Language of document : ECLI:EU:F:2013:34

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Terza Sezione)

13 marzo 2013 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Articolo 43, primo comma, dello Statuto – Redazione tardiva dei rapporti di evoluzione della carriera – Danno morale – Perdita di una opportunità di essere promosso»

Nella causa F‑91/10,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 270 TFUE, applicabile al Trattato CEEA in forza del suo articolo 106 bis,

AK, ex funzionaria della Commissione europea, residente a Esbo (Finlandia), rappresentata da S. Orlandi, A. Coolen, J.-N. Louis e É. Marchal, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Berscheid e J. Baquero Cruz, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Terza Sezione),

composto da S. Van Raepenbusch (relatore), presidente, R. Barents e K. Bradley, giudici,

cancelliere: J. Tomac, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 giugno 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con atto introduttivo, pervenuto nella cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2010, AK chiede:

–        in primo luogo, l’annullamento della decisione della Commissione delle Comunità europee, del 24 novembre 2009, recante rigetto della sua domanda diretta, da una parte, al risarcimento del danno che asserisce di aver subito a seguito della mancata redazione dei rapporti di evoluzione della carriera (in prosieguo: il o i «REC»), per i periodi 2001/2002, 2004, 2005 e 2008, e, dall’altra, all’avvio di un’indagine amministrativa riguardante asseriti fatti configuranti molestie psicologiche;

–        in secondo luogo, la condanna della Commissione al risarcimento dei danni.

 Contesto normativo

2        Ai sensi dell’articolo 24, primo comma, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, quale vigente al momento dell’adozione della decisione del 24 novembre 2009 (in prosieguo: lo «Statuto»):

«Le Comunità assistono il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni».

3        L’articolo 43, primo comma, dello Statuto dispone:

«La competenza, il rendimento e il comportamento in servizio di ciascun funzionario sono oggetto di un rapporto informativo periodico compilato almeno ogni due anni, alle condizioni stabilite da ciascuna istituzione (…)».

4        Ai sensi dell’articolo 13 dell’allegato VIII dello Statuto, relativo alle modalità del regime pensionistico:

«1.      (...), il funzionario di età inferiore a 65 anni e che, nel periodo in cui matura i diritti a pensione, sia riconosciuto dalla commissione di invalidità colpito da un’invalidità permanente, considerata totale e che gli impedisca di esercitare funzioni corrispondenti a un impiego della sua carriera, e sia pertanto costretto a sospendere il servizio presso le Comunità, ha diritto, per tutto il periodo d’inabilità, all’indennità di invalidità di cui all’articolo 78 dello statuto.

2.      Il beneficiario di un’indennità di invalidità può esercitare un’attività professionale retribuita solo a condizione di esservi stato preventivamente autorizzato dall’autorità che ha il potere di nomina. (…)».

 Fatti

5        Con decisione dell’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»), del 25 gennaio 1999, in sostituzione di quella del 9 settembre 1997, la ricorrente è entrata in servizio presso la Commissione in qualità di funzionario in prova di grado A 5, primo scatto.

6        Il REC della ricorrente per il periodo 1° luglio 2001 ‑ 31 dicembre 2002 (in prosieguo: il «REC 2001/2002»), adottato inizialmente il 10 aprile 2003, è stato annullato, una prima volta, dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee con sentenza del 20 aprile 2005, [AK]/Commissione (T‑86/04, in prosieguo: la «sentenza 20 aprile 2005»). L’amministrazione ha redatto un nuovo REC adottato dal valutatore di appello il 2 giugno 2006 per il periodo summenzionato, ma anch’esso è stato annullato con sentenza del Tribunale di primo grado il 6 ottobre 2009, [AK]/Commissione (T‑102/08 P, in prosieguo: la «sentenza del 6 ottobre 2009»). L’ultima versione del REC 2001/2002 è stata adottata nel corso del presente giudizio, il 25 gennaio 2012.

7        Il REC della ricorrente per l’anno 2004 (in prosieguo: il «REC 2004») è stato adottato inizialmente il 14 gennaio 2005, ma è stato annullato con sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2007, [AK]/Commissione (F‑42/06, in prosieguo: la «sentenza del 13 dicembre 2007»). Esso è stato sostituito da un nuovo REC 2004, redatto nel corso del presente giudizio, il 25 gennaio 2012.

8        Per quanto riguarda il REC della ricorrente per l’anno 2005 (in prosieguo: il «REC 2005»), l’APN ha accolto, il 23 aprile 2007, il reclamo presentato dall’interessata al riguardo, di modo che il procedimento che doveva condurre alla redazione di tale REC ha dovuto essere riavviato. Il REC 2005 è stato infine comunicato alla ricorrente in corso di causa, con lettera dell’8 giugno 2012.

9        Infine, il REC della ricorrente per l’anno 2008 (in prosieguo: il «REC 2008») non era ancora definitivo il 20 settembre 2012, data del passaggio in decisione della presente causa.

10      La ricorrente è stata promossa al grado AD 12 il 1° marzo 2008.

11       Avendo constatato che, al 1° settembre 2008, la ricorrente aveva cumulato 426 giorni di assenze per causa di malattia su tre anni, l’APN ha deciso, nel dicembre 2008, di adire la commissione di invalidità, che ha concluso, all’unanimità, che la ricorrente era affetta da invalidità permanente, considerata totale, che la poneva nell’impossibilità di svolgere le funzioni corrispondenti ad un impiego della sua carriera. Sulla base di tali conclusioni, il 7 maggio 2009 l’APN ha deciso di porre termine al servizio della ricorrente, per incapacità permanente, e di ammetterla al beneficio di un’indennità di invalidità a far data dal 1° giugno 2009.

12      Il 24 luglio 2009 la ricorrente ha presentato un reclamo contro la menzionata decisione di collocamento a riposo per invalidità. Tale reclamo è stato respinto con decisione dell’APN del 29 ottobre 2009.

13      Nel frattempo, il 10 agosto 2009, la ricorrente aveva presentato una domanda di assistenza diretta all’avvio di un’indagine amministrativa per accertare i fatti configuranti molestie di cui ella si riteneva vittima, nonché ad ottenere il risarcimento del danno che avrebbe subito dal 2003 a seguito delle molteplici irregolarità nella redazione dei suoi REC, della gestione amministrativa delle sue assenze per malattia nonché dell’inadeguatezza del suo ambiente di lavoro rispetto alla sua malattia. La ricorrente faceva valere in particolare un danno materiale consistente nella differenza tra la sua indennità di invalidità e la retribuzione che avrebbe percepito se fosse stata posta nella condizione di poter lavorare. Tali domande sono state respinte dall’APN, con decisione del 24 novembre 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

14      Con lettera del suo difensore, in data 24 febbraio 2010, la ricorrente ha presentato un reclamo, in forza dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, contro la decisione impugnata. Tale reclamo è stato respinto con decisione dell’APN del 18 giugno 2010, notificata il 21 giugno successivo alla ricorrente.

 Conclusioni delle parti e procedimento

15      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione a versarle:

«–      [EUR] 53 000 per la perdita di una opportunità di essere promossa al grado A 5 nell’ambito dell’esercizio di promozione 2003, oltre alla regolarizzazione dei suoi diritti a pensione tramite il versamento dei contributi corrispondenti;

–        [EUR] 400 al mese (pari al 70% della differenza tra l’indennità di invalidità da lei percepita e quella che avrebbe percepito se fosse stata promossa nel 2003);

–        [EUR] 35 000 per il danno morale subito derivante dal mantenimento della sua situazione amministrativa irregolare, malgrado, in particolare, le sentenze [in data 20 aprile 2005, 6 ottobre 2009 e 13 dicembre 2007]»;

–        condannare la Commissione alle spese.

16      Nelle sue osservazioni del 4 maggio 2012 la ricorrente ha maggiorato l’ammontare chiesto come risarcimento del suo danno morale valutando quest’ultimo a EUR 70 000.

17      In una lettera del 9 luglio 2012 la ricorrente valuta ormai il risarcimeto che sarebbe dovuto per «la perdita di una possibilità di essere promossa nel 2003, nel 2005 o non oltre il 2007 (...) rispettivamente a [EUR] 410 070, [EUR] 204 996 e [EUR] 90 130».

18      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

19      Con lettera del 30 settembre 2010, allegata al suo ricorso, la ricorrente ha chiesto l’anonimato per la presente causa e ha reiterato tale domanda, il 7 maggio 2012, malgrado il contesto particolare del ricorso.

20      Con lettera dell’8 febbraio 2011 la cancelleria del Tribunale ha invitato le parti a partecipare ad una riunione informale al fine di ricercare un componimento amichevole della controversia. In esito a tale riunione, tenutasi il 1° marzo successivo in presenza del giudice relatore, è stato concesso un termine alle parti al fine di giungere ad un accordo. Constatando l’impossibilità per le parti di accordarsi in via amichevole, il Tribunale ha posto fine al tentativo di giungere a detto componimento. Al termine dell’udienza tenuta il 20 giugno 2012, il presidente ha nondimeno invitato le parti ad una nuova riunione informale. Avendo constatato l’insuccesso di questo nuovo tentativo di componimento amichevole, il Tribunale ha chiuso il dibattimento e stabilito il passaggio della causa in decisione il 20 settembre 2012, dopo il deposito delle ultime osservazioni.

 In diritto

21      Si deve ricordare che la domanda della ricorrente del 10 agosto 2009 conteneva due capi, uno diretto ad ottenere dalla controparte il risarcimento del danno materiale e morale causato dalle molteplici irregolarità nell’elaborazione dei REC e l’altro con cui chiedeva l’assistenza della Commissione con l’avvio di un’indagine sui fatti configuranti molestie. La decisione impugnata ha respinto tale domanda nel suo complesso. Alla luce del duplice oggetto che tale decisione comporta, il primo capo della domanda del ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata dev’essere inteso come diretto all’annullamento della parte di detta decisione in cui è respinta la domanda di risarcimento e della parte in cui è respinta la domanda di assistenza per molestie psicologiche.

1.     Sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui è respinta la domanda risarcitoria della ricorrente

22      La ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui è respinta la sua domanda risarcitoria presentata il 10 agosto 2009.

23      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la decisione di un’istituzione recante rigetto di una domanda risarcitoria costituisce parte integrante del procedimento amministrativo previo alla proposizione del ricorso diretto all’accertamento della responsabilità dinanzi al Tribunale, e che, conseguentemente, in tale contesto, la domanda di annullamento non può essere valutata in modo autonomo rispetto alla domanda di accertamento della responsabilità. Infatti, l’atto in cui è espressa la posizione dell’istituzione durante la fase precontenziosa produce unicamente l’effetto di consentire alla parte che avrebbe subito un danno di proporre una domanda risarcitoria dinanzi al Tribunale. Pertanto, non si deve statuire in maniera autonoma sulle conclusioni dirette all’annullamento (sentenze del Tribunale di primo grado del 23 ottobre 2003, Sautelet/Commissione, T‑25/02, punto 45, e del 14 ottobre 2004, I/Corte di giustizia, T‑256/02, punto 47; sentenza del Tribunale dell’11 maggio 2010, Maxwell/Commissione, F‑55/09, punto 48) della decisione impugnata nella parte in cui è respinta la domanda risarcitoria della ricorrente.

24      Di conseguenza e nella misura in cui essa debba essere intesa come diretta contro le dette conclusioni di annullamento, non occorre statuire sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e fondata sul fatto che la ricorrente non avrebbe interesse ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui essa ha respinto la sua domanda risarcitoria, poiché ella è stata collocata a riposo d’ufficio per invalidità.

25      Sempre di conseguenza si devono esaminare di seguito le conclusioni risarcitorie del ricorso prima delle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui è respinta la domanda di assistenza della ricorrente.

2.     Sulle conclusioni dirette al risarcimento del danno subito dalla ricorrente

 Quanto alla ricevibilità delle conclusioni risarcitorie

26      Risulta dal ricorso nel suo complesso che, nelle sue conclusioni risarcitorie, la ricorrente chiede, dinanzi al Tribunale, il risarcimento del danno che avrebbe subito a seguito del fatto che i REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 non sono stati validamente redatti a tempo debito.

27      Basandosi sulla sentenza della Corte del 22 dicembre 2008, Gordon/Commissione (C‑198/07 P), la ricorrente sostiene, tra gli argomenti relativi al merito del suo ricorso, che il suo collocamento a riposo per invalidità non ha avuto l’effetto di farle perdere il diritto ad una valutazione del suo lavoro redatta in maniera giusta ed equa. L’interesse relativo ai REC dovrebbe essere valutato non soltanto alla luce della loro utilità per la carriera del funzionario interessato, ma anche alla luce della valutazione che essi contengono delle qualità umane che quest’ultimo ha dimostrato nello svolgimento della sua attività lavorativa. Per giunta, i REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 potrebbero costituire un elemento di valutazione per la commissione medica che deve pronunciarsi sull’origine professionale della sua malattia, poiché la qualificazione di una malattia come malattia di natura professionale può dipendere dall’ambiente e dalle condizioni di lavoro che sono attestate in ogni rapporto informativo.

28      La Commissione ritiene, invece, che, a seguito del suo collocamento a riposo d’ufficio per invalidità, la ricorrente non possa far valere un presunto danno risultante dalla mancata ultimazione dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008. La citata sentenza Gordon/Commissione non sarebbe pertinente nel caso di specie, in quanto, in tale causa, il collocamento a riposo d’ufficio per invalidità permanente considerata totale non era stato ritenuto definitivamente acquisito, di modo che la possibilità di reintegrazione dell’interessato non era ipotetica (sentenza Gordon/Commissione, cit., punto 48). Orbene, ciò non si verificherebbe nel caso di specie.

29      In proposito si deve a prima vista constatare che l’argomento della ricorrente secondo il quale i REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 potrebbero contribuire ad accertare l’origine professionale della sua malattia è di ordine teorico. Alla luce dei REC di cui trattasi, redatti in corso di causa, tale argomento appare addirittura erroneo, in quanto questi REC non forniscono alcuna precisazione oggettiva quanto alle condizioni di lavoro della ricorrente. Tutt’al più, i REC 2005 e 2008 contengono una vaga allusione, da parte della ricorrente stessa, alla cattiva qualità dell’aria in un’aula di lezioni, un breve richiamo, ancora da parte della stessa, ad azioni amministrative compiute tra il marzo e l’ottobre 2008 in relazione al suo stato di salute e un cenno lapidario, sempre da parte della stessa, alla sua impossibilità di lavorare nei locali della Commissione.

30      Inoltre, nella citata sentenza Gordon/Commissione, la Corte ha ricordato che, anche se un funzionario riconosciuto dalla commissione di invalidità in condizioni di incapacità permanente totale è collocato d’ufficio a riposo, la situazione di tale funzionario, contrariamente in particolare a quella del funzionario che ha raggiunto l’età pensionabile, è reversibile: detto funzionario può infatti un giorno riprendere servizio presso un’istituzione, di modo che la sua attività è solo sospesa, essendo l’evoluzione della sua situazione in seno alle istituzioni subordinata alla persistenza delle condizioni che hanno giustificato tale invalidità, che può essere periodicamente accertata. Pertanto, la Corte ha dichiarato che un funzionario in stato di invalidità permanente totale mantiene un interesse a contestare un REC (sentenza Gordon/Commissione, punto 27 supra, punti 46, 47 e 51).

31      Tuttavia, nella causa in cui è stata pronunciata la citata sentenza Gordon/Commissione, l’invalidità permanente totale dell’interessato non era stata considerata come definitivamente acquisita e la possibilità di reintegrazione di quest’ultimo non era semplicemente ipotetica, ma del tutto reale (sentenza Gordon/Commissione, punto 27 supra, punto 48). In questo contesto la Corte ha precisato che un funzionario riconosciuto come colpito da invalidità permanente considerata totale dispone di un diritto equivalente a quello di un funzionario in servizio di ottenere che il proprio REC sia redatto equamente, obiettivamente e conformemente ai criteri di una valutazione regolare, se esso può essere reintegrato nelle istituzioni (sentenza Gordon/Commissione, punto 27 supra, punto 49).

32      Orbene, nella fattispecie, la commissione di invalidità ha considerato che «nessun esame medico di revisione era necessario», e ciò a causa del «carattere cronico della patologia che ha comportato l’invalidità» della ricorrente, di modo che si deve effettivamente ritenere, alla luce di tale constatazione, che la reintegrazione di quest’ultima sia ipotetica.

33      Va tuttavia osservato che, nella citata sentenza Gordon/Commissione, la Corte si è pronunciata nel senso sopra ricordato statuendo su motivi di cassazione diretti contro una sentenza del Tribunale di primo grado a sua volta relativa ad un ricorso di annullamento diretto contro un REC. La situazione è diversa quando si tratti, come nella fattispecie, di valutare l’interesse ad agire, non per ottenere l’annullamento, ma per un risarcimento, per giunta non del danno causato da un REC asseritamente illegittimo, ma del danno causato dal ritardo con cui l’amministrazione ha provveduto a redigere il detto REC. In questo caso, infatti, il funzionario collocato a riposo d’ufficio per invalidità, sia che la possibilità della sua reintegrazione sia puramente ipotetica oppure del tutto reale, mantiene, in linea di principio, un interesse ad essere risarcito per il danno da lui effettivamente subito a seguito di tale ritardo.

34      Va di conseguenza respinta l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e fondata sulla mancanza di interesse della ricorrente alle sue conclusioni risarcitorie.

35      L’interesse che il funzionario collocato a riposo d’ufficio per invalidità mantiene, in linea di principio, ad essere risarcito per il danno effettivamente subito a seguito del ritardo nella redazione dei suoi REC non dispensa tuttavia il detto funzionario dal rispettare i criteri, costantemente ricordati dalla giurisprudenza, per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea, in particolare la condizione secondo la quale, per ottenere un risarcimento, egli deve provare di aver subito un danno reale e certo (v., ad esempio, sentenza della Corte del 27 gennaio 1982, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione, 256/80, 257/80, 265/80, 267/80 e 5/81, punto 9; sentenza del Tribunale di primo grado del 12 dicembre 1996, Stott/Commissione, T‑99/95, punto 72; sentenze del Tribunale del 12 maggio 2011, Missir Mamachi di Lusignano/Commissione, F‑50/09, punto 117, che forma oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑401/11 P, e del 13 settembre 2011, AA/Commissione, F‑101/09, punto 78). Tale questione sarà esaminata nell’ambito dell’esame nel merito delle conclusioni risarcitorie.

36      La Commissione fa altresì valere che il REC 2001/2002 è stato annullato dalla sentenza del 20 aprile 2005 essenzialmente a causa della presenza in tale rapporto di ripetuti riferimenti ad assenze giustificate per malattia e che la ricorrente non avrebbe chiesto un risarcimento danni in tale causa. Essa osserva altresì che, anche se la sentenza del 6 ottobre 2009 ha annullato il nuovo REC 2001/2002 per mancanza di motivazione, detta sentenza ha respinto la domanda risarcitoria della ricorrente in quanto tale nuovo REC, e più particolarmente la parte di quest’ultimo relativa al rendimento, che era viziata dalla mancanza di motivazione censurata dalla sentenza, non conteneva alcuna affermazione esplicitamente negativa nei confronti della ricorrente, di modo che l’annullamento del nuovo REC 2001/2002 costituiva di per se stesso un risarcimento adeguato e sufficiente di qualsiasi danno morale.

37      La Commissione ne conclude che, relativamente al REC 2001/2002, la domanda risarcitoria, per lo meno per quanto riguarda il danno morale fatto valere, dev’essere respinta salvo violare l’autorità della cosa giudicata.

38      Occorre ricordare, al riguardo, che un ricorso è irricevibile in base all’autorità di cosa giudicata inerente ad una sentenza anteriore che ha deciso un ricorso tra le stesse parti, che ha lo stesso oggetto ed è fondata sui medesimi motivi (sentenza della Corte del 19 settembre 1985, Hoogovens Groep/Commissione, 172/83 e 26/83, punto 9; sentenza del Tribunale di primo grado del 5 giugno 1996, NMB e a./Commissione, T‑162/94, punto 37; sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, punto 197).

39      Orbene, il ricorso tende, nella fattispecie, non all’annullamento di un REC illegittimo e al risarcimento del danno causato da quest’ultimo, ma al risarcimento del danno risultante dal ritardo nel redigere taluni REC.

40      Ne consegue che il presente ricorso non ha lo stesso oggetto dei ricorsi decisi con le sentenze del 20 aprile 2005 e del 6 ottobre 2009.

41      L’eccezione di irricevibilità tratta dalla Commissione dalla violazione dell’autorità di cosa giudicata deve pertanto essere respinta.

 Quanto al merito delle conclusioni risarcitorie

42      Secondo una costante giurisprudenza, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione presuppone che ricorra un insieme di condizioni per quanto riguarda l’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’effettività del danno asserito e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento e il danno lamentato (v. sentenze del Tribunale di primo grado del 12 dicembre 2002, Morello/Commissione, T‑135/00, punto 130, e del 31 maggio 2005, Dionyssopoulou/Consiglio, T‑105/03, punto 30; sentenza del Tribunale del 23 novembre 2010, Bartha/Commissione, F‑50/08, punto 53).

43      Il Tribunale deve dunque esaminare nell’ordine tali condizioni.

 Sull’illiceità del comportamento contestato alla Commissione

44      La ricorrente fa valere svariati comportamenti illeciti.

45      Nel suo ricorso, per quanto riguarda il primo comportamento contestato alla Commissione, la ricorrente constata che nessun REC è stato redatto per gli anni 2001/2002, 2004, 2005 e 2008, di modo che l’articolo 43, primo comma, dello Statuto è stato violato. La decisione impugnata nella parte in cui non constata tale violazione sarebbe pertanto illegittima.

46      Sempre nel suo ricorso, quanto al secondo comportamento contestato alla Commissione, la ricorrente osserva che, in forza dell’articolo 266 TFUE, l’amministrazione era tenuta a prendere i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti degli illeciti accertati dal giudice dell’Unione che ha annullato le decisioni di redazione dei REC 2001/2002 e 2004. In mancanza di ogni provvedimento di esecuzione delle sentenze del 20 aprile 2005 e del 6 ottobre 2009 nonché di quella del 13 dicembre 2007, l’APN avrebbe mantenuto gli effetti degli illeciti accertati dal giudice. La situazione irregolare sarebbe così perdurata per oltre sette anni per quanto riguarda il REC 2001/2002 e oltre cinque anni per quanto riguarda il REC 2004. Un ragionamento analogo varrebbe a proposito della decisione dell’APN di accoglimento del reclamo della ricorrente contro la decisione di redazione del suo REC 2005, che non sarebbe stato ultimato.

47      Nelle sue successive osservazioni, formulate in risposta a misure di organizzazione del procedimento decise dal Tribunale, la ricorrente contesta la procedura che ha condotto alla redazione dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 comunicatile in corso di causa e ritiene che tali REC non possano essere considerati come rapporti ultimati. Ella ritiene, in particolare, che il superamento del termine ragionevole per l’esecuzione della decisione dell’APN del 23 aprile 2007 relativa al REC 2005 e delle sentenze del 20 aprile 2005 e del 6 ottobre 2009, da una parte, e del 13 dicembre 2007, dall’altra, relative, rispettivamente, al REC 2001/2002 e al REC 2004, sia ormai «a tal punto rilevante che non è più possibile, a questo punto, redigerli». Ella contesta infine alla Commissione il fatto di non aver aggiornato il suo fascicolo di promozione, in particolare non esaminando la possibilità di attribuirle punti di priorità.

48      La Commissione ritiene che la domanda risarcitoria non sia fondata in quanto nessun illecito può essere riscontrato a suo carico.

49      Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’amministrazione deve vegliare alla redazione periodica dei REC alle date imposte dallo Statuto o da norme adottate in applicazione di quest’ultimo e all’adozione regolare dei REC, sia per motivi di buona amministrazione sia per salvaguardare gli interessi dei funzionari. Pertanto, in assenza di circostanze particolari, l’amministrazione commette un illecito amministrativo tale da far sorgere la sua responsabilità quando adotta i REC con ritardo (sentenza del Tribunale di primo grado del 23 ottobre 2003, Lebedef/Commissione, T‑279/01, punti 55 e 56).

50      Occorre altresì ricordare che l’istituzione da cui proviene l’atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza di annullamento comporta, ma anche che, poiché l’esecuzione di una siffatta sentenza richiede l’adozione di un certo numero di provvedimenti amministrativi, l’istituzione dispone di un termine ragionevole per conformarsi alla detta sentenza (v., in questo senso, sentenza del Tribunale di primo grado del 10 luglio 1997, Apostolidis e a./Commissione, T‑81/96, punto 37; sentenza del Tribunale del 17 aprile 2007, C e F/Commissione, F‑44/06 e F‑94/06, punto 60). Di conseguenza, un’istituzione viola l’articolo 266 TFUE e commette un illecito tale da far sorgere la responsabilità dell’Unione quando, in assenza di difficoltà particolari di interpretazione della sentenza di annullamento o di difficoltà pratiche, essa ometta di adottare provvedimenti concreti di esecuzione di tale sentenza entro un termine ragionevole (v., in questo senso, sentenza C e F/Commissione, cit., punti da 63 a 67).

51      Nella fattispecie, risulta dall’esposizione dei fatti contenuta nei punti 6 e seguenti della presente sentenza che la Commissione si è resa responsabile di un ritardo particolarmente rilevante nella redazione dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008.

52      La Commissione fa valere però che solo con la pronuncia della sentenza del 6 ottobre 2009, allorché la ricorrente era già stata collocata a riposo per invalidità, i valutatori sono stati informati del fatto che le assenze per malattia dovevano essere prese in considerazione, a titolo di circostanze particolari, ai fini di una valutazione più favorevole e che i commenti contenuti nel rapporto informativo dovevano menzionare tale presa in considerazione, mentre, alla luce dello stato anteriore del diritto, le assenze per malattia dovevano essere trattate in maniera neutra nei commenti formulati dai valutatori.

53      Tuttavia, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione data da un giudice si limita a chiarire e precisare, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della detta norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può e dev’essere applicata anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza con cui è fornita l’interpretazione di cui trattasi (v., in questo senso, sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2011, Commissione/Q, T‑80/09 P, punto 164). Ne consegue che l’interpretazione dell’articolo 43, primo comma, dello Statuto adottata nella sentenza del 6 ottobre 2009 era pienamente applicabile alla situazione di fatto e di diritto della ricorrente anche prima della pronuncia della detta sentenza. Di conseguenza, non va ammessa l’asserita incertezza della giurisprudenza per esonerare la Commissione dalla sua responsabilità.

54      Per contro, nell’ambito della presente causa, non può essere contestato alla Commissione di non aver aggiornato il fascicolo di promozione della ricorrente non procedendo all’esame della possibilità di attribuirle punti di priorità, come quest’ultima chiede nelle sue osservazioni in risposta alle misure di organizzazione del procedimento decise dal Tribunale. Facendo valere tale comportamento asseritamente illecito, la ricorrente lo aggiunge a quelli da lei denunciati nel suo ricorso e solleva, in tal modo, una nuova contestazione. Infatti, mentre la redazione di un REC a tempo debito è imposta dall’articolo 43, primo comma, dello Statuto, gli esercizi di promozione, di cui fa parte l’attribuzione dei punti di priorità, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 45 della stessa normativa. Tuttavia, le considerazioni che precedono non ostano a che, nella valutazione del danno subito dalla ricorrente, il Tribunale esamini se quest’ultima abbia perduto una opportunità di promozione a causa dei ritardi con cui la Commissione ha proceduto all’elaborazione dei suoi REC.

55      Infine, salvo modificare fondamentalmente l’oggetto della controversia ed eludere i rimedi giuridici interni, non può neppure essere contestato alla Commissione, nell’ambito del presente ricorso, di aver commesso irregolarità nell’elaborazione dei REC comunicati in corso di causa.

56      Discende da tutto quanto precede che la Commissione ha commesso un illecito non redigendo i REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 alle date prescritte e non adottando entro termini ragionevoli i provvedimenti di esecuzione delle sentenze del 20 aprile 2005, del 13 dicembre 2007 e del 6 ottobre 2009, ma che nessun altro illecito riguardante la redazione dei REC dopo l’adizione del Tribunale può essere rilevato contro di essa.

57      Spetta, pertanto, al Tribunale esaminare la portata del danno eventualmente subito dalla ricorrente a seguito dei ritardi nella redazione dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008.

 Sul danno subito dalla ricorrente

–       Sul danno morale asserito dalla ricorrente

58      La ricorrente ritiene che il ritardo nella redazione dei suoi REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 le abbia causato un danno morale in quanto l’ha posta in uno stato di incertezza e di angoscia e in quanto esso ha mantenuto una situazione contenziosa per circa sette anni, e ciò per quattro esercizi di valutazione.

59      In risposta, la Commissione sostiene che l’esistenza del danno morale di cui la ricorrente chiede il risarcimento non sarebbe dimostrata.

60      Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il ritardo intervenuto nella redazione dei REC è tale, di per sé, da ledere il funzionario per il solo fatto che lo svolgimento della sua carriera può essere pregiudicato dalla mancanza di un siffatto rapporto in un momento in cui debbono essere prese decisioni che lo riguardano (sentenze del Tribunale di primo grado del 28 maggio 1997, Burban/Parlamento, T‑59/96, punto 68, e del 30 settembre 2004, Ferrer de Moncada/Commissione, T‑246/02, punto 68). In quest’ottica, è ammissibile la domanda da parte di un funzionario collocato a riposo d’ufficio per invalidità di chiedere il risarcimento del danno morale, reale e certo, risultante dallo stato di incertezza e di inquietudine quanto al suo futuro lavorativo nel quale che la mancanza di REC lo ha potuto indurre quando egli era in servizio. Ciò vale tanto più in quanto il REC costituisce una prova scritta e formale quanto alla qualità del lavoro compiuto dal detto funzionario durante il periodo considerato.

61      Nella fattispecie, la possibilità per la ricorrente di ottenere il risarcimento del danno morale causato dalla redazione tardiva dei suoi REC non è infirmata dalla circostanza, menzionata dalla Commissione, che, quando il Tribunale ha annullato il REC 2004 con la sentenza del 13 dicembre 2007, esso ha respinto la domanda di risarcimento per danno morale considerando che l’annullamento costituiva, di per sé, un risarcimento adeguato e sufficiente di qualsiasi danno morale che la ricorrente potesse aver subito in ragione dell’atto annullato (sentenza del 13 dicembre 2007, punto 46). Questa stessa possibilità non è neppure infirmata, relativamente al REC 2005, dal fatto che quest’ultimo è stato abrogato su reclamo con la decisione dell’APN del 23 aprile 2007 e che una siffatta abrogazione dovrebbe avere la stessa efficacia, risarcitoria di qualsiasi danno morale, propria di una sentenza di annullamento.

62      Infatti, si deve necessariamente rilevare, di nuovo, che l’oggetto della presente domanda risarcitoria, in quanto tende al risarcimento del danno morale risultante dal fatto che il REC 2004 non è stato validamente redatto entro il termine prescritto, è diverso dalle conclusioni risarcitorie respinte con la sentenza del 13 dicembre 2007, le quali erano dirette al risarcimento del danno morale che risultava, secondo la ricorrente, dal contenuto, pregiudizievole per la sua onorabilità, del REC in questione (sentenza del 13 dicembre 2007, punto 42). Analogamente, l’abrogazione del REC 2005 con la decisione dell’APN del 23 aprile 2007 ha sanzionato l’irregolarità di quest’ultimo e non il ritardo intervenuto nella sua redazione.

63      Per contro, si deve considerare che il funzionario, come la ricorrente, le cui prospettive di reintegrazione siano ipotetiche, non può più far valere, per il periodo che decorre dal suo collocamento a riposo d’ufficio, un danno morale, reale e certo, risultante da uno stato di incertezza e di inquietudine quanto al suo futuro lavorativo, poiché appunto tale futuro lavorativo è ipotetico.

64      Vero è che il Tribunale ha dichiarato, in una sentenza del 10 novembre 2009, N/Parlamento (F‑93/08, punto 46), che ciascun funzionario deve vedersi riconoscere in ogni caso il diritto di contestare un rapporto informativo che lo riguarda. Tuttavia, le circostanze all’origine di tale sentenza non sono analoghe a quelle della presente causa. Si trattava, nella fattispecie, non di un ricorso per risarcimento danni proposto, a seguito del ritardo nella redazione del REC, da un ex funzionario beneficiario di un’indennità di invalidità e il cui ritorno in servizio sia ipotetico, ma di un ricorso di annullamento proposto da un funzionario che sosteneva che, malgrado il suo trasferimento dal Parlamento europeo alla Commissione, egli disponeva sempre di un interesse ad agire contro un rapporto informativo redatto dal Parlamento, continuando ad essere, appunto, in servizio (sentenza N/Parlamento, cit., punto 45).

65      Il limite, posto al punto 63 della presente sentenza, alla possibilità per la ricorrente di ottenere un risarcimento del danno morale causato dalla redazione tardiva dei suoi REC non è neppure infirmato, nella fattispecie, dagli argomenti esposti dall’interessata. La ricorrente fa valere, a sostegno della fondatezza della sua domanda, che non può escludersi che un cambiamento delle condizioni di lavoro alla Commissione possa consentirle di riprendere servizio e che l’evoluzione delle conoscenze mediche o persino i lavori della commissione medica adita per il riconoscimento dell’origine professionale della sua malattia facciano apparire le cause precise della sua invalidità e, se del caso, le condizioni alle quali ella potrebbe essere condotta a riprendere servizio in un ambiente di lavoro adeguato. Ella aggiunge che potrebbe essere autorizzata a svolgere un’altra attività lavorativa compatibile con la sua invalidità per la quale le sarebbe utile disporre di una valutazione giusta ed equa del suo lavoro presso la Commissione.

66      Alla luce però delle misure adottate dalla Commissione per garantire alla ricorrente condizioni di lavoro appropriate, quali vengono elencate nella decisione impugnata, l’intervento di un nuovo cambiamento benefico di tali condizioni appare ipotetico. Allo stesso modo, l’evoluzione delle conoscenze mediche o i risultati dei lavori della commissione medica sono di ordine teorico e non possono rendere plausibile, sul piano giuridico, un’attenuazione o l’estinzione della patologia della ricorrente e un possibile ritorno in servizio attivo da parte di quest’ultima. Inoltre, l’età della ricorrente, che è nata nel 1954, e che raggiungerà nel 2019 l’età del collocamento a riposo d’ufficio in applicazione dell’articolo 52 dello Statuto è un elemento che rende tanto meno verosimile un siffatto ritorno al servizio attivo. D’altro canto, l’affermazione secondo cui ella potrebbe svolgere un’altra attività lavorativa compatibile con il suo stato di salute è anch’essa una mera ipotesi non suffragata dal minimo elemento concreto.

–       Sulla perdita di una opportunità asserita dalla ricorrente

67      La ricorrente fa valere inoltre che ha perduto una opportunità di essere promossa al grado A 4 – ridenominato A*12 al 1° maggio 2004, poi AD 12 al 1° maggio 2006 – in occasione dell’esercizio di promozione 2003, mentre, tenuto conto della sua anzianità nel grado inferiore e del fatto che non aveva demeritato, una siffatta promozione sarebbe stata più che probabile. Infatti, in mancanza di attribuzione di punti di merito e di priorità, la Commissione non avrebbe potuto, dopo il 2003, prendere in considerazione la sua situazione ai fini di un’eventuale promozione.

68      La Commissione ritiene, dal canto suo, che l’esistenza del danno morale di cui la ricorrente chiede il risarcimento sulla base della sua presunta perdita di una opportunità di essere promossa al grado AD 12 prima di quanto essa lo sia stata non sarebbe dimostrata.

69      È riconosciuto dalla giurisprudenza che, a condizione di essere sufficientemente suffragata, la perdita di una opportunità, come quella, in particolare, di essere promosso prima, costituisce un danno materiale risarcibile (sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 10 novembre 2010, UAMI/ Simões Dos Santos, T‑260/09 P, punto 104; sentenza AA/Commissione, punto 36 supra, punto 81). Nella scia di tale giurisprudenza, si deve altresì considerare che il funzionario collocato a riposo d’ufficio per invalidità conserva il diritto di chiedere il risarcimento della perdita di una opportunità di essere promosso, anche se le sue prospettive di ritorno in servizio sono ipotetiche, perché tale perdita di opportunità ha potuto arrecargli pregiudizio mentre egli era in servizio e può ripercuotersi sull’ammontare dell’indennità di invalidità che gli è versata, nonché sull’ammontare della pensione di anzianità che gli sarà successivamente concessa.

70      La Commissione ritiene tuttavia che sia assai poco probabile che nuove valutazioni possano, o abbiano potuto, condurre alla promozione della ricorrente, tanto è rilevante lo scarto tra i punti totalizzati da quest’ultima e le varie soglie di promozione dal 2003 al 2008. La Commissione precisa che la concessione di eventuali punti di priorità da parte della direzione generale di appartenenza non è mai automatica, anche se ricorrono le condizioni, e che un eventuale aumento dei punti di merito della ricorrente, una volta debitamente ultimati i REC controversi, sarebbe assai modesto.

71      Il Tribunale constata, a questo proposito, che la ricorrente non fornisce alcun elemento concreto tale da suffragare la sua affermazione secondo la quale ella aveva forti opportunità di essere promossa al grado A 4 nel 2003. Infatti, nel suo atto introduttivo del ricorso, ella si limita a menzionare la sua anzianità nel grado A 5, l’anzianità media in tale grado, senza però precisare la durata di quest’ultima, e il fatto che non avrebbe demeritato. Ella non fornisce maggiori precisazioni nelle sue successive osservazioni quanto al fatto che avrebbe potuto essere promossa al grado A 4 nel 2003 o al più tardi nel 2007. Anche supponendo che parlando dell’anzianità media nel grado la ricorrente faccia riferimento alla percentuale di promozione del 25% menzionata al punto B dell’allegato I dello Statuto, si dovrebbe necessariamente ricordare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, dello Statuto, tale percentuale esprime soltanto la progressione di carriera media e, sopratutto, che essa non pregiudica il principio della promozione fondata sul merito.

72      Per contro, la Commissione, dal canto suo, ha fornito elementi corredati di cifre in ordine alla soglia di promozione dal grado A 5 verso il grado A 4 nel 2003, alla soglia di promozione dal grado A*11, già A 5, al grado A*12 nel 2005 e alla soglia di promozione dal grado AD 11 al grado AD 12 nel 2006, i quali suffragano la tesi secondo la quale una promozione della ricorrente in occasione di uno di tali esercizi di promozione era assai poco probabile. Analogamente, precisando che alla ricorrente sarebbero stati necessari ulteriori 12,5 punti per essere promossa al grado AD 12 nel 2007, la Commissione dimostra che, anche se non era matematicamente impossibile che l’interessata fosse promossa prima del 2008 al grado AD 12, tale possibilità era tuttavia molto improbabile.

73      Per giunta, è importante rilevare che, malgrado l’aggiunta di un punto di merito nell’ambito dei REC 2001/2002 e 2004 redatti in corso di causa e di un mezzo punto nel REC 2005, anch’esso redatto in corso di causa, la ricorrente rimane assai lontana dalle soglie di promozione fissate per gli esercizi di promozione anteriori al 2008, e ciò anche prendendo in considerazione l’ipotetica attribuzione di punti di priorità supplementari.

74      Alla luce di tutto quanto precede, si deve concludere che la ricorrente ha diritto di chiedere il risarcimento, da una parte, del danno morale risultante dallo stato di incertezza e di inquietudine quanto al suo futuro lavorativo che la mancanza dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 ha potuto provocare in lei quando era in servizio e, dall’altra, del danno materiale conseguente alla perdita di una opportunità di essere promossa nel 2003 e al più tardi nel 2007. Per effetto di tale perdita di opportunità, la ricorrente ha altresì il diritto di chiedere il risarcimento del danno da lei subito per essere stata privata della possibilità di beneficiare di un’indennità di invalidità superiore e, in prospettiva, di una pensione di anzianità più elevata. Occorrerà tuttavia tener conto, nel risarcimento del danno materiale, del fatto che l’opportunità perduta dalla ricorrente era particolarmente esigua.

 Sul nesso causale tra l’illecito e il danno

75      Secondo costante giurisprudenza, solo un illecito che abbia provocato il danno secondo un rapporto diretto di causa ed effetto fa sorgere la responsabilità dell’istituzione. In altri termini, l’Unione può essere considerata responsabile solo del danno derivante in modo sufficientemente diretto dal comportamento irregolare dell’istituzione interessata (sentenza Missir Mamachi di Lusignano/Commissione, punto 35 supra, punto 179).

76      In particolare, un funzionario non può dolersi del ritardo intervenuto nell’elaborazione del REC che lo riguarda quando tale ritardo gli è imputabile, quanto meno parzialmente, o quando egli vi ha contribuito notevolmente (sentenze del Tribunale di primo grado del 30 settembre 2003, Tatti/Commissione, T‑296/01, punto 60; Lebedef/Commissione, punto 49 supra, punto 57, e Ferrer de Moncada/Commissione, punto 61 supra, punto 85).

77      A questo proposito, la circostanza addotta dalla Commissione che la ricorrente non avrebbe fatto tutto quanto le era possibile per evitare ritardi nell’elaborazione dei suoi REC non può costituire nella fattispecie una circostanza che escluda la responsabilità dell’istituzione in mancanza di più ampie precisazioni.

78      Analogamente, per negarle il diritto di dolersi del ritardo nell’elaborazione dei suoi REC, non può imputarsi alla ricorrente, come sostiene la Commissione, una generica mancanza di diligenza in assenza di indicazioni precise al riguardo. In mancanza di una dimostrazione di un qualunque abuso, non può esserle imputato il fatto di aver esperito sistematicamente tutti i possibili mezzi di ricorso interni (su quest’ultimo punto, v. sentenza Ferrer de Moncada/Commissione, punto 60 supra, punto 86) oppure di essere ritornata a vivere nel suo paese di origine dopo il suo collocamento a riposo d’ufficio, il che avrebbe reso necessari scambi a mezzo posta. Fermo restando ciò, l’esperimento di rimedi giuridici interni da parte della ricorrente e il suo ritorno nel paese d’origine costituiscono fatti obiettivi che, come tali, non sono neppure imputabili alla Commissione, in mancanza di ogni dimostrazione precisa di ritardi nella gestione di tali circostanze da parte della Commissione.

79      Si deve pertanto ammettere l’esistenza di un nesso causale tra il comportamento illegittimo della Commissione e il danno nella misura di cui sopra.

 Sul risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente

80      Alla luce di tutto quanto precede, spetta ora al Tribunale valutare i danni subiti dalla ricorrente e fissare l’importo del risarcimento che le è dovuto.

81      Nel suo controricorso, la Commissione ha chiesto che, nell’eventualità in cui il Tribunale ritenesse soddisfatte le condizioni per il risarcimento della ricorrente, la stima del danno materiale possa farsi nel corso di una fase successiva e dar luogo ad un esame da parte del Tribunale solo nel caso in cui le parti non giungano ad un accordo sull’ammontare del risarcimento.

82      Si deve tuttavia necessariamente escludere tale modo di procedere. Infatti, il Tribunale deve tener conto del fatto che due tentativi di componimento amichevole sono falliti. Inoltre, la Commissione ha liberamente scelto di non affrontare nel suo controricorso e all’udienza la questione dell’ammontare del risarcimento eventualmente dovuto, mentre era in grado di esprimersi al riguardo.

–       Sul risarcimento del danno morale della ricorrente

83      Nell’atto introduttivo del giudizio, la ricorrente ha valutato ex aequo et bono a EUR 35 000 l’importo necessario al risarcimento del danno morale da lei subito a seguito dello stato di incertezza e di angoscia nel quale l’assenza dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 l’aveva posta.

84      Nelle sue osservazioni del 4 maggio 2012 la ricorrente ha maggiorato l’importo chiesto a titolo di risarcimento del suo danno morale valutando quest’ultimo a EUR 70 000 a causa dell’aggravamento di detto danno, che sarebbe conseguente agli errori commessi dalla Commissione nella redazione dei REC controversi in corso di causa, e a causa della sua generica mancanza di diligenza.

85      A questo proposito, si deve prendere in considerazione l’entità dei ritardi accumulati dalla Commissione nell’elaborazione dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 tenendo conto, tuttavia, come si è detto al punto 63 della presente sentenza, che il danno morale risarcibile risultante dallo stato di incertezza e di inquietudine quanto al suo futuro lavorativo nel quale si è trovata la ricorrente è limitato al periodo durante il quale è stata in servizio, di modo che il periodo trascorso dopo il 1° giugno 2009, data del suo collocamento a riposo d’ufficio per invalidità, non può essere computato.

86      Inoltre, occorre ricordare che la presentazione di ricorsi interni e il ritorno della ricorrente nel suo paese d’origine costituiscono fatti obiettivi che, come tali, non sono imputabili né alla ricorrente né alla Commissione per la valutazione del danno subito dalla ricorrente a seguito dell’elaborazione tardiva dei suoi REC.

87      Infine, il Tribunale non può accogliere la pretesa della ricorrente diretta ad ottenere un risarcimento maggiorato a seguito degli asseriti errori commessi dalla Commissione in occasione della redazione in corso di causa dei REC 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 salvo statuire anticipatamente sulla loro illegittimità ed esulare dall’ambito della controversia quale definito dal ricorso.

88      Alla luce di questi elementi di valutazione, il danno morale della ricorrente dev’essere valutato ex aequo et bono a EUR 15 000.

–       Sul risarcimento della perdita di una opportunità di essere promossa

89      Per quanto riguarda il risarcimento della perdita di una opportunità di essere promossa, ritenendo che la sua promozione al grado A 4 in occasione dell’esercizio di promozione 2003 sarebbe stata più che probabile se essa fosse stata validamente valutata a tempo debito, la ricorrente, nell’atto introduttivo del giudizio, ha valutato il danno da lei subito pari al 70% della differenza tra la retribuzione percepita in qualità di funzionario di grado A 5 e quella che avrebbe percepito in qualità di funzionario di grado A 4, a decorrere dall’esercizio di promozione 2003, ossia EUR 53 000. Secondo la ricorrente, occorrerebbe aggiungere a questa somma quella di EUR 400 al mese pari al 70% della differenza tra l’indennità di invalidità da lei percepita e quella che avrebbe percepito se fosse stata promossa al grado A 4 nel 2003. Infine, occorrerebbe regolarizzare i suoi diritti a pensione di anzianità con il versamento dei contributi corrispondenti.

90      Nelle sue osservazioni del 9 luglio 2012 la ricorrente valuta in misura più elevata il risarcimento che le sarebbe dovuto a causa della perdita di una opportunità di essere promossa nel 2003, nel 2005 o al più tardi nel 2007, sulla base di una percentuale di probabilità del 95%, rispettivamente a EUR 410 000, EUR 204 996 ed EUR 90 130. Ella sostiene che, in mancanza di attribuzione di punti di merito e di priorità, la Commissione non ha potuto, dal 2003, prendere in considerazione la sua situazione ai fini di un’eventuale promozione e che la molteplicità degli illeciti commessa da quest’ultima l’avrebbe posta nell’impossibilità di dare esecuzione alle sentenze del 20 aprile 2005, del 13 dicembre 2007 e del 6 ottobre 2009, nonché alla decisione del 23 aprile 2007 che ha accolto il suo reclamo contro il suo REC 2005.

91      Secondo la giurisprudenza, per determinare l’importo del risarcimento da versare per la perdita di una opportunità, occorre, dopo aver individuato la natura dell’opportunità di cui il funzionario è stato privato, determinare la data dalla quale egli avrebbe potuto beneficiare di tale opportunità, poi quantificare la detta opportunità e, infine, precisare quali siano state per lui le conseguenze economiche di tale perdita di opportunità (sentenza AA/Commissione, punto 35 supra, punto 83).

92      Per di più, secondo la giurisprudenza, quando ciò sia possibile, l’opportunità di cui un funzionario è stato privato dev’essere determinata obiettivamente, sotto forma di un coefficiente matematico risultante da un’analisi precisa. Tuttavia, qualora la detta opportunità non possa essere quantificata in questo modo, è ammesso che il danno subito possa essere valutato ex aequo et bono (sentenza AA/Commissione, punto 35 supra, punti 93 e 94).

93      Nella presente causa, il Tribunale è nell’impossibilità di fissare un coefficiente matematico che rispecchi la perdita di opportunità subita, da una parte, perché la particolare esiguità dell’opportunità della ricorrente di essere promossa al grado A 4 o equivalente prima del 1° marzo 2008 impedisce di quantificarla e, dall’altra, perché le parti hanno omesso di presentare al Tribunale elementi di analisi precisi a partire dai quali quest’ultimo avrebbe potuto determinare tale coefficiente, mentre la parte ricorrente si è, in particolare, limitata ad asserire che essa avrebbe avuto forti probabilità di essere promossa prima di tale data.

94      Pertanto, facendo uso della facoltà da parte del Tribunale di valutare il danno subito ex aequo et bono, occorre concedere alla ricorrente una somma forfettaria, a titolo di risarcimento della perdita di opportunità da lei subita a causa del fatto che le sue prestazioni durante gli anni 2001/2002, 2004, 2005 e 2008 non sono state validamente valutate nei termini impartiti (v., in questo senso, sentenza del Tribunale dell’8 maggio 2008, Suvikas/Consiglio, F‑6/07, punti 143 e 144).

95      Nella valutazione dell’ammontare del detto risarcimento, si deve tener conto del fatto che l’opportunità della ricorrente di accedere ad un grado superiore al grado A 5 o equivalente prima del 1° marzo 2008, pur presentando un carattere particolarmente esiguo, è nondimeno sufficiente per provare l’esistenza di un danno adeguatamente risarcibile. Inoltre, non può essere trascurato il fatto che l’interessata è stata promossa al grado AD 12 in occasione dell’esercizio di promozione 2008 (v., in questo senso, sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 1° settembre 2010, Skareby/Commissione, T‑91/09 P, punto 72).

96      Tenuto conto di quanto precede, il Tribunale fissa, ex aequo et bono, l’ammontare del risarcimento da concedere alla ricorrente per il suo danno materiale derivante dalla perdita di una opportunità di essere promossa al grado A 4 prima del 1° marzo 2008 nella somma forfettaria di EUR 4 000.

97      Alla luce del carattere forfettario del risarcimento così concesso, non si deve condannare la Commissione a regolarizzare i diritti a pensione di anzianità della ricorrente mediante il versamento di contributi integrativi.

3.     Sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui essa ha respinto la domanda di assistenza

98      La ricorrente censura la Commissione per aver quest’ultima rifiutato di avviare un’indagine amministrativa sui fatti configuranti molestie psicologiche di cui essa sarebbe stata vittima. Ella sottolinea di essere nell’impossibilità di aver accesso al suo fascicolo amministrativo per comprovare l’esistenza di tali episodi o elementi specifici del danno che avrebbe subito, nonché per fornire eventualmente tali informazioni alla commissione medica che deve pronunciarsi sull’origine professionale della sua malattia.

99      Si deve necessariamente constatare che il ricorso non permette di determinare con certezza il fondamento giuridico del motivo di annullamento sollevato dalla ricorrente.

100    Anche supponendo che tale motivo debba essere interpretato come fondato sull’articolo 24 dello Statuto e sull’errore manifesto di valutazione, occorrerebbe osservare che la domanda della ricorrente di avvio di un’indagine per molestie psicologiche era basata, essenzialmente, su affermazioni ipotetiche e formulate in termini generici, senza che le circostanze concrete sulle quali si fondavano tali accuse siano state precisate e senza che l’autore o gli autori dei fatti configuranti molestie psicologiche siano stati identificati. La presunta impossibilità, per la ricorrente, di accedere al suo fascicolo amministrativo al fine di provare i fatti configuranti molestie psicologiche o elementi del suo danno non può comportare l’obbligo da parte dell’amministrazione di avviare un’indagine esclusivamente sulla base di tali affermazioni. Infatti, la giurisprudenza richiede al funzionario che sostiene di essere molestato di fornire un principio di prova della realtà delle azioni ostili di cui afferma di essere oggetto (ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 5 maggio 2011, Marcuccio/Commissione, T‑402/09 P, punti 37 e 39; sentenza del Tribunale del 5 giugno 2012, Cantisani/Commissione, F‑71/10, punto 78). Orbene, da un punto di vista generale, in mancanza di prova, la ricorrente non ha fornito alcun indizio di molestie psicologiche.

101    Per quanto riguarda, in particolare, i rinvii nella redazione dei REC della ricorrente, occorre osservare che tali ritardi, pur costituendo un illecito amministrativo, non sono di per sé un elemento tale da costituire un principio di prova di atti gravi come quelli che configurano molestie psicologiche.

102    Inoltre, e nella misura in cui il motivo della ricorrente debba interpretarsi anche come un riferimento all’assistenza da lei richiesta a causa dei suoi problemi medici, si deve necessariamente constatare che non risulta, alla luce, da una parte, del carattere laconico del detto motivo e, dall’altra, delle misure adottate dalla Commissione per garantire all’interessato condizioni di lavoro appropriate, elencate nella decisione impugnata, che la Commissione abbia violato l’articolo 24 dello Statuto o commesso un errore manifesto di valutazione rifiutandole tale assistenza.

103    Infine, non risulta che la ricorrente rimetta in discussione la risposta fornita dall’APN, nella sua decisione del 18 giugno 2010, alla domanda di accesso dell’interessata al suo fascicolo medico.

104    Il motivo dev’essere respinto, così come, di conseguenza, le conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui ha respinto la domanda di assistenza.

 Sulle spese

105    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo VIII del titolo secondo del detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

106    Dalla motivazione esposta nella presente sentenza la ricorrente risulta vittoriosa nelle sue principali conclusioni, ossia quelle dirette ad ottenere il risarcimento del danno da lei subito a causa dei ritardi nella redazione dei suoi REC e, di conseguenza, la Commissione risulta soccombente. Inoltre la ricorrente, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto che la Commissione fosse condannata alle spese. Atteso che le circostanze del caso di specie non giustificano l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Commissione dovrà sopportare le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La Commissione europea è condannata a versare ad AK la somma di EUR 15 000 quale risarcimento del suo danno morale.

2)      La Commissione europea è condannata a versare ad AK la somma di EUR 4 000 quale risarcimento della perdita di una opportunità di essere promossa ad un grado superiore al grado A 5 o equivalente prima del 1° marzo 2008.

3)      Per il resto, il ricorso è respinto.

4)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute da AK.

Van Raepenbusch

Barents

Bradley

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 marzo 2013.

Il cancelliere

 

      Il presidente

W. Hakenberg

 

      S. Van Raepenbusch


* Lingua processuale: il francese.