Language of document : ECLI:EU:C:2015:13

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

15 gennaio 2015 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Medicinali per uso umano – Certificato protettivo complementare – Regolamento (CE) n. 469/2009 – Nozione di “principio attivo” – Vaccino pneumococcico coniugato – Uso pediatrico – Proteina vettrice – Legame covalente»

Nella causa C‑631/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Patent- und Markensenat (Austria), con decisione del 28 agosto 2013, pervenuta in cancelleria il 2 dicembre 2013, nel procedimento

Arne Forsgren

contro

Österreichisches Patentamt,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da C. Toader, facente funzione di presidente dell’Ottava Sezione, E. Jarašiūnas e C.G. Fernlund (relatore), giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per A. Forsgren, da D. Alge, Patentanwalt,

–        per la Commissione europea, da F. Bulst e G. Braun, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 1, lettera b), e 3, lettere a) e b), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 152, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Forsgren e l’Österreichisches Patentamt (Ufficio brevetti austriaco), in merito al rilascio di un certificato protettivo complementare (in prosieguo: il «CPC»).

 Contesto normativo

3        L’articolo 1 del regolamento n. 469/2009, intitolato «Definizioni», è formulato come segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)      “medicinale”: ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale;

b)      “prodotto”: il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale;

c)      “brevetto di base”: un brevetto che protegge un prodotto in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un certificato;

d)      “certificato”: il certificato protettivo complementare;

(...)».

4        Sotto il titolo «Ambito di applicazione», l’articolo 2 di tale regolamento così dispone:

«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio a una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano [(GU L 311, pag. 67),] o della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari [(GU L 311, pag. 1),] può formare oggetto di un certificato alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente regolamento».

5        Ai sensi dell’articolo 3 di detto regolamento, intitolato «Condizioni di rilascio del certificato»:

«Il certificato viene rilasciato se nello Stato membro nel quale è presentata la domanda di cui all’articolo 7 e alla data di tale domanda:

a)      il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore;

b)      per il prodotto in quanto medicinale è stata rilasciata un’autorizzazione in corso di validità di immissione in commercio a norma, secondo il caso, della direttiva [2001/83] o della direttiva [2001/82];

c)      il prodotto non è già stato oggetto di un certificato;

d)      l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio [in prosieguo: una “AIC”] del prodotto in quanto medicinale».

6        L’articolo 4 del medesimo regolamento, intitolato «Oggetto della protezione», è formulato come segue:

«Nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal certificato riguarda il solo prodotto oggetto dell’[AIC] del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7        Dal fascicolo presentato alla Corte risulta che il sig. Forsgren è titolare di un brevetto europeo (EP0594610B1, in prosieguo: il «brevetto di base») avente ad oggetto la «Proteina D – una proteina dell’Haemophilus influenzae che si lega ad immunoglobuline D [IgD]».

8        La proteina D è contenuta in un vaccino pneumococcico per uso pediatrico denominato «Synflorix». Quest’ultimo dispone di una AIC sulla base della decisione C(2009) 2563 della Commissione, del 30 marzo 2009, che accorda l’autorizzazione di immissione in commercio del medicinale per uso umano «Synflorix – Vaccino pneumococcico polisaccaridico coniugato (adsorbito)» a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU C 101, pag. 3, in prosieguo: l’«AIC del Synflorix»).

9        Risulta dai termini dell’AIC del Synflorix, nella versione vigente all’epoca dei fatti del procedimento principale, ed in particolare dal riassunto delle caratteristiche del prodotto riportato al suo allegato I, che il Synflorix è un vaccino composto da dieci sierotipi di polisaccaridi pneumococcici coniugati a proteine vettrici e adsorbiti su alluminio fosfato. Per otto di tali sierotipi, la proteina D è la proteina vettrice. Le indicazioni terapeutiche contenute nell’AIC sono le seguenti: «Immunizzazione attiva contro la patologia invasiva, e l’otite media acuta causata da Streptococcus pneumoniae in neonati e bambini da 6 settimane ai due anni d’età». Dall’allegato I dell’AIC del Synflorix risulta che gli eccipienti di tale vaccino sono il sodio cloruro e l’acqua per preparazioni iniettabili.

10      Il 24 settembre 2009, il sig. Forsgren ha richiesto all’Österreichisches Patentamt un CPC per la proteina D. Tale domanda è stata respinta con la motivazione che la proteina D sarebbe unicamente un eccipiente.

11      La commissione ricorsi dell’Österreichisches Patentamt ha confermato tale decisione. Tale commissione ha riconosciuto l’effetto terapeutico della proteina D contro il batterio Haemophilus influenzae. Tuttavia, essa ha osservato che la proteina D non è presente in quanto tale nel Synflorix, ma è ivi legata in maniera covalente ad altri principi attivi. Di conseguenza, la proteina D non potrebbe essere oggetto di un’autorizzazione, in quanto medicinale, ai sensi del regolamento n. 469/2009.

12      Il sig. Forsgren ha presentato ricorso dinanzi all’Oberster Patent- und Markensenat (supremo organo giurisdizionale in materia di marchi e brevetti) avverso tale decisione della commissione ricorsi dell’Österreichisches Patentamt. Egli sostiene che la proteina D sia dotata di un effetto terapeutico proprio e che per lo stesso prodotto sarebbero stati concessi vari CPC in diversi Stati membri.

13      Nella sua decisione di rinvio, l’Oberster Patent- und Markensenat rileva che:

–        la proteina D è protetta da un brevetto di base;

–        nessun CPC è stato rilasciato per tale sostanza;

–        il Synflorix dispone di una AIC;

–        la proteina D presente nel Synflorix produce due effetti propri:

–        quale vaccino contro l’otite media acuta causata da batteri Haemophilus influenzae non tipizzabili, e

–        quale adiuvante delle sostanze attive contro gli pneumococchi (polisaccaridi pneumococcici).

14      Il giudice del rinvio ritiene che il rilascio di un CPC dipenda unicamente dalla questione se la proteina D possa essere considerata come un principio attivo del medicinale Synflorix. Tale giudice dubita che possa essere considerata tale, per due ragioni.

15      In primo luogo, il giudice del rinvio si domanda se l’esistenza di un legame covalente tra la proteina D ed altre sostanze non escluda, in qualsiasi caso, il rilascio di un CPC. Contrariamente alle fattispecie che hanno dato luogo alle sentenze Medeva (C‑322/10, EU:C:2011:773) nonché Georgetown University e a. (C‑422/10, EU:C:2011:776), il principio attivo per il quale il CPC è stato richiesto nel procedimento principale è presente nel medicinale autorizzato non accanto ad altri principi attivi, bensì in legame covalente con questi ultimi. In considerazione di tale legame molecolare, il detto medicinale conterrebbe una sostanza diversa da quella oggetto del brevetto di base.

16      Secondo il giudice del rinvio, se modifiche marginali ad una molecola possono alterarne considerevolmente gli effetti, la stessa cosa dovrebbe avvenire, a maggior ragione, qualora un’altra sostanza le venga aggiunta in covalenza. Ciò potrebbe tuttavia non verificarsi nel caso di specie, nella misura in cui la proteina D, nonostante il legame covalente, ha un effetto immunogenico proprio contro l’Haemophilus influenzae. In tali condizioni, il giudice del rinvio è propenso a ritenere che un CPC possa essere rilasciato anche per un principio attivo protetto da un brevetto di base, qualora esso sia contenuto nel medicinale unicamente nel quadro di un legame covalente.

17      In secondo luogo, il giudice del rinvio nutre dubbi in merito alla questione se il fatto che la proteina D non disponga di una AIC osti al rilascio di un CPC. Tale giudice si domanda se l’AIC del Synflorix copra anche la proteina D, ai fini dell’applicazione dell’articolo 3, lettera b), del regolamento n. 469/2009, dal momento che tale autorizzazione riguarda la proteina D solo in quanto proteina vettrice, e indica espressamente che non ci sono prove di una sua efficacia propria, in quanto vaccino, contro i batteri Haemophilus influenzae.

18      Il giudice del rinvio si domanda se la proteina D, in quanto proteina vettrice, possa formare oggetto di un CPC. Sulla base della sentenza Massachusetts Institute of Technology (C‑431/04, EU:C:2006:291), tale giudice ritiene che il rilascio di un CPC sia ancor meno probabile in quanto la proteina D permette unicamente la somministrazione di un principio attivo.

19      Il giudice del rinvio dubita inoltre che la proteina D possa formare oggetto di un CPC per la sua azione consistente nell’aumentare gli effetti dei polisaccaridi pneumococcici. Egli ritiene che, non essendo tale effetto adiuvante ricompreso nei termini dell’AIC, detta circostanza osti anch’essa al rilascio di un CPC, indipendentemente dalla risposta della Corte alla domanda di pronuncia pregiudiziale nella controversia che ha dato luogo all’ordinanza Glaxosmithkline Biologicals e Glaxosmithkline Biologicals, Niederlassung der Smithkline Beecham Pharma (C‑210/13, EU:C:2013:762).

20      È in tale contesto che l’Oberster Patent- und Markensenat ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, ai sensi degli articoli 1, lettera b), e 3, lettere a) e b), del [regolamento n. 469/2009], ove sussistano gli ulteriori requisiti, possa essere rilasciato un [CPC] per un principio attivo (nella specie: la proteina D) protetto da un brevetto di base, qualora tale principio attivo sia presente nel medicinale (nella specie: il Synflorix) in legame covalente (molecolare) con altri principi attivi, ma mantenga i propri effetti.

2)      In caso di soluzione affermativa della prima questione:

a)      Se, ai sensi dell’articolo 3, lettere a) e b), del [regolamento n. 469/2009], possa essere rilasciato un [CPC] per la sostanza (nella specie: la proteina D) protetta dal brevetto di base, qualora essa sia munita di effetti terapeutici propri (nella specie, quale vaccino contro i batteri Haemophilus influenzae), ma l’[AIC] del medicinale non si riferisca a tali effetti.

b)      Se, ai sensi dell’articolo 3, lettere a) e b), del [regolamento n. 469/2009], possa essere rilasciato un [CPC] per la sostanza (nella specie: la proteina D) protetta dal brevetto di base, qualora l’[AIC] indichi tale sostanza come “vettrice” per i principi attivi veri e propri (nella specie: i polisaccaridi pneumococcici), essa, quale “adiuvante”, rafforzi gli effetti di tali principi, ma siffatti effetti non vengano menzionati espressamente nell’[AIC] del medicinale».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

21      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 1, lettera b), e 3, lettera a), del regolamento n. 469/2009 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che un principio attivo possa formare oggetto di un CPC per il solo motivo che tale principio attivo è in legame covalente con altri principi attivi, inclusi nella composizione di un medicinale.

22      L’articolo 2 del regolamento n. 469/2009 prevede che ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio, a una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi, in particolare, della direttiva 2001/83, possa formare oggetto di un CPC alle condizioni e secondo le modalità previste da tale regolamento.

23      La nozione di «prodotto» è definita, all’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009, come «il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale». Tuttavia, la nozione di «principio attivo» non è definita da tale regolamento. Detta nozione appariva anche all’articolo 1, lettera b), del regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio, del 18 giugno 1992, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 182, pag. 1), che è stato abrogato dal regolamento n. 469/2009, e alla Corte è già stata sottoposta una questione relativa a tale ultima disposizione. In tale occasione, essa ha statuito che nell’espressione «principio attivo», considerata nella sua accezione comune in farmacologia, non rientrano le sostanze incluse nella composizione di un medicinale che non esercitino un’azione propria sull’organismo umano o animale (v. sentenza Massachusetts Institute of Technology, EU:C:2006:291, punto 18).

24      Occorre rilevare che tale interpretazione è stata in seguito ripresa, nella sua sostanza, dal legislatore dell’Unione europea. Infatti, la direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011 (GU L 174, pag. 74), ha modificato l’articolo 1 della direttiva 2001/83 nel senso che la nozione di «sostanza attiva» – che deve intendersi nel senso di «principio attivo» (sentenza Massachusetts Institute of Technology, EU:C:2006:291, punto 21) – viene in esso definita come «qualsiasi sostanza o miscela di sostanze destinata a essere usata nella fabbricazione di un medicinale e che diventa, se impiegata nella produzione di quest’ultimo, un principio attivo di detto medicinale inteso a esercitare un’azione farmacologica, immunologica o metabolica al fine di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche ovvero a stabilire una diagnosi medica».

25      Da tali elementi si evince che la nozione di «principio attivo» si riferisce, ai fini dell’applicazione del regolamento n. 469/2009, alle sostanze che producono un’azione farmacologica, immunologica o metabolica propria. Poiché il regolamento n. 469/2009 non opera alcuna distinzione a seconda che il principio attivo sia in legame covalente con altre sostanze, non deve escludersi, per tale motivo, il rilascio di un CPC per un siffatto principio attivo.

26      Per contro, la Corte ha già statuito che una sostanza priva di un effetto terapeutico proprio, e che consente di ottenere una determinata forma farmaceutica del medicinale, non rientra nella nozione di principio attivo e, di conseguenza, non può formare oggetto di un CPC (sentenza Massachusetts Institute of Technology, EU:C:2006:291, punto 25).

27      La risposta alla questione se una sostanza inclusa nella composizione di un medicinale sia un principio attivo ai sensi dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009 dipende, di conseguenza, dallo stabilire se tale sostanza abbia un’azione farmacologica, immunologica o metabolica propria, indipendentemente dall’esistenza di un eventuale legame covalente con altri principi attivi.

28      Occorre pertanto rispondere, alla prima questione, dichiarando che gli articoli 1, lettera b), e 3, lettera a), del regolamento n. 469/2009 devono essere interpretati nel senso che non ostano, in linea di principio, a che un principio attivo possa formare oggetto di un CPC qualora tale principio attivo sia in legame covalente con altri principi attivi inclusi nella composizione di un medicinale.

 Sulla seconda questione, lettera a)

29      Con la sua seconda questione, lettera a), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, lettera b), del regolamento n. 469/2009, osti al rilascio di un CPC per un principio attivo i cui effetti terapeutici non rientrano nelle indicazioni terapeutiche riportate nel testo dell’AIC.

30      Il sig. Forsgren ritiene che il fatto che un’AIC non riguardi esplicitamente l’utilizzo di un principio attivo per il suo effetto terapeutico proprio non osti al rilascio di un CPC. Una risposta in senso contrario non terrebbe conto della finalità del regolamento n. 469/2009. Il sig. Forsgren sostiene che la proteina D, oltre alla sua azione in quanto proteina vettrice, sia stata utilizzata nel Synflorix per la sua capacità di fornire una protezione contro le infezioni causate dai batteri Haemophilus influenzae. Tale proteina sarebbe essa stessa immunogenica ed avrebbe un effetto terapeutico attendibile e specifico. Il fatto che l’AIC del Synflorix non menzioni tale effetto terapeutico sarebbe privo di rilevanza. Nessuna disposizione del regolamento n. 469/2009 imporrebbe un tale obbligo. Peraltro, poiché i termini dell’AIC possono essere modificati nel corso del tempo, stabilire un legame tra il CPC e i termini dell’AIC presenterebbe notevoli difficoltà pratiche.

31      La Commissione europea sostiene che ai fini del rilascio di un CPC occorre che la procedura di AIC del prodotto coperto dal brevetto di base si sia conclusa. In assenza di una tale AIC, non vi sarebbe alcuna ragione che giustifichi un prolungamento della durata della protezione accordata dal brevetto. La Commissione aggiunge che il sistema realizzato dal regolamento n. 469/2009 mira a garantire un certo grado di facilità e di trasparenza. Tale obiettivo non verrebbe raggiunto qualora l’autorità competente fosse tenuta a verificare, sulla base di fonti diverse dall’AIC, se la sostanza in questione sia un principio attivo.

32      A tale riguardo, occorre ricordare che il rilascio di un CPC richiede che siano soddisfatte le quattro condizioni cumulative previste all’articolo 3 del regolamento n. 469/2009. Tale disposizione prevede, in sostanza, che il CPC possa essere rilasciato soltanto se, alla data della domanda, il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore e non ha già formato oggetto di un certificato. Occorre inoltre che tale prodotto abbia ottenuto, in quanto medicinale, una AIC in corso di validità a norma, a seconda dei casi, della direttiva 2001/83 o della direttiva 2001/82, e che, infine, tale AIC sia la prima del prodotto, in quanto medicinale.

33      Si deve inoltre sottolineare che il CPC è diretto a ristabilire una durata di protezione effettiva sufficiente del brevetto di base, permettendo al suo titolare di beneficiare, alla scadenza di tale brevetto, di un periodo di esclusiva aggiuntivo, destinato a compensare, almeno parzialmente, il ritardo accumulato nello sfruttamento commerciale della sua invenzione a causa del lasso di tempo trascorso tra la data del deposito della domanda di brevetto e quella del rilascio della prima AIC nell’Unione (sentenza Eli Lilly and Company, C‑493/12, EU:C:2013:835, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

34      Da tali elementi si evince che un prodotto brevettato, se non ha ottenuto una AIC in quanto medicinale, non può formare oggetto di un CPC.

35      Inoltre, l’articolo 4 del regolamento n. 469/2009 dispone che la protezione conferita dal certificato riguardi il solo prodotto oggetto dell’AIC del medicinale «per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato». Tale disposizione implica che l’utilizzo di un prodotto che non sia stato autorizzato, in quanto medicinale, dall’AIC non può beneficiare di un CPC (v., in tal senso, sentenza Medeva, EU:C:2011:773, punto 37). Di conseguenza, un principio attivo i cui effetti terapeutici non rientrano nelle indicazioni terapeutiche per le quali è stata rilasciata una AIC non può formare oggetto di un CPC.

36      A tale riguardo, la Corte ha già statuito, nella sostanza, che la protezione conferita ad un medicinale da un CPC può essere fatta valere nei confronti della commercializzazione di un medicinale contenente il medesimo principio attivo combinato con un altro principio attivo, dopo avere constatato che tali medicinali erano stati autorizzati per la medesima indicazione terapeutica (v. ordinanze Novartis, C‑442/11, EU:C:2012:66, punti da 20 a 22, e Novartis, C‑574/11, EU:C:2012:68, punti da 18 a 20).

37      Come è stato in modo pertinente rilevato dal giudice del rinvio, risulta dai termini dell’allegato I dell’AIC del Synflorix che le indicazioni terapeutiche per le quali il Synflorix è stato autorizzato sono limitate all’«immunizzazione attiva contro la patologia invasiva e l’otite media acuta causata da Streptococcus pneumoniae in neonati e bambini da 6 settimane a 2 anni d’età», e che tale allegato precisa inltre che «le prove disponibili non sono sufficienti a dimostrare che Synflorix fornisca protezione contro […] l’Haemophilus influenzae non tipizzabile». Occorre parimenti rilevare che la relazione pubblica europea di valutazione redatta dall’Agenzia europea per i medicinali (EMEA) nell’ambito della valutazione della domanda di AIC del Synflorix (Assessment report for Synflorix, procedure No. EMEA/H/C/000973, in prosieguo: la «relazione pubblica europea di valutazione») precisa, a tale riguardo, che «[p]oiché la domanda di protezione contro l’otite media acuta, provocata da un ceppo non tipizzabile di Haemophilus influenzae, non è a questo stadio sostenuta da dati clinici, non risulta necessaria una analisi del contenuto di proteine D nelle specifiche del medicinale».

38      Risulta dunque che, non essendo stato integrato alla procedura di AIC alcun test né alcun dato sugli effetti terapeutici della proteina D contro l’Haemophilus influenzae, tale procedura non può aver ritardato lo sfruttamento commerciale del brevetto di base. In tali circostanze, il rilascio di un CPC sarebbe contrario all’obiettivo perseguito dal regolamento n. 469/2009, che consiste nel compensare, almeno parzialmente, il ritardo accumulato nello sfruttamento commerciale di un’invenzione brevettata, a causa del tempo necessario all’ottenimento della prima AIC nell’Unione.

39      Si deve pertanto rispondere alla seconda questione, lettera a), che l’articolo 3, lettera b), del regolamento n. 469/2009 deve essere interpretato nel senso che osta al rilascio di un CPC per un principio attivo il cui effetto non rientra nelle indicazioni terapeutiche riportate nel testo dell’AIC.

 Sulla seconda questione, lettera b)

40      Con la sua seconda questione, lettera b), il giudice del rinvio chiede se l’articolo 3, lettera b), del regolamento n. 469/2009 debba essere interpretato nel senso che osta al rilascio di un CPC per un prodotto indicato nell’AIC di un vaccino pediatrico come proteina vettrice di un principio attivo, in ragione del fatto che tale proteina rafforza, in quanto adiuvante, l’effetto di tale principio attivo, senza che tale effetto venga menzionato espressamente nell’AIC.

41      La Commissione sostiene che, nella controversia che ha dato luogo all’ordinanza Glaxosmithkline Biologicals e Glaxosmithkline Biologicals, Niederlassung der Smithkline Beecham Pharma (EU:C:2013:762), la Corte ha già risposto a tale questione ed ha confermato che una sostanza priva di effetti terapeutici, quale è un adiuvante, non può essere considerata come un prodotto ai sensi del regolamento n. 469/2009.

42      Occorre tuttavia rilevare che risulta dai termini dell’AIC del Synflorix, ed in particolare dal suo allegato I, nonché dalle pagine 8, 13 e 14 della relazione pubblica europea di valutazione, che in tale medicinale l’alluminio fosfato è utilizzato come adiuvante per dei fini di adsorbimento e che il sodio cloruro, nonché l’acqua per preparazioni iniettabili, sono utilizzati come eccipienti. Ferme restando le verifiche che devono essere effettuate dal giudice del rinvio, risulta quindi dai termini dell’AIC del Synflorix, la cui validità non è oggetto di controversia, che la proteina D non viene utilizzata in tale medicinale né in quanto eccipiente, né in quanto adiuvante.

43      In tali circostanze, la risposta alla seconda questione, lettera b), non può pertanto essere dedotta dall’ordinanza Glaxosmithkline Biologicals e Glaxosmithkline Biologicals, Niederlassung der Smithkline Beecham Pharma (EU:C:2013:762, punto 45), in cui la Corte ha affermato che l’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009, deve essere interpretato nel senso che, così come un adiuvante non rientra nella nozione di «principio attivo» ai sensi di tale disposizione, una composizione di due sostanze delle quali una costituisce un principio attivo avente effetti terapeutici propri, mentre l’altra, un adiuvante, consente di rafforzare tali effetti terapeutici pur essendone di per sé priva, non rientra nella nozione di «composizione di principi attivi», a norma di detta disposizione.

44      Peraltro, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 1 dell’AIC del Synflorix, tale prodotto è un vaccino pneumococcico polisaccaridico coniugato (adsorbito). Al punto 2.2 della relazione pubblica europea di valutazione, viene precisato che le dieci sostanze attive presenti in tale medicinale sono i polisaccaridi pneumococcici, sierotipi 1, 4, 5, 6B, 7F, 9V, 14, 18C, 19F e 23F, ciascuno dei quali è coniugato ad una proteina vettrice (D, TT o DT).

45      In considerazione di quanto sopra, e per potere rispondere alla seconda questione, lettera b), in un modo utile al giudice del rinvio per la soluzione della controversia principale, occorre riformularla alla luce di quanto precede e ritenere che, attraverso tale questione, detto giudice intenda, in sostanza, determinare se una proteina vettrice coniugata ad un polisaccaride pneumococcico utilizzato in un vaccino per uso pediatrico possa essere considerata come un «prodotto», ai sensi dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009, ossia un «principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale».

46      Il sig. Forsgren fa osservare che la proteina D contribuisce all’induzione di una risposta immunitaria specifica ai polisaccaridi pneumococcici ai quali è coniugata. Essa dovrebbe pertanto essere considerata come un principio attivo proprio, in quanto proteina vettrice. A tale riguardo, il sig. Forsgren richiama l’analogia con la fattispecie degli antidoti agronomici, sottoposta alla Corte nella controversia che ha dato luogo alla sentenza Bayer CropScience (C‑11/13, EU:C:2014:2010). Il sig. Forsgren propone quindi di rispondere alla seconda questione, lettera b), affermando che può essere rilasciato un CPC per una sostanza che nell’AIC viene indicata come proteina vettrice.

47      A tale riguardo, dal punto 25 della presente sentenza risulta che la nozione di «principio attivo» si riferisce, ai fini dell’applicazione del regolamento n. 469/2009, alle sostanze che producono un’azione farmacologica, immunologica o metabolica propria. Dalla relazione pubblica europea di valutazione, nella sua parte introduttiva, emerge in tal senso che i vaccini polisaccaridici non coniugati non sono atti ad indurre una risposta ed una memoria immunogeniche nei bambini di età inferiore ai 2 anni. Per contro, secondo la stessa relazione, gli antigeni polisaccaridici, se coniugati ad una proteina vettrice, possono generare tali effetti.

48      Alla luce di quanto sopra, occorre stabilire se una proteina vettrice utilizzata in un medicinale, sebbene priva di effetti immunogenici propri, riportati nel testo dell’AIC, possa essere qualificata come «principio attivo» qualora, coniugata con un antigene polisaccaridico attraverso un legame covalente, produca un tale effetto.

49      Si deve necessariamente constatare che nessuna disposizione del regolamento n. 469/2009 disciplina espressamente tale questione.

50      Contrariamente a quanto sostiene il sig. Forsgren, nemmeno l’analogia con la sentenza Bayer CropScience (EU:C:2014:2010) permette di rispondere in modo definitivo a tale questione. Infatti, nella controversia che ha dato luogo a tale sentenza veniva posta, in sostanza, la questione se un antidoto agronomico incluso nella composizione di un prodotto fitosanitario in associazione con una sostanza attiva erbicida potesse essere considerato come un «prodotto», ai sensi del regolamento (CE) n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari (GU L 198, pag. 30), e, a tale titolo, formare oggetto di un CPC. La Corte ha risposto in modo affermativo, dal momento che tale sostanza svolge un’azione tossica, fitotossica o fitosanitaria propria, il che può verificarsi, in particolare, agendo sul metabolismo di una pianta.

51      Si deve pertanto fare riferimento all’obiettivo fondamentale del regolamento n. 469/2009, che consiste nel garantire una protezione sufficiente a incentivare la ricerca nel settore farmaceutico, che contribuisce in modo decisivo al costante miglioramento della salute pubblica (sentenza Georgetown University e a., EU:C:2011:776, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

52      Inoltre, come emerge in particolare dal punto 28, paragrafi 4 e 5, della relazione alla proposta di regolamento (CEE) del Consiglio, dell’11 aprile 1990, sulla creazione di un certificato protettivo complementare per i medicinali [COM(90) 101 def.], la protezione conferita da un CPC mira, in senso ampio, ad ammortizzare le ricerche che conducono alla scoperta di nuovi «prodotti».

53      Alla luce della formulazione e della finalità perseguita dal regolamento n. 469/2009, si deve considerare che l’articolo 1, lettera b), di tale regolamento consente di qualificare come «principio attivo» una proteina vettrice coniugata ad un antigene polisaccaridico per mezzo di un legame covalente soltanto qualora sia dimostrato che tale proteina produce un effetto farmacologico, immunologico o metabolico proprio. In ultima analisi, spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutti gli elementi di fatto che caratterizzano la controversia su cui è chiamato a pronunciarsi, se, sulla scorta di tali criteri, la proteina D, coniugata a polisaccaridi pneumococcici inclusi nella composizione del Synflorix, produca un effetto farmacologico, immunologico o metabolico proprio, e se tale effetto rientri nelle indicazioni terapeutiche riportate nel testo dell’AIC.

54      In considerazione di quanto sopra, occorre rispondere alla seconda questione, lettera b), che l’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009 deve essere interpretato nel senso che una proteina vettrice, coniugata ad un antigene polisaccaridico per mezzo di un legame covalente, può essere qualificata come «principio attivo», ai sensi di tale disposizione, soltanto qualora sia dimostrato che tale proteina produce un effetto farmacologico, immunologico o metabolico proprio, rientrante nelle indicazioni terapeutiche dell’AIC, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutti gli elementi di fatto che caratterizzano la controversia principale.

 Sulle spese

55      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

1)      Gli articoli 1, lettera b), e 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali, devono essere interpretati nel senso che non ostano, in linea di principio, a che un principio attivo possa formare oggetto di un certificato protettivo complementare qualora tale principio attivo sia in legame covalente con altri principi attivi inclusi nella composizione di un medicinale.

2)      L’articolo 3, lettera b), del regolamento n. 469/2009 deve essere interpretato nel senso che osta al rilascio di un certificato protettivo complementare per un principio attivo il cui effetto non rientra nelle indicazioni terapeutiche riportate nel testo dell’autorizzazione di immissione in commercio.

L’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009 deve essere interpretato nel senso che una proteina vettrice, coniugata ad un antigene polisaccaridico per mezzo di un legame covalente, può essere qualificata come «principio attivo», ai sensi di tale disposizione, soltanto qualora sia dimostrato che tale proteina produce un effetto farmacologico, immunologico o metabolico proprio, rientrante nelle indicazioni terapeutiche dell’autorizzazione di immissione in commercio, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutti gli elementi di fatto che caratterizzano la controversia principale.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.