Language of document : ECLI:EU:C:2009:646

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 22 ottobre 2009 1(1)

Causa C‑197/08

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica francese

e

Causa C‑198/08

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica d’Austria

e

Causa C‑221/08

Commissione delle Comunità europee

contro

Irlanda

«Prezzi minimi – Tabacchi lavorati – Direttiva 95/59/CE – Tutela della salute»





I –    Introduzione

1.        I presenti ricorsi per inadempimento vertono nuovamente su normative di Stati membri che fissano prezzi minimi per tabacchi lavorati. Sulla scorta di quanto fino ad oggi statuito dalla Corte, la Commissione ritiene che tali normative violino l’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse [dall’]imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati (2).

2.        Gli Stati membri convenuti affermano, in sostanza, che, contrariamente a quanto fino ad oggi statuito dalla Corte, la fissazione di prezzi minimi non viola la direttiva 95/59 ed è, comunque, giustificata da motivi di tutela della salute. Essi richiamano anche una Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo (3).

II – Contesto normativo

A –    Diritto comunitario

3.        L’art. 9, n. 1, secondo e terzo comma, della direttiva 95/59 così dispone:

«I produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nella Comunità, nonché gli importatori di paesi terzi stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro in cui sono destinati ad essere immessi in consumo.

La disposizione del secondo comma non osta, tuttavia, all’applicazione delle legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi imposti, sempreché siano compatibili con la normativa comunitaria».

B –    Diritto internazionale pubblico

4.        L’art. 6 della Convenzione quadro dell’OMS, intitolato «Misure finanziarie e fiscali finalizzate alla riduzione del tabagismo», prevede quanto segue (4):

«1. Le Parti riconoscono che le misure finanziarie e fiscali sono un mezzo efficace ed importante per ridurre il consumo di tabacco per diverse categorie della popolazione, in particolare i giovani.

2. Fatto salvo il diritto delle Parti di determinare e di fissare la loro politica fiscale, ogni Parte deve tenere conto dei suoi obiettivi nazionali di salute per quel che riguarda la lotta al tabagismo e adotta o mantiene, a seconda dei casi, delle misure che possono comprendere:

a)       l’applicazione di politiche fiscali e, all’occorrenza, di politiche dei prezzi riguardanti i prodotti del tabacco al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di salute tendenti a ridurre il consumo di tabacco;

(...)».

C –    Diritto nazionale

1.      Francia

5.        In Francia, il Code général des impôts (Codice generale delle imposte) è stato modificato con legge 9 agosto 2004. Ai sensi di tale testo normativo per la vendita di sigarette viene fissato un importo al di sotto del quale queste non possono più essere vendute. Tale prezzo minimo per le sigarette viene determinato tramite regolamento, in rapporto al prezzo medio sul mercato. Inoltre nel Code de la santé publique (Codice della sanità pubblica) è stato introdotto il divieto di vendere tabacchi lavorati ad un prezzo promozionale contrario agli obiettivi della sanità pubblica.

2.      Austria

6.        Tramite una legge nazionale del 2006 è stato introdotto nell’art. 2 della legge austriaca sul tabacco un comma che conferisce al Ministro federale della Sanità il potere di fissare, tramite regolamento, un prezzo minimo al minuto per prodotti del tabacco, per garantire un livello minimo dei prezzi, ai fini della prevenzione del tabagismo. È vietato commercializzare prodotti del tabacco ad un prezzo inferiore a quello fissato. Ai sensi del regolamento emanato sulla scorta di detta disposizione, il prezzo minimo al minuto per le sigarette è, al pezzo, pari ad almeno il 92,75% del prezzo medio ponderato di tutte le sigarette vendute nell’anno solare precedente (5).

3.      Irlanda

7.        Ai sensi dell’art. 2, n. 2, lett. i), della legge del 1978 sui tabacchi lavorati è possibile disporre tramite regolamento il divieto di vendere tabacchi lavorati a prezzi tanto al di sotto di quelli praticati in un certo momento per simili tabacchi lavorati che il Ministro ritenga che la vendita a detti prezzi inferiori costituisca una forma di promozione.

8.        L’art. 16, n. 1, del regolamento irlandese sui prodotti del tabacco del 1991 dispone che, nella vendita al dettaglio, è vietato a chiunque vendere un prodotto del tabacco di un certo marchio ad un prezzo inferiore a quello altrimenti praticato per tale marchio. L’art. 17 di questo regolamento stabilisce il divieto, nella vendita al dettaglio, di vendere un prodotto del tabacco ad un certo prezzo se il Ministro competente ha emesso un parere secondo cui la vendita di detto prodotto a detto prezzo costituisce una promozione. Un cosiddetto Memorandum of Clarification precisa che viene considerato come misura di promozione un prezzo di vendita per le sigarette del 3% al di sotto del prezzo medio ponderato praticato per la categoria di prodotti di cui trattasi.

III – Fase precontenziosa e conclusioni delle parti

9.        La Commissione ritiene che le normative nazionali sopra riportate violino l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, poiché fissano prezzi minimi per la vendita di sigarette ed altri prodotti del tabacco. Di conseguenza la Commissione ha avviato i procedimenti per inadempimento in oggetto. Dopo un invito a presentare osservazioni (lettera di diffida) essa ha inviato a ciascuno degli Stati membri un parere motivato in data, rispettivamente, 28 giugno 2006 (Francia), 27 giugno 2007 (Austria) e 15 dicembre 2006 (Irlanda). All’Irlanda ha inviato un ulteriore parere motivato in data 7 luglio 2004, contestando una violazione dell’art. 10 CE.

10.      Non essendosi gli Stati membri conformati a tali pareri, la Commissione ha proposto i presenti ricorsi.

11.      Nella causa C-197/08 la Commissione conclude che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica francese, mantenendo in vigore un sistema di prezzi minimi per le sigarette immesse in commercio in Francia nonché un divieto di vendere tabacchi lavorati a un prezzo promozionale contrario agli obiettivi della sanità pubblica, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59;

–        condannare la Repubblica francese alle spese.

12.      La Repubblica francese conclude che la Corte voglia

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Commissione alle spese.

13.      Nella causa C-198/08 la Commissione conclude che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica d’Austria, adottando e mantenendo in vigore disposizioni legislative in base alle quali i prezzi minimi di vendita per le sigarette e il tabacco trinciato a taglio fino per arrotolare le sigarette sono fissati dalle autorità pubbliche, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59;

–        condannare la Repubblica d’Austria alle spese.

14.      La Repubblica d’Austria conclude che la Corte voglia

–        respingere il ricorso della Commissione in quanto infondato;

–        condannare la Commissione alle spese.

15.      Nella causa C-221/08 la Commissione conclude che la Corte voglia:

–        dichiarare che:

–        l’Irlanda, imponendo prezzi minimi e massimi di vendita al minuto per le sigarette, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59;

–        l’Irlanda, non fornendo le informazioni sulla normativa irlandese applicabile necessarie al fine di consentire alla Commissione di verificare, come suo dovere, l’osservanza della direttiva 95/59, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 10 CE;

–        condannare l’Irlanda alle spese.

16.      L’Irlanda conclude che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Commissione alle spese.

17.      All’udienza comune hanno partecipato i tre Stati membri e la Commissione.

18.      Esaminerò i tre procedimenti nelle stesse conclusioni, dato che essi sollevano essenzialmente le stesse questioni.

IV – Analisi giuridica

19.      Le normative in oggetto fissano prezzi minimi per la vendita di sigarette e altri tabacchi lavorati ai sensi della direttiva. Contrariamente a quanto sostiene l’Irlanda, per l’esistenza di un prezzo minimo è irrilevante che questo sia stato fissato direttamente da un’autorità pubblica ovvero che il suo importo si orienti, come nei casi di specie, ai prezzi medi di mercato. È decisivo che in tutti i tre Stati membri i produttori non possono vendere i loro tabacchi lavorati al di sotto di un determinato prezzo, che non sono essi stessi a stabilire (6). In sostanza, i presenti procedimenti di infrazione sollevano la questione se l’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva osti alla fissazione da parte delle autorità pubbliche di prezzi minimi ovvero se la stessa ricada sotto una delle riserve di cui all’art. 9, n. 1, terzo comma.

A –    Interpretazione dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59

20.      L’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 95/59 prevede che i produttori e gli importatori stabiliscano liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti.

21.      Prima di dedicarsi all’interpretazione dell’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva, occorre descrivere brevemente il contesto normativo in cui si inserisce tale disposizione.

22.      La direttiva 95/59 disciplina l’applicazione di accise sui tabacchi lavorati. La struttura di tali tasse viene stabilita dall’art. 8, nn. 1 e 2, nonché dall’art. 16 della direttiva. A termini di tali disposizioni sulle sigarette si applica un’accisa proporzionale «calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto» e un’accisa specifica «per unità di prodotto». Secondo il meccanismo normativo della direttiva il prezzo massimo di vendita al minuto costituisce, pertanto, la base per il calcolo e la riscossione dell’accisa proporzionale.

23.      Il fatto che l’art. 9 si orienti ad un prezzo massimo di vendita al minuto si spiega per le modalità con cui ai sensi della direttiva si devono riscuotere le tasse. Il prezzo massimo ivi menzionato è la base imponibile utilizzata per il calcolo dell’accisa proporzionale. Se tale tassa viene fissata sulla base del prezzo di vendita al dettaglio, la fissazione di un prezzo massimo garantisce che i produttori non dichiarino al momento della riscossione delle tasse un prezzo di vendita più basso, al fine di ottenere una riduzione dell’onere fiscale, vendendo però poi le merci più tardi ad un prezzo maggiore. La determinazione di un prezzo massimo costituisce conseguentemente una garanzia fiscale finalizzata ad impedire un siffatto procedere (7).

24.      Sulla base del tenore letterale dell’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva, va anzi tutto rilevato che esso non prevede esplicitamente un divieto di prezzi minimi. L’art. 9, n. 1, secondo comma, dispone solo che i produttori stabiliscano «liberamente» i prezzi massimi di vendita al minuto.

1.      Precedente giurisprudenza della Corte

a)      Sull’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 95/59

25.      La Corte ha già più volte dichiarato che dalla libera determinazione dei prezzi massimi di vendita al minuto disposta dall’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva consegue il divieto di prezzi minimi determinati dalle autorità pubbliche. Precisamente la Corte ha dichiarato che la fissazione da parte delle autorità pubbliche di un prezzo minimo di vendita al minuto inevitabilmente limita la libertà dei produttori e degli importatori di determinare il loro prezzo massimo di vendita al minuto, dal momento che, in ogni caso, quest’ultimo non potrà essere inferiore al prezzo minimo imposto (8).

26.      La Corte ritiene tale interpretazione dell’art. 9 avvalorata da un esame della ratio e dello scopo della direttiva. Come risulta dal secondo e dal terzo ‘considerando’ della direttiva, quest’ultima si inserisce nell’ambito di una politica di armonizzazione delle strutture delle accise sui tabacchi lavorati, per far sì che la concorrenza tra le varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti ad uno stesso gruppo non sia falsata e che, in tal modo, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri (9).

27.      Conseguentemente normative nazionali che dispongano prezzi vincolanti per i tabacchi lavorati violano la direttiva, dato che pregiudicano la libertà dei produttori di determinare i prezzi compromettendo, in tal modo, il libero gioco della concorrenza.

28.      Nella sua interpretazione la Corte richiama in particolare anche il settimo ‘considerando’ della direttiva, il quale sottolinea che le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati. La regola della libera determinazione dei prezzi nell’ambito del commercio dei tabacchi sarebbe espressione del principio, menzionato anche in altri punti del preambolo, della libera circolazione delle merci in normali condizioni di concorrenza (10).

b)      Sulle riserve dell’art. 9, n. 1, terzo comma, della direttiva 95/59

29.      L’art. 9, n. 1, terzo comma, stabilisce che la disposizione del secondo comma non osta all’applicazione delle legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi imposti.

30.      Fino ad oggi la Corte ha interpretato tali riserve restrittivamente e non le ha intese nel senso che esse consentano alle autorità pubbliche di fissare prezzi minimi.

31.      Essa sottolinea che le riserve di cui al terzo comma devono essere conciliate con la regola fondamentale della libera determinazione dei prezzi di cui al secondo comma (11). In tale prospettiva l’espressione «controllo del livello dei prezzi» non potrebbe essere interpretata nel senso che essa riserva agli Stati membri un potere discrezionale per la fissazione del prezzo dei tabacchi lavorati, poiché l’esercizio di un potere così esteso negherebbe virtualmente qualsiasi efficacia pratica al principio della libera determinazione del prezzo (12).

32.      Perciò, a giudizio della Corte, costituiscono «legislazione nazionale sul controllo del livello dei prezzi» unicamente provvedimenti nazionali di carattere generale finalizzati a frenare l’aumento dei prezzi (13). Del pari, l’espressione «legislazioni nazionali sul controllo dei prezzi imposti» non dovrebbe essere intesa nel senso che consente agli Stati membri di stabilire prezzi minimi. Tale espressione dovrebbe piuttosto essere intesa nel senso di controllo di quel prezzo che, una volta stabilito dal produttore o dall’importatore ed approvato dall’autorità pubblica come prezzo massimo di vendita al minuto, è vincolante e dev’essere rispettato in tutte le fasi del circuito di distribuzione, fino alla vendita al consumatore (14). «Prezzi imposti» ai sensi di tale disposizione significa pertanto il prezzo stabilito dal produttore, e non certo dalle autorità pubbliche. Tale meccanismo ha lo scopo di evitare che si possa pregiudicare l’integrità delle entrate tributarie oltrepassando il prezzo precedentemente dichiarato (15).

2.      Conclusione parziale

33.      Secondo quanto fino ad oggi statuito dalla Corte, l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59 osta, pertanto, a prezzi minimi per i tabacchi lavorati fissati dalle autorità pubbliche.

3.      Opportunità di una revisione della precedente giurisprudenza?

34.      Nei presenti procedimenti per inadempimento gli Stati membri convenuti chiedono alla Corte di riconsiderare la sua precedente interpretazione dell’art. 9, n. 1. Tenuto conto del contesto normativo e dello scopo della direttiva, nonché alla luce di più recenti sviluppi sul piano internazionale, i regimi di prezzi minimi non potrebbero in conclusione più essere ritenuti in contrasto con la direttiva.

a)      Argomenti attinenti allo scopo della direttiva 95/59

35.      Il governo austriaco adduce, in particolare, che, alla luce del fondamento giuridico dell’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva, quest’ultimo non può essere inteso come un divieto di prezzi minimi.

36.      L’Austria fa osservare che la direttiva 95/59 è stata basata sull’art. 99 del Trattato CE (divenuto art. 93 CE) e quindi sulla disposizione del Trattato relativa all’armonizzazione delle imposte indirette. La direttiva avrebbe conseguentemente una portata meramente tributaria. Gli Stati membri convenuti sostengono, inoltre, che la direttiva non lascia trasparire che nel redigerla si sia dato peso anche a considerazioni legate alla tutela della salute. Non si potrebbe perciò interpretarla nel senso che, in linea di principio, essa impedisce agli Stati membri di adottare, per obiettivi legati alla tutela della salute, provvedimenti costituiti da prezzi minimi.

37.      Quest’argomentazione del governo austriaco non va respinta a priori. Di fatto la direttiva 95/59 ha come fondamento giuridico la disposizione del Trattato sull’armonizzazione delle imposte indirette e costituisce, quindi, anzi tutto un regime normativo tecnico sulla tassazione dei tabacchi lavorati nella Comunità. Essa armonizza le modalità della tassazione del consumo di tabacchi lavorati, determinando ad esempio il prezzo massimo di vendita al minuto quale base imponibile per l’accisa proporzionale. A prima vista il divieto di prezzi minimi per i tabacchi lavorati non risulta parte dell’armonizzazione fiscale.

38.      Occorre convenire con gli Stati membri anche sul fatto che dal preambolo della direttiva non risulta che sulla direttiva abbiano influito anche considerazioni legate alla tutela della salute e l’importanza della lotta al tabagismo. Tale constatazione non sorprende in quanto la direttiva 95/59 è essenzialmente una codificazione di precedenti direttive che risalgono fino al 1972. Nel 1972 non si era consapevoli, al più si era a mala pena consapevoli, dei rischi del tabagismo. Ciò considerato, si potrebbe propendere per un’interpretazione dell’art. 9, n. 1, che non privi gli Stati membri di una misura nella lotta al tabagismo, ma contemporaneamente non porti a credere che la direttiva stessa abbia tenuto pienamente conto di considerazioni legate ad un’effettiva lotta al tabagismo. Se simili provvedimenti degli Stati membri siano compatibili con il restante diritto comunitario, particolarmente con l’art. 28 CE, sarebbe un’altra questione.

39.      Avverso tale interpretazione dell’art. 9, n. 1, che si distanzia dalla precedente giurisprudenza, va tuttavia invocato il tenore letterale della direttiva, che esplicitamente menziona la libera determinazione del prezzo massimo di vendita al minuto. Nel caso di prezzi minimi fissati dalle autorità pubbliche, come giustamente dichiarato dalla Corte, non si potrebbe più affermare sic et simpliciter che i produttori stabiliscono liberamente il prezzo. Quest’ultimo non può più essere fissato al di sotto del prezzo minimo stabilito dalle autorità pubbliche.

40.      Il secondo comma, secondo cui il produttore stabilisce liberamente il prezzo massimo di vendita al minuto, è inoltre un elemento portante dello specifico sistema normativo della direttiva in relazione alle accise. Per rendere un siffatto meccanismo normativo conciliabile con il libero gioco della concorrenza e con la libera circolazione delle merci, è irrinunciabile che esso sia accompagnato dalla facoltà dei produttori di stabilire liberamente il prezzo massimo di vendita al minuto. Nel caso in cui uno Stato membro fissi un prezzo minimo, sussisterebbe il rischio che i produttori di altri Stati membri che vogliano sfruttare nella concorrenza il loro vantaggio in termini di costi, adottando prezzi massimi di vendita al minuto più bassi, siano sfavoriti. Con la fissazione di un prezzo minimo si neutralizzerebbe il vantaggio concorrenziale risultante dall’inferiore costo di produzione del prodotto importato.

41.      Solo la facoltà dei produttori di determinare liberamente il prezzo massimo della vendita al minuto garantisce, perciò, che il sistema di tassazione previsto dalla direttiva non abbia l’effetto secondario di falsare la concorrenza e di pregiudicare la circolazione delle merci, andando in tal modo contro lo scopo di armonizzazione dell’art. 93 CE.

42.      Il secondo ‘considerando’ precisa che un’unione economica che implichi una sana concorrenza e presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno nel settore dei tabacchi lavorati presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di accise che non falsino le condizioni di concorrenza e non ostacolino la libera circolazione nel mercato comune. Quindi neanche le modalità di determinazione della base imponibile ai fini dell’accisa proporzionale (il prezzo massimo di vendita al minuto) devono comportare che il gioco della concorrenza sia falsato. Tale condizione viene garantita dalla direttiva disponendo che i produttori sono liberi di stabilire il prezzo massimo di vendita al minuto. In tal senso anche il settimo ‘considerando’ sottolinea che le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi liberi.

43.      Sulla base di tali considerazioni l’interpretazione dell’art. 9, n. 1, della direttiva adottata dalla Corte sembra pertanto assolutamente logica. A mio giudizio non sussiste perciò alcuna ragione per discostarsi dalla precedente giurisprudenza. Al riguardo occorre anche rilevare che entrambe le sentenze della Corte in materia sono relativamente recenti. Contro uno scostamento da esse si possono perciò addurre anche i principi dell’unità della giurisprudenza e della certezza del diritto (16).

b)      Revisione della giurisprudenza a motivo della Convenzione quadro dell’OMS e di una raccomandazione del Consiglio?

44.      Al fine di giustificare uno scostamento dalla precedente giurisprudenza, gli Stati membri invocano anche la Convenzione quadro dell’OMS per la lotta contro il tabagismo, approvata in nome della Comunità con decisione del Consiglio 2 giugno 2004 (17).

45.      Gli Stati membri richiamano inoltre la raccomandazione del Consiglio 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (18).

46.      Ai sensi dell’art. 6, n. 1, della Convenzione quadro dell’OMS le Parti riconoscono che le misure finanziarie e fiscali sono un mezzo efficace ed importante per ridurre il consumo di tabacco, in particolare tra i giovani. L’art. 6, n. 2, prevede che le Parti adottino, a seconda dei casi, misure che possono comprendere inter alia l’applicazione di politiche fiscali e, all’occorrenza, di politiche dei prezzi riguardanti i prodotti del tabacco.

47.      È vero che le disposizioni del diritto comunitario derivato devono, per quanto possibile, essere interpretate in maniera conforme agli accordi internazionali della Comunità. Tali accordi sono infatti, ai sensi dell’art. 300, n. 7, CE, vincolanti per le Istituzioni. Il diritto secondario non può violarli; essi hanno priorità rispetto al diritto derivato (19).

48.      La Convenzione quadro dell’OMS sottolinea l’importanza ormai attribuita alla lotta al tabagismo ai fini della tutela della salute. Essa indica i vari mezzi a disposizione degli Stati per combattere il tabagismo. Dall’art. 6 risulta che la politica dei prezzi va ritenuta, accanto alla politica fiscale, un’opzione. Prezzi minimi per i tabacchi lavorati sono riconducibili al concetto di politica dei prezzi.

49.      A mio giudizio, uno scostamento dalla precedente giurisprudenza non può tuttavia trovare sostegno nella Convenzione quadro. Le affermazioni di quest’ultima sulle misure finanziarie sono formulate, infatti, in modo troppo aperto per imporre un’interpretazione differente dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59.

50.      La Convenzione quadro dell’OMS di per sé non contiene alcun obbligo concreto di rincarare i tabacchi lavorati particolarmente tramite misure finanziarie. L’art. 6, n. 2, della Convenzione semplicemente prevede che ciascuna Parte adotti misure che possono comprendere l’applicazione di politiche fiscali e, «all’occorrenza, di politiche dei prezzi» per prodotti del tabacco.

51.      La Convenzione quadro non impone, perciò, alle Parti in alcun modo concreti obblighi in relazione alla politica dei prezzi dei tabacchi lavorati, ma descrive unicamente possibili opzioni non vincolanti.

52.      Una conclusione differente non risulta neanche dalla raccomandazione del Consiglio 2003/54, richiamata dagli Stati membri. Questa raccomanda agli Stati membri, al punto 7, di adottare ed attuare appropriate misure in materia di prezzi dei prodotti del tabacco al fine di scoraggiare il consumo del tabacco. Neppure tale raccomandazione è atta a giustificare la necessità di uno scostamento dalla precedente giurisprudenza della Corte in merito alla questione dell’ammissibilità di prezzi minimi per i tabacchi lavorati, poiché, da un lato, le raccomandazioni del Consiglio di per sé non sono vincolanti e, dall’altro, la sua vaga formulazione non consente neanche in via di interpretazione di attribuire un significato differente alla direttiva.

4.      Conclusione parziale

53.      Resta fermo che le normative degli Stati membri violano l’art. 9, n. 1, secondo comma.

B –    Giustificazione fondata sulla sanità pubblica?

54.      A difesa delle rispettive misure nazionali finalizzate all’introduzione di un prezzo minimo gli Stati membri invocano, inoltre, motivi di tutela della salute ai sensi dell’art. 30 CE. Essi ricordano che la concorrenza dei prezzi ha comportato una maggiore offerta di sigarette a basso prezzo. Questo sarebbe dal punto di vista della politica sanitaria inopportuno. Perciò essi vogliono rincarare proprio le sigarette a basso prezzo.

1.      Classificazione dogmatica

55.      È alquanto dubbio che gli Stati membri in generale possano invocare l’art. 30 CE, poiché l’art. 30 CE enuncia i motivi di interesse pubblico che giustificano una violazione dell’art. 28 CE (libera circolazione delle merci). Nel caso di specie si discute invero della possibilità di giustificare una violazione dell’art. 9 della direttiva 95/59. Se una materia è armonizzata in maniera esaustiva tramite diritto secondario, uno Stato membro non può avvalersi della tutela della salute per giustificare la violazione del diritto secondario di cui trattasi (20). Inoltre, misure diverse da quelle di cui all’art. 28 CE non possono essere giustificate richiamando l’art. 30 CE.(21) Nei presenti procedimenti per inadempimento la Commissione non ha però contestato una violazione dell’art. 28 CE. Tale questione non è pertanto oggetto del procedimento.

56.      Nondimeno nella sentenza Commissione/Grecia (22), anch’essa relativa ad un procedimento per inadempimento a causa di prezzi minimi per i tabacchi lavorati, dopo aver dichiarato le misure degli Stati membri in contrasto con la direttiva 95/59, la Corte ha comunque poi verificato se le stesse fossero giustificate ai sensi dell’art. 30 CE (23). Si potrebbe considerare tale esame una conferma dell’interpretazione della direttiva tramite la valutazione della fattispecie alla luce del diritto primario (24). Così facendo la Corte ha chiarito che, se anche i fatti fossero stati valutati unicamente sulla scorta del diritto primario, nel cui contesto si dovrebbe esaminare la giustificazione ai sensi dell’art. 30 CE, si sarebbe comunque pervenuti a concludere per l’inammissibilità delle misure degli Stati membri.

57.      Su questa base esaminerò in prosieguo brevemente gli artt. 28 CE e 30 CE.

2.      Esame nel merito della tutela della salute

58.      La Corte ha precedentemente dichiarato che un prezzo minimo per la vendita ai consumatori di sigarette importate costituisce sempre una misura di effetto equivalente ai sensi dell’art. 28 CE se esso è fissato ad un livello tale da neutralizzare il vantaggio concorrenziale per l’importatore derivante da un minor prezzo di produzione (25). Ciò vale nella fattispecie in oggetto. Restano comunque precluse affermazioni definitive al riguardo, dato che una violazione dell’art. 28 CE non è oggetto del procedimento.

59.      Secondo gli Stati membri, sul mercato del tabacco sono necessari prezzi minimi. Solo così si potrebbe ottenere un effettivo aumento del prezzo dei tabacchi lavorati, ciò che a sua volta comporterebbe una riduzione del consumo, particolarmente tra i giovani.

60.      La prevenzione del fumo e la lotta al tabagismo sono aspetti significativi della tutela della salute. La maggioranza delle morti prevenibili nell’Unione europea sono da ricondurre al fumo (26). In questo contesto occorre in particolare attribuire un notevole peso alla tutela dei giovani. Misure contro il tabagismo sono, specialmente negli ultimi anni, in primo piano nella politica sanitaria degli Stati membri e della Comunità europea. Non vi è dubbio che la lotta al tabagismo sia pertanto un obiettivo legittimo.

61.      È decisivo determinare se le misure controverse siano necessarie per raggiungere tale scopo ovvero se esistano alternative parimenti idonee, ma meno restrittive. In proposito va osservato che, secondo giurisprudenza costante della Corte, in sede di valutazione del rispetto del principio di proporzionalità in materia di sanità pubblica, occorre riconoscere che lo Stato membro può decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. A tal fine spetta agli Stati membri un ampio margine discrezionale (27).

62.      In una sentenza su prezzi minimi per prodotti del tabacco la Corte ha concluso che i prezzi minimi non sono necessari al fine di garantire la tutela della salute. L’obiettivo di tutela della sanità pubblica potrebbe essere adeguatamente perseguito mediante l’aumento dell’imposizione fiscale sui tabacchi lavorati, in modo da far salvo il principio della libera determinazione del prezzo. Gli Stati membri sarebbero infatti liberi, ai sensi dell’art. 16 della direttiva, di determinare la misura complessiva dell’imposizione dei tabacchi lavorati.(28) Questa argomentazione trova applicazione anche nei procedimenti in oggetto.

63.      Gli Stati membri sostengono, per contro, che produttori ed importatori possono contrastare un aumento fiscale riducendo il loro margine di profitto. Anche questo argomento è stato già trattato dalla Corte nella sua precedente giurisprudenza. Essa ricorda giustamente che gli Stati membri possono reagire ad una riduzione dei margini di profitto con un aumento più sensibile del livello delle imposte di modo che i produttori non possono infine evitare il voluto aumento dei prezzi (29).

64.      Di fatto, la possibilità per i produttori e per gli importatori di non trasferire l’onere derivante da un aumento delle accise sui loro prodotti incontra in ogni caso il limite costituito dall’ampiezza del loro margine di profitto, sicché l’onere suddetto viene prima o poi trasferito sui prezzi di vendita al minuto. Gli aumenti delle accise sono pertanto uno strumento meno incisivo rispetto ai prezzi minimi che si rivelano, perciò, non necessari.

3.      Conclusione parziale

65.      A titolo di conclusione parziale va dichiarato che i ricorsi della Commissione sono fondati, in quanto gli Stati membri, determinando prezzi minimi per i tabacchi lavorati, hanno violato la direttiva 95/59.

C –    Particolarità della causa C‑221/08, Commissione/Irlanda

66.      Restano infine da affrontare due censure, che la Commissione ha dedotto unicamente nella causa C-221/08, Commissione/Irlanda.

1.      Fissazione di prezzi massimi

67.      Relativamente alle disposizioni irlandesi sui prezzi del tabacco, la Commissione censura il fatto che esse prevedano anche prezzi massimi, dato che il prezzo per un prodotto del tabacco non può andare oltre il 3% al di sopra del prezzo medio ponderato. Nel suo controricorso l’Irlanda ha sottolineato che dalle disposizioni irlandesi non risulta un prezzo massimo vincolante per i tabacchi lavorati.

68.      Nella replica la Commissione sostiene di essersi basata in proposito su quanto affermato da rappresentanti irlandesi nel corso di un incontro con la Commissione. Dopo tale precisazione, la Commissione non sembra, però, voler persistere nell’affermare l’esistenza di un siffatto prezzo massimo per i tabacchi lavorati in Irlanda. Essa sottolinea invece, che non sarebbe incorsa in errore se l’Irlanda avesse sufficientemente cooperato con lei nel procedimento precontenzioso. La Commissione ha perciò precisato all’udienza di non voler ritirare questo capo del ricorso.

69.      Dato che la Commissione stessa però non afferma più che in Irlanda vengono determinati prezzi massimi per i tabacchi lavorati, tale censura non può più essere oggetto di condanna. Pertanto occorre respingere il ricorso della Commissione. Se tale censura sia dovuta ad un’insufficiente cooperazione dell’Irlanda nel procedimento precontenzioso, è rilevante unicamente in relazione ad una violazione da parte dell’Irlanda dell’art. 10 CE, cosa che mi appresto ad esaminare.

2.      Violazione dell’art. 10 CE

70.      Secondo la Commissione, l’Irlanda ha violato anche l’art. 10 CE, non fornendo le informazioni in merito alla normativa irlandese necessarie al fine di consentire alla Commissione di verificare, come suo dovere, l’osservanza della direttiva 95/59.

71.      Ai sensi dell’art. 10 CE, gli Stati membri hanno l’obbligo di cooperare lealmente ad ogni indagine svolta dalla Commissione ai sensi dell’art. 226 CE e di fornirle tutte le informazioni che essa richieda loro all’uopo (30).

72.      Con lettere del 29 luglio 2002 e del 1° ottobre 2002 la Commissione ha chiesto all’Irlanda di informarla sull’attuale legislazione irlandese sui prezzi del tabacco. La Commissione non ha ricevuto alcuna risposta a tale richiesta. Di conseguenza la Commissione ha proposto assieme al procedimento per violazione della direttiva 95/59 un ulteriore procedimento per inadempimento per violazione dell’art. 10 CE. Il 17 ottobre 2003 essa ha inviato all’Irlanda una lettera di diffida. Il 7 luglio 2004 ha fatto seguito il parere motivato, con cui all’Irlanda è stato dato un termine di due mesi a decorrere dalla ricezione del parere stesso. Le autorità irlandesi vi hanno risposto solo il 10 dicembre 2004.

73.      È già dubbio che le informazioni date nella lettera del 10 dicembre 2004 costituiscano una risposta sufficiente. Comunque tale lettera è pervenuta in ritardo.

74.      A propria difesa l’Irlanda adduce che la Commissione è stata in seguito sufficientemente informata. Tale argomento non è tuttavia idoneo a giustificare la violazione del Trattato.

75.      Secondo la costante giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (31). Anche qualora l’inadempimento sia stato sanato dopo il detto termine, vi è interesse alla prosecuzione del giudizio. Nel caso di specie la risposta dell’Irlanda ha una data successiva al termine impartito.

76.      Conseguentemente il ricorso della Commissione, che si basa su una violazione dell’art. 10 CE, è fondato.

V –    Spese

77.      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Repubblica francese e la Repubblica d’Austria sono rimaste interamente soccombenti, l’Irlanda è rimasta essenzialmente soccombente. Avendo la Commissione richiesto la condanna alle spese, la Repubblica francese, la Repubblica d’Austria e l’Irlanda sono condannate a sopportare ciascuna le spese del rispettivo procedimento.

VI – Conclusione

78.      Suggerisco perciò che la Corte voglia dichiarare quanto segue.

79.      Nella causa C-197/08:

1)      la Repubblica francese, mantenendo in vigore un sistema di prezzi minimi per le sigarette immesse in commercio in Francia, nonché un divieto di vendere tabacchi lavorati a un prezzo promozionale contrario agli obiettivi della sanità pubblica, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse [dall’]imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati.

2)      La Repubblica francese è condannata alle spese.

80.      Nella causa C-198/08:

1)      la Repubblica d’Austria, adottando e mantenendo in vigore disposizioni legislative in base alle quali i prezzi minimi di vendita per le sigarette e il tabacco trinciato a taglio fino per arrotolare le sigarette sono fissati dalle autorità pubbliche, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse [dall’]imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati.

2)      La Repubblica d’Austria è condannata alle spese.

81.      Nella causa C‑221/08:

1)      l’Irlanda, imponendo prezzi minimi di vendita al minuto per le sigarette, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse [dall’]imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati.

2)      L’Irlanda, non fornendo le informazioni sulla normativa irlandese applicabile necessarie al fine di consentire alla Commissione di verificare, come suo dovere, l’osservanza della direttiva 95/59, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 10 CE.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      L’Irlanda è condannata alle spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 291, pag. 40 (in prosieguo: la «direttiva 95/59»), modificata dalla direttiva del Consiglio 29 luglio 1999, 1999/81/CE (GU L 211, pag. 47), e dalla direttiva del Consiglio 12 febbraio 2002, 2002/10/CE (GU L 46, pag. 26).


3 – Approvata dalla Comunità con decisione del Consiglio 2 giugno 2004, 2004/513/CE, relativa alla conclusione della convenzione quadro dell’OMS per la lotta contro il tabagismo (GU L 213, pag. 8).


4 – Il testo della Convenzione è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea solo nelle lingue facenti fede, vale a dire inglese, francese e spagnolo. La traduzione tedesca è pubblicata nella Gazzetta ufficiale tedesca 2004, parte II, pag. 1538.


5 – Per il tabacco trinciato a taglio fine il 90 % del prezzo medio ponderato per grammo di tutti i tabacchi trinciati a taglio fino per arrotolare le sigarette venduti nell’anno solare precedente.


6 – V. a tal riguardo anche sentenza 27 febbraio 2002, causa C‑302/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑2055, punto 14).


7 – Cfr. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs 13 aprile 2000 nella causa C‑216/98, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑8921, paragrafo 20), che rimandano alla sentenza 16 novembre 1977, causa 13/77, GB-Inno-BM (Racc. pag. 2115, punto 17).


8 – Sentenze 19 ottobre 2000, causa C‑216/98, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑8921, punto 21), e Commissione/Francia (cit. alla nota 6), punto 15.


9 – Sentenza Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punto 18.


10 – Sentenza 21 giugno 1983, causa 90/82, Commissione/Francia (Racc. pag. 2011, punto 20).


11 – Sentenze Commissione/Francia (cit. alla nota 10), punto 20, e Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punto 25.


12 – Sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 10), punto 21.


13 – Sentenze Commissione/Francia (cit. alla nota 10), punto 22, e Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punto 25.


14 – Sentenza Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punto 26.


15 – Sentenza Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punto 26.


16 – V. in proposito anche le conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro 1° febbraio 2006, nelle cause riunite C‑94/04 e C‑202/04, Cipolla e a. (Racc. pag. I‑11421, paragrafi 27 e segg.).


17 – Cit. alla nota 3.


18 – GU 2003, L 22, pag. 31.


19 – Sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3989, punto 52) e 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli (Racc. pag. I‑3465, punto 33).


20 – Sentenza 17 aprile 2007, causa C‑470/03, AGM-COS.MET (Racc. pag. I‑2749, punto 70).


21 – V. sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 6), punto 33, in merito ad una violazione degli artt. 8, n. 2, e 16, n. 5, della direttiva 95/59.


22 – Citata alla nota 8.


23 – Sentenza Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punti 30 e segg.


24 – Cfr., in tal senso, sentenza 3 aprile 2008, causa C-346/06, Rüffert, (Racc. pag. I‑1989, punto 36).


25 – Sentenza 7 maggio 1991, causa C‑287/89, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑2233, punto 17).


26 – Settimo ‘considerando’ della raccomandazione del Consiglio 2003/54.


27 – Cfr., in tal senso sentenze, 2 dicembre 2004, causa C‑41/02, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑11375, punti 46 e 51); 10 marzo 2009, causa C‑169/07, Hartlauer (Racc. pag. I‑1721, punto 30), e 19 maggio 2009, cause riunite C‑171/07 e C‑172/07, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (Racc. pag. I‑4171, punto 19).


28 – Sentenza Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punto 28.


29 – Sentenza Commissione/Grecia (cit. alla nota 8), punto 32. V. anche il paragrafo 35 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs in tale causa.


30 – Sentenze 11 dicembre 1985, causa 192/84, Commissione/Grecia (Racc. pag. 3967, punto 19); 6 marzo 2003, causa C‑478/01, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑2351, punto 24); 13 luglio 2004, causa C‑82/03, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑6635, punto 15), e 26 aprile 2005, causa C‑494/01, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑3331, punto 198).


31 – V, inter alia, sentenze 17 gennaio 2002, causa C‑394/00, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑581, punto 12), e 20 giugno 2002, causa C‑299/01, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑5899, punto 11).