Language of document : ECLI:EU:C:2012:530

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 6 settembre 2012 (1)

Causa C‑610/10

Commissione europea

contro

Regno di Spagna

«Applicabilità ratione temporis dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Ricevibilità del ricorso – Sentenza della Corte che accerta l’inadempimento – Mancata esecuzione – Sanzione pecuniaria»





1.        Nella causa considerata la Commissione ha proposto un ricorso contro il Regno di Spagna a norma dell’articolo 260 TFUE, in ragione dell’asserita mancata esecuzione della sentenza pronunciata dalla Corte il 2 luglio 2002 nella causa Commissione/Spagna (2) (in prosieguo: la «sentenza del 2002»). Con la sentenza in parola la Corte ha accertato che il Regno di Spagna, avendo omesso di adottare le misure necessarie per conformarsi alla decisione della Commissione del 20 dicembre 1989, 91/1/CEE, relativa ad aiuti concessi in Spagna dall’esecutivo centrale e da vari esecutivi autonomi a favore di MAGEFESA (3), produttore di casalinghi in acciaio inossidabile e piccoli elettrodomestici (4), che ha dichiarato illegittimi e incompatibili con il mercato interno taluni aiuti concessi a Indosa, Gursa, Migsa e Cunosa, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 249, quarto comma, CE e degli articoli 2 e 3 della decisione in parola (5).

2.        È necessario precisare che il ricorso in esame si riferisce unicamente alla mancata esecuzione della sentenza del 2002 in relazione agli aiuti concessi all’Indosa dalla Comunità autonoma del Paese basco sotto forma di una garanzia su prestiti di 300 milioni di ESP concessa direttamente all’Indosa, di una garanzia su prestiti di 672 milioni di ESP accordata alle imprese del gruppo Magefesa e di un abbuono di interessi pari a 9 milioni di ESP. Dopo il 2006 la Commissione ha riconosciuto come eseguita la decisione 91/1/CEE con riferimento alle società Gursa, Migsa e Cunosa, dato che queste ultime hanno cessato le proprie attività e i loro attivi sono stati venduti a prezzo di mercato.

I –    Procedimento precontenzioso

3.        A partire dal 2004 la Commissione e il Regno di Spagna hanno intrattenuto una vasta corrispondenza in merito all’esecuzione della sentenza del 2002. Trattandosi di uno scambio di corrispondenza copioso, ne menzionerò soltanto le parti più importanti.

4.        La società Indosa è stata dichiarata fallita già il 19 aprile 1994, ma ha portato avanti le proprie attività attraverso la sua controllata al 100%, la CMD (6); per tale ragione, in più occasioni la Commissione ha chiesto alle autorità spagnole informazioni in merito allo stato della liquidazione dell’Indosa, sollecitandole ad adottare tutte le misure necessarie per fissare un termine per la liquidazione integrale degli attivi della società in parola e per la cessazione delle sue attività.

5.        Le autorità spagnole hanno risposto che la liquidazione degli attivi dell’Indosa non era stata ancora completata poiché l’accordo di liquidazione, approvato con ordinanza del 29 settembre 2004 e relativo alla vendita di tutti gli attivi componenti il patrimonio sociale e alla chiusura dell’impresa, non era ancora definitivo. Solo il 30 maggio 2006 le autorità spagnole hanno comunicato alla Commissione che il suddetto accordo era divenuto definitivo in data 2 maggio 2006.

6.        Con la sua comunicazione del 26 gennaio 2007, la Commissione ha constatato che la CMD, quale società controllata al 100% dall’Indosa, stava portando avanti l’attività sovvenzionata e ha ricordato alle autorità spagnole che l’esecuzione effettiva della decisione 91/1 imponeva il recupero degli aiuti incompatibili con il mercato interno presso il soggetto che ne ha concretamente tratto beneficio. In risposta a tale comunicazione, le autorità spagnole hanno fornito talune informazioni in merito alle operazioni di vendita dell’unico attivo dell’Indosa, vale a dire le azioni della CMD. Con due lettere del settembre 2008, le autorità spagnole hanno comunicato, da ultimo, che non erano pervenute offerte valide per le azioni della CMD e che, in definitiva, gli attivi dell’Indosa non erano stati aggiudicati.

7.        Con comunicazione del 24 ottobre 2007, le autorità spagnole hanno riferito che gli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno dalla decisione 91/1 erano stati ammessi al passivo del fallimento della società Indosa. Nel luglio 2008 la Commissione ha richiesto un documento giustificativo che le autorità spagnole tuttavia non hanno fornito.

8.        Con lettere dell’8 ottobre 2008 e del 13 novembre 2008, le autorità spagnole hanno riferito alla Commissione che la CMD era stata dichiarata fallita il 30 luglio 2008.

9.        Con comunicazioni del 18 agosto 2009, del 7 settembre 2009 e del 21 settembre 2009, la Commissione ha chiesto alle autorità spagnole, in primis, un calendario dettagliato recante la data della cessazione delle attività della CMD e della procedura di liquidazione dei suoi attivi; in secondo luogo, informazioni circa la procedura di cessione degli attivi; in terzo luogo, prova del fatto che tale cessione era stata effettuata a condizioni di mercato, e, in quarto luogo, elementi comprovanti che gli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno erano stati ammessi al passivo della CMD.

10.      Con comunicazioni del 21 settembre 2009 e del 13 ottobre 2009, le autorità spagnole hanno risposto, in primis, che la cessazione delle attività della CMD era avvenuta il 30 luglio 2009; in secondo luogo, che la procedura fallimentare stava seguendo il suo corso dinanzi al giudice nazionale competente (senza presentare il calendario dettagliato richiesto dalla Commissione) e, in terzo luogo, che non sapevano se gli aiuti incompatibili con il mercato interno fossero stati ammessi al passivo della CMD. Il 1° dicembre 2009 esse hanno inviato l’elenco definitivo dei creditori della CMD approvato dal giudice nazionale competente. La Comunità autonoma del Paese basco non figura in tale elenco in relazione agli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno dalla decisione 91/1.

11.      Il 20 novembre 2009 la Commissione ha inviato al Regno di Spagna una lettera di diffida ai sensi dell’articolo 228, paragrafo 2, CE, con cui comunicava che si riservava il diritto, previo esame delle osservazioni dello Stato membro interessato o in caso di mancato ricevimento di tali osservazioni nel termine da essa fissato, di emettere, se del caso, un parere motivato in conformità dell’articolo 228, paragrafo 2, CE.

12.      In risposta a tale comunicazione, il 26 gennaio 2010 le autorità spagnole hanno informato la Commissione che la sentenza del 2002 era in corso di esecuzione: Indosa e CMD, infatti, erano state poste in liquidazione e private dei loro dipendenti e avevano cessato ogni attività.

13.      Il 18 marzo 2010 la Commissione ha inviato una lettera di diffida complementare con la quale invitava il Regno di Spagna, in conformità dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, a presentarle le sue osservazioni entro un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento della lettera. La Commissione ha indicato che essa si riservava, previo esame delle osservazioni dello Stato membro interessato o, in caso di mancato ricevimento di tali osservazioni nel termine da essa fissato, di adire la Corte ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE.

14.      Le autorità spagnole hanno risposto alla succitata diffida complementare con lettere del 2 giugno 2010, del 9 giugno 2010 e del 29 settembre 2010, dalle quali risultava che la Comunità autonoma del Paese basco non figurava tra i creditori della CMD e che la stessa intendeva costituirsi nella procedura fallimentare per chiedere l’ammissione al passivo fallimentare del credito da essa vantato nei confronti dell’Indosa in relazione agli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno con la decisione 91/1. Con comunicazione a mezzo posta elettronica del 7 luglio 2010, le autorità spagnole hanno inviato il piano di liquidazione della CMD approvato dal giudice nazionale.

15.      Tanto premesso, la Commissione ha proposto ricorso il 22 dicembre 2010.

II – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni

16.      Con il suo ricorso, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che, non avendo adottato tutte le misure che comporta l’esecuzione della sentenza del 2002, il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della decisione 91/1 e dell’articolo 260 TFUE;

–        condannare il Regno di Spagna a pagare alla Commissione una penalità pari a EUR 131 136 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza del 2002, a partire dal giorno della pronuncia nella presente causa e fino al giorno in cui sia data piena esecuzione alla sentenza del 2002;

–        condannare il Regno di Spagna a pagare alla Commissione una somma forfettaria, il cui importo sarà dato dalla moltiplicazione dell’importo giornaliero di EUR 14 343 per il numero di giorni in cui si è protratta la violazione e trascorsi a partire dalla data della pronuncia della sentenza del 2002 fino:

–        alla data in cui il Regno di Spagna recuperi gli aiuti dichiarati illegittimi con la decisione 91/1, qualora la Corte accerti che il recupero abbia effettivamente avuto luogo prima della pronuncia nella presente causa;

–        alla data della pronuncia nella presente causa, qualora alla sentenza del 2002 non fosse stata data piena esecuzione prima di tale data;

–        condannare il Regno di Spagna alle spese.

17.      Il Regno di Spagna chiede che la Corte voglia:

–        rigettare il ricorso e, in via subordinata, applicare una penalità trimestrale pari a EUR 12 269,70 e una sanzione forfettaria pari a EUR 44,80 al giorno, e

–        condannare la Commissione alle spese del procedimento.

18.      Il 22 marzo 2011 il Regno di Spagna ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 91 del regolamento di procedura della Corte, sulla quale la Corte ha deciso di pronunciarsi.

19.      Con ordinanza del 13 maggio 2011, il presidente della Corte ha autorizzato l’intervento della Repubblica ceca a sostegno delle conclusioni del Regno di Spagna. Nella sua memoria di intervento, la Repubblica ceca si è concentrata sulla questione della ricevibilità del ricorso.

III – Analisi

A –    Sulla ricevibilità del ricorso

20.      Con la sua eccezione di irricevibilità il Regno di Spagna contesta la regolarità del procedimento precontenzioso sulla base del fatto che manca il parere motivato.

21.      Questa eccezione trae origine da una modifica apportata con il Trattato di Lisbona al procedimento che deve obbligatoriamente precedere il ricorso per inadempimento per omessa esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento.

22.      Il Regno di Spagna, sostenuto dalla Repubblica ceca, e la Commissione dissentono sulla questione se, nel caso di specie, la regolarità del procedimento precontenzioso debba essere valutata sulla base dell’articolo 228 CE, dal momento che il suddetto procedimento è stato avviato con la lettera di diffida del 20 novembre 2009, vale a dire prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, o sulla base dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, dato che quest’ultimo articolo trova applicazione a partire dall’entrata in vigore del succitato Trattato anche se il procedimento precontenzioso è iniziato prima di tale momento.

23.      Il Regno di Spagna ritiene che l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE sia retroattiva e violi così il principio della certezza del diritto e il principio dell’irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni meno favorevoli.

24.      A tal proposito, occorre ricordare che il procedimento per inadempimento per omessa esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento dev’essere considerato come uno speciale procedimento giudiziario di esecuzione delle sentenze, in altri termini come un mezzo di esecuzione (7). Esso persegue l’obiettivo di assicurare e garantire il ripristino del rispetto della legalità (8). L’introduzione di un ricorso deve essere preceduta da un procedimento precontenzioso la cui regolarità costituisce una garanzia essenziale voluta dal TFUE non soltanto a tutela dei diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l’eventuale procedimento contenzioso verterà su una controversia chiaramente definita (9).

25.      Il procedimento precontenzioso che precede il ricorso per inadempimento per omessa esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento, così come quello che precede il ricorso per inadempimento, si componeva inizialmente, ai sensi dell’articolo 228 CE, di due fasi successive, vale a dire una lettera di diffida e un parere motivato. Non posso concordare a tal proposito con il Regno di Spagna quando afferma che lo svolgimento del procedimento precontenzioso non era che il risultato della prassi amministrativa della Commissione. Come quest’ultima ha sottolineato nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, le fasi del procedimento precontenzioso derivavano direttamente dall’articolo 228 CE.

26.      La modifica introdotta dal Trattato di Lisbona consiste in una semplificazione e, di conseguenza, in un’accelerazione del procedimento precontenzioso mediante la soppressione della fase del parere motivato. Ne consegue che l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE subordina la ricevibilità del ricorso per inadempimento per omessa esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento soltanto alla condizione che lo Stato membro interessato abbia la possibilità di presentare le proprie osservazioni prima della proposizione del ricorso. A mio avviso, una lettera di diffida contenente l’invito allo Stato membro interessato a presentare le proprie osservazioni in merito all’omessa esecuzione della sentenza della Corte è sufficiente a garantire il rispetto della condizione summenzionata.

27.      Si tratta di sapere se l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE sia applicabile soltanto ai procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il che significherebbe che la lettera di diffida avrebbe dovuto essere stata inviata allo Stato membro interessato dopo il 1° dicembre 2009, o se sia invece applicabile anche ai procedimenti avviati prima di tale data, cosicché la regolarità del procedimento precontenzioso dovrebbe essere valutata sulla base dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE per tutti i ricorsi proposti dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

28.      Concordo, a questo proposito, con la Repubblica ceca nel ritenere che la risposta dipende dal fatto che si consideri l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE una norma procedurale o piuttosto una norma sostanziale. Tuttavia, diversamente da quanto afferma la Repubblica ceca, non ritengo che l’articolo in parola debba essere considerato, di per sé, una norma sostanziale.

29.      A mio avviso, l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE ha carattere misto. Si tratta di una norma sostanziale che definisce e prevede che venga sanzionato pecuniariamente l’«illecito» di omessa esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento. Per contro, nel quadro di un procedimento precontenzioso nel quale lo Stato membro interessato può presentare le proprie osservazioni, si tratta di una norma procedurale che definisce le condizioni affinché si realizzino i diritti che traggono origine da una norma sostanziale. Lo stesso vale anche riguardo alla necessità di indicare nel ricorso l’importo della somma forfettaria o della penalità.

30.      A tal proposito la Corte ha chiaramente precisato che si presume, in linea generale, che le norme procedurali si applichino dal momento della loro entrata in vigore (10).

31.      Diverso sarebbe se il Trattato di Lisbona contenesse una disposizione transitoria che impone, quando il procedimento precontenzioso è iniziato prima del 1° dicembre 2009, di attenersi all’articolo 228, paragrafo 2, CE. Il Trattato in parola non contiene però una disposizione siffatta.

32.      Di conseguenza, nel caso dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la regolarità del procedimento precontenzioso deve essere valutata sulla base del suddetto articolo in relazione a tutti i ricorsi proposti dopo il 1° dicembre 2009, anche se la lettera di diffida che introduce il procedimento precontenzioso è stata inviata allo Stato membro interessato prima di tale data.

33.      Per quanto attiene all’argomento del Regno di Spagna a detta del quale l’applicazione, nel caso di specie, dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE violerebbe il principio della certezza del diritto, mi richiamo alla giurisprudenza della Corte in materia di principio della tutela del legittimo affidamento, ove chiarisce che il suddetto principio non può essere esteso al punto da impedire, in via generale, che una nuova norma si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della norma antecedente (11). Ritengo che la suddetta giurisprudenza valga, per analogia, anche per il principio della certezza del diritto e per quello dell’applicazione immediata di una norma di procedura.

34.      A tal proposito occorre anche osservare che il Regno di Spagna non può affermare che, se si valutasse la regolarità del procedimento precontenzioso sulla base dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, esso non sarebbe in grado di conoscere senza ambiguità i propri diritti e obblighi e di regolarsi di conseguenza, come esige il principio della certezza del diritto (12). L’obbligo di adottare le misure che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta era già contenuto nell’ordinamento giuridico stesso dell’Unione prima del Trattato di Lisbona e il Regno di Spagna era stato adeguatamente informato, con la lettera di diffida complementare del 18 marzo 2010, del fatto che la Commissione intendeva adire la Corte ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, subito dopo la presentazione delle osservazioni del Regno di Spagna.

35.      Per quanto attiene all’altro argomento dedotto dal Regno di Spagna, secondo il quale l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE violerebbe il principio dell’irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni meno favorevoli, è sufficiente osservare che il Trattato di Lisbona non ha modificato in alcun modo le sanzioni per l’omessa esecuzione della sentenza della Corte.

36.      In conclusione, nel caso di specie il Regno di Spagna ha avuto, prima della proposizione del ricorso, la possibilità di presentare le proprie osservazioni in merito all’inadempimento contestato dalla Commissione, come richiesto dall’articolo 260, paragrafo 2, TFUE. Prova ne sono la lettera di diffida del 20 novembre 2009 e la lettera di diffida complementare del 18 marzo 2010, con le quali la Commissione ha invitato il Regno di Spagna a presentare le proprie osservazioni circa l’omessa esecuzione della sentenza del 2002. Ritengo che il procedimento precontenzioso si sia svolto in conformità dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE e, per tale ragione, propongo alla Corte di rigettare l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Regno di Spagna.

B –    Sull’inadempimento

37.      Con la sentenza del 2002 la Corte ha accertato che il Regno di Spagna, non adottando le misure necessarie per conformarsi alla decisione 91/1, era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 249, quarto comma, CE, e degli articoli 2 e 3 della decisione 91/1. L’esecuzione della sentenza del 2002 presuppone pertanto l’esecuzione della suddetta decisione 91/1 e l’esecuzione di tale decisione presuppone il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi.

38.      Ai fini dell’accertamento dell’inadempimento da parte del Regno di Spagna degli obblighi su di esso gravanti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, occorre pertanto sapere se il suddetto Stato membro abbia recuperato presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi dalla decisione 91/1. Si deve ricordare che, nella fattispecie, il ricorso si riferisce soltanto agli aiuti concessi all’Indosa dalla Comunità autonoma del Paese basco.

39.      Tenuto conto della modifica introdotta dal Trattato di Lisbona al procedimento precontenzioso che precede il ricorso per inadempimento per omessa esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento, occorre innanzitutto ridefinire la data di riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento. Secondo la costante giurisprudenza relativa all’articolo 228, paragrafo 2, CE, tale data si collocava alla scadenza del termine fissato nel parere motivato (13).

40.      Dal momento che la fase del parere motivato è stata soppressa, la data di riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE dovrà, per analogia con la giurisprudenza relativa all’articolo 228, paragrafo 2, CE, collocarsi alla scadenza del termine fissato nella lettera di diffida o, eventualmente, nella lettera di diffida complementare, per la presentazione delle osservazioni dello Stato membro interessato. Nella fattispecie, la data è il 22 maggio 2010.

41.      Dato che l’Indosa e la sua controllata CMD si trovano in stato di fallimento, appare utile richiamare la giurisprudenza in materia di recupero degli aiuti presso le società fallite. Secondo tale giurisprudenza, il ripristino della situazione anteriore e l’eliminazione della distorsione di concorrenza risultante dagli aiuti illegittimamente erogati possono, in linea di principio, essere conseguiti con l’iscrizione al passivo fallimentare del credito relativo alla restituzione degli aiuti in questione (14). Tuttavia, l’iscrizione nell’elenco dei crediti di quello relativo alla restituzione degli aiuti in questione consente di porsi in regola con l’obbligo di recupero solo qualora, nel caso in cui le autorità statali non possano recuperare integralmente l’importo degli aiuti, la procedura concorsuale giunga alla liquidazione dell’impresa, ossia alla cessazione definitiva della sua attività, che le autorità statali possono provocare in qualità di azionisti o creditori (15).

42.      La giurisprudenza in parola pone due condizioni cumulative affinché gli aiuti dichiarati illegittimi con una decisione della Commissione possano considerarsi recuperati. La prima condizione consiste nell’iscrizione al passivo del credito relativo alla restituzione degli aiuti in questione; la seconda nella definitiva cessazione dell’attività sovvenzionata dagli aiuti in parola.

43.      Per quanto attiene alla prima condizione, nel caso di specie è pacifico che, alla data di riferimento, vale a dire il 22 maggio 2010, il credito relativo alla restituzione degli aiuti accordati dalla Comunità autonoma del Paese basco all’Indosa non era stato ammesso al passivo nell’ambito della procedura fallimentare a carico della CMD.

44.      Dal fascicolo risulta che la prima dichiarazione di credito per EUR 16 828,34 è stata presentata dalla Comunità autonoma del Paese basco il 10 giugno 2010, ossia oltre sei mesi dopo la scadenza del termine fissato nella lettera di diffida complementare. La somma dichiarata, inoltre, non era corretta. La nuova dichiarazione di credito, questa volta di EUR 16 498, è stata presentata il 3 dicembre 2010. Detta dichiarazione è stata rettificata con la dichiarazione di credito del 23 febbraio 2011 recante l’importo di EUR 22 469 459 e, da ultimo, con la dichiarazione di credito del 7 dicembre 2011 recante l’importo di EUR 22 683 745. Emergerebbe dall’udienza che, a seguito della decisione del giudice nazionale competente del 4 aprile 2012, il credito per un importo pari a EUR 22 683 745 è stato infine ammesso al passivo nell’ambito della procedura fallimentare a carico della società CMD.

45.      Dato che le due condizioni previste per accertare, nel caso di una società in fallimento, il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi con decisione della Commissione sono cumulative e dato che ho appena dimostrato che una di tali condizioni non è soddisfatta, ritengo che non occorra verificare, al fine di accertare l’inadempimento del Regno di Spagna ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, se la seconda condizione sia soddisfatta o meno.

46.      Tanto premesso, si deve constatare che, non avendo adottato, alla scadenza del termine fissato nella lettera di diffida complementare per presentare osservazioni sull’inadempimento contestato ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, tutte le misure necessarie che comporta l’esecuzione della sentenza del 2002 relativa al recupero degli aiuti dichiarati illegittimi dalla decisione 91/1 e incompatibili con il mercato interno, il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della menzionata decisione e dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

C –    Sulla sanzione pecuniaria

47.      Facendo riferimento al metodo di calcolo illustrato nella comunicazione del 13 dicembre 2005, SEC(2005) 1658, relativa all’applicazione dell’articolo 228 CE (16), come aggiornata dalla comunicazione del 20 luglio 2010, SEC(2010) 923, la Commissione propone una penalità giornaliera pari a EUR 131 136. Essa ritiene che detta penalità – calcolata a partire da un importo forfettario di base di EUR 640 cui si applica un coefficiente di gravità di 5, un coefficiente di durata di 3 e un fattore n di 13,66 – sia proporzionata alla gravità e alla durata dell’infrazione, tenuto conto della necessità di dare a tale penalità un effetto coercitivo e dissuasivo.

48.      La Commissione ha giustificato l’applicazione di una penalità in considerazione del fatto che gli aiuti in questione non sono stati ancora recuperati e che pertanto la decisione 91/1 e la sentenza del 2002 non sono state eseguite. Nelle sue osservazioni scritte la Commissione ha menzionato tre condizioni che devono essere soddisfatte affinché gli aiuti possano essere considerati recuperati. In primo luogo, i crediti derivanti dagli aiuti in parola devono essere ammessi al passivo; in secondo luogo, l’attività sovvenzionata deve essere cessata; e, in terzo luogo, gli attivi della società Indosa devono essere stati venduti a prezzo di mercato a seguito di una procedura di gara aperta, senza condizioni e trasparente.

49.      All’udienza la Commissione ha modificato la propria argomentazione sul punto. Essa ha sostenuto che, anche se i crediti risultanti dall’aiuto in parola sono stati infine, vale a dire il 4 aprile 2012, ammessi al passivo, l’inadempimento contestato al Regno di Spagna continuava a persistere, non essendo cessata l’attività sovvenzionata. Sembra pertanto che la Commissione abbia abbandonato la condizione della vendita degli attivi a prezzo di mercato.

50.      Il Regno di Spagna ritiene, dal canto suo, che nel caso di specie non vi sia ragione di imporre le sanzioni pecuniarie dato che le autorità nazionali hanno fatto il possibile per recuperare gli aiuti dichiarati illegittimi con la decisione 91/1 e, di conseguenza, le eventuali sanzioni pecuniarie non sarebbero idonee a modificare il loro comportamento. Per quanto attiene, più nello specifico, alla penalità, il Regno di Spagna si è richiamato alla sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (17), per sostenere che la sentenza del 2002 è stata finalmente eseguita poiché il credito relativo alla restituzione degli aiuti dichiarati illegittimi con la decisione 91/1 è stato ammesso al passivo nell’ambito della procedura fallimentare a carico della CMD e che, per tale ragione, non vi è motivo di imporre una penalità.

51.      Tuttavia, qualora la Corte ritenga opportuno applicare tali sanzioni, il Regno di Spagna propone una penalità trimestrale pari a EUR 12 269,70, calcolata sull’importo forfettario di base di EUR 9,98 (18) cui si applica un coefficiente di gravità di 1, un coefficiente di durata di 1 e un fattore n di 13,66 e, in considerazione dell’applicazione trimestrale di una penalità, un fattore 90.

52.      Alla luce delle suesposte argomentazioni delle parti, occorre innanzitutto accertare se l’inadempimento contestato al Regno di Spagna in relazione alla mancata esecuzione della sentenza del 2002 sia perdurato fino all’esame dei fatti da parte della Corte, come richiesto dalla giurisprudenza in materia di imposizione di una sanzione pecuniaria (19).

53.      Come già osservato nelle presenti conclusioni, l’esecuzione della sentenza del 2002 presuppone l’esecuzione della decisione 91/1 e l’esecuzione della suddetta decisione presuppone a sua volta il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi.

54.      Ho anche osservato che, per una società in fallimento, come nel caso di specie, la giurisprudenza pone due condizioni cumulative affinché gli aiuti dichiarati illegittimi con una sentenza della Commissione possano essere considerati recuperati, vale a dire l’ammissione al passivo del credito relativo alla restituzione degli aiuti e la definitiva cessazione dell’attività sovvenzionata dagli aiuti di cui trattasi (20).

55.      A mio avviso, l’esistenza di queste due condizioni cumulative non è messa in discussione dalla sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (21), benché il Regno di Spagna ne abbia dedotto che lo Stato membro soddisfa l’obbligo di recupero degli aiuti di Stato illegittimi con l’ammissione al passivo del credito in parola nell’ambito della procedura fallimentare. È vero che nella sentenza in parola la Corte ha collegato l’obbligo di recupero degli aiuti di Stato illegittimi soltanto all’ammissione al passivo dei crediti in questione nell’ambito della procedura fallimentare, rigettando, allo stesso tempo, espressamente la condizione della vendita degli attivi dell’impresa a condizioni di mercato (22). Questo non significa tuttavia che la Corte abbia negato la condizione della cessazione dell’attività sovvenzionata mediante gli aiuti di Stato illegittimi, la quale si evince dalla precedente costante giurisprudenza (23).

56.      Nella fattispecie, è giocoforza constatare che, alla data in cui si è chiusa la fase orale del procedimento nella presente causa, il credito per EUR 22 683 745 relativo alla restituzione degli aiuti accordati dalla Comunità autonoma del Paese basco alla società Indosa era stato ammesso al passivo nell’ambito della procedura fallimentare della società CMD.

57.      L’aspetto problematico consiste nel sapere se sia realmente cessata l’attività sovvenzionata dagli aiuti dichiarati illegittimi con la decisione 91/1.

58.      Benché l’Indosa sia stata dichiarata fallita nel 1994, l’attività controversa è continuata attraverso la CMD. Anche quest’ultima è stata dichiarata fallita nel 2008 e, secondo quanto affermato dal Regno di Spagna, le attività sarebbero cessate definitivamente in seguito all’ordinanza del giudice competente del 24 luglio 2009, relativa all’estinzione dei contratti di lavoro di tutto il personale. Il Regno di Spagna stesso ha tuttavia ammesso, nella sua risposta scritta ai quesiti della Corte, che l’attività negli impianti della CMD è continuata attraverso l’Euskomenaje, società costituita il 3 settembre 2009 e che utilizza i locali della CMD per produrre e commercializzare i prodotti che quest’ultima produceva in precedenza. Ciò era possibile in quanto i curatori fallimentari della CMD avevano autorizzato la cessione provvisoria degli attivi di quest’ultima a favore della Euskomenaje.

59.      È vero che il Regno di Spagna ha dimostrato che il governo basco ha adottato una serie di misure per evitare che la società Euskomenaje potesse portare avanti l’attività nei locali della CMD. Resta tuttavia il fatto che, alla data in cui si è chiusa la fase orale del procedimento nella presente causa, la Euskomenaje continuava a svolgere le medesime attività negli impianti della CMD. Tale circostanza è stata confermata dallo stesso Regno di Spagna all’udienza.

60.      Ritengo che nel caso di specie vi sia prova sufficiente del fatto che la condizione della definitiva cessazione dell’attività sovvenzionata dagli aiuti illegittimi non era soddisfatta alla data in cui si è chiusa la fase orale del procedimento e che pertanto gli aiuti di Stato dichiarati illegittimi con la decisione 91/1 non possono considerarsi recuperati. È pertanto necessario irrogare al Regno di Spagna una penalità per indurlo a porre fine, quanto prima, a un inadempimento che, in mancanza di essa, tenderebbe a persistere (24).

61.      Quanto all’importo della penalità, la Corte si è pronunciata più volte nel senso che la penalità deve essere fissata in modo tale che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, commisurata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato. Criteri fondamentali da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva della penalità ai fini dell’applicazione uniforme ed efficace del diritto dell’Unione sono costituiti in linea di principio dalla durata dell’infrazione, dal suo grado di gravità e dalla capacità finanziaria dello Stato membro di cui è causa. Per l’applicazione di tali criteri si deve tener conto, in particolare, delle conseguenze dell’omessa esecuzione sugli interessi privati e pubblici, come pure dell’urgenza di indurre lo Stato membro di cui trattasi a conformarsi ai suoi obblighi (25).

62.      Per quanto attiene al primo criterio, vale a dire la durata dell’infrazione, nel caso di specie sono decorsi più di dieci anni dalla data della pronuncia della sentenza del 2002, la cui omessa esecuzione viene contestata al Regno di Spagna. Si tratta evidentemente di un lasso di tempo del tutto considerevole. Occorre aggiungere che si tratta del lasso di tempo più lungo di cui la Corte ha avuto conoscenza nell’ambito di un procedimento di inadempimento per omessa esecuzione di una sentenza che accerta un inadempimento. Per questo motivo concordo con la Commissione nel ritenere che vada applicato in questo caso il coefficiente di durata più elevato, vale a dire 3.

63.      Per quanto attiene al secondo criterio, vale a dire la gravità dell’infrazione, la Corte ha già sottolineato il valore fondamentale delle disposizioni del Trattato CE in materia di aiuti di Stato che formano oggetto della decisione 91/1 e della sentenza del 2002. La rilevanza delle disposizioni dell’Unione violate nella fattispecie si riflette in particolare nel fatto che, tramite il rimborso di un aiuto di Stato pagato illegittimamente, viene eliminata la distorsione della concorrenza causata dal vantaggio anticoncorrenziale procurato dall’aiuto e che, per effetto di tale restituzione, il beneficiario è privato del vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti (26).

64.      Tuttavia, a questo proposito, ritengo occorra tener conto dei passi avanti nell’esecuzione della decisione 91/1 e della sentenza del 2002 compiuti dopo la proposizione del ricorso. Vorrei sottolineare due fatti: in primis, il credito relativo alla restituzione degli aiuti accordati all’Indosa è stato finalmente ammesso al passivo nell’ambito della procedura fallimentare a carico della CMD; in secondo luogo, le autorità nazionali si sono attivate per ottenere la definitiva cessazione, non solo formale, dell’attività sovvenzionata dagli aiuti di Stato illegittimi, benché le loro iniziative non abbiano, per il momento, raggiunto l’obiettivo perseguito.

65.      Queste due circostanze giustificano, a mio avviso, una riduzione del coefficiente di gravità proposto dalla Commissione al livello 4.

66.      Per quanto attiene al terzo criterio, vale a dire la capacità finanziaria dello Stato membro in parola, la Corte ha dichiarato che il metodo di calcolo consistente nel moltiplicare l’importo di base per un coefficiente specifico applicabile allo Stato membro in questione costituisce un mezzo adeguato per tener conto della capacità finanziaria di quest’ultimo, mantenendo al contempo un divario ragionevole tra i diversi Stati membri (27). Ne consegue che, nel caso di specie, è opportuno utilizzare per il Regno di Spagna un fattore n di 13,66.

67.      Tenuto conto dei coefficienti proposti, pervengo a una penalità di EUR 104 909 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della decisione 91/1 e della sentenza del 2002.

68.      Quanto alla periodicità della penalità, ritengo che la penalità calcolata su base giornaliera sia, nel caso di specie, la più adatta a metter fine quanto prima all’inadempimento contestato al Regno di Spagna.

D –    Sulla somma forfettaria

69.      La Commissione ritiene che, tenuto conto di tutti gli elementi giuridici e di fatto attinenti all’inadempimento contestato al Regno di Spagna, la prevenzione effettiva della futura reiterazione di infrazioni analoghe al diritto dell’Unione imponga l’adozione di una misura dissuasiva, come l’imposizione di una somma forfettaria. Quanto all’importo della somma forfettaria, essa propone di moltiplicare l’importo di EUR 14 343 (28) per il numero di giorni intercorsi tra la sentenza del 2002 e la data dell’adempimento da parte del Regno di Spagna dei suoi obblighi o, in mancanza, la data della pronuncia della sentenza nel caso di specie.

70.      Qualora la Corte reputi necessario applicare una somma forfettaria, il Regno di Spagna propone la somma giornaliera di EUR 44,80, calcolata sulla base di un importo forfettario di base di EUR 3,28 (29) cui si applicano un coefficiente di gravità di 1 e un fattore n di 13,66.

71.      Per quanto attiene alla somma forfettaria, occorre ricordare che l’imposizione di una penalità di tal sorta non può avere carattere automatico in caso di inadempimento degli obblighi derivanti dall’articolo 260, paragrafo 1, TFUE. Secondo la Corte, la suddetta disposizione del TFUE l’ha investita di un ampio potere discrezionale al fine di decidere se si debba o meno imporre sanzioni siffatte (30), tenuto conto dell’insieme degli elementi pertinenti che si riferiscono sia alle caratteristiche dell’inadempimento constatato sia al comportamento proprio dello Stato membro interessato (31).

72.      Ritengo che, nel caso di specie, sia soprattutto la durata dell’infrazione a deporre a favore dell’imposizione di una somma forfettaria. Si tratta di un lasso di tempo oltremodo considerevole, essendo trascorsi oltre dieci anni dalla pronuncia della sentenza del 2002, la cui mancata esecuzione viene contestata al Regno di Spagna.

73.      La Corte ha inoltre già riconosciuto che la ripetizione di comportamenti illeciti in un settore del diritto dell’Unione può essere un criterio per imporre una somma forfettaria (32), il che corrisponde a mio avviso al carattere preventivo delle sanzioni pecuniarie (33). Nel caso del Regno di Spagna, la Corte ha accertato in più occasioni inadempimenti legati alla mancata esecuzione di decisioni della Commissione che dichiaravano aiuti di Stato illegittimi e incompatibili con il mercato interno, in particolare, nelle sue sentenze del 20 settembre 2007, Commissione/Spagna (34) e del 14 dicembre 2006, Commissione/Spagna (35).

74.      Per quanto riguarda l’importo della suddetta somma forfettaria, si deve immediatamente ricordare che la Corte non è vincolata dalla proposta della Commissione e che la determinazione dell’importo della somma forfettaria rientra nell’ambito del suo potere discrezionale (36). La somma forfettaria deve essere fissata in modo tale da essere, da un lato, adeguata alle circostanze e, dall’altro, proporzionata all’inadempimento accertato, nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato. Tra i fattori pertinenti al riguardo figurano in particolare elementi come la durata della persistenza dell’inadempimento a partire dalla sentenza che lo ha constatato e la gravità dell’infrazione (37).

75.      Alla luce delle considerazioni svolte ai paragrafi 62‑64 delle presenti conclusioni in merito alla durata e alla gravità dell’inadempimento contestato al Regno di Spagna, reputo l’importo di EUR 20 milioni adeguato alle circostanze del caso di specie.

IV – Conclusione

76.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte:

–        di dichiarare che il Regno di Spagna, non avendo adottato, alla scadenza del termine fissato nella lettera di diffida complementare per presentare osservazioni sull’inadempimento contestato ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, tutte le misure che comporta l’esecuzione della sentenza del 2 luglio 2002, Commissione/Spagna (C‑499/99), relativa al recupero degli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato interno dalla decisione della Commissione del 20 dicembre 1989, 91/1/CEE, relativa ad aiuti concessi in Spagna dall’esecutivo centrale e da vari esecutivi autonomi a favore di MAGEFESA, produttore di casalinghi in acciaio inossidabile e piccoli elettrodomestici, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della menzionata decisione e dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE;

–        di condannare il Regno di Spagna a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una penalità pari a EUR 104 909 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti necessari a conformarsi alla citata sentenza del 2 luglio 2002, Commissione/Spagna, a partire da un mese dopo la pronuncia della presente sentenza fino all’esecuzione della detta sentenza del 2 luglio 2002;

–        di condannare il Regno di Spagna a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una somma forfettaria di EUR 20 milioni;

–        di condannare il Regno di Spagna alle spese.


1 – Lingua originale: il francese.


2 –      C‑499/99, Racc. pag. I‑6031.


3 – La Magefesa è una holding spagnola che raggruppa essenzialmente quattro imprese industriali: Industrias Domésticas SA (in prosieguo: la «Indosa»), Manufacturas Gur SA (in prosieguo: la «Gursa»), Manufacturas Inoxidables Gibraltar SA (in prosieguo: la «Migsa») e Cubertera del Norte SA (in prosieguo: la «Cunosa»).


4 –      GU 1991, L 5, pag. 18.


5 – Con la sentenza del 2002 la Corte ha anche accertato un inadempimento degli obblighi gravanti sul Regno di Spagna in forza della decisione della Commissione del 14 ottobre 1998, 1999/509/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Spagna alle società del gruppo Magefesa e alle imprese che sono subentrate (GU L 198, pag. 15). Il presente ricorso si riferisce tuttavia soltanto all’asserita mancata esecuzione della sentenza del 2002 nella parte inerente alla decisione 91/1/CEE.


6 – La società CMD è stata costituita dall’amministratore fallimentare dell’Indosa nel 1994 per commercializzare i suoi prodotti. Le azioni della CMD erano l’unica voce attiva dell’Indosa.


7 –      V., in proposito, sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia (C‑304/02, Racc. pag. I‑6263, punto 92).


8 –      V., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia (cit. alla nota 7, punto 93).


9 –      V., a questo riguardo, sentenza del 26 aprile 2012, Commissione/Paesi Bassi (C‑508/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34 e giurisprudenza citata). Benché la Corte abbia indicato questa caratteristica riferendosi al ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, ritengo che essa valga anche per un ricorso per inadempimento per omessa esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE.


10 – V. sentenze del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (C‑201/09 P e C‑216/09 P, non ancora pubblicata nella Racc. pag. I-2239olta, punto 75 e giurisprudenza citata); del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (C‑352/09 P, non ancora pubblicata nella Racc. pag. I-2359olta, punto 88), e del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).


11–      Sentenza del 27 gennaio 2011, Flos (C‑168/09, Racc. pag. I-181, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).


12 – V., in questo senso, sentenza del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (cit. alla nota 10, punto 81).


13–      Sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, non ancora pubblicata nella Racc. pag. I-11483olta, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


14–      Sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (cit. alla nota 13, punto 73).


15–      Sentenza del 13 ottobre 2011, Commissione/Italia (C‑454/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


16–      GU 2007, C 126, pag. 15.


17–      Cit. alla nota 13.


18 – L’importo forfettario di base proposto dal Regno di Spagna corrisponde alla moltiplicazione dell’importo forfettario di base uniforme di EUR 640 fissato dalla comunicazione della Commissione del 13 dicembre 2005, SEC(2005) 1658, per 25% (poiché l’inadempimento contestato ha riguardato una soltanto delle quattro società del gruppo Magefesa che hanno percepito un aiuto illegittimo in base alla decisione 91/1) e per 6,24% (poiché l’inadempimento contestato riguarda un aiuto accordato da una regione che rappresenta il 6,24% del prodotto interno lordo spagnolo).


19–      V., in questo senso, sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (cit. alla nota 13, punto 42).


20–      V. paragrafi 40 e 41 delle presenti conclusioni.


21–      Cit. alla nota 13.


22–      Sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (cit. alla nota 13, punti 74 e 75).


23–      Sentenza del 13 ottobre 2011, Commissione/Italia (cit. alla nota 15, punto 36 e giurisprudenza citata).


24–      V., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (C‑121/07, Racc. pag. I‑9159, punto 58).


25–      V. sentenza del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia (C‑369/07, Racc. pag. I‑5703, punti 114 e 115).


26–      V. sentenza del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia (cit. alla nota 25, punti 118 e 120).


27–      V. sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (cit. alla nota 13, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).


28 – L’importo di EUR 14 343 risulta dalla moltiplicazione di un importo forfettario di base di EUR 210 per il coefficiente di gravità di 5 e il fattore n di 13,66.


29 – Come l’importo forfettario di base nel caso di una penalità, l’importo di base forfettario proposto dal Regno di Spagna per la somma forfettaria risulta dalla moltiplicazione per 25% e per 6,24% dell’importo di base forfettario uniforme di EUR 210 fissato dalla comunicazione della Commissione del 13 dicembre 2005, SEC(2005) 1658.


30–      V., in questo senso, sentenze del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (cit. alla nota 24, punto 63), e del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia (cit. alla nota 25, punto 144).


31–      V., in questo senso, sentenze del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (cit. alla nota 24, punto 62); del 4 giugno 2009, Commissione/Grecia (C‑568/07, Racc. pag. I‑4505, punto 44); del 4 giugno 2009, Commissione/Grecia (C‑109/08, Racc. pag. I‑4657, punto 51), e del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia (C‑369/07, cit. alla nota 25, punto 144).


32–      V., in questo senso, sentenze del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (cit. alla nota 24, punto 67), e del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (cit. alla nota 13, punto 91).


33 – Per quanto attiene al carattere preventivo, v. sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (cit. alla nota 24, punto 59).


34–      C‑177/06, Racc. pag. I‑7689.


35 –      Da C‑485/03 a 490/03, Racc. pag. I‑11887.


36–      V., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (cit. alla nota 24, punto 64).


37–      Sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (cit. alla nota 13, punti 93 e 94).