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Impugnazione proposta il 13 luglio 2015 dalla Bank of Industry and Mine avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 29 aprile 2015, nella causa T-10/13, Bank of Industry and Mine / Consiglio

(Causa C-358/15 P)

Lingua processuale: il francese

Parti

Ricorrente: Bank of Industry and Mine (rappresentanti: E. Rosenfeld e S. Perrotet, avvocati)

Altra parte nel procedimento: Consiglio dell'Unione europea

Conclusioni della ricorrente

Annullare la sentenza emessa dalla Prima Sezione del Tribunale dell’Unione europea nella causa T-10/13, notificata alla ricorrente il 5 maggio 2015, con cui il Tribunale ha respinto il ricorso di annullamento proposto dalla società Bank of Industry and Mine in detta causa e l’ha condannata alla totalità delle spese.

accogliere le conclusioni presentate dalla ricorrente in primo grado;

condannare il convenuto alle spese dei giudizi.

Motivi e principali argomenti

La ricorrente deduce sette motivi a sostegno della sua impugnazione.

In primo luogo, la ricorrente ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto constatando, al punto 99 della sua decisione, che la decisione 2012/6351 era stata adottata dal Consiglio sul fondamento dell’articolo 29 TUE e traendone la conclusione, al punto 101, che tale decisione non doveva soddisfare i requisiti previsti all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE. Il Tribunale avrebbe altresì commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 105 della sua decisione, che il Consiglio aveva il diritto di prevedere competenze di esecuzione ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Inoltre, il Consiglio avrebbe commesso un altro errore di diritto considerando soddisfatte le condizioni previste per ricorrere all’articolo 291, paragrafo 1, TFUE. L’articolo 215 TFUE costituirebbe, infatti, l’unica procedura applicabile in materia di misure restrittive. Non potrebbe quindi essere applicato l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, tanto più che tale articolo sarebbe applicabile solo agli atti che richiedono misure di esecuzione. Orbene, le misure di congelamento di capitali costituirebbero, per loro natura, misure di esecuzione. Esse non potrebbero quindi materialmente rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Inoltre, le condizioni stabilite per ricorrere all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, non sarebbero soddisfatte, poiché il Consiglio, nelle sue decisioni impugnate, non avrebbe debitamente giustificato il ricorso a tale procedura.

In secondo luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di avere considerato che l’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/4132 , quale modificata dalla decisione 2012/353 e dalla decisione 2012/635, e l’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/20124 , non violassero i principi di certezza, prevedibilità giuridica e proporzionalità, nonché il diritto di proprietà. Il criterio della rilevanza quantitativa e qualitativa, di cui al punto 79 della decisione del Tribunale, non figurerebbe negli atti contestati. Il Tribunale l’avrebbe quindi creato ex novo allo scopo di riconoscere validi gli atti impugnati. Inoltre, tale criterio sarebbe di per sé vago, impreciso e sproporzionato. Il Tribunale avrebbe quindi commesso un errore di diritto nel considerare il versamento di un contributo allo Stato iraniano da parte della ricorrente in sede di impugnazione come una forma di sostegno nel senso degli atti impugnati.

In terzo luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto ai punti 135 e 136 della sua sentenza dichiarando che gli atti impugnati erano sufficientemente motivati, laddove lo stesso Tribunale avrebbe riconosciuto, al punto 134 di detta sentenza, che gli atti impugnati non precisavano la portata e le modalità dell’azione di sostegno imputata alla ricorrente. Inoltre la ricorrente non sarebbe stata in grado di capire, leggendo gli atti impugnati, i motivi per i quali era stata sanzionata, circostanza che dimostrerebbe un’insufficiente motivazione.

In quarto luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel considerare, al punto 163 della sua decisione, che il mancato riesame della situazione della ricorrente nei termini previsti non era tale da comportare l’illegittimità del mantenimento di quest’ultima sull’elenco delle entità sanzionate, mentre tale obbligo di riesame avrebbe una connotazione rigorosamente oggettiva.

In quinto luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto considerando che le decisioni impugnate non ledessero i diritti fondamentali della ricorrente e non fossero sproporzionate, mentre le stesse erano vaghe e imprecise. Similmente, il criterio dell’importanza quantitativa e qualitativa stabilito dal Tribunale sarebbe intrinsecamente arbitrario.

In sesto luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto ai punti 179 e 183 della sua sentenza considerando che la ricorrente, poiché versava un contributo obbligatorio, agisse in sostegno del governo iraniano, mentre tale contributo costituirebbe semplicemente un’imposta e la ricorrente si troverebbe nella stessa situazione di un semplice contribuente.

In ultimo luogo, il Tribunale avrebbe omesso di constatare che il Consiglio aveva violato il principio di non discriminazione sanzionando la ricorrente, perché versava un contributo allo Stato iraniano, e non tutte le imprese assoggettate a tale contributo.

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1 Decisione 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell'Iran (GU L 282, pag. 58).

2 Decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell'Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39).

3 Decisione 2012/35/PESC del Consiglio, del 23 gennaio 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC relativa a misure restrittive nei confronti dell'Iran (GU L 19, pag. 22).

4 Regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU L 88, pag. 1).