Language of document : ECLI:EU:C:2018:15

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 17 gennaio 2018 (1)

Causa C650/16

A/S Bevola,

Jens W. Trock ApS

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sulle società – Libertà di stabilimento – Gruppi consolidati – Normativa fiscale che permette a una società residente di dedurre dalla base imponibile le perdite delle stabili organizzazioni residenti, mentre esclude tale possibilità per le non residenti, a meno che non si opti per il regime di imposizione congiunta internazionale»






1.        Dodici anni dopo la pronuncia della sentenza Marks & Spencer (2), la Corte è nuovamente chiamata a dirimere una controversia sorta nell’ambito dell’imposizione societaria. Nella presente causa, il giudice a quo chiede alla Corte se «in circostanze analoghe a quelle di cui» alla summenzionata sentenza, l’articolo 49 TFUE osti a una normativa nazionale in forza della quale una società danese non può dedurre le perdite di una stabile organizzazione (SO) situata in un altro Stato membro, a meno che non opti per il regime di «imposizione congiunta internazionale».

2.        Posto in tali termini, il rinvio pregiudiziale solleva, a mio avviso, tre questioni sulle quali la Corte dovrà pronunciarsi, ossia: a) se la Corte intenda confermare la cosiddetta «eccezione Marks & Spencer»; b) in caso affermativo, se la consideri applicabile alle perdite delle SO e non solamente a quelle riportate dalle società controllate, e c) se la formula prevista dalla normativa danese affinché le società residenti possano dedurre le perdite delle loro SO non residenti (ossia, l’imposizione congiunta internazionale) sia compatibile con il diritto dell’Unione, nel caso in cui tali perdite siano definitive.

I.      Contesto normativo danese. La legge relativa all’imposta sulle società

3.        A tenore dell’articolo 8, paragrafo 2:

«Il reddito imponibile non deve includere le entrate e le spese relative a stabili organizzazioni o a beni immobili situati in uno Stato estero, nelle isole Fær Øer o in Groenlandia, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 31 A (…)».

4.        Ai sensi dell’articolo 31 («imposizione congiunta nazionale» delle attività di società facenti parte di un gruppo in Danimarca, compresi i redditi derivati da stabili organizzazioni o da beni immobili di società estere situati in Danimarca):

«Le società facenti parte di un gruppo e le associazioni ecc. (…) devono essere soggette a imposizione congiunta (imposizione congiunta nazionale). Per “società facenti parte di un gruppo e associazioni ecc.” devono intendersi le società e le associazioni ecc., che in un determinato momento dell’esercizio fiscale appartengono allo stesso gruppo (v. articolo 31 C). L’articolo 31 C, paragrafi da 2 a 7 equipara i beni immobili alle stabili organizzazioni. Per “società controllante ultima” si deve intendere la società controllante che non è a sua volta controllata (v. articolo 31 C).

(2)      Per le società soggette a imposizione congiunta dovrà essere elaborato un conto economico congiunto, consistente nella somma del reddito imponibile di ogni singola società soggetta all’imposizione congiunta, calcolato secondo le regole generali della normativa fiscale, con le eccezioni applicabili alle società soggette a imposizione congiunta. Le perdite di una stabile organizzazione possono essere compensate con i redditi di altre società solo se le norme dello Stato estero, delle isole Fær Øer o della Groenlandia, in cui ha sede la società, prevedano che non si possono includere le perdite nel calcolo del conto economico della società in tale Stato estero, nelle isole Fær Øer o in Groenlandia, in cui ha sede la società, o se è stata scelta l’imposizione congiunta internazionale ai sensi dell’articolo 31 A. Il reddito soggetto a imposizione congiunta deve essere calcolato dopo che è stata effettuata per ogni singola società la compensazione con le perdite derivanti da esercizi contabili precedenti che possono essere riportate a nuovo. Se il reddito soggetto a imposizione congiunta è positivo, l’utile deve essere distribuito proporzionalmente tra le società che l’hanno prodotto. Se il reddito soggetto a imposizione congiunta di un esercizio fiscale è negativo, le perdite devono essere imputate proporzionalmente tra le società in perdita e riportate a nuovo nella relativa società perché siano compensate nel successivo esercizio fiscale. Le perdite di una società relative ai periodi di imposizione congiunta possono essere compensate solo con gli utili della medesima società. Nel riportare a nuovo le perdite, quelle più vecchie sono compensate per prime. Le perdite di una società relative a precedenti esercizi fiscali possono essere compensate con gli utili di altre società solo se esse si sono verificate in un esercizio fiscale in cui le società interessate sono state soggette a imposizione congiunta e quest’ultima non è stata successivamente interrotta.

(…)

(4)      Nell’imposizione congiunta nazionale, la società capogruppo che prende parte all’imposizione congiunta deve essere nominata quale società di gestione ai fini dell’imposizione congiunta. Nel caso non vi sia una società capogruppo danese soggetta a imposta, bensì una pluralità di società danesi collegate orizzontalmente soggette a imposta, una delle società collegate che prende parte all’imposizione congiunta deve essere nominata quale società di gestione. (…) La società di gestione è responsabile del pagamento della complessiva imposta sul reddito (…).

(5)      Tutte le società soggette all’imposizione congiunta dovranno calcolare il reddito imponibile per lo stesso periodo della società di gestione, a prescindere dall’esercizio contabile ai sensi del diritto societario (v. articolo 10, paragrafo 5).

(…)

(7)      Nel calcolo del reddito imponibile, una società soggetta a imposizione congiunta può scegliere di non prendere in considerazione le perdite, incluse quelle riportate a nuovo da precedenti esercizi fiscali. Le perdite corrispondenti al reddito imponibile di una stabile organizzazione in Danimarca o di una società controllata, soggette a imposizione congiunta in Danimarca, possono non essere prese in considerazione quando il reddito della stabile organizzazione o della società controllata è incluso nel conto economico fuori dalla Danimarca, a condizione che lo sgravio concesso dallo Stato interessato in relazione all’imposizione in Danimarca corrisponda al metodo di deduzione stabilito dall’articolo 33 della legge in materia di accertamento dell’imposta (Ligningsloven). L’importo non preso in considerazione deve invece essere riportato a nuovo negli esercizi fiscali successivi in conformità con le norme di cui all’articolo 15 della legge in materia di accertamento dell’imposta. Se non si prende in considerazione un importo inferiore alle perdite complessive, tale importo deve essere imputato proporzionalmente alle singole fonti di perdita».

5.        L’articolo 31 A, paragrafo 1, punti da 1 a 3 («imposizione congiunta internazionale», che comprende anche le attività esercitate dalle società facenti parte del gruppo, sia in Danimarca sia all’estero, o dalle loro stabili organizzazioni), così dispone:

«La società controllante ultima può scegliere l’imposizione congiunta per le società facenti parte del gruppo e le associazioni ecc., che sono soggette a imposizione congiunta ai sensi dell’articolo 31; lo stesso vale per tutte le società e associazioni ecc. non danesi facenti parte del gruppo, in cui nessuno dei partecipanti è personalmente responsabile per le obbligazioni della società e che distribuisce gli utili in proporzione al capitale sottoscritto dai partecipanti (imposizione congiunta internazionale). La scelta include anche tutte le stabili organizzazioni e i beni immobili situati fuori dalla Danimarca che appartengono alle società e associazioni ecc., danesi e non, soggette a imposizione congiunta. Le disposizioni dell’articolo 31 sull’imposizione congiunta nazionale devono applicarsi mutatis mutandis all’imposizione congiunta internazionale, con le aggiunte e le eccezioni derivanti dai paragrafi da 2 a 14. (…)».

6.        L’articolo 31 A, paragrafo 3, punti 3 e 6, è del seguente tenore:

«La scelta dell’imposizione congiunta internazionale è vincolante per la società controllante per un periodo di 10 anni, fatte salve la sesta e settima frase. (…) La società controllante ultima può scegliere di far cessare l’imposizione congiunta, con la conseguenza del pieno recupero delle imposte (v. l’undicesima frase)».

II.    Fatti e questione pregiudiziale

7.        La A/S Bevola è una società con sede in Danimarca che produce piattaforme di produzione per camion, rimorchi e apparecchiature accessorie. È una controllata e sottofiliale di altre società, anch’esse danesi, controllate dalla Jens W. Trock Aps, società capogruppo che, come le altre, ha sede in Danimarca.

8.        Durante l’esercizio fiscale 2009, la A/S Bevola aveva alcune controllate e SO in vari Stati dell’Unione. In particolare, aveva una SO in Finlandia.

9.        La SO finlandese ha cessato la propria attività nel 2009 e non ha potuto riportare a nuovo le sue perdite in Finlandia, che ammontavano a DKK 2,8 milioni. Di conseguenza, la A/S Bevola ha chiesto di dedurre tali perdite dalla base imponibile dell’imposta sulle società in Danimarca.

10.      Il 20 gennaio 2014 l’amministrazione danese, con decisione definitiva del Landsskatteretten (commissione nazionale di appello in materia tributaria) ha stabilito che la A/S Bevola non aveva diritto alla deduzione richiesta, poiché l’articolo 8, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta sulle società (nella versione di cui alla legge n. 426 del 6 giugno 2005) non consentiva di includere nella base imponibile né gli utili né le spese di una SO stabilita in un paese estero, salvo nel caso in cui la società avesse optato per il regime di imposizione congiunta internazionale, previsto dall’articolo 31 A della medesima legge.

11.      La A/S Bevola e la Jens W. Trock ApS (in prosieguo: la «Bevola») hanno impugnato la suddetta decisione dinanzi all’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca), sostenendo che la deduzione richiesta sarebbe stata concessa se le perdite fossero state subite da una SO danese e che tale disparità di trattamento costituiva una restrizione alla libertà di stabilimento garantita dall’articolo 49 TFUE.

12.      In tale contesto, il giudice del rinvio solleva la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 49 TFUE osti a un regime di imposizione nazionale come quello di cui trattasi nel procedimento principale ai sensi del quale è possibile dedurre le perdite delle succursali nazionali, mentre non è possibile dedurre quelle delle succursali situate in altri Stati membri, anche in circostanze analoghe a quelle di cui alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa Marks & Spencer, C‑446/03, ECLI:EU:C:2005:763, punti 55 e 56, a meno che il gruppo non abbia scelto l’imposizione congiunta internazionale secondo le condizioni di cui al procedimento principale».

III. Sintesi delle osservazioni delle parti

13.      Secondo la Bevola, una normativa nazionale che non consente di includere nel calcolo della base imponibile le perdite subite da una SO stabilita in un altro Stato membro, può dissuadere una società residente dal creare tale stabile organizzazione, il che comporta un ostacolo alla libertà di stabilimento, dato che una SO residente e una SO non residente si trovano in situazioni obiettivamente comparabili.

14.      La Bevola aggiunge che, sebbene la giurisprudenza ammetta che una restrizione alla libertà di stabilimento può essere giustificata dall’esigenza di mantenere la coerenza del sistema fiscale, tale possibilità è subordinata alla condizione che esista un collegamento diretto tra il vantaggio fiscale e la sua compensazione con un determinato onere. Tale collegamento non esiste qualora sussistano i presupposti enunciati nella sentenza Mark & Spencer, come accade nella presente causa.

15.      La Bevola sostiene inoltre che nemmeno la salvaguardia di una ripartizione equilibrata del potere impositivo potrebbe costituire una giustificazione. Non è sufficiente la circostanza che il diritto nazionale conceda al contribuente l’opzione di scegliere il sistema di imposizione congiunta internazionale di tutte le società e SO del gruppo entro un termine di dieci anni, poiché detto sistema impone condizioni eccessivamente sproporzionate e limitanti per beneficiare della deduzione (3). Tale società aggiunge poi che la Corte ha considerato incompatibile con il diritto dell’Unione un regime restrittivo della libertà di stabilimento, quand’anche la sua applicazione sia facoltativa (4).

16.      Il governo danese, pur riconoscendo che la sua normativa di integrazione fiscale restringe la libertà di stabilimento, sostiene che essa riguarda situazioni non obiettivamente comparabili e che, inoltre, è giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

17.      Detto governo sottolinea che, in quanto gli utili realizzati da una SO di una società danese situata in un altro Stato membro non sono assoggettati alla competenza fiscale della Danimarca, una SO di una società danese stabilita in Danimarca non si trova in una situazione comparabile alla prima.

18.      Il governo succitato aggiunge che la normativa nazionale è giustificata dalla necessità di garantire l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri nonché dalla coerenza del regime fiscale danese. Secondo una logica simmetrica, il diritto delle società danesi di portare in deduzione le perdite subite dalle loro SO in Danimarca è una conseguenza indissociabile dell’assoggettamento alla competenza fiscale danese degli utili derivanti dalle stesse SO, il che non accade nel caso delle SO domiciliate in altri Stati membri.

19.      Inoltre, la restrizione in parola non andrebbe oltre gli obiettivi perseguiti. Permettendo ad una società di beneficiare del regime di imposizione congiunta internazionale, il sistema si distingue sostanzialmente da quello esaminato nella sentenza Marks & Spencer. È certo che l’esercizio di tale opzione coinvolge, per un periodo di dieci anni, tutte le società, associazioni e altre entità del gruppo residenti all’estero, nonché tutte le SO e i beni immobili situati all’estero che appartengano a società danesi o straniere fiscalmente integrate. Tale normativa mira a impedire che la società controllante scelga a suo piacimento le società o le SO che si integreranno fiscalmente, il che la condurrebbe inevitabilmente a selezionare le entità in perdita e a escludere quelle redditizie. In altro modo, la simmetria tra il diritto di tassare gli utili e la facoltà di dedurre le perdite risulterebbe seriamente compromessa. Non si può immaginare una soluzione alternativa meno restrittiva atta a preservare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra la Danimarca e gli altri Stati membri. Un periodo di applicazione obbligatoria abbastanza prolungato risulta imprescindibile per gli stessi motivi.

20.      Secondo il governo danese, l’imposizione congiunta internazionale non è una formula meramente teorica: il fatto che pochi gruppi transfrontalieri l’abbiano scelta si può spiegare con il fatto che non la considerano il regime più vantaggioso sotto il profilo fiscale.

21.      A giudizio del governo austriaco, quando si opta per l’imposizione congiunta nazionale, né gli utili né le perdite delle SO non residenti vengono tenuti in considerazione ai fini del calcolo della base imponibile dell’imposta riscossa in Danimarca, con la conseguenza che la situazione di una SO situata in Finlandia non è oggettivamente comparabile a quella di un’omologa organizzazione stabilita in Danimarca, i cui profitti sono interamente soggetti ad imposta in quest’ultimo paese (5). Per contro, nell’ambito dell’«imposizione congiunta internazionale», tutte le controllate e le SO, residenti e non residenti, sono trattate nello stesso modo. Pertanto, in nessuno dei due casi suddetti esiste una disparità di trattamento tra situazioni oggettivamente comparabili.

22.      Pur ritenendo che le situazioni siano comparabili, la disparità di trattamento sarebbe giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale. La regolamentazione danese mira a salvaguardare la simmetria tra l’onere associato agli utili e la deduzione collegata alle perdite, al fine di evitare che il contribuente scelga liberamente lo Stato membro in cui dichiarare i suoi utili o le sue perdite. Secondo la giurisprudenza della Corte (6), tale regolamentazione è coerente, poiché, se gli utili provenienti da una SO ubicata in Finlandia non possono essere presi in considerazione in Danimarca, è logico che neppure le perdite lo siano.

23.      Il governo austriaco osserva che il diritto danese permetteva al gruppo societario cui appartiene la Bevola di includere le perdite nel calcolo della base imponibile, qualora tale società avesse optato per l’imposizione congiunta internazionale. Pertanto, non vi sarebbero perdite definitive ai sensi dell’eccezione Marks & Spencer, con la conseguenza che la normativa danese risulterebbe proporzionata.

24.      A proposito dell’«eccezione Marks & Spencer», il governo italiano sostiene che questa opera solamente qualora si siano esaurite tutte le possibilità di far valere le perdite, il che non si verifica nella fattispecie. La Bevola può portare in deduzione le perdite della sua SO stabilita in Finlandia, conteggiandole nella base imponibile della società controllante del gruppo, attraverso l’imposizione congiunta internazionale. Per tale motivo, detto governo ritiene che la normativa controversa non sia restrittiva della libertà di stabilimento. La pretesa della Bevola di applicare parzialmente, soltanto alle perdite, il regime di imposizione congiunta internazionale, senza aver optato per tale regime, valicherebbe i limiti della tutela della libertà di stabilimento e metterebbe a rischio la coerenza dell’imposizione dei gruppi internazionali.

25.      In udienza, il governo tedesco ha sostenuto che le situazioni delle SO residenti e di quelle non residenti non erano comparabili, invocando, a sostegno della sua tesi, le sentenze Nordea Bank Danmark (7) e Timac Agro Deutschland (8).

26.      La Commissione sottolinea che, come ha ripetutamente dichiarato la Corte (9), la situazione di una società residente che dispone di una SO in un altro Stato membro è comparabile a quella della stessa società con una SO in questo stesso Stato membro. Tuttavia, recentemente la Corte avrebbe scelto una diversa impostazione nelle sentenze Nordea Bank Danmark (10) e Timac Agro Deutschland (11), basandosi sulla disparità di trattamento.

27.      Ciononostante, secondo la Commissione, l’esame della disparità di trattamento è pertinente qualora si tratti di verificare se la restrizione sia giustificata. Altrimenti si perverrebbe alla conclusione che due situazioni dovrebbero essere considerate differenti perché lo Stato membro ha deciso di trattarle in maniera diversa. Nelle due situazioni controverse nella presente causa, le società cercano di avvalersi della deduzione delle perdite subite dalle loro SO, motivo per cui si tratta di situazioni comparabili.

28.      Anche qualora si ritenesse che la disparità di trattamento sia giustificata per motivi imperativi di interesse generale, si dovrebbe verificare se tale disparità non vada oltre quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti. Nella sentenza Marks & Spencer, la Corte ha già affermato che l’esclusione dal diritto a deduzione delle perdite di una controllata non residente che ha esaurito le possibilità di dedurre nel proprio Stato di residenza è sproporzionata, dottrina estensibile alle SO non residenti di società residenti in forza della sentenza Lidl Belgium (12). Se le perdite della SO finlandese della società Bevola fossero effettivamente definitive, dato questo il cui accertamento spetta al giudice nazionale, l’autorità fiscale danese sarebbe obbligata a permetterne la deduzione.

29.      Tale obbligo non viene meno per il fatto che esiste il regime di imposizione congiunta fiscale internazionale, dal momento che siffatta alternativa (mediante la quale si assoggettano all’imposta danese i redditi complessivi del gruppo nel suo insieme) è stata considerata poco realistica, per i gruppi internazionali, dallo stesso legislatore nazionale.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

30.      L’ordinanza di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte il 19 dicembre 2016.

31.      Hanno depositato osservazioni scritte la Bevola, i governi austriaco, italiano e danese, nonché la Commissione europea, i quali sono intervenuti all’udienza tenutasi il 25 ottobre 2017, cui ha partecipato anche il governo tedesco.

V.      Valutazione

32.      Il giudice a quo considera pacifico che i fatti sottoposti al suo esame presentano caratteristiche simili a quelli all’origine della causa Marks & Spencer e che la sentenza della Corte pronunciata in tale causa sarebbe applicabile ad essi. I dubbi del giudice a quo vertono piuttosto sulla conformità delle norme nazionali a tale giurisprudenza.

33.      Tale constatazione è fondamentale per poter muovere da una premessa che è stata discussa in udienza. Secondo il governo danese non è chiaro se le perdite subite dalla SO della Bevola in Finlandia possano essere considerate definitive, ai sensi del punto 55 della sentenza Marks & Spencer (13). In ogni caso, spetta al giudice del rinvio risolvere detta questione, in quanto esso è l’unico a disporre degli elementi di giudizio pertinenti per poter stabilire se la società di cui trattasi «abbia effettivamente fornito la prova della definitività delle perdite in parola» (14). Qualora si concludesse che tali perdite non sono definitive, la questione pregiudiziale sarebbe meramente ipotetica e quindi irricevibile.

34.      Rischiando di ribadire nozioni ben note agli specialisti del diritto tributario applicabile alle società, ricordo che, nella sentenza Marks & Spencer, la Corte ha esaminato la compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa in forza della quale una controllante residente nel Regno Unito non poteva dedurre le perdite (definitive) delle sue controllate non residenti, stabilite in Belgio, in Francia e in Germania. Tuttavia, tale deduzione le era consentita nel caso in cui le perdite provenissero da una controllata residente nel Regno Unito nel quadro dell’integrazione fiscale.

35.      In tale occasione, la Corte ha stabilito una regola generale e un’eccezione. La regola prevede che una normativa con tali caratteristiche (15) «persegue obiettivi legittimi compatibili con il Trattato e rientranti tra i motivi imperativi di interesse generale e, dall’altro, è idonea a garantire la realizzazione dei detti obiettivi» (16). L’eccezione, indotta dal principio di proporzionalità, prevede, in sintesi, che la società controllante possa portare in deduzione tali perdite qualora abbiano carattere definitivo, ossia, quando la società abbia esaurito tutte le possibilità conferitele dal diritto nazionale (dello Stato in cui è stabilita la controllata) per portare tali perdite in deduzione (17).

36.      La cosiddetta «eccezione Marks & Spencer» ha dato luogo a una discussione pressoché interminabile (18) ed è stata messa in questione in varie occasioni. Anche se, nell’ambito di decisioni successive, la Corte ha delimitato la portata di tale eccezione (19), l’ha mantenuta ad ogni costo, come dimostra la sentenza (della Grande Sezione) del 3 febbraio 2015 (20).

37.      A mio avviso, tale modus procedendi della Corte non solo rispetta il criterio dello stare decisis, ma risponde anche a un solido principio di giustizia fiscale, che collega l’esazione delle imposte alla capacità tributaria (21). Se un’imposta grava sugli utili di una persona giuridica per un determinato esercizio fiscale, è logico che, nel computo degli stessi, non si possa prescindere dalle perdite subite dalla persona giuridica in questione, poiché la capacità economica del contribuente (più precisamente, la sua capacità contributiva) si è impoverita in ugual misura.

38.      Quando, in un contesto transfrontaliero, si sono esaurite tutte le possibilità di prendere in considerazione le suddette perdite nello Stato della controllata, non per questo rimane inalterata la capacità economica della società controllante che, senza dubbio, si riduce. Ne deriva che il principio posto alla base della sentenza Marks & Spencer (in qualche luogo deve essere possibile computare le perdite definitive), assicura l’adeguatezza del carico fiscale all’effettiva capacità economica del contribuente che le ha subite.

39.      Reputo pertanto corretta la prospettiva adottata dal giudice del rinvio, nel dare per certa la vigenza dell’eccezione Marks & Spencer, come punto di partenza per la valutazione della compatibilità del suo diritto nazionale con il diritto dell’Unione.

40.      Orbene, nella presente causa sono presenti due circostanze singolari, che non sono state esaminate nell’ambito della sentenza Marks & Spencer. Da una parte, le perdite di cui si chiede la deduzione in Danimarca non provengono da una società controllata bensì da una SO non residente in tale paese. Dall’altra, il regime fiscale danese non esclude assolutamente la deducibilità di tali perdite, che è ammessa qualora le società residenti scelgano la formula dell’imposizione congiunta internazionale. Entrambe le questioni devono essere analizzate separatamente.

A.      Sull’equiparazione tra società controllate e SO non residenti e tra SO residenti e non residenti ai fini dell’eccezione Marks & Spencer

41.      La differenza sostanziale tra una società controllata e una SO risiede nella personalità giuridica della prima, che le SO non possiedono. Queste ultime sono soltanto strumenti integrati nella struttura della società che le crea e utilizza per svolgere le proprie attività, sotto diverse forme (agenzie, succursali e quant’altro). Una società può aprire una SO nel proprio Stato di residenza o in un altro Stato membro e la sua libertà di optare per l’uno o l’altro non può essere soggetta a restrizioni, in linea di principio, nemmeno attraverso l’applicazione di misure fiscali (articolo 49 TFUE).

42.      A fini di imposizione, il fatto che una SO e la società che la crea siano domiciliate nello stesso Stato elimina qualsiasi problema circa la portata del potere di quest’ultimo (e unico) Stato di tassarne gli utili. In un’ottica puramente nazionale, una SO è integrata nel patrimonio della persona giuridica che si serve della stessa per l’esercizio delle proprie attività. Sotto il profilo fiscale, le perdite o i guadagni della SO sono di solito attribuiti direttamente e immediatamente ai risultati economici della società proprietaria, sempre nello Stato di residenza.

43.      Non è così, invece, quando la SO è situata in uno Stato diverso da quello della società che l’ha creata. In tale ipotesi, le SO possono essere trattate come entità fiscali autonome, secondo una prassi giuridica internazionale che si riflette nel modello di convenzione fiscale elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), con particolare riferimento ai suoi articoli 5 e 7 (22).

44.      Secondo questa impostazione, i risultati economici ottenuti dalla SO entreranno, di norma, nella sfera del potere impositivo dello Stato in cui le stesse sono stabilite, non venendo imputati alla società fondatrice residente nello Stato di origine,salvo che esista un meccanismo giuridico o convenzionale che lo escluda. Quest’ultimo caso si verifica nella fattispecie, poiché, come esporrò di seguito, il legislatore danese non esita a esercitare il potere impositivo sulle SO di società danesi situate in Finlandia (nell’ambito del regime di imposizione congiunta).

45.      I criteri indicati dalla sentenza Marks & Spencer sono stati elaborati con riferimento al binomio società controllante/società controllate. Tuttavia, la Corte li ha successivamente applicati, nella sentenza Lidl Belgium (23), alle perdite delle SO non residenti, che potrebbero essere dedotte dalla società principale nei termini del punto 55 della sentenza Marks & Spencer.

46.      L’equiparazione, a tal fine, tra le società controllate e le SO, come (implicitamente ma con determinazione) ha realizzato nel 2008 la sentenza Lidl Belgium (24), è stata a sua volta attenuata nel 2010 dalla sentenza X Holding (25). Probabilmente la discrepanza tra le due sentenze si deve a un elemento controverso (26) nella valutazione della comparabilità delle situazioni in ambito fiscale, fase polemica del processo volto a chiarire se una restrizione fiscale alla libertà di stabilimento sia conforme al diritto dell’Unione.

47.      Nella sentenza X Holding, la Corte ha dichiarato che «[l]e stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro e le controllate non residenti non si trovano, infatti, in una situazione comparabile per quanto attiene alla ripartizione del potere impositivo quale risultante da una convenzione come quella volta ad evitare la doppia imposizione, e in particolare dai suoi artt. 7, n. 1, e 23, n. 2» (27). L’accento è stato dunque posto non già sulla comparabilità delle situazioniin abstracto, ma in relazione alla normativa fiscale (nazionale o convenzionale) che le prende in considerazione.

48.      Lo stesso approccio può essere esteso al binomio SO residente/SO non residente. Così si evince dalla sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark (28), in cui è stato esaminato il sistema di reintegrazione delle perdite di una SO non residente, nell’ambito della legislazione danese (anteriore a quella analizzata in questa sede) sui redditi delle società residenti.

49.      In tale sentenza, la Corte ha rilevato «a proposito della comparabilità delle situazioni», che, «in linea di principio», le SO stabilite in un altro Stato membro e le SO residenti non erano assimilabili «in riferimento alle misure previste da uno Stato membro al fine di prevenire o di attenuare la doppia imposizione degli utili di una società residente». Di seguito, tuttavia, la Corte ha affermato che «assoggettando gli utili delle stabili organizzazioni situate in Finlandia, in Svezia e in Norvegia all’imposta danese, il Regno di Danimarca ha assimilato queste ultime alle stabili organizzazioni residenti per quanto riguarda la deduzione delle perdite (v., per analogia, sentenza Denkavit Internationaal e Denkavit France, C‑170/05, EU:C:2006:783, punti 34 e 35)» (29).

50.      Nella successiva sentenza Timac Agro Deutschland (30), la Corte ha confermato la non comparabilità, in via di principio, delle SO residenti e di quelle non residenti, in linea con la sentenza Nordea Bank Danmark (31), citando il punto 24 di quest’ultima. Tuttavia, subito dopo la Corte ha aggiunto che, in quanto la normativa tedesca allora applicabile aveva assimilato le due dette categorie di SO, «[a]lla luce di ciò, la situazione di una società residente che detiene una stabile organizzazione situata in Austria è, di conseguenza, comparabile a quella di una società residente che detiene una stabile organizzazione situata in Germania» (32).

51.      Tale sequenza di decisioni giurisprudenziali pone in evidenza come sia difficile comprendere se esistano veramente criteri sicuri per indicare quando le controllanti, le controllate e le SO si trovino in situazioni oggettivamente comparabili, in funzione della circostanza che siano residenti o non residenti in uno Stato membro. L’inevitabile casistica attraverso la quale la Corte ha dovuto navigare in mancanza di norme positive in materia (al di là dell’articolo 49 TFUE), può trasmettere una certa sensazione di disagio, e perfino di incertezza (33), al giurista che aspiri a soluzioni prevedibili. Tuttavia, ciò non è sufficiente per omettere l’analisi della comparabilità oggettiva delle situazioni, cui la Corte rimanda continuamente.

52.      Da quanto esposto finora è possibile desumere due considerazioni. La prima, è che, a titolo di regola generale, occorre assimilare il trattamento fiscale delle SO non residenti a quello delle controllate straniere, per quanto riguarda la deduzione delle perdite definitive non assorbibili nello Stato di residenza della SO, come ha stabilito la sentenza Lidl Belgium (34).

53.      Tale criterio, a mio parere, è quello che maggiormente si conforma al principio sotteso alla direttiva 2011/96/UE (35), il cui nono considerando dichiara che «[l]a corresponsione degli utili a una stabile organizzazione della società madre come pure la percezione degli utili da parte della stessa dovrebbe dar luogo al medesimo trattamento applicabile tra una società figlia e la società madre». La parità di trattamento così stabilita per la corresponsione degli utili è applicabile, ritengo, alle perdite generate dalle SO, sicché queste ultime, devono essere equiparate alle controllate, a tali fini specifici.

54.      Se non erro, il medesimo criterio è confermato dalla soluzione adottata dalla direttiva (UE) 2016/1164 (36) per combattere l’elusione fiscale nel mercato interno. Sebbene risulti inapplicabile ratione temporis al presente rinvio, tale direttiva fornisce chiarimenti in materia quando, nel considerando quarto e, soprattutto, all’articolo 7, invita ad applicare le stesse norme alle entità e «alle stabili organizzazioni di tali società che possono essere situate in altri Stati membri».

55.      Inoltre, dall’ordinanza di rinvio si evince che, in effetti, la Danimarca equipara il trattamento delle SO non residenti a quello delle controllate non residenti: l’articolo 31 A della legge relativa all’imposta sulle società, quando si riferisce all’imposizione congiunta internazionale, tratta allo stesso modo «le società (…) non danesi facenti parti del gruppo» e «tutte le stabili organizzazioni e i beni immobili situati fuori dalla Danimarca che appartengono alle società (…) soggette a imposizione congiunta».

56.      La seconda considerazione riguarda la comparabilità oggettiva tra le SO residenti e quelle non residenti. Su tale aspetto si è incentrata grande parte del dibattito, tanto nella fase scritta del procedimento quanto, e soprattutto, in sede di udienza. A fronte delle reticenze della Commissione (37), sull’accettazione della soluzione adottata dalla Corte nelle sentenze Nordea Bank Danmark (38) e Timac Agro Deutschland, (39) la maggior parte dei governi intervenuti nel presente rinvio sollecita una sua applicazione tout-court, il che implicherebbe che la situazione della SO della Bevola in Finlandia non può compararsi a quella di una SO in Danimarca.

57.      Non credo tuttavia che l’applicazione delle due suddette sentenze alla fattispecie in esame porti necessariamente alla negazione della comparabilità oggettiva sulla quale si è incentrata la controversia. Da un lato, le perdite esaminate in tali sentenze avevano un carattere, per così dire, ricorrente, ossia, si producevano anno dopo anno, il che induceva a scegliere discrezionalmente i periodi più favorevoli; al contrario, la SO della Bevola ha subito perdite precisamente nell’ultimo esercizio della sua vita, quello in cui ha cessato l’attività. Tale fattore, apparentemente privo di rilevanza, è invece significativo, come spiegherò di seguito. D’altra parte, se il giudizio di comparabilità deve essere posto in relazione con il contenuto e con l’obiettivo della normativa nazionale in materia, si dovrà tenere conto della descrizione del regime interno fornita dall’ordinanza di rinvio.

58.      Quando una SO genera perdite e decide di porre fine alla propria attività con la chiusura, occorre procedere alla vendita degli attivi, alla realizzazione dei crediti e al pagamento dei debiti, con l’ottenimento di un saldo (saldo di liquidazione). Le perdite della SO residente derivanti da tale chiusura, riflesse nel saldo di liquidazione, si trasferiscono direttamente alla società cui la SO appartiene. Al contrario, le stesse perdite definitive (40), quando sono generate da una SO non residente, non sono trasferibili ad alcuna entità all’interno dello Stato in cui la SO era situata. Pertanto, qualora tali perdite non siano imputabili alla base imponibile della società controllante, rimangono nel vuoto.

59.      Tale fattispecie è quella presa in considerazione dall’eccezione Marks & Spencer, la cui applicazione è particolarmente giustificata quando si considera che le perdite definitive della SO non residente implicano, per la società titolare, un impoverimento del patrimonio corrispondente ad una diminuzione della sua capacità economica e quindi contributiva. Di conseguenza, di fronte all’eventualità di perdite associate all’estinzione di una SO, di carattere definitivo, l’analisi della comparabilità oggettiva delle situazioni non può perdere di vista tale fattore. La situazione di una SO residente e quella di una SO non residente, entrambe con perdite definitive, e precisamente per tale ragione, sono comparabili nell’ottica del rispetto del principio della capacità contributiva della società controllante.

60.      Non ritengo che tale approccio si ponga in contrasto con le sentenze Nordea Bank Danmark (41) e Timac Agro Deutschland (42). In entrambe le sentenze la comparabilità tra SO residenti e non residenti si basava sull’esistenza di norme dalle quali si ricavava un vincolo tra la SO non residente e l’autorità fiscale dello Stato della società dalla quale dipendeva. Ora, tale vincolo sorge come conseguenza di una perdita definitiva, imputabile alla società che ha subito un dissesto economico a causa di tale perdita, affinché i suoi oneri fiscali si adeguino alla sua capacità contributiva effettiva.

61.      Per quanto riguarda il regime di imposizione congiunta fiscale internazionale, la legge danese non sembra avere lo scopo di «evitare o attenuare la doppia imposizione sugli utili di una società residente», a differenza di quanto accadeva nelle sentenze Nordea Bank Danmark (43) e Timac Agro Deutschland (44). Inoltre, tale meccanismo potrebbe generare fenomeni di doppia imposizione, poiché la Danimarca, all’articolo 31 A della legge in materia di imposta sulle società, rivendica la competenza a tassare i redditi di «tutte» le controllate non residenti e di «tutte» le SO non residenti, qualora le stesse appartengano a controllanti residenti in Danimarca.

62.      Quest’ultima circostanza contribuisce, a mio avviso, alla considerazione che, nella fattispecie, il giudizio sulla comparabilità deve propendere per una equiparazione tra SO residenti e SO non residenti. Se la legislazione danese inquadra nel suo potere impositivo, equiparandoli, i redditi ottenuti da entrambe le SO, ai fini dell’imposizione congiunta internazionale (articolo 31 A della legge in materia di imposta sulle società), nella stessa misura, assoggetta «gli utili delle stabili organizzazioni situate in Finlandia all’imposta danese», e pertanto «assimila queste ultime alle stabili organizzazioni residenti [in Danimarca]». Proprio questo è stato il fattore di comparabilità oggettiva delle situazioni cui la Corte è ricorsa nella sentenza Nordea Bank Danmark (45).

63.      Si può quindi garantire che, nel contesto normativo della controversia in questione, le perdite definitive di una SO non residente in Danimarca, prodottesi nell’anno in cui ha avuto luogo la chiusura e non recuperabili in Finlandia, si assimilano alle perdite di una SO residente in Danimarca, qualora la società titolare di entrambe le SO risieda in quest’ultimo paese.

B.      Sull’incidenza del regime danese di «integrazione fiscale internazionale» nell’applicazione dell’«eccezione Marks & Spencer»

64.      Una differenza di trattamento fiscale nello Stato della società controllante tra controllate e SO residenti e non residenti può comportare per la stessa società un ostacolo all’esercizio della libertà di stabilimento, dissuadendola dal creare controllate o SO in altri Stati membri. La disposizione del TFUE in gioco è costituita, pertanto, dall’articolo 49 e siffatta differenza di trattamento tra controllate e SO residenti e non residenti implica, in linea di principio, una restrizione della libertà ivi sancita.

65.      La Corte ha esaminato i problemi sollevati dalle normative di determinati Stati membri che permettono alle società residenti del gruppo di avvalersi del sistema di consolidamento fiscale ma escludono le società non residenti sulle quali non hanno potere impositivo. In tale ambito, una controllata non residente facente parte del gruppo non può trasferire le proprie perdite alla società controllante residente perché, giustamente, la normativa fiscale nazionale le impedisce di integrarsi nel gruppo consolidato (46). Nella fattispecie sulla quale verte il presente rinvio si produce lo stesso fenomeno, sebbene applicato alle SO.

66.      La sentenza Marks & Spencer contribuirebbe a risolvere la questione senza eccessive difficoltà, dopo aver paragonato le controllate e le SO non residenti. Come ho già evidenziato richiamando l’affermazione del giudice a quo, si deve dare per certo che, nella fattispecie, la situazione è parallela a quella esaminata nella summenzionata sentenza, ossia, che riguarda una SO situata in Finlandia, le cui perdite irrecuperabili (definitive) prodottesi in tale paese non sono deducibili dai risultati della società controllante danese, in virtù dell’applicazione del suo sistema nazionale di integrazione fiscale.

67.      L’elemento distintivo consiste nel fatto che la normativa danese:

–        da una parte, disciplina il sistema di «imposizione congiunta nazionale», in base al quale l’imposta sulle società del gruppo nel suo insieme (che riguarda i risultati delle società residenti, delle SO e degli immobili di società danesi situati in Danimarca) è liquidata nell’ambito di un sistema di consolidamento fiscale;

–        dall’altra, permette di scegliere il sistema di «imposizione congiunta internazionale», che si applicherà ai risultati delle società del gruppo, sia danesi sia estere, nonché di tutte le sue SO all’estero, per un periodo minimo di dieci anni.

68.      Per le autorità fiscali della Danimarca (e di altri Stati membri intervenuti a loro sostegno), quest’ultimo sistema consente di dedurre completamente le perdite definitive delle SO non residenti. Pertanto, il regime fiscale danese non comporterebbe un ostacolo alla libertà di stabilimento, ai sensi della sentenza Marks & Spencer, poiché le società danesi potrebbero sempre optare per la formula dell’integrazione fiscale internazionale.

69.      Nello sviluppare l’argomentazione della sentenza Marks & Spencer, l’accento è stato posto sulla mancanza di proporzionalità di una normativa interna che, alla fine, aveva l’effetto di rendere del tutto irrecuperabili le perdite della controllata non residente. Come ho già ripetuto, applicando tale criterio il giudice a quo dovrà accertarsi specificamente delle circostanze che hanno accompagnato l’asserita impossibilità di portare in deduzione, in Finlandia, le perdite generate dalla SO della Bevola in tale paese.

70.      Se tale premessa venisse confermata, entrerebbe in gioco l’eccezione Marks & Spencer e la bilancia si inclinerebbe dal lato della violazione non giustificata della libertà di stabilimento, in quanto non sarebbe possibile dedurre le perdite definitive della SO finlandese.

71.      Per controbilanciare tale deduzione, basta il fatto che la legge danese offra alle sue società residenti la facoltà di avvalersi del sistema di imposizione congiunta internazionale, con la conseguente possibilità di dedurre, nell’ambito di tale formula, le perdite definitive delle controllate e delle SO non residenti?

72.      La soluzione dipende, logicamente, dal modo in cui è stato disciplinato tale sistema. In linea di principio, potrebbe essere tanto ammissibile quanto comportare un’inaccettabile restrizione della libertà di stabilimento. A mio giudizio, l’analisi di tale soluzione deve proiettarsi in due direzioni: a) quella relativa all’estensione soggettiva dell’integrazione internazionale (in concreto, alla sua vocazione ad inglobare tutte le società e tutte le SO del gruppo); e b) quella concernente l’orizzonte temporale dell’assoggettamento a tale sistema di imposizione.

73.      Vista dalla prima prospettiva, la normativa danese sembra rispondere a una preoccupazione condivisa dalla Corte in materia. Nella sentenza X Holding (47), per esempio, la Corte ha osservato che «concedere alle società la possibilità di optare per la presa in considerazione delle loro perdite nello Stato membro in cui sono registrate o in un altro Stato membro comprometterebbe sensibilmente un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, dato che la base imponibile si troverebbe aumentata per il primo Stato e ridotta nel secondo, considerate le perdite trasferite (v. sentenze citate Marks & Spencer, punto 46; Oy AA, punto 55, nonché Lidl Belgium, punto 32)».

74.      In tale caso, il riflesso del regime fiscale nazionale sulle controllate non residenti permetteva alle società controllanti di operare una libera scelta («cherry picking») che non era compatibile con l’obiettivo di preservare la ripartizione del potere impositivo degli Stati membri (48). L’intento di evitare tale conseguenza è rinvenibile nella proposta della legge danese recante modifica dell’imposta sulle società, (parzialmente) trascritta nell’ordinanza di rinvio: «altrimenti le società sarebbero in grado di evitare l’imposizione danese semplicemente permettendo che le attività in perdita estere siano svolte dalle succursali estere, mentre le attività generatrici di profitto siano attribuite alle società non incluse nell’ambito dell’imposizione danese» (49).

75.      Un sistema fiscale che ammetta il consolidamento in questi termini, senza tuttavia lasciare alcuna possibilità di scelta quanto alla delimitazione del «perimetro di integrazione», poiché impone a tutte le società e a tutte le SO del gruppo di integrarsi, certamente impedisce alla società controllante di scegliere, a suo arbitrio, quali risultati delle entità non residenti le conviene consolidare, mettendo a rischio l’integrità della base imponibile. In quest’ottica, inoltre, il sistema in questione equipara i gruppi internazionali a quelli nazionali, assoggettandoli ad uno stesso regime, e contribuisce a salvaguardare la coerenza del sistema fiscale, garantendo la simmetria tra l’imposizione degli utili e la deduzione delle perdite.

76.      Tuttavia, il rischio che, in un caso come quello in esame, si verifichi una siffatta scelta arbitraria, è minimo. Ricordo che si trattava dell’ultimo esercizio di attività della SO della Bevola in Finlandia, ossia, dell’anno in cui tale stabile organizzazione aveva cessato l’attività. Non è quindi una situazione automaticamente equiparabile ad altre fattispecie in cui la società controllante che si serve di controllate e di SO non residenti, la cui sopravvivenza non è messa in dubbio, decida a suo piacimento di dedurre le perdite subite dalle stesse.

77.      Ciononostante, ritengo che la soluzione adottata dal legislatore danese per controbilanciare l’eccezione Marks & Spencer sia eccessivamente gravosa per le imprese che, sotto la protezione dell’articolo 49 TFUE, desiderino esercitare la propria libertà di stabilimento in altri Stati membri. Il fatto che tale sistema sia di applicazione volontaria non lo priva del carattere eccessivamente restrittivo, né di un’eventuale incompatibilità con il diritto dell’Unione (50).

78.      Penso che, in effetti, il regime in questione sia anzitutto poco realistico, almeno per i gruppi danesi di società operanti su scala globale (o, per lo meno, che possiedono controllate e SO in vari paesi). Tale difetto è stato riconosciuto dal legislatore nazionale, con lodevole sincerità, nelle osservazioni allegate alla proposta di legge (51). È vero che nessun principio impone ad uno Stato membro di adattare la normativa nazionale agli interessi dei gruppi societari. Tuttavia, occorre tutelare l’applicazione dell’articolo 49 TFUE (nella fattispecie, dei suoi effetti con riferimento alla deduzione delle perdite definitive, come delineati nella sentenza Marks & Spencer) mettendo in atto soluzioni normative che, pur ispirandosi all’obiettivo di evitare l’elusione fiscale attraverso costruzioni artificiose, non rendano di fatto impossibile la deduzione stessa, a prescindere dalla dimensione economica del gruppo, allorché esistono motivi legittimi per portare in deduzione le perdite definitive. In caso contrario, verrebbe meno l’adeguatezza tra la capacità contributiva e l’imposta effettivamente esigibile.

79.      Dalla seconda prospettiva, il termine minimo di dieci anni per l’assoggettamento al regime di imposizione congiunta internazionale risulta parimenti sproporzionato, convertendosi in un ostacolo pesante e ingiustificato all’esercizio dell’opzione di cui trattasi. Date le vicissitudini che possono influire sulla composizione del gruppo (trasferimenti o trasformazioni, più o meno sostanziali, delle entità che ne fanno parte), non mi convince l’argomento del governo danese circa la necessità di fissare un termine di tempo così esteso, al fine di evitare la scelta discrezionale. La condotta indesiderata che si tenta di contrastare (la scelta dei periodi in cui il gruppo riporta perdite globali e l’esclusione degli esercizi in cui abbia realizzato profitti) potrebbe essere evitata, per esempio, chiedendo che la scelta dell’imposizione congiunta internazionale sia manifestata con un certo anticipo rispetto all’esercizio in relazione al quale verrà applicata, senza esigere un periodo di permanenza così prolungato, che è poco realistico per la vita delle società.

80.      Pur essendo vero che la giurisprudenza ha precisato che «gli Stati membri restano liberi di adottare o mantenere in vigore norme aventi l’obiettivo specifico di escludere da un vantaggio fiscale le costruzioni puramente artificiose il cui scopo sia quello di eludere la normativa fiscale nazionale», nondimeno essa ha rilevato che «se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario» (52), compreso il rispetto delle esigenze del principio di proporzionalità nell’applicazione di tali norme nazionali.

81.      In definitiva, ritengo che il regime di «imposizione congiunta internazionale» stabilito dal diritto danese, non rispetti il principio di proporzionalità poiché, in circostanze come quelle del procedimento principale, osta a che una società danese possa dedurre le perdite definitive, ai sensi del punto 55 della sentenza Marks & Spencer, che siano state subite da una sua SO situata in Finlandia.

VI.    Conclusione

82.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di giustizia di rispondere alla questione pregiudiziale sottoposta dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca), nei seguenti termini:

«In condizioni analoghe a quelle che sono state prese in considerazione nella sentenza della Corte del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer, l’articolo 49 TFUE non è compatibile con la normativa di uno Stato membro in base alla quale una società residente in tale Stato può dedurre dalla base imponibile dell’imposta sulle società le perdite di una stabile organizzazione che si trova sul territorio nazionale, ma non le perdite di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, in cui, in definitiva, tali perdite non possano essere computate.

Per ovviare a tale incompatibilità non è sufficiente offrire alla società controllante la possibilità di beneficiare di un sistema di “imposizione congiunta internazionale” come quello previsto dalla normativa nazionale applicabile nel procedimento principale, che richiede alla stessa di raggruppare, ai fini della medesima imposta, tutte le controllate e le stabili organizzazioni aventi sede al di fuori della Danimarca, per un periodo di dieci anni».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Sentenza del 13 dicembre 2005, C‑446/03; in prosieguo: la «sentenzaMarks & Spencer», EU:C:2005:763.


3      A sostegno della sua tesi, invoca i lavori preparatori della legge nazionale, in cui si ammette che i gruppi di dimensioni maggiori non considereranno attraente tale regime.


4      Cita la sentenza del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, EU:C:2010:148), punto 53.


5      Invoca la sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087), punto 24.


6      Al riguardo, cita la sentenza del 7 novembre 2013, K (C‑322/11, EU:C:2013:716), punto 51.


7      Sentenza del 17 luglio 2014, C‑48/13, EU:C:2014:2087.


8      Sentenza del 17 dicembre 2015, C‑388/14, EU:C:2015:829.


9      Sentenze del 6 settembre 2012, Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532), punto 19; del 21 febbraio 2013, A (C‑123/11, EU:C:2013:84), punto 35, e del 1o aprile 2014, Felixstowe Dock and Railway Company e a. (C‑80/12, EU:C:2014:200), punto 26.


10      Sentenza del 17 luglio 2014, C‑48/13, EU:C:2014:2087.


11      Sentenza del 17 dicembre 2015, C‑388/14, EU:C:2015:829.


12      Sentenza del 15 maggio 2008, C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 51.


13      A quanto pare esistono dubbi circa un’eventuale recuperabilità delle perdite, in esercizi futuri, ai sensi della normativa finlandese, qualora venisse riaperta la SO della Bevola in tale paese. La Bevola, tuttavia, esclude tale possibilità.


14      Sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829) [punto 57].


15      Sentenza Marks & Spencer, punto 27: «una normativa di uno Stato membro che esclude la possibilità, per una società controllante residente, di dedurre dal suo reddito imponibile perdite occorse in un altro Stato membro ad una controllata registrata sul territorio di quest’ultimo, sebbene accordi tale possibilità per perdite subite da una controllata residente».


16      Ibidem, punto 51.


17      Ibidem, punto 55: «la misura restrittiva di cui trattasi nella causa principale ecced[e] quanto necessario per il conseguimento sostanziale degli scopi perseguiti in una situazione in cui: – la controllata non residente ha esaurito le possibilità di presa in considerazione delle perdite esistenti nel suo Stato di residenza per l’esercizio fiscale considerato nella domanda di sgravio, nonché degli esercizi fiscali precedenti, eventualmente mediante un trasferimento di tali perdite ad un terzo, oppure l’imputazione delle dette perdite ai profitti realizzati dalla controllata durante gli esercizi precedenti, e – le perdite della controllata estera non possano essere prese in considerazione nel suo Stato di residenza per gli esercizi fiscali futuri né da essa stessa, né da un terzo, in particolare in caso di cessione a quest’ultimo della controllata».


18      Nelle conclusioni relative alla causa C‑172/13, Commissione/Regno Unito (EU:C:2014:2321), del 3 febbraio 2015, l’avvocato generale Kokott riportava che, fino a quel momento, si erano «registrat[e] 142 pubblicazioni scientifiche che si occupano direttamente delle menzionate sentenze».


19      V., tra gli altri, Danish, M., «What remains of the Marks & Spencer exception for final losses? — Examining the impact of Commission v. United Kingdom (Case C‑172/13)», European taxation, Amsterdam, vol. 55 (2015), n. 9, pagg. da 417 a 422; Cerioni, L., «The never-ending issue of cross-border loss compensation within the EU: reconciling balanced allocation of taxing rights and cross-border ability-to-pay», EC tax review, Alphen aan den Rijn, vol. 24 (2015), n. 5, pagg. da 268 a 280; Lang, M., «Has the case law of the ECJ on final losses reached the end of the line?», European taxation, Amsterdam, vol. 54 (2014), n. 12, pagg. da 530 a 540; Pinetz, E., e Spies, K., «“Final losses” after the decision in Commission v. UK (“Marks & Spencer II”)», EC tax review, Alphen aan den Rijn, vol. 24 (2015), n. 6, pagg. da 309 a 329.


20      Causa C‑172/13, Commissione/Regno Unito, EU:C:2015:50.


21      In udienza, la Commissione ha insistito su tale punto, a mio avviso con ragione.


22      La Corte ha già avuto occasione di dichiarare che, ai fini della ripartizione della competenza tributaria, non è illogico che gli Stati membri si ispirino alla prassi internazionale e, in particolare, ai modelli di convenzione elaborati dall’OCSE.V. sentenze del 12 maggio 1998, Gilly (C‑336/96, EU:C:1998:221), punto 31, e del 23 febbraio 2006, van Hilten van der Heijden (C‑513/03, EU:C:2006:131), punto 48.


23      Sentenza del 15 maggio 2008, C‑414/06, EU:C:2008:278. Il dubbio che all’epoca aveva determinato la proposizione del rinvio pregiudiziale riguardava «se gli artt. 43 CE e 56 CE ostino ad un regime tributario nazionale che esclude la possibilità per una società residente, in occasione della determinazione dei propri utili e del calcolo del proprio reddito imponibile, di dedurre perdite subite in un altro Stato membro da una stabile organizzazione di sua appartenenza, mentre il suddetto regime tributario ammette tale possibilità in relazione a perdite subite da una stabile organizzazione residente».


24      Sentenza del 15 maggio 2008, C‑414/06, EU:C:2008:278.


25      Sentenza del 25 febbraio 2010, C‑337/08, EU:C:2010:89.


26      Rammento che, nelle sue conclusioni relative alla causa Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:153), l’avvocato generale Kokott aveva proposto di abbandonare il metodo «tradizionale» di analisi, in base al quale occorre «verificare, anzitutto, se le società con succursali nazionali e quelle con succursali stabilite in un altro Stato membro si trovino in situazioni obiettivamente comparabili, tenuto conto (…) dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione». Nella sentenza del 17 luglio 2014 (EU:C:2014:2087) resa in tale causa, la Corte non ha accolto tale proposta, e da allora ha continuato a valutare la comparabilità delle situazioni in materia tributaria (interne e transfrontaliere) alla luce della finalità perseguita dalla normativa nazionale che ha introdotto la restrizione alla libertà di stabilimento.


27      Sentenza del 25 febbraio 2010, C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 38(il corsivo è mio).


28      Causa C‑48/13, EU:C:2014:2087.


29      Ibidem, punto 24.


30      Sentenza del 17 dicembre 2015, C‑388/14, EU:C:2015:829, punto 27.


31      Causa C‑48/13, EU:C:2014:2087.


32      Sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829), punto 28.


33      Forse per questa ragione nell’ordinanza di rinvio si riportano le affermazioni contenute nella proposta di legge n. 121, Folketingstidende (Bollettino parlamentare danese) 2004/2005, secondo cui «è particolarmente difficile valutare se le norme proposte danno luogo a una restrizione contraria al diritto dell’Unione europea».


34      Sentenza del 15 maggio 2008, C‑414/06, EU:C:2008:278.


35      Direttiva del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 2011, L 345, pag. 8).


36      Direttiva del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (GU 2016, L 193, pag. 1).


37      In udienza, la Commissione ha attenuato tali reticenze, affermando che in realtà erano limitate unicamente al punto 24 della sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087), ripetuto al punto 65 della sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829). La Commissione intende evitare che la lettura di tali passi induca a pensare che, al fine di negare la comparabilità oggettiva delle situazioni delle SO residenti e di quelle non residenti, sia sufficiente che uno Stato tratti le stesse in modo diverso, a prescindere dalle circostanze.


38      Sentenza del 17 luglio 2014, C‑48/13, EU:C:2014:2087.


39      Sentenza del 17 dicembre 2015, C‑388/14, EU:C:2015:829.


40      Cui allude la sentenza Marks & Spencer al punto 55.


41      Sentenza del 17 luglio 2014, C‑48/13, EU:C:2014:2087.


42      Sentenza del 17 dicembre 2015, C‑388/14, EU:C:2015:829.


43      Sentenza del 17 luglio 2014, C‑48/13, EU:C:2014:2087.


44      Sentenza del 17 dicembre 2015, C‑388/14, EU:C:2015:829.


45      Sentenza del 17 luglio 2014, C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 24.


46      Sentenze Marks & Spencer, punti 22 e 24; del 25 febbraio 2010, X Holding (C‑337/08, EU:C:2010:89), punti 18 e 19; del 2 settembre 2015, Groupe Steria (C‑386/14, EU:C:2015:524), punti 18 e 19, e del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C‑66/14, EU:C:2015:661), punti 27 e 28.


47      Sentenza del 25 febbraio 2010, C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 29.


48      Al punto 32 della medesima sentenza la Corte aggiunge che «[p]otendo il perimetro dell’entità fiscale essere modificato in tale maniera, il fatto di consentire la possibilità di includervi una controllata non residente comporterebbe la conseguenza di permettere alla società controllante di scegliere liberamente lo Stato membro in cui dedurre le perdite di tale controllata (v., in tal senso, sentenze citate Oy AA, punto 56, e Lidl Belgium, punto 34)».


49      Proposta di legge n. 121, Folketingstidende (Bollettino parlamentare danese) 2004/2005, allegato A, colonna 4946, punto 10.


50      Sentenza del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, EU:C:2010:148): «un regime nazionale restrittivo delle libertà di stabilimento rimane comunque incompatibile con il diritto dell’Unione, quand’anche la sua applicazione sia facoltativa» (punto 53). Sebbene tale causa si inserisse in un contesto diverso da quello in esame, il principio affermato in tale sentenza vale anche al di là delle circostanze particolari della controversia risolta in tale occasione.


51      «In pratica, è probabile che almeno i grandi gruppi internazionali, per ragioni sia economiche sia amministrative, non riterranno vantaggioso includere il reddito globale del gruppo ai fini dell’imposizione in Danimarca». Le statistiche contenute nell’ordinanza di rinvio rivelano come, in pratica, tale sistema sia risultato poco allettante per i gruppi societari danesi.


52      Sentenza Marks & Spencer, punti 57 e 29, rispettivamente.