Language of document : ECLI:EU:C:2018:426

ORDINANZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA CORTE

12 giugno 2018 (*)

«Impugnazione – Procedimento sommario – Concorrenza – Mercato europeo dei cavi elettrici – Decisione della Commissione europea che constata una violazione dell’articolo 101 TFUE – Pubblicazione – Rigetto parziale della domanda di trattamento riservato di alcune informazioni contenute nella decisione – Sospensione dell’esecuzione – Collegamento tra il presupposto del fumus boni juris e quello dell’urgenza»

Nella causa C‑65/18 P(R),

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 57, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 31 gennaio 2018,

Nexans Francia SAS, con sede in Courbevoie (Francia),

Nexans SA, con sede in Courbevoie,

rappresentate da M. Powell e A. Rogers, solicitors, nonché da G. Forwood, avocate,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da I. Zaloguin, G. Meessen e H. van Vliet, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

IL VICEPRESIDENTE DELLA CORTE,

sentito l’avvocato generale M. Wathelet,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la loro impugnazione, le società Nexans France SAS e Nexans SA chiedono l’annullamento dell’ordinanza del presidente del Tribunale del 23 novembre 2017, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑423/17 R, non pubblicata, EU:T:2017:835; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto la loro domanda intesa ad ottenere, da un lato, la sospensione dell’esecuzione della decisione C(2017) 3051 final della Commissione, del 2 maggio 2017, relativa ad una domanda di trattamento riservato (caso COMP/AT.39610 – Cavi elettrici; in prosieguo: la «decisione controversa»), nella misura in cui tale domanda di trattamento riservato è stata respinta in riferimento agli elementi contemplati ai punti 7 e 8 della decisione controversa, risultanti da un sequestro effettuato presso le ricorrenti ed un altro operatore economico (in prosieguo: le «informazioni controverse»), e, dall’altro, un’ingiunzione nei confronti della Commissione europea ad astenersi dal pubblicare una versione della propria decisione C(2014) 2139 final, del 2 aprile 2014 (caso COMP/AT.39610 – Cavi elettrici; in prosieguo: la «decisione cavi elettrici»), contenente le informazioni controverse.

 Fatti all’origine della controversia e procedimento dinanzi al Tribunale

2        I fatti all’origine della controversia e il procedimento dinanzi al Tribunale sono stati riassunti ai punti da 1 a 16 dell’ordinanza impugnata nei seguenti termini:

«1      Il 28 gennaio 2009, la Commissione europea ha proceduto ad un’ispezione nei locali di una delle ricorrenti, la società Nexans France, a Parigi (Francia).

2      Secondo la Nexans e la Nexans France, odierne ricorrenti, gli ispettori della Commissione hanno deciso di copiare “in blocco” un gran numero di file contenuti nelle caselle di posta elettronica dei computer di due dipendenti della Nexans France, nonché l’intero hard disk di uno di questi dipendenti, e di trasportare questi dati sotto sigilli nei loro locali a Bruxelles (Belgio) ai fini di un ulteriore esame.

3      Secondo le ricorrenti, la Commissione ha proceduto, dal 3 all’11 marzo 2009, all’esame dei documenti copiati nei suoi locali a Bruxelles in presenza degli avvocati di dette ricorrenti, ma in assenza di un rappresentante della competente autorità nazionale garante della concorrenza. Soltanto a questo punto gli ispettori della Commissione avrebbero sistematicamente esaminato il contenuto dei dischi, selezionando i documenti giudicati pertinenti e stampandoli. Copie di tali documenti sarebbero state fornite agli avvocati delle ricorrenti e il contenuto dei dischi sarebbe stato successivamente cancellato.

4      Nel ricorso proposto dinanzi al Tribunale il 7 aprile 2009, le ricorrenti hanno segnatamente contestato tali modalità procedurali. Nella sentenza del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), il Tribunale ha in particolare respinto perché irricevibili le domande intese ad annullare il sequestro dei documenti. (…)

5      Nell’impugnazione proposta contro la sentenza del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), presentata dinanzi alla cancelleria della Corte il 24 gennaio 2013, le ricorrenti non hanno contestato il rigetto per irricevibilità del motivo dedotto in primo grado in ordine alla presunta illegittimità del sequestro. In ogni caso, la Corte ha respinto, con sentenza del 25 giugno 2014, Nexans e Nexans Francia/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030), l’impugnazione delle ricorrenti.

6      Il 2 aprile 2014, la Commissione ha adottato la [decisione cavi elettrici].

7      Con lettera dell’8 maggio 2014, la direzione generale (DG) “Concorrenza” della Commissione ha informato le ricorrenti della propria intenzione di pubblicare, a norma dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), una versione non riservata della decisione cavi elettrici sul proprio sito Internet. Inoltre, la DG “Concorrenza” ha invitato le ricorrenti a precisare le eventuali informazioni riservate o costituenti segreti aziendali e a motivare la loro valutazione al riguardo.

8      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2014, le ricorrenti hanno proposto un ricorso di annullamento, registrato con il numero T‑449/14, avverso la decisione cavi elettrici. Nell’ambito del primo motivo di questo ricorso, le ricorrenti hanno segnatamente fatto valere che la Commissione aveva ecceduto le proprie competenze sequestrando delle informazioni in modo illecito e copiando in blocco, senza previo esame, un’importante massa di dati elettronici ai fini di un successivo esame nei propri locali a Bruxelles.

9      Con lettera del 3 maggio 2016, a seguito di vari scambi di corrispondenza riguardanti le domande di trattamento riservato, la DG “Concorrenza” ha informato le ricorrenti della propria intenzione di pubblicare il testo integrale della decisione cavi elettrici, ad esclusione di alcune informazioni che a suo avviso dovevano restare riservate.

10      Con lettera del 18 maggio 2016, le ricorrenti hanno presentato al consigliere‑auditore una domanda di trattamento riservato di alcune informazioni ai sensi dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere‑auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU 2011, L 275, pag. 29).

11      In tale domanda, le ricorrenti hanno in particolare fatto valere che gli elementi contenuti nella decisione cavi elettrici, risultanti da un sequestro nei locali della Nexans France e di un altro operatore economico, dovevano essere considerati riservati.

12      Il 2 maggio 2017, il consigliere‑auditore ha adottato, a nome della Commissione, la [decisione controversa].

13      Nella [decisione controversa], la Commissione ha accolto la domanda di trattamento riservato per alcune informazioni, quali elencate all’articolo 1 della decisione stessa, ed ha respinto la domanda delle ricorrenti relativamente alle [informazioni controverse].

14      Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 luglio 2017, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di annullare la [decisione controversa] nella misura in cui la loro domanda di trattamento riservato delle informazioni controverse era stata respinta.

15      Con atto separato depositato quello stesso giorno presso la cancelleria del Tribunale, le ricorrenti hanno proposto una domanda di provvedimenti provvisori, ai sensi degli articoli 278 e 279 TFUE, nella quale esse concludono, in sostanza, che il presidente del Tribunale voglia:

–        sospendere l’esecuzione della decisione [controversa] nella misura in cui la domanda di trattamento riservato delle informazioni controverse è stata respinta;

–        ingiungere alla Commissione di astenersi dal pubblicare una versione della decisione cavi elettrici contenente le informazioni controverse prima che la “Corte di giustizia dell’Unione europea” abbia statuito sul primo motivo del ricorso presentato nella causa T‑449/14;

–        condannare la Commissione alle spese.

16      A seguito della domanda delle ricorrenti, il presidente del Tribunale ha adottato, il 12 luglio 2017, senza aver previamente sentito la Commissione, un’ordinanza, sulla base dell’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, in virtù della quale egli ha ordinato alla Commissione di sospendere l’esecuzione della [decisione controversa] fino alla data dell’ordinanza che pone fine al presente procedimento cautelare e di non pubblicare una versione della decisione cavi elettrici contenente le informazioni controverse prima che il Tribunale abbia statuito sul primo motivo del ricorso proposto dalle ricorrenti nella causa T‑449/14».

 Ordinanza impugnata

3        Dopo aver ricordato, ai punti da 18 a 22 dell’ordinanza impugnata, la giurisprudenza della Corte e del Tribunale riguardante i presupposti per la concessione di provvedimenti provvisori, il presidente del Tribunale ha considerato, al punto 23 della medesima ordinanza, che, nella specie, occorreva verificare anzitutto se fosse soddisfatto il presupposto relativo all’urgenza.

4        A questo proposito, il presidente del Tribunale, ai punti da 24 a 31 della suddetta ordinanza, ha ricordato i principi sviluppati in materia dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale. Alla luce di tali principi, esso ha statuito quanto segue ai punti da 32 a 48 dell’ordinanza impugnata:

«32      Nel caso di specie, occorre rilevare, in via preliminare, che le ricorrenti, fondandosi sul punto 38 dell’ordinanza [del vicepresidente della Corte] del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], sostengono che, dato che la tutela cautelare viene richiesta per informazioni asseritamente riservate, la valutazione dell’esistenza di un danno grave e irreparabile deve necessariamente muovere dalla premessa secondo cui le informazioni asseritamente riservate erano effettivamente tali.

33      Orbene, è giocoforza constatare che le circostanze della causa sfociata nell’ordinanza [del vicepresidente della Corte] del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], così come quelle della causa all’origine dell’ordinanza [del vicepresidente della Corte] del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione (C‑162/15 P‑R, EU:C:2016:142), sono nettamente differenti da quelle in questione nella presente controversia.

34      Infatti, come risulta in particolare dai punti 18 e 38 dell’ordinanza [del vicepresidente della Corte] del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], nel suo ricorso di annullamento la Pilkington Group Ltd aveva contestato la valutazione della Commissione, secondo cui le informazioni di cui era prevista la divulgazione in applicazione dell’articolo 30, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 non costituivano segreti aziendali, ai sensi segnatamente dell’articolo 339 TFUE nonché dell’articolo 28, paragrafo 1, e dell’articolo 30, paragrafo 2, del citato regolamento. Di conseguenza, le considerazioni di cui il giudice cautelare aveva tenuto conto al fine di concludere che il presupposto dell’urgenza era dimostrato nella specie muovevano dalla premessa, espressamente menzionata al punto 47 della citata ordinanza, secondo cui le informazioni in questione in quella causa erano coperte dal segreto professionale.

35      Allo stesso modo, risulta dal punto 84 dell’ordinanza [del vicepresidente della Corte] del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione (C‑162/15 P‑R, EU:C:2016:142), che la Evonik Degussa GmbH aveva contestato la valutazione secondo cui le informazioni in questione non costituivano segreti aziendali e non erano neppure coperte dal segreto professionale.

36      Inoltre, le parti ricorrenti nelle cause sfociate nelle ordinanze [del vicepresidente della Corte] del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], e del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione (C‑162/15 P‑R, EU:C:2016:142), avevano sostenuto, come risulta rispettivamente dal punto 47 e dal punto 83 delle suddette ordinanze, che la pubblicazione delle informazioni in questione avrebbe potuto arrecare loro pregiudizio a causa della natura stessa di tali informazioni.

37      Per contro, per quanto riguarda la presente causa, in primo luogo, occorre rilevare che le ricorrenti non sostengono che le informazioni controverse siano coperte dal segreto aziendale.

38      In secondo luogo, oltre all’affermazione secondo cui le informazioni controverse sono riservate, la domanda di provvedimenti provvisori contiene pochi elementi specifici riguardo alla natura e al contenuto degli elementi per i quali le ricorrenti chiedono il trattamento riservato.

39      In terzo luogo, le ricorrenti non cercano di dimostrare che le informazioni controverse siano intrinsecamente di natura sensibile sotto il profilo commerciale in quanto sfruttabili dai loro concorrenti nell’ambito del normale gioco della concorrenza

40      In quarto luogo, nella misura in cui le ricorrenti sostengono che le informazioni controverse “contengono prove dell’infrazione [e] rivelano in dettaglio l’infrazione stessa, e segnatamente i nomi dei clienti e dei progetti interessati dai comportamenti, nonché cifre relative ai prezzi fatturati e agli obiettivi perseguiti dai partecipanti, (…) nonché il nesso di causalità tra tale danno e l’infrazione”, esse rinviano ai punti 284, 372, lettera g), e 436 della decisione cavi elettrici, a titolo di “chiari esempi del tipo di informazioni” al quale fanno riferimento.

41      Tuttavia, i punti 284, 372, lettera g), e 436 della decisione cavi elettrici non menzionano i “nomi dei clienti e dei progetti interessati” e in particolare non contengono “cifre relative ai prezzi fatturati”.

42      In quinto luogo, risulta dalla giurisprudenza che informazioni che sono state segrete o riservate, ma che risalgono a cinque anni addietro o più, devono, a causa del decorso del tempo, essere considerate, in linea di principio, come storiche e prive ormai, per tale motivo, del loro precedente carattere segreto o riservato, salvo che, in via eccezionale, la parte che si avvale di tale carattere non dimostri che, malgrado siano datate, tali informazioni costituiscono ancora elementi essenziali della sua posizione commerciale o di quelle di terzi interessati. Tali considerazioni, che conducono a una presunzione relativa, sono valide sia nel contesto di domande di trattamento riservato nei confronti di parti intervenienti nell’ambito di ricorsi dinanzi al giudice dell’Unione, sia nel contesto di richieste di riservatezza in vista della pubblicazione da parte della Commissione di una decisione che constata un’infrazione al diritto della concorrenza (sentenza del 14 marzo 2017, Evonik Degussa/Commissione, C‑162/15 P, EU:C:2017:205, punto 64).

43      Orbene, nel caso di specie, le informazioni controverse sono state raccolte in occasione dell’ispezione nell’anno 2009. Tuttavia, le ricorrenti non cercano di dimostrare le ragioni per le quali le informazioni controverse, per loro natura, non avrebbero perduto il loro carattere segreto o riservato malgrado il decorso del tempo.

44      In sesto luogo, le ricorrenti non cercano di dimostrare il carattere riservato delle informazioni controverse in rapporto alla natura stessa di tali informazioni, bensì argomentando che il loro diritto ad un ricorso effettivo e il principio della presunzione d’innocenza esigono che tali informazioni non vengano divulgate prima che la legittimità dell’ottenimento delle informazioni stesse venga accertata nell’ambito della causa T‑449/14.

45      In settimo luogo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’esame della questione della riconducibilità o meno di determinate informazioni al segreto professionale viene condotto, in via generale, mediante un’analisi in tre fasi, la quale impone di verificare, in primo luogo, che tali informazioni siano conosciute soltanto da un numero ristretto di persone, in secondo luogo, che la loro divulgazione possa arrecare un danno serio alla persona che le ha fornite o a dei terzi, e infine, in terzo luogo, che gli interessi che possono essere lesi dalla divulgazione di siffatte informazioni siano oggettivamente meritevoli di protezione (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2015, Evonik Degussa/Commissione, T‑341/12, EU:T:2015:51, punto 94 e la giurisprudenza ivi citata).

46      Dunque, l’esame del presupposto relativo all’urgenza coincide, in una certa misura, con l’esame della questione se le informazioni controverse debbano essere considerate coperte dal segreto professionale, che rientra, nell’ambito di un procedimento cautelare, nell’ambito della verifica del fumus boni juris.

47      Date tali circostanze, la semplice allegazione, peraltro priva di qualsiasi riscontro, secondo cui le informazioni di cui viene in questione la divulgazione sarebbero coperte dal segreto professionale non può, a pena di falsare la verifica del presupposto relativo all’urgenza, essere sufficiente per dimostrare la premessa secondo cui tali informazioni sono coperte dal segreto professionale.

48      Pertanto, contrariamente alle cause decise dalle ordinanze [del vicepresidente della Corte] del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], e del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione (C‑162/15 P‑R, EU:C:2016:142), la verifica dell’urgenza nella presente causa non può partire dalla premessa secondo cui le informazioni controverse sarebbero coperte dal segreto professionale».

5        Così, ai punti da 48 a 81 dell’ordinanza impugnata, il presidente del Tribunale ha esaminato se le ricorrenti fossero riuscite a dimostrare il carattere urgente della loro domanda, tale da giustificare la concessione di provvedimenti provvisori. A questo scopo, esso ha analizzato le tre categorie di pregiudizi che le ricorrenti sostenevano che avrebbero subito se non fosse stata disposta la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa, vale a dire i danni risultanti da una lesione della loro reputazione e dal rischio di essere esposte a ricorsi per risarcimento, esaminati ai punti da 54 a 67 di detta ordinanza, nonché i danni inerenti al rischio di veder compromesso il loro diritto ad un ricorso effettivo, in quanto l’eventuale annullamento della decisione cavi elettrici sarebbe stato privato della sua «piena efficacia», aspetto questo esaminato ai punti da 68 a 81 della medesima ordinanza.

6        In sede di esame di questa terza categoria di pregiudizi, il presidente del Tribunale, ai punti da 69 a 78 dell’ordinanza impugnata, ha esaminato l’argomento delle ricorrenti secondo cui era necessario, al fine di rispettare il loro diritto ad un ricorso effettivo, ordinare la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa fino a che non fosse stata verificata la legittimità del sequestro delle informazioni controverse. Poi, e ad abundantiam, esso ha altresì affermato, ai punti da 79 a 81 della citata ordinanza, quanto segue:

«79      In ogni caso, occorre ricordare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che la tesi secondo cui un danno è, per definizione, grave e irreparabile in quanto incide sulla sfera dei diritti fondamentali, non può essere accolta, dato che non è sufficiente allegare, in modo astratto, una violazione dei diritti fondamentali per dimostrare che il danno che potrebbe derivarne ha necessariamente carattere grave e irreparabile. La tutela rafforzata dei diritti fondamentali che discenderebbe dal Trattato di Lisbona non è idonea a rimettere in discussione questa giurisprudenza, dato che i suddetti diritti, ed in particolare il diritto ad un ricorso effettivo fatto valere nella fattispecie, erano già tutelati nel diritto dell’Unione prima dell’entrata in vigore del suddetto Trattato [v., in tal senso, ordinanza [del vicepresidente della Corte] del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group, C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558, punto 40].

80      Certo, la violazione di taluni diritti fondamentali, come il divieto di tortura nonché di pene o trattamenti inumani o degradanti, sancito all’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, può, in ragione della natura stessa del diritto violato, dar luogo di per sé stessa ad un danno grave e irreparabile. Tuttavia, ciò non toglie che (…) spetta sempre alla parte che chiede l’adozione di un provvedimento provvisorio prospettare e dimostrare il probabile verificarsi di un danno siffatto nel suo caso specifico [ordinanza [del vicepresidente della Corte] del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group, C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558, punto 41].

81      Orbene, nel caso di specie, le ricorrenti non dimostrano che il danno che concretamente deriverebbe loro dalla presunta violazione del diritto ad un ricorso effettivo sarebbe distinto dal danno che risulterebbe dal fatto di essere esposte ad una lesione della loro reputazione ed ai ricorsi per risarcimento, il cui esame ha portato a concludere, ai punti 62 e 67 supra, che le ricorrenti non avevano dimostrato il carattere grave dei pregiudizi di cui asseriscono l’esistenza».

7        Sulla base di tale esame, il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori presentata dalle ricorrenti ed ha revocato la propria ordinanza del 12 luglio 2017.

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

8        Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono in sostanza che la Corte voglia:

–        annullare l’ordinanza impugnata;

–        concedere la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa per quanto riguarda le informazioni controverse;

–        ingiungere alla Commissione di astenersi dal pubblicare una versione della decisione cavi elettrici contenente le informazioni controverse fintanto che il Tribunale non avrà statuito sul primo motivo del ricorso proposto dalle ricorrenti nella causa T‑449/14;

–        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

–        condannare la Commissione alle spese del procedimento di impugnazione nonché a quelle del procedimento cautelare dinanzi al Tribunale.

9        Con atto separato, depositato presso la cancelleria della Corte il 31 gennaio 2018, le ricorrenti hanno proposto una domanda di provvedimenti provvisori.

10      In conformità dell’articolo 160, paragrafo 7, del regolamento di procedura della Corte, con ordinanza del vicepresidente della Corte del 2 febbraio 2018, Nexans France e Nexans/Commissione [C‑65/18 P(R)‑R, non pubblicata, EU:C:2018:62], adottata senza aver previamente sentito le altre parti del procedimento, è stata disposta la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa ed è stato ingiunto alla Commissione di astenersi dal pubblicare una versione non riservata della decisione cavi elettrici, contenente gli elementi indicati ai punti 7 e 8 della decisione controversa, e ciò fino all’adozione dell’ordinanza che verrà emanata per prima tra quella che pone termine al procedimento cautelare e quella che statuisce sulla presente impugnazione.

11      Nel suo controricorso, depositato presso la cancelleria della Corte il 6 marzo 2018, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

–        in ulteriore subordine, respingere la domanda di provvedimenti provvisori, e

–        condannare le ricorrenti alle spese sostenute per la presente causa dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

 Sull’impugnazione

12      L’impugnazione è fondata su due motivi riguardanti altrettanti errori di diritto asseritamente commessi dal Tribunale per il fatto che esso, da un lato, ha rifiutato di muovere dalla premessa secondo cui le informazioni controverse erano coperte dal segreto professionale e, dall’altro, ha erroneamente valutato il diritto delle ricorrenti ad un ricorso giurisdizionale effettivo.

 Sul primo motivo

13      A sostegno del loro primo motivo di impugnazione, le ricorrenti fanno valere che il Tribunale, ai punti da 33 a 37 dell’ordinanza impugnata, ha erroneamente considerato che la presente causa si differenzia dalle cause decise dalle ordinanze del vicepresidente della Corte del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], e del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione (C‑162/15 P‑R, EU:C:2016:142), nelle quali il giudice cautelare aveva fondato la propria analisi sulla premessa secondo cui le informazioni in questione in quelle cause erano riservate. Infatti, al pari delle ricorrenti in quelle cause, le ricorrenti nella presente causa avrebbero, nel loro ricorso di annullamento, contestato la valutazione della Commissione secondo cui le informazioni controverse non erano coperte dal segreto professionale, ed esse, anche se, a questi scopi, non avrebbero asserito che tali informazioni costituivano segreti aziendali, avrebbero nondimeno allegato in modo circostanziato che le informazioni di cui sopra presentavano carattere riservato e avrebbero pertanto dovuto essere coperte dal segreto professionale, e ciò in applicazione dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale. Inoltre, contrariamente a quanto statuito dal presidente del Tribunale ai punti 46 e 47 dell’ordinanza impugnata, la circostanza che tale questione si intersechi con l’esame del presupposto relativo al fumus boni juris non avrebbe dovuto impedirgli di partire dalla premessa summenzionata.

14      Al fine di statuire sul presente motivo, occorre ricordare che l’articolo 156, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale stabilisce che le domande di provvedimenti provvisori devono specificare l’oggetto della controversia, i motivi di urgenza, nonché gli argomenti in fatto e in diritto che giustifichino prima facie la concessione del provvedimento provvisorio richiesto. Così, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, la sospensione dell’esecuzione e gli altri provvedimenti provvisori possono essere accordati dal giudice cautelare qualora sia dimostrato che la loro concessione è giustificata prima facie in fatto e in diritto (fumus boni juris) e che detti provvedimenti sono urgenti, nel senso che, per evitare un danno grave e irreparabile agli interessi della parte che li richiede, è necessario che essi vengano adottati e producano i loro effetti già prima della decisione sul ricorso nel merito. Questi presupposti sono cumulativi, di modo che le domande di provvedimenti provvisori devono essere respinte qualora uno di essi non sussista. Il giudice cautelare procede altresì, se del caso, al bilanciamento degli interessi in gioco [v., in particolare, ordinanze del vicepresidente della Corte del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group, C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558, punto 35, e del 4 ottobre 2017, Wall Street Systems UK/BCE, C‑576/17 P(R)‑R, non pubblicata, EU:C:2017:735, punti 22 e 23].

15      A questo proposito, giustamente il Tribunale, al punto 46 dell’ordinanza impugnata, ha considerato, in sostanza, che, qualora occorra valutare se sia urgente concedere provvedimenti provvisori al fine di impedire la divulgazione di informazioni asseritamente riservate, tale valutazione coincide, in una certa misura, con la verifica dell’esistenza di un fumus boni juris legato al carattere riservato delle suddette informazioni, che viene fatto valere dalla parte che chiede i suddetti provvedimenti.

16      Infatti, come peraltro fatto valere dalle stesse ricorrenti, al punto 38 dell’ordinanza del vicepresidente della Corte del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558] – causa questa nella quale il danno fatto valere dalla Pilkington sarebbe derivato dalla pubblicazione di informazioni asseritamente riservate – si è statuito che, ai fini della valutazione della sussistenza di un danno grave e irreparabile, il presidente del Tribunale doveva necessariamente muovere dalla premessa secondo cui le informazioni che si assumevano riservate erano effettivamente tali, conformemente a quanto la Pilkington sosteneva al riguardo.

17      Tuttavia, al medesimo punto 38, il vicepresidente della Corte ha precisato anche che la presa in considerazione di una premessa siffatta lasciava impregiudicata la verifica dell’esistenza del fumus boni juris, la quale verifica è correlata alla valutazione dell’esistenza di un danno grave e irreparabile, pur essendo distinta da quest’ultima.

18      Orbene, al punto 45 dell’ordinanza del presidente del Tribunale dell’11 marzo 2013, Pilkington Group/Commissione (T‑462/12 R, EU:T:2013:119), la quale costituiva l’oggetto dell’impugnazione sfociata nell’ordinanza del vicepresidente della Corte del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], lo stesso presidente del Tribunale aveva espressamente precisato che l’esistenza di un danno grave e irreparabile era in quel caso accertata fatta salva la verifica del presupposto relativo al fumus boni juris. Pertanto, è stato soltanto dopo aver esaminato, ai punti da 67 a 72 della prima ordinanza sopra citata, se fosse soddisfatto tale presupposto relativo al fumus boni juris – esame che d’altronde non è stato contestato in sede di impugnazione –, che il presidente del Tribunale ha effettivamente potuto muovere dalla premessa secondo cui le informazioni in questione erano riservate, al fine di concedere i provvedimenti provvisori richiesti.

19      Lo stesso è avvenuto nella causa decisa dall’ordinanza del vicepresidente della Corte del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione (C‑162/15 P‑R, EU:C:2016:142), nella quale il vicepresidente della Corte era stato investito di una domanda di provvedimenti provvisori che si innestava su un’impugnazione proposta contro una sentenza del Tribunale. In quella causa, il giudice cautelare, prima di decidere, al punto 85 di detta ordinanza, che, al fine di valutare l’urgenza nel caso di specie, occorreva partire dalla premessa secondo cui le informazioni in questione in quella causa erano coperte dal segreto professionale, aveva, al punto 84 della medesima ordinanza, non soltanto rilevato che la ricorrente in quella causa aveva contestato, nell’ambito della sua impugnazione, il giudizio del Tribunale secondo cui dette informazioni non costituivano segreti aziendali e non erano neppure coperte dal segreto professionale, ma anche osservato che un esame prima facie degli argomenti sollevati a sostegno dei motivi di impugnazione pertinenti al riguardo non permetteva di concludere che il carattere riservato di tali informazioni fosse manifestamente insussistente.

20      Per contro, nell’ordinanza del 14 gennaio 2016, AGC Glass Europe e a./Commissione (C‑517/15 P‑R, EU:C:2016:21), il vicepresidente della Corte, anche in quel caso investito di una domanda di provvedimenti provvisori che si innestava su un’impugnazione proposta contro la sentenza del Tribunale del 15 luglio 2015, AGC Glass Europe e a./Commissione (T‑465/12, EU:T:2015:505), non ha potuto muovere dalla medesima premessa, così come risulta dal punto 33 di detta ordinanza, per il fatto che, ai punti da 22 a 54 della sentenza di primo grado impugnata in quella causa, il Tribunale aveva esaminato e respinto il sesto motivo dedotto dalle ricorrenti a sostegno del loro ricorso di annullamento, con il quale esse contestavano la valutazione del consigliere‑auditore secondo cui le informazioni in questione in quella causa non costituivano segreti aziendali, e per il fatto che l’impugnazione proposta dalle ricorrenti non era diretta contro questa parte della sentenza summenzionata, di modo che doveva ritenersi definitiva la statuizione secondo cui tali informazioni non costituivano segreti aziendali.

21      Di conseguenza, solo quando, da un lato, la parte richiedente i provvedimenti cautelari sostiene che le informazioni di cui essa mira a impedire, in via provvisoria, la pubblicazione costituiscono segreti aziendali o sono per altro verso coperte dal segreto professionale, e quando, dall’altro lato, tale allegazione soddisfa il presupposto relativo al fumus boni juris, il giudice cautelare è, in linea di principio, tenuto, nell’ambito della propria verifica del presupposto relativo all’urgenza, a partire dalla premessa secondo cui tali informazioni sono, rispettivamente, segreti aziendali oppure informazioni coperte dal segreto professionale.

22      Dunque, contrariamente a quanto sembrano sostenere le ricorrenti, non è sufficiente, per ottenere la concessione di provvedimenti provvisori, aver asserito che le informazioni che stanno per essere divulgate rivestono carattere riservato, qualora tale allegazione non soddisfi il presupposto dell’esistenza di un fumus boni juris. Orbene, nel caso di specie, risulta dai punti da 37 a 46 dell’ordinanza impugnata che l’allegazione delle ricorrenti secondo cui le informazioni controverse rivestivano carattere riservato non soddisfaceva il presupposto relativo all’esistenza di un fumus boni juris.

23      A questo proposito, occorre rilevare che, come ricordato dal presidente del Tribunale al punto 21 dell’ordinanza impugnata, nell’ambito dell’esame dell’insieme dei presupposti cumulativi cui è subordinata la concessione di una sospensione dell’esecuzione e degli altri provvedimenti provvisori, il giudice cautelare dispone di un ampio potere discrezionale e resta libero di stabilire, alla luce delle particolarità del caso di specie, il modo in cui questi diversi presupposti devono essere verificati, nonché l’ordine di tale disamina, in quanto nessuna norma giuridica gli impone uno schema di analisi prestabilito al fine di valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanza del 19 luglio 2012, Akhras/Consiglio, C‑110/12 P(R), non pubblicata, EU:C:2012:507, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata].

24      Nel caso di specie, il presidente del Tribunale ha indicato, al punto 23 dell’ordinanza impugnata, che intendeva esaminare in primo luogo se fosse soddisfatto il presupposto relativo all’urgenza. Tuttavia, nell’ambito del suo esame, esso ha in realtà proceduto, ai punti da 37 a 46 della citata ordinanza, all’analisi della fondatezza delle allegazioni delle ricorrenti riguardanti la questione se le informazioni controverse fossero coperte dal segreto professionale, senza trarne, in modo espresso, alcuna conclusione riguardo alla questione se tali allegazioni soddisfacessero o meno il presupposto relativo all’esistenza del fumus boni juris.

25      Malgrado una struttura di analisi poco coerente, risulta nondimeno con un grado di chiarezza sufficiente dall’ordinanza impugnata che il presidente del Tribunale ha considerato che, nel caso di specie, l’allegazione delle ricorrenti secondo cui le suddette informazioni erano riservate non soddisfaceva il presupposto relativo all’esistenza del fumus boni juiris.

26      A questo proposito, da un lato, il presidente del Tribunale ha in particolare ricordato, al punto 42 dell’ordinanza impugnata, la giurisprudenza della Corte secondo cui informazioni che sono state segrete o riservate, ma che risalgono a cinque anni addietro o più, devono, a causa del decorso del tempo, essere considerate, in linea di principio, come storiche e prive ormai, per tale motivo, del loro precedente carattere segreto o riservato, salvo che, in via eccezionale, la parte che si avvale di tale carattere non dimostri che, malgrado siano datate, tali informazioni costituiscono ancora elementi essenziali della sua posizione commerciale o di quelle di terzi interessati. Tali considerazioni, che conducono a una presunzione relativa, sono valide sia nel contesto di domande di trattamento riservato nei confronti di parti intervenienti nell’ambito di ricorsi dinanzi al giudice dell’Unione, sia nel contesto di richieste di riservatezza in vista della pubblicazione da parte della Commissione di una decisione che constata un’infrazione al diritto della concorrenza (sentenza del 14 marzo 2017, Evonik Degussa/Commissione, C‑162/15 P, EU:C:2017:205, punto 64).

27      Dall’altro lato, il presidente del Tribunale ha affermato, al punto 43 dell’ordinanza impugnata, che, nel caso di specie, le informazioni controverse erano state raccolte in occasione dell’ispezione effettuata dai servizi della Commissione nel corso dell’anno 2009 e che le ricorrenti non avevano cercato di dimostrare le ragioni per le quali le informazioni controverse, per loro natura, non avevano perduto, malgrado il tempo trascorso, il loro carattere segreto o riservato.

28      Anche su questa sola base, il presidente del Tribunale era legittimato a considerare non soddisfatto il presupposto del fumus boni juris. Di conseguenza, gli altri elementi di motivazione dell’ordinanza impugnata, esposti ai punti da 37 a 41 e da 44 a 46 di quest’ultima, intesi ad escludere qualsiasi carattere riservato delle suddette informazioni, devono considerarsi addotti ad abundantiam.

29      Orbene, nell’ambito della loro impugnazione, le ricorrenti si sono limitate a censurare questi ultimi punti dell’ordinanza impugnata, senza contestare la constatazione contenuta al punto 43 di quest’ultima, di modo che gli argomenti addotti dalle ricorrenti contro i suddetti elementi di motivazione devono essere respinti in quanto inoperanti.

30      Date tali circostanze, il presidente del Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto là dove ha affermato che la presente controversia si distingue da quelle all’origine delle ordinanze del vicepresidente della Corte del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group [C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558], e del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione (C‑162/15 P‑R, EU:C:2016:142).

31      Per tali ragioni, il primo motivo di impugnazione è infondato.

 Sul secondo motivo

32      Con il loro secondo motivo di impugnazione, le ricorrenti contestano la valutazione del presidente del Tribunale, contenuta ai punti da 68 a 81 dell’ordinanza impugnata, al termine della quale esso ha respinto il loro argomento secondo cui la decisione controversa violava il loro diritto ad un ricorso effettivo.

33      A questo scopo, il presidente del Tribunale, da un lato, ai punti da 69 a 78 di detta ordinanza, ha esaminato e respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui era necessario, per rispettare il loro diritto ad un ricorso effettivo, disporre la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa fino a che non fosse stata verificata la legittimità del sequestro delle informazioni controverse. Dall’altro lato, e ad abundantiam, il presidente del Tribunale ha considerato, ai punti da 79 a 81 della citata ordinanza, che, in ogni caso, le ricorrenti non avevano dimostrato che il danno che sarebbe ad esse concretamente derivato dalla presunta violazione del diritto ad un ricorso effettivo era distinto dal danno che sarebbe derivato dal fatto di essere esposte ad una lesione della loro reputazione nonché a ricorsi per risarcimento, là dove il presidente del Tribunale aveva escluso l’esistenza di questo secondo pregiudizio ai punti 62 e 67 della medesima ordinanza.

34      Tenuto conto della struttura del ragionamento del presidente del Tribunale, occorre dunque verificare anzitutto se, nella loro impugnazione, le ricorrenti siano riuscite a dimostrare che detto giudice è incorso in un errore di diritto nei punti della sua motivazione addotti ad abundantiam.

35      Orbene, la risposta deve essere negativa.

36      Infatti, nella misura in cui, anzitutto, le ricorrenti sostengono che la presunta violazione del loro diritto ad un ricorso effettivo sarebbe, di per sé stessa, idonea a causar loro un danno grave e irreparabile, è sufficiente rilevare, così come ha fatto la Commissione e come ha ricordato il presidente del Tribunale al punto 79 dell’ordinanza impugnata – punto che non è stato censurato dalle ricorrenti nella loro impugnazione – che la tesi secondo cui un danno è, per definizione, grave e irreparabile, in quanto esso incide sulla sfera dei diritti fondamentali, non può essere accolta, dato che non è sufficiente allegare, in modo astratto, una violazione di diritti fondamentali per dimostrare che il danno che potrebbe derivarne ha necessariamente carattere grave e irreparabile [ordinanza del vicepresidente della Corte del 10 settembre 2013, Commissione/Pilkington Group, C‑278/13 P(R), EU:C:2013:558, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata].

37      Per quanto riguarda, poi, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la pubblicazione delle informazioni controverse sarebbe idonea a causare loro un danno grave e irreparabile derivante dai ricorsi per risarcimento che detta pubblicazione determinerebbe, occorre rilevare come tale causa di danno fosse stata esaminata dal presidente del Tribunale, il quale, ai punti 60 e 61 dell’ordinanza impugnata, aveva giudicato che, anche supponendo che la decisione controversa fosse la causa determinante dell’asserito danno e che tale danno di ordine pecuniario fosse irreparabile, le ricorrenti non avevano fornito elementi che consentissero di dimostrare il carattere grave del pregiudizio di cui esse asserivano l’esistenza.

38      Lo stesso vale per quanto riguarda il presunto danno derivante da una lesione alla reputazione delle ricorrenti. Infatti, al punto 67 della citata ordinanza, il presidente del Tribunale aveva altresì concluso che le ricorrenti non avevano fornito alcun elemento che permettesse di stabilire se e in quale misura la pubblicazione della decisione cavi elettrici risultante dalla decisione controversa avrebbe potuto aggravare la lesione alla loro reputazione.

39      Date tali circostanze, il presidente del Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto là dove, al punto 81 dell’ordinanza impugnata, ha fatto riferimento alle conclusioni alle quali esso era giunto ai punti 62 e 67 di questa stessa ordinanza al fine di respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui la violazione del loro diritto ad un ricorso effettivo avrebbe causato loro un danno grave risultante dalla lesione alla loro reputazione e dal rischio di essere esposte a ricorsi per risarcimento.

40      Per quanto riguarda, infine, l’argomento delle ricorrenti secondo cui il punto 81 dell’ordinanza impugnata è erroneamente fondato sulla constatazione che la «causa determinante» di ciascuna di queste fonti di danno era non già la pubblicazione delle informazioni controverse, bensì l’infrazione soggiacente accertata nella decisione cavi elettrici – dato che se quest’ultima fosse stata annullata, la causa determinante del danno non sarebbe stata la decisione suddetta, bensì la pubblicazione delle informazioni controverse in sé considerata – è sufficiente constatare che le ricorrenti non hanno fornito alcun elemento che consenta di comprendere le ragioni per le quali, anche supponendo che il loro argomento sia fondato, ciò rimetterebbe in discussione la decisione del presidente del Tribunale secondo cui esse non avevano fornito elementi sufficienti per dimostrare il carattere grave dei presunti danni derivanti dalla lesione alla loro reputazione e dal rischio di essere esposte a ricorsi per risarcimento.

41      Ne consegue che, non avendo il presidente del Tribunale commesso alcun errore di diritto al punto 81 dell’ordinanza impugnata, gli argomenti a sostegno del presente motivo diretti contro i punti da 68 a 78 dell’ordinanza stessa devono essere considerati, tenuto conto delle motivazioni esposte ai punti 33 e 34 della presente ordinanza, inoperanti.

42      Non essendo fondato neppure il secondo motivo di impugnazione, occorre respingere l’impugnazione nella sua interezza.

 Sulle spese

43      A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

44      Poiché la Commissione ha concluso chiedendo la condanna delle ricorrenti alle spese e queste ultime sono rimaste soccombenti nei motivi proposti, occorre condannare le ricorrenti al pagamento delle spese sostenute nell’ambito del presente procedimento di impugnazione, nonché nell’ambito del procedimento cautelare nella causa C‑65/18 P(R)‑R.

Per questi motivi, il vicepresidente della Corte così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Nexans France SAS e la Nexans SA sono condannate al pagamento delle spese del presente procedimento di impugnazione nonché delle spese del procedimento cautelare nella causa C65/18 P(R)R.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.