Language of document : ECLI:EU:C:2016:782

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 19 ottobre 2016 (1)

Causa C‑452/16 PPU

Openbaar Ministerie

contro

Krzysztof Marek Poltorak

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi)]

«Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Nozioni di “autorità giudiziaria” e “decisione giudiziaria”»





1.        Nel sistema istituito dalla decisione quadro 2002/584/GAI (2), che ha sostituito il tradizionale meccanismo di estradizione, il ruolo principale spetta alle autorità giudiziarie degli Stati membri. In particolare, la decisione quadro riguarda sia l’autorità giudiziaria emittente, che spicca il mandato d’arresto europeo (3), sia quella di esecuzione, nello Stato ricevente, che deve dargli la necessaria attuazione.

2.        La Corte non era ancora stata chiamata ad interpretare le nozioni di «autorità giudiziaria» (ai sensi dell’articolo 6 della decisione quadro) e di «decisione giudiziaria» (ai sensi dell’articolo 1 del medesimo testo normativo). Il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi) le sottopone nel presente procedimento pregiudiziale quattro questioni con le quali chiede, in sintesi, di precisare il senso di tali espressioni, per dare seguito o, se del caso, respingere un MAE emesso da un’autorità di polizia svedese ai fini dell’esecuzione di una sentenza definitiva.

3.        Parallelamente al presente procedimento, il medesimo giudice del rinvio ha sollevato altre questioni pregiudiziali vertenti sulla nozione di «decisione giudiziaria» che figura in una delle quattro condizioni richieste dall’articolo 8 della decisione quadro; tali questioni tuttavia non riguardano il MAE, bensì il mandato d’arresto nazionale che deve precederlo. In data odierna presento le conclusioni relative a tale altro procedimento (4).

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Trattato sull’Unione europea

4.        Conformemente all’articolo 6:

«1.      L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la “Carta”] (…), che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

2.      L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali [firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”)]. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.

3.      I diritti fondamentali, garantiti dalla [CEDU] e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali».

2.      Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

5.        Sotto il titolo «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», l’articolo 47 dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(…)».

3.      Decisione quadro 2002/584/GAI

6.        Il considerando 5 della decisione quadro così recita:

«L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. (…)».

7.        Ai sensi del considerando 6 della decisione quadro:

«Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria».

8.        Inoltre, il considerando 10 enuncia quanto segue:

«Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea, constatata dal Consiglio in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso trattato, e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo».

9.        L’articolo 1 della decisione quadro, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione», dispone quanto segue:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro».

10.      L’articolo 6 della decisione quadro, intitolato «Determinazione delle autorità giudiziarie competenti», così dispone:

«1.      Per autorità giudiziaria emittente si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente che, in base alla legge di detto Stato, è competente a emettere un mandato d’arresto europeo.

2.      Per autorità giudiziaria dell’esecuzione si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione che, in base alla legge di detto Stato, è competente dell’esecuzione del mandato di arresto europeo.

3.      Ciascuno Stato membro comunica al Segretariato generale del Consiglio qual è l’autorità competente in base al proprio diritto interno».

11.      Ai sensi dell’articolo 7 della decisione quadro, relativo all’autorità centrale:

«1.      Ciascuno Stato membro può designare un’autorità centrale o, quando il suo ordinamento giuridico lo prevede, delle autorità centrali per assistere le autorità giudiziarie competenti.

2.      Uno Stato membro può, se l’organizzazione del proprio sistema giudiziario interno lo rende necessario, affidare alla (alle) propria (proprie) autorità centrale (centrali) la trasmissione e la ricezione amministrativa dei mandati d’arresto europei e della corrispondenza ufficiale ad essi relativa.

(…)».

12.      Per quanto riguarda le relazioni con altri strumenti giuridici, l’articolo 31, paragrafo 1, lettera a), della decisione quadro prevede quanto segue:

«1.      Fatta salva la loro applicazione nelle relazioni tra Stati membri e paesi terzi, le disposizioni contenute nella presente decisione quadro sostituiscono, a partire dal 1o gennaio 2004, le corrispondenti disposizioni delle convenzioni seguenti applicabili in materia di estradizione nelle relazioni tra gli Stati membri:

a)      convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, il relativo protocollo addizionale del 15 ottobre 1975, il relativo secondo protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978 e la convenzione europea per la repressione del terrorismo del 27 gennaio 1977 per la parte concernente l’estradizione;

(…)».

B –    Diritto svedese

13.      Il 29 maggio 2009 la Svezia ha trasmesso (5) al Segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della decisione quadro, un aggiornamento delle informazioni relative alle autorità giudiziarie competenti ai sensi del suo diritto interno, che indicava quanto segue:

«[In relazione all’]articolo 6, paragrafo 3

Le seguenti autorità sono competenti in Svezia in materia di emissione ed esecuzione del mandato d’arresto europeo:

Autorità giudiziaria emittente

(…)

Il mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà è emesso dalla Direzione della polizia nazionale (Rikspolisstyrelsen) (…)».

14.      Secondo l’ordinanza di rinvio, e come ha confermato il governo svedese nelle sue osservazioni scritte e all’udienza, l’esecuzione delle sentenze definitive, nonché le decisioni da adottare a tal fine successivamente in Svezia, spettano ad autorità diverse da quelle giudiziarie e, in particolare, dagli organi giurisdizionali che hanno pronunciato dette sentenze (6).

15.      Inoltre, in risposta alla richiesta di informazioni del Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam), l’autorità di polizia svedese (Swedish Police Authority) gli ha comunicato, con lettera del 1o agosto 2016, che detta autorità:

a)      è l’autorità competente ad emettere un MAE in esecuzione di una pena privativa della libertà;

b)      emette MAE soltanto su richiesta dell’autorità penitenziaria, rispetto alla quale è tuttavia indipendente;

c)      ha delegato talune competenze a uno o più funzionari di polizia impiegati presso la Divisione della cooperazione internazionale di polizia;

d)      esercita le sue competenze senza essere soggetto alla direzione o al controllo degli organi giurisdizionali, del Ministero della Giustizia svedese o del giudice che ha pronunciato la condanna.

II – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16.      Il 23 maggio 2016, il pubblico ministero presso il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) ha chiesto a quest’ultimo di dare attuazione al MAE emesso il 30 giugno 2014 dalla Direzione generale della polizia nazionale svedese (7) ai fini dell’arresto e consegna del sig. Poltorak, detenuto presso il penitenziario di Alphen aan de Rijn (Paesi Bassi).

17.      Il MAE è basato sulla sentenza definitiva pronunciata da un tribunale di Göteborg (Svezia) il 21 dicembre 2012 (riferimento B 9380/12), con cui è stata inflitta al sig. Poltorak una pena privativa della libertà di un anno e tre mesi per un reato di aggressione con lesioni personali gravi (8).

18.      Il giudice del rinvio intende sapere se il MAE sia stato emesso da un’«autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro e, pertanto, se costituisca una «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta decisione. Esso aggiunge che tale problema si pone in particolare alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte nella sentenza del 1o giugno 2016, Bob‑Dogi (9).

19.      In tale contesto, il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le espressioni “autorità giudiziaria”, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI, e “decisione giudiziaria”, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI, configurino nozioni autonome di diritto dell’Unione.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, alla luce di quali criteri si possa stabilire se un’autorità dello Stato membro emittente configuri una simile “autorità giudiziaria” e pertanto se il MAE da questa emesso sia una siffatta “decisione giudiziaria”.

3)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se la Direzione generale della polizia nazionale svedese rientri nella nozione di «autorità giudiziaria», di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI, e se dunque il MAE emesso da detta autorità sia una “decisione giudiziaria”, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI.

4)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se la designazione di un’autorità nazionale di polizia come la Direzione generale della polizia nazionale come autorità giudiziaria emittente sia conforme al diritto dell’Unione».

20.      Secondo l’analisi del giudice del rinvio, esposta ai punti da 4.2 a 4.6 dell’ordinanza di rinvio:

–        l’espressione «autorità giudiziaria» di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro può essere interpretata nel senso che lascia al diritto dello Stato membro emittente il compito di definire detta nozione, oppure nel senso che lascia a tale ordinamento giuridico solo il compito di designare l’autorità competente (10). Nel primo caso, la nozione di «autorità giudiziaria» non sarebbe una nozione autonoma di diritto dell’Unione e pertanto non richiederebbe un’interpretazione autonoma e uniforme. Nel secondo caso, essa rappresenterebbe una nozione autonoma di diritto dell’Unione, la cui interpretazione tuttavia non è evidente (11) e non è stata oggetto di precedenti pronunce della Corte che l’abbiano resa un «acte éclairé» (12);

–        non emerge chiaramente dal contesto, e in particolare dalla Convenzione europea di estradizione, nonché dai precedenti legislativi, in particolare la proposta di decisione quadro (13), se altre autorità, oltre a quelle giudiziarie, possano essere competenti ad emettere MAE, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, nonostante la tendenza, osservata nell’evoluzione normativa a partire dalla Convenzione europea di estradizione, a sostituire i rapporti tra Stati membri con rapporti tra autorità giudiziarie;

–        l’obiettivo della decisione quadro di istituire un sistema semplificato di consegna delle persone, sulla base del principio del riconoscimento reciproco e sotto controllo giudiziario (14), implica una tutela a due livelli dei diritti procedurali e fondamentali (15), uno nello Stato membro emittente e l’altro in quello dell’esecuzione, sicché la mancanza di detta tutela ad uno dei due livelli potrebbe ledere tali principi di riconoscimento e fiducia reciproci.

III – Procedimento dinanzi alla Corte

21.      La decisione di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte il 16 agosto 2016, accompagnata da una domanda di applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza (articolo 267, quarto comma, TFUE). Il giudice del rinvio ha giustificato la sua richiesta con il fatto che il sig. Poltorak era detenuto e che il suo mantenimento in tale situazione dipendeva dalla risoluzione del merito della causa.

22.      Nella riunione amministrativa del 1o settembre 2016, la Corte ha deciso di sottoporre la causa al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

23.      Hanno presentato osservazioni scritte il difensore del sig. Poltorak, i governi olandese e svedese e la Commissione europea.

24.      Il 5 ottobre 2016 si è tenuta un’udienza comune con la causa C‑477/16 PPU (Kovalkovas), in cui è stato chiesto agli interessati, ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia, in particolare al governo svedese, di rispondere ai quesiti loro rivolti.

25.      Il rappresentante del sig. Poltorak, i governi olandese, tedesco, ellenico, finlandese e svedese nonché la Commissione hanno presentato osservazioni alla suddetta udienza.

IV – Analisi

A –    Sulla prima questione pregiudiziale

26.      Il giudice olandese chiede se le espressioni «autorità giudiziaria», di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, e «decisione giudiziaria», di cui all’articolo 1, paragrafo 1, del medesimo testo normativo, debbano essere interpretate come nozioni autonome del diritto dell’Unione.

27.      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme. Tale giurisprudenza è stata applicata, specificamente, ad alcune nozioni della decisione quadro (16) e alla nozione di «autorità giudiziaria competente, in particolare, in materia penale» di cui all’articolo 1, lettera a), punto iii), della decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie (17).

28.      Orbene, nessuno di due articoli citati della decisione quadro rinvia al diritto degli Stati membri per definire il proprio significato e la propria portata. È vero che l’articolo 6, paragrafo 1, fa riferimento all’autorità giudiziaria «che, in base alla legge [dello Stato membro], è competente». Tuttavia, tale rinvio non riguarda la definizione di «autorità giudiziaria», ma solo l’attribuzione della competenza ad emettere i MAE a uno o più giudici nazionali, conformemente al diritto interno.

29.      Pertanto, si deve ritenere che le nozioni di «autorità giudiziaria» e «decisione giudiziaria» che figurano, rispettivamente, all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro siano nozioni autonome del diritto dell’Unione, che devono essere interpretate in maniera autonoma e uniforme nel territorio di quest’ultima, tenendo conto dei loro termini, del loro contesto e della finalità perseguita dalla normativa di cui esse fanno parte (18).

30.      Occorre tuttavia modulare tale affermazione: dato il contesto procedurale in cui si collocano le due espressioni, per interpretarle occorre tenere conto della libertà di cui dispongono gli Stati membri sia per designare i giudici competenti, sia per legiferare sulle modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti conferiti dall’ordinamento dell’Unione ai suoi cittadini (19).

31.      La risposta affermativa alla prima questione rende priva di oggetto la quarta, sollevata unicamente in caso di risposta negativa alla prima.

B –    Sulle questioni pregiudiziali seconda e terza

32.      Con la seconda e la terza questione, il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) chiede, in definitiva, se un organo quale la DGPN svedese soddisfi i requisiti per essere qualificato come «autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, cosicché il MAE da essa emesso nel caso di specie rivestirebbe il carattere di «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, del medesimo atto normativo.

33.      Come si è già osservato, diversamente dal rinvio pregiudiziale nella causa C‑453/16 PPU, nel presente procedimento le questioni del giudice del rinvio non vertono sull’autorità competente ad emettere il previo mandato nazionale, bensì su quella competente ad emettere il MAE ai sensi della decisione quadro.

34.      Preliminarmente, desidero segnalare che la riformulazione da me proposta della seconda e della terza questione si basa sul mio convincimento che esista uno stretto legame tra la natura di una decisione giudiziaria e la qualità di autorità giudiziaria del soggetto che la adotta. Pertanto, in realtà, la nozione che occorre precisare nella fattispecie è quella di «autorità giudiziaria».

35.      Sembra logico ritenere che, se la DGPN svedese non potesse rientrare tra gli enti e organi configurati come autorità giudiziarie, il MAE da questa emesso sarebbe privo dell’attributo decisivo, nonché primo requisito, di una decisione di carattere «giudiziario», vale a dire la sua provenienza da uno degli organi appartenenti all’ambito dell’amministrazione della giustizia.

36.      Tenuto conto della mancanza di una definizione (20) dell’«autorità giudiziaria» nel testo della decisione quadro, occorrerà fare riferimento, conformemente ai consueti criteri ermeneutici della Corte, al senso letterale dei termini, al contesto e agli obiettivi perseguiti.

37.      Per evitare equivoci, mi sembra tuttavia necessario sottolineare subito che non vedo alcun fondamento giuridico per trattare i MAE diretti all’esecuzione di una sentenza in modo diverso dai MAE finalizzati all’esecuzione di altri provvedimenti penali preliminari alla pronuncia della sentenza (quali i mandati d’arresto e misure analoghe). Atteso che tali provvedimenti sono tutti diretti alla consegna, da parte di uno Stato membro, di persone ricercate in un altro Stato membro, è irrilevante, per interpretare le nozioni di autorità di emissione e di ricezione del MAE, che la ricerca venga effettuata allo scopo di tradurre dinanzi al giudice nazionale una persona che è già stata destinataria di una sentenza, oppure una persona sottoposta ad un procedimento penale e non ancora giudicata.

38.      Tale precisazione è indispensabile perché, se la si omettesse, si potrebbe pensare che, nel caso dei MAE finalizzati all’esecuzione di una sentenza di condanna, l’intervento dell’«autorità giudiziaria» si esaurisca nella pronuncia di detta sentenza e che, pertanto, tale autorità non abbia più nulla da dire quanto alla sua esecuzione. A mio avviso, non è così. In un sistema di consegna caratterizzato dalla giudiziarizzazione e dal conseguente riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie, il MAE successivo alla sentenza presuppone altresì la previa adozione di talune decisioni, che possono essere soltanto giudiziarie, in quanto riguardano la privazione, provvisoria o meno, della libertà e l’analisi della proporzionalità dell’emissione di tale mandato (21).

39.      Per quanto attiene all’interpretazione dell’articolo 6 e, in primo luogo, all’accezione comune dei termini «autorità» e «giudiziaria», si deve osservare che il primo di detti termini fa riferimento a un soggetto che esercita i suoi poteri in un settore della vita pubblica, poiché dispone delle competenze e delle facoltà nonché della legittimazione a farlo. L’aggettivo «giudiziaria» dà al sostantivo cui si accompagna la connotazione secondo la quale detta autorità deve appartenere all’ambito dell’amministrazione della giustizia (22), in opposizione, secondo la teoria classica della separazione dei poteri, ai poteri legislativo ed esecutivo.

40.      Così, le versioni linguistiche della decisione quadro da me consultate fanno invariabilmente riferimento alla giustizia: «autorité judiciaire» nella versione francese, «judicial authority» nella versione inglese, «Justizbehörde» nella versione tedesca, «autoridade judiciária» nella versione portoghese, «rättsliga myndighet» nella versione svedese e «tiesu iestāde» nella versione lettone.

41.      Si può quindi cogliere sin d’ora un primo indizio nel senso che l’autorità cui fa riferimento, in particolare, l’articolo 6 della decisione quadro deve appartenere all’ambito dell’amministrazione della giustizia. E tale primo indizio trova conferma, come correttamente osservato dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam), nei precedenti legislativi. Sia la Convenzione europea di estradizione che la proposta di decisione quadro (23) utilizzavano, rispettivamente, le espressioni «autorità competente» e «autorità giudiziaria» nel senso che includevano i giudici e il pubblico ministero, ma con espressa esclusione delle autorità di polizia (24).

42.      Tale impressione è confermata, in secondo luogo, dal contesto del menzionato articolo 6. Detta disposizione, unitamente all’articolo 7, che, come indicato dal suo titolo, verte sul «ricorso all’autorità centrale», formano l’architettura istituzionale del procedimento semplificato istituito dalla decisione quadro. Tale sistema funziona secondo uno schema base, che esaminerò nel prosieguo.

43.      In linea di principio, come si deduce dal considerando 5, l’estradizione tra Stati membri viene sostituita da un sistema di consegna tra autorità giudiziarie, fondato sul principio del riconoscimento reciproco (25). Il pilastro di tale riconoscimento è costituito, per l’appunto, dal dialogo inter partes introdotto dall’articolo 6, vale a dire tra l’autorità giudiziaria emittente, che emana il MAE, e quella di esecuzione, o di ricezione, che deve attuarlo. Tale configurazione dei rapporti tra gli Stati membri, attraverso le loro rispettive autorità giudiziarie, consente di instaurare la reciproca fiducia nel fatto che i loro ordinamenti giuridici nazionali sono in grado di fornire una tutela equivalente ed effettiva dei diritti fondamentali riconosciuti nell’ambito dell’Unione, in particolare nella Carta (26).

44.      L’unica deroga all’applicazione di tale schema ammessa dal legislatore è prevista all’articolo 7 della decisione quadro, che consente, in via eccezionale, di ricorrere ad autorità non appartenenti all’ambito «giudiziario». Tuttavia, per una volta, il tenore letterale di detta disposizione non lascia adito a dubbi: i termini utilizzati per descrivere la natura subordinata degli atti di tali «autorità centrali» sono stati scelti attentamente, al fine di delimitare le funzioni esercitate da queste ultime nel contesto del dialogo tra autorità giudiziarie.

45.      Così, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della decisione quadro, viene concessa agli Stati membri la facoltà di designare questo tipo di autorità centrali per «assistere» le autorità giudiziarie competenti. Se ne deduce chiaramente che si tratta solo di una funzione di collaborazione e in nessun caso di decisione o direzione, e tale natura strumentale è confermata dal paragrafo 2 del medesimo articolo: i compiti che può assumere l’autorità centrale designata sono la «trasmissione» e la «ricezione» amministrativa dei MAE e della «corrispondenza ufficiale ad essi relativa».

46.      Dal confronto fra tali compiti e quelli assegnati alle autorità giudiziarie (ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, quella emittente è «competente a emettere un mandato» e quella di esecuzione è «competente dell’esecuzione del mandato»), emerge che le autorità centrali svolgono solo funzioni meramente amministrative e non possono in alcun modo dare il necessario impulso processuale, ossia mettere in moto il meccanismo di emissione del MAE.

47.      Pertanto, sebbene il legislatore abbia previsto la partecipazione di un tipo particolare di organo amministrativo al dialogo tra autorità giudiziarie perseguito dalla decisione quadro, il suo intervento è molto limitato: a) da un lato, può trattarsi solo dell’autorità espressamente designata dallo Stato membro (il quale ne avrà informato il Segretariato generale del Consiglio), e di nessun’altra, e, b) dall’altro, le funzioni che essa può esercitare sono limitate al supporto amministrativo ai veri organi decisori, cioè le autorità giudiziarie che devono decidere se emettere o eseguire i MAE.

48.      Tale interpretazione si può inoltre dedurre dalla motivazione della proposta di decisione quadro (27). Nella spiegazione per articoli, detta proposta indica, in relazione all’articolo 7, che esso «s’ispira alle disposizioni della convenzione dell’Unione europea del 1996 sull’estradizione e della convenzione dell’Unione europea del 2000 sulla cooperazione giudiziaria in materia penale. [Si tratta] di una disposizione pratica che mira a facilitare la trasmissione d’informazioni tra gli Stati membri (…)» e che «[i]l ruolo di queste autorità centrali dev’essere quello di agevolare la diffusione e l’esecuzione dei [MAE] tra Stati membri [ed] [e]sse debbono, in particolar modo, assicurare la traduzione, nonché il supporto amministrativo all’esecuzione dei mandati» (28).

49.      In terzo luogo, l’architettura istituzionale del MAE così configurata è quella che meglio si adatta allo scopo di instaurare un nuovo sistema semplificato e più efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di avere violato la legge penale, facilitando e accelerando la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia sulla base dell’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri (29).

50.      Il dialogo tra autorità giudiziarie, che condividono per l’essenziale le caratteristiche costituzionali dell’appartenenza al potere giudiziario nei rispettivi Stati membri e l’impegno a garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di cui all’articolo 6 TUE, costituisce l’elemento chiave di tale fiducia reciproca. Detto dialogo implica la mancanza di intromissioni da parte di altri tipi di autorità non giudiziarie, che possono espletare tutt’al più funzioni di mera assistenza nei limiti posti dall’articolo 7 della decisione quadro.

51.      Peraltro, come la Corte ha già osservato, l’intera procedura di consegna tra Stati membri prevista dalla decisione quadro è sotto il controllo giudiziario (30).

52.      Esiste inoltre un argomento complementare che conferma la limitazione della cooperazione penale, per quanto riguarda i MAE, agli organi giudiziari: la base giuridica sostanziale della stessa decisione quadro, l’articolo 31, paragrafo 1, lettere a) e b), TUE. Nella versione di tale Trattato vigente nel 2002 (31), si trattava ancora di facilitare e accelerare la cooperazione «tra i ministeri competenti e le autorità giudiziarie o autorità omologhe». Tuttavia, dopo il Trattato di Lisbona, tale disposizione è stata trasposta nel TFUE ed è divenuta l’articolo 82, il cui paragrafo 1 introduce il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale e la cui lettera d) riprende il contenuto dell’ex articolo 31, paragrafo 1, lettera a), TUE, ma con la significativa modifica consistente nell’eliminazione del riferimento esplicito ai ministeri (32). Occorre tenere conto di tale modifica per interpretare la decisione quadro conformemente al nuovo spirito, che limita ancora di più al settore giudiziario siffatta modalità di cooperazione in materia penale (33). A tale proposito, è opportuno richiamare la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale un testo di diritto derivato dell’Unione deve essere interpretato, per quanto possibile, in un senso conforme alle disposizioni dei Trattati (34).

53.      Nel contesto della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, la Corte ha dichiarato che il Trattato di Lisbona ha modificato sostanzialmente il quadro istituzionale e che l’articolo 9 del protocollo n. 36, sulle disposizioni transitorie, mira segnatamente ad assicurare che gli atti adottati nel contesto di detta cooperazione possano continuare a essere applicati in modo efficace, nonostante la modifica della cornice istituzionale che la regolamenta (35).

54.      Tale affermazione, formulata nel contesto di un ricorso di annullamento, non contrasta affatto con un’interpretazione evolutiva della decisione quadro che la adegui, sebbene sia stata adottata su un fondamento giuridico anteriore, al testo e agli obiettivi del nuovo fondamento, vale a dire la renda più conforme alle caratteristiche attribuite dal legislatore alla cooperazione giudiziaria in materia penale. Continuare ad interpretare questo atto normativo unicamente secondo lo spirito della precedente base giuridica comporterebbe il rischio di pietrificare l’ordinamento giuridico, contro lo stesso TFUE e la successiva esplicita volontà del legislatore.

55.      In base alle precedenti considerazioni, dato che, nella fattispecie, l’autorità che ha emesso il MAE fa parte della «polizia» e la sua decisione non è stata assunta da un giudice, è logico che sorga il dubbio se un organo di polizia possa avere la natura di un’«autorità giudiziaria» ai sensi della decisione quadro. Se è vero che la polizia fa parte delle forze coercitive dello Stato, e opera normalmente agli ordini dei titolari del potere esecutivo, ciò non toglie che essa presta spesso assistenza alle autorità giudiziarie nelle indagini penali e talora nell’esecuzione delle decisioni giudiziarie. Tuttavia, tale elemento di cooperazione o assistenza non la trasforma in un’autorità giudiziaria.

56.      Dalle informazioni fornite dall’autorità di polizia svedese (36) in risposta ai quesiti del giudice del rinvio risulta che l’autorità incaricata di emettere i MAE presenta le seguenti caratteristiche: a) la polizia è un’autorità repressiva dotata di ampi poteri d’intervento; b) tale autorità non riceve istruzioni dal Ministero della Giustizia in relazione ai MAE; c) non ha alcun rapporto diretto o indiretto con il giudice che ha condannato la persona ricercata; d) in materia di MAE essa agisce su richiesta dell’Amministrazione penitenziaria ma non riceve istruzioni dalla stessa e decide discrezionalmente se emettere tali mandati e e) ha delegato all’IPO (37), una divisione amministrativa composta da giuristi, di cui solo tre sono autorizzati a sottoscrivere i MAE svedesi, il potere di emettere un MAE ai fini dell’esecuzione di una sentenza definitiva di condanna a una pena detentiva.

57.      Fra tutti i suddetti elementi distintivi, la designazione dell’autorità di emissione dei MAE, in forza della legge svedese che ha trasposto la decisione quadro nell’ordinamento giuridico nazionale, è proprio quello che suscita maggiori preoccupazioni, tenuto conto della comunicazione trasmessa dal governo svedese al Consiglio nel 2009 in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, di detta decisione quadro (38).

58.      Consta, infatti, che il Consiglio aveva raccomandato alla Svezia (39) di adottare le misure necessarie a garantire che, in caso di esecuzione di una pena, il MAE sia emesso da un’autorità giudiziaria o sotto il controllo di un’autorità giudiziaria, conformemente alla decisione quadro.

59.      La risposta negativa del governo svedese a tale raccomandazione indica chiaramente le modalità di attuazione del sistema di MAE nel suo ordinamento giuridico. In sintesi (40), a parere di detto governo, è esatto che l’esecuzione di una sentenza penale per effetto della quale il condannato deve essere consegnato da un altro Stato membro non richiede che il MAE provenga da un’autorità giudiziaria stricto sensu. Il governo svedese afferma, al contrario, che, poiché il sistema nazionale di esecuzione delle decisioni giudiziarie attribuisce la competenza a un altro tipo di autorità, non necessariamente giudiziarie, non contrasta con la decisione quadro il fatto che tali autorità, di cui esso riconosce la natura non giudiziaria, emettano a loro volta il MAE.

60.      Orbene, in base alle suesposte considerazioni, ritengo che il sistema istituzionale difeso dal governo svedese non sia conforme alla decisione quadro. Tale sistema potrebbe essere eventualmente compatibile con detta decisione solo se l’autorità di polizia che emette il MAE ai fini dell’esecuzione di una sentenza rispondesse ai seguenti requisiti, che considero indispensabili per mantenere il livello di garanzie giudiziarie sul quale si basa il sistema dei MAE: a) dovrebbe agire su mandato e sotto il controllo di un’autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 6 della decisione quadro e b) non dovrebbe disporre di un potere discrezionale né di margini di valutazione riguardo all’emissione del MAE e dovrebbe attenersi al mandato dell’autorità giudiziaria. Inoltre, quest’ultima, in caso di dubbi sul mandato d’arresto, dovrebbe consultare la Corte in via pregiudiziale in merito all’interpretazione della decisione quadro.

61.      Come risulta dagli atti e dalle osservazioni scritte del governo svedese, la DGPN svedese non soddisfa tali requisiti. Nella struttura dello Stato, essa si colloca al di fuori dell’amministrazione della giustizia e, data l’assenza di un suo collegamento con i giudici e il pubblico ministero, difetta il necessario controllo da parte di un’autorità giudiziaria sui MAE, in relazione ai quali la DGPN dispone di un potere discrezionale.

62.      Tale conclusione non è inficiata dal fatto che l’autorità di polizia opera autonomamente dal Ministero della Giustizia e dal servizio penitenziario, dai quali non riceve istruzioni. Tale caratteristica, a mio avviso, è irrilevante ai fini della qualificazione dell’autorità di polizia come «autorità giudiziaria». E, per quanto riguarda il margine di discrezionalità di cui detta autorità dispone per l’emissione dei MAE, l’elemento decisivo è che essa non deve chiedere l’adozione di una decisione né rendere conto al giudice che ha condannato la persona ricercata. Tale dato, oltre a rafforzare la sua autonomia rispetto al giudice che ha pronunciato la condanna, dimostra altresì l’assenza di controllo giudiziario, contraria alla giurisprudenza secondo cui l’intero procedimento di consegna tra Stati membri previsto dalla decisione quadro deve svolgersi sotto controllo giudiziario (41).

63.      Infine, l’autonomia degli Stati membri conferisce loro il margine di libertà necessario per stabilire, nei rispettivi ordinamenti giuridici, a quali autorità attribuire le competenze procedurali (nella fattispecie, quelle relative all’emissione dei MAE). Secondo una giurisprudenza costante della Corte, in mancanza di disciplina comunitaria in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione, purché le dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (42).

64.      Orbene, dopo l’adozione della decisione quadro, alcuni Stati membri hanno comunicato al Segretariato generale del Consiglio, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, di tale decisione, quali erano le autorità giudiziarie competenti secondo il loro diritto interno ad emettere o eseguire i MAE, e la Svezia ha incluso l’autorità di polizia (Direzione generale della polizia nazionale) in relazione ai MAE ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà.

65.      Tuttavia, in termini strettamente giuridici, tali comunicazioni non influiscono sulla conformità alla decisione quadro delle misure prese da ciascuno Stato e non ne costituiscono una condizione. La disposizione citata consente agli Stati di designare o scegliere, tra le loro autorità giudiziarie, quelle competenti ad eseguire o emettere MAE, ma non permette loro di ampliare la nozione di autorità giudiziaria estendendola ad organi che non godano di tale status.

66.      In siffatte circostanze, ritengo che non costituisca un’ingerenza eccessiva nel modello scelto da uno Stato in vista dell’esecuzione delle decisioni giudiziarie, nell’esercizio della sua autonomia procedurale, il fatto di esigere (conformemente alla raccomandazione rivolta dal Consiglio al governo svedese) che uno Stato adotti i provvedimenti necessari affinché, qualora intenda mantenere l’intervento delle autorità di polizia nel contesto dei MAE, ciò avvenga in modo che dette autorità siano soggette alla direzione e al controllo di una vera e propria autorità giudiziaria. Tale modulazione non lederebbe i fondamenti del suo sistema nazionale e agevolerebbe l’adattamento di tale sistema allo scopo della cooperazione giudiziaria definita in questa materia dalla decisione quadro.

67.      Pertanto, ritengo che un’autorità di polizia dotata dei poteri di cui dispone la DGPN svedese non rientri nella nozione di «autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, cosicché un MAE emesso da detta autorità non può parimenti essere qualificato come «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della medesima decisione quadro.

V –    Sulla limitazione nel tempo degli effetti della sentenza della Corte

68.      Alcuni dei governi intervenuti all’udienza, nonché la Commissione, hanno suggerito alla Corte, qualora statuisca in definitiva che i MAE emessi dalla DGPN svedese non costituiscono decisioni giudiziarie (il che, logicamente, osterebbe alla loro attuazione da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato dell’esecuzione), di limitare gli effetti nel tempo della sua sentenza, in modo che si applichi solo per il futuro.

69.      A mio parere, tale suggerimento non può essere accolto. Come ho ricordato in altre conclusioni recenti (43), la regola generale è che «l’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, [fornita dalla Corte] nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, purché sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione di detta norma».

70.      Ritengo che nel caso di specie non ricorrano motivi per derogare a tale regola, dato che:

a) il giudice del rinvio non ha sollevato alcuna questione riguardo alla portata nel tempo della sentenza della Corte (a rigore, esso non ha neppure interrogato la Corte in merito alle conseguenze immediate della sentenza rispetto al MAE) e ha limitato i suoi dubbi alle questioni sopra esaminate;

b) spetta ai giudici di ciascuno Stato membro valutare, caso per caso, se i MAE già emessi rispondano ai criteri fissati dalla Corte nella sua sentenza, i quali possono parimenti influire sulle situazioni in atto, a maggior ragione quando sia in gioco la privazione di libertà di persone detenute in attesa di consegna. La soluzione dipenderà in ciascun caso da variabili attualmente difficili da prevedere, ad esempio l’ipotesi di un’eventuale regolarizzazione a posteriori del «difetto» che viziava il MAE iniziale;

c) infine, per quanto riguarda le consegne già effettuate (la cui sorte sembra essere la principale preoccupazione della Commissione), la valutazione dell’incidenza sulle stesse della sentenza della Corte spetterà ancora ai giudici nazionali, i quali non potranno ignorare, in tale contesto, le esigenze inerenti al principio del giudicato.

VI – Conclusione

71.      A tenore delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere nei termini seguenti alle questioni sollevate dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi):

«1)      Le espressioni “decisione giudiziaria” e “autorità giudiziaria” contenute, rispettivamente, nell’articolo 1, paragrafo 1, e nell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sono nozioni autonome del diritto dell’Unione e devono essere interpretate in maniera uniforme in tutta l’Unione europea.

2)      Un’autorità di polizia dotata dei poteri di cui dispone la Direzione generale della polizia nazionale svedese non soddisfa i requisiti per essere qualificata “autorità giudiziaria” ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI, e il mandato d’arresto europeo emesso nel presente procedimento non riveste il carattere di una “decisione giudiziaria” ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale decisione quadro».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, che modifica le decisioni quadro 2002/584/GAI, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell’interessato al processo (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro»).


3 –      In prosieguo: «MAE».


4 –      Causa Özçelik, C‑453/16 PPU, attualmente pendente dinanzi alla Corte.


5 –      «Aggiornamento delle notifiche e dichiarazioni della Svezia ai sensi della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri» (documento del Consiglio n. 10400/09, pag. 2).


6 –      Nelle spiegazioni fornite da detto governo, che possono essere consultate in versione integrale nel documento del Consiglio n. 14876/11 (Evaluation report on the fourth round of mutual evaluations «the practical application of the European Arrest Warrant and corresponding surrender procedures between Member States» Follow-up to Report on Sweden), pag. 2, si legge: «Sweden would like to stress that when a judgment is final all subsequent decisions concerning the enforcement of the sentence in our legal system are taken by other authorities than the court. (…) In Sweden we have three different enforcement authorities and in order to coordinate the issuing of the EAWs: in these cases, the International Police Cooperation Division (IPO) was designated as the issuing authority. (…) To conclude, the existing system is the most effective and in line with our national procedure and no complaints has been put forward. Thus, Sweden has not found any convincing reason to change the current system».


7 –      In prosieguo: la «DGPN».


8 –      Secondo la descrizione dei fatti contenuta nella rubrica e) del MAE, il 4 maggio 2012, a Husargatan (Göteborg, Svezia), il sig. Poltorak ha aggredito fisicamente la vittima colpendola a un occhio con la punta di una scopa e cagionandole una lacerazione del legamento e del condotto nasolacrimale di un occhio, che è soggetto ad emorragia in caso di congiuntivite, nonché la frattura delle pareti ossee inferiore e superiore di una cavità orbitaria. Il reato è stato considerato aggravato in considerazione della violenza e brutalità con cui ha agito il condannato.


9 –      C – 241/15, EU:2016:385.


10 –      Sebbene l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro non rinvii al diritto degli Stati membri, lo stretto legame tra le locuzioni «decisione giudiziaria» e «autorità giudiziaria», suggerirebbe – secondo il giudice del rinvio – di trattarle allo stesso modo.


11 –      Conformemente alla giurisprudenza relativa all’«acte clair» elaborata nella sentenza del 6 ottobre 1982, CILFIT (C‑283/81, EU:C:1982:335).


12 –      Secondo la giurisprudenza iniziata con la sentenza del 27 marzo 1963, Da Costa e a. (da C‑28/62 a C‑30/62, EU:C:1963:6).


13 –      Proposta di decisione quadro del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, presentata dalla Commissione il 19 settembre 2001 [COM(2001) 522 definitivo – 2001/0215(CNS)] (GU 2001, C 332 E, pag. 305).


14 –      Sentenza del 30 maggio 2013, F. (C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punto 46).


15 –      Sentenza del 1o giugno 2016, Bob-Dogi (C‑241/15, EU:2016:385, punto 57).


16 –      Sentenza del 28 luglio 2016, J.Z. (C‑294/16 PPU, EU:C:2016:610, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


17 –      Sentenza del 14 novembre 2013, Baláž (C‑60/12, ECLI:EU:C:2013:733, punti da 24 a 32).


18 –      Sentenza del 28 luglio 2016, J.Z. (C‑294/16 PPU, EU:C:2016:610, punto 37).


19 –      V. per analogia, sentenza del 30 giugno 2016, Toma (C‑205/15, EU:2016:499, punto 33).


20 –      Il Parlamento europeo ha evidenziato le divergenze interpretative cui dava luogo l’espressione «autorità giudiziaria» utilizzata nella decisione quadro e ha quindi adottato una risoluzione, del 27 febbraio 2014, recante raccomandazioni alla Commissione sul riesame del MAE, nella quale criticava «la mancanza di una definizione del termine “autorità giudiziaria” nella decisione quadro 2002/584/GAI e negli altri strumenti di riconoscimento reciproco, che ha portato a differenze nelle pratiche degli Stati membri, causando incertezze, controversie e nuocendo alla fiducia reciproca» [procedura 2013/2109(INL)]. Il Parlamento europeo invitava la Commissione a presentare «alcune proposte legislative secondo le raccomandazioni particolareggiate di cui all’allegato alla presente relazione, che prevedono (…) a) una procedura nell’ambito della quale una misura di riconoscimento reciproco può, se necessario, essere convalidata nello Stato membro di emissione da un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero, al fine di superare le interpretazioni divergenti del termine “autorità giudiziaria” (…)».


21 –      Sulla proporzionalità nel contesto del MAE, rinvio alle conclusioni (che condivido pienamente) dell’avvocato generale Bot nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:2016:140, paragrafi 137 e segg., in particolare, per quanto riguarda l’autorità giudiziaria di emissione, paragrafi da 145 a 155). V. altresì documento del Consiglio 17195/1/10 REV 1, versione riveduta del manuale europeo sull’emissione del mandato di arresto europeo, del 17 dicembre 2010, pag. 14, in cui si esortano le autorità di emissione ad effettuare un test di proporzionalità prima di emettere il MAE.


22 –      Non esamino nelle presenti conclusioni, bensì in quelle relative alla causa Özçelik, C‑453/16 PPU, pendente dinanzi alla Corte, la questione se il pubblico ministero possa essere considerato un’autorità giudiziaria nell’interpretazione della decisione quadro.


23 –      COM(2001) 522 definitivo; v. nota 13 delle presenti conclusioni.


24 –      La spiegazione dell’articolo 3 della proposta indica che «[l]a procedura del mandato d’arresto europeo si fonda sul principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie. Le relazioni tra Stato e Stato sono dunque, in larga misura, sostituite da relazioni tra autorità giudiziarie. Il termine “autorità giudiziaria” corrisponde, come nella convenzione del 1957 (si veda la relazione esplicativa all’articolo 1), alle autorità giudiziarie propriamente dette ed alla magistratura inquirente (pubblico ministero), ad esclusione delle autorità di polizia. L’autorità giudiziaria emittente sarà quella che, nel sistema procedurale dello Stato membro, ha la competenza ad emettere il mandato d’arresto europeo (articolo 4)».


25 –      Sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e 659/15 PPU, EU:2016:198, punto 75).


26 –      Sentenza del 1o giugno 2016, Bob-Dogi (C‑241/15, EU:2016:385, punto 33 e giurisprudenza citata).


27 –      V. paragrafo 41 delle presenti conclusioni e la nota corrispondente.


28 –      Il corsivo è mio. La motivazione della proposta autorizzava l’intervento amministrativo solo in alcuni casi elencati tassativamente: quando, nel sistema dello Stato membro interessato, un’autorità amministrativa debba accertare se la persona goda di un’immunità (articolo 31) o se esistano motivi umanitari importanti che giustificano il differimento dell’esecuzione del mandato (articolo 38), o soppesare le garanzie di non applicazione della pena dell’ergastolo fornite da un altro Stato membro (articolo 37).


29 –      Sentenza del 24 maggio 2016, Dworzecki (C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346 punto 27 e giurisprudenza citata).


30 –      Sentenza del 30 maggio 2013, F. (C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punto 46).


31 –      L’articolo 31, paragrafo 1, lettera a), TUE disponeva quanto segue: «[L’azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprende:] la facilitazione e l’accelerazione della cooperazione tra i ministeri competenti e le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri, ove appropriato anche tramite Eurojust, in relazione ai procedimenti e all’esecuzione delle decisioni».


32 –      L’articolo 82, paragrafo 1, lettera d), TFUE, così recita: «facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all’azione penale e all’esecuzione delle decisioni».


33 –      Sia l’articolo 30 TUE pre‑Lisbona sia, attualmente, gli articoli da 87 TFUE a 89 TFUE (collocati nel capo 5, rubricato «Cooperazione di polizia», del titolo V) sono dedicati alla cooperazione di polizia, nel cui ambito potrebbero collocarsi i rapporti tra le autorità di polizia svedesi e le omonime autorità di altri Stati membri. Per contro, le norme relative al MAE, tra altre misure, sono contenute nel capo 4 del medesimo titolo, sotto la rubrica «Cooperazione giudiziaria in materia penale».


34 –      Sentenza del 16 aprile 2015, Parlamento/Consiglio (C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 38 e giurisprudenza citata).


35 –      Ibidem, punto 44.


36 –      Succeduta alla DGPN.


37 –      International Police Cooperation Division (l’acronimo «IPO» è contenuto negli atti trasmessi alla Corte dal Rechtbank Amsterdam).


38 –      V. paragrafo 13 delle presenti conclusioni.


39 –      Evaluation report on the fourth round of mutual evaluations «the practical application of the European Arrest Warrant and corresponding surrender procedures between Member States» (documento del Consiglio n. 9927/2/08 REV 2, pag. 46).


40 –      V. paragrafo 13 e nota 5 delle presenti conclusioni.


41 –      Sentenza del 30 maggio 2013, F. (C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punto 46).


42 –      Sentenze del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 27), e del 15 settembre 1998, Ansaldo Energia e a. (C‑279/96, C‑280/96 e C‑281/96, EU:C:1998:403, punto 16), che rinvia alle sentenze pioniere del 16 dicembre 1976, Rewe (33/76, EU:C:1976:188, punto 5) e Comet (45/76, EU:C:1976:191, punti 13 e 16), nonché alla sentenza del 14 dicembre 1995, Peterbroeck (C‑312/93, EU:C:1995:437, punto 12).


43 –      Conclusioni presentate il 13 luglio 2016 nelle cause Eco-Emballages e Melitta France e a. (C‑313/15 e C‑530/15, EU:C:2016:551, paragrafo 56).