Language of document : ECLI:EU:F:2007:82

ORDINANZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

11 maggio 2007 (*)

«Dipendenti – Previdenza sociale – Assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali – Infortunio sul lavoro – Chiusura del procedimento di applicazione dell’art. 73 dello Statuto»

Nella causa F‑2/06,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Luigi Marcuccio, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. I. Cazzato,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto dai sigg. H. Kreppel, presidente, H. Tagaras e S. Gervasoni (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con atto introduttivo pervenuto via telefax alla cancelleria del Tribunale il 5 gennaio 2006 (il deposito dell’originale è avvenuto il 9 gennaio successivo), il sig. Marcuccio chiede l’annullamento della decisione della Commissione delle Comunità europee di chiudere il procedimento avente ad oggetto la concessione delle prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), le quali, a suo avviso, gli spetterebbero a seguito dell’infortunio di cui è stato vittima il 10 settembre 2003.

 Fatti e procedimento

2        Il ricorrente è stato dipendente di grado A 7 presso la Direzione generale «Sviluppo» della Commissione dal 16 giugno 2000 al 30 maggio 2005. Egli è stato collocato in congedo di malattia dal 4 gennaio 2002 e non ha mai ripreso la sua attività presso la Commissione. In data 30 maggio 2005 gli è stata concessa un’indennità di invalidità e, in applicazione dell’art. 53 dello Statuto, è stato collocato a riposo d’ufficio con effetto immediato.

3        Durante il congedo di malattia, il ricorrente è stato vittima di una caduta, avvenuta il 10 settembre 2003, in seguito alla quale è rimasto ferito al ginocchio sinistro.

4        A seguito della denuncia d’infortunio presentata dal ricorrente, la Commissione gli ha comunicato, con nota 30 gennaio 2004, che quanto accadutogli poteva essere considerato infortunio ai sensi delle vigenti disposizioni statutarie e lo ha invitato a produrre i documenti giustificativi.

5        In risposta a tale nota, in data 22 luglio 2004 il ricorrente ha inviato alla Commissione un referto di risonanza magnetica datato 4 marzo 2004 ed un certificato medico, redatto il 21 luglio successivo, attestante che il suo stato di salute si era stabilizzato ma permanevano postumi.

6        Il 18 agosto 2004 il regime comune di assicurazione malattia della Commissione ha inviato al ricorrente una nota con cui lo ha informato che il medico incaricato dall’istituzione di stilare le perizie mediche desiderava visitarlo e lo pregava di contattare telefonicamente o per posta elettronica il segretariato dei medici per fissare un appuntamento.

7        In assenza di riscontro da parte del ricorrente alla nota in questione, il 7 febbraio 2005 la Commissione gli ha inviato una nuova nota, nella quale gli ha ancora domandato di prendere contatto per telefono con il medico designato dall’istituzione. Con tale nota gli si notificava inoltre che, in mancanza di una sua risposta entro l’8 maggio 2005, la Commissione avrebbe ritenuto che egli non fosse più interessato alla prosecuzione del procedimento di riconoscimento di infortunio professionale ed avrebbe archiviato tale procedimento.

8        Con lettera 10 marzo 2005, spedita il 7 aprile successivo, il ricorrente ha risposto alla nota 7 febbraio 2005 affermando di non aver mai ricevuto quella del 18 agosto 2004 e di essere a completa disposizione del medico designato dall’istituzione e dichiarando che la lettera in questione doveva essere considerata sostitutiva della chiamata telefonica al detto medico richiesta dalla Commissione.

9        Il 9 giugno 2005 il ricorrente ha presentato un reclamo contro la decisione di chiusura del procedimento di riconoscimento di infortunio professionale prospettata a conclusione della nota della Commissione 7 febbraio 2005.

10      Con lettera 29 luglio 2005, i servizi della Commissione hanno informato il ricorrente di non aver ricevuto la sua lettera datata 10 marzo 2005 e gli hanno comunicato che nulla ostava alla prosecuzione del procedimento di riconoscimento d’infortunio professionale, reiterando l’invito a prendere contatto con il medico designato dall’istituzione.

11      Con lettera 15 settembre 2005, il ricorrente ha dichiarato di voler mantenere il suo reclamo, rilevando che l’art. 18 della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale dei dipendenti delle Comunità europee non fa alcun cenno dell’obbligo, in capo alla persona che ha subito un infortunio, di telefonare al medico designato dall’istituzione per fissare un appuntamento, contrariamente a quanto gli era imposto nella fattispecie.

12      Infine, in una lettera in data 15 novembre 2005, il ricorrente ha espresso la volontà di comporre il dissidio che l’opponeva alla Commissione.

13      La Commissione non ha risposto alle ultime due suddette lettere del ricorrente. Quest’ultimo non ha preso contatto con il medico designato dall’istituzione.

14      Il 5 gennaio 2006 il ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

 Conclusioni delle parti

15      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione della Commissione di archiviare il procedimento avente ad oggetto la concessione delle prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto, che gli spetterebbero a seguito dell’infortunio occorsogli il 10 settembre 2003;

–        condannare la Commissione alle spese.

16      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        statuire sulle spese secondo diritto.

 In diritto

17      Ai sensi dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, applicabile mutatis mutandis al Tribunale in forza dell’art 3, n. 4, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), fino all’entrata in vigore del regolamento di procedura di quest’ultimo, quando è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o quando il ricorso è manifestamente irricevibile o manifestamente infondato, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

18      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto sulla base dei documenti del fascicolo per statuire senza proseguire il procedimento.

19      Occorre ricordare che l’esistenza di un atto che arreca pregiudizio ai sensi degli artt. 90, n. 2, e 91, n. 1, dello Statuto costituisce un presupposto indispensabile per la ricevibilità di qualsiasi ricorso dei dipendenti avverso l’istituzione cui appartengono (sentenza del Tribunale di primo grado 13 luglio 1993, causa T‑20/92, Moat/Commissione, Racc. pag. II‑799, punto 39, e ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado 4 febbraio 1999, causa T‑196/98 R, Peña Abizanda e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑5 e II‑15, punto 19).

20      Sono atti che arrecano pregiudizio nei confronti di un dipendente gli atti idonei ad influire direttamente sulla sua situazione giuridica (v. sentenza della Corte 10 dicembre 1969, causa 32/68, Grasselli/Commissione, Racc. pag. 505, punto 4). Costituiscono atti o decisioni che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento solo quelli che producono effetti obbligatori idonei ad incidere sugli interessi di chi li impugna, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di questo (v. sentenza della Corte 14 febbraio 1989, causa 346/87, Bossi/Commissione, Racc. pag. 303, punto 23; ordinanza del Tribunale 16 maggio 2006, causa F‑55/05, Voigt/Commissione, Racc. FP pagg. I-A-1-15 e II-A-1-51, punto 27).

21      Nel caso di specie, il ricorrente chiede l’annullamento della decisione di chiudere («decisione di archiviazione») il procedimento da lui avviato per ottenere le prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto, che gli spetterebbero a seguito dell’infortunio occorsogli il 10 settembre 2003.

22      Poiché il ricorrente non ha risposto alla nota 18 agosto 2004, con cui lo si invitava a prendere contatto con un medico designato dall’istituzione, la Commissione ha reiterato tale richiesta nella sua nota 7 febbraio 2005, informando il ricorrente stesso che, in assenza di una sua risposta entro l’8 maggio 2005, essa avrebbe presunto che egli non fosse più interessato alla prosecuzione del procedimento di riconoscimento di infortunio professionale e avrebbe chiuso quest’ultimo.

23      Il ricorrente contesta la decisione di archiviazione della sua pratica, contenuta, a suo avviso, nella nota 7 febbraio 2005.

24      In primo luogo, come emerge dalla sua stessa formulazione, la detta nota 7 febbraio 2005 invitava il ricorrente a contattare il medico designato dall’istituzione e lo informava che, in mancanza di una sua reazione entro l’8 maggio 2005, la sua pratica sarebbe stata archiviata. L’annuncio di tale eventualità, di per sé, non può essere considerato una decisione.

25      In secondo luogo, la decisione di archiviazione contestata non figura in alcun altro documento versato agli atti.

26      È vero che, siccome il ricorrente non ha contattato il medico designato dall’istituzione, la formulazione stessa della nota 7 febbraio 2005 lasciava presagire che sarebbe stata adottata una decisione di archiviazione della sua pratica.

27      Tuttavia, non è provato che siffatta decisione di archiviazione sia stata presa. Da una parte, la nota 7 febbraio 2005 non basta a dimostrare che la detta decisione sia stata effettivamente emanata, a fortiori a partire dall’8 maggio 2005. D’altra parte, nella risposta del 29 luglio 2005 al reclamo del ricorrente, la Commissione non gli ha né opposto né ha menzionato una decisione di archiviazione, ma, al contrario, gli ha garantito di essere disposta a proseguire il procedimento di riconoscimento d’infortunio professionale, rinnovandogli l’invito a prendere contatto con il medico designato dall’istituzione. In tal modo, essa gli ha chiaramente indicato che non era stata adottata alcuna decisione di chiusura del detto procedimento.

28      In terzo luogo, la chiusura di un procedimento dà luogo ad una decisione che arreca pregiudizio solo se quest’ultimo si risolve nel rigetto di una domanda da parte dell’istituzione e non quando è il risultato dell’abbandono del procedimento da parte del richiedente. Ebbene, la nota della Commissione 7 febbraio 2005 considera espressamente questa seconda ipotesi. Tale nota, infatti, precisava che il procedimento sarebbe stato chiuso al più tardi l’8 maggio 2005 poiché il silenzio del ricorrente avrebbe fatto presumere un suo disinteresse a proseguire il procedimento stesso. La detta nota, pertanto, non annunciava alcuna decisione tale da arrecare pregiudizio all’interessato.

29      Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che, come sostenuto dalla Commissione, il ricorso non è diretto contro un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’art. 90, n. 2, e dell’art. 91, n. 1, dello Statuto e che, pertanto, esso deve essere dichiarato manifestamente irricevibile.

 Sulle spese

30      Come dichiarato dal Tribunale nella sentenza 26 aprile 2006, causa F‑16/05, Falcione/Commissione (Racc. FP pagg. I-A-1-3 e II-A-1-7, punti 77-86), finché il regolamento di procedura del Tribunale e, in particolare, le specifiche disposizioni relative alle spese non sono entrati in vigore, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia e per garantire ai singoli un’adeguata prevedibilità quanto alle norme sulle spese del procedimento, occorre applicare unicamente il regolamento di procedura del Tribunale di primo grado.

31      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura di quest’ultimo Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, in forza dell’art. 88 dello stesso regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti le spese sostenute dalle istituzioni restano a carico di queste. Ciononostante, a norma dell’art. 87, n. 3, secondo comma, dello stesso regolamento, il Tribunale può condannare una parte, anche non soccombente, a rimborsare all’altra le spese che le ha causato e che siano riconosciute come superflue o defatigatorie.

32      Nel caso di specie, il ricorrente avrebbe dovuto sapere che le sue conclusioni erano dirette contro una decisione di chiusura del procedimento di riconoscimento di infortunio professionale, l’esistenza della quale era stata smentita dalla risposta al suo reclamo, risposta in cui la Commissione gli aveva confermato di essere, al contrario, disposta a proseguire il detto procedimento. Dagli atti versati al fascicolo emerge inoltre che l’elemento ostativo al procedimento è stato il rifiuto del ricorrente di rivolgersi al medico designato dall’istituzione e non una presunta decisione di archiviazione adottata dall’istituzione. Pertanto, la controversia in esame è derivata, in buona parte, dal comportamento del ricorrente.

33      Tuttavia, considerato il quadro complessivo della controversia tra il ricorrente e la Commissione, essendo pendenti dinanzi al Tribunale altre cause tra le stesse parti, il ricorrente non va condannato a rimborsare spese superflue alla Commissione, tanto più che quest’ultima non ne ha fatto domanda. Alla luce di tali circostanze, occorre applicare unicamente l’art. 87, n. 2, e l’art. 88 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado e, dato che il ricorrente è risultato soccombente, condannare ciascuna parte a sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è manifestamente irricevibile.

2)      Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

Lussemburgo, 11 maggio 2007

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

      H. Kreppel


* Lingua processuale: l’italiano.