Language of document : ECLI:EU:C:2011:524

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

28 luglio 2011 (*)

«Direttiva 2005/85/CE – Norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato – Nozione di “decisione sulla (...) domanda di asilo” ai sensi dell’art. 39 di tale direttiva – Domanda di un cittadino di un paese terzo diretta ad ottenere lo status di rifugiato – Mancanza di motivi che giustifichino la concessione di una protezione internazionale – Rigetto della domanda nell’ambito di un procedimento accelerato – Mancanza di ricorso contro la decisione di assoggettare la domanda a una procedura accelerata – Diritto a un controllo giurisdizionale effettivo»

Nel procedimento C‑69/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunal administratif (Lussemburgo), con decisione 3 febbraio 2010, pervenuta in cancelleria il 5 febbraio 2010, nella causa

Brahim Samba Diouf

contro

Ministre du Travail, de l’Emploi et de l’Immigration,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J. N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. A. Arabadjiev, A. Rosas (relatore), U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 gennaio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Samba Diouf, dagli avv.ti O. Lang e G. Gros, avocats;

–        per il governo lussemburghese, dal sig. C. Schiltz, in qualità di agente;

–        per il governo tedesco, dai sigg. J. Möller e N. Graf Vitzthum, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, dalla sig.ra M. Michelogiannaki, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, dalla sig.ra M. Condou‑Durande, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 1° marzo 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 39 della direttiva 2005/85/CE del Consiglio 1° dicembre 2005, 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326, pag. 13).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra il sig. Samba Diouf, cittadino della Mauritania in situazione irregolare, e il ministre du Travail, de l’Emploi et de l’Immigration (Ministro lussemburghese del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione), relativamente al rigetto, nell’ambito di un procedimento accelerato, della domanda presentata dall’interessato affinché gli fosse attribuito lo status di rifugiato, in assenza di motivi idonei a giustificare la concessione di una protezione internazionale.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

3        L’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(...)».

 La direttiva 2005/85

4        L’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 2005/85 è così formulato:

«È nell’interesse, sia degli Stati membri sia dei richiedenti asilo, decidere quanto prima possibile in merito alle domande di asilo. L’organizzazione dell’esame delle domande di asilo dovrebbe essere lasciata alla discrezione degli Stati membri, di modo che possano scegliere, in base alle esigenze nazionali, di esaminare in via prioritaria talune domande, o accelerarne l’esame, conformemente alle norme stabilite nella presente direttiva».

5        Ai sensi della prima frase del tredicesimo ‘considerando’ della menzionata direttiva:

«Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell’articolo 1 della convenzione [sullo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (in prosieguo: la “Convenzione di Ginevra”)], è opportuno che, fatte salve talune eccezioni, ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura».

6        Il ventisettesimo ‘considerando’ della stessa direttiva così recita:

«È un principio fondamentale del diritto comunitario che le decisioni relative a una domanda di asilo e alla revoca dello status di rifugiato siano soggette ad un rimedio effettivo dinanzi a un giudice a norma dell’articolo [267 TFUE]. L’effettività del rimedio, anche per quanto concerne l’esame degli elementi pertinenti, dipende dal sistema amministrativo e giudiziario di ciascuno Stato membro considerato nel suo complesso».

7        L’art. 23 della direttiva 2005/85, intitolato «Procedure di esame», dispone che:

«1.      Gli Stati membri esaminano le domande di asilo con procedura di esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché siffatta procedura sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo.

Gli Stati membri provvedono affinché, nell’impossibilità di prendere una decisione entro sei mesi, il richiedente asilo interessato:

a)      sia informato del ritardo; oppure

b)      sia informato, su sua richiesta, del termine entro cui è prevista la decisione in merito alla sua domanda. Tali informazioni non comportano per lo Stato membro alcun obbligo, nei confronti del richiedente in questione, di prendere una decisione entro il suddetto termine.

3.      Gli Stati membri possono esaminare in via prioritaria o accelerare l’esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, anche qualora la domanda sia verosimilmente fondata o il richiedente abbia particolari bisogni.

4.      Gli Stati membri possono altresì prevedere che una procedura d’esame sia valutata in via prioritaria o accelerata conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, se:

(...)

b)      il richiedente chiaramente non può essere considerato rifugiato o non è a lui attribuibile la qualifica di rifugiato in uno Stato membro a norma della direttiva 2004/83/CE [del Consiglio 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12)]; o

c)      la domanda di asilo è giudicata infondata:

i)      poiché il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma degli articoli 29, 30 e 31; o

ii)      poiché il paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente, fatto salvo l’articolo 28, paragrafo 1; o

d)      il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alla sua identità e/o alla sua cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente (...)

(...)».

8        L’art. 28 della direttiva 2005/85, intitolato «Domande infondate», è così formulato:

«1.      Fatti salvi gli articoli 19 e 20, gli Stati membri possono ritenere infondata una domanda di asilo solo se l’autorità accertante ha stabilito che al richiedente non è attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.

2.      Nei casi di cui all’articolo 23, paragrafo 4, lettera b), e nei casi di domande di asilo infondate cui si applichi una qualsiasi delle circostanze elencate nell’articolo 23, paragrafo 4, lettere a) e da c) a o), gli Stati membri possono altresì ritenere una domanda manifestamente infondata, se così definita dalla legislazione nazionale».

9        Ai sensi dell’art. 39 della direttiva 2005/85, intitolato «Diritto a un mezzo di impugnazione efficace»:

«1.      Gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

a)      la decisione sulla sua domanda di asilo, compresa la decisione:

i)      di considerare la domanda irricevibile a norma dell’articolo 25, paragrafo 2;

ii)      presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro a norma dell’articolo 35, paragrafo 1;

iii)      di non procedere a un esame a norma dell’articolo 36;

b)      il rifiuto di riaprire l’esame di una domanda, sospeso a norma degli articoli 19 e 20;

c)      una decisione di non esaminare ulteriormente la domanda reiterata a norma degli articoli 32 e 34;

d)      una decisione di rifiutare l’ingresso nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 35, paragrafo 2;

e)      una decisione di revoca dello status di rifugiato a norma dell’articolo 38.

2.      Gli Stati membri prevedono i termini e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un mezzo di impugnazione efficace di cui al paragrafo 1.

3.      Gli Stati membri prevedono, se del caso, norme conformi ai loro obblighi internazionali intese:

a)      a determinare se il rimedio di cui al paragrafo 1 produce l’effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro interessato in attesa del relativo esito;

b)      a prevedere la possibilità di un mezzo di impugnazione giurisdizionale o di misure cautelari, qualora il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 non produca l’effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro interessato in attesa del relativo esito. Gli Stati membri possono anche prevedere un mezzo di impugnazione d’ufficio, e

c)      a stabilire i motivi per impugnare una decisione a norma dell’articolo 25, paragrafo 2, lettera c), conformemente al metodo applicato a norma dell’articolo 27, paragrafo 2, lettere b) e c).

4.      Gli Stati membri possono stabilire i termini entro i quali il giudice di cui al paragrafo 1 esamina la decisione dell’autorità accertante.

5.      Qualora ad un richiedente sia stato riconosciuto uno status che offre gli stessi diritti e vantaggi secondo il diritto nazionale e comunitario dello status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, si può considerare che il richiedente disponga di un mezzo di impugnazione efficace, se un giudice decide che il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 è inammissibile o ha poche possibilità di successo a motivo di un insufficiente interesse del richiedente alla continuazione del procedimento.

6.      Gli Stati membri possono altresì stabilire nella legislazione nazionale le condizioni che devono sussistere affinché si possa presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato o rinunciato al mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1, nonché le norme procedurali applicabili».

 La normativa nazionale

10      La legislazione pertinente è costituita dalla legge 5 maggio 2006 relativa al diritto di asilo e a forme complementari di protezione (loi du 5 mai 2006 relative au droit d’asile et à des formes complémentaires de protection; Mémorial A 2006, pag. 1402), come modificata dalla legge 29 agosto 2008 (Mémorial A 2008, pag. 2024; in prosieguo: la «legge 5 maggio 2006»).

11      L’art. 19 della legge 5 maggio 2006 dispone quanto segue:

«(1)  Il ministro decide sulla fondatezza della domanda di protezione internazionale con decisione motivata, che viene comunicata per iscritto al richiedente. In caso di decisione negativa le informazioni relative ai mezzi di ricorso verranno espressamente indicate nella decisione. Il ministro provvede affinché siffatta procedura sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo. Nell’impossibilità di prendere una decisione entro sei mesi, al richiedente interessato, su sua richiesta, vengono fornite informazioni circa il termine entro cui è prevista la decisione in merito alla sua domanda. Tali informazioni non comportano per il ministro alcun obbligo, nei confronti del richiedente in questione, di prendere una decisione entro il suddetto termine. Una decisione negativa del ministro comporta l’ordine di lasciare il territorio.

(2)       I ricorsi amministrativi non contenziosi non interrompono il decorso dei termini di ricorso previsti dal presente articolo.

(3)       Avverso la decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale è proponibile una richiesta di riforma dinanzi al Tribunale amministrativo. Contro l’ordine di lasciare il territorio è possibile presentare un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale amministrativo. Entrambi i ricorsi devono costituire l’oggetto di un unico atto introduttivo, pena l’irricevibilità del ricorso separato. Il ricorso deve essere presentato entro un mese dalla notifica. Il termine di ricorso e il ricorso presentato entro il termine prescritto hanno effetto sospensivo. (...)

(4)       Contro le decisioni del Tribunale amministrativo è possibile presentare appello dinanzi alla Corte amministrativa. L’appello deve essere presentato entro un mese dalla notifica a cura della cancelleria. Il termine per l’appello e l’appello presentato entro il termine prescritto hanno effetto sospensivo (...)».

12      L’art. 20 della legge 5 maggio 2006 così prevede:

«(1)  Il ministro può decidere sulla fondatezza della domanda di protezione internazionale con procedura accelerata nei seguenti casi:

(...)

b)      qualora sia palese che il richiedente non soddisfa i requisiti previsti per ottenere lo status conferito dalla protezione internazionale;

(...)

d)      il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando false indicazioni o falsi documenti o celando informazioni o documenti riguardanti la propria identità o la propria cittadinanza che avrebbero potuto influenzare sfavorevolmente la decisione;

(...).

(2)      Il ministro decide al più tardi entro due mesi a decorrere dal giorno in cui venga accertato che il ricorrente rientra in uno dei casi previsti dal precedente n. 1. Il ministro adotta una decisione motivata, che viene comunicata per iscritto al richiedente. In caso di decisione negativa, le informazioni relative al diritto di proporre ricorso verranno espressamente indicate nella decisione. Una decisione negativa del ministro comporta l’ordine di lasciare il territorio conformemente alle disposizioni della legge 28 marzo 1972 e successive modificazioni (...).

(3)      I ricorsi amministrativi non contenziosi non interrompono il decorso dei termini di ricorso previsti dal presente articolo.

(4)      Contro le decisioni di rigetto della domanda di protezione internazionale adottate nell’ambito di un procedimento accelerato è possibile presentare richiesta di riforma dinanzi al Tribunale amministrativo. Contro l’ordine di lasciare il territorio è possibile presentare un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale amministrativo. Entrambi i ricorsi devono costituire l’oggetto di un unico atto introduttivo, pena l’irricevibilità del ricorso separato. Il ricorso deve essere presentato entro quindici giorni dalla notifica. Il Tribunale amministrativo decide entro due mesi dalla presentazione del ricorso. (...) Il termine di ricorso e il ricorso presentato entro il termine prescritto hanno effetto sospensivo. Le decisioni del Tribunale amministrativo non sono soggette a impugnazione.

(5)      La decisione del ministro di statuire sulla domanda di protezione internazionale con una procedura accelerata non è soggetta ad alcun mezzo di impugnazione».

13      La legge 5 maggio 2006 è stata modificata dalla legge 19 maggio 2011 (Mémorial A 2011, pag. 1618). Il n. 5 dell’art. 20 della prima di dette leggi è stato abrogato e il n. 4 di tale articolo è stato modificato nel modo seguente:

«Contro la decisione del ministro di statuire sulla fondatezza della domanda di protezione internazionale con procedura accelerata è possibile presentare un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale amministrativo. Contro le decisioni di rigetto della domanda di protezione internazionale adottate nell’ambito di un procedimento accelerato è possibile presentare richiesta di riforma dinanzi al Tribunale amministrativo. Contro l’ordine di lasciare il territorio è possibile presentare un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale amministrativo. Tutti e tre i ricorsi devono costituire oggetto di un unico atto introduttivo, pena l’irricevibilità del ricorso separato. Il ricorso deve essere presentato entro quindici giorni dalla notifica. Il Tribunale amministrativo decide entro due mesi dalla presentazione dell’atto introduttivo del ricorso. (...) Il termine di ricorso e il ricorso presentato entro il termine prescritto hanno effetto sospensivo. Le decisioni del Tribunale amministrativo non sono soggette a impugnazione».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

14      Il 19 agosto 2009 il sig. Samba Diouf, cittadino della Mauritania, ha presentato presso l’ufficio competente del ministère des Affaires étrangères et de l’Immigration (Ministero degli Affari esteri e dell’Immigrazione lussemburghese) una domanda di protezione internazionale. Il 22 settembre 2009 veniva sentito in merito alla sua situazione e ai motivi della domanda in questione.

15      Il sig. Samba Diouf dichiarava di aver lasciato la Mauritania per fuggire da una situazione di schiavitù e che desiderava stabilirsi in Europa per vivere in condizioni migliori e fondare una famiglia. L’interessato manifestava peraltro il timore che il suo ex datore di lavoro, cui egli avrebbe sottratto EUR 3 000 al fine di poter raggiungere l’Europa, lo facesse ricercare e uccidere.

16      La domanda di protezione internazionale presentata dal sig. Samba Diouf è stata esaminata con procedura accelerata e respinta, in quanto ritenuta infondata, con una decisione del Ministro lussemburghese del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione 18 novembre 2009, inviata tramite lettera raccomandata all’interessato il 20 novembre 2009.

17      Con tale decisione, in primo luogo, il sig. Samba Diouf è stato informato del fatto che si era statuito in merito alla fondatezza della domanda di protezione internazionale con una procedura amministrativa accelerata, poiché risultavano pertinenti due dei casi previsti all’art. 20, n. 1, della legge 5 maggio 2006, in quanto era palese che non erano soddisfatti i requisiti previsti per ottenere lo status conferito dalla protezione internazionale [art. 20, n. 1, lett. b)] e che richiedente aveva tentato di indurre in errore le autorità presentando false indicazioni o falsi documenti [art. 20, n. 1, lett. d)].

18      In secondo luogo, con la menzionata decisione, il ministro del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione ha rifiutato la protezione internazionale chiesta dal sig. Samba Diouf decidendo nel merito. In terzo luogo, detto ministro ha ordinato all’interessato di lasciare il territorio lussemburghese.

19      Il rigetto della domanda presentata dal sig. Samba Diouf è stato motivato adducendo, da un lato, che quest’ultimo aveva fornito un passaporto falsificato, il che aveva indotto in errore le autorità, e, dall’altro, che i motivi fatti valere erano di ordine economico e non che non rispondevano a nessuno dei criteri sostanziali che giustificano una protezione internazionale.

20      Più specificamente, è stato considerato che il timore di rappresaglie da parte dell’ex datore di lavoro del sig. Samba Diouf non potesse essere qualificato come timore di persecuzione ai sensi della Convenzione di Ginevra, non inserendosi in alcun contesto di tipo politico, etnico o religioso. Si è inoltre ritenuto che tale timore di rappresaglie, il quale permaneva ipotetico, non fosse stato dimostrato. Le altre considerazioni espresse dal sig. Samba Diouf, ossia che il suo arrivo in Europa era motivato anche dal desiderio di sposarsi e creare una famiglia, nonché la circostanza che le condizioni di lavoro in Mauritania erano troppo dure, sono state reputate manifestamente estranee alla sfera di applicazione della Convenzione di Ginevra. Peraltro, è stato fatto altresì presente che il nuovo governo mauritano ha adottato una legge contro la schiavitù, entrata in vigore nel febbraio 2008, in forza della quale la schiavitù è passibile di multa e di pena detentiva di dieci anni.

21      Infine, si è altresì considerato che non sussistessero nemmeno gravi e comprovati motivi idonei a consentire di ritenere che il sig. Samba Diouf corresse un rischio effettivo di subire le minacce gravi di cui all’art. 37 della legge 5 maggio 2006 e tali da giustificare la concessione di una protezione sussidiaria.

22      Avverso la decisione del ministro del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione 18 novembre 2009 il sig. Samba Diouf ha presentato, dinanzi al Tribunale amministrativo, un ricorso diretto, in primo luogo, all’annullamento della menzionata decisione in quanto, con essa, detto ministro ha deciso di statuire sulla fondatezza della sua domanda di protezione internazionale seguendo una procedura accelerata, in secondo luogo, alla riforma, se non all’annullamento della decisione di cui trattasi in quanto, con essa, gli è stata negata la concessione di una protezione internazionale e, in terzo luogo, all’annullamento della decisione medesima in quanto, con essa, gli è stato ordinato di lasciare il territorio lussemburghese.

23      È in sede di esame della ricevibilità del ricorso diretto all’annullamento della decisione del Ministro lussemburghese del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione di statuire sulla fondatezza della domanda del sig. Samba Diouf con una procedura accelerata, che il Tribunale amministrativo ha considerato che l’applicazione dell’art. 20, n. 5, della legge 5 maggio 2006, il quale prevede che per siffatta decisione non sia possibile alcun mezzo di impugnazione, solleva questioni attinenti all’interpretazione dell’art. 39 della direttiva 2005/85, in relazione con l’applicazione del principio generale del diritto a un mezzo di impugnazione efficace.

24      Al riguardo il Tribunale amministrativo (Tribunal administratif) osserva che la decisione di statuire sulla fondatezza di una domanda di asilo con procedura accelerata non è priva di conseguenze per il richiedente asilo. Da un lato, secondo tale giudice, la scelta di detta procedura accelerata che, contrariamente alle decisioni di merito vertenti sul rifiuto della protezione internazionale e sull’allontanamento dal territorio, non è impugnabile in forza del diritto lussemburghese, ha l’effetto di ridurre il termine di ricorso da un mese a quindici giorni. D’altro lato, i mezzi di impugnazione giurisdizionale, che di norma comportano due gradi di giudizio, non sono accessibili al richiedente asilo nell’ambito della procedura in parola, poiché il procedimento giudiziario, come sostenuto da detto giudice, è limitato ad un unico grado di giudizio.

25      Il Tribunale amministrativo prende inoltre posizione sull’argomentazione espostagli dal delegato del governo lussemburghese, secondo il quale la legittimità della decisione di statuire sulla fondatezza della domanda di protezione internazionale seguendo una procedura accelerata sarebbe sottoposta al sindacato del Tribunale amministrativo – attraverso un mezzo d’impugnazione indiretta – in sede di esame del ricorso per riforma contro la decisione definitiva di rigetto. Siffatto argomento sarebbe fondato su di una sentenza della Corte amministrativa (Cour administrative) del 16 gennaio 2007 (n. 22095 C).

26      Il Tribunale amministrativo fa valere che riguardo a tale punto non può seguire la citata sentenza della Corte amministrativa, poiché il controllo della decisione di statuire sulla fondatezza di una domanda di asilo con procedura accelerata «mediante l’azione esperibile contro la decisione definitiva», come proposto dalla Corte amministrativa, gli appare contrario all’intenzione del legislatore di escludere, attraverso l’art. 20, n. 5, della legge 5 maggio 2006, ogni sindacato di legittimità di tale decisione.

27      In queste circostanze, il Tribunale amministrativo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 39 della direttiva 2005/85/CE debba essere interpretato nel senso che osta a una norma nazionale come quella introdotta nel Granducato di Lussemburgo dall’art. 20, [n. 5], della legge [5 maggio 2006], in applicazione della quale un richiedente asilo non dispone di un mezzo di ricorso giurisdizionale avverso la decisione dell’autorità amministrativa di statuire sulla fondatezza della domanda di protezione internazionale seguendo una procedura accelerata.

2)       In caso di risposta negativa [alla prima questione], se il principio generale del diritto ad un ricorso effettivo alla luce del diritto comunitario, ispirato dagli artt. 6 e 13 della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950], debba essere interpretato nel senso che osta a una norma di diritto nazionale quale quella introdotta nel Granducato di Lussemburgo dall’art. 20, [n. 5], della legge [5 maggio 2006], in applicazione della quale un richiedente asilo non dispone di un mezzo di ricorso giurisdizionale avverso la decisione dell’autorità amministrativa di esaminare la domanda di protezione internazionale seguendo una procedura accelerata».

 Sulle questioni pregiudiziali

28      Con le suesposte questioni, che occorre prendere in esame congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 39, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/85, in base al quale il richiedente asilo deve avere diritto a un mezzo di impugnazione efficace avverso la decisione «sulla sua domanda di asilo» e, più in generale, il principio generale del diritto a un mezzo di impugnazione efficace debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa come quella in discussione nella causa principale, in forza della quale non è possibile proporre alcun ricorso giurisdizionale autonomo avverso la decisione dell’autorità nazionale competente di esaminare una domanda di asilo seguendo una procedura accelerata.

 Osservazioni preliminari

29      Ai fini dell’esame della presente questione occorre, in via preliminare, sottolineare che le procedure istituite dalla direttiva 2005/85 costituiscono norme minime e che gli Stati membri dispongono sotto vari profili di una certa discrezionalità per l’attuazione di tali disposizioni, tenendo conto delle specificità del diritto nazionale.

30      Così, ai sensi dell’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 2005/85, l’organizzazione dell’esame delle domande di asilo è lasciata alla discrezione degli Stati membri, che possono scegliere, in base alle esigenze nazionali, di esaminare in via prioritaria talune domande, o accelerarne l’esame, conformemente alle norme stabilite nella menzionata direttiva, fatto salvo, ai sensi dell’art. 23, n. 2, della stessa, un esame adeguato e completo. Nel medesimo ‘considerando’ si sottolinea come sia nell’interesse, tanto degli Stati membri quanto dei richiedenti asilo, decidere quanto prima possibile in merito alle domande di asilo.

31      L’art. 23 della direttiva 2005/85 conferisce agli Stati membri in particolare la possibilità di applicare una procedura accelerata nelle ipotesi di cui ai suoi nn. 3 e 4, ossia, qualora la domanda sia verosimilmente fondata o il richiedente abbia particolari necessità o ancora sulla base di sedici motivi specifici che giustificano l’applicazione di una simile procedura. Questi ultimi riguardano segnatamente le domande in cui tutto depone nel senso della loro infondatezza, sussistendo elementi chiari e manifesti tali da consentire alle autorità di ritenere che il richiedente non potrà beneficiare di una protezione internazionale, nonché le domande fraudolente o abusive.

32      A riguardo l’art. 23, n. 4, lett. b) e d), della direttiva 2005/85 menziona fra le altre, le situazioni in cui il richiedente manifestamente non può essere considerato rifugiato o non è a lui attribuibile lo status di rifugiato in uno Stato membro in forza della direttiva 2004/83/CE, o ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alla sua identità e/o alla sua cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente.

33      La direttiva 2005/85 non contiene definizioni della nozione di procedura accelerata. Tuttavia, all’art. 23, n. 4, essa subordina l’esame in via accelerata di talune domande di asilo al rispetto dei principi fondamentali e delle garanzie di cui al suo capo II. In detto capo si trova un insieme di disposizioni dirette a garantire un accesso effettivo alle procedure di asilo imponendo agli Stati membri di accordare ai richiedenti sufficienti garanzie per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura.

34      Ai sensi del suo ottavo ‘considerando’, la direttiva 2005/85 rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, le decisioni relative a una domanda di asilo e alla revoca dello status di rifugiato devono essere soggette, secondo il ventisettesimo ‘considerando’ di tale direttiva, ad un rimedio effettivo dinanzi a un giudice a norma dell’art. 267 TFUE.

35      Il principio fondamentale del diritto a un mezzo di impugnazione efficace è oggetto dell’art. 39 della direttiva 2005/85. Detto articolo impone agli Stati membri di garantire ai richiedenti asilo il diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice nei casi elencati al n. 1 del medesimo articolo.

36      In base a detto art. 39, n. l, lett. a), gli Stati membri devono prevedere che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice avverso «la decisione sulla sua domanda di asilo», compresa la decisione di considerare la domanda irricevibile, la decisione presa alla frontiera o nelle zone di transito, nonché la decisione di non procedere a un esame della domanda, a causa della circostanza che l’autorità competente ha stabilito che il richiedente asilo sta cercando di entrare o è entrato illegalmente nel suo territorio da un paese terzo sicuro.

 Sulla nozione di decisione sulla domanda di asilo, ai sensi dell’art. 39, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/85

37      Il giudice del rinvio chiede, in primo luogo, se l’art. 39, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/85 debba essere interpretato nel senso che esso riguarda la decisione dell’autorità amministrativa competente di esaminare una domanda di protezione internazionale seguendo una procedura accelerata.

38      Il ricorrente della causa principale sostiene che la formulazione letterale deliberatamente poco precisa dell’art. 39, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/85 consente di affermare che tale disposizione si riferisce a qualsiasi decisione in materia di domanda di asilo e che gli Stati membri devono prevedere un diritto a un ricorso contro la decisione di un’autorità nazionale di prendere in esame una domanda con una procedura accelerata.

39      I governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione, per contro, fanno valere che tale disposizione concerne solamente le decisioni definitive che comportano il rifiuto o la revoca dello status di rifugiato. Oggetto del mezzo di impugnazione efficace di cui all’art. 39, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/85 potrebbe essere unicamente la decisione finale che statuisce sulla domanda di protezione, e non la decisione in base alla quale l’autorità nazionale decide di esaminare tale domanda seguendo una procedura accelerata, che sarebbe una decisione preparatoria alla decisione finale o una decisione di organizzazione del procedimento.

40      Di conseguenza è necessario verificare se la decisione di esaminare una domanda di asilo con procedura accelerata costituisca una decisione «sulla (...) domanda di asilo», avverso la quale il richiedente dispone del diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice, in applicazione dell’art. 39, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/85.

41      In proposito si deve rilevare che dal dettato dell’art. 39, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/85 e, segnatamente, dai casi ivi elencati in modo non esaustivo, risulta che la nozione di «decisione [sulla] domanda di asilo» include una serie di decisioni le quali, in quanto comportano il rigetto della domanda di asilo o sono prese alla frontiera, equivalgono ad una pronuncia definitiva e negativa di merito. Parimenti vale rispetto ad altre decisioni che, in forza dell’art. 39, n. 1, lett. b) a e), della direttiva 2005/85, formano necessariamente oggetto del diritto ad un mezzo d’impugnazione efficace.

42      Pertanto, le decisioni avverso cui il richiedente asilo deve disporre di un mezzo d’impugnazione ai sensi dell’art. 39, n. 1, della direttiva 2005/85 sono quelle che comportano il rigetto della domanda di asilo per motivi di merito o, eventualmente, per vizi di forma o di procedura che rendano impossibile l’adozione di una decisione di merito.

43      Da ciò consegue che le decisioni preparatorie alla decisione nel merito o le decisioni di organizzazione del procedimento non sono considerate dalla disposizione in parola.

44      Peraltro, come osservato dall’avvocato generale ai paragrafi 53 e 54 delle sue conclusioni, interpretare il dettato letterale dell’art. 39 della direttiva 2005/85 nel senso che una «decisione [sulla] domanda» riguarderebbe qualsiasi decisione relativa alla domanda di asilo e prenderebbe in considerazione parimenti le decisioni preparatorie alla decisione finale che statuisce sulla domanda di asilo, o le decisioni di organizzazione del procedimento, non sarebbe conforme all’interesse al rapido espletamento delle procedure in materia di domande di asilo. Tale interesse a che una procedura in detta materia sia, conformemente all’art. 23, n. 2, della direttiva 2005/85, espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo, è, come risulta dall’undicesimo ‘considerando’ della menzionata direttiva, condiviso tanto dagli Stati membri quanto dai richiedenti asilo.

45      Di conseguenza, l’art. 39, n. 1, della direttiva 2005/85 deve essere interpretato nel senso che non impone che il diritto nazionale preveda un ricorso specifico o autonomo avverso la decisione di esaminare una domanda di asilo seguendo una procedura accelerata. La disposizione in parola non osta quindi, in via di principio, ad una normativa come quella di cui all’art. 20, n. 5, della legge 5 maggio 2006.

 Sulla compatibilità di una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale con il diritto a un mezzo di impugnazione efficace

46      L’art. 39, n. 2, della direttiva 2005/85 lascia agli Stati membri il compito di prevedere i termini e le altre norme necessarie per l’esercizio del diritto ad un mezzo di impugnazione efficace di cui a detto art. 39, n. 1. Come rammentato al ventisettesimo ‘considerando’ della direttiva in parola, l’effettività del rimedio, anche per quanto concerne l’esame degli elementi pertinenti, dipende dal sistema amministrativo e giudiziario di ciascuno Stato membro considerato nel suo complesso.

47      Dal momento che, nella causa principale, le motivazioni addotte dall’autorità competente per scegliere l’applicazione di una procedura accelerata coincidono con, o corrispondono significativamente a, quelle che hanno condotto alla decisione di merito di non concedere lo status di rifugiato, il giudice del rinvio chiede, in secondo luogo, se la circostanza che un richiedente di asilo non possa beneficiare di un diritto di ricorso avverso la decisione dell’autorità amministrativa competente di esaminare la sua domanda con procedura accelerata violi il diritto a un mezzo di impugnazione efficace, in quanto il richiedente asilo non sarebbe in grado di contestare nel merito la decisione con cui gli si nega lo status di rifugiato.

48      La questione posta concerne quindi il diritto di un richiedente asilo a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice conformemente all’art. 39 della direttiva 2005/85 e, nel contesto del diritto dell’Unione, al principio della tutela giurisdizionale effettiva.

49      Tale principio costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, attualmente espresso all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. sentenza 22 dicembre 2010, causa C‑279/09, DEB, Racc. pag. I‑13849, punti 30 e 31, nonché ordinanza 1° marzo 2011, causa C‑457/09, Chartry, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).

50      È pertanto necessario verificare se il sistema realizzato dalla normativa nazionale di cui alla causa principale rispetti il principio di tutela giurisdizionale effettiva e, in particolare, se la mancanza di ricorso avverso la decisione di esaminare la domanda di asilo nell’ambito di un procedimento accelerato privi il richiedente asilo del suo diritto a un rimedio effettivo.

51      La legge 5 maggio 2006, all’art. 20, n. 4, prevede il diritto di presentare richiesta di riforma dinanzi al Tribunale amministrativo avverso la decisione, adottata dal Ministro del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione con procedura accelerata, di respingere la domanda di protezione internazionale, nonché un ricorso per annullamento contro l’ordine di lasciare il territorio.

52      Secondo il ricorrente nella causa principale, l’art. 20, n. 5, della legge 5 maggio 2006, il quale stabilisce che la decisione del Ministro di statuire sulla fondatezza della domanda di protezione internazionale con procedura accelerata non è soggetta a impugnazione, impedisce qualsiasi sindacato giurisdizionale di tale decisione, sia attraverso un ricorso autonomo, sia nell’ambito di un ricorso nel merito avverso la decisione definitiva relativa alla concessione della protezione internazionale. Una siffatta impossibilità di esperire ricorso impedirebbe al richiedente di avere accesso ad un mezzo di impugnazione efficace contro la decisione definitiva che si pronuncia nel merito sulla sua domanda di asilo, in quanto la sua impugnazione nel merito non avrebbe possibilità alcuna di prosperare in simili circostanze.

53      I governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione considerano che al diritto a un mezzo di impugnazione efficace non osti una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale, sottolineando che, in sede di esame della decisione finale, il fondamento giuridico di ogni decisione preparatoria deve poter essere oggetto di sindacato giurisdizionale. In proposito il governo lussemburghese fa valere che un mezzo di impugnazione efficace sarebbe offerto mediante l’azione esperibile contro la decisione definitiva, come riconosciuto dalla Corte amministrativa, nella sua sentenza 16 gennaio 2007 (n. 22095C), e come dimostrerebbe la giurisprudenza finora costante del Tribunale amministrativo.

54      A tale riguardo occorre rammentare che, nella sentenza 11 settembre 2003, causa C‑13/01, Safalero (Racc. pag. I‑8679, punti 54‑56), la Corte ha dichiarato che il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti ai singoli dall’ordinamento giuridico dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale ai sensi della quale un singolo non ha la possibilità di presentare un ricorso giurisdizionale contro una decisione adottata dalla pubblica amministrazione, laddove disponga di un rimedio giurisdizionale idoneo ad assicurargli il rispetto dei diritti attribuitigli dal diritto dell’Unione, e sulla cui base può ottenere che sia dichiarata giudizialmente l’incompatibilità della detta disposizione con il diritto dell’Unione.

55      La decisione vertente sulla procedura applicabile all’esame della domanda di asilo, adottata in modo autonomo e indipendentemente dalla decisione finale che accoglie tale domanda o la respinge, costituisce un atto preparatorio della decisione finale che statuisce sulla domanda.

56      In siffatte condizioni, la mancanza di ricorso a tale stadio della procedura non costituisce una violazione del diritto a un mezzo di impugnazione efficace, purché, tuttavia, la legittimità della decisione finale adottata seguendo una procedura accelerata, e segnatamente i motivi che hanno indotto l’autorità competente a respingere la domanda di asilo come infondata, possano essere oggetto di un esame approfondito da parte del giudice nazionale, nell’ambito del ricorso avverso la decisione di rigetto di detta domanda.

57      Quanto al controllo giurisdizionale effettuato nell’ambito del ricorso nel merito contro la decisione di respingere la domanda di protezione internazionale, si deve rilevare che l’efficacia del ricorso non sarebbe garantita qualora, a causa dell’impossibilità di esperire un ricorso di cui all’art. 20, n. 5, della legge 5 maggio 2006, i motivi che hanno indotto il Ministro del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione a verificare la fondatezza della domanda nell’ambito di un procedimento accelerato non potessero costituire l’oggetto di siffatto controllo. In effetti, in una situazione come quella in discussione nella causa principale, i motivi addotti dal citato ministro per giustificare l’avvio del procedimento accelerato sono i medesimi che hanno condotto a respingere la domanda di cui trattasi. Una situazione del genere renderebbe impossibile il sindacato di legittimità della decisione, in fatto come in diritto (v., per analogia, sentenza 19 settembre 2006, causa C‑506/04, Wilson, Racc. pag. I‑8613, punti 60‑62).

58      È di conseguenza necessario che i motivi addotti a giustificazione dell’applicazione di una procedura accelerata possano essere effettivamente contestati successivamente dinanzi al giudice nazionale e da questi vagliati nell’ambito del ricorso esperibile contro la decisione finale con la quale si conclude il procedimento relativo alla domanda di asilo. Non sarebbe, infatti, compatibile con il diritto dell’Unione la circostanza che una normativa nazionale come quella risultante dall’art. 20, n. 5, della legge 2006 potesse essere interpretata nel senso che i motivi che hanno indotto l’autorità amministrativa competente ad esaminare la domanda di asilo con procedura accelerata non possano costituire l’oggetto di alcun controllo giurisdizionale.

59      A tale riguardo occorre ricordare che, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, non spetta alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni nazionali, né giudicare se l’interpretazione che ne dà il giudice del rinvio sia corretta. Solamente i giudici nazionali, infatti, sono competenti a pronunciarsi sull’interpretazione del diritto interno (v., in tal senso, sentenza 23 aprile 2009, cause riunite da C‑378/07 a C‑380/07, Angelidaki e a., Racc. pag. I‑3071, punto 48).

60      Tuttavia, nel contesto di cui trattasi, occorre ricordare l’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale, che permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle loro competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (v., in particolare, sentenza 15 aprile 2008, causa C‑268/06, Impact, Racc. pag. I‑2483, punto 99). Il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti della loro competenza, prendendo in considerazione il diritto interno nella sua interezza e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena effettività della direttiva di cui trattasi e pervenire ad una soluzione conforme alla finalità perseguita da quest’ultima (v. sentenza Impact, cit., punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

61      L’obiettivo della direttiva 2005/85 consiste nello stabilire un ambito comune di garanzie idonee ad assicurare il pieno rispetto della Convenzione di Ginevra e dei diritti fondamentali. Il diritto a un mezzo di impugnazione efficace costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione. Affinché l’esercizio di tale diritto sia effettivo, il giudice nazionale deve poter verificare la fondatezza dei motivi che hanno indotto l’autorità amministrativa competente a considerare la domanda di protezione internazionale infondata o abusiva, senza che detti motivi beneficino di una presunzione inconfutabile di legittimità. È parimenti nell’ambito di tale ricorso che il giudice nazionale investito della causa deve verificare se la decisione di esaminare una domanda di asilo con procedura accelerata sia stata adottata nel rispetto delle procedure e delle garanzie fondamentali di cui al capo II della direttiva 2005/85, come dispone l’art. 23, n. 4, della stessa.

62      Relativamente ai termini per proporre ricorso e alla possibilità di un doppio grado di giudizio, il giudice del rinvio fa osservare le differenze esistenti fra la procedura accelerata e la procedura ordinaria di esame di una domanda di asilo. Detto giudice pone segnatamente in evidenza che il ricorso contro la decisione finale deve essere proposto entro il termine di quindici giorni a decorrere dalla notifica della stessa, invece del termine di un mese previsto nell’ambito della procedura ordinaria, e che le decisioni del Tribunale amministrativo adottate nell’ambito di un procedimento accelerato non sono appellabili.

63      I governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione sostengono che il minimo richiesto dal principio della garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva è soddisfatto dalla presenza di un solo ricorso giurisdizionale, senza che un termine di quindici giorni, nella fattispecie, costituisca una violazione di detto principio, né con riguardo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, né con riguardo a quella della Corte di giustizia.

64      Occorre verificare se il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale, come quella in discussione nella causa principale, in quanto la scelta di una procedura accelerata invece della procedura ordinaria comporta differenze che si concretizzano, essenzialmente, nella circostanza che al richiedente asilo è riservato un trattamento meno favorevole dal punto di vista del diritto a un mezzo di impugnazione efficace, dal momento che tale richiedente può esperire un ricorso unicamente entro il termine di quindici giorni e non dispone di due gradi di giudizio.

65      In proposito si deve innanzitutto rilevare che le differenze esistenti, nella normativa nazionale, fra la procedura accelerata e la procedura ordinaria, le quali si concretizzano in un termine di ricorso più breve e nella mancanza di un doppio grado di giudizio, sono collegate alla natura della procedura attuata. Le disposizioni di cui trattasi nella causa principale mirano a garantire un trattamento più rapido delle domande di asilo infondate o irricevibili, al fine di consentire un trattamento più efficace delle domande presentate da persone idonee a beneficiare dello status di rifugiato.

66      Riguardo alla circostanza che il termine di ricorso sia di quindici giorni nell’ipotesi di una procedura accelerata, mentre è invece di un mese nel caso di una decisione adottata applicando la procedura ordinaria, l’essenziale, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, è che il termine disponibile sia materialmente sufficiente per la preparazione e la presentazione di un ricorso giurisdizionale efficace.

67      Per i procedimenti abbreviati un termine di ricorso di quindici giorni non sembra, in via di principio, materialmente insufficiente per la preparazione e la presentazione di un ricorso, e appare ragionevole e proporzionato rispetto ai diritti e agli interessi in oggetto.

68      Spetta tuttavia al giudice nazionale, qualora, alla luce delle circostanze del caso specifico, detto termine risultasse insufficiente, stabilire se tale elemento sia idoneo a costituire, di per sé, un motivo sufficiente per accogliere il ricorso proposto indirettamente contro la decisione di esaminare la domanda di asilo con procedura accelerata, cosicché, con l’accoglimento del ricorso, tale giudice possa disporre che la domanda sia riesaminata seguendo una procedura ordinaria.

69      Quanto alla circostanza per cui il richiedente asilo dispone di due gradi di giudizio solo nei confronti di una decisione adottata seguendo la procedura ordinaria, si deve rilevare che la direttiva 2005/85 non impone l’esistenza di un doppio grado di giudizio. L’essenziale è unicamente che sia possibile esperire un ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale, come garantito dall’art. 39 della direttiva 2005/85. Il principio della tutela giurisdizionale effettiva attribuisce al singolo il diritto di adire un giudice, e non il diritto a più gradi di giudizio.

70      Occorre pertanto risolvere le questioni poste dichiarando che l’art. 39 della direttiva 2005/85 e il principio di tutela giurisdizionale effettiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella in discussione nella causa principale, in forza della quale non può essere proposto un ricorso autonomo avverso la decisione dell’autorità nazionale competente di esaminare una domanda di asilo seguendo una procedura accelerata, qualora i motivi che hanno indotto detta autorità a verificare la fondatezza di tale domanda seguendo una procedura siffatta possano essere effettivamente sottoposti ad un controllo giurisdizionale nell’ambito del ricorso esperibile contro decisione finale di respingere la menzionata domanda, circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare.

 Sulle spese

71      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’art. 39 della direttiva del Consiglio 1° dicembre 2005, 2005/85/CE, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, e il principio di tutela giurisdizionale effettiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella in discussione nella causa principale, in forza della quale non può essere proposto un ricorso autonomo avverso la decisione dell’autorità nazionale competente di esaminare una domanda di asilo seguendo una procedura accelerata, qualora i motivi che hanno indotto detta autorità a verificare la fondatezza di tale domanda seguendo una procedura siffatta possano essere effettivamente sottoposti ad un controllo giurisdizionale nell’ambito del ricorso esperibile contro la decisione finale di respingere la menzionata domanda, circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare.

Firme


* Lingua processuale: il francese.