenere, come fa la Commissione, che le prerogative tipiche dell’azionista di controllo sarebbero sufficienti ad affermarne la responsabilità equivarrebbe a riconoscere che, nella specie, l’Eni è responsabile in virtù di una «responsabilità oggettiva».

48      L’affermazione della Commissione secondo la quale il controllo indiretto da parte dell’Eni delle controllate attive nel settore del CR nel corso del periodo dell’infrazione addebitata sarebbe irrilevante, alla luce dell’acquisizione del controllo diretto e totale della Polimeri Europa ad opera dell’Eni dopo la fine dell’infrazione, non sarebbe coerente con la decisione impugnata. In quest’ultima la Commissione avrebbe, infatti, fondato la responsabilità dell’Eni sul controllo totalitario e diretto della partecipata asseritamente coinvolta nelle infrazioni. Ciò dimostrerebbe che la Commissione non ha tenuto conto della circostanza che, in assenza di partecipazione diretta nelle sue controllate operative, l’Eni non disponeva, nei confronti di dette società, di quei legami e prerogative che la Commissione ritiene parte integrante della responsabilità di una società madre e necessari al fine di stabilire la responsabilità di una società madre per il comportamento della sua controllata.

49      In terzo luogo, riguardo alla violazione dei principi di personalità della responsabilità e della pena, della presunzione di innocenza, nonché dei diritti della difesa, le ricorrenti fanno valere che, secondo la giurisprudenza, non è la mera proprietà, ma la responsabilità nella gestione che si pone all’origine della responsabilità in materia d’intese. Ne conseguirebbe che, laddove non risulti che la controllante influisca in modo determinate sulle condotte della controllata, essa non può essere imputata solidalmente per gli atti di quest’ultima sulla base del solo elemento del controllo proprietario al 100% senza violare i menzionati principi generali e, segnatamente, quello della personalità della responsabilità e della pena. La presunzione contenuta nella decisione impugnata, quale interpretata dalla Commissione, fondata solo sulla titolarità, anche indiretta, dell’intero capitale sociale della controllata, sarebbe contraria non soltanto ai principi succitati, ma altresì ai principi relativi alla prova ed alla presunzione d’innocenza. Invero, l’ottica della Commissione farebbe gravare sull’impresa – che dovrebbe al contrario essere «presunta innocente» – una presunzione di responsabilità che potrebbe essere ribaltata soltanto fornendo la prova di un fatto negativo, cioè dell’assenza di influenza decisiva, ciò che costituirebbe manifestamente, qualora un’influenza siffatta non sussista, un’inammissibile prova impossibile (probatio diabolica). Inoltre, nell’ipotesi in cui, per imputare la responsabilità, si ritenesse che l’influenza determinante coincida puramente e semplicemente con la titolarità della totalità del capitale sociale della controllata, la prova sarebbe addirittura impossibile. Una siffatta presunzione assoluta sarebbe contraria ai principi generali invocati e alla giurisprudenza.

50      Relativamente, in quarto luogo, alla violazione del principio di responsabilità limitata prevista dal diritto societario, conseguenza diretta della distinta personalità giuridica e dell’autonomia patrimoniale di cui sono normalmente dotate tali società, le ricorrenti ricordano innanzitutto che detto principio è comune agli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri così come a quello dell’Unione. Nel contesto dei gruppi di società il menzionato principio osterebbe al «superamento della personalità giuridica di una società» a favore di un concetto unitario di gruppo sulla semplice configurazione di un’attività di holding individuale che si pone come socio dominante di tutto il gruppo, posto che tale situazione non è tale da annullare l’autonomia di cui ciascuna società è normalmente munita in materia patrimoniale e di gestione. Sarebbe dunque solo in casi eccezionali, vale a dire casi in cui sia individuato e provato un abuso del principio di responsabilità limitata e adducendo prova adeguata del coinvolgimento della holding, che l’ordinamento giuridico potrebbe talvolta prevedere un «superamento» di tale principio. I principi enunciati dal diritto della concorrenza dell’Unione dovrebbero pertanto essere interpretati, per quanto possibile, coerentemente con i principi rinvenibili nel diritto societario.

51      A tale riguardo le ricorrenti propongono di trarre ispirazione dall’esempio della giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti e, in particolare, dalla dottrina della deroga alla responsabilità limitata (cosiddetta «veil piercing») da essa elaborata. Tale dottrina, applicata nel diritto societario americano e pienamente ammessa nell’ambito dell’attuazione del diritto della concorrenza americano, riconoscerebbe la rilevanza del principio della «limited liability» al fine di determinare un’eventuale responsabilità della controllante per le condotte infrattive della controllata. Essa implicherebbe difatti che, al fine di determinare una responsabilità siffatta, deve essere esaminata in modo approfondito una serie di elementi che vanno al di là del mero controllo proprietario, il che consentirebbe di concludere che la controllante si è servita della sua controllata come di un semplice strumento per eludere responsabilità della condotta illecita constatata. Le ricorrenti rinviano a due pareri relativi al diritto societario e antitrust americano allegati al ricorso, nei quali si troverebbe conferma dell’argomentazione esposta analiticamente nel contesto del presente motivo.

52      La Commissione contesta le argomentazioni delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

53      Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di impresa, nell’ambito del diritto della concorrenza, dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce ad un’unità economica dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo di cui trattasi, anche se, sotto il profilo giuridico, questa unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (sentenze della Corte del 12 luglio 1984, Hydroterm Gerätebau, 170/83, Racc. pag. 2999, punto 11, e del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, Racc. pag. I‑8237; in prosieguo: la «sentenza della Corte Akzo Nobel», punto 55). Ai fini dell’applicazione delle regole di concorrenza la formale separazione tra due società, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non è decisiva, mentre è decisiva l’unità o meno del loro comportamento sul mercato. Può quindi risultare necessario accertare se due società aventi personalità giuridiche distinte formino, ovvero appartengano ad una sola ed unica impresa o entità economica che attui un comportamento unitario sul mercato (v. sentenza del Tribunale del 15 settembre 2005, DaimlerChrysler/Commissione, T‑325/01, Racc. pag. II‑3319, punto 85 e giurisprudenza ivi citata). Il Tribunale ha quindi considerato che l’articolo 81, paragrafo 1, CE concerne il caso di entità economiche, ognuna delle quali consiste in un’organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione di un’infrazione prevista da tale disposizione (sentenza del Tribunale del 10 marzo 1992, Shell/Commissione, T‑11/89, Racc. pag. II‑757, punto 311; v., altresì, sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2007, Akzo Nobel e a./Commissione, T‑112/05, Racc. pag. II 5049, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

54      Qualora un ente di tal genere violi le regole della concorrenza, esso è tenuto, secondo il principio di responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione. Tuttavia, la violazione del diritto della concorrenza dell’Unione deve essere imputata inequivocabilmente ad una persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende. In base a una costante giurisprudenza, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche. Infatti, ciò si verifica perché, in tale situazione, la società controllante e la propria controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, ai sensi dell’articolo 81 CE, il che consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione (v. sentenza della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, punti 56‑59 e giurisprudenza ivi citata).

55      Affinché si imputi ad una società controllante la responsabilità per le infrazioni della propria controllata, non è necessario che la controllante eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale stricto sensu di detta controllata, né, a fortiori, che la società controllante influenzi la politica della propria controllata nello specifico settore oggetto dell’infrazione. Occorre che siano presi in considerazione tutti gli elementi pertinenti relativi ai vincoli organizzativi, economici e giuridici che legano tale controllata alla società controllante, e non soltanto il comportamento della controllata sul mercato (v., in tal senso, sentenza della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, punti 73‑75).

56      Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (sentenze della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, punto 60, e del 20 gennaio 2011, General Química e a./Commissione, C‑90/09 P, Racc. pag. I‑1, punto 39). Alla luce di tali considerazioni è sufficiente che la Commissione provi che la totalità del capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale della controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di vincere detta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova, idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato (sentenze della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, punto 61, e General Química e a./Commissione, cit., punto 40).

57      Anche se è vero che la Corte ha richiamato, ai punti 28 e 29 della sentenza del 16 novembre 2000, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (C‑286/98 P, Racc. pag. I‑9925), altre circostanze oltre alla detenzione del 100% del capitale della controllata, come l’assenza di contestazione dell’influenza esercitata dalla società controllante sulla politica commerciale della sua controllata e la comune rappresentanza delle due società durante il procedimento amministrativo, ciò non toglie che siffatte circostanze sono state rilevate dalla Corte soltanto al fine di esporre l’insieme degli elementi sui quali il Tribunale aveva basato la sua argomentazione in tale controversia, e non per subordinare l’applicazione della presunzione suddetta alla produzione di indizi supplementari relativi all’esercizio effettivo di un’influenza della società controllante sulla sua controllata (sentenza General Química e a./Commissione, punto 56 supra, punto 41).

58      Per rovesciare la presunzione secondo cui una società controllante che detiene il 100% del capitale sociale della sua controllata esercita effettivamente un’influenza determinante su di essa, spetta a detta società controllante sottoporre alla valutazione del giudice dell’Unione ogni elemento relativo ai vincoli organizzativi, economici e giuridici che intercorrono tra la stessa e la sua controllata, idonei a dimostrare che esse non costituiscono un’unica entità economica (sentenza General Química e a./Commissione, punto 56 supra, punto 51).

59      Dalla giurisprudenza risulta inoltre che, se una società controllante detiene la quasi totalità del capitale della sua controllata, può parimenti ragionevolmente concludersene che detta controllata non determina in modo autonomo la propria condotta sul mercato e che, di conseguenza, essa forma, con la società controllante, un’impresa ai sensi dell’articolo 81 CE (v. sentenza del Tribunale del 30 settembre 2009, Arkema/Commissione, T‑168/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

60      Nella fattispecie, riguardo, in primo luogo, agli argomenti delle ricorrenti volti a contestare l’imputazione della responsabilità alla società controllante sulla sola base della titolarità della totalità del capitale delle controllate, si deve rilevare che detti argomenti sono radicati in una lettura errata della giurisprudenza e della decisione impugnata.

61      Da un lato, infatti, dalla giurisprudenza citata ai punti 56‑57 supra emerge che, quando una società controllante detiene la totalità o la quasi totalità del capitale della sua controllata, per imputarle la responsabilità dell’infrazione commessa da detta controllata, la Commissione può basarsi su di una presunzione relativa secondo cui la menzionata società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sulla controllata. Contrariamente alla tesi dalle ricorrenti, basata su di un’ambiguità generata dalla sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, punto 57 supra, non viene richiesto alla Commissione di apportare elementi aggiuntivi a suffragio della presunzione di cui trattasi.

62      Nella situazione della detenzione della totalità o della quasi totalità del capitale della controllata da parte della società controllante, spetta alla società controllante rovesciare la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante apportando elementi probatori tendenti a dimostrare che la sua controllata, nonostante la circostanza che il capitale di quest’ultima fosse interamente o quasi interamente detenuto dalla società controllante, ha determinato la sua condotta sul mercato in modo autonomo e, pertanto, che quest’ultima non formava una sola e medesima impresa con la società controllante dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo in causa. Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non si tratta quindi di una presunzione assoluta.

63      Orbene, come risulta dal punto 2 supra, nel corso del periodo in discussione l’Eni era la società controllante e capofila del gruppo Eni e deteneva, in parte direttamente ed in parte indirettamente, con una quota compresa tra il 99,93% e il 100%, il capitale delle società responsabili dell’attività CR dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002, ossia l’EniChem Elastomeri, l’EniChem e la Polimeri Europa. Ne discende che correttamente la Commissione, dopo aver constatato che l’Eni deteneva la totalità o la quasi totalità del capitale di dette controllate nel periodo dell’infrazione, ha, unicamente su siffatta base, considerato che l’Eni aveva la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulla condotta delle controllate e ha correttamente presunto che l’Eni aveva effettivamente esercitato una tale influenza determinante sulle attività delle menzionate controllate sul mercato del CR.

64      D’altro lato, si deve riscontrare che la responsabilità del comportamento delle sue controllate non è stata imputata all’Eni solamente sulla base della detenzione della totalità del capitale di suddette controllate. Difatti, al punto 457 della decisione impugnata, citato al punto 39 supra, la Commissione ha constatato che, oltre alla detenzione della totalità del capitale delle società controllate di cui trattasi, vi erano altri elementi che confermavano e, quindi, suffragavano la presunzione che l’Eni avesse esercitato un’influenza decisiva sulle sue controllate.

65      In secondo luogo, relativamente agli argomenti volti a dimostrare l’effettiva autonomia delle controllate in parola, si deve osservare che, ad avviso delle ricorrenti, la Commissione non poteva imputare all’Eni la responsabilità dell’infrazione commessa dalle suddette controllate poiché non aveva preso in esame elementi che, secondo la giurisprudenza, devono essere analizzati ai fini della valutazione dell’effettiva autonomia di una controllata. Siffatto argomento non può essere accolto. Come risulta dai punti 61‑63 supra, la Commissione, avendo constatato che l’Eni deteneva fra il 99,93% e il 100% del capitale delle sue controllate responsabili dell’attività CR, ha potuto basarsi su di una presunzione per imputare all’Eni la responsabilità dell’infrazione commessa dalle suddette controllate. In un caso del genere incombeva alle ricorrenti rovesciare tale presunzione apportando gli elementi idonei a dimostrare l’effettiva autonomia delle controllate in parola, e la Commissione non era tenuta ad esaminare altri elementi se non quelli presentati dalle ricorrenti nel corso della procedura amministrativa.

66      Con riguardo agli elementi apportati dalle ricorrenti nel corso della procedura amministrativa, la Commissione ha correttamente ritenuto che non fossero idonei a dimostrare l’effettiva autonomia delle controllate di cui trattasi.

67      In tal senso, sotto un primo profilo, quanto alla circostanza che l’Eni non avrebbe mai partecipato alle pratiche anticoncorrenziali oggetto della decisione impugnata, e che non sarebbe mai stata attiva nel settore del CR, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, non è una relazione di istigazione a commettere l’illecito tra la controllante e la sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, bensì il fatto che esse costituiscono un’unica impresa ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione che permette alla Commissione di adottare la decisione che impone ammende nei confronti della società controllante di un gruppo di società (sentenze del Tribunale Akzo Nobel e a./Commissione, punto 53 supra, punto 58, e del 30 aprile 2009, Itochu/Commissione, T‑12/03, Racc. pag. II‑883, punto 58). Di conseguenza la circostanza che l’Eni non fosse presente sul mercato del CR e che non abbia mai preso parte alle pratiche anticoncorrenziali, anche qualora ciò si considerasse accertato, non sarebbe sufficiente a dimostrare l’effettiva autonomia delle controllate in causa.

68      Sotto un secondo profilo, riguardo all’asserita insussistenza di flussi informativi fra l’Eni e le controllate di cui trattasi e all’asserita assenza di sovrapposizioni delle funzioni dirigenziali fra l’Eni e le suddette controllate, va osservato che, con tale elemento, le ricorrenti contestano che l’Eni fosse stata a conoscenza dell’esistenza di un’intesa sul mercato del CR. Orbene, dal paragrafo 90 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella sentenza della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra (Racc. pag. I‑8241), cui la Corte rinvia esplicitamente al punto 73 di detta sentenza, risulta che nessun rilievo può assumere la questione se la società madre abbia interferito nella gestione ordinaria della propria controllata, né, tantomeno, se le attività anticoncorrenziali della controllata fossero riconducibili ad istruzioni della società madre o fossero note a quest’ultima, quando si tratti di imputare alla società controllante il comportamento della sua controllata.

69      Sotto un terzo profilo, relativamente all’affermazione delle ricorrenti secondo cui l’Eni, rispetto alle controllate attive nel settore del CR, aveva operato unicamente alla stregua di una holding finanziaria con l’esercizio delle prerogative tipiche dell’azionista di maggioranza, si rammenti che, secondo la giurisprudenza, nell’ambito di un gruppo di società, una holding è una società destinata a raggruppare partecipazioni in varie società ed ha la funzione di assicurarne l’unità di direzione (v., in tal senso, sentenza Arkema/Commissione, punto 59 supra, punto 76). La circostanza, quindi, che l’Eni fosse una società holding il cui ruolo consisteva nel detenere le quote delle sue controllate attive nella produzione del CR non è sufficiente ad escludere che abbia esercitato un’influenza determinante sul comportamento di dette controllate.

70      Sotto un quarto profilo, riguardo all’affermazione delle ricorrenti secondo cui l’Eni, considerati i rapporti indiretti con le controllate in discussione, non disponeva dei legami e delle prerogative necessari al fine di far sorgere la sua responsabilità per le loro condotte, si deve rilevare che il potere di controllo in capo alla società controllante comporta la responsabilità di garantire l’osservanza, da parte della controllata, delle regole sulla concorrenza. Sull’impresa che abbia la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulla strategia commerciale della sua controllata grava quindi la presunzione, fino a prova contraria, che essa abbia la possibilità di fissare una politica improntata al rispetto del diritto della concorrenza e di adottare tutte le misure utili e necessarie ai fini del controllo della gestione commerciale della sua controllata. La mera inerzia dell’azionista controllante sotto tale profilo non può in ogni caso essere accettata come motivo per declinare la sua responsabilità. Pertanto, considerando altresì che gli eventuali profitti derivanti dalle attività illecite sono a loro vantaggio, occorre ricondurre agli azionisti controllanti la responsabilità delle attività commerciali illecite delle loro controllate.

71      Sotto un quinto profilo, riguardo alla circostanza, posta in evidenza dalle ricorrenti, che le attività chimiche sarebbero marginali per il gruppo dal punto di vista economico, essa non è atta a provare che le controllate in parola disponessero di un’effettiva autonomia e potessero stabilire liberamente il loro comportamento sul mercato.

72      Peraltro, l’argomento delle ricorrenti secondo cui gli elementi menzionati dalla Commissione ai punti 458 e 459 della decisione impugnata, ossia il potere di nomina dei membri del consiglio di amministrazione delle controllate e la riorganizzazione delle attività chimiche all’interno del gruppo, non potrebbero costituire un fondamento per la responsabilità in solido dell’Eni, ma, al contrario, consentirebbero di confermare la conclusione delle ricorrenti secondo cui le controllate dell’Eni in parola agivano in modo autonomo sul mercato, non può essere accolto. Da un lato, le ricorrenti non spiegano come elementi quali il potere di nomina dei membri del consiglio di amministrazione delle controllate e la riorganizzazione delle attività chimiche all’interno del gruppo potrebbero dimostrare l’autonomia delle controllate di cui trattasi. D’altro lato, dal punto 457 della decisione impugnata, citato al punto 39 supra, risulta con chiarezza che gli elementi in discussione sono stati indicati dalla Commissione ad abundantiam e che essi «confermano (venendo quindi a suffragar[ne] la presunzione)» l’esercizio effettivo di un’influenza determinante.

73      Da tutto quanto precede emerge che la Commissione ha correttamente considerato potersi presumere che l’Eni avesse effettivamente esercitato un’influenza determinante sul comportamento delle sue controllate EniChem Elastomeri, EniChem e Polimeri Europa sul mercato del CR, e che le ricorrenti non sono riuscite a rovesciare detta presunzione con l’apporto di elementi probatori sufficienti tali da dimostrare che le sue controllate si comportavano autonomamente sul mercato in parola. La Commissione ha quindi dimostrato in modo adeguato che l’infrazione commessa dall’EniChem Elastomeri, dall’EniChem e dalla Polimeri Europa poteva legittimamente essere imputata all’Eni nella sua qualità di società controllante delle stesse.

74      In terzo luogo, riguardo, da un lato, agli argomenti delle ricorrenti relativi ad una violazione dei principi di personalità della responsabilità e della pena e secondo cui, in sostanza, la responsabilità dell’intesa in discussione non potrebbe essere imputata alla società controllante in mancanza di una responsabilità individuale di quest’ultima nell’intesa stessa o di un diretto coinvolgimento nella condotta infrattiva, è sufficiente constatare che siffatta argomentazione si basa sull’errato presupposto secondo cui nei confronti della società controllante, l’Eni nella fattispecie, non sarebbero state constatate infrazioni. Dai punti 457‑478 e dagli articoli 1 e 2 della decisione risulta, infatti, che l’Eni è stata personalmente condannata per un’infrazione di cui essa stessa è stata ritenuta autrice a causa degli stretti vincoli economici e giuridici che la univano alle controllate di cui trattasi e che le consentivano di determinare il comportamento di queste ultime sul mercato. Inoltre, la Corte ha già dichiarato che il principio di responsabilità personale non osta a che la Commissione consideri inizialmente di sanzionare la società che ha commesso un’infrazione delle norme della concorrenza prima di indagare se, eventualmente, l’infrazione possa essere imputata alla sua società capogruppo (sentenza della Corte del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 82).

75      Dall’altro lato, quanto agli argomenti delle ricorrenti relativi alla presunzione di innocenza e alla tutela dei diritti della difesa, occorre ricordare che la presunzione di innocenza implica che ogni persona accusata è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. Essa osta, quindi, a qualsiasi constatazione formale ed anche a qualsiasi allusione alla responsabilità della persona cui sia imputata una data infrazione in una decisione che pone fine all’azione, senza che la persona abbia potuto beneficiare di tutte le garanzie inerenti all’esercizio dei diritti della difesa nell’ambito di un procedimento che segua il suo corso normale e si chiuda con una decisione sulla fondatezza dell’addebito (sentenza del Tribunale del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, Racc. pag. II‑4065, punto 106).

76      Nel caso di specie è d’uopo constatare che la Commissione ha dimostrato sulla base di elementi di fatto che l’Eni aveva la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulla strategia commerciale delle controllate in parola e si poteva presumere che avesse esercitato siffatta influenza, e che essa ha giustamente concluso che l’Eni e le controllate di cui trattasi formavano un unico soggetto economico sotto il profilo dell’oggetto dell’accordo in causa (v. punti 457, 467 e 475 della decisione impugnata); ciò consentiva pertanto l’imputazione in solido di una violazione del diritto della concorrenza, considerato che l’Eni non era stata in grado di rovesciare la presunzione in parola. Si aggiunga che, nel corso del procedimento dinanzi alla Commissione, e quindi prima di qualsiasi accertamento formale della responsabilità dell’Eni, quest’ultima ha potuto presentare argomenti tendenti a dimostrare che le controllate di cui trattasi avevano stabilito autonomamente il loro comportamento sul mercato e che, pertanto, essa non formava con le sue controllate un’unica impresa ai sensi dell’articolo 81 CE. In tale contesto la lamentata violazione della presunzione d’innocenza e dei diritti della difesa non è stata provata.

77      In quarto luogo, riguardo agli argomenti delle ricorrenti relativi ad una violazione del principio di responsabilità limitata prevista dal diritto societario, è necessario porre in evidenza che, ai fini dell’applicazione delle regole in materia di concorrenza, secondo una giurisprudenza ben consolidata, la separazione formale fra due società risultante dalle rispettive distinte personalità giuridiche non è determinante, in quanto l’elemento dirimente è l’unità o meno del rispettivo comportamento sul mercato (v. la giurisprudenza citata al punto 53 supra). Dunque, l’imputazione alla società controllante, la quale abbia la possibilità di esercitare un controllo sulla politica commerciale della sua controllata, dell’infrazione commessa da quest’ultima costituisce una deroga ai principi del diritto societario, sia dell’Unione che di quelli nazionali. Tuttavia, una deroga del genere è giustificata in ragione delle specifiche esigenze del diritto della concorrenza e, in particolare, della necessità di imputare a persone giuridiche le condotte illecite poste in essere da entità economiche, assicurando l’effettiva applicazione dei divieti sanciti dal Trattato, la repressione delle infrazioni ed il carattere dissuasivo delle sanzioni. Gli argomenti relativi alle regole del diritto societario e antitrust americano a tale proposito, presentati analiticamente nel ricorso e articolati in due pareri a questo allegati, sono in ogni caso privi di rilevanza, dal momento che nella fattispecie si tratta dell’applicazione del diritto dell’Unione. Di conseguenza non è necessario pronunciarsi circa la questione se i pareri allegati al ricorso, nella misura in cui contengano argomenti non presenti nel testo del ricorso, soddisfino i requisiti dell’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale.

78      Da tutto quanto precede risulta che la Commissione ha correttamente imputato all’Eni la responsabilità dell’infrazione commessa dalle sue controllate e che, contrariamente a ciò che asseriscono le ricorrenti, non è stata dimostrata alcuna carenza di motivazione della decisione impugnata. Pertanto il primo motivo è infondato e dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 81 CE e ad una carenza di motivazione della decisione impugnata riguardo all’imputazione dell’infrazione alla Polimeri Europa

 Richiamo del testo della decisione impugnata

79      Al punto 443 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato quanto segue:

«[riservato] (...) (già EniChem S.p.A.) e Polimeri Europa (…) vanno considerate responsabili in quanto hanno direttamente partecipato all’infrazione. [L]e società hanno partecipato al cartello dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002 attraverso differenti ragioni sociali o soggetti giuridici/economici cui sono subentrate sotto il profilo giuridico o economico».

80      Ai punti 445 e 447 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che «[i]l 1° gennaio 2002 EniChem S.p.A. a[veva] trasferito le attività del comparto “Elastomeri e Stirenici” (inclusa la gomma cloroprene) (…) alla sua controllata al 100% Polimeri Europa S.p.A., che quindi, per detti prodotti, è subentrata sotto il profilo economico ad EniChem S.p.A.», che «[i]l 1° maggio 2003 EniChem S.p.A. a[veva] cambiato ragione sociale, diventando [riservato]» e che «Polimeri Europa (…) e [riservato] (...) appartenevano alla stessa impresa».

81      Inoltre, ai punti 448‑455 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto presente che si sarebbe dovuta ritenere la Polimeri Europa responsabile della condotta anteriore dell’EniChem. In primo luogo, al punto 448 della decisione impugnata, essa ha indicato quanto segue:

«(…) Polimeri [Europa] ha acquisito il comparto in attività di EniChem S.p.A. per la gomma cloroprene a partire dal 1° gennaio 2002, inclus[i] tutte le sue attività principali e il personale. EniChem S.p.A. era ed è rimasto l’unico azionista di Polimeri [Europa], sia prima che dopo la riorganizzazione. Il trasferimento non è avvenuto attraverso il pagamento di un corrispettivo ad EniChem S.p.A., ma attraverso un aumento del capitale azionario di Polimeri [Europa] e l’emissione delle corrispondenti azioni ad EniChem S.p.A. Il valore nominale totale di dette azioni è stato stabilito sulla base di una relazione preparata da un esperto designato dalle autorità giudiziarie italiane. Lo scopo di tale relazione era principalmente evitare una valutazione eccessiva del capitale azionario di Polimeri Europa (...) che avrebbe potuto deludere le aspettative dei creditori della medesima Polimeri Europa (...)».

82      In secondo luogo, ai punti 449 e 450 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato quanto segue:

«(…) gli attivi e il relativo fatturato di EniChem S.p.A./[riservato] sono notevolmente diminuiti e attualmente le attività dell’azienda sono le seguenti: gestione di partecipazioni non strategiche in vista della loro cessione a terzi o della loro liquidazione; vendita di tutti gli impianti in attività o la loro chiusura e messa in sicurezza; smantellamento degli impianti chiusi e bonifica dei terreni contaminati; gestione di servizi, compresi servizi pubblici, in impianti condivisi in vista della loro conversione in terzi fornitori di servizi o della creazione di consorzi e gestione delle vertenze ancora pendenti. Sussiste quindi un serio rischio che, al momento in cui le verrà indirizzata una decisione che le infligge un’ammenda e tale decisione diventerà esecutiva, [riservato] non disporrà più di attivi sufficienti per pagare l’ammenda».

83      In terzo luogo, ai punti 451‑455 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato quanto segue:

«(...) Polimeri Europa S.p.A. ha rilevato la partecipazione alle riunioni di cartello a partire dal 1° gennaio 2002 fino al 13 maggio 2002, e i dipendenti che avevano preso parte all’infrazione come dipendenti di EniChem S.p.A. hanno continuato a parteciparvi in qualità di dipendenti di Polimeri Europa (…) Il canale informativo [riservato] del comparto “gomma cloroprene” conduceva direttamente [riservato], rispettivamente, di EniChem S.p.A. e di Polimeri (…) Gli [riservato] tanto di EniChem S.p.A. (oggi [riservato]) quanto di Polimeri [Europa] rispondono della loro attività [riservato]. [riservato] era[no] designati dagli azionisti della società. [riservato] di EniChem Elastomeri venivano designati da EniChem S.p.A.».

 Argomenti delle parti

84      Le ricorrenti fanno valere che, nella denegata ipotesi in cui fosse dimostrata la natura illecita degli incontri avvenuti tra il 1º gennaio 2002 e il 13 maggio 2002, la Polimeri Europa potrebbe essere ritenuta responsabile di un’infrazione esclusivamente in relazione a tale periodo, e che la Commissione avrebbe dovuto ritenere responsabile [riservato] (già EniChem) per il periodo durante il quale tale società ha avuto la gestione esclusiva delle attività CR (ossia fino al 31 dicembre 2001).

85      La Commissione stessa avrebbe ammesso che, in caso di cessione delle attività oggetto di illecito da un’impresa ad un’altra in costanza di illecito, la responsabilità va ripartita pro rata temporis fra la cedente e la cessionaria. Orbene, sulla base del solo punto che indica che [riservato] e la Polimeri Europa appartengono alla medesima entità economica, la Commissione avrebbe escluso ogni imputabilità diretta nei confronti della [riservato] e avrebbe attribuito la responsabilità per il comportamento pregresso di questa alla Polimeri Europa, benché nel periodo intercorrente tra il 13 maggio 1993 e il 1° gennaio 2002 quest’ultima non abbia operato nel settore del CR. Secondo la giurisprudenza, il principio di continuità economica può essere applicato in deroga al principio di responsabilità personale soltanto in circostanze eccezionali, segnatamente quando la società autrice delle infrazioni ha cessato ogni attività commerciale (e non unicamente nel settore dell’infrazione), divenendo sostanzialmente una «scatola vuota», e/o si trova in situazione di fallimento. Siffatte circostanze non ricorrerebbero nel caso di specie, considerato che [riservato] è una società tuttora esistente e commercialmente attiva. Non sussisterebbe quindi alcun rischio di vanificare l’applicazione effettiva delle norme in materia di concorrenza, rischio che avrebbe giustificato una deroga al principio di responsabilità personale. Di conseguenza, secondo le ricorrenti, nel caso di specie il principio di responsabilità personale sarebbe stato violato. Gli elementi aggiuntivi richiamati dalla Commissione ai punti 448‑455 della decisione impugnata sarebbero irrilevanti a tal proposito. In particolare, considerato che la Commissione fa valere al tempo stesso la responsabilità solidale dell’Eni, la preoccupazione relativa al fatto che [riservato] non sarebbe in grado di pagare l’ammenda è priva di fondamento e irrilevante. Peraltro, nella decisione del 29 novembre 2006 nel caso COMP/F/38.638 (Gomma butadiene e gomma stirene e butadiene del tipo emulsione), la Commissione avrebbe trattato in modo diverso una situazione analoga.

86      Infine, quanto alla carenza di motivazione della decisione impugnata, benché le ricorrenti abbiano già fatto valere detti argomenti con riguardo alla continuità economica nel corso del procedimento amministrativo, nella decisione impugnata non vi sarebbe traccia né di valutazione né di analisi a tale proposito.

87      Il criterio della continuità economica, cui la Commissione può ricorrere solo eccezionalmente, sarebbe quindi stato applicato in violazione del principio di responsabilità personale, ed altresì in violazione della giurisprudenza, dell’obbligo di motivazione e del principio di parità di trattamento.

88      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

89      Secondo la giurisprudenza, ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione, la conseguenza dell’esistenza di un’unità economica che può commettere un’infrazione di cui all’articolo 81, paragrafo 1, CE è che l’infrazione commessa da tale unità economica può essere imputata alle persone giuridiche che la gestiscono. Ne deriva che, in caso di trasferimento totale o parziale delle attività economiche di una persona giuridica ad un’altra, la responsabilità dell’infrazione commessa dal gestore iniziale, nell’ambito delle attività in parola, è imputabile al nuovo gestore quale autore dell’infrazione da un punto di vista economico e organizzativo se esso costituisce con il primo un medesimo ente economico ai fini dell’applicazione delle norme in materia di concorrenza, anche se il gestore iniziale esiste ancora come entità giuridica. Infatti, la circostanza che il gestore iniziale esista ancora come entità giuridica non incide, di per sé, sull’esistenza di un’unità economica (v., in tal senso, sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punti 354‑359).

90      In particolare, la suddetta configurazione della sanzione è ammissibile qualora tali entità siano state sotto il controllo della stessa persona giuridica che aveva, in tal modo, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sull’attività delle summenzionate entità. In siffatte condizioni, considerati gli stretti legami che le uniscono sul piano economico e organizzativo, si presume infatti che le entità in parola non determinino autonomamente la loro condotta sul mercato e che l’unità economica, ossia la società controllante e le sue controllate, abbia adottato un comportamento unico sul mercato dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo in causa. Tale imputazione di responsabilità appare in effetti particolarmente giustificata alla luce del criterio della continuità economica sviluppato dalla giurisprudenza, segnatamente nel caso di ristrutturazioni o di altri mutamenti all’interno di un gruppo d’imprese, quando il gestore iniziale non cessa necessariamente la sua esistenza giuridica, ma non svolge più attività economica rilevante sul mercato interessato, e il nuovo gestore continua ad amministrare l’impresa coinvolta nell’intesa (v., in tal senso, sentenza della Corte dell’11 dicembre 2007, ETI e a., C‑280/06, Racc. pag. I‑10893, punti 40‑49; v. altresì conclusioni dell’avvocato generale Kokott in detta causa, Racc. pag. I‑10896, paragrafi 65‑84).

91      Nella fattispecie le società responsabili dell’attività CR all’interno del gruppo Eni nel corso dell’infrazione erano, innanzitutto, durante il periodo dal 13 maggio 1993 al 31 ottobre 1997, l’EniChem Elastomeri, in seguito, durante il periodo dal 1° novembre 1997 al 31 dicembre 2001, l’EniChem (divenuta [riservato]) e, infine, durante il periodo dal 1° gennaio 2002 al 13 maggio 2002, la Polimeri Europa. L’EniChem Elastomeri e la Polimeri Europa erano controllate al 100 % dall’EniChem, a sua volta controllata, in parte direttamente e in parte indirettamente, dall’Eni per una quota compresa tra il 99,93% e il 99,97% (v. punto 2 supra).

92      Inoltre, come risulta dall’analisi del primo motivo, dal punto di vista dell’oggetto dell’intesa in discussione le ricorrenti e l’EniChem (divenuta [riservato]) facevano parte di una medesima unità economica, e pertanto formavano un’unica impresa ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione, la quale ha adottato un comportamento unico sul mercato del CR e ha partecipato ad un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’accordo SEE, che ha interessato l’intero territorio del SEE.

93      In tale contesto, e alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 89 e 90 supra, la Commissione ha correttamente ritenuto, ai punti 443‑456 della decisione impugnata, che il trasferimento delle attività CR dell’EniChem, inclusi tutte le sue principali attività e il personale − la quale li aveva a sua volta assorbiti dalla sua controllata EniChem Elastomeri −, alla sua controllata al 100% Polimeri Europa, costituisse una riorganizzazione interna al gruppo Eni e che, di conseguenza, sussistesse una continuità economica fra la società cedente coinvolta nell’intesa, ossia l’EniChem (divenuta [riservato]), e la società cessionaria, ossia la Polimeri Europa.

94      Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la decisione impugnata è quindi adeguatamente motivata per ciò che concerne l’imputazione dell’infrazione alla Polimeri Europa, poiché la Commissione ha risposto agli argomenti vertenti sulla continuità economica addotti dalle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo. Occorre altresì constatare che la decisione impugnata s’inscrive nella giurisprudenza dell’Unione relativa all’imputabilità di una condotta infrattiva quando l’impresa che ha partecipato ad un’intesa sia stata ceduta ad un nuovo gestore all’interno dello stesso gruppo d’imprese, e che il fondamento dell’imputazione di una responsabilità deriva effettivamente da un’applicazione uniforme della nozione d’impresa ai fini dell’applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza. Alla luce della giurisprudenza precedentemente citata, infatti, la Commissione non era tenuta ad invocare particolari circostanze diverse dall’esistenza di un’unità economica.

95      La Commissione ha peraltro correttamente evocato, ai punti 449 e 450 della decisione impugnata, il rischio che il gestore iniziale, nella fattispecie l’EniChem (divenuta [riservato]), potesse divenire una «scatola vuota» a seguito di ristrutturazioni interne al gruppo e che la sanzione inflitta per violazione delle norme di concorrenza fosse in tal caso priva d’effetto (v., a tal proposito, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa ETI e a., punto 90 supra, paragrafo 79).

96      Riguardo agli argomenti relativi ad una violazione dei principi di personalità della responsabilità e della pena, nella misura in cui alla Polimeri Europa è stata attribuita la responsabilità dell’infrazione commessa nel periodo dal 13 maggio 1993 al 1° gennaio 2002, laddove durante detto periodo essa non sarebbe stata attiva nel settore del CR, è sufficiente rammentare, come è stato posto in evidenza nell’ambito dell’analisi del primo motivo con riferimento all’Eni, che un’argomentazione del genere si basa sull’errato presupposto secondo cui nei confronti del successore economico, la Polimeri Europa nella fattispecie, non sarebbero state constatate infrazioni relativamente a tale periodo. Dai punti 443‑456 e dagli articoli 1 e 2 della decisione impugnata risulta infatti che la Polimeri Europa è stata personalmente condannata per un’infrazione che le si addebita di aver commesso essa stessa a causa della continuità economica sussistente con la società cedente coinvolta nell’intesa, ossia l’EniChem (divenuta [riservato]), e, come constatato supra nell’ambito dell’analisi del primo motivo, l’EniChem e la Polimeri Europa erano controllate dalla medesima società controllante e pertanto formavano con detta società controllante un’unica impresa ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione. In tale contesto una condanna siffatta non è contraria ai principi di personalità delle pene e di legalità, dal momento che la Polimeri Europa è stata condannata ad un’ammenda per un’infrazione addebitatale, in base alla giurisprudenza citata al punto 89 supra, avendola commessa essa stessa in quanto autrice dell’infrazione sotto il profilo economico e organizzativo. La responsabilità individuale della Polimeri Europa nell’intesa in parola è quindi stata effettivamente provata.

97      Riguardo, infine, agli argomenti vertenti su di una violazione del principio di parità di trattamento, relativamente alla circostanza che la Commissione avrebbe trattato in modo diverso un tale trasferimento intra-gruppo nel contesto di un’altra decisione di applicazione dell’articolo 81 CE, basti sottolineare che dalla giurisprudenza citata al punto 89 supra risulta che, in circostanze come quelle della fattispecie in esame, la Commissione ha la scelta tra imporre un’ammenda al gestore iniziale o al nuovo gestore della stessa impresa coinvolta nell’intesa. In ogni caso, come osservato dalla Commissione, e conformemente ad una giurisprudenza costante, le ricorrenti non possono far valere una decisione adottata in un’altra causa − nella specie la decisione della Commissione del 29 novembre 2006 (v. punto 85 supra) − per sottrarsi a una sanzione per il motivo che nessuna ammenda è stata inflitta ad un altro operatore economico coinvolto in un’altra intesa (v., in tal senso, sentenza della Corte del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Racc. pag. I‑1307, punto 197, e sentenza del Tribunale del 5 dicembre 2006, Westfalen Gassen Nederland/Commissione, T‑303/02, Racc. pag. II‑4567, punto 141).

98      Ne deriva che, da un lato, la Commissione ha correttamente imputato alla Polimeri Europa la responsabilità dell’infrazione in parola, compreso il periodo in cui le attività CR erano gestite dall’EniChem, divenuta [riservato], e, dall’altro, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non sono state dimostrate carenze di motivazione della decisione impugnata.

99      Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa

 Richiamo del testo della decisione impugnata

100    La Commissione, al punto 443 della decisione impugnata, ha osservato che [riservato] (già EniChem) e la Polimeri Europa avrebbero dovuto essere considerate responsabili in quanto hanno direttamente partecipato all’infrazione, poiché le due società in parola hanno partecipato al cartello dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002 attraverso differenti ragioni sociali o soggetti giuridici/economici cui sono subentrate sotto il profilo giuridico o economico.

101    La Commissione inoltre, ai punti 444 e 445 della decisione impugnata, ha rilevato che «[i]l 1° novembre 2007 EniChem Elastomeri S.r.l. [era] stata incorporata in EniChem S.p.A. [e che quest’ultima era] responsabile delle azioni pregresse di EniChem Elastomeri S.r.l., la quale a[veva] cessato di esistere come persona giuridica distinta», che il 1° gennaio 2002, l’Enichem aveva trasferito le sue attività CR alla sua controllata al 100% Polimeri Europa SpA, la quale, per detti prodotti, è subentrata sotto il profilo economico all’EniChem SpA, e che il 1° maggio 2003 l’EniChem era divenuta [riservato].

102    Considerato che, «allorché l’attività in questione (inclusi i suoi principali elementi umani e materiali) viene trasferita da una società ad un’altra nell’ambito della stessa impresa, la società che la acquisisce può essere considerata responsabile per il comportamento pregresso del soggetto che ha trasferito l’attività, anche se la società che ha operato il trasferimento continua a sussistere», e che «Polimeri Europa S.p.A. e [riservato] appartengono alla stessa impresa», la Commissione ha concluso che «Polimeri [Europa] debba essere considerata responsabile per il comportamento pregresso di [riservato]» e che, «[d]i conseguenza, non [era] necessario indirizzare la [decisione impugnata] a [riservato]» (v. punti 446, 447 e 456 della decisione impugnata).

 Argomenti delle parti

103    Le ricorrenti fanno valere che, siccome la Commissione ha formalmente chiuso il procedimento nei confronti della [riservato], la decisione impugnata deve essere annullata almeno con riguardo a tutte le parti che si riferiscono a quest’ultima. Inoltre, considerato che la Commissione ha ritenuto [riservato] responsabile dell’infrazione, l’esclusione della [riservato] dal novero dei destinatari della decisione impugnata le impedirebbe di far valere le proprie argomentazioni dinanzi al Tribunale e, pertanto, lederebbe i suoi diritti della difesa. La violazione del diritto di difesa delle ricorrenti sarebbe parimenti dimostrata, posto che le stesse sarebbero costrette a difendersi da accuse relative al comportamento di un’altra società nei confronti della quale il procedimento è stato archiviato.

104    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

105    Come già fatto presente ai punti 89 e 90 supra, ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione, la conseguenza dell’esistenza di un’unità economica è che l’infrazione commessa da tale unità economica può essere imputata alle persone giuridiche che la gestiscono e che, in caso di trasferimento totale o parziale delle attività economiche di una persona giuridica ad un’altra, la responsabilità dell’infrazione commessa dal gestore iniziale, nell’ambito delle attività in parola, è imputabile al nuovo gestore se esso costituisce con il primo un medesimo ente economico ai fini dell’applicazione delle norme in materia di concorrenza, e segnatamente allorché dette entità giuridiche sono state sotto il controllo della stessa persona giuridica.

106    Si deve del pari rammentare che, qualunque sia la motivazione su cui si fonda una decisione, solo il dispositivo di questa è idoneo a produrre effetti giuridici e, conseguentemente, ad arrecare pregiudizio. Al contrario, gli apprezzamenti espressi nella motivazione di una decisione non sono idonei, di per sé, a formare oggetto di un ricorso di annullamento. Essi possono essere sottoposti al sindacato di legittimità del giudice dell’Unione solo qualora, in quanto motivazione di un atto arrecante pregiudizio, costituiscano il fondamento necessario del dispositivo di tale atto e qualora, più particolarmente, tale motivazione sia idonea a modificare i termini del dispositivo dell’atto di cui trattasi (v. sentenza del Tribunale del 12 ottobre 2007, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, T‑474/04, Racc. pag. II‑4225, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

107    Nella fattispecie, in primo luogo, occorre ricordare che, come risulta dall’esame del primo motivo, le ricorrenti e l’EniChem, divenuta [riservato], facevano parte, dal punto di vista dell’oggetto dell’intesa in discussione, di un’unica unità economica, e pertanto formavano una sola impresa ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione, la quale ha adottato un comportamento unico sul mercato del CR e ha partecipato ad un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’accordo SEE, che ha interessato l’intero territorio del SEE.

108    In secondo luogo, è dopo l’avvio di un procedimento e dopo l’adozione di una comunicazione degli addebiti rivolta, in particolare, alle ricorrenti e alla [riservato] – tenuto presente che queste ultime hanno tutte inviato osservazioni scritte in risposta agli addebiti formulati dalla Commissione e hanno tutte esercitato il diritto di essere sentite nel corso di un’audizione – che la Commissione ha concluso, da un lato, che la Polimeri Europa, essendo subentrata sotto il profilo economico da ultima, avrebbe dovuto assumere la responsabilità per il comportamento pregresso dell’EniChem, divenuta [riservato], e, considerando che formavano parte della stessa impresa, di conseguenza non era necessario indirizzare la decisione impugnata alla [riservato]. D’altro lato, essa ha concluso che l’Eni avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile in solido con la Polimeri Europa per le azioni realizzate dall’EniChem Elastomeri, dall’EniChem (divenuta [riservato]) e dalla Polimeri Europa posto che, in particolare, l’Eni era la società controllante ultima del gruppo Eni e che controllava le summenzionate società (v. punti 1, 69‑73 e 443‑478 della decisione impugnata). Dal fascicolo risulta inoltre che [riservato] è stata messa al corrente dalla Commissione della chiusura del procedimento amministrativo nei suoi confronti con lettera del 5 dicembre 2007. Lo stesso giorno la Commissione ha adottato la decisione impugnata.

109    In terzo luogo, per poter imputare la responsabilità dell’infrazione alla Polimeri Europa, subentrata in ultima istanza sotto il profilo economico nelle attività in parola (v. l’analisi del terzo motivo), e all’Eni, che ne aveva il controllo, è il comportamento dell’EniChem Elastomeri e dell’EniChem sul mercato interessato che è stato considerato e posto alla base dell’imputazione della responsabilità di un’infrazione alle due società menzionate nel dispositivo della decisione impugnata, nei confronti delle quali la Commissione non ha chiuso il procedimento.

110    Conseguentemente, da un lato, la constatazione della responsabilità della [riservato] in quanto tale, ossia in quanto persona giuridica distinta, non è necessaria a fondare il dispositivo della decisione impugnata e, dall’altro, è senza commettere errori che la Commissione ha potuto decidere che l’Eni avrebbe dovuto essere considerata responsabile in solido con la Polimeri Europa delle azioni commesse dall’EniChem Elastomeri, dall’EniChem (divenuta [riservato]) e dalla Polimeri Europa e che ha potuto scegliere le ricorrenti in quanto persone giuridiche cui ha inflitto l’ammenda.

111    Pertanto, come giustamente riscontrato dalla Commissione, la lettera di chiusura del procedimento inviata alla [riservato] non può, nemmeno parzialmente, incidere sulla legittimità della decisione impugnata e condurre all’annullamento in tutto o in parte del suo dispositivo.

112    Analogo ragionamento vale rispetto al fatto che la decisione impugnata faccia riferimento alla [riservato]. [riservato] è meramente la nuova entità che, dopo il trasferimento da parte dell’EniChem delle sue attività CR alla controllata Polimeri Europa e dopo la fine dell’intesa, è subentrata all’EniChem e, sebbene sia esatto che, nella motivazione della decisione impugnata, la responsabilità della [riservato] è stata evocata per l’infrazione in quanto successore giuridico delle imprese coinvolte nell’intesa, [riservato] non è menzionata nel dispositivo della decisione impugnata e la menzione della [riservato] nella motivazione non costituisce il fondamento necessario di tale dispositivo (v. punto 110 supra). La domanda delle ricorrenti diretta ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata nelle parti che fanno riferimento alla [riservato], dal momento che il procedimento è stato chiuso nei confronti di detta società, deve quindi essere respinta.

113    Peraltro, anche qualora si ipotizzasse che le ricorrenti, con il loro argomento, contestino in realtà l’imputazione alle ricorrenti della condotta infrattiva dell’EniChem Elastomeri e dell’EniChem in quanto, siccome queste ultime sono state sostituite dalla [riservato] e il procedimento è stato chiuso nei confronti di quest’ultima, tale procedimento sarebbe stato chiuso del pari nei confronti dell’EniChem Elastomeri e dell’EniChem, è sufficiente rilevare che dall’esame del primo e del terzo motivo risulta che la Commissione ha correttamente potuto ritenere l’Eni, quale società controllante ultima del gruppo Eni, e la Polimeri Europa, quale successore economico, responsabili del comportamento dell’EniChem Elastomeri e dell’EniChem sul mercato in questione. Pertanto, la chiusura del procedimento nei confronti di queste ultime quali predecessori giuridici della [riservato], anche qualora la si considerasse dimostrata, non inciderebbe comunque sulla presente controversia più di quanto non incida la chiusura del procedimento nei confronti della [riservato].

114    Relativamente agli argomenti delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe violato, da un lato, i diritti della difesa della [riservato] escludendola dal novero dei destinatari della decisione impugnata e, pertanto, privandola di un mezzo di ricorso dinanzi al Tribunale, e ammettendo che le ricorrenti possano invocare la violazione dei diritti della difesa di un’altra persona giuridica, e, d’altro lato, i diritti della difesa delle ricorrenti obbligandole a difendersi da accuse relative alla condotta della [riservato], occorre ricordare che il rispetto del diritto alla difesa in qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (sentenze della Corte del 29 giugno 2006, SGL Carbon/Commissione, C‑308/04 P, Racc. pag. I‑5977, punto 94, e Erste Group Bank e a./Commissione, punto 74 supra, punto 270). In tal senso, il regolamento n. 1/2003 prevede che alle parti venga inviata una comunicazione degli addebiti la quale deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in quello stadio del procedimento. Una tale comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto dell’Unione che richiede il rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento. Tale principio impone, in particolare, che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale essa intende infliggere una sanzione per violazione delle norme in materia di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova sui quali si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo attivato a suo carico (v. sentenza della Corte del settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punti 35 e 36 nonché giurisprudenza ivi citata).

115    Orbene, nella fattispecie è pacifico che la Commissione ha inviato la comunicazione degli addebiti alle ricorrenti e alla [riservato] e che queste ultime hanno trasmesso osservazioni scritte in risposta agli addebiti formulati dalla Commissione e hanno esercitato il loro diritto di essere sentite nel corso di un’audizione. La Commissione non ha opposto quindi loro nella decisione impugnata elementi attinenti alla responsabilità dell’infrazione di cui non fossero a conoscenza, e sia le ricorrenti sia la [riservato] hanno potuto far valere utilmente i rispettivi argomenti in proposito. In tale contesto la lamentata violazione dei diritti della difesa non è dimostrata.

116    Infine, anche qualora si ipotizzasse che, con il secondo motivo, le ricorrenti invochino in realtà il diritto a un’effettiva tutela giurisdizionale, è sufficiente constatare che, con il presente ricorso, le ricorrenti, fra cui, segnatamente, la società controllante della [riservato] che ne deteneva il controllo in esclusiva, e la Polimeri Europa, subentrata sotto il profilo economico all’EniChem, divenuta [riservato], facente parte della stessa unità economica, hanno potuto far valere i rispettivi argomenti dinanzi al Tribunale.

117    Da quanto precede risulta che il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul quarto motivo, relativo ad una carenza di motivazione della decisione impugnata e alla contraddittorietà della motivazione, alla carenza di istruttoria e ad una violazione dell’articolo 81 CE circa la valutazione dei fatti e delle prove da parte della Commissione, in particolare quanto alla partecipazione dell’EniChem (successivamente [riservato])/Polimeri Europa alle riunioni nel 1993 e nel 2002

 Richiamo del testo della decisione impugnata

118    Con riferimento alla data d’inizio della partecipazione dell’EniChem (divenuta [riservato]) all’intesa, la Commissione ha ritenuto, al punto 495 della decisione impugnata, quanto segue:

«(…) [riservato] La Commissione quindi limita la sua valutazione a norma delle regole di concorrenza e l’imposizione di eventuali ammende al periodo che decorre dal 13 maggio 1993, data della prima riunione di cartello confermata [riservato] nonché dalle prove indirette [riservato]».

119    Al punto 499 della decisione impugnata, per quanto concerne l’affermazione della [riservato] (già EniChem) secondo la quale l’EniChem non aveva partecipato all’incontro di Firenze del 12 o del 13 maggio 1993, la Commissione ha esposto quanto segue:

«[riservato] ha espressamente indicato Eni[C]hem tra i partecipanti a tale incontro (…)[riservato] non ha dubbi sulla presenza di Eni[C]hem, ma semplicemente non ricorda con precisione [chi fosse] il rappresentante di EniChem all’incontro (...).[riservato] è un forte indizio della partecipazione di Eni[C]hem a questa riunione di fondamentale importanza, dato che gli altri concorrenti non avrebbero potuto decidere il piano senza l’approvazione della stessa Eni[C]hem. [riservato]. [riservato] non è pertanto riuscita a confutare la tesi della Commissione per quanto riguarda la data di inizio del [cartello]».

120    Con riferimento alla data del termine della partecipazione della Polimeri Europa all’intesa, la Commissione ha esposto, al punto 502 della decisione impugnata, quanto segue:

«[riservato]. Nel caso in esame, quindi la valutazione a norma delle regole di concorrenza e l’imposizione di eventuali ammende è limitata al periodo che prende fine il 13 maggio 2002, data della riunione dell’[Istituto Internazionale dei Produttori di Gomma Sintetica] tenutasi a Napoli».

121    Al punto 503 della decisione impugnata, la Commissione ha spiegato che «[l]e prove di cui [essa] dispone (…) dimostra[va]no che gli accordi sulle quote di mercato conclusi tra i concorrenti erano ancora in vigore alla data del 13 maggio 2002, dal momento che [riservato] Bayer a[veva] redatto degli appunti da cui si evince[va] che un aumento di prezzo concordato per la gomma cloroprene in Europa occidentale non doveva comportare una modifica delle quote di mercato stabilite dalla “[riservato]” (…) [che] era uno degli aspetti essenziali del cartello in quanto assegnava quote di mercato specifiche a ogni singolo concorrente». Secondo la Commissione, «[n]egli appunti (…) si dà conto del fatto che nel corso della riunione summenzionata i concorrenti avevano discusso dei prezzi». Di conseguenza, «[l]a data in cui l’infrazione ha avuto fine è stata stabilita dalla Commissione sulla base di un documento redatto nel periodo d’infrazione, che costitui[va] una prova diretta» (v. punto 505 della decisione impugnata).

122    Con specifico riferimento al periodo successivo a settembre 1998 la Commissione, al punto 506 della decisione impugnata, si è così espressa:

«È del tutto ovvio che gli elementi di prova contenuti nel fascicolo (…) siano meno completi di quelli relativi al periodo precedente tale data. [riservato] (…) che le società concorrenti agivano con maggiore prudenza a causa del programma per promuovere l’osservanza delle norme antitrust applicato da Bayer. La maggior parte dei contatti era ormai bilaterale e sempre più gli accordi venivano conclusi tramite colloqui telefonici. Tenuto conto di un simile contesto, è evidente, se si valuta l’insieme di prove e indizi contenuti nel fascicolo, che gli [riservato]. Questa conclusione è ulteriormente corroborata dalle dichiarazioni rese da [riservato]».

123    La Commissione, ai punti 507 e 508 della decisione impugnata, ha osservato quanto segue:

«[riservato]/Polimeri [Europa] non ha presentato alcun elemento di prova che possa essere interpretato come una volontà manifesta da parte dell’azienda di prendere le distanze dall’oggetto dell’accordo costitutivo dell’infrazione (…) Al contrario, vi sono elementi probatori che indicano che nel 1999 i concorrenti hanno discusso delle future quote di mercato di Eni[C]hem (…) e di aumenti di prezzo che l’azienda avrebbe applicato nella primavera del 2000 (…) Nel 2000 i concorrenti hanno dato seguito alle discussioni sui prezzi condotte con Eni[C]hem e hanno informato l’azienda della politica di fissazione dei prezzi che avevano stabilito (…) Nei dati relativi alle spedizioni che Tosoh, Denka e DDE si sono scambiati nel giugno del 2000 sono comprese anche le cifre di [riservato]. Questi particolari, come pure il fatto che la strategia di regionalizzazione nel 2000 e 2001 funzionava con soddisfazione delle società concorrenti, dimostrano che gli accordi continuavano a rimanere in vigore senza interruzioni (…) Si dispone di indizi che suggeriscono che non solo nel luglio del 2001 Eni[C]hem applicava un aumento di prezzo concordato, ma anche che nel novembre dello stesso anno DDE cercava di pervenire a una revisione dell’accordo sulle quote di mercato (…) Infine, occorre ricordare non soltanto la riunione dell’[Istituto Internazionale dei Produttori di Gomma Sintetica] a Napoli nel maggio del 2002 (…), ma anche un incontro, precedente a quella riunione, tenutosi tra Bayer, DDE e Polimeri [Europa] nell’aprile del 2002 (…) Gli appunti di pugno [riservato] redatti durante questo incontro si commentano da soli, visto che vi vengono citati aumenti di prezzo da attuare in futuro e l’accordo sulle quote di mercato. Nel corso della riunione Eni[C]hem ha precisato a chiare lettere alle altre società concorrenti [riservato]. Una volta valutati tutti questi elementi nel loro complesso, la Commissione non ha motivo di ritenere che [riservato]/Polimeri abbia cessato di prendere parte agli accordi di cartello prima del 13 maggio 2002 (…)».

124    Al punto 514 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che, «anche se [riservato], Polimeri [Europa] e Denka contestano taluni fatti che rientrano nel periodo summenzionato e offrono una diversa interpretazione di alcuni elementi di prova, non sono riuscite a confutare la tesi sostenuta dalla Commissione, la quale si fonda su tutte le prove e gli indizi considerati nel loro complesso, vale a dire che Eni[C]hem e Denka avevano anch’esse partecipato ad accordi o pratiche concordate con i loro concorrenti nel periodo compreso tra il 13 maggio 1993 e il 13 maggio 2002».

 Argomenti delle parti

125    Sebbene riconoscano che l’EniChem [riservato], le ricorrenti fanno valere in via preliminare che la Commissione non sarebbe riuscita a dimostrare la partecipazione dell’EniChem agli accordi prima del febbraio 1994. Inoltre, nessun evento illecito potrebbe essere imputato alle ricorrenti né per il periodo da novembre 2000 a dicembre 2001 né per l’anno 2002. Relativamente al periodo anteriore al febbraio 1994, la prova della partecipazione dell’EniChem all’intesa si baserebbe, per ognuna delle riunioni, su di una sola deposizione resa nel contesto di richieste di clemenza, ciò che, secondo la giurisprudenza, costituisce un mero indizio quando non trova conforto nelle dichiarazioni degli altri concorrenti. L’onere della prova dell’infrazione a carico della Commissione sarebbe quindi più stringente. Quanto al periodo da novembre 2000 a dicembre 2001, nessun rappresentante dell’EniChem avrebbe partecipato alle otto riunioni menzionate nella decisione impugnata. Relativamente all’anno 2002, sulle cinque riunioni identificate nella decisione impugnata, la Polimeri Europa avrebbe partecipato solamente a due riunioni, entrambe scevre da qualsiasi rilevanza antitrust. Peraltro, a causa della sua limitata posizione sul mercato del CR, l’EniChem sarebbe stata costretta a partecipare al cartello, ma avrebbe occupato una posizione solo marginale all’interno dello stesso, svolgendo un ruolo subalterno rispetto agli altri partecipanti all’intesa in questione. Difatti, durante il periodo [riservato], l’EniChem avrebbe partecipato solamente ad un numero limitato delle riunioni identificate dalla Commissione nella decisione impugnata, vale a dire [riservato] riunioni sul totale di [riservato], discostandosi quando possibile dagli accordi convenuti nel corso delle riunioni, in particolare con riguardo ai prezzi applicati.

126    Le ricorrenti contestano pertanto sia la partecipazione dell’EniChem (successivamente [riservato])/Polimeri Europa a talune riunioni dell’intesa, sia il contenuto degli accordi e delle pratiche concordate conclusi in tale contesto e la loro attuazione.

127    Quindi, in primo luogo, le ricorrenti contestano le conclusioni della Commissione riguardo alla partecipazione dell’EniChem (successivamente [riservato])/Polimeri Europa a talune riunioni dell’intesa.

128    Anzitutto, relativamente al periodo antecedente al febbraio 1994, le ricorrenti sostengono, a proposito della riunione multilaterale del 12 o del 13 maggio 1993 a Firenze, che la prova della presenza dell’EniChem a detta riunione sarebbe basata su di una sola dichiarazione, contraddetta da altri elementi del fascicolo, tra i quali le dichiarazioni della [riservato], e che le ricorrenti stesse contestano. Né la tabella riassuntiva degli incontri redatta da uno dei partecipanti né la dichiarazione della [riservato] alla Commissione confermerebbero la presenza di un rappresentante dell’EniChem o il fatto che detta riunione fosse la prima riunione del cartello. In particolare, dall’affermazione della [riservato], secondo cui, durante la riunione del febbraio 1994 a Tokyo (Giappone), la Denka e/o la Tosoh avrebbero informato [riservato] (EniChem) per la prima volta dell’esistenza dell’accordo sulle quote di mercato concluso fra i partecipanti alla riunione di Firenze nel maggio 1993 (pag. 13911 del fascicolo), si evince che [riservato] non era stato presente alla riunione di Firenze e nessun rappresentante dell’EniChem vi aveva preso parte, altrimenti [riservato] non avrebbe appreso l’informazione dai produttori giapponesi (nove mesi dopo la riunione stessa), bensì da un altro dipendente dell’EniChem che l’avrebbe rappresentata alla riunione di Firenze. Nella decisione impugnata la Commissione avrebbe omesso di menzionare il carattere contraddittorio delle dichiarazioni su cui si è basata e il fatto che un’impresa, in una dichiarazione successiva, avrebbe asserito che nel corso della riunione in parola non era stato concluso nessun accordo. Non si sarebbe trattato della riunione d’avvio del cartello, ma semplicemente della prima occasione in cui i rappresentanti dei produttori di CR si incontravano di persona, con la conseguenza di escludere l’esistenza di incontri antecedenti.

129    A proposito della riunione multilaterale del 13 luglio 1993 a Zurigo (Svizzera), le ricorrenti indicano che la prova dell’esistenza di detta riunione si fonda solamente su di una dichiarazione ai fini del trattamento favorevole della [riservato], corroborata dalle risultanze dell’agenda del rappresentante di tale impresa e da una nota spese di un rappresentante di un’altra società (EI DuPont). Tuttavia, dal momento che la nota spese non contiene informazioni di sorta riguardo a detta presunta riunione, essa non avvalorerebbe né la menzionata dichiarazione né la presenza dell’EniChem alla riunione in parola. Né tantomeno si troverebbe conferma della presenza di un rappresentante dell’EniChem nella tabella riassuntiva degli incontri redatta dal richiedente il trattamento favorevole.

130    [riservato].

131    Quanto alla riunione multilaterale del 18 novembre 1993, a Düsseldorf (Germania), le ricorrenti affermano che la presenza dell’EniChem a detta riunione non è stata confermata nelle dichiarazioni rese dai richiedenti il trattamento favorevole. Da un lato, un richiedente il trattamento favorevole avrebbe dichiarato soltanto che tale riunione era un follow up di quella del 12 o 13 maggio 1993 a Firenze, senza alcun accenno ai partecipanti. Nella tabella fornita dal menzionato richiedente sono difatti presenti numerosi punti interrogativi. D’altro lato, anche la tabella riassuntiva degli incontri redatta da un altro richiedente il trattamento favorevole presenterebbe un punto interrogativo in corrispondenza dei nominativi dei rappresentanti delle imprese. La partecipazione dei rappresentanti dell’EniChem non sarebbe quindi stata dimostrata.

132    [riservato].

133    [riservato] 12 febbraio 1997 a Milano, [riservato].

134    In merito alla riunione bilaterale del 19 maggio 1998, a Milano, presso la sede dell’EniChem, le ricorrenti osservano che la Commissione si basa su di una sola dichiarazione, risultando tuttavia impossibile verificare lo svolgimento e le finalità di eventuali incontri tenutisi, considerati la mancanza di registri delle visite, il ritiro in pensione dei rappresentanti dell’EniChem che vi avrebbero presuntamente partecipato e l’assenza di ricevute relative a spese. Le ricorrenti, peraltro, contestano che il nome «[riservato]», che compare nella prova documentale dedotta dalla Commissione, rinvii all’Eni. Esse fanno inoltre osservare che l’esistenza e l’oggetto di tale riunione sono stati confutati dai documenti presentati in allegato al ricorso, che dimostrano che l’EniChem non ha modificato i suoi prezzi fra il 15 marzo e il 15 ottobre 1998.

135    Riguardo alla riunione multilaterale del 10 giugno 1998 a Milano, presso la sede dell’EniChem, le ricorrenti sottolineano che la prova dell’esistenza di detta riunione e della partecipazione dei rappresentanti dell’EniChem si basa su due dichiarazioni rese nell’ambito di richieste di trattamento favorevole, imprecise e incoerenti, e che dimostrano tutt’al più una visita di cortesia dei rappresentanti dell’autore di una delle summenzionate richieste ai rappresentanti dell’EniChem. Le ricorrenti contestano peraltro che il nome «[riservato]», che compare sulla prova documentale invocata dalla Commissione, dia atto dell’esistenza di una riunione multilaterale. La mancanza di ricevute relative a spese confermerebbe i dubbi quanto all’esistenza della riunione in parola.

136    Per ciò che concerne la riunione bilaterale del 13 aprile 1999 a Milano, presso la sede dell’EniChem, le ricorrenti affermano che la prova dell’esistenza di detta riunione e della partecipazione di rappresentanti dell’EniChem si fonda su di una sola, vaga dichiarazione e su di una tabella riassuntiva redatta da un richiedente il trattamento favorevole, non suffragata da altri elementi di prova. Tenuto conto della mancanza di registri delle visite e di ricevute relative a spese, l’esistenza di tale riunione non potrebbe trovare conferma.

137    Circa la riunione bilaterale del 22 marzo 2000 a Milano, presso la sede dell’EniChem, le ricorrenti fanno presente che la prova dell’esistenza di detta riunione e della partecipazione di due rappresentanti dell’EniChem è basata su dichiarazioni di un solo richiedente il trattamento favorevole, e non suffragata da altri elementi probatori. La mancanza di affidabilità di siffatte dichiarazioni risulterebbe dalla circostanza che uno dei rappresentanti identificati da tale soggetto non aveva, all’epoca, ancora iniziato ad occuparsi delle attività CR all’interno dell’EniChem. Si aggiunga che gli appunti che si suppone siano stati presi, citati dalla Commissione, non riporterebbero la data e non conterrebbero alcuna menzione dell’EniChem o dell’Eni.

138    E ancora, quanto al periodo posteriore al novembre 2000, le ricorrenti, a proposito della riunione trilaterale del 23 aprile 2002 a Leverkusen (Germania), rimarcano che detta riunione avrebbe riguardato una domanda di fornitura da parte della divisione «adesivi» della Bayer, che essa non aveva contenuto anticoncorrenziale e che la presenza di una terza impresa, pertanto, «non era prevista». Gli appunti del rappresentante della [riservato] verosimilmente costituivano solo una scaletta di argomenti da trattare e, quindi, il valore probatorio loro attribuibile sarebbe minimo. Peraltro, dalla dichiarazione della Bayer si evincerebbe che il progetto di aumentare i prezzi non è stato attuato. Infine, tale riunione sarebbe stata annoverata dalla Commissione nell’ambito di un altro procedimento, abbandonato dopo l’audizione (caso COMP/38.542 – EPDM). Secondo le ricorrenti, si trattava di una «riunione jolly» il cui contenuto anticoncorrenziale non è stato provato e, quindi, di una riunione priva di rilevanza per fondare la responsabilità della Polimeri Europa rispetto ad un’eventuale infrazione all’articolo 81 CE. Quanto agli appunti manoscritti citati dalla Commissione, essi non sarebbero attendibili, poiché ne esisterebbero due versioni diverse e non sarebbe dato sapere quale sia stata presa in considerazione dalla Commissione e perché. In ogni caso, nelle annotazioni prese durante l’incontro non vi sarebbe alcun riferimento né all’EniChem né alla Polimeri Europa.

139    Infine, riguardo alla riunione multilaterale del 13 maggio 2002 a Napoli, le ricorrenti sottolineano che non vi sarebbero elementi probatori che consentano di addebitare loro contatti collusivi in occasione di tale riunione. La prova della partecipazione della Polimeri Europa ad una discussione anticoncorrenziale sarebbe basata su di una sola dichiarazione, contraddetta dalle affermazioni di un richiedente il trattamento favorevole, non suffragata dal testo del discorso di apertura della riunione ufficiale dell’Istituto internazionale dei produttori di gomma sintetica (in prosieguo: l’«IISRP») pronunciato da un rappresentante della Polimeri Europa, e non corroborata da altri elementi probatori. Le asserzioni di cui al punto 303 della decisione impugnata sarebbero quindi prive di fondamento. Contrariamente alla tesi sostenuta dalla Commissione, non vi sarebbero prove dirette idonee a consentire di qualificare la riunione in causa come riunione di cartello. In mancanza di prova valida in tal senso, le ricorrenti contestano, inoltre, che un accordo sulle quote di mercato fosse ancora in vigore al maggio 2002.

140    In secondo luogo, le ricorrenti contestano le conclusioni della Commissione relativamente all’attuazione degli accordi cui avrebbero preso parte l’EniChem (divenuta [riservato])/Polimeri Europa.

141    Da un lato, gli elementi di prova di cui dispone la Commissione non consentirebbero di ritenere che l’attuazione da parte dell’EniChem degli accordi sull’aumento dei prezzi concordati durante le riunioni dell’intesa sia accertata. [riservato].

142    Quanto agli accordi di aumenti di prezzo menzionati al punto 371 della decisione impugnata, le ricorrenti sostengono che l’analisi, operata ai punti 158‑161 della decisione impugnata, di una dichiarazione e di un documento manoscritto presentato da un’altra impresa relativamente all’attuazione da parte dell’EniChem di un accordo del genere stabilito durante una riunione del 15 e/o del 16 settembre 1994 a Zurigo è arbitraria, contraddittoria e inconferente. Dal canto suo, la prova dell’attuazione di un accordo di aumento dei prezzi durante una riunione del 2 dicembre 1994 a Zurigo sarebbe fondata su di un solo documento manoscritto, vago e in contraddizione con un altro documento citato nella decisione impugnata. Secondo le ricorrenti, si tratta di una dimostrazione di come l’EniChem sia sempre stata considerata erroneamente al pari delle altre imprese, quando invece non avrebbe né osservato né attuato gli accordi dell’intesa. La prova dell’aumento di prezzo discusso nella riunione del 19 maggio 1998 a Milano, per la quale la partecipazione dell’EniChem sarebbe peraltro stata esclusa (v. punto 134 supra), sarebbe parimenti fondata su di una sola dichiarazione, senza che vi fosse traccia concreta di tale aumento. Infine, la prova dell’aumento di prezzo cui si fa riferimento al punto 267 della decisione impugnata sarebbe basata su di una dichiarazione non probante e contraddetta da altri elementi probatori, come risulterebbe dai listini prezzi dell’EniChem prodotti in allegato al ricorso e alla replica.

143    Relativamente agli altri accordi di aumenti di prezzo stabiliti in occasione delle riunioni dell’intesa nel corso degli anni 1996‑1999, le ricorrenti fanno valere che l’attuazione di tali presunti accordi, asserita al punto 188 della decisione impugnata quale esito della riunione tenutasi fra l’8 e il 10 febbraio 1996 a Tokyo, al punto 202 della decisione impugnata quale esito della riunione tenutasi il 18 luglio 1997 a Londra (Regno Unito), al punto 221 della decisione impugnata quale esito della riunione tenutasi il 4 febbraio 1998 a Londra, e ai punti 235 e 239 della decisione impugnata quale esito della riunione tenutasi il 14 settembre 1998 a Londra, non è stata dimostrata. Peraltro, nel corso del 1999 l’EniChem non avrebbe minimamente ritoccato i propri prezzi.

144    Le ricorrenti contestano altresì l’affermazione di cui al punto 283 della decisione impugnata, relativa ad un aumento dei prezzi dell’EniChem nel luglio 2001: essa sarebbe fondata su una dichiarazione lacunosa e non suffragata da altri elementi di prova.

145    D’altro canto, gli elementi probatori di cui dispone la Commissione non consentirebbero di ritenere che l’attuazione da parte dell’EniChem degli accordi diretti alla ripartizione dei mercati stabiliti nel corso delle riunioni dell’intesa sia dimostrata. La Commissione non avrebbe mai esaminato gli elementi probatori attestanti il mancato rispetto dell’EniChem degli accordi conclusi in tal senso. Come risulterebbe dai punti 165, 170, 191, 194, 249 e 262 della decisione impugnata, l’EniChem avrebbe avuto lo scopo di aumentare le proprie vendite di CR, contravvenendo così agli accordi e confutando la tesi, sostenuta dalla Commissione, secondo cui detta società avrebbe dato attuazione all’accordo sulla ripartizione e sulla stabilizzazione dei mercati. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, dalle dichiarazioni della [riservato] non potrebbe evincersi alcuna ammissione di una concreta attuazione dei piani di ripartizione concordati.

146    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

147    In via preliminare, da una parte, occorre ricordare che spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare adeguatamente l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione (sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 58, e dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 86). È necessario che la Commissione raccolga elementi di prova precisi e concordanti per dimostrare che l’infrazione dedotta abbia avuto luogo (sentenza del Tribunale del 12 settembre 2007, Coats Holdings e Coats/Commissione, T‑36/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 71).

148    D’altra parte, nell’ambito di un ricorso di annullamento il giudice dell’Unione è tenuto solo a controllare la legittimità dell’atto impugnato. In tal modo il ruolo del giudice investito di un ricorso di annullamento diretto contro una decisione della Commissione che constata l’esistenza di un’infrazione alle norme della concorrenza e che infligge ammende ai destinatari consiste nel valutare se le prove e altri elementi fatti valere dalla Commissione nella sua decisione siano sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’infrazione contestata (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punti 174 e 175 nonché giurisprudenza ivi citata).

149    Nell’ambito di un ricorso diretto ad ottenere l’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda, il giudice non può concludere che la Commissione abbia sufficientemente dimostrato l’esistenza dell’infrazione in questione qualora egli nutra ancora dubbi in merito a tale questione. Infatti è necessario tener conto del principio di presunzione d’innocenza, quale risulta in particolare dall’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, sono oggetto di tutela nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio di presunzione d’innocenza si applica segnatamente alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende. Pertanto, qualora il giudice nutra un qualsivoglia dubbio, tale circostanza deve avvantaggiare l’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione (v. sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 148 supra, punti 177 e 178 nonché giurisprudenza ivi citata).

150    Ciò posto, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere ai criteri di precisione e di concordanza con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda ai requisiti di cui al punto 147 supra (v. sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 148 supra, punto 180 e giurisprudenza ivi citata).

151    Di conseguenza spetta alla parte o all’autorità che asserisce l’esistenza di un’infrazione alle regole sulla concorrenza l’onere di provarne l’esistenza, e incombe all’impresa o all’associazione di imprese che deducono un argomento di difesa contro l’esistenza di un’infrazione a dette regole l’onere di provare che le condizioni per l’applicazione della regola cui attiene tale mezzo di difesa sono soddisfatte, cosicché l’autorità in parola dovrà ricorrere ad altri elementi di prova. Anche se, secondo tali principi, l’onere della prova grava vuoi sulla Commissione vuoi sull’impresa o associazione interessata, gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato assolto (v. sentenza della Corte del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punti 29 e 30 nonché giurisprudenza ivi citata).

152    Nessuna norma né nessun principio generale del diritto dell’Unione impediscono alla Commissione di avvalersi, contro un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese incriminate. Se così non fosse, l’onere della prova di comportamenti contrari agli articoli 81 CE e 82 CE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuito dal Trattato CE. Tuttavia, la dichiarazione di un’impresa accusata di avere preso parte ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie imprese sottoposte ad indagine, non può essere considerata una prova sufficiente dei fatti controversi qualora non sia confermata da altri elementi probatori. Ciò vale a maggiore ragione nel caso di una dichiarazione diretta ad attenuare la responsabilità dell’impresa in nome della quale tale dichiarazione viene resa mettendo in rilievo la responsabilità di un’altra impresa (v. sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punto 285 e giurisprudenza ivi citata).

153    Secondo una costante giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, è sufficiente, perché un accordo rientri nel suo ambito d’applicazione, che questo abbia per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza, a prescindere dai suoi effetti concreti. Di conseguenza, nel caso di accordi che si manifestino in occasione di riunioni di imprese concorrenti, da un lato, si verifica un’infrazione a detta disposizione qualora tali riunioni abbiano un oggetto siffatto e mirino in tal modo ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato e, dall’altro, risulta validamente accertata la responsabilità di una determinata impresa per la sua partecipazione all’infrazione in questione allorché tale impresa ha partecipato a queste riunioni conoscendone l’oggetto, anche se non ha poi attuato l’una o l’altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse (sentenza della Corte del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punti 508 e 509).

154    Quando accordi di natura anticoncorrenziale si manifestano nel corso di riunioni di imprese concorrenti, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’impresa interessata ha partecipato a riunioni nel corso delle quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale per provare la partecipazione di detta impresa all’intesa. Qualora sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni di questo tipo, incombe all’impresa dedurre indizi atti a provare che la sua partecipazione a dette riunioni era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, comprovando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro. La ragione soggiacente a tale norma è che, avendo partecipato a detta riunione senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto, l’impresa ha dato l’impressione agli altri partecipanti che essa appoggiava il suo risultato e che vi si sarebbe conformata (v. sentenza Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, punto 150 supra, punti 47 e 48 nonché giurisprudenza ivi citata).

155    A tale proposito occorre ricordare che la nozione di pubblica dissociazione in quanto elemento che esclude la responsabilità deve essere interpretata in modo restrittivo. Al fine di dissociarsi effettivamente dalle discussioni collusive, spetta all’impresa interessata segnalare per iscritto ai suoi concorrenti che essa non intende assolutamente essere considerata come membro dell’intesa e partecipare a riunioni anticoncorrenziali (v., in tal senso, sentenza Westfalen Gassen Nederland/Commissione, punto 97 supra, punto 103). In ogni caso il silenzio mantenuto da un operatore in una riunione nel corso della quale vi è stata una discussione anticoncorrenziale illecita non può essere assimilato all’espressione di un fermo e chiaro dissenso. La tacita approvazione di un’iniziativa illecita, infatti, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e pregiudica la sua scoperta (sentenza Westfalen Gassen Nederland/Commissione, punto 97 supra, punto 124).

156    Quanto alla valutazione degli elementi probatori, di norma le attività derivanti da pratiche ed accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Ne consegue che, anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, tali documenti saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza (v. sentenze Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, punto 150 supra, punto 51, e Lafarge/Commissione, punto 151 supra, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

157    Infine, dalla lettera stessa dell’articolo 81, paragrafo 1, CE deriva che gli accordi tra imprese sono vietati, indipendentemente dai loro effetti, qualora abbiano un oggetto anticoncorrenziale (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, punto 147 supra, punto 123).

158    È alla luce di siffatti elementi che si effettuerà l’esame degli argomenti delle ricorrenti. A tale riguardo occorre sottolineare che, sebbene possa apparire che, se la Commissione ha adeguatamente dimostrato la partecipazione dell’EniChem e della Polimeri Europa alle riunioni da essa ritenute indicare rispettivamente l’inizio e la fine della partecipazione all’intesa, gli argomenti delle ricorrenti volti a contestare la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa alle altri riunioni dell’intesa sono inconferenti, ciò è corretto solamente per quanto attiene alla questione della durata della partecipazione all’intesa. Il numero di riunioni cui l’EniChem/Polimeri Europa ha preso parte può difatti essere rilevante per la valutazione della gravità relativa alla sua partecipazione all’infrazione, così come del suo ruolo nell’intesa, e può quindi incidere sull’esame dell’ottavo motivo, vertente segnatamente sulle circostanze attenuanti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione, T‑220/00, Racc. pag. II‑2473, punti 165‑167). L’analisi dovrà pertanto essere svolta con riguardo al complesso delle riunioni contestate dalle ricorrenti. Essa tuttavia, prima di considerare le altre riunioni e la questione dell’eventuale attuazione degli accordi, verterà innanzitutto sulla data dell’inizio e successivamente su quella della fine della partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa all’intesa in parola.

159    Relativamente, quindi, in primo luogo, alla partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa a talune riunioni dell’intesa e, in primis, al periodo anteriore a febbraio 1994, occorre rammentare che la data dell’inizio della partecipazione dell’EniChem all’intesa è stata fissata al 12 o 13 maggio 1993. Nella decisione impugnata la Commissione ha constatato che l’EI DuPont aveva organizzato una riunione anticoncorrenziale il 12 o 13 maggio 1993 a Firenze a margine della riunione ufficiale dell’IISRP dell’11‑14 maggio 1993 (v. punto 137 della decisione impugnata). L’EI DuPont non ha contestato che l’intesa abbia avuto inizio nel corso di detta riunione, che afferma aver organizzato. Secondo la decisione impugnata, [riservato] tale valutazione della Commissione e la [riservato] ha fornito una descrizione del soggetto anticoncorrenziale della menzionata riunione (v. punti 138 e 496 della decisione impugnata). Inoltre, la Denka ha confermato la propria presenza alla riunione ufficiale dell’IISRP dell’11‑14 maggio 1993 nonché ad una riunione svoltasi a margine della citata riunione ufficiale, organizzata dall’EI DuPont, nel corso della quale sarebbe stata minacciata dell’avvio di un eventuale procedimento antidumping (v. punto 142 della decisione impugnata).

160    Riguardo alla partecipazione dell’EniChem a detta riunione, contestata dalle ricorrenti, dalla documentazione su cui si è basata la Commissione nella decisione impugnata risulta che la [riservato] ha formalmente identificato l’EniChem come partecipante alla riunione, mentre i dubbi espressi attenevano soltanto alla precisa identità del rappresentante dell’EniChem ([riservato]) (v. punti 137, 138 e 499 della decisione impugnata). In proposito le ricorrenti fanno presente che la tabella riassuntiva delle riunioni fornita dalla [riservato] alla Commissione riporta unicamente la menzione «Distugil/[riservato] (?); [riservato] (?)», senza tuttavia citare l’EniChem. Ciò nondimeno, va ricordato che l’Eni è comparsa sul mercato del CR alla fine del 1992 con l’acquisizione delle attività del CR del gruppo Rhône-Poulenc, la cui società specializzata nel CR era denominata Distugil. Considerate tali circostanze, con riguardo ad una riunione tenutasi nel 1993, il riferimento alla Distugil va inteso come un riferimento all’EniChem.

161    Inoltre, secondo la decisione impugnata, il rappresentante della Tosoh indicava nella sua agenda [riservato] dell’EniChem con il nome in codice «[riservato]» ([riservato] di Distugil/Rhône-Poulenc) o ancora con il nome in codice «[riservato]» (v. punto 118 della decisione impugnata) già nel 1992. Orbene, [riservato] (v. punto 46 della decisione impugnata).

162    Ne consegue che la presenza di un rappresentante dell’EniChem alla riunione di Firenze del 12 o 13 maggio 1993 è confermata soltanto da una dichiarazione ai fini del trattamento favorevole.

163    Relativamente all’oggetto della riunione del 12 o 13 maggio 1993 a Firenze, si deve innanzitutto osservare che dalla dichiarazione ai fini del trattamento favorevole della [riservato] richiamata dalla Commissione nella decisione impugnata risulta che, [riservato], «[riservato]» (v. punto 138 della decisione impugnata).

164    Occorre poi rilevare che è effettivamente corretto, come indicato al punto 139 della decisione impugnata, che uno [riservato] «[riservato]». [riservato] «[riservato]» (v. punto 140 della decisione impugnata).

165    Infine, va osservato che la [riservato], nella sua dichiarazione ai fini del trattamento favorevole, ha confermato che un rappresentante dell’EniChem ([riservato]) [riservato]. Ciò è stato confermato dalla [riservato], [riservato], [riservato].

166    Conseguentemente la Commissione ha giustamente ritenuto che la riunione del maggio 1993 a Firenze fosse una riunione anticoncorrenziale, [riservato].

167    Poiché la Commissione ha correttamente considerato che l’oggetto della riunione del maggio 1993 a Firenze era, in particolare, [riservato], si deve constatare che è del pari correttamente che la Commissione ha considerato la data di tale riunione come la data d’inizio della partecipazione dell’EniChem all’infrazione.

168    Vero è che, la dichiarazione della [riservato] menzionata al punto 165 supra può lasciar supporre, come osservato dalle ricorrenti, che l’EniChem non poteva essere presente a Firenze, poiché in tal caso [riservato] sarebbe venuto a conoscenza dell’esistenza dell’intesa tramite il suo collega, e non tramite il suo concorrente. Tuttavia, da un lato, la dichiarazione in parola conferma che l’accordo sui [riservato]. D’altro lato, ne risulta che l’EniChem è necessariamente stata presa in considerazione in detto accordo e che essa ne ha avuto conoscenza. Orbene, dal momento che l’EniChem non ha preso le distanze da tale accordo, si deve ritenere che vi abbia partecipato. Secondo la giurisprudenza, difatti, perfino l’accettazione tacita di un accordo, in mancanza di una dissociazione, può essere considerata accettazione e partecipazione a un accordo (sentenza del Tribunale dell’11 dicembre 2003, Marlines/Commissione, T‑56/99, Racc. pag. II‑5225, punto 21).

169    Occorre inoltre rilevare che nessuno dei richiedenti il trattamento favorevole ha menzionato un ingresso dell’EniChem nell’intesa dopo che l’intesa era iniziata per gli altri partecipanti. Orbene, un simile ingresso ritardato avrebbe tuttavia manifestamente reso necessario un nuovo calcolo delle quote di mercato in precedenza attribuite a ciascun produttore.

170    Ne discende che, per quanto la presenza dell’EniChem alla riunione del 12 o 13 maggio a Firenze abbia trovato conferma in una sola dichiarazione della [riservato], la Commissione ha giustamente considerato la data di questa riunione come la data d’inizio della partecipazione dell’EniChem all’infrazione.

171    Va peraltro sottolineato che le dichiarazioni di due partecipanti all’intesa suggeriscono «[riservato]» (v. punto 123 della decisione impugnata). Difatti, in base alla dichiarazione della prima impresa «[riservato]» (v. punto 124 della decisione impugnata). Secondo la dichiarazione della seconda impresa, «[riservato]» (v. punto 129 della decisione impugnata). Inoltre, «[riservato]» (v. punto 129 della decisione impugnata).

172    È vero che detti eventi, non confutati dalle ricorrenti (dato che queste ultime si limitano ad affermare che la riunione di Firenze [riservato]), hanno avuto luogo al di fuori del periodo d’infrazione contestato alle ricorrenti e riguardano il gruppo Rhône-Poulenc, la cui società specializzata nel CR era denominata Distugil. Ciò nondimeno si deve rilevare che sono elementi compresi nel complesso di indizi giustamente fatti valere dalla Commissione al fine di dimostrare il carattere anticoncorrenziale della riunione del 12 o 13 maggio 1993 a Firenze. [riservato], compresi i rappresentanti della Distugil, acquisita dall’Eni alla fine del 1992.

173    Alla luce dei suesposti elementi si deve considerare che la Commissione ha correttamente ritenuto la riunione del 12 o 13 maggio 1993 a Firenze come la riunione di avvio dell’intesa e ha adeguatamente dimostrato che la partecipazione dell’EniChem all’intesa in discussione era iniziata nel corso della citata riunione. L’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non avrebbe provato la partecipazione dell’EniChem agli accordi prima del febbraio 1994 deve pertanto essere respinto e, di conseguenza, i relativi argomenti secondo cui quest’ultima non avrebbe partecipato a riunioni anticoncorrenziali fra maggio 1993 e febbraio 1994 sono privi di rilevanza al fine di stabilire la data d’inizio della partecipazione dell’EniChem all’intesa. Ciò nondimeno, per i motivi esposti al punto 158 supra, occorre analizzare se la Commissione abbia o meno dimostrato la partecipazione delle ricorrenti alle altre tre riunioni svoltesi fra maggio 1993 e febbraio 1994 e riguardo alle quali le ricorrenti contestano la partecipazione dell’EniChem.

174    A tale proposito va constatato, riguardo alla riunione multilaterale del 13 luglio 1993 a Zurigo, che la prova dell’esistenza di detta riunione ha origine nella dichiarazione di un’impresa corroborata dalla documentazione relativa alle spese di trasferta di un altro partecipante. Tuttavia, quanto all’identificazione dei partecipanti alla menzionata riunione, sebbene tre imprese non abbiano contestato la loro partecipazione, due imprese, fra cui le ricorrenti, l’hanno invece contestata. Di conseguenza, in mancanza di elementi probatori relativi alla partecipazione dell’EniChem a detta riunione diversi dall’unica succitata dichiarazione, si deve concludere, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 152 supra, che la Commissione non ha adeguatamente dimostrato la partecipazione dell’EniChem.

175    Riguardo alla riunione multilaterale [riservato]. Orbene, la contestazione del contenuto della dichiarazione di tale impresa da parte delle ricorrenti è sufficiente a far sì che siano necessari ulteriori elementi probatori a suo sostegno. Si deve quindi constatare, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 152 supra, che, siccome la dichiarazione in parola non è suffragata da altri elementi di prova, la Commissione non ha adeguatamente dimostrato la partecipazione dell’EniChem alla summenzionata riunione.

176    Quanto alla riunione multilaterale del 18 novembre 1993 a Düsseldorf, la prova dell’esistenza di detta riunione è costituita da una dichiarazione orale di un’impresa, suffragata dalla dichiarazione orale di un’altra impresa. Riguardo all’identificazione delle altre imprese che vi avrebbero partecipato, le ricorrenti contestano la circostanza che la dichiarazione della seconda impresa corrobori quella della prima. Tale seconda dichiarazione, infatti, presentata sotto forma di una tabella, precisa unicamente la data e il luogo della riunione in discussione e riporta una menzione indicante che si trattava di una riunione multilaterale. Per contro, l’impresa che ha fornito detta tabella non è stata in grado di specificare i partecipanti alla riunione. Di conseguenza, in mancanza di elementi probatori a conferma della partecipazione dell’EniChem alla riunione in parola diversi da una sola dichiarazione di un concorrente, si deve concludere, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 152 supra, che la Commissione non ha adeguatamente dimostrato la partecipazione dell’EniChem alla riunione del 18 novembre 1993 a Düsseldorf.

177    Da quanto precede risulta che la Commissione non ha adeguatamente dimostrato la partecipazione dell’EniChem alle riunioni del 13 luglio 1993, [riservato] e del 18 novembre 1993. Ciò tuttavia non è idoneo a rimettere in discussione la durata dell’infrazione addebitata alle ricorrenti dalla Commissione (dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002) o la fondatezza della constatazione dell’infrazione esposta nella decisione impugnata.

178    Relativamente, in secondo luogo, al periodo successivo all’ottobre 2000 e più specificamente alla data della fine della partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa all’intesa, occorre constatare, con riferimento alla riunione multilaterale del 13 maggio 2002 a Napoli, che segna la fine dell’intesa, che la Commissione fa valere, ai punti 304 e 503 della decisione impugnata, prove documentali contemporanee a detta riunione, ossia gli appunti [riservato]», il che costituisce una delle caratteristiche principali dell’intesa. La Commissione, al medesimo punto 503 della decisione impugnata, ha osservato che «[i]l riferimento, nell’appunto scritto a mano, alla [riservato] significa[va] che le quote di mercato obiettivo per il 2002 erano state stabilite nel quadro della moratoria e sulla base delle quote di mercato del 2001» e che «[d]agli appunti (…) si ricava[va] inoltre che [il loro autore] aveva riflettuto sui possibili effetti di un aumento di prezzo nell’Europa occidentale su queste quote di mercato già definite, arrivando alla conclusione che le due impostazioni – aumento di prezzo e moratoria – non sarebbero state necessariamente incompatibili». Al punto 505 della decisione impugnata la Commissione ha constatato che «[g]li appunti scritti (…) indica[va]no, oltretutto, che non solo DDE ma anche Eni[C]hem avevano già approvato il successivo aumento collusivo dei prezzi».

179    È del pari d’uopo richiamare la descrizione del documento in parola di cui al punto 304 della decisione impugnata:

«[riservato]».

180    Come riscontrato dalla Commissione, il citato documento, redatto in vista della riunione del 13 maggio 2002 a Napoli e nel quale l’Eni è menzionata esplicitamente, costituisce una prova diretta e contemporanea del fatto che l’accordo diretto ad attribuire quote di mercato specifiche ad ognuno dei concorrenti era ancora in vigore quando detta riunione si è svolta e del fatto che [riservato]. Dal documento in questione emerge altresì che [riservato] e [riservato], in caso contrario non sarebbero state menzionate esplicitamente in tale documento preparatorio della riunione in parola. Peraltro le ricorrenti non contestano che un rappresentante della Polimeri Europa abbia assistito alla riunione ufficiale dell’IISRP a margine della quale si sono tenute le discussioni anticoncorrenziali. La Commissione ha pertanto adeguatamente dimostrato la partecipazione della Polimeri Europa a detta riunione e il carattere anticoncorrenziale della stessa.

181    Riguardo alla riunione del 23 aprile 2002 a Leverkusen, dalla decisione impugnata risulta che nel corso di detta riunione un rappresentante dell’EniChem/Polimeri Europa ha incontrato un rappresentante della Bayer e della DDE in un ristorante a Leverkusen (v. punti 297‑301 della decisione impugnata). Dal punto 301 della decisione impugnata emerge altresì che, in base alla dichiarazione della [riservato], le concorrenti in tale riunione a Leverkusen hanno concordato un [riservato]. [riservato]. Dal medesimo punto risulta che, secondo la [riservato], l’EniChem/Polimeri Europa temeva l’entrata di un altro concorrente sul mercato [riservato].

182    La Commissione ha del pari fatto valere prove documentali relative a detta riunione del 23 aprile 2002, ossia appunti [riservato] (v. punto 297 della decisione impugnata), [riservato] (v. punto 298 della decisione impugnata) e [riservato] (v. punto 299 della decisione impugnata). È d’uopo citare la descrizione di tali documenti e la spiegazione datane dal loro autore alla Commissione, riportata nella decisione impugnata:

«(297) (…)

[riservato]

(298) (…)

[riservato]

(299) (…)

[riservato]».

183    Le ricorrenti si limitano ad affermare che la riunione di Leverkusen aveva principalmente lo scopo di chiarire i termini della domanda di fornitura di una quantità di CR presentata alla Polimeri Europa da parte della divisione «adesivi» della Bayer e che la presenza della DDE, pertanto, non era prevista. Di conseguenza, secondo le ricorrenti, si sarebbe trattato, in sostanza, semplicemente di una «riunione jolly», il cui contenuto anticoncorrenziale non è stato provato. Tuttavia, come sottolineato dalla Commissione, le affermazioni delle ricorrenti sono smentite dagli appunti summenzionati, dai quali risulta inequivocabilmente che nel corso di tale riunione trilaterale i partecipanti hanno discusso [riservato], mostrando quindi l’esistenza di [riservato] sotto il profilo della concorrenza. Del resto, contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti, la Commissione ha ricostruito, in modo chiaro e semplice, le varie fasi di formazione di tali note, ossia gli appunti preparatori all’incontro, gli appunti presi durante l’incontro sullo stesso documento contenente gli appunti preparatori e le annotazioni prese su un foglio separato durante l’incontro. Inoltre, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, detti appunti e annotazioni contengono effettivamente riferimenti all’EniChem. Ne consegue che non possono sostenere che si trattasse di una «riunione jolly». Al contrario, la Commissione ha adeguatamente dimostrato che esse avevano partecipato ad una riunione dell’intesa il 23 aprile 2002 a Leverkusen.

184    Peraltro, secondo la decisione impugnata, l’EniChem/Polimeri Europa avrebbe ancora [riservato] (v. punti 307 e 309 della decisione impugnata). Inoltre, stando alla decisione impugnata, [riservato] si sarebbe ancora svolta [riservato] (v. punto 310 della decisione impugnata). [riservato] hanno sì avuto luogo al di fuori del periodo dell’infrazione addebitata alle ricorrenti, ma rientrano comunque nel complesso d’indizi correttamente fatto valere dalla Commissione al fine di determinare la data della cessazione dell’intesa da questa individuata.

185    Ne consegue che la Commissione ha giustamente indicato la data della riunione del 13 maggio 2002 a Napoli come la data della fine dell’intesa sulla base della circostanza che la «moratoria» era rimasta in vigore fino a tale data per tutti i partecipanti all’intesa. Pertanto, essa ha del pari giustamente considerato tale data come la data della fine della partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa all’infrazione (posto che la sua partecipazione a detta riunione è dimostrata, come risulta dai punti 178‑180 supra). Gli argomenti delle ricorrenti secondo cui l’EniChem/Polimeri Europa non avrebbe più [riservato] devono essere respinti.

186    Relativamente, in terzo luogo, agli argomenti delle ricorrenti secondo cui l’EniChem non avrebbe partecipato ad alcune delle riunioni anticoncorrenziali tra febbraio 1994 e ottobre 2000, [riservato] (v. punto 125 supra). I loro argomenti diretti a contestare la partecipazione a sei riunioni anticoncorrenziali identificate dalla Commissione nel corso di detto periodo sono quindi inconferenti nella misura in cui tendono all’annullamento della decisione impugnata. Tuttavia, siccome l’effettiva partecipazione a dette riunioni può essere rilevante per la valutazione dell’ottavo motivo (e in particolare per l’eventuale esistenza di circostanze attenuanti), essi saranno presi in esame nel prosieguo.

187    [riservato]

188    Riguardo alla riunione bilaterale del 12 febbraio 1997 a Milano [riservato], si deve constatare che la Commissione non ha adeguatamente dimostrato tale partecipazione alla luce della giurisprudenza citata al punto 152 supra.

189    Quanto alla riunione bilaterale del 19 maggio 1998 a Milano, presso la sede dell’EniChem, dal punto 228 della decisione impugnata deriva che la Commissione si basa, rispetto alla prova dell’esistenza e del contenuto di detta riunione, sui documenti della Tosoh, in particolare su di un documento contemporaneo all’infrazione – gli appunti manoscritti redatti all’epoca della riunione dal rappresentante della Tosoh, [riservato].

190    Dall’esame degli appunti succitati emerge che sono stati presi il 19 maggio 1998; inoltre, essi riportano una menzione che fa riferimento all’identità dell’altro partecipante, ossia il nome «[riservato]». Le ricorrenti contestano che detto nome in codice sia riconducibile all’EniChem. Ciò nonostante, dal punto 114 della decisione impugnata risulta che «[riservato]». Inoltre, al punto 118 della decisione impugnata, è così indicato: «Tosoh dichiara che [riservato] utilizzava nomi in codice e abbreviazioni per determinate persone e società. Ad esempio, [riservato] si legge alla data [riservato] ([riservato] di Bayer), alla data del [riservato]. [riservato] sta per [riservato] Eni[C]hem. Il nome [riservato], utilizzato di frequente dal [riservato] nei suoi appunti, si riferisce a incontri tra tutti e cinque i concorrenti. [riservato] utilizzava il nome in codice [riservato] per [riservato] della Distugil/Rhòne-Poulenc». Dalle osservazioni esposte emerge che il dipendente della [riservato] ha utilizzato regolarmente i nomi in codice per descrivere diverse imprese e persone coinvolte nell’intesa e non soltanto l’EniChem. La [riservato] ha fornito una spiegazione completa e coerente dei nomi in codice utilizzati e le sue spiegazioni possono considerarsi credibili, anche se presentate nel contesto di una domanda ai fini del trattamento favorevole. Le ricorrenti, per contro, pur contestando le dichiarazioni della [riservato], non espongono chiarimenti o giustificazioni atti a delineare una prospettiva differente dei fatti dimostrati dalla Commissione. Si aggiunga che, dal punto 228 della decisione impugnata, risulta che la [riservato] ha non soltanto [riservato]. Alla luce di siffatti elementi l’argomento delle ricorrenti diretto a contestare il fatto che il nome in codice «[riservato]» presente nell’annotazione manoscritta prodotta dalla Tosoh designava l’EniChem deve essere respinto.

191    L’analisi del contenuto degli appunti manoscritti della Tosoh conferma la descrizione della riunione in causa redatta sulla loro base e riportata al punto 228 della decisione impugnata:

«Dagli appunti del [riservato] emerge che i concorrenti hanno deciso di proporre un “sistema dei prezzi di svendita” in Europa durante un incontro con altri concorrenti che avrebbe dovuto tenersi il 4 o il 10 giugno 1998. [riservato]. In base agli appunti del [riservato], Eni[C]hem e Tosoh hanno discusso dei diversi tipi o qualità di gomma cloroprene e di singoli clienti, come [riservato] e [riservato]. In particolare, hanno scambiato informazioni sui prezzi e volumi di clienti specifici in Spagna e Italia. Per quanto riguarda clienti spagnoli di modesta importanza, situati ad Alicante, Tosoh ha affermato di aver mantenuto gli stessi prezzi e gli stessi volumi, mentre Eni[C]hem afferma di aver aumentato i prezzi ma di aver perso in volume di vendite nel primo trimestre del 1998. Per quanto riguarda il cliente italiano [riservato], Eni[C]hem ha dichiarato che il suo prezzo di LIT 3 800 era [riservato]. Secondo gli appunti del [riservato], si è discusso dei prezzi di Tosoh e Bayer: il prezzo di Tosoh era LIT 3 500 e quello di Bayer LIT 3 650. Tosoh ed Eni[C]hem hanno inoltre sottolineato che Bayer e DDE hanno rifornito [riservato] sulla base di contratti a lungo termine e hanno offerto sconti per volumi. Infine Eni[C]hem ha reso nota la sua capacità a Tosoh».

192    È d’uopo far notare che la conclusione della Commissione relativa alla partecipazione dell’EniChem alla riunione in causa si basa unicamente su di un documento e su dichiarazioni orali della [riservato]. Nondimeno, le prove sulle quali si è fondata la Commissione possono, nel caso di specie, essere considerate sufficienti per dimostrare il carattere anticoncorrenziale di detta riunione e la presenza dell’EniChem alla stessa. Il documento della Tosoh, infatti, è contemporaneo all’infrazione e contiene una descrizione dettagliata del contenuto della riunione. Inoltre, le dichiarazioni orali della [riservato] espongono una spiegazione chiara e coerente degli appunti di cui trattasi. Infine, la riunione del 19 maggio 1998 a Milano non può essere analizzata come un avvenimento isolato, ma piuttosto come l’elemento di un insieme di avvenimenti che devono essere valutati complessivamente. Orbene, dal punto 229 della decisione impugnata, non contestato dalle ricorrenti, risulta che l’indomani della riunione con l’EniChem a Milano, i rappresentanti della Tosoh hanno incontrato i rappresentanti della Bayer e della Denka nel corso di due riunioni separate organizzate a Düsseldorf. Ne consegue che i rappresentanti della Tosoh hanno incontrato, nelle riunioni bilaterali organizzate fra il 19 e il 20 maggio 1998, i principali concorrenti, ossia la Bayer, la Denka e l’EniChem. Tutti questi elementi costituiscono un complesso d’indizi ai sensi della giurisprudenza citata al punto 150 supra che, valutato globalmente, consente di concludere che le ricorrenti hanno effettivamente partecipato a una riunione anticoncorrenziale organizzata il 19 maggio 1998 a Milano. Le ricorrenti non possono pertanto sostenere che la Commissione non abbia dimostrato adeguatamente la partecipazione dell’EniChem a tale riunione.

193    Riguardo alla riunione del 10 giugno 1998 a Milano, presso la sede dell’EniChem, la prova dell’esistenza di tale riunione risiede nelle dichiarazioni di due imprese, [riservato]. Le dichiarazioni della [riservato] confermano che alcuni rappresentanti della [riservato], [riservato], hanno incontrato i rappresentanti dell’EniChem a Milano il 10 giugno 1998, ma che non potevano affermare che si trattasse di una riunione multilaterale. Le dichiarazioni della [riservato], cui la Commissione fa riferimento al punto 231 della decisione impugnata, si basano principalmente su appunti manoscritti relativi a detta riunione e presi da uno dei dipendenti della [riservato]. Da questi appunti risulta che la riunione del 10 giugno 1998 era una riunione multilaterale fra i cinque partecipanti all’intesa. Difatti gli appunti recano una menzione «[riservato]». Orbene, secondo le spiegazioni della [riservato] richiamate ai punti 118 e 231 della decisione impugnata, «[riservato]» era un nome in codice utilizzato dal [riservato] per designare le riunioni multilaterali di tutti i concorrenti (v. punto 190 supra). Dagli appunti in parola emerge inoltre che uno dei temi della riunione in causa è stato la manutenzione ordinaria dello stabilimento dell’Enichem a potenziamento della qualità. Gli altri argomenti trattati nel corso della riunione erano i seguenti: la chiusura degli stabilimenti della Bayer e dell’EI DuPont, l’unificazione delle valute, il sistema dei prezzi di svendita, l’annuncio e la data effettiva di applicazione di un aumento di prezzo, lo stabilimento in Cina, la qualità dei prodotti della Bayer e l’organizzazione del successivo incontro mondiale che si sarebbe svolto a Londra. Gli appunti manoscritti del dipendente della [riservato] confermano pertanto la natura anticoncorrenziale della riunione e, indirettamente, la presenza dell’EniChem a tale riunione. Infatti, da un lato, il nome in codice utilizzato indica una riunione di tutti i concorrenti e, dall’altro, non è plausibile che le decisioni riguardanti direttamente l’EniChem, come la manutenzione del suo stabilimento, potessero essere trattate senza che detta impresa prendesse parte alla discussione. Ne deriva che le dichiarazioni della [riservato] corroborano e completano le dichiarazioni della [riservato] relative alla presenza dell’EniChem ad una riunione anticoncorrenziale del 10 giugno 1998 a Milano.

194    Le ricorrenti si limitano a fare presente che si sarebbe tutt’al più trattato di una visita di cortesia e non hanno esposto alcun’altra spiegazione plausibile della presenza dell’EniChem a detta riunione, qualificata come riunione anticoncorrenziale dagli altri partecipanti. In siffatte condizioni, posto che le due dichiarazioni, rese nell’ambito di domande ai fini del trattamento favorevole, erano corroborate da un documento redatto all’epoca della riunione, le ricorrenti non possono sostenere che la Commissione non abbia dimostrato adeguatamente la partecipazione dell’EniChem ad una riunione anticoncorrenziale il 10 giugno 1998.

195    Con riguardo alla riunione bilaterale del 13 aprile 1999 a Milano, presso la sede dell’EniChem, la prova dell’esistenza di questa riunione e della partecipazione dell’EniChem consiste in una sola dichiarazione della [riservato] relativa a due riunioni bilaterali, il 13 aprile 1999 con l’EniChem e il 14 aprile 1999 con la Bayer, vertenti sul concetto dell’«offerta a livello regionale», secondo il quale ciascun fornitore si sarebbe dovuto concentrare sul proprio mercato interno. Quest’ultima riunione è stata confermata dalle dichiarazioni della [riservato] e da una menzione su di un’agenda. La dichiarazione della [riservato] è quindi suffragata da altri elementi probatori. In siffatte condizioni, le ricorrenti, limitandosi ad insistere sulla mancanza di un registro delle visite e di rendiconti spese, non possono validamente asserire che la Commissione non ha dimostrato adeguatamente la partecipazione dell’EniChem alla riunione anticoncorrenziale in parola.

196    Quanto alla riunione bilaterale del 22 marzo 2000 a Milano, presso la sede dell’EniChem, la prova dell’esistenza di tale riunione e della partecipazione dell’EniChem consta di una dichiarazione della Tosoh, corroborata da un documento redatto all’epoca dei fatti e da un documento relativo alle spese di viaggio (in particolare dell’albergo ubicato di fronte alla sede dell’Eni). [riservato]. Sebbene sia esatto che detto primo documento non indica né la data né le ricorrenti, ciò nondimeno esso contiene annotazioni di una riunione vertente, segnatamente, su di un [riservato]. Tale primo documento, che corrobora la dichiarazione orale della [riservato], e il [riservato] costituiscono, complessivamente considerati, prove sufficienti dei fatti in questione. Del resto, come rimarcato dalla Commissione, le indicazioni presenti al punto 274 della decisione impugnata, secondo cui il rappresentante dell’EniChem, [riservato], «si trattenne alla riunione soltanto per il tempo necessario a fare le presentazioni e poi se ne andò» non sono contraddette dall’affermazione delle ricorrenti secondo la quale egli, a quel tempo, non aveva ancora iniziato ad occuparsi delle attività CR all’interno dell’EniChem. Di conseguenza occorre concludere che la Commissione ha provato adeguatamente la partecipazione dell’EniChem ad una riunione anticoncorrenziale il 22 marzo 2000.

197    Da quanto precede risulta che la partecipazione dell’EniChem alle riunioni anticoncorrenziali del 19 maggio 1998, del 10 giugno 1998, del 13 aprile 1999 e del 22 marzo 2000 è dimostrata, ma che la Commissione non ha dimostrato adeguatamente la partecipazione dell’EniChem alle riunioni del [riservato] e del 12 febbraio 1997.

198    Ciò posto, anche qualora la Commissione non avesse dimostrato adeguatamente la partecipazione dell’EniChem alle riunioni del 13 luglio 1993, dell’[riservato] e del [riservato], del [riservato] e del 12 febbraio 1997, tale circostanza non sarebbe idonea a rimettere in discussione la durata dell’infrazione addebitata alle ricorrenti dalla Commissione (periodo dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002) o la fondatezza della constatazione d’infrazione di cui alla decisione impugnata.

199    Il comportamento del concorrente leale si caratterizza, infatti, per il modo autonomo con cui egli determina la politica che intende seguire sul mercato comune (sentenza della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, 40/73‑48/73, 50/73, 54/73‑56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punto 173, e sentenza del Tribunale del 29 novembre 2005, Union Pigments/Commissione, T‑62/02, Racc. pag. II‑5057, punto 39). Di conseguenza, anche qualora si ammettesse che l’EniChem/Polimeri Europa si sia astenuta dal partecipare alle riunioni dell’intesa da maggio 1993 fino a febbraio 1994, da un lato, e da novembre 2000 fino ad aprile 2002, dall’altro, è necessario rilevare che non ha riavviato una reale politica autonoma sul mercato nel corso di tali brevi periodi. Il vantaggio da essa tratto dall’accesso alle informazioni confidenziali scambiate fra tutti i partecipanti all’intesa nel corso della riunione del 12 o 13 maggio 1993 non ha cessato di sussistere all’indomani di tale riunione. Si può presumere che essa abbia tenuto conto delle informazioni già scambiate con i concorrenti nella riunione del maggio 1993 per determinare il suo comportamento su detto mercato nel successivo periodo di quasi nove mesi. Analoga riflessione vale per il periodo compreso fra novembre 2000 e aprile 2002, che costituisce, effettivamente, un periodo relativamente lungo di 18 mesi. Esso deve tuttavia essere valutato nel contesto del funzionamento dell’intesa. Orbene, detto periodo è stato preceduto da un periodo di partecipazione continuata dell’EniChem all’intesa di oltre sette anni (periodo dal 13 maggio 1993 ad ottobre 2000) e ad esso è seguita la partecipazione della Polimeri Europa ad almeno due riunioni del medesimo cartello (la riunione del 23 aprile 2002 a Leverkusen e la riunione del 13 maggio 2002 a Napoli), nonché [riservato] (v. punto 184 supra).

200    Da quanto precede risulta che la Commissione ha dimostrato adeguatamente la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa all’intesa per l’intero periodo d’infrazione quale accertato nella decisione impugnata.

201    Relativamente, in secondo luogo, all’attuazione degli accordi di aumento di prezzo e degli accordi diretti alla ripartizione dei mercati stabiliti in occasione delle riunioni dell’intesa cui l’EniChem/Polimeri Europa ha partecipato, si deve considerare che, alla luce [riservato] e della giurisprudenza citata ai punti 147, 154 e 157 supra, anche qualora le affermazioni delle ricorrenti fossero esatte, queste non avrebbero per effetto di confutare l’esistenza dell’intesa, la sua durata o la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa all’intesa stessa. La questione se il comportamento dell’EniChem/Polimeri Europa possa giustificare la considerazione di una circostanza attenuante ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda sarà ciò nondimeno analizzata nell’ambito dell’esame dell’ottavo motivo.

202    Analogo ragionamento vale rispetto agli argomenti riguardanti il ruolo marginale e passivo dell’EniChem/Polimeri Europa all’interno dell’intesa. Anche qualora le affermazioni delle ricorrenti fossero esatte, esse non avrebbero l’effetto di confutare l’esistenza dell’intesa, la sua durata o la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa alla stessa. La questione se il comportamento dell’EniChem/Polimeri Europa giustifichi la considerazione di una circostanza attenuante ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda non si ricollega, infatti, all’esistenza dell’infrazione individuata, su cui verte il presente motivo, e pertanto essa sarà parimenti analizzata nell’ambito dell’esame dell’ottavo motivo.

203    Alla luce degli elementi suesposti si deve considerare che, da un lato, la Commissione ha adeguatamente dimostrato la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa ad un’infrazione nel periodo compreso fra il 13 maggio 1993 e il 13 maggio 2002 e, dall’altro, contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti, non risultano provate carenze di motivazione della decisione impugnata.

204    Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto.

 Sul quinto motivo, relativo ad una carenza di motivazione della decisione impugnata e alla contraddittorietà della motivazione, ad una carenza di istruttoria e ad una violazione dell’articolo 81 CE relativamente alla qualificazione dell’infrazione come infrazione unica e continuata

 Richiamo del testo della decisione impugnata

205    Riguardo all’esistenza di un’infrazione unica e continuata la Commissione, ai punti 358‑360 della decisione impugnata, si è così espressa:

«(358)Le prove presentate nella presente decisione dimostrano, per il periodo che va dal 13 maggio 1993 perlomeno fino alla riunione di Napoli del 13 maggio 2002, l’esistenza di un comportamento collusivo di natura unica e continuata sul mercato del [CR] tra Bayer, DuPont/DDE, Denka, Tosoh ed Eni[C]hem (…) Le parti avevano infatti manifestato la comune intenzione di comportarsi sul mercato in un determinato modo e avevano aderito a un piano comune volto a limitare il comportamento commerciale di ognuna di loro sul mercato del [CR]. L’accordo per attuare tale piano al fine di restringere la concorrenza può quindi essere fatto risalire perlomeno al 13 maggio 1993. Il comportamento collusivo perseguiva un’unica finalità economica anticoncorrenziale: i concorrenti si proponevano di preservare lo status quo concordando obiettivi di quota di mercato e quote di vendite rispondenti alle quote di mercato effettive del 1993, preso come anno di riferimento. Impedendo in tal modo qualsiasi concorrenza sui mercati i produttori di gomma cloroprene si prefìggevano, in una seconda fase, di aumentare artificiosamente i prezzi del prodotto in questione nel SEE e su scala mondiale. Non solo, ma per tutta la durata del cartello i concorrenti si sono accordati su prezzi minimi da applicare e sulla ripartizione dei clienti nel mercato del [CR].

(359) Gli accordi e le pratiche concordate di cui si è constatata l’esistenza rientrano in un piano complessivo che stabiliva le linee di azione dei concorrenti sul mercato e ne limitava il comportamento commerciale individuale al fine di perseguire un identico obiettivo anticoncorrenziale e un’unica finalità economica, ossia alterare il normale andamento dei prezzi sul mercato mondiale del [CR] e limitare la produzione su scala mondiale mediante la ripartizione dei volumi, delle quote e dei mercati. Sarebbe artificioso frazionare siffatto comportamento continuato, caratterizzato da un’unica finalità, ravvisandovi più violazioni distinte, mentre si trattava al contrario di un’unica infrazione che si è gradualmente concretata sia attraverso accordi sia attraverso pratiche concordate.

(360) Il piano, concordato tra Bayer, DuPont/DDE, Denka, Tosoh e Eni[C]hem, è stato elaborato e messo in atto nel corso di un periodo durato 9 anni, attraverso un insieme di accordi collusivi, di accordi specifici o di pratiche concordate. Le riorganizzazioni delle imprese verificatesi nel corso del periodo di infrazione dal 1993 al 2002 hanno avuto un impatto sui singoli partecipanti, nel quale a partire dal 1° aprile 1996 DuPont è stato sostituito dalla sua joint venture con Dow, DDE (…) Tenuto conto della comune intenzione e del comune obiettivo di eliminare la concorrenza sul mercato del [CR], la Commissione ritiene che l’insieme di accordi collusivi sopra descritto abbia per oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, [CE] e dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE».

 Argomenti delle parti

206    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha effettuato un’analisi specifica dei fatti del caso in esame, limitandosi ad una valutazione di natura generale sull’unicità e continuità dell’infrazione, e che, pertanto, non ha dimostrato che i contatti asseritamente collusivi tra i concorrenti fossero avvenuti nel contesto di un unico piano complessivo, a cui tutti avevano aderito consapevolmente, al fine di perseguire un identico obiettivo anticoncorrenziale e un’unica finalità economica. L’unicità dell’obiettivo perseguito da tutti i partecipanti, che connette l’insieme dei comportamenti anticoncorrenziali, non sarebbe stata dimostrata dalla Commissione nel caso di specie. Richiamando il principio di responsabilità personale per la violazione delle regole della concorrenza, le ricorrenti sostengono che la nozione di obiettivo unico non può essere determinata riferendosi in generale alla distorsione della concorrenza nel mercato e deve essere interpretata in modo restrittivo. L’EniChem, data la sua posizione particolare sul mercato, avrebbe perseguito obiettivi individuali e diversi da quelli delle sue concorrenti. Come si evincerebbe con chiarezza dalla decisione impugnata, le finalità anticoncorrenziali proprie dell’intesa sarebbero state determinate e attuate dalla DDE e dalla Bayer.

207    In secondo luogo, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver addebitato alla Polimeri Europa una «responsabilità unica», mentre l’infrazione comprende parimenti elementi dell’intesa posti in essere esclusivamente da altre imprese, ossia le riduzioni di capacità operate dalla Bayer e dalla DDE, in base alla sola circostanza che la chiusura degli stabilimenti di produzione sarebbe rientrata nella realizzazione della strategia definita di comune accordo della regionalizzazione o, ancora, che sarebbe stata discussa nel corso degli incontri tra i concorrenti. Le ricorrenti fanno notare che è la società ad aver presentato una domanda ai fini del trattamento favorevole, ossia la DuPont/DDE medesima, la quale ha affermato che la chiusura degli stabilimenti non rientrava nelle attività del cartello. La Commissione stessa avrebbe quindi ammesso di non disporre di «prove sufficienti a dimostrare che un tale accordo [fosse] stato effettivamente concluso». Quanto al tentativo posto in essere dalla Commissione di considerare la riduzione di capacità operata dalla Bayer e dalla DDE come una pratica concordata, le ricorrenti sottolineano che la mera circostanza che l’EniChem potesse essere stata informata delle intenzioni dei suoi concorrenti nel corso di talune riunioni non ne fa certo una partecipante, né la rende responsabile di un’iniziativa terza da cui essa non avrebbe quindi avuto motivo di dissociarsi e che non avrebbe potuto in nessun modo influenzare.

208    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

209    Occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, una violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti, oppure da un comportamento continuato. È artificioso suddividere in più comportamenti distinti un accordo anticoncorrenziale, caratterizzato da una serie di sforzi diretti ad un’unica finalità economica (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 89 supra, punti 258 e 259).

210    Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme, anche qualora sia dimostrato che l’impresa interessata abbia partecipato direttamente soltanto ad uno o a più elementi costitutivi dell’infrazione. Inoltre, nell’ambito di un accordo globale esteso su diversi anni, importa poco un intervallo di qualche mese tra le estrinsecazioni dell’intesa. È invece determinante il fatto che le diverse azioni rientrino in un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 89 supra, punti 258‑260). La circostanza che varie imprese abbiano svolto ruoli diversi nel perseguire un comune obiettivo non elimina l’identità dell’oggetto anticoncorrenziale e, pertanto, dell’infrazione a condizione che ciascuna impresa abbia contribuito, al proprio livello, al perseguimento dell’obiettivo comune (v. sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, Racc. pag. II‑4949, punto 161 e giurisprudenza ivi citata).

211    Peraltro, un’impresa che abbia preso parte ad un’infrazione attraverso comportamenti suoi propri che rientravano nelle nozioni di accordo o di pratica concordata ricadenti nell’ambito di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE e che miravano a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso può essere responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa. Ciò accade quando sia accertato che l’impresa considerata era al corrente dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti o poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi (sentenza BASF e UCB/Commissione, punto 210 supra, punto 160).

212    Nella fattispecie, riguardo, in primo luogo, all’argomento secondo cui la Commissione avrebbe a torto applicato la nozione d’infrazione unica e continuata, senza aver dimostrato l’esistenza di un piano d’insieme cui tutti i partecipanti dell’infrazione aderissero consapevolmente, al fine di perseguire il medesimo oggetto anticoncorrenziale e uno scopo economico unico, dalla decisione impugnata e dall’analisi del primo, terzo e quarto motivo risulta che, nel periodo compreso fra maggio 1993 e maggio 2002, i produttori di CR, fra i quali l’EniChem/Polimeri Europa, si riunivano con regolarità, più volte all’anno, in riunioni multilaterali, trilaterali o bilaterali al fine di concordare la ripartizione e la stabilizzazione dei mercati, delle quote di mercato e delle quote di vendite per il CR, di coordinare e fare applicare svariati aumenti di prezzo, di concordare prezzi minimi, di ripartire la clientela e scambiare informazioni riservate sotto il profilo concorrenziale. Le riunioni fra i concorrenti, segnatamente quelle cui ha partecipato l’EniChem/Polimeri Europa (v. punti 159‑197 supra), che si estendevano su di un arco temporale di svariati anni e perseguivano lo stesso oggetto, facevano parte di un’infrazione unica e continuata.

213    D’altro canto, le ricorrenti non possono sostenere che la Commissione abbia definito l’oggetto anticoncorrenziale dell’infrazione come identico riferendosi in generale alla distorsione della concorrenza. Infatti, al punto 358 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che il comportamento collusivo fra i concorrenti perseguiva un’unica finalità economica anticoncorrenziale consistente, in un primo tempo, nel preservare le quote di mercato dei concorrenti per la produzione di CR concordando obiettivi di quota di mercato e quote di vendite rispondenti alle quote di mercato effettive del 1993 e, in un secondo tempo, nell’aumentare artificiosamente i prezzi del CR nel SEE e su scala mondiale.

214    Relativamente, in secondo luogo, all’argomento secondo cui la Commissione avrebbe addebitato all’EniChem/Polimeri Europa una «responsabilità unica» per il complesso dell’infrazione, laddove invece questa comprende altresì comportamenti posti in essere esclusivamente da altre imprese, ossia le riduzioni di capacità attuate dalla Bayer e dalla DDE, da un lato, si deve notare che, come risulta dai punti 330 e 335 della decisione impugnata, la Commissione non ha ritenuto che le riduzioni di capacità della Bayer e della DDE fossero il frutto di un accordo fra dette due imprese, bensì che rientrassero in una pratica concordata in linea con la strategia di regionalizzazione definita di comune accordo tra i concorrenti. In base a tale strategia di regionalizzazione i concorrenti dovevano concentrarsi sui rispettivi mercati interni, [riservato] (v. punti 87‑90 della decisione impugnata). Dalle dichiarazioni della Tosoh citate ai punti 244, 247 e 249 della decisione impugnata, non contestate dalle ricorrenti, risulta altresì che le riduzioni di capacità attuate dalla DDE e dalla Bayer hanno effettivamente contribuito alla realizzazione degli obiettivi dell’intesa, limitando l’offerta di CR sul mercato. D’altro lato, le ricorrenti non contestano le conclusioni riportate ai punti 199‑205 e 217 della decisione impugnata, secondo cui un rappresentante dell’EniChem sarebbe stato presente per lo meno a due riunioni organizzate a Londra il 18 luglio 1997 e il 4 febbraio 1998, nel corso delle quali sono state discusse le riduzioni di capacità della Bayer e della DDE nonché la strategia della regionalizzazione. In tali circostanze la Commissione ha potuto reputare che le ricorrenti conoscessero i comportamenti messi in atto unicamente dalla DDE e dalla Bayer.

215    Pertanto, non vi è carenza di motivazione della decisione impugnata o errato motivo né violazione del suo dovere istruttorio o dell’articolo 81 CE allorché la Commissione ha considerato che l’EniChem/Polimeri Europa aveva partecipato ad un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’accordo SEE, estesa al complesso del territorio del SEE, consistente in accordi e pratiche concordate volti ad accordarsi sulla ripartizione e la stabilizzazione dei mercati, delle quote di mercato e delle quote di vendite per il CR, a coordinare e fare applicare svariati aumenti di prezzo, a concordare prezzi minimi, a ripartire la clientela e a scambiare informazioni riservate sotto il profilo concorrenziale, della quale le ricorrenti sono ritenute responsabili. Parimenti, non vi è carenza di motivazione della decisione impugnata o errato motivo né violazione del suo dovere istruttorio o dell’articolo 81 CE allorché la Commissione ha addebitato alle ricorrenti la responsabilità per i comportamenti messi in atto dalla Bayer e dalla DDE nella misura in cui esse partecipavano alla stessa infrazione unica e continuata.

216    Si aggiunga che, alla luce della giurisprudenza citata al punto 74 supra, si deve constatare che una siffatta considerazione non si pone in contrasto con il principio di personalità delle pene.

217    Risulta da quanto precede che il quinto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul sesto motivo, relativo ad una carenza di motivazione della decisione impugnata e ad una carenza di istruttoria quanto al computo della durata dell’infrazione

 Argomenti delle parti

218    Le ricorrenti fanno valere che, utilizzando esclusivamente le dichiarazioni rese nell’ambito delle domande di trattamento favorevole, senza corroborarle con altre evidenze istruttorie, la Commissione avrebbe fissato arbitrariamente le date di inizio e fine dell’infrazione e, in particolare, la durata della partecipazione dell’EniChem alla stessa. Come sarebbe stato dimostrato nell’ambito del quarto motivo, gli elementi probatori addotti confermerebbero che l’EniChem [riservato]. Secondo le ricorrenti, gli argomenti addotti dalla Commissione per dimostrare il coinvolgimento dell’EniChem anche nel corso del periodo successivo sarebbero generici, errati e in ogni caso irrilevanti. In particolare, la riunione del 5 dicembre 2000 a Tokyo non avrebbe riguardato l’EniChem. L’EniChem non avrebbe aumentato i propri prezzi né nel luglio 2001 né nel luglio 2002. Al contrario, li avrebbe ridotti per lo meno due volte nel corso del 2002. La riunione del 23 aprile 2002 a Leverkusen non avrebbe avuto finalità anticoncorrenziali e gli appunti stilati per la riunione del 13 maggio 2002 a Napoli da un dipendente della Bayer, il quale non avrebbe partecipato a tale riunione, non avrebbero valore probatorio. Di conseguenza, la durata dell’infrazione sarebbe stata pari a [riservato] anni.

219    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

220    Come risulta dall’analisi del quarto e quinto motivo, la Commissione ha adeguatamente dimostrato la partecipazione dell’EniChem (divenuta [riservato])/Polimeri Europa ad un’infrazione unica e continuata nel periodo compreso tra il 13 maggio 1993 e il 13 maggio 2002.

221    Ne consegue che il sesto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

2.     Sui motivi diretti all’annullamento o alla riduzione dell’importo dell’ammenda


 Sul settimo motivo, relativo all’errata determinazione dell’importo di base dell’ammenda

 Richiamo del testo della decisione impugnata

222    Ai punti 524‑526 e 535 della decisione impugnata, la Commissione si è così espressa:

«(524) In linea di massima, la percentuale considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite. Per decidere se la percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione tiene conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite.

(525) Nel presente caso le aziende concorrenti hanno concordato la ripartizione e la stabilizzazione dei mercati, delle quote di mercato e delle quote di vendite di [CR], hanno coordinato gli aumenti di prezzo, hanno concordato prezzi minimi, si sono ripartite la clientela e scambiate informazioni riservate sotto il profilo concorrenziale. Per la loro stessa natura, gli accordi di ripartizione dei mercati e di fissazione dei prezzi costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Di conseguenza, la percentuale del valore delle vendite considerata per la presente infrazione dovrebbe situarsi sui valori più alti previsti.

(526) La quota di mercato aggregata nel SEE di tutte le imprese che hanno partecipato all’infrazione (tenuto conto dell’ultimo intero esercizio sociale in cui sussiste l’infrazione) era pari, secondo le stime, al 100% (…) L’estensione geografica dell’infrazione era mondiale (…) Ai fini della determinazione della gravità, ciò significa che la sfera d’influenza del cartello copriva l’intero SEE. Inoltre (…) si è accertato che è stata data sistematicamente attuazione alle pratiche illecite.

(…)

(535) In conclusione, e tenuto conto dei fattori illustrati in precedenza, la Commissione ritiene che la percentuale del valore delle vendite realizzate da ciascuna impresa coinvolta che occorre utilizzare per determinare l’importo di base dovrebbe essere pari a 21%».

223    Riguardo all’importo supplementare la Commissione, al punto 537 della decisione impugnata, ha indicato quanto segue:

«Al fine di dissuadere le imprese dal prendere parte ad accordi di ripartizione dei mercati o ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi come quelli di cui al presente caso, l’importo di base dovrebbe essere maggiorato di un importo supplementare, come indicato al punto 25 degli Orientamenti in materia di ammende [del 2006]. A tal fine, tenuto conto delle circostanze di cui al presente caso e, in particolare, dei fattori illustrati ai punti (525)‑(526), è opportuno stabilire un importo supplementare pari al 20% del valore delle vendite».

 Argomenti delle parti

224    Le ricorrenti fanno innanzitutto valere che la Commissione ha a torto fissato la percentuale del valore delle vendite considerata per la presente infrazione ai valori più alti previsti per un’intesa che avrebbe avuto un’attuazione parziale e non avrebbe interessato tutte le imprese per tutti gli aspetti della collusione. In particolare, l’EniChem non avrebbe attuato gli accordi sui prezzi, non avrebbe rispettato le quote di mercato concordate e non sarebbe stata implicata nelle iniziative di riduzione di capacità promosse dalla Bayer e dalla DDE. Contrariamente a quanto indicato al punto 530 della decisione impugnata, la mancata attuazione non sarebbe solo una circostanza specificamente attinente alla singola impresa, e dunque eventualmente rilevante come attenuante, ma, come emerge dal punto 22 degli Orientamenti del 2006, sarebbe parimenti rilevante per la determinazione dell’importo di base. Difatti la gravità complessiva dell’infrazione sarebbe quindi minore. In aggiunta, almeno due imprese su cinque avrebbero dato un’adesione in larga parte di mera forma all’intesa. Di conseguenza, secondo le ricorrenti, la percentuale del 21% sul valore delle vendite, stabilita dalla Commissione nel caso di specie, sarebbe eccessiva.

225    Inoltre, in considerazione del fatto che la partecipazione all’intesa da parte dell’EniChem è cessata dopo l’ottobre 2000, il fatturato di riferimento non potrebbe essere quello del 2001, ma quello del 1999, o al massimo del 2000.

226    Oltre a ciò, tenuto conto che la percentuale applicata sulle vendite in ragione della gravità era già eccessiva, l’importo supplementare del 20% (a fini di dissuasione), che non avrebbe alcuna giustificazione autonoma, equivarrebbe a punire le imprese due volte per le stesse ragioni, e così a superare il limite massimo previsto dal punto 21 degli Orientamenti del 2006. Invocando i principi di equità e precisando di non contestare la legittimità del punto 25 dei summenzionati Orientamenti, quanto piuttosto l’applicazione concreta fattane, le ricorrenti sostengono che nel caso di specie non dovrebbe essere imposto alcun importo supplementare, o, in subordine, che esso dovrebbe collocarsi sull’estremo inferiore della forchetta di valori a disposizione della Commissione.

227    Infine, come si deduce dagli argomenti esposti nell’ambito del sesto motivo (durata dell’infrazione), l’importo di partenza avrebbe dovuto essere moltiplicato per sette per ottenere l’importo di base, e non per nove.

228    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

229    In via preliminare, va ricordato che le ammende che la Commissione ha inflitto nel caso di specie sono disciplinate dall’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, corrispondente all’articolo 15 del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), che era in vigore nel momento in cui l’infrazione è stata commessa. Ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda la Commissione ha applicato gli Orientamenti del 2006. Detti Orientamenti sono stati pubblicati prima dell’invio della comunicazione degli addebiti alle ricorrenti il 13 marzo 2007.

230    In applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 CE o dell’articolo 82 CE.

231    Per ciascuna impresa o ciascuna associazione di imprese partecipanti all’infrazione l’ammenda non deve superare i limiti di cui all’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, ovvero il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

232    Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda da infliggere alle imprese responsabili d’infrazioni alle regole della concorrenza, occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

233    Da una giurisprudenza costante risulta che, entro i limiti fissati dal regolamento n. 1/2003, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nell’esercizio del suo potere d’imporre simili ammende (sentenze della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 172, e Erste Group Bank e a./Commissione, punto 74 supra, punto 123). Detto potere è nondimeno soggetto a limiti; infatti, quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale, ne deriva un’autolimitazione di questo potere in quanto detta istituzione è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta (v., in tal senso, sentenza Lafarge/Commissione, punto 151 supra, punto 95, e sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 192 e giurisprudenza ivi citata). Essa non può discostarsene, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 209).

234    Il paragrafo 4 degli Orientamenti del 2006 è così formulato:

«Il potere della Commissione di infliggere ammende (…) costituisce uno dei mezzi che le sono stati attribuiti per consentirle di svolgere la missione di sorveglianza conferitale dal Trattato. Tale missione non comprende soltanto il compito di indagare sulle singole infrazioni e di sanzionarle, ma comporta anche il dovere di perseguire una politica generale intesa ad applicare, nel campo della concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in tal senso il comportamento delle imprese (…) A tal fine la Commissione deve far sì che la propria azione abbia il necessario carattere dissuasivo (…) Quando la Commissione constata un’infrazione alle disposizioni degli articoli 81 [CE] o 82 [CE], può essere pertanto necessario infliggere un’ammenda a coloro che hanno agito illegalmente. Le ammende devono avere un effetto sufficientemente dissuasivo, allo scopo non solo di sanzionare le imprese in causa (effetto dissuasivo specifico), ma anche di dissuadere altre imprese dall’assumere o dal continuare comportamenti contrari agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (effetto dissuasivo generale)».

235    Come risulta dai paragrafi 5‑7 degli Orientamenti del 2006, per conseguire tali obiettivi, la Commissione si riferisce, come base per la determinazione delle ammende, al valore delle vendite dei beni o servizi oggetto dell’infrazione e al numero di anni durante i quali l’impresa ha partecipato all’infrazione, includendo nell’importo di base dell’ammenda anche un importo specifico allo scopo di dissuadere le imprese dall’intraprendere comportamenti illeciti.

236    Nel caso di specie, riguardo, in primo luogo, agli argomenti secondo i quali la percentuale del 21% sul valore delle vendite stabilita dalla Commissione sarebbe eccessiva, si deve rammentare che, al paragrafo 19 degli Orientamenti del 2006, è precisato che «[l]’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione».

237    Relativamente al fattore concernente la gravità dell’infrazione, gli Orientamenti del 2006 precisano, al paragrafo 20, che «[l]a gravità sarà valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti».

238    Quanto alla determinazione della percentuale considerata del valore delle vendite, al paragrafo 21 degli Orientamenti del 2006 si indica che, «[i]n linea di massima, [questa] sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite». Dal paragrafo 22 degli Orientamenti emerge che, «[p]er decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite». Infine, al paragrafo 23 degli Orientamenti in parola, a tale proposito è ricordato che:

«Per la loro stessa natura, gli accordi (…) orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Nell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati. In generale, pertanto, la proporzione del valore delle vendite considerata per le infrazioni di questo tipo si situerà sui valori più alti previsti».

239    Nel caso di specie è pacifico che l’infrazione addebitata alle ricorrenti rientra nella categoria di cui al paragrafo 23 degli Orientamenti del 2006, ossia gli accordi orizzontali segreti di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. Pertanto, dal momento che gli Orientamenti del 2006 prevedono un tetto pari del 30%, la Commissione, fissando la percentuale considerata del valore delle vendite al 21%, vale a dire sui valori più alti previsti, ha aderito alle regole da essa stessa fissate negli Orientamenti del 2006.

240    Peraltro, in particolare dai punti 524‑526 della decisione impugnata, risulta che la Commissione ha debitamente tenuto conto dei fattori elencati al paragrafo 22 degli Orientamenti del 2006, cioè, oltre che della natura dell’infrazione, della quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, comprendente la totalità del mercato, dell’estensione geografica dell’infrazione corrispondente per lo meno al SEE e della circostanza che l’intesa è stata attuata.

241    A tale proposito, relativamente agli argomenti delle ricorrenti secondo cui gli accordi sarebbero stati attuati solo parzialmente e l’intesa non avrebbe mai interessato tutti i partecipanti per tutti gli aspetti (v. anche il quarto, quinto e sesto motivo), occorre constatare che, al punto 530 della decisione impugnata, la Commissione ha correttamente osservato che, ai fini della valutazione della gravità, era sufficiente stabilire che era stata data attuazione in generale alle pratiche illecite, prescindendo dal fatto che vi fossero stati episodi particolari in cui non è stata data attuazione a tali pratiche, dato che questi ultimi potevano essere presi in considerazione come circostanze attenuanti. Orbene, ai punti 370‑373 della decisione impugnata, la Commissione ha dimostrato che l’infrazione era stata attuata in modo generale. L’affermazione delle ricorrenti secondo cui almeno due imprese su cinque avrebbero dato un’adesione in larga parte di mera forma all’intesa, che nulla suffraga, anche qualora fosse esatta, non sarebbe comunque idonea a rimettere in discussione le valutazioni effettuate dalla Commissione riguardo all’esistenza dell’infrazione, alla sua gravità nella fattispecie e, quindi, alla percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione per determinare l’importo di base dell’ammenda.

242    Di conseguenza, avendo fissato, in applicazione degli Orientamenti del 2006, al 21% la percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione per la determinazione dell’importo di base dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti, la Commissione non ha oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale. L’argomento delle ricorrenti secondo cui detta percentuale sarebbe eccessiva deve pertanto essere respinto.

243    Relativamente, in secondo luogo, all’argomento delle ricorrenti in base a cui, dato che la partecipazione dell’EniChem all’intesa è cessata dopo l’ottobre 2000, il fatturato di riferimento non potrebbe essere quello del 2001, ma dovrebbe essere quello del 1999 o, al massimo, del 2000, va rammentato che la presa in considerazione del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’anno di riferimento, vale a dire l’ultimo anno completo del periodo di infrazione stabilito, consente di valutare le dimensioni e la potenza economica di ogni impresa nonché l’entità dell’infrazione commessa da ciascuna di esse, elementi questi di cui si deve tener conto per valutare la gravità dell’infrazione commessa da ciascuna impresa (v. sentenza del Tribunale del 30 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, T‑175/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 143 e giurisprudenza ivi citata).

244    Al paragrafo 13 degli Orientamenti del 2006 è difatti indicato quanto segue:

«Al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o [dei] servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce (…), realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE). In linea di massima la Commissione prenderà come riferimento le vendite realizzate dall’impresa nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione (di seguito “il valore delle vendite”)».

245    Nel caso di specie, dall’analisi del quarto e del sesto motivo risulta che la Commissione ha, giustamente, considerato che l’EniChem/Polimeri Europa aveva partecipato all’intesa fino al 13 maggio 2002. Di conseguenza, tenendo conto delle vendite di CR realizzate dalle ricorrenti all’interno del SEE nel corso dell’anno completo terminato il 31 dicembre 2001, ossia l’ultimo anno completo del periodo di infrazione stabilito, la Commissione ha seguito le regole che essa stessa si è imposta negli Orientamenti del 2006 e, quindi, non è andata al di là dei limiti del suo potere discrezionale. L’argomento delle ricorrenti deve pertanto essere respinto.

246    Relativamente, in terzo luogo, all’argomento delle ricorrenti secondo cui l’importo supplementare del 20% del valore delle vendite, a fini di dissuasione, non avrebbe dovuto essere inflitto o, in subordine, avrebbe dovuto collocarsi sull’estremo inferiore della forchetta di valori a disposizione, si deve ricordare che il paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006 è così formulato:

«(…) [L]a Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite (…) al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. (…) Per decidere la proporzione del valore delle vendite da considerare in un determinato caso, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, fra cui in particolare quelli indicati al p[aragraf]o 22».

247    Inserendo detto importo supplementare nell’importo di base dell’ammenda, la Commissione mira in tal modo a dissuadere altre imprese dal mettere in atto comportamenti contrari all’articolo 81 CE o dal persistere in essi, vale a dire si propone di garantire l’effetto dissuasivo generale dei suoi atti, al di là delle sole imprese condannate con una decisione. Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, tale importo supplementare si differenzia quindi, da un lato, dalla parte dell’importo di base di cui paragrafi 21‑23 degli Orientamenti del 2006 (proporzione del valore delle vendite determinata in funzione del livello di gravità dell’infrazione) e, dall’altro, da quella considerata al paragrafo 24 dei citati Orientamenti (durata della partecipazione di ciascuna impresa all’infrazione). Si aggiunga che, siccome l’applicazione del paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006 costituisce l’espressione della fase specifica nel calcolo dell’importo dell’ammenda destinata ad articolare la valutazione delle circostanze rilevanti ai fini della realizzazione dell’effetto dissuasivo generale dell’ammenda, essa non ha l’effetto di punire le imprese due volte per le medesime ragioni, poiché l’unica sanzione imposta è l’ammenda da ultimo inflitta e non le fasi costitutive del suo calcolo.

248    A tale proposito è importante notare che la giurisprudenza aveva finora riconosciuto che l’esigenza di garantire la dissuasione, la quale è uno scopo dell’ammenda, costituisce un obbligo generale cui deve attenersi la Commissione per tutta la fase del calcolo dell’ammenda, ma che detta necessità di dissuasione non esigeva necessariamente che tale calcolo fosse caratterizzato da una fase specifica destinata ad una valutazione complessiva di tutte le circostanze pertinenti ai fini del conseguimento di tale obiettivo (v., in tal senso, sentenza Carbone Lorraine/Commissione, punto 233 supra, punto 131, e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, per tener conto di siffatta finalità di dissuasione, la Commissione ha ormai definito, negli Orientamenti del 2006, una fase specifica volta a prendere in considerazione, nella determinazione dell’importo di base dell’ammenda, la dissuasione in generale. Procedendo in tal modo essa ha soltanto, conformemente alla giurisprudenza, disciplinato ulteriormente il suo potere discrezionale.

249    Nel caso di specie, come risulta dal punto 537 della decisione impugnata, avendo fissato l’importo supplementare tenendo conto, segnatamente, dei fattori di cui al paragrafo 22 degli Orientamenti del 2006, la Commissione ha quindi semplicemente seguito le regole che essa stessa si è imposta negli Orientamenti del 2006. Inoltre, contrariamente alla tesi sostenuta dalle ricorrenti, detto importo supplementare non è soggetto al limite del 30% previsto al paragrafo 21 degli Orientamenti del 2006, il quale riguarda la determinazione della proporzione del valore delle vendite considerata sulla base dei paragrafi 22 e 23 di tali Orientamenti. Al contrario, dal paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006 emerge che il citato importo supplementare a portata dissuasiva generale, il quale può essere incluso nell’importo di base, corrisponde ad una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite. Pertanto, fissandolo al 20% del valore delle vendite, la Commissione ha quindi semplicemente seguito le regole che essa stessa si è imposta negli Orientamenti del 2006.

250    Conseguentemente, avendo fissato, in applicazione degli Orientamenti del 2006, l’importo supplementare da includere nell’importo di base dell’ammenda al 20% del valore delle vendite, la Commissione non è andata al di là dei limiti del suo potere discrezionale.

251    Peraltro, quanto al richiamo delle ricorrenti al principio di equità al fine di contestare l’applicazione concreta del paragrafo 25 degli Orientamenti alla loro situazione, ciò equivale, in sostanza, a chiedere al Tribunale di esercitare la sua competenza a conoscere della legittimità e del merito. Tuttavia, tenuto conto della circostanza che la Commissione non ha oltrepassato nel caso di specie i limiti del suo potere discrezionale, occorre respingere tale domanda.

252    Relativamente, in quarto luogo, al fattore relativo alla durata dell’infrazione, gli Orientamenti del 2006, al paragrafo 24, così precisano:

«Per tenere pienamente conto della durata della partecipazione di ciascuna impresa all’infrazione, l’importo determinato in funzione del valore delle vendite (…) sarà moltiplicato per il numero di anni di partecipazione all’infrazione. I periodi di durata inferiore a un semestre saranno contati come metà anno, quelli di durata superiore a sei mesi, ma inferiore a un anno, saranno contati come un anno intero».

253    Nel caso di specie, dall’analisi del quarto e del sesto motivo risulta che la Commissione ha correttamente considerato che l’EniChem/Polimeri Europa aveva partecipato all’intesa dal 13 maggio 1993 al 13 maggio 2002, ossia durante un periodo d’infrazione pari a nove anni. Di conseguenza, moltiplicando, in applicazione degli Orientamenti del 2006, l’importo di partenza per un fattore pari a 9 al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti, la Commissione ha semplicemente seguito le regole che essa stessa si è imposta negli Orientamenti del 2006 e, quindi, non è andata al di là dei limiti del suo potere discrezionale. Ne deriva che l’argomento delle ricorrenti deve essere respinto.

254    Da quanto precede risulta che il settimo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sull’ottavo motivo, relativo ad una violazione del principio di proporzionalità e ad una carenza di motivazione della decisione impugnata attinente agli adeguamenti dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva, di circostanze attenuanti e per garantire l’effetto dissuasivo

 Sulla prima parte, relativa alla circostanza aggravante della recidiva

–       Richiamo del testo della decisione impugnata

255    Con riferimento alla recidiva, ai punti 540 e 541 della decisione impugnata, la Commissione si è così espressa:

«(540) All’epoca dell’infrazione, Bayer ed Eni[C]hem erano già state destinatarie di precedenti decisioni della Commissione concernenti attività di cartello (…) Il fatto che le imprese abbiano ripetuto lo stesso tipo di comportamento nello stesso settore o in settori diversi da quello nei quali in precedenza erano state loro inflitte sanzioni, dimostra che le prime sanzioni non le avevano indotte a cambiare comportamento. Ciò costituisce una circostanza aggravante. Tenuto conto del fatto che Eni e Bayer sono recidive, questa circostanza aggravante giustifica una maggiorazione del 60% dell’importo di base dell’ammenda da infliggere a Eni e una maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda da infliggere a Bayer.

(541) Per replicare alle argomentazioni avanzate da [riservato] e Polimeri [Europa] nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti, si deve osservare che è irrilevante che la nuova infrazione sia stata commessa in un diverso settore industriale o relativamente a un prodotto diverso, poiché è sufficiente che la medesima impresa sia già stata sanzionata per infrazioni simili (…) La condizione che le infrazioni debbano essere “simili” è soddisfatta, in quanto le precedenti decisioni citate e la presente decisione riguardano la ripartizione del mercato e la concertazione sui prezzi. La condizione secondo cui il “soggetto” deve essere lo stesso è soddisfatta allorché è la medesima impresa che commette le infrazioni in questione. Non è necessario che le entità giuridiche all’interno dell’impresa, i prodotti e il personale siano gli stessi per tutte le decisioni (…) In ogni caso, le riorganizzazioni interne non possono influire in alcun modo sulla valutazione della sussistenza di questa circostanza aggravante».

–       Argomenti delle parti

256    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione non poteva applicare loro la circostanza aggravante della recidiva perché farebbe difetto il requisito dell’identità tra le imprese autrici delle precedenti infrazioni e quelle oggetto della decisione di cui è causa. Inoltre, le infrazioni commesse sui mercati del polipropilene e del cloruro di polivinile (in prosieguo: il «PVC»), citate dalla Commissione a tale proposito, costituirebbero una sola e stessa infrazione e non due. Infine, le ricorrenti asseriscono che la Commissione non può addebitare loro la recidiva considerato il tempo trascorso fra le infrazioni precedenti e quella commessa sul mercato del CR: un lasso di tempo di oltre dieci anni tra comportamenti anticoncorrenziali ripetuti renderebbe ingiustificata l’applicazione dell’istituto della recidiva. La decisione impugnata dovrebbe pertanto essere annullata nella parte in cui infligge alle ricorrenti una maggiorazione dell’importo della sanzione del 60% a causa della recidiva. In subordine, la maggiorazione dovrebbe essere in una percentuale ampiamente inferiore.

257    Quindi, in primo luogo, non si potrebbe imporre alcun aumento dell’importo dell’ammenda all’Eni, poiché quest’ultima non sarebbe recidiva, non essendo stata, prima della decisione impugnata, mai destinataria di alcuna decisione di infrazione. Ai fini dell’applicazione della nozione di recidiva, che è un istituto di diritto penale, nel contesto del diritto della concorrenza dell’Unione, è di nodale importanza l’individuazione del soggetto che abbia materialmente commesso l’infrazione contestata. Orbene, l’autore sarebbe l’impresa ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione, ossia l’insieme di elementi materiali ed umani. Le decisioni citate dalla Commissione, ossia la sua decisione 86/398/CEE, del 23 aprile 1986, relativa ad un procedimento d’applicazione dell’articolo [81 CE] (IV/31.149 – Polipropilene) (GU L 230, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Polipropilene»), e la sua decisione 94/599/CE, del 27 luglio 1994, relativa ad un procedimento d’applicazione dell’articolo [81 CE] (IV/31.865 – PVC) (GU L 239, pag. 14; in prosieguo: la «decisione PVC II»), sono state indirizzate rispettivamente all’EniChem Anic e all’EniChem, per fatti risalenti a 25 anni prima in cui l’Eni non sarebbe mai stata coinvolta. Applicare la recidiva nei confronti dell’Eni violerebbe pertanto i diritti della difesa dell’Eni, il principio di responsabilità personale e il principio di certezza del diritto. L’Eni, infatti, non avrebbe potuto discolparsi dalla responsabilità per il comportamento delle sue controllate, eventualmente vincendo la presunzione iuris tantum secondo la quale avrebbe avuto un’influenza determinante sulla loro politica commerciale. Far valere a posteriori la presunzione assoluta d’influenza determinante equivarrebbe a rendere non superabile detta presunzione, dotandola di un effetto retroattivo.

258    In secondo luogo, nessuna maggiorazione di sanzione potrebbe essere inflitta alla Polimeri Europa, poiché essa non è il successore dell’EniChem o dell’EniChem Anic e non è mai stata responsabile per le attività relative al PVC e al polipropilene che, si aggiunga, sono state cedute rispettivamente ad una società terza e ad una società comune prima della costituzione della Polimeri Europa. In mancanza di qualsivoglia legame, se non l’appartenenza ad un gruppo – la cui holding non potrebbe essere considerata recidivante –, i principi di successione giuridica o di successione economica non sarebbero applicabili né alla Polimeri Europa, né all’EniChem, né all’EniChem Anic. La chiusura del procedimento nei confronti della [riservato], successore giuridico dell’EniChem e dell’EniChem Anic, avrebbe reso impossibile qualunque connessione fra i vecchi illeciti e quello di cui si verte.

259    In terzo luogo, nell’ipotesi contestata in cui si potesse imputare la recidiva a carico della Polimeri Europa, la Commissione avrebbe dovuto tener conto di un solo precedente illecito, e non di due, in quanto le infrazioni commesse sui mercati del polipropilene e del PVC si sono verificate nella stessa epoca – tra la fine degli anni ‘70 e gli anni 1983‑1984. L’aumento inflitto a tale titolo andrebbe pertanto ridotto.

260    In quarto luogo, poiché i comportamenti illeciti per i quali l’EniChem e l’EniChem Anic sono state sanzionate erano cessati almeno dieci anni prima dell’inizio dell’infrazione sul mercato del CR, e dato che erano trascorsi circa venti anni fra l’adozione delle due decisioni precedenti e quella della decisione impugnata, la Commissione non avrebbe potuto tenerne conto, relativamente alla circostanza aggravante della recidiva, senza così violare i principi di proporzionalità e di certezza del diritto. Un lasso di tempo sufficientemente significativo sarebbe idoneo ad escludere qualsiasi propensione a comportamenti anticoncorrenziali. In proposito le ricorrenti contestano che sia stata presa in considerazione la decisione PVC II, posteriore di sei anni alla decisione 89/191/CEE della Commissione, del 21 dicembre 1988, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo [81 CE] (IV/31.866 – PEBD) (GU 1989, L 74, pag. 21; in prosieguo: la «decisione PVC I»), adottata per sanare un vizio procedurale gravissimo della decisione PVC I di cui la Commissione stessa sarebbe stata responsabile. Le ricorrenti, avvalendosi dell’articolo 5, paragrafo 3, CE (relativo alla proporzionalità degli atti della Comunità) e rilevando che i comportamenti pregressi non sono loro imputabili e sono prescritti, sostengono che, sebbene la giurisprudenza non obietti all’assenza di un termine di prescrizione per l’applicazione della recidiva, essa non può tuttavia avere carattere perpetuo.

261    Inoltre, rinviando alla sentenza del Tribunale del 18 giugno 2008, Hoechst/Commissione (T‑410/03, Racc. pag. II‑881; in prosieguo: la «sentenza Hoechst»), nella quale una maggiorazione del 50% per tre comportamenti anticoncorrenziali pregressi era stata considerata proporzionata dal Tribunale, le ricorrenti fanno valere che un aumento del 60% per solamente due decisioni precedenti, come nel caso di specie, non lo è.

262    La Commissione ritiene che la presente parte dell’ottavo motivo non sia fondata. Essa pone in evidenza segnatamente che, nella misura in cui varie società, le quali non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato, costituiscano un’entità economica e un’impresa ai sensi dell’articolo 81 CE, la giurisprudenza consente alla Commissione d’imporre un’ammenda alla società madre per le infrazioni commesse dalle sue controllate. La Commissione avrebbe quindi considerato a giusto titolo, ai punti 540‑542 della decisione impugnata, che la stessa impresa era già stata condannata per il medesimo tipo di infrazione. La Commissione avrebbe quindi potuto tenere conto delle due infrazioni relative al polipropilene e al PVC, constatate con decisioni adottate rispettivamente nel 1986 e nel 1994, per applicare un aumento del 60% all’importo dell’ammenda da imporre per una nuova infrazione iniziata nel 1993 e protrattasi fino al 2002. Inoltre, contrariamente alla tesi sostenuta dalle ricorrenti, si tratterebbe effettivamente di due infrazioni, non prescritte, commesse nello stesso periodo e sarebbero trascorsi meno di dieci anni tra gli accertamenti di infrazioni, i soli pertinenti, e la reiterazione di un comportamento illecito.

–       Giudizio del Tribunale

263    Occorre sottolineare che la maggiorazione dell’ammenda a titolo di recidiva è dovuta alla necessità di reprimere le violazioni reiterate delle regole di concorrenza da parte della medesima impresa (sentenza Lafarge/Commissione, punto 151 supra, punto 61).

264    Secondo la giurisprudenza, un’eventuale recidiva rientra fra gli elementi da prendere in considerazione in sede di analisi della gravità dell’infrazione di cui trattasi (sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, punto 89 supra, punto 91, e Lafarge/Commissione, punto 151 supra, punto 63)

265    Dunque, conformemente al paragrafo 28 degli Orientamenti del 2006:

«L’importo di base dell’ammenda può essere aumentato qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze aggravanti, come nei casi seguenti:

– quando un’impresa continua o ripete la stessa infrazione o un’infrazione simile dopo che la Commissione o un’autorità nazionale garante della concorrenza abbiano constatato che tale impresa ha violato le disposizioni dell’articolo 81 [CE] o 82 [CE]. L’importo di base sarà aumentato fino al 100% ogni volta che venga accertata una infrazione di questo tipo;

(…)».

266    Secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto della concorrenza dell’Unione non autorizza la Commissione a tenere conto di una recidiva senza limiti di tempo. Il principio di proporzionalità esige che il tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e una violazione precedente delle regole di concorrenza venga preso in considerazione per valutare la propensione dell’impresa a sottrarsi a tali regole. Nell’ambito del sindacato giurisdizionale esercitato sugli atti della Commissione in materia di diritto della concorrenza il Tribunale può quindi essere chiamato a valutare se la Commissione abbia rispettato tale principio allorché ha maggiorato, a titolo di recidiva, l’importo dell’ammenda inflitta e, segnatamente, se detta maggiorazione fosse necessaria con riferimento, in particolare, al periodo di tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e la precedente violazione delle regole di concorrenza (sentenza Lafarge/Commissione, punto 151 supra, punti 70 e 73).

267    Si deve anche rammentare che, da un lato, nello stabilire l’importo dell’ammenda, e segnatamente nella constatazione e nella valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva, la Commissione dispone di un potere discrezionale (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, Lafarge/Commissione, T‑54/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 735) e, dall’altro, la precedente prassi decisionale della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, punto 74 supra, punto 233).

268    Per quanto riguarda, in primo luogo, la recidiva nei confronti dell’Eni, occorre rilevare che la nozione di recidiva, come è intesa in un certo numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che una persona abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stata punita per violazioni analoghe (sentenze del Tribunale dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, Racc. pag. II‑347, punto 617; Groupe Danone/Commissione, punto 152 supra, punto 362, e Hoechst, punto 261 supra, punto 450).

269    Come ricordato ai punti 53 e 54 supra, nell’ambito del diritto della concorrenza la nozione d’impresa dev’essere intesa nel senso ch’essa si riferisce ad un’unità economica dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo, anche se sotto il profilo giuridico quest’unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche. Qualora un ente di tal genere violi le regole della concorrenza, esso è tenuto, secondo il principio di responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione. Tuttavia la violazione del diritto della concorrenza dell’Unione deve essere imputata inequivocabilmente ad una persona giuridica passibile di un’ammenda. Secondo costante giurisprudenza il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche. Ciò si verifica perché, in tale situazione, la società controllante e la propria controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa ai sensi dell’articolo 81 CE, il che consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione.

270    È certo corretto che, come osservato dalla Commissione, il Tribunale, nella sua sentenza del 30 settembre 2003, Michelin/Commissione (T‑203/01, Racc. pag. II‑4071, punto 290), ha considerato che, quando due controllate sono detenute direttamente o indirettamente al 100% (o quasi al 100%) dalla medesima società controllante, è lecito concludere ragionevolmente che tali controllate non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato e costituiscono con la loro società controllante un’entità economica e quindi un’impresa ai sensi degli articoli 81 CE e 82 CE. Di conseguenza, si può tenere conto dell’infrazione anteriore commessa da una delle controllate del gruppo al fine di provare la circostanza aggravante della recidiva nei confronti di un’altra controllata di tale gruppo.

271    Ciò nondimeno, come fatto presente al punto 56 supra, il comportamento illecito di una controllata del genere detenuta al 100% (o quasi al 100%) può essere imputato alla sua società controllante, e la Commissione potrà legittimamente considerare la società controllante come in solido responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, solamente allorché la società controllante non rovescia la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata stabilita dalla giurisprudenza summenzionata. Infatti, come recentemente rammentato dalla Corte, detta presunzione è relativa (v., in tal senso, sentenza della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, punti 60 e 61 nonché giurisprudenza ivi citata).

272    Orbene, nel caso di specie è necessario constatare che, nel contesto dei procedimenti citati nella decisione impugnata per dimostrare l’esistenza della recidiva nei confronti dell’Eni, quelli cioè all’origine delle decisioni Polipropilene e PVC II (v. punto 257 supra) (v. nota a piè di pagina n. 517 della decisione impugnata), la Commissione non ha sostenuto né ha provato che le società interessate dalle decisioni in parola, cioè, rispettivamente, l’Anic SpA e l’EniChem, non avevano determinato in modo autonomo il loro comportamento sul mercato in causa nel corso dei periodi d’infrazione considerati e che esse costituivano quindi con la loro società controllante Eni un’entità economica e pertanto un’impresa ai sensi degli articoli 81 CE e 82 CE. La Commissione, infatti, ha constatato un’infrazione unicamente nei confronti di dette controllate e non nei confronti della loro società controllante. Come reso noto dalle ricorrenti, senza essere contraddette dalla Commissione, l’Eni non è stata sentita nell’ambito del procedimento amministrativo sfociato nell’adozione delle menzionate decisioni.

273    Il principio del rispetto dei diritti della difesa esclude tuttavia che possa essere considerata lecita una decisione con cui la Commissione impone ad un’impresa un’ammenda in materia di concorrenza senza averle preventivamente comunicato gli addebiti che le vengono mossi. È parimenti importante che la comunicazione degli addebiti indichi in che qualità ad un’impresa sono contestati i fatti addebitati (sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, punto 114 supra, punti 37 e 39, e sentenza della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, punto 57).

274    Non può pertanto ammettersi che la Commissione possa considerare, nello stabilire la circostanza aggravante della recidiva nei confronti dell’Eni, che l’Eni debba essere ritenuta responsabile di un’infrazione precedente, per cui essa non è stata sanzionata con una decisione della Commissione, e nel contesto del cui accertamento non è stata destinataria di una comunicazione degli addebiti, cosicché non è stata posta in condizione di presentare i propri argomenti per contestare l’eventuale esistenza in capo ad essa di un’unità economica con altre imprese − l’Anic e l’EniChem nella fattispecie − al momento dell’infrazione precedente.

275    Di conseguenza l’infrazione constatata all’articolo 1 della decisione impugnata non può essere considerata come una recidiva nei confronti dell’Eni.

276    Ciò nonostante, come constatato nell’ambito dell’analisi del primo motivo, all’Eni è stato addebitato il comportamento illecito della Polimeri Europa sulla base di una presunzione secondo cui l’Eni, siccome deteneva la totalità del capitale della Polimeri Europa, avrebbe esercitato un’influenza determinante sul comportamento di quest’ultima. Inoltre, al punto 73 supra, è stato constatato che le ricorrenti non erano state in grado di confutare tale presunzione, fornendo sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che le controllate dell’Eni, compresa la Polimeri Europa, si comportavano in maniera autonoma sul mercato in parola. Orbene, in siffatte condizioni, secondo la giurisprudenza, la Commissione potrà ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata (sentenza della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, punto 61). La responsabilità in solido della società controllante deve essere intesa come estesa all’importo finale dell’ammenda inflitta alla controllata. Di conseguenza, la circostanza che non possa essere constatata nei confronti dell’Eni alcuna recidiva non può, di per sé, comportare l’annullamento della decisione impugnata o la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta, dal momento che una constatazione della recidiva nei confronti della Polimeri Europa è sufficiente a giustificare la maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo della recidiva accolta dalla Commissione nella decisione impugnata.

277    Riguardo, in secondo luogo, alla recidiva nei confronti della Polimeri Europa, occorre notare che, contrariamente a quanto asseriscono le ricorrenti, non può ritenersi che le infrazioni commesse sui mercati del polipropilene e del PVC costituiscano una sola e medesima infrazione. Le ricorrenti stesse ammettono che si trattava di due mercati diversi e tali comportamenti sono stati oggetto di due decisioni della Commissione le quali constatano a loro volta l’esistenza di due infrazioni all’articolo 81 CE.

278    Quindi, anzitutto, con riferimento all’infrazione riscontrata nella decisione PVC II (v. punto 257 supra), si deve rilevare, come constatato nell’ambito dell’analisi del terzo motivo, che la Polimeri Europa è il successore economico dell’EniChem (divenuta [riservato]) e ad essa è stata correttamente addebitata la responsabilità dell’infrazione commessa nel periodo compreso fra il 13 maggio 1993 e il 31 dicembre 2001 a causa della continuità economica sussistente tra essa e la società cedente coinvolta nell’intesa, ossia l’EniChem.

279    Orbene, l’EniChem è già stata oggetto di una condanna nel 1994 nel contesto della decisione PVC II e ha reiterato un comportamento illecito sul mercato del CR. Conseguentemente la persona giuridica interessata dalla decisione PVC II e che ha partecipato direttamente all’infrazione constatata dalla decisione impugnata è la medesima. Tale reiterazione di un comportamento illecito testimonia una propensione dell’EniChem a non trarre le opportune conseguenze dall’accertamento, nei suoi confronti, di un’infrazione alle regole della concorrenza dell’Unione. Come giustamente rilevato dalla Commissione, riorganizzazioni interne non possono influire in alcun modo sulla valutazione della sussistenza di questa circostanza aggravante.

280    In tale contesto nulla ostava a che la Commissione si basasse sulla decisione PVC II (v. punto 257 supra) al fine di constatare la recidiva della Polimeri Europa, successore economico dell’EniChem, per aumentare, nel caso di specie, l’importo dell’ammenda per il cui pagamento l’Eni è responsabile in solido.

281    Riguardo poi all’infrazione constatata nella decisione Polipropilene (v. punto 257 supra), va rammentato che, nella sentenza del 2 ottobre 2003, Aristrain/Commissione (C‑196/99 P, Racc. pag. I‑11005, punto 99), la Corte ha considerato che il semplice fatto che il capitale sociale di due società commerciali distinte appartenga a un medesimo soggetto non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza, tra tali due società, di un’unità economica per effetto della quale, in virtù della normativa dell’Unione in materia di concorrenza, i comportamenti dell’una possano essere imputati all’altra. Si ricordi altresì che, per quanto, nella sentenza Michelin/Commissione, punto 270 supra, il Tribunale abbia considerato che, qualora le due controllate siano detenute dalla medesima società controllante, è lecito tenere conto dell’infrazione precedente commessa da una di tali controllate al fine di provare la circostanza aggravante della recidiva nei confronti dell’altra, in base alla sentenza della Corte Akzo Nobel, punto 53 supra, la società controllante può essere ritenuta responsabile per il comportamento infrattivo della sua controllata detenuta al 100% soltanto quando detta società controllante non rovescia la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante sulla politica commerciale della sua controllata (v. punti 270 e 271 supra). Nel caso di specie, siccome l’Eni non era destinataria della decisione Polipropilene (v. punto 257 supra), essa non è stata posta in condizione di presentare i propri argomenti per contestare l’eventuale esistenza in capo ad essa di un’unità economica con l’Anic, destinataria della menzionata decisione. Non è quindi possibile reputare che al momento della constatazione dell’infrazione nei confronti dell’Anic nella decisione Polipropilene detta società costituisse un’impresa con la società controllante Eni (v. punti 272‑274 supra). Di conseguenza, la circostanza che l’Eni e la Polimeri Europa possano essere considerate come facenti parte di una stessa impresa al momento dell’infrazione constatata nella decisione impugnata non può essere sufficiente per tenere conto dell’infrazione commessa dall’Anic nell’accertamento della circostanza aggravante della recidiva nei confronti della Polimeri Europa.

282    Da quanto esposto deriva che la Commissione non poteva basarsi sulla decisione Polipropilene (v. punto 257 supra) per constatare la recidiva della Polimeri Europa e che unicamente l’infrazione censurata nella decisione PVC II (v. punto 257 supra) poteva essere fatta valere nei riguardi della Polimeri Europa quale circostanza aggravante di recidiva. Su tale punto la decisione impugnata è quindi affetta da illegittimità.

283    Relativamente, in terzo luogo, all’argomento vertente su di una violazione dei principi di proporzionalità e di certezza del diritto a causa del lasso di tempo trascorso fra i comportamenti illeciti precedenti addebitati all’EniChem e l’infrazione oggetto della decisione impugnata, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, la constatazione e la valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva rientrano nel potere discrezionale della Commissione e quest’ultima non può essere vincolata ad un eventuale termine di prescrizione per una constatazione del genere (sentenza del Tribunale del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, T‑161/05, pag. II‑3555, punto 141). Tuttavia, benché non sussistano termini di prescrizione ostativi alla constatazione da parte della Commissione di una situazione di recidiva, ciò nondimeno, conformemente al principio di proporzionalità, la Commissione non può prendere in considerazione una o più decisioni precedenti, le quali sanzionano un’impresa, senza limiti di tempo (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, punto 151 supra, punti 70 e 73).

284    Nel caso di specie, da un lato occorre notare che la Commissione, per sostenere la recidiva, si è basata sulla circostanza che nei confronti delle ricorrenti era stata constatata un’infrazione, il 27 luglio 1994, nella decisione PVC II. Dall’altro, è necessario rilevare che l’infrazione oggetto della decisione impugnata è iniziata il 13 maggio 1993, e ciò significa che l’EniChem, procedendo a detta nuova infrazione, ha continuato le attività illecite senza interruzione malgrado una condanna. In tale contesto la considerazione da parte della Commissione, ai fini della recidiva, di un’infrazione constatata tredici anni prima dell’adozione della decisione impugnata non può essere ritenuta una violazione dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità.

285    Quanto all’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione si sarebbe basata, ai fini della recidiva, sulla decisione PVC II per dissimulare il fatto che l’infrazione constatata nella citata decisione era già terminata nel 1984 e che la Commissione avrebbe dovuto tenere conto della data di adozione della decisione PVC I, ossia il 21 dicembre 1988, esso non può essere accolto. Da un lato, il Tribunale ha già confermato che, anche se la decisione PVC II, adottata dalla Commissione a seguito dell’annullamento della decisione PVC I, riprende in gran parte gli elementi di fatto di quest’ultima decisione, essa se ne differenzia, in particolare, rispetto alla durata dell’infrazione e alle ammende inflitte, e che pertanto non si tratta di decisioni identiche (sentenza Hoechst, punto 261 supra, punto 465). D’altro lato, anche qualora l’argomento delle ricorrenti dovesse essere accolto, sarebbe necessario concludere che sono trascorsi 19 anni fra la constatazione dell’infrazione nella decisione PVC I e la constatazione della nuova infrazione nella decisione impugnata e che sono trascorsi soltanto quattro anni e mezzo fra la constatazione dell’infrazione nella decisione PVC I e l’inizio della nuova infrazione. Orbene, l’esistenza di siffatti intervalli temporali fra le date in questione non può considerarsi una violazione dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza della Corte dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, Racc. pag. I‑1331, punto 40).

286    Per quanto riguarda il tasso di maggiorazione applicata nel caso di specie, da nessun elemento della decisione impugnata emerge che la constatazione, da parte della Commissione, del fatto che la recidiva discende da due precedenti infrazioni avesse determinato un aumento dell’ammenda superiore a quello che sarebbe stato applicato nel caso in cui fosse stato rilevato un unico precedente. In ogni caso, non necessariamente sussiste un nesso fra il numero d’infrazioni precedenti e la percentuale di maggiorazione dell’importo dell’ammenda applicata a titolo di recidiva (v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, punto 152 supra, punto 366, e Hoechst, punto 261 supra, punto 470). Per questo motivo la sola circostanza che, in un’altra decisione non concernente le ricorrenti, la Commissione avrebbe maggiorato un importo di base del 50% a causa della recidiva sulla base di tre constatazioni d’infrazioni precedenti non comporta che avrebbe avuto l’obbligo di applicare una percentuale di maggiorazione inferiore al 50% nella decisione impugnata. Pertanto, gli argomenti delle ricorrenti secondo cui la maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo di recidiva dovrebbe essere ridotta devono, alla luce della menzionata giurisprudenza, essere respinti.

287    Dalle suesposte considerazioni risulta che la decisione impugnata è affetta da illegittimità in quanto la Commissione non poteva applicare la circostanza aggravante della recidiva nei confronti dell’Eni. La Commissione non poteva nemmeno basarsi sulla decisione Polipropilene (v. punto 257 supra) al fine di constatare la circostanza aggravante della recidiva nei confronti della Polimeri Europa. Gli argomenti delle ricorrenti relativi alla circostanza aggravante della recidiva devono essere respinti per il resto.

 Sulla seconda parte, relativa alle circostanze attenuanti

–       Richiamo del testo della decisione impugnata

288    Riguardo alle circostanze attenuanti, in primo luogo, la Commissione ha indicato, quanto al ruolo passivo e/o minore, che essa «ammette[va] che il ruolo esclusivamente passivo o “emulativo” di un’impresa nel perpetrare un’infrazione costitui[sse], ove provato, una circostanza attenuante». A suo avviso, «[u]n tale ruolo passivo implica che l’impresa interessata tenga un “profilo basso”, ossia non partecipi attivamente all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali» (v. punto 545 della decisione impugnata). Ai punti 550, 551 e 555 della decisione impugnata, la Commissione, quanto alla [riservato]/Polimeri Europa, ha così precisato:

«(550) (…) [G]li elementi probatori contenuti nel fascicolo indicano che le due aziende hanno partecipato all’infrazione in modo costante, regolare e attivo: la frequenza dei loro contatti con gli altri produttori per tutto il periodo dell’infrazione (…) e soprattutto la loro regolare partecipazione agli incontri tra tutte le aziende concorrenti sono incompatibili con qualsiasi concetto di “spettatore passivo”.

(551) L’affermazione di [riservato] [secondo cui] essa nel prendere parte agli accordi collusivi aveva obiettivi diversi rispetto a quelli degli altri membri del cartello, non toglie nulla alla natura o al ruolo svolto dall’impresa negli accordi stessi. Il ruolo svolto da ciascuna impresa nell’infrazione è definito dalle sue azioni e non dai suoi obiettivi o dalle sue motivazioni. Le prove contenute nel fascicolo dimostrano che [riservato] ha impresso una spinta propulsiva al cartello non solo nella sua ultima fase, quando ad esempio ha negoziato una quota di mercato più elevata per i suoi prodotti di gomma cloroprene (…), ma fin dagli inizi, quando ha deciso d’accordo con i concorrenti di applicare per prima gli aumenti di prezzo in determinati paesi europei (…) Nel fascicolo non vi sono prove che dimostrino che il ruolo svolto da [riservato] all’interno degli accordi di cartello sia cambiato quando Polimeri [Europa] ha rilevato l’attività legata alla gomma cloroprene all’inizio del 2002.

(…)

(555) Quanto alle argomentazioni avanzate da [riservato] e Tosoh, il fatto di non aver svolto un ruolo di capofila non può essere equiparato al ricoprire un ruolo passivo o minore nell’ambito dell’infrazione. Benché la prova che si è ricoperto un ruolo di leader possa, in certi casi, comportare una maggiorazione dell’ammenda inflitta in quanto si tratta di una circostanza aggravante, il fatto di non aver svolto un tale ruolo non costituisce una circostanza attenuante. Per l’intera durata del cartello tutte le imprese destinatarie della presente decisione hanno preso parte, senza eccezioni, in un modo o nell’altro, a ripartizioni del mercato e a fissazioni di prezzi. Pertanto, nessuna di queste imprese presenta caratteristiche distintive tali da giustificare l’attribuzione di un ruolo minore o passivo».

289    In secondo luogo, la Commissione ai punti 561 e 562 della decisione impugnata, quanto alla mancata partecipazione a tutte le pratiche censurate, ha indicato quanto segue:

«(…) [N]on vi è motivo di applicare una riduzione dell’importo dell’ammenda nel caso di un’impresa che non abbia partecipato a tutti gli anni di durata dell’infrazione, dato che di questo viene tenuto conto in relazione alla durata dell’infrazione. (…) In aggiunta a queste considerazioni, dall’indagine è emerso che [riservato]/Polimeri [Europa] ha partecipato ad un’infrazione unica e continuata dal maggio 1993 fino al maggio 2002 (…) Nel corso di questo periodo [riservato]/Polimeri [Europa] ha partecipato a tutti gli elementi del cartello (…), inclusa in particolare l’attuazione degli accordi relativi agli aumenti di prezzo (…) È normale che la Commissione, nel caso di un cartello di lunga durata, disponga di elementi di prova più solidi riguardanti contatti più frequenti tra i membri del cartello per determinati periodi, ma ciò non può portare alla conclusione che i periodi di contatti meno intensi o per i quali sono disponibili minori elementi probatori debbano essere considerati periodi in cui la partecipazione dei membri del cartello era limitata a taluni elementi del cartello stesso. I diversi livelli di intensità non alterano la natura estremamente grave del coinvolgimento e non possono avere, nel caso in oggetto, alcuna incidenza sull’ammenda».

290    In terzo luogo, la Commissione, al punto 567 della decisione impugnata, riguardo alla cessazione dell’infrazione, ha constatato quanto segue:

«(…) [N]on vi è motivo di applicare una riduzione dell’importo dell’ammenda nel caso di un’impresa che non abbia partecipato a tutti gli anni di durata dell’infrazione, dato che di questo viene tenuto conto per stabilire la durata più breve dell’infrazione. Inoltre (…), il fascicolo della Commissione contiene elementi di prova che dimostrano che [riservato]/Polimeri [Europa] ha (...) partecipato ai contatti collusivi fino al maggio del 2002».

291    In quarto luogo, al punto 572 della decisione impugnata, la Commissione si è così espressa circa la mancata attuazione degli accordi: «Risulta evidente dai fatti (…) che (...)[riservato] [ha] dato attuazione quantomeno agli accordi sulle quote di mercato. [riservato] lo ha confermato [riservato] e non ha contestato questa conclusione nella risposta alla comunicazione degli addebiti. (…) Perché vi sia attuazione di accordi di cartello non è necessario che ciascun membro dia attuazione nella stessa misura a ciascun aspetto del cartello. È del tutto normale che ciascun partecipante dia attuazione soltanto ad alcune parti degli accordi, e per di più il raggiro tra partecipanti a un cartello è assai comune». Successivamente, al punto 573 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che essa «è tenuta a riconoscere l’esistenza di una circostanza attenuante nel fatto della mancata attuazione di un cartello solo se l’impresa che fa valere tale circostanza può dimostrare di essersi opposta chiaramente e considerevolmente all’attuazione di tale cartello, al punto di aver perturbato il funzionamento stesso di quest’ultimo e di non aver aderito all’accordo apparentemente istigando altre imprese ad attuare l’intesa». Inoltre, «[l]a conclusione, non contestata, della Commissione su questo aspetto è (…) che gli accordi sono stati attuati» (v. punto 574 della decisione impugnata). Infine, al punto 575 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che la [riservato]/Polimeri Europa «[non aveva] dimostrato di essersi oppost[a] chiaramente e considerevolmente all’attuazione del cartello, al punto di aver perturbato il funzionamento stesso di quest’ultimo; quest[a] impres[a] non [aveva] neppure evitato di dare l’impressione di aderire all’accordo in modo da non istigare altre imprese ad attuare l’intesa». La Commissione ha concluso che, «[d]al momento che non [aveva] chiaramente preso le distanze dalle decisioni prese durante le riunioni anticoncorrenziali alle quali [aveva] partecipato, tal[e] impres[a] manten[eva] la piena responsabilità per la partecipazione al cartello».

–       Argomenti delle parti

292    A parere delle ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto riconoscere loro il beneficio di circostanze attenuanti, alla luce del ruolo passivo o minore svolto dall’EniChem (divenuta [riservato]) e dalla Polimeri Europa, data la loro partecipazione limitata a taluni elementi dell’infrazione, la cessazione dell’infrazione e la mancata attuazione degli accordi.

293    In particolare, il fascicolo amministrativo della Commissione conterrebbe numerosi elementi a riprova del fatto che la partecipazione dell’EniChem all’intesa in causa è stata sostanzialmente marginale, ai sensi del punto 29, terzo trattino, degli Orientamenti del 2006, ossia, segnatamente, in primo luogo, il numero limitato di riunioni cui l’EniChem (divenuta [riservato])/Polimeri Europa ha partecipato rispetto alle altre imprese e rispetto al numero complessivo di riunioni dell’intesa; in secondo luogo, le dichiarazioni degli altri partecipanti all’intesa, in particolare gli altri richiedenti il trattamento favorevole, quanto alla scarsa importanza dell’EniChem sul mercato del CR e al ruolo «veramente subordinato» da quest’utima svolto nel cartello, all’inaffidabilità dell’EniChem (chiamata dai concorrenti la «pecora nera dei prezzi») sul piano dell’attuazione degli accordi e al suo comportamento commerciale aggressivo; in terzo luogo, la mancata attuazione degli accordi sui prezzi; in quarto luogo, il tentativo di incrementare i volumi di vendita in spregio alle quote e, in quinto luogo, l’estraneità ad iniziative di riduzione di capacità. La Commissione non avrebbe addotto elementi probatori a suffragio della sua conclusione secondo la quale l’EniChem avrebbe partecipato all’intesa in modo costante, regolare e attivo. Inoltre, non concedendo una riduzione dell’ammenda a titolo delle circostanze attenuanti alle ricorrenti, in quanto “follower”, da un lato, e non applicando alcun aumento dell’ammenda a titolo delle circostanze aggravanti per la Bayer e la DDE, in quanto capofila dell’intesa, dall’altro, la Commissione avrebbe trattato in modo identico situazioni diverse, in violazione del principio di parità di trattamento.

294    Qualora la mancata partecipazione all’intesa dopo il novembre 2000 non venisse considerata ai fini della riduzione della durata dell’infrazione, detto elemento dovrebbe quantomeno essere valutato quale circostanza attenuante. Identica considerazione dovrebbe ricevere la mancata attuazione degli aumenti di prezzo, del sistema di ripartizione dei mercati e delle riduzioni di capacità della Bayer e della DDE. Le ricorrenti sottolineano la differenza esistente fra la non partecipazione all’infrazione e la partecipazione marginale e rinviano al paragrafo 29 degli Orientamenti del 2006, per rilevare quindi che la dissociazione esplicita rispetto all’intesa non rappresenterebbe una condizione necessaria per l’applicazione della circostanza attenuante in discussione, contrariamente a quanto richiesto dalla Commissione nella decisione impugnata. Qualora così non fosse, l’applicazione della circostanza attenuante verrebbe sottoposta ad un criterio equivalente a quello applicabile per stabilire l’assenza d’infrazione. In ogni caso, anche quest’ultima condizione, non richiesta, di dissociazione esplicita sarebbe soddisfatta dalle ricorrenti.

295    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

–       Giudizio del Tribunale

296    Secondo la giurisprudenza, la concessione di una diminuzione dell’importo di base dell’ammenda a titolo di circostanze attenuanti è necessariamente connessa alle circostanze della specie che possono indurre la Commissione ad escludere che un’impresa partecipante ad un accordo illecito possa avvalersene. Difatti, riconoscere il beneficio di una circostanza attenuante in fattispecie in cui un’impresa sia partecipe di un accordo manifestamente illegittimo, di cui sapesse o non potesse ignorare che costituiva un’infrazione, non deve privare l’ammenda inflitta del suo effetto dissuasivo e pregiudicare l’effetto utile dell’articolo 81, paragrafo 1, CE (v., in tal senso, sentenza della Corte del 9 luglio 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑511/06 P, Racc. pag. I‑5843, punti 104 e 105 nonché giurisprudenza ivi citata).

297    Occorre altresì rammentare come dalla giurisprudenza risulti che gli orientamenti che la Commissione adotta enunciano una norma di comportamento dalla quale l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 233 supra, punti 209 e 210; v. altresì giurisprudenza citata al punto 233 supra), il quale osta a che situazioni analoghe siano trattate in maniera diversa e a che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza della Corte del 15 ottobre 2009, Audiolux e a., C‑101/08, Racc. pag. I‑9823, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

298    Conformemente al paragrafo 29 degli Orientamenti del 2006:

«L’importo di base dell’ammenda può essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti, quali:

–        quando l’impresa interessata fornisce la prova di aver posto fine alle attività illecite immediatamente dopo i primi interventi della Commissione. Questo non si applica agli accordi o alle pratiche di natura segreta (in particolare i cartelli);

–        quando l’impresa fornisce la prova che l’infrazione è stata commessa per negligenza;

–        quando l’impresa fornisce la prova che la propria partecipazione all’infrazione è sostanzialmente marginale dimostrando altresì che, nel periodo in cui ha aderito agli accordi illeciti, non ha di fatto dato loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato; il fatto che un’impresa abbia partecipato a un’infrazione per una durata inferiore rispetto alle altre imprese non costituisce di per sé una circostanza attenuante, in quanto di tale circostanza si è già tenuto conto nella determinazione dell’importo di base;

–        quando l’impresa collabora efficacemente con la Commissione al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole e oltre quanto richiesto dagli obblighi di collaborazione previsti dalla legge;

–        quando il comportamento anticoncorrenziale è stato autorizzato o incoraggiato dalle autorità pubbliche o dalla legge».

299    Come emerge dal paragrafo 29 degli Orientamenti del 2006, la Commissione non ha l’obbligo di prendere sempre in considerazione separatamente ciascuna delle circostanze attenuanti elencate: essa «può» ridurre l’importo di base. Sebbene le circostanze riportate nell’elenco di cui al paragrafo 29 degli Orientamenti del 2006 rientrino senz’altro fra quelle che possono essere considerate dalla Commissione in un determinato caso, quest’ultima non è tenuta ad accordare automaticamente una riduzione supplementare a detto titolo allorché un’impresa presenta elementi tali da indicare l’esistenza di una delle menzionate circostanze, dal momento che l’adeguatezza di un’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base di circostanze attenuanti deve essere valutata da un punto di vista complessivo e tenendo conto dell’insieme delle circostanze rilevanti. Infatti, l’adozione degli Orientamenti non ha privato di rilievo la giurisprudenza precedente, secondo cui la Commissione dispone di un potere discrezionale che le consente di prendere o di non prendere in considerazione taluni elementi all’atto di stabilire l’importo delle ammende che essa intende infliggere, in funzione delle circostanze del caso di specie. Pertanto, in assenza di indicazioni di carattere imperativo negli Orientamenti riguardo alle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione, deve ritenersi che la Commissione abbia conservato un certo margine per valutare in modo globale l’entità di un’eventuale riduzione dell’importo delle ammende in ragione di circostanze attenuanti (v., in tal senso, sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, Racc. pag. II‑2223, punti 274 e 275, e del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punti 472 e 473 nonché giurisprudenza ivi citata).

300    Quanto agli argomenti delle ricorrenti secondo cui la partecipazione dell’EniChem all’infrazione è stata sostanzialmente marginale ai sensi del paragrafo 29, terzo trattino, degli Orientamenti del 2006, va rilevato che il ruolo «esclusivamente passivo o emulativo» di un’impresa nel perpetrare un’infrazione implica, per definizione, che l’impresa interessata adotti un «profilo basso», ossia non partecipi attivamente all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali (sentenza Cheil Jedang/Commissione, punto 158 supra, punto 167). Risulta dalla giurisprudenza che, tra gli elementi idonei a rivelare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un’intesa, si possono annoverare l’evidente sporadicità delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come pure l’esistenza di dichiarazioni espresse quanto al ruolo svolto da tale impresa nell’intesa e rilasciate da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione, tenendo conto del complesso delle circostanze rilevanti nella fattispecie (v. sentenza Cheil Jedang/Commissione, punto 158 supra, punto 168 e giurisprudenza ivi citata).

301    Orbene, nel caso in esame, relativamente, da un lato, al periodo compreso fra l’inizio del 1994 e ottobre 2000, occorre rilevare che l’EniChem/Polimeri Europa ha partecipato ad un numero non trascurabile di riunioni dell’intesa, il cui carattere anticoncorrenziale è stato dimostrato. Si deve infatti notare che le ricorrenti riconoscono espressamente che, «[riservato]». È d’uopo aggiungere a dette [riservato] riunioni [riservato] dalle ricorrenti le quattro riunioni organizzate a Milano il 19 maggio 1998, il 10 giugno 1998, il 13 aprile 1999 e il 22 marzo 2000, alle quali è provata la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa (v. punti 192 e 194‑196 supra). Ne discende che l’EniChem/Polimeri Europa ha partecipato a[riservato] delle riunioni organizzate nel corso del periodo compreso fra febbraio 1994 (v. punto 125 supra) e ottobre 2000.

302    Inoltre, dai punti 151, 156‑158, 163, 168, 170‑174, 177, 186, 188, 194, 199, 210, 213, 215, 230 e 235 della decisione impugnata risulta che, nel periodo tra febbraio 1994 e ottobre 2000, sono state organizzate 20 riunioni multilaterali di tutti i partecipanti all’intesa. Tenuto conto della circostanza che la Commissione non ha dimostrato la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa alla riunione del [riservato] (v. punto 187 supra), che ne ha provato la partecipazione, contestata, alla riunione del 10 giugno 1998 a Milano (v. punto 194 supra) e che ha riconosciuto, riguardo alla riunione del 7 novembre 1997 a Singapore, che l’EniChem/Polimeri Europa aveva annullato la sua partecipazione all’ultimo minuto (v. punto 210 della decisione impugnata), si deve constatare che l’EniChem/Polimeri Europa ha partecipato alle [riservato] riunioni multilaterali di tutti i partecipanti all’intesa, su di un totale di [riservato], organizzate nel corso del periodo tra febbraio 1994 e ottobre 2000. Considerati detti elementi, non può ritenersi che la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa alle riunioni fosse chiaramente più sporadica rispetto a quella degli altri membri dell’intesa.

303    Con riferimento, d’altro lato, ai periodi compresi fra maggio 1993 e febbraio 1994 e fra ottobre 2000 e maggio 2002, è vero che la partecipazione delle ricorrenti alle riunioni dell’intesa era meno intensa. Infatti, per il periodo compreso fra maggio 1993 e febbraio 1994, la Commissione non ha dimostrato la partecipazione dell’EniChem alle riunioni multilaterali del 13 luglio a Zurigo, del[riservato] e del 18 novembre 1993 a Düsseldorf (v. punti 174‑177 supra) e, per il periodo compreso fra ottobre 2000 e maggio 2002, è provato che le ricorrenti hanno partecipato soltanto a due riunioni (v. punti 180 e 183 supra). Tuttavia, sebbene non sia dimostrato che la partecipazione delle ricorrenti alle riunioni dell’intesa nel corso di tali due periodi era altrettanto intensa quanto quella durante il periodo tra febbraio 1994 e ottobre 2000, non può riconoscersi che complessivamente l’EniChem/Polimeri Europa abbia partecipato alle riunioni dell’intesa in modo chiaramente più sporadico degli altri partecipanti all’infrazione. La Commissione non aveva quindi l’obbligo di concedere all’EniChem/Polimeri Europa una riduzione dell’importo dell’ammenda.

304    Le ricorrenti, peraltro, non hanno dimostrato che gli altri partecipanti all’intesa in parola avevano indicato che l’EniChem/Polimeri Europa avrebbe adottato un «profilo basso» durante l’infrazione, circostanza idonea a mettere in risalto il suo ruolo passivo all’interno dell’intesa, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 300 supra.

305    Da quanto precede deriva che non può considerarsi che la partecipazione dell’EniChem/Polimeri Europa all’infrazione sia stata sostanzialmente marginale o che il suo ruolo sia stato esclusivamente passivo. Peraltro, del ruolo eventualmente più limitato dell’EniChem/Polimeri Europa nell’intesa stante la sua posizione meno importante rispetto a quella di taluni concorrenti sul mercato europeo del CR è già stato tenuto conto nella determinazione dell’importo di base dell’ammenda, che corrisponde ad una percentuale del valore delle vendite dei beni o dei servizi interessati dall’infrazione, realizzate da ogni impresa (v. punto 15 supra).

306    Relativamente agli argomenti delle ricorrenti secondo cui, in sostanza, l’EniChem/Polimeri Europa avrebbe eluso l’applicazione degli accordi dell’intesa adottando un comportamento concorrenziale sul mercato ai sensi dello stesso paragrafo 29, terzo trattino, degli Orientamenti del 2006, occorre constatare come sia pacifico che l’EniChem/Polimeri Europa ha almeno parzialmente messo in atto gli accordi dell’intesa, fra i quali, segnatamente, l’accordo di ripartizione del mercato. Le ricorrenti non hanno ulteriormente dimostrato che l’EniChem/Polimeri Europa si fosse opposta all’intesa al punto da averne perturbato il buon funzionamento, ciò che tuttavia la giurisprudenza impone al fine di riconoscere un’omessa attuazione dell’intesa idonea a giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di circostanze attenuanti. In proposito occorre rammentare che, in base alla giurisprudenza, la Commissione è tenuta a riconoscere l’esistenza di una circostanza attenuante per mancata attuazione di un’intesa solo se l’impresa che fa valere tale circostanza può dimostrare di essersi opposta chiaramente e considerevolmente all’attuazione di tale intesa, al punto da aver perturbato il funzionamento stesso di quest’ultima, e di non aver fatto apparire la sua adesione all’accordo, istigando così altre imprese ad attuare l’intesa in questione. La circostanza che un’impresa, la cui partecipazione ad una concertazione con le sue concorrenti per ripartire i mercati sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con le sue concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di una circostanza attenuante in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere (v. sentenza Mannesmannröhren-Werke/Commissione, punto 299 supra, punto 277 e giurisprudenza ivi citata).

307    Di conseguenza, la Commissione non ha oltrepassato i limiti del potere discrezionale di cui dispone in materia non avendo considerato, quale circostanza attenuante che giustifichi una riduzione dell’importo dell’ammenda, l’asserita mancata attuazione dell’intesa da parte delle ricorrenti. L’analisi effettuata supra non ha peraltro rivelato elementi idonei a dimostrare una violazione del principio di proporzionalità. Ne discende che gli argomenti delle ricorrenti relativi alle circostanze attenuanti devono essere respinti.

 Sulla terza parte, relativa all’aumento specifico applicato allo scopo di garantire un effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende

–       Richiamo del testo della decisione impugnata

308    Con riguardo all’aumento specifico per garantire l’effetto dissuasivo, considerato che l’EniChem, la Dow, la DuPont e la Bayer avevano un fatturato particolarmente elevato anche escludendo la vendita dei beni e servizi ai quali si riferisce l’infrazione, essendo il fatturato di ciascuna di queste imprese, in termini assoluti, ben più elevato di quello della Tosoh e della Denka (v. punto 584 della decisione impugnata), la Commissione, al punto 586 della decisione impugnata, si è così espressa:

«(…) [P]er fissare l’importo delle ammende da infliggere a un livello sufficientemente dissuasivo, è opportuno applicarvi un [coefficiente moltiplicatore]. Nel 2006, ossia l’esercizio finanziario più recente prima della presente decisione, il fatturato totale delle imprese interessate dal presente procedimento era il seguente: Eni: 86 105 milioni di EUR; Dow: 39 124 milioni di EUR; Bayer: 28 956 milioni di EUR; [EI] DuPont: 21 839 milioni di EUR; Tosoh: 5 350 milioni di EUR e Denka: 2 254 milioni di EUR. La Commissione ritiene quindi opportuno non applicare un fattore di moltiplicazione all’importo delle ammende da infliggere a Bayer, [EI] DuPont, Tosoh e Denka, e moltiplicare per 1,4 l’importo dell’ammenda da infliggere a Eni [e] per 1,1 l’importo dell’ammenda da infliggere a Dow».

–       Argomenti delle parti

309    Relativamente all’aumento applicato in forza del paragrafo 30 degli Orientamenti del 2006, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha di fatto inflitto due supplementi di sanzione, dapprima una del 60%, poi una del 40%, per ottenere un medesimo scopo, violando in tal modo il principio di proporzionalità. L’ammenda inflitta sarebbe quindi sproporzionata rispetto al fatturato dei prodotti oggetto di infrazione, così come rispetto alle maggiorazioni applicate, o meno, agli altri partecipanti all’intesa. Ciò a maggior ragione se si tiene presente che la Commissione ha calcolato il coefficiente sul fatturato complessivo dell’Eni, e non su quello della Polimeri Europa, e questo dopo aver già applicato una maggiorazione per la recidiva, che non potrebbe constatarsi nei confronti dell’Eni. Per valutare la proporzionalità dell’importo dell’ammenda, al fine specifico di applicare un eventuale aumento ai sensi del titolo C degli Orientamenti del 2006 (Aumento specifico allo scopo di garantire l’effetto dissuasivo), la Commissione dovrebbe necessariamente valutare l’importo dell’ammenda come già determinato ai sensi dei paragrafi precedenti degli stessi Orientamenti e verificare se, in base alle circostanze specifiche, sussistano ancora esigenze tali da giustificare un siffatto aumento a fini dissuasivi. Nella fattispecie, posto che la Commissione aveva già aumentato l’importo di base di un importo supplementare del 20% in applicazione del paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006 e aveva applicato un aumento del 60% a causa della recidiva, l’obiettivo dissuasivo sarebbe già stato appagato e l’aumento specifico a fini dissuasivi sarebbe pertanto sproporzionato e dovrebbe essere annullato.

310    Le ricorrenti fanno inoltre valere che l’aumento specifico dovrebbe perlomeno essere ridotto ad un massimo del 20%, tenuto conto della circostanza che la Commissione ha applicato all’ammenda delle ricorrenti un aumento quattro volte superiore rispetto a quello applicato all’ammenda della Dow, nonostante il fatturato dell’Eni corrispondesse a poco più del doppio di quello della Dow. In udienza esse hanno precisato che in siffatte circostanze l’aumento specifico era stato inflitto loro in violazione del principio di parità di trattamento.

311    La Commissione ritiene la presenta parte del motivo infondata. Richiamandosi al paragrafo 30 degli Orientamenti del 2006, la Commissione rammenta che essa dispone di un potere di valutazione per applicare, eventualmente, un coefficiente di moltiplicazione che consente di fissare l’importo dell’ammenda ad un livello sufficientemente deterrente, in relazione alle dimensioni complessive delle imprese, rappresentate dal fatturato globale, proponendosi così di garantire l’osservanza, da parte delle imprese, delle regole sulla concorrenza stabilite nel Trattato CE per lo svolgimento delle loro attività all’interno della Comunità o del SEE. L’aumento calcolato sulla base del fatturato totale dell’Eni non lederebbe pertanto in alcun modo il principio di proporzionalità e non comporterebbe alcuna «duplicazione della sanzione» inflitta congiuntamente e solidalmente all’Eni e alla Polimeri Europa, avendo una funzione radicalmente diversa dall’aumento che mira a dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, da un lato, e dalla circostanza aggravante della recidiva, dall’altro. Al contrario, sarebbe indispensabile applicare la maggiorazione qui in esame per evitare di sanzionare allo stesso modo un’impresa «monoprodotto» di dimensioni relativamente ridotte ed una multinazionale attiva in numerosissimi settori dell’energia e della chimica, come il gruppo Eni, con una capacità contributiva più elevata. Inoltre, il fattore di moltiplicazione pari ad 1,4 applicato nel caso di specie non sarebbe eccessivo, anzi sarebbe persino molto meno proporzionale al fatturato totale del coefficiente di moltiplicazione pari ad 1,1 applicato alla Dow, la quale aveva un fatturato globale inferiore alla metà rispetto a quello dell’Eni.

–       Giudizio del Tribunale

312    È d’uopo rilevare che gli Orientamenti del 2006, al paragrafo 30, precisano che «[l]a Commissione presterà particolare attenzione all’esigenza di garantire l’effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende; a tal fine essa può aumentare l’ammenda da infliggere alle imprese che abbiano un fatturato particolarmente grande al di là delle vendite dei beni e servizi ai quali l’infrazione si riferisce».

313    Le ricorrenti deducono due argomenti a tale riguardo.

314    In primo luogo, l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe applicato due aumenti, dapprima del 60% per la recidiva e successivamente del 40% a fini di dissuasione, per raggiungere lo stesso scopo e, di conseguenza, avrebbe violato il principio di proporzionalità, e ciò a maggior ragione considerando che aveva già incluso nell’importo di base un importo supplementare del 20%, deve essere respinto.

315    Come fatto presente dalla Commissione, l’aumento specifico determinato, ai sensi del paragrafo 30 degli Orientamenti del 2006, a partire dal fatturato complessivo dell’Eni, persegue uno scopo diverso rispetto a quello cui è diretto l’importo supplementare incluso nell’importo di base ai sensi del paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006, da un lato, e da quello cui è diretta l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva ai sensi del paragrafo 28 degli Orientamenti del 2006, dall’altro.

316    È infatti necessario differenziare le fasi specifiche che conducono ad una valutazione globale di tutte le circostanze rilevanti per garantire la dissuasione. Innanzitutto, con l’aggiunta, sulla base del paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006, dell’importo supplementare all’importo di base, la Commissione mira a dissuadere altre imprese dall’intraprendere comportamenti contrari all’articolo 81 CE o dal proseguirli, ossia intende garantire l’effetto dissuasivo generale dei suoi atti, dotandoli di un effetto dissuasivo che si estende al di là dell’ambito delle sole imprese condannate da una decisione (nella fattispecie la Commissione ha aggiunto all’importo di base di tutti i destinatari della decisione impugnata un importo supplementare del 20% del valore delle vendite: v. punto 19 supra). Inoltre, con l’aumento, ai sensi del paragrafo 28 degli Orientamenti del 2006, dell’importo di base dell’ammenda in caso di recidiva, la Commissione si propone d’incoraggiare un’impresa, il cui comportamento testimonia l’inclinazione a non trarre le opportune conseguenze dalla constatazione, nei suoi riguardi, di un’infrazione alle regole di concorrenza dell’Unione, al rispetto di tali regole (nella fattispecie la Commissione ha maggiorato l’importo di base dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti del 60%: v. punto 21 supra). Con l’aumento, poi, ai sensi del paragrafo 30 degli Orientamenti del 2006, dell’importo dell’ammenda da imporre alle imprese il cui fatturato, al di là delle vendite dei beni e dei servizi ai quali l’infrazione si riferisce, è particolarmente grande, la Commissione mira a garantire l’effetto sufficientemente dissuasivo delle proprie ammende per taluni tipi d’imprese dotate di importante capacità contributiva − multinazionali attive in numerosissimi settori −, evitando al tempo stesso di sanzionare nel medesimo modo un’impresa «monoprodotto» di dimensione relativamente limitata e dotata di una capacità contributiva più ridotta (nella fattispecie, la Commissione ha moltiplicato l’importo dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti per 1,4, vale a dire ha applicato un aumento specifico in funzione deterrente del 40%: v. punto 24 supra).

317    Pertanto, siccome l’applicazione del paragrafo 30 degli Orientamenti del 2006 costituisce l’espressione della fase specifica nel calcolo dell’importo dell’ammenda destinata ad articolare la valutazione delle circostanze rilevanti allo scopo di realizzare l’effetto dissuasivo specifico dell’ammenda, essa non ha l’effetto di punire le ricorrenti una seconda volta per i medesimi motivi del paragrafo 28 degli Orientamenti del 2006.

318    Relativamente all’argomento secondo cui la Commissione non potrebbe determinare il coefficiente moltiplicatore ai fini della dissuasione specifica sulla base del fatturato complessivo dell’Eni dopo aver applicato l’aumento per recidiva − che, ad avviso delle ricorrenti, non poteva in nessun caso essere imputata all’Eni −, da un lato, è d’uopo rammentare che l’aumento per la recidiva è applicato all’importo di base dell’ammenda, il quale è calcolato a partire dal fatturato del gruppo in causa sul mercato cui l’infrazione fa riferimento, nella fattispecie il CR (v. punti 15‑17 supra). D’altro lato, il coefficiente moltiplicatore applicato allo scopo della dissuasione specifica (vale a dire la percentuale di aumento specifico applicato quale deterrente) si applica alle imprese che abbiano un fatturato particolarmente grande, al di là delle vendite dei beni e dei servizi ai quali l’infrazione si riferisce, ed è quindi determinato alla luce del complesso del fatturato dell’impresa interessata − nel caso di specie il fatturato globale del gruppo Eni. La circostanza che la Commissione non potesse legittimamente constatare la recidiva nei confronti dell’Eni è pertanto priva di rilievo a tale proposito, dal momento che la Commissione poteva legittimamente considerare che, ai fini dell’intesa in parola, l’Eni e l’EniChem (divenuta [riservato])/Polimeri Europa formavano una sola e medesima impresa ai sensi dell’articolo 81 CE (v. l’analisi del primo motivo supra). Si aggiunga che, come risulta dal paragrafo 30 degli Orientamenti del 2006, e contrariamente a quanto le ricorrenti sembrano sostenere, il menzionato coefficiente moltiplicatore è applicato all’importo dell’ammenda come determinato nel corso delle fasi precedenti (importo di base, comprendente l’importo supplementare, aumentato o ridotto a causa di circostanze aggravanti o attenuanti), e non al fatturato globale dell’impresa interessata (nella fattispecie il gruppo Eni) o al solo importo di base dell’ammenda.

319    In secondo luogo, occorre constatare, con riguardo all’argomento per cui l’aumento specifico applicato alle ricorrenti sarebbe del pari sproporzionato alla luce del trattamento concesso agli altri partecipanti all’intesa nel caso di specie, in quanto «la differenziazione fra la sanzione comminata a dette imprese (…) e quella comminata alle ricorrenti sarebbe già stata assicurata (oltre che dall’aggravante della recidiva, anche) dall’applicazione di un [coefficiente moltiplicatore] più limitato [di 1,4]», che, fissando i coefficienti moltiplicatori applicabili all’ammenda di ciascuna impresa, la Commissione ha preso in considerazione i fatturati totali di ogni impresa destinataria della decisione impugnata (v. punto 586 della decisione impugnata).

320    Contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti, la proporzionalità dell’aumento a titolo di effetto dissuasivo specifico deve essere valutata paragonando, da un lato, il fatturato realizzato sul mercato in causa e, dall’altro, il fatturato totale.

321    Nel caso di specie la Commissione ha constatato, da un lato, che il fatturato totale dell’Eni nel 2006 era di EUR 86 105 milioni e, dall’altro, che il fatturato realizzato dall’Eni sul mercato del CR (nel 2001) era di EUR 28,5 milioni. Su tale unica base l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore di 1,4 non è sproporzionata, considerato che il fatturato totale dell’Eni rispetto a quello da essa realizzato sul solo mercato del CR risulta oltre 3 000 volte più ragguardevole.

322    Tuttavia, le ricorrenti hanno parimenti lamentato (v. punto 310 supra) che, in quanto l’aumento specifico loro applicato era quattro volte superiore rispetto a quello applicato all’ammenda della Dow, nonostante il fatturato totale dell’Eni equivalesse a poco più del doppio di quello della Dow, la Commissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento. Per tale ragione l’aumento specifico a titolo di effetto dissuasivo applicato nei loro confronti dovrebbe «perlomeno essere ridotto ad un massimo di 20%».

323    In proposito si deve anzitutto osservare che, al punto 584 della decisione impugnata, la Commissione ha riscontrato che, nel presente caso, l’EniChem, la Dow, la DuPont e la Bayer avevano un fatturato particolarmente elevato anche escludendo le vendite dei beni e dei servizi ai quali si riferisce la presente infrazione, e che il fatturato di ciascuna di queste imprese è, in termini assoluti, ben più elevato di quello della Tosoh e della Denka. Inoltre, al punto 586 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che, nel 2006, ossia l’esercizio finanziario più recente prima della decisione impugnata, il fatturato totale delle imprese destinatarie della decisione in parola era pari ad EUR 86 105 milioni per l’Eni; a EUR 39 124 milioni per la Dow; a EUR 28 956 milioni per la Bayer; ad EUR 21 839 milioni per la EI DuPont; ad EUR 5 350 milioni per la Tosoh e ad EUR 2 254 milioni per la Denka. Infine, sulla base di tali cifre, la Commissione ha ritenuto equo moltiplicare per 1,4 l’importo dell’ammenda da infliggere all’Eni (ossia aumentare detta ammenda del 40%), per 1,1 l’importo dell’ammenda da infliggere alla Dow (ossia aumentare detta ammenda del 10 %) e non applicare un coefficiente moltiplicatore all’importo delle ammende da infliggere alla Bayer, alla EI DuPont, alla Tosoh e alla Denka.

324    Ne discende che il fatturato totale dell’Eni considerato dalla Commissione ai fini del calcolo dell’aumento specifico costituisce un po’ più del doppio del fatturato totale della Dow. Pertanto, seguendo il ragionamento della Commissione nel caso di specie e per rispettare il principio di parità di trattamento, quale interpretato dalla giurisprudenza (v. sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, BPB de Eendracht/Commissione, T‑311/94, Racc. pag. II‑1129, punto 309 e giurisprudenza ivi citata), si doveva moltiplicare l’importo dell’ammenda da infliggere all’Eni per un coefficiente corrispondente al doppio della maggiorazione applicata alla Dow, al fine di tenere conto della sua dimensione e delle sue risorse complessive due volte più ragguardevoli di quelle della Dow. Poiché l’aumento applicato alla Dow era del 10%, quello applicato all’Eni doveva essere pari al 20%. Il coefficiente moltiplicatore da applicare nei confronti dell’Eni doveva quindi essere di 1,2.

325    Nessuno degli argomenti dedotti in senso contrario dalla Commissione è tale da inficiare detta conclusione. Da un lato, la decisione impugnata non contiene altri rilievi, oltre a quelli relativi alla dimensione ed alle risorse complessive dell’impresa, che possano giustificare l’applicazione all’Eni di un moltiplicatore superiore a quello di 1,2. In particolare, essa non spiega le ragioni per cui le circostanze della fattispecie richiederebbero l’applicazione all’Eni di un moltiplicatore quattro volte superiore a quello applicato alla Dow, benché il suo fatturato rilevante per tale operazione sia solo doppio rispetto a quello della Dow. A tale proposito, l’affermazione della Commissione, esposta nella controreplica, secondo cui il coefficiente moltiplicatore di 1,4 nella fattispecie sarebbe «molto meno che proporzionale al fatturato» rispetto al coefficiente di 1,1 applicato alla Dow, la quale aveva un fatturato inferiore della metà a paragone di quello dell’Eni, considerato che «[i]l primo [coefficiente moltiplicatore] è (…) superiore al secondo [coefficiente moltiplicatore] del 27,27%», deve essere respinta. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, occorre constatare che il coefficiente applicato all’Eni (cioè 1,4; vale a dire una maggiorazione del 40%) è superiore del 400% al coefficiente applicato alla Dow (1,1, vale a dire una maggiorazione del 10%). Nel caso di specie, infatti, non è il rapporto fra 1,1 e 1,4 che rileva, bensì il rapporto fa 10 e 40.

326    Da quanto precede risulta che la decisione impugnata è viziata da illegittimità nella parte in cui, al fine di garantire un effetto sufficientemente dissuasivo all’ammenda da infliggere alle ricorrenti, la Commissione ha applicato, in violazione del principio di parità di trattamento, un coefficiente moltiplicatore di 1,4 invece di un coefficiente moltiplicatore di 1,2.

327    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non sono state dimostrate carenze di motivazione della decisione impugnata. Ciò nondimeno, dai punti 287 e 326 supra emerge che il presente motivo è parzialmente fondato.

 Sul nono motivo, relativo all’errata determinazione della soglia del 10% del fatturato

 Richiamo del testo della decisione impugnata

328    Al punto 589 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che, «[n]ella fattispecie, le ammende da infliggere alle imprese destinatarie della presente decisione non supera[va]no in nessun caso la soglia del 10% del fatturato».

 Argomenti delle parti

329    Le ricorrenti fanno valere che, se il Tribunale dovesse concludere per l’illegittimità dell’attribuzione alla Polimeri Europa della responsabilità dell’infrazione per il periodo durante il quale l’EniChem (divenuta [riservato]) era competente per le attività CR, e che la decisione impugnata avrebbe dovuto essere indirizzata a quest’ultima, dovrà altresì statuire che il fatturato cui applicare la soglia del 10% di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 è quello della [riservato] nell’anno 2006, ossia [riservato], con il risultato che la sanzione imposta dalla Commissione non avrebbe potuto superare [riservato]. Anche a voler ammettere, quod non, che la Polimeri Europa abbia partecipato direttamente all’intesa nel 2002, la Commissione avrebbe dovuto applicarle una sanzione distinta da quella da applicare alla [riservato], senza addebitare all’Eni la responsabilità, e limitata in considerazione del breve periodo durante il quale la Polimeri Europa ha gestito le attività CR.

330    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

331    Si osservi che il presente motivo è basato sull’ipotesi che, in particolare, il primo e il terzo motivo siano accolti. Dal momento che tale circostanza non si verifica, esso deve essere respinto.

 Sul decimo motivo, relativo alla mancata considerazione della collaborazione al di fuori del campo d’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002

 Richiamo del testo della decisione impugnata

332    Riguardo all’effettiva collaborazione al di fuori dell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la Commissione, al punto 581 della decisione impugnata, si è così espressa:

«(…) l’eventualità che la collaborazione offerta da [riservato] [e] Polimeri [Europa] meriti o meno una riduzione dell’importo dell’ammenda sarà presa in considerazione nell’applicare le disposizioni della comunicazione sul[la cooperazione] del 2002. Tenuto conto di tutti questi fatti, la Commissione ritiene che, nella fattispecie, non sussistano circostanze eccezionali che possano giustificare la concessione a [riservato] e Polimeri [Europa] di una riduzione dell’importo dell’ammenda in quanto le due aziende avrebbero offerto una collaborazione efficace al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul[la cooperazione del 2002]».

 Argomenti delle parti

333    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe dovuto concedere loro una riduzione della sanzione conformemente al paragrafo 29, quarto trattino, degli Orientamenti del 2006, per la collaborazione effettiva della [riservato] e della Polimeri Europa con essa al di fuori del campo d’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e al di là dei loro obblighi giuridici di collaborazione. Una siffatta riduzione dell’ammenda sarebbe giustificata quando il comportamento dell’impresa avesse consentito alla Commissione di accertare un’infrazione con minore difficoltà, e ciò anche qualora detta impresa avesse presentato una domanda di trattamento favorevole che non fosse stata accolta, e senza che sussistesse la necessità di dimostrare l’esistenza di circostanze eccezionali. Nel caso contrario le imprese sarebbero scoraggiate dal collaborare con la Commissione in tutti i casi in cui un’altra impresa avesse già presentato una domanda d’immunità. In ogni caso, le menzionate circostanze eccezionali sussisterebbero nella fattispecie. La giurisprudenza relativa alla circostanza attenuante di cui al paragrafo 3, terzo trattino, degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3), citata dalla Commissione, sarebbe manifestamente priva di rilievo in quanto riguardante un’impresa che – a differenza delle ricorrenti – aveva già ottenuto una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione.

334    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

335    Conformemente al paragrafo 29, quarto trattino, degli Orientamenti del 2006, citato al punto 298 supra, «[l]’importo di base dell’ammenda può essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti, quali (…) quando l’impresa collabora efficacemente con la Commissione al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole e oltre quanto richiesto dagli obblighi di collaborazione previsti dalla legge».

336    Secondo la giurisprudenza, nella misura in cui un’infrazione rientri nell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, il cui paragrafo 1 si riferisce alle intese segrete – volte alla fissazione dei prezzi, delle quote di produzione o di vendita, oppure alla ripartizione dei mercati, compresa la manipolazione delle gare d’appalto, o alla restrizione delle importazioni o esportazioni –, l’esame della collaborazione con la Commissione è effettuato, in via di principio, sulla base della menzionata comunicazione e non sulla base del paragrafo 29, quarto trattino, degli Orientamenti del 2006. Anche se si dovesse ammettere che una cooperazione ad un’indagine sulle intese orizzontali per la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati debba essere ricompensata a titolo del paragrafo 29, quarto trattino, degli Orientamenti del 2006, in tale ipotesi, una riduzione a titolo di detta disposizione presupporrebbe necessariamente che la cooperazione di cui si tratta non possa essere ricompensata nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e che sia stata effettiva, cioè che abbia agevolato il compito della Commissione consistente nell’accertare e nel reprimere infrazioni alle regole sulla concorrenza dell’Unione [v., a proposito degli Orientamenti del 1998 e della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4), sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punti 427 e 428 nonché giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 233 supra, punti 380‑382].

337    Orbene, è necessario constatare che l’infrazione in parola rientra nell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e che la [riservato] e la Polimeri Europa hanno presentato domande ai fini del trattamento favorevole. Di conseguenza, le ricorrenti non possono legittimamente biasimare la Commissione per non aver tenuto conto del grado di collaborazione della [riservato] e della Polimeri Europa in quanto circostanza attenuante al di fuori del contesto normativo della comunicazione sulla cooperazione del 2002. La circostanza che alle ricorrenti non sia stata concessa alcuna riduzione, dal momento che le condizioni richieste per beneficiare di un’immunità dalle ammende o di una riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base della comunicazione in parola non erano soddisfatte (v. punti 639‑654 della decisione impugnata), non incide a tale riguardo.

338    Del resto, anche qualora, come indicato dalla giurisprudenza citata al punto 336 supra, si dovesse ammettere che una cooperazione ad un’indagine sulle intese orizzontali per la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati sia idonea ad essere ricompensata a titolo del paragrafo 29, quarto trattino, degli Orientamenti del 2006, occorre constatare che l’affermazione delle ricorrenti secondo cui, nella fattispecie, le condizioni poste dalla giurisprudenza affinché una siffatta riduzione sia ammissibile sarebbero soddisfatte, non è minimamente corroborata.

339    Ne consegue che il decimo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sull’undicesimo motivo, relativo alla mancata riduzione dell’ammenda in forza della comunicazione sulla cooperazione del 2002

 Richiamo del testo della decisione impugnata

340    Relativamente alle domande presentate dalla [riservato] in base alla comunicazione sulla cooperazione del 2002, la Commissione ha constatato, al punto 643 della decisione impugnata, che «[riservato] ».

341    Ai punti 644‑648 della decisione impugnata, detta constatazione è stata motivata come segue:

«(644) [riservato].

(645) [riservato].

(646) [riservato].

(647) [riservato].

(648) [riservato]».

342    Relativamente alla domanda presentata dalla Polimeri Europa sulla base della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la Commissione, al punto 653 della decisione impugnata, ha indicato che «(...) [l]e informazioni fornite da Polimeri [Europa] non rappresenta[va]no un valore aggiunto significativo sulla base del quale [essa dovesse] accordare all’azienda una riduzione dell’importo dell’ammenda in applicazione delle disposizioni della comunicazione sul[la cooperazione del 2002]».

343    Ai punti 650‑652 della decisione impugnata essa si è così espressa:

«(650) [riservato].

(651) Polimeri [Europa] ha contestato le conclusioni raggiunte dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, sostenendo in particolare che [riservato] aveva messo fine alla sua partecipazione al cartello già prima che le attività relative al [CR] venissero trasferite alla stessa Polimeri [Europa], mentre invece la partecipazione di Polimeri [Europa] agli accordi di cartello è accertata nella presente decisione sulla base di altri elementi di prova.

(652) La richiesta di trattamento favorevole di Polimeri [Europa] e gli elementi di prova forniti dall’azienda non contengono informazioni relative a fatti che non fossero già noti alla Commissione. Se, quindi, le informazioni fornite da altre imprese richiedenti apportavano comunque un valore aggiunto significativo ai sensi del [paragrafo 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002], questo non può essere affermato nel caso di Polimeri [Europa]».

344    Quanto alla domanda delle ricorrenti che si tenesse conto, nel calcolo dell’importo delle ammende inflitte, di un eventuale trattamento favorevole di cui potrebbe beneficiare la [riservato] a seguito della collaborazione con la Commissione, considerando che la [riservato] non rientra tra i destinatari della decisione impugnata, essa è stata respinta dalla Commissione, al punto 654 della decisione impugnata, «in quanto la cooperazione della [riservato] non [era] stata tale da apportare un significativo valore aggiunto (…)».

 Argomenti delle parti

345    Le ricorrenti fanno valere che, avendo omesso di applicare una sostanziale riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2002 in virtù della collaborazione prestata dalla [riservato] e dalla Polimeri Europa, la Commissione ha violato i principi di equità, parità di trattamento e non discriminazione. Le informazioni e gli elementi di prova forniti da queste ultime avrebbero apportato un valore aggiunto significativo, ai sensi del paragrafo 21 della comunicazione in parola, rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione, come emergerebbe dalla decisione impugnata, nella quale la Commissione avrebbe utilizzato sistematicamente le dichiarazioni e i documenti forniti da tali società per provare i fatti contestati.

346    Con riguardo in particolare a sette riunioni dell’intesa, le dichiarazioni e/o i documenti forniti dalla [riservato] sarebbero stati indispensabili ai fini della prova dell’infrazione. Inoltre, la Commissione avrebbe utilizzato estensivamente le informazioni fornite dalla [riservato] nella parte della decisione impugnata relativa alla descrizione dei principi di base e della struttura dell’intesa. Orbene, vi sarebbe un valore aggiunto significativo in due circostanze: da un lato, allorché l’impresa produce nuove prove che, in combinazione con altre già in possesso della Commissione, consentono di provare l’esistenza di un cartello; dall’altro, se l’impresa, laddove la Commissione sia in possesso soltanto delle dichiarazioni di un richiedente il trattamento favorevole, produce documenti o dichiarazioni che corroborano la dichiarazione iniziale. Tali due circostanze sussisterebbero nel caso di specie con riferimento ad alcune dichiarazioni e/o documenti prodotti dalla [riservato], che avrebbero rafforzato la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione. [riservato] relative alle riunioni del 6 e 9 febbraio 1994 a Tokyo assumerebbero un valore aggiunto particolarmente significativo, in quanto [riservato]. La Commissione avrebbe parimenti rinunciato agli elementi di prova forniti dalla [riservato] eliminando, nella decisione impugnata, ogni riferimento ad altre cinque riunioni, menzionate nella comunicazione degli addebiti, al fine di diminuire il valore della collaborazione della [riservato]. In ogni caso, le riunioni menzionate nella decisione impugnata sarebbero in siffatte circostanze assolutamente necessarie per dimostrare l’infrazione, e il contributo della [riservato] all’accertamento di tali incontri avrebbe rappresentato un valore aggiunto significativo. Inoltre, la stessa Commissione avrebbe chiarito in altre occasioni che un valore aggiunto significativo poteva essere fornito anche da un’impresa la quale, senza sottoporre nuove prove, offrisse adeguata documentazione o dichiarazioni al fine di sostenere la prova già esistente. In proposito, le ricorrenti sottolineano che [riservato] e che, nel quadro della valutazione del valore del contributo fornito dalle imprese richiedenti il trattamento favorevole, deve essere considerato anche il grado di coinvolgimento di ciascuna impresa nel cartello, ad esempio in termini di frequenza nella partecipazione alle riunioni e di capacità di fornire informazioni. È ovvio, infatti, che un’impresa che ha organizzato il cartello, ha avuto un ruolo di capofila e/o ha in ogni caso partecipato a tutte le riunioni, come [riservato], è in grado di fornire molte più informazioni rispetto a quelle imprese, come la [riservato], le quali, invece, hanno avuto un ruolo minoritario e hanno partecipato soltanto ad un numero limitato di incontri.

347    La prassi seguita nella fattispecie dalla Commissione, peraltro in contraddizione con quella adottata nella decisione 2006/901/CE della Commissione, del 20 ottobre 2005, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, [CE] (caso COMP/C.38.281/B.2 – Tabacco greggio – Italia) (GU 2006, L 353, pag. 45), e nella decisione 2006/902/CE della Commissione, del 21 dicembre 2005, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE nei confronti di Flexsys NV, Bayer AG, Crompton Manufacturing Co. Inc. (già Uniroyal Chemical Co. Inc.), Crompton Europe Ltd, Chemtura Corporation (già Crompton Corporation), General Química SA, Repsol Química SA e Repsol YPF SA (Caso COMP/F/C.38.443 – Prodotti chimici a base di gomma) (GU 2006, L 353, pag. 50), nelle quali la Commissione avrebbe concesso una notevole riduzione dell’importo dell’ammenda ad imprese il cui contributo probatorio utilizzato nelle succitate decisioni era stato chiaramente inferiore o per lo meno analogo a quello della [riservato], violerebbe il principio di parità di trattamento, poiché la Commissione avrebbe applicato criteri diversi per valutare la collaborazione della DDE, della Bayer e della Tosoh, laddove le prove fornite dalla [riservato] avrebbero avuto il medesimo valore o la medesima qualità di quelle fornite dalle succitate imprese che, come la stessa Commissione ammette, erano «in parte contraddittorie». Le ricorrenti fanno osservare che le dichiarazioni della [riservato], lacunose ed imprecise, appaiono spesso una mera elencazione di date ed incontri, ricostruita attraverso prove indirette quali documenti di viaggio e note spese, e soltanto in risposta ad una richiesta di informazioni la [riservato] ha fornito alcuni appunti manoscritti. Inoltre, la [riservato] sarebbe venuta a conoscenza delle indagini solamente quando ha ricevuto la prima richiesta di informazioni inviatale dalla Commissione il 23 marzo 2005, ossia due anni dopo l’ispezione a sorpresa presso la sede della Dow Deutschland Inc.. La Commissione avrebbe altresì violato il principio di parità di trattamento, in quanto detto principio l’obbligherebbe ad inviare richieste di informazioni e ad effettuare le ispezioni simultaneamente nei confronti di tutte le imprese sospettate di partecipare ad un’infrazione, al fine di non precludere l’aspettativa delle imprese di essere le prime a fornire prove dotate di un significativo valore aggiunto. Sotto questo profilo la collaborazione della [riservato] sarebbe stata ben più tempestiva rispetto a quella della [riservato]. Sarebbe parimenti necessario tenere conto della circostanza che il lasso di tempo intercorso tra le ispezioni e il momento in cui la [riservato] è venuta a conoscenza dell’indagine ha reso difficile alla summenzionata società costituire un fascicolo ai fini della collaborazione. I comunicati stampa presentati dalla Commissione per dimostrare che alla [riservato] erano note le indagini nel settore del CR prima del 23 marzo 2005 non riguarderebbero in realtà il CR.

348    La posizione della [riservato] non sarebbe quella di un’impresa che chiede una riduzione dell’importo dell’ammenda per non aver contestato, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, i fatti materiali sui quali la Commissione aveva fondato le sue accuse. Dalla giurisprudenza risulterebbe che il fatto di aver contestato la data di inizio e di fine della partecipazione al cartello e del coinvolgimento della Polimeri Europa non impedirebbe alle ricorrenti di beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda in virtù della collaborazione prestata prima dell’invio della comunicazione degli addebiti. Del resto, non si potrebbe certamente chiedere a un’impresa che decide di collaborare di rinunciare preventivamente ad esercitare il diritto di difendersi di fronte ad accuse che non si ritengono fondate. Inoltre, la Commissione avrebbe implicitamente riconosciuto la fondatezza di alcune contestazioni della Polimeri Europa, dal momento che non ha riportato nella decisione impugnata la menzione dell’incontro di Milano del 15 febbraio 2002, riportato fra gli incontri di cartello elencati nella comunicazione degli addebiti. Le ricorrenti sostengono infine che sarebbe evidente che la Commissione non può rifiutare loro per principio la possibilità di beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda, in virtù della collaborazione prestata dalla [riservato], semplicemente a causa del fatto che quest’ultima non è stata inclusa fra i destinatari della decisione impugnata. Se la Polimeri Europa può essere considerata come responsabile del comportamento della [riservato] in applicazione del principio di continuità economica, quod non, la Polimeri Europa dovrebbe parimenti poter beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda in considerazione della collaborazione prestata dalla [riservato]. Analogo ragionamento varrebbe, mutatis mutandis, per l’Eni che, per giunta e contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, non ha contestato (non essendo, del resto, in grado di farlo) i fatti oggetto della decisione nel corso del procedimento, limitandosi a negare di aver esercitato un’influenza determinante sulle sue controllate coinvolte in detto procedimento.

349    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

350    È d’uopo rammentare che, come emerge dai punti 229 e 233 supra, se è vero che l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 lascia alla Commissione un potere discrezionale nella fissazione delle ammende, l’esercizio di tale potere discrezionale è tuttavia limitato, segnatamente dal codice di condotta che la Commissione si è essa stessa imposta, adottando non soltanto gli Orientamenti per il calcolo delle ammende, ma altresì la comunicazione sulla cooperazione (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, punto 151 supra, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

351    Nella comunicazione sulla cooperazione del 2002 la Commissione ha quindi definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa possono evitare l’imposizione di ammende o beneficiare di una riduzione dell’importo delle stesse che altrimenti sarebbero loro inflitte.

352    Il paragrafo 8 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 è così formulato:

«La Commissione concederà ad un’impresa l’immunità da qualsiasi ammenda che le sarebbe altrimenti stata inflitta, se:

a)      l’impresa è la prima a presentare elementi di prova che secondo la Commissione possono consentirle di adottare una decisione per svolgere un accertamento ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 17 (…) in relazione a una presunta intesa riguardante la Comunità; oppure

b)      l’impresa è la prima a presentare elementi di prova che secondo la Commissione possono consentirle di constatare un’infrazione dell’articolo 81 (…) CE (…) in relazione a una presunta intesa riguardante la Comunità».

353    Al paragrafo 20 della comunicazione in parola si precisa che «[l]e imprese che non soddisfano i requisiti [di esenzione dalle ammende] indicati nella sezione A [Immunità dalle ammende] possono beneficiare di una riduzione dell’importo di un’ammenda che sarebbe altrimenti stata inflitta» e, al paragrafo 21, che, «[a]l fine di poter beneficiare di un simile trattamento, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione, e deve inoltre cessare la presunta infrazione entro il momento in cui presenta tali elementi di prova».

354    Riguardo alla nozione di valore aggiunto, al paragrafo 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 è riportato quanto segue:

«Il concetto di “valore aggiunto” si riferisce alla misura in cui gli elementi di prova forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione. Nel procedere a tale valutazione, la Commissione riterrà di norma che gli elementi di prova scritti risalenti al periodo a cui si riferiscono i fatti abbiano un valore maggiore degli elementi di prova venuti ad esistenza successivamente. Analogamente, gli elementi di prova direttamente legati ai fatti in questione saranno in genere considerati come più importanti di quelli che hanno solo un legame indiretto».

355    Secondo la giurisprudenza, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai servizi di detta istituzione. In tale contesto la Commissione è chiamata ad effettuare complesse valutazioni di fatto, quali quelle riguardanti la cooperazione fornita da ciascuna delle imprese suddette (sentenza della Corte del 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, C‑328/05 P, Racc. pag. I‑3921, punto 81). La Commissione dispone peraltro di un certo potere discrezionale per valutare se la cooperazione di cui trattasi sia stata «determinante» per agevolare il suo compito, consistente nell’accertare l’esistenza di un’infrazione e nel farla cessare, potendo essere censurato solo il manifesto superamento di tale potere discrezionale (v. sentenza Hoechst/Commissione, punto 261 supra, punto 555 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, il controllo svolto dal Tribunale sulla valutazione, da parte della Commissione, del valore aggiunto di prove fornite da un’impresa nell’ambito del programma ai fini del trattamento favorevole è limitato.

356    Nel caso di specie le ricorrenti fanno valere che avrebbero dovuto beneficiare di una sostanziale riduzione dell’importo dell’ammenda in base alla comunicazione sulla cooperazione del 2002 poiché la [riservato] e la Polimeri Europa avrebbero apportato elementi di prova di un valore aggiunto significativo ai sensi del paragrafo 21 della menzionata comunicazione, avendo fornito, per sette riunioni dell’intesa, prove «indispensabili» o «assolutamente necessarie» per dimostrare l’infrazione.

357    Orbene, dalle constatazioni, non contestate, esposte nella decisione impugnata (v. punti 5‑9 supra) risulta che gli elementi di prova relativi all’intesa forniti dalla [riservato] e dalla Polimeri Europa sono stati comunicati alla Commissione soltanto due anni e quattro mesi dopo che la Bayer aveva presentato la sua richiesta di trattamento favorevole, due anni dopo le ispezioni effettuate dalla Commissione presso la Dow, un anno e nove mesi dopo le ispezioni effettuate presso la Denka, un anno e nove mesi dopo che la Tosoh aveva presentato la sua richiesta ai fini del trattamento favorevole, un anno e cinque mesi dopo che la DDE aveva presentato la sua richiesta di trattamento favorevole e, infine, dopo che la Commissione aveva inviato le sue richieste di informazioni a tutte le imprese interessate dalla sua indagine.

358    Considerato, quindi, che, alla data in cui gli elementi di prova sono stati comunicati dalla [riservato] e dalla Polimeri Europa, essa già conosceva la durata completa del periodo d’infrazione e disponeva di prove concernenti la data d’inizio e la data di fine dell’infrazione e che le ispezioni e le dichiarazioni della [riservato] erano, inoltre, sufficienti per dimostrare il coinvolgimento dell’EniChem/Polimeri Europa nell’infrazione durante l’intero periodo e deducendone che gli elementi di prova forniti dalla [riservato] e dalla Polimeri Europa non apportavano un valore aggiunto significativo in quanto non erano necessari per dimostrare l’esistenza dell’intesa, la Commissione ha seguito le regole che essa stessa si è imposta nella comunicazione sulla cooperazione del 2002 e non è manifestamente andata al di là dei limiti del potere discrezionale di cui dispone a riguardo. Dal fascicolo risulta, infatti, che il valore aggiunto dell’apporto della [riservato] e della Polimeri Europa era principalmente legato al periodo 1994‑1999, riguardo a cui la Commissione era già in possesso di prove ben documentate fornitele dalla [riservato].

359    Per ciò che riguarda, in particolare, le dichiarazioni della [riservato] relative alle riunioni del 6 e 9 febbraio 1994 a Tokyo, [riservato] esse non hanno avuto un valore aggiunto significativo, in quanto risulta dal quarto motivo (v. punti 159‑175 supra) che [riservato].

360    Inoltre, contrariamente alla tesi sostenuta dalle ricorrenti, dal paragrafo 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 risulta che il valore aggiunto è un criterio oggettivo, la cui valutazione si riferisce alla qualità del contributo all’opera della Commissione, e non al massimo che poteva produrre una data impresa, considerando, ad esempio, il suo grado di coinvolgimento nell’intesa, la possibilità di fornire informazioni o ancora il momento in cui fosse venuta a conoscenza dell’indagine. La Commissione non è quindi tenuta a verifiche simultanee presso tutte le imprese interessate al fine di non contrastare la prospettiva delle imprese di essere le prime a fornire prove recanti un valore aggiunto significativo, in quanto l’esercizio dei poteri in materia di ispezione è assoggettato alla valutazione degli elementi di cui la Commissione dispone che le consentono di sospettare una violazione dell’articolo 81 CE nonché un’implicazione dell’impresa interessata, conformemente all’articolo 20, paragrafo 8, del regolamento n. 1/2003. Ciascuna impresa coinvolta in un’intesa ha inoltre la possibilità di essere la «prima cooperante» e di beneficiare di un’esenzione dall’ammenda denunciandone l’esistenza alla Commissione e, in tal modo, apportando a quest’ultima elementi di prova idonei a consentirle di ordinare verifiche o di constatare un’infrazione all’articolo 81 CE.

361    Peraltro, riguardo all’argomento relativo alla violazione del principio di parità di trattamento nella misura in cui la Commissione avrebbe applicato criteri diversi per valutare la collaborazione della DDE, della Bayer e della Tosoh, sebbene, certo, secondo una giurisprudenza costante, la Commissione non possa, nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dai membri di un’intesa, disattendere il principio generale di parità di trattamento (sentenza del Tribunale del 6 maggio 2009, Wieland-Werke/Commissione, T‑116/04, Racc. pag. II‑1087, punto 124), la valutazione del valore aggiunto di elementi presenti in una richiesta di trattamento favorevole si effettua in funzione degli elementi probatori già in possesso della Commissione.

362    Orbene, nella fattispecie, dal momento che la collaborazione della Bayer, della Tosoh e della DDE era precedente a quella della [riservato] e della Polimeri Europa, la Commissione disponeva già di più numerosi elementi probatori nel momento in cui la [riservato] e la Polimeri Europa hanno presentato le rispettive domande ai fini del trattamento favorevole rispetto al momento in cui la Bayer, la Tosoh e la DDE avevano presentato le loro. Inoltre, gli elementi probatori apportati dagli altri richiedenti il trattamento favorevole erano, contrariamente alle osservazioni comunicate dalla [riservato] e dalla Polimeri Europa, basati in generale su prove dirette, per esempio su documenti redatti in tempore non suspecto, che non abbisognavano di ulteriori conferme, mentre, in particolare, la qualità dei documenti e delle dichiarazioni forniti dalla [riservato] era limitata (v. punto 648 della decisione impugnata) e gli elementi di prova forniti dalla Polimeri Europa non contenevano informazioni relative a fatti che non fossero già noti alla Commissione (v. punto 652 della decisione impugnata). Inoltre, si deve rilevare che, come sottolineato dalla Commissione, la DDE, la quale ha presentato prove dirette, ha confermato ulteriori dettagli, ha comunicato nuovi elementi concernenti in particolare la portata e il funzionamento dell’intesa, e che hanno consentito alla Commissione di non fondarsi esclusivamente sulle dichiarazioni della [riservato] relativamente ai primi anni di attività dell’intesa, ciò nonostante non ha ricevuto la percentuale di riduzione massima cui poteva aspirare.

363    In tale contesto la Bayer, la Tosoh, la DDE, da un lato, e la [riservato] e la Polimeri Europa, dall’altro, poiché non hanno fornito alla Commissione informazioni equivalenti nella medesima fase del procedimento amministrativo e in circostanze analoghe, non si trovano in situazioni paragonabili. Conseguentemente l’esistenza di una violazione del principio di parità di trattamento fra le ricorrenti, da un lato, e le altre imprese di cui trattasi nella presente causa, dall’altro, non è dimostrata.

364    Con riguardo, infine, alla prassi seguita dalla Commissione in altri procedimenti, è sufficiente ricordare che, da un lato, alla luce della giurisprudenza citata al punto 355 supra, la Commissione dispone di potere discrezionale allorché è chiamata a valutare se elementi di prova forniti da un’impresa, la quale abbia manifestato la sua intenzione di usufruire della comunicazione sulla cooperazione del 2002, apportino un valore aggiunto significativo ai sensi del paragrafo 21 della menzionata comunicazione e che, dall’altro, la precedente prassi decisionale della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, essendo questo unicamente definito nel regolamento n. 1/2003 e negli Orientamenti (v. punto 267 supra). Decisioni relative ad altri casi hanno quindi un carattere meramente indicativo dell’esistenza di disparità di trattamento (sentenza della Corte del 21 settembre 2006, JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, Racc. pag. I‑8935, punto 205). Giova parimenti rammentare che il principio generale di parità di trattamento non osta a che situazioni diverse siano trattate in modo diverso. Ne consegue che le ricorrenti non possono utilmente far valere una violazione del principio di parità di trattamento con riferimento al trattamento concesso dalla Commissione alle imprese in discussione in procedimenti diversi da quello all’origine della decisione impugnata.

365    Di conseguenza, l’undicesimo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

366    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere le conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata e riformare la decisione impugnata nella parte in cui impone, a titolo di recidiva, un aumento del 60% dell’importo di base e, a titolo di effetto dissuasivo specifico, un coefficiente moltiplicatore di 1,4 dell’importo di base dell’ammenda inflitta alle ricorrenti.

3.     Sulla determinazione dell’importo finale dell’ammenda

367    Relativamente, da un lato, all’aliquota di maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva, si deve osservare che nella decisione impugnata l’importo di base dell’ammenda inflitta alla Bayer è stato aumentato del 50% per una sola infrazione anteriore (v. punto 540 della decisione impugnata). Orbene, nella fattispecie è necessario constatare che, tenuto conto della circostanza che una sola infrazione può essere addebitata alla Polimeri Europa per la recidiva (v. punti 281 e 282 supra), la Bayer e le ricorrenti si trovano in una situazione equiparabile. In un caso siffatto il principio di parità di trattamento, principio generale del diritto dell’Unione, impone che esse non siano trattate in maniera diversa (v. sentenza della Corte del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a., C‑550/07 P, Racc. pag. I‑8301, punti 54 e 55 nonché giurisprudenza ivi citata). È pertanto d’uopo applicare alle ricorrenti la stessa maggiorazione applicata alla Bayer, vale a dire ridurre dal 60% al 50% la percentuale di aumento applicato all’ammenda inflitta alle ricorrenti per la recidiva constatata nei confronti della Polimeri Europa.

368    Con riguardo, d’altro lato, al coefficiente moltiplicatore adottato per calcolare l’aumento specifico applicato per garantire all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, dal punto 326 supra discende che si deve applicare all’importo dell’ammenda inflitta all’Eni un coefficiente moltiplicatore di 1,2.

369    L’importo finale dell’ammenda in parola è quindi calcolato come segue: l’importo di base dell’ammenda (EUR 59 000 000) è aumentato soltanto del 50 % per la recidiva e ad esso è applicato soltanto un coefficiente moltiplicatore di 1,2 a titolo di effetto dissuasivo specifico, vale dire un importo totale pari ad EUR 106 200 000 (EUR 59 000 000 x 1,5 x 1,2 = EUR 106 200 000; oppure, l’ammenda di EUR 132 160 000 imposta nella decisione impugnata, ridotta di EUR 5 900 000 relativamente alla recidiva e di EUR 20 060 000 relativamente all’aumento specifico applicato a titolo dissuasivo).

 Sulle spese

370    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Nella misura in cui, nella fattispecie, è proposto che l’ammenda inflitta alle ricorrenti sia ridotta del 20% circa, è d’uopo decidere che le ricorrenti sopporteranno quattro quinti delle proprie spese nonché quattro quinti delle spese della Commissione. La Commissione sopporterà un quinto delle proprie spese nonché un quinto delle spese delle ricorrenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’importo dell’ammenda inflitta in solido all’Eni SpA e alla Versalis SpA per l’infrazione constatata all’articolo 1, lettera d), della decisione C (2007) 5910 def. della Commissione, del 5 dicembre 2007, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38629 – Gomma cloroprene) è fissato in EUR 106 200 000.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      L’Eni e la Versalis sopporteranno quattro quinti delle proprie spese nonché quattro quinti delle spese della Commissione europea. La Commissione sopporterà un quinto delle proprie spese nonché un quinto delle spese dell’Eni e della Versalis.

Dittrich

Wiszniewska-Białecka

Prek

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 dicembre 2012.

Firme

Indice


Fatti

1.  Le ricorrenti e il prodotto rilevante

2.  Il procedimento dinanzi alla Commissione

3.  La decisione impugnata

Procedimento

Conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sui motivi diretti all’annullamento della decisione impugnata

Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 81 CE e ad una carenza di motivazione riguardo all’imputazione dell’infrazione all’Eni

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul terzo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 81 CE e ad una carenza di motivazione della decisione impugnata riguardo all’imputazione dell’infrazione alla Polimeri Europa

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quarto motivo, relativo ad una carenza di motivazione della decisione impugnata e alla contraddittorietà della motivazione, alla carenza di istruttoria e ad una violazione dell’articolo 81 CE circa la valutazione dei fatti e delle prove da parte della Commissione, in particolare quanto alla partecipazione dell’EniChem (successivamente [riservato])/Polimeri Europa alle riunioni nel 1993 e nel 2002

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quinto motivo, relativo ad una carenza di motivazione della decisione impugnata e alla contraddittorietà della motivazione, ad una carenza di istruttoria e ad una violazione dell’articolo 81 CE relativamente alla qualificazione dell’infrazione come infrazione unica e continuata

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul sesto motivo, relativo ad una carenza di motivazione della decisione impugnata e ad una carenza di istruttoria quanto al computo della durata dell’infrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Sui motivi diretti all’annullamento o alla riduzione dell’importo dell’ammenda

Sul settimo motivo, relativo all’errata determinazione dell’importo di base dell’ammenda

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sull’ottavo motivo, relativo ad una violazione del principio di proporzionalità e ad una carenza di motivazione della decisione impugnata attinente agli adeguamenti dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva, di circostanze attenuanti e per garantire l’effetto dissuasivo

Sulla prima parte, relativa alla circostanza aggravante della recidiva

– Richiamo del testo della decisione impugnata

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla seconda parte, relativa alle circostanze attenuanti

– Richiamo del testo della decisione impugnata

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte, relativa all’aumento specifico applicato allo scopo di garantire un effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende

– Richiamo del testo della decisione impugnata

– Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sul nono motivo, relativo all’errata determinazione della soglia del 10% del fatturato

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul decimo motivo, relativo alla mancata considerazione della collaborazione al di fuori del campo d’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sull’undicesimo motivo, relativo alla mancata riduzione dell’ammenda in forza della comunicazione sulla cooperazione del 2002

Richiamo del testo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

3.  Sulla determinazione dell’importo finale dell’ammenda

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.


1 «Dati riservati omessi»