Language of document : ECLI:EU:F:2011:13

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

15 febbraio 2011 (*)

«Funzione pubblica — Funzionari — Indennità di invalidità — Errore di calcolo — Pagamento di arretrati — Interessi di mora dovuti — Aliquota applicabile — Capitalizzazione annuale — Danno materiale e morale»

Nella causa F‑81/09,

avente ad oggetto il ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Luigi Marcuccio, funzionario della Commissione europea, residente in Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
(Prima Sezione),

composto dal sig. S. Gervasoni, presidente, dal sig. H. Kreppel e dalla sig.ra M.I. Rofes i Pujol (relatore), giudici,

cancelliere: sig. R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 giugno 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con atto introduttivo pervenuto per telefax alla cancelleria del Tribunale in data 28 settembre 2009 (ove il deposito dell’originale è stato effettuato il successivo 2 ottobre), il sig. Marcuccio chiede, in sostanza, da una parte, l’annullamento della decisione della Commissione delle Comunità europee recante rigetto parziale della sua domanda di versargli gli interessi di mora sugli arretrati della sua indennità di invalidità corrispostigli da detta istituzione e, dall’altra, la condanna della Commissione a versargli una somma corrispondente alla differenza tra l’importo degli interessi di mora calcolato secondo i criteri che a suo avviso dovevano essere applicati e quello effettivamente versato, somma a sua volta maggiorata degli interessi di mora.

 Contesto normativo

2        L’art. 25, secondo comma, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») dispone quanto segue:

«Ogni decisione individuale presa in applicazione del presente statuto deve essere immediatamente comunicata per iscritto al funzionario interessato; quelle prese a suo carico devono essere motivate».

3        Il capitolo 3, intitolato «Pensioni e indennità di invalidità», del titolo V dello Statuto comprende l’art. 83, il quale prevede quanto segue:

«1. Il pagamento delle prestazioni previste dal presente regime di pensioni è a carico del bilancio [dell’Unione europea]. (…)».

4        A termini del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 25 giugno 2002, n. 1605, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale [dell’Unione europea] (in prosieguo: il «regolamento finanziario»), il bilancio generale dell’Unione europea comprende, in particolare, le spese relative al suo personale.

5        Il 23 dicembre 2002 la Commissione ha adottato il regolamento (CE, Euratom) n. 2342, recante modalità d’esecuzione del regolamento finanziario (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»). Tale regolamento, nella versione applicabile alla presente controversia, contiene, nella sua prima parte, il titolo IV, rubricato «Esecuzione del bilancio», il quale comprende, in particolare, i capi 5 e 6, rubricati, rispettivamente, «Operazioni di entrata» e «Operazioni di spesa».

6        L’art. 86, n. 2, incluso nel capo 5 del titolo IV del regolamento di esecuzione, dispone:

«Il tasso d’interesse da applicare agli importi esigibili non rimborsati alla data di scadenza di cui all’articolo 78, paragrafo 3, lettera b), è quello applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento, quale è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, in vigore il primo giorno di calendario del mese della data di scadenza, maggiorato di:

a)      sette punti percentuali, se il debito deriva da un contratto di appalto di forniture o di servizi di cui al titolo V;

b)      tre punti percentuali e mezzo in tutti gli altri casi».

7        A termini dell’art. 96, collocato nel capo 6 del titolo IV del regolamento di esecuzione:

«Sono considerate spese correnti di natura amministrativa che possono dare luogo ad impegni accantonati, segnatamente le seguenti:

a)      le spese per il personale statutario e non statutario (…);

(…)».

8        Ai sensi dell’art. 106, rubricato «Termini di pagamento ed interessi di mora», ricompreso nel capo 6 del titolo IV del regolamento di esecuzione:

«(…)

5.      Alla scadenza dei termini stabiliti ai paragrafi 1, 2, e 3, il creditore ha diritto agli interessi, a norma delle seguenti disposizioni:

a)      i tassi d’interesse sono quelli di cui all’articolo 86, paragrafo 2, primo comma;

(…)».

 Fatti

9        Il ricorrente è funzionario della Commissione dal 16 giugno 2000.

10      Con decisione 30 maggio 2005, presa sul fondamento dell’art. 78 dello Statuto, il ricorrente è stato collocato a riposo per invalidità a far data dal giorno successivo e gli è stato riconosciuto il diritto ad un’indennità di invalidità. Tale decisione è stata annullata per insufficienza di motivazione, con sentenza del Tribunale 4 novembre 2008, causa F‑41/06, Marcuccio/Commissione (oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑20/09 P).

11      Dagli atti di causa risulta che, in un primo periodo, la Commissione ha erroneamente calcolato l’importo dell’indennità di invalidità, da una parte, omettendo di applicare il coefficiente correttore in vigore per l’Italia, paese di residenza del ricorrente, e, dall’altra, versando un’indennità di invalidità superiore all’importo dovuto. A causa di tali errori, al ricorrente era stato complessivamente versato un importo inferiore a quello al quale aveva diritto.

12      Con nota del 30 aprile 2008, la Commissione ha informato il ricorrente che il coefficiente correttore per l’Italia sarebbe stato applicato alla sua pensione di invalidità con effetto retroattivo al 1° giugno 2005.

13      Il 29 maggio 2008 sono stati accreditati sul conto corrente bancario del ricorrente, con data di valuta 28 maggio 2008, gli arretrati della sua indennità di invalidità (in prosieguo: gli «arretrati») per il periodo da giugno 2005 ad aprile 2008 (in prosieguo: il «periodo in questione») nonché l’importo relativo alla sua indennità di invalidità riguardante il mese di maggio 2008. Un dettaglio del calcolo degli arretrati e dell’indennità del mese di maggio 2008 era contenuto nel bollettino di pensione di maggio 2008, che il ricorrente afferma di aver ricevuto il 30 maggio 2008.

14      Il 16 giugno 2008, data in cui il ricorrente sostiene di aver ricevuto la nota della Commissione del 30 aprile 2008, quest’ultimo si è reso conto del fatto che gli arretrati versati non comprendevano gli interessi.

15      Con lettera dell’8 settembre 2008, il ricorrente ha presentato all’autorità investita del potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») una domanda, in forza dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, diretta al versamento degli «interessi fino al 31 maggio 2008, con capitalizzazione annuale e nella misura del 10 percento all’anno, su ogni arretrato (...) [dallo stesso] percepit[o], con cadenza mensile, nel periodo che va dal giugno 2005 al maggio 2008, a far tempo, per ogni arretrato, dalla data in cui il medesimo avrebbe dovuto esser[gli] elargito».

16      Con decisione del 16 dicembre 2008, che il ricorrente afferma di aver ricevuto il 21 gennaio 2009, l’APN ha risposto alla domanda dell’8 settembre 2008. In tale decisione, l’APN ha chiarito gli errori commessi durante il periodo in questione nel calcolo dell’indennità d’invalidità e ha annunciato che sarebbero stati versati interessi di mora sugli arretrati a seguito del calcolo effettuato in una tabella allegata a detta decisione (in prosieguo: la «tabella»). La stessa ha aggiunto che il pagamento della totalità degli interessi di mora, pari a EUR 528,12, avrebbe avuto luogo alla fine di dicembre 2008.

17      Con lettera del 18 febbraio 2009 il ricorrente ha proposto reclamo avverso la decisione del 16 dicembre 2008 nella quale ha lamentato il fatto che sul suo conto in banca non erano ancora stati accreditati gli interessi di mora.

18      Il 20 febbraio 2009, con valuta di pari data, il ricorrente ha percepito dalla Commissione la somma di EUR 528,12.

19      Dagli atti di causa risulta che il 30 marzo 2009 e con data di valuta 27 marzo 2009, il ricorrente, senza esserne stato precedentemente avvertito, ha ricevuto dalla Commissione un ulteriore versamento pari a EUR 7,5.

20      Con decisione del 29 maggio 2009, che il ricorrente afferma di aver ricevuto il 4 luglio successivo, l’APN ha respinto il suo reclamo. In tale decisione, l’APN riconosce che l’importo di EUR 528,12 è stato pagato solo nel febbraio 2009 e non nel dicembre 2008 come previsto, motivo per il quale — essendo stati ricalcolati gli interessi di mora al 31 marzo 2009 — è stato corrisposto al ricorrente un importo pari a EUR 7,5 (in prosieguo: la «decisione del 29 maggio 2009»).

21      È in tale contesto che il ricorrente ha introdotto il presente ricorso.

 Conclusioni delle parti

22      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia disporre:

«in ogni caso:

–        l’annullamento della decisione (…), comunque formatasi, mercé la quale venne in essere il rigetto parziale, da parte della convenuta, della domanda datata 8 settembre 2008 (…) vale a dire per l’annullamento della decisione, comunque formatasi, mercé la quale la [Commissione] calcolò ed erogò al ricorrente gli interessi di mora (…) a quest’ultimo dovuti su ognuna di quelle parti (…) degli importi mensili (…) dell’indennità d’invalidità erogatagli (…) ed inerenti il periodo (…) che va dal giugno 2005 all’aprile 2008 che gli furono corrisposte in unica soluzione, in data 29 maggio 2009 con data di valuta 28 maggio 2008, invece che alla fine di ogni mese del periodo de quo, in un ammontare inferiore a quanto sarebbe stato calcolato ed erogato se fossero stati applicati i criteri enucleati nella domanda datata 8 settembre 2008 (…), vale a dire se: (a) il 29 maggio 2008 fosse stato considerato il dies ad quem; (b) il primo giorno del mese successivo a quello in cui ognuna delle parti degli importi mensili de quibus avrebbe dovuto essere erogata al ricorrente fosse stato ritenuto il dies a quo; (c) il tasso di interesse applicato fosse stato quello [del] 10% (…) all’anno con capitalizzazione annuale;

–        l’annullamento della nota datata 16 dicembre 2008, prot. PMO4/JALS/JM D(2008) 20982 (…), in quelle parti sfavorevoli al ricorrente, vale a dire quelle parti in cui la [Commissione] parzialmente rigettò la domanda datata 8 settembre 2008, melius in partibus quibus la [Commissione] calcolò ed erogò gli interessi in un ammontare inferiore a quanto sarebbe stato calcolato ed erogato se fossero stati applicati i criteri di cui alla domanda datata 8 settembre 2008;

–        la condanna della convenuta alla corresponsione, in favore del ricorrente, della differenza (…) tra l’ammontare degli interessi, da calcolarsi applicando i criteri di cui alla domanda datata 8 settembre 2008, e l’ammontare degli interessi effettivamente erogati, eventualmente ed ove necessario astenendosi dall’applicare alla presente controversia, ex art. [241 CE (ex art. 184)], quelle parti del Regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (…) in materia di criteri di determinazione dell’ammontare del tasso di interesse da corrispondere ad un debito della [Commissione] nei confronti di colui cui si applica lo Statuto nonché in materia di capitalizzazione degli interessi;

–        la condanna della convenuta alla corresponsione, in favore del ricorrente, degli interessi (…), nella misura del 10% (…) all’anno e con capitalizzazione annuale, a far tempo dal 29 maggio 2008 e fino all’effettiva erogazione, sulle differenze degli interessi, ed in più di EUR 1,00 (…), eventualmente ed ove necessario astenendosi dall’applicare alla presente controversia, ex art. [241 CE (ex art. 184)], quelle parti del Regolamento finanziario in materia dei criteri di determinazione dell’ammontare del tasso di interesse da corrispondere ad un debito della [Commissione] nei confronti di colui cui si applica lo Statuto nonché in materia di capitalizzazione degli interessi;

–        la condanna della [Commissione] alla rifusione di tutte le spese, diritti ed onorari di procedura inerenti questo ricorso;

nonché, per quanto necessario,

–        l’annullamento della decisione (…), comunque formatasi, con la quale fu rigettato il reclamo datato 18 febbraio 2009 (…), inoltrato dal ricorrente all’[APN];

–        l’annullamento della nota datata 29 maggio 2009, prot. ADMIN.B.2/MB/JMD(09) 12841 (…)».

23      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

«‒      respingere il ricorso come infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura (…)».

 Procedimento

24      Il Tribunale, allo scopo di garantire l’istruzione della causa nelle migliori condizioni, ha adottato, in conformità agli artt. 55 e 56 del regolamento di procedura, misure di organizzazione del procedimento.

25      A tal fine, con lettera del 7 maggio 2010 le parti sono state invitate a fornire ulteriori documenti nonché a rispondere ad alcuni quesiti. La Commissione e il ricorrente hanno ottemperato a tale richiesta con rispettive lettere del 20 maggio 2010, pervenute presso la cancelleria del Tribunale il 21 maggio 2010.

26      Così, in risposta ad un quesito formulato dal Tribunale, il ricorrente ha precisato che, nel suo primo capo di domanda, si deve intendere che il dies ad quem è il 28 maggio 2008, e non il 29 maggio 2008.

27      Il 7 giugno 2010, vale a dire due giorni prima dell’udienza, e dopo la scadenza del termine impartito per ottemperare alle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha presentato per posta elettronica un’integrazione alla lettera del 20 maggio 2010. L’indomani, la cancelleria del Tribunale ha trasmesso tale documento al ricorrente per telefax, senza attendere la ricezione dell’originale, informando le parti che il Tribunale si riservava di decidere in ordine alla ricevibilità di detto documento.

28      Il Tribunale osserva che il documento del 7 giugno 2010 contiene una ripartizione dettagliata, ottenuta sulla base dei bollettini di pensione del ricorrente per il periodo de quo, degli importi di cui ha tenuto conto ai fini del calcolo degli arretrati. Trattandosi di un documento la cui elaborazione era priva di qualsivoglia complessità, il Tribunale ritiene ingiustificata la sua presentazione tardiva. Il Tribunale osserva parimenti che non può escludersi che le modalità del deposito di detto documento abbiano impedito al ricorrente di studiarlo nel suo complesso precedentemente all’udienza. Per garantire il rispetto dei diritti della difesa, occorre non tener conto del suddetto documento ai fini della sentenza.

 In diritto

 Sull’oggetto del ricorso

29      In limine, occorre apportare due precisazioni quanto all’oggetto del ricorso.

30      In primo luogo, il Tribunale ritiene che occorra chiarire la domanda del ricorrente. Dalle memorie del ricorrente, infatti, risulta che questi chiede, in sostanza:

–        l’annullamento della decisione del 16 dicembre 2008, recante rigetto parziale della sua domanda dell’8 settembre 2008, nella parte in cui la Commissione ha calcolato e corrisposto interessi moratori per un importo inferiore a quello che sarebbe stato calcolato e corrisposto se i criteri contenuti in detta domanda fossero stati applicati, vale a dire se: a) il 28 maggio 2008 fosse stato considerato come dies ad quem; b) fosse stato ritenuto quale dies a quo il primo giorno del mese successivo a quello in cui ciascuna delle quote degli importi mensili de quibus avrebbe dovuto essergli corrisposta; c) il tasso di interesse applicato fosse stato quello del 10% annuo con capitalizzazione annuale (primo e secondo capo della domanda);

–        per quanto necessario, l’annullamento della decisione del 29 maggio 2009 (capo della domanda subordinato);

–        la condanna della Commissione a corrispondergli la differenza tra gli interessi moratori calcolati secondo i criteri contenuti nella sua domanda dell’8 settembre 2008 e quelli effettivamente versati, astenendosi, eventualmente, dall’applicare alla presente controversia, ai sensi dell’art. 241 CE, il regolamento finanziario (terzo capo della domanda);

–        la condanna della Commissione a corrispondergli interessi moratori, al tasso del 10% annuo con capitalizzazione annuale, a decorrere dal 29 maggio 2008 e fino al giorno del versamento effettivo, sulla differenza tra i menzionati interessi, eventualmente astenendosi dall’applicare alla presente controversia, ai sensi dell’art. 241 CE, il regolamento finanziario (quarto capo della domanda);

–        la condanna della Commissione a versargli un euro per il danno morale subito (quarto capo della domanda);

–        la condanna della Commissione a tutte le spese (quinto capo della domanda).

31      In secondo luogo, quanto alla domanda di annullamento della decisione del 29 maggio 2009, occorre rilevare, alla luce della giurisprudenza (sentenza della Corte 17 gennaio 1989, causa 293/87, Vainker/Parlamento, punto 8; sentenza del Tribunale di primo grado 10 giugno 2004, causa T‑330/03, Liakoura/Consiglio, punto 13) e della portata della stessa decisione del 29 maggio 2009, la quale si limita a confermare la decisione del 16 dicembre 2008, che la domanda di annullamento della decisione del 29 maggio 2009 è, in quanto tale, priva di contenuto autonomo e si confonde, in realtà, con la domanda di annullamento della decisione del 16 dicembre 2008.

32      Nel caso di specie, di deve pertanto ritenere che la domanda di annullamento si riferisce unicamente alla decisione del 16 dicembre 2008 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

33      Il ricorrente deduce due motivi a sostegno del proprio ricorso di annullamento. Il primo motivo attiene al difetto assoluto di motivazione della decisione impugnata. Il secondo si riferisce all’irragionevolezza di detta decisione, a un errore manifesto di valutazione nonché a violazione di legge e del principio patere legem quam ipse fecisti.

 Sul primo motivo, attinente al difetto assoluto di motivazione

–       Argomenti delle parti

34      Il ricorrente fa valere che la decisione impugnata non contiene nemmeno un principio di motivazione che consenta di comprendere le ragioni per cui la Commissione ha parzialmente respinto la sua domanda dell’8 settembre 2008. Inoltre, la tabella allegata sarebbe inintelligibile, in quanto non consentirebbe di individuare il tasso applicato né i calcoli in base ai quali risulta la cifra indicata alla fine di ogni riga.

35      Il ricorrente aggiunge che, se è pur vero che la decisione del 29 maggio 2009 fa riferimento al regolamento finanziario, ciò nondimeno essa non individua né detto regolamento, né le disposizioni concrete applicabili al caso di specie. Pertanto, così agendo, la Commissione avrebbe violato il suo obbligo, di cui all’art. 25 dello Statuto, di motivare l’atto che arreca pregiudizio.

36      La Commissione replica di aver fornito, nella decisione impugnata, una spiegazione dettagliata in merito ai criteri utilizzati per il calcolo degli interessi moratori. Il prospetto indicherebbe con assoluta chiarezza, e per ciascun mese di ritardo, il capitale su cui erano stati calcolati gli interessi, il tasso applicato, il numero di giorni di ritardo, il periodo di riferimento e l’importo degli interessi calcolati sulla base dei predetti parametri. Secondo la Commissione, è impossibile comprendere come, alla luce di un prospetto così dettagliato, il ricorrente possa dedurre un difetto di motivazione.

37      La Commissione aggiunge di aver precisato, nella propria decisione del 29 maggio 2009, che il calcolo degli interessi era stato effettuato conformemente alle disposizioni del regolamento finanziario applicabile al bilancio generale dell’Unione europea.

38      Infine, nel controricorso, la Commissione precisa di aver applicato l’art. 86, n. 2, del regolamento di esecuzione e conclude per il rigetto del motivo.

–       Giudizio del Tribunale

39      Va rilevato che, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivazione sancito dall’art. 25, secondo comma, dello Statuto, che si limita a riprodurre l’obbligo generale enunciato all’art. 253 CE, è diretto, da un lato, a fornire all’interessato indicazioni sufficienti per valutare la fondatezza dell’atto che gli arreca pregiudizio e l’opportunità di proporre un ricorso dinanzi al Tribunale e, dall’altro, a consentire a quest’ultimo di esercitare il proprio sindacato sulla legittimità dell’atto. Ne consegue che l’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, al quale si può derogare solo a seguito di ragioni imperative (v., in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado 15 settembre 2005, causa T‑132/03, Casini/Commissione, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

40      Risulta parimenti da costante giurisprudenza che è possibile, in primo luogo, ovviare all’insufficienza — ma non all’assenza totale — di motivazione anche in corso di giudizio se, precedentemente all’introduzione del ricorso, l’interessato già disponeva di elementi costitutivi di un principio di motivazione e, in secondo luogo, considerare una decisione sufficientemente motivata quando è intervenuta in un contesto noto al funzionario interessato che gli consenta di comprenderne la portata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 2 marzo 2010, causa T‑248/08 P, Doktor/Consiglio, punto 93 e giurisprudenza ivi citata).

41      Nel caso di specie il Tribunale rileva che, in effetti, la decisione impugnata non indica, neanche sommariamente, le ragioni per cui la Commissione non ha calcolato gli interessi moratori secondo i criteri esposti dal ricorrente nella sua domanda dell’8 settembre 2008.

42      Il Tribunale osserva, tuttavia, che il prospetto allegato alla decisione impugnata riprende, per ogni mese del periodo de quo per il quale sono stati corrisposti arretrati, a) il capitale sul quale sono stati calcolati gli interessi moratori, b) il dies a quo e il dies ad quem del periodo per il quale sono dovuti tali interessi moratori, ove il dies a quo è il primo giorno del mese successivo a quello in cui ciascuna delle quote degli arretrati mensili avrebbe dovuto essere corrisposta e il dies ad quem è il 31 dicembre 2008, c) il numero di giorni di ritardo, d) il tasso della BCE applicato dalla Commissione, e) tale tasso aumentato di 3 punti e mezzo di percentuale e f) l’importo degli interessi moratori calcolati. Conseguentemente, tale prospetto indica quali siano i diversi parametri impiegati per calcolare gli interessi moratori versati al ricorrente.

43      Quanto alla censura del ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe correttamente individuato, nella decisione del 29 maggio 2009, la normativa applicata per il calcolo degli interessi moratori, il Tribunale osserva che la Commissione ha indicato in tale decisione che «il tasso d’interesse utilizzato, conformemente al Regolamento finanziario applicabile al bilancio generale [dell’Unione europea], è il tasso di riferimento, vale a dire quello applicato dalla Banca centrale europea (…) alle sue operazioni principali di rifinanziamento in vigore il primo giorno di calendario del mese di pagamento, aumentato di tre punti e mezzo di percentuale».

44      Detta decisione, se è pur vero che non menziona gli estremi del regolamento finanziario, costituiti dal numero e dall’anno di adozione di tale atto, né precisa il pertinente articolo del regolamento di esecuzione ai fini di detto calcolo, si richiama tuttavia espressamente al «regolamento finanziario» precisando le modalità con cui sono stati fissati i tassi di interesse. Pertanto, il Tribunale ritiene che l’informazione fornita dalla Commissione nella decisione del 29 maggio 2009 fosse sufficiente per consentire al ricorrente di comprendere in qual modo, e sulla base di quale normativa erano stati calcolati gli interessi moratori.

45      Del pari, il Tribunale osserva che il ricorrente ha ricevuto informazioni più precise quanto alla normativa applicata per il calcolo degli interessi moratori nel controricorso nonché in sede di chiarimenti forniti dalla Commissione all’udienza.

46      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve ritenere che la decisione impugnata presenta quantomeno un principio di motivazione, completata dalla decisione del 29 maggio 2009, che ha consentito alla Commissione di fornire informazioni complementari nel corso del giudizio e di adempiere il proprio obbligo di motivazione (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 20 maggio 2009, causa F‑73/08, Marcuccio/Commissione, punto 52, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑311/09 P). La decisione impugnata e la decisione del 29 maggio 2009, pur non avendo accolto la domanda del ricorrente intesa al conseguimento di interessi moratori calcolati secondo i criteri fissati dal medesimo, hanno tuttavia fornito indicazioni sufficienti che hanno consentito al ricorrente di valutare, precedentemente all’introduzione del suo ricorso, la fondatezza dell’atto che gli arrecava pregiudizio e al Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto medesimo.

47      Ne consegue che il primo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, attinente all’irragionevolezza della decisione impugnata, a un errore manifesto di valutazione nonché a violazione di legge e del principio di diritto patere legem quam ipse fecisti

–       Argomenti delle parti

48      Il ricorrente contesta alla Commissione di aver calcolato gli interessi moratori sulla base di un tasso annuo inferiore al 10% e di non aver applicato la capitalizzazione annuale.

49      Al riguardo, il ricorrente fa valere che dovrebbero essere applicati nella specie, per analogia ed in virtù del principio di diritto patere legem quam ipse fecisti, la comunicazione della Commissione 2003/C 110/08 sui tassi d’interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali (GU C 110, pag. 21; in prosieguo: la «comunicazione del 2003»), nonché l’art. 11 del regolamento (CE) della Commissione 21 aprile 2004, n. 794, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del Trattato CE (GU L 140, pag. 1), che prevedono la capitalizzazione annuale degli interessi. La Commissione, pertanto, avrebbe dovuto applicare detta capitalizzazione nel calcolo degli interessi moratori.

50      Il ricorrente afferma parimenti che nella specie dovrebbe essere applicato, per analogia e in virtù del suddetto principio di diritto, l’art. 3, n. 1, lett. d), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000, 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 200, pag. 35), ai sensi del quale, in particolare, gli Stati membri assicurano che il «livello degli interessi di mora (“tasso legale”) a carico del debitore è pari al tasso d’interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione (“tasso di riferimento”), maggiorato di almeno 7 punti percentuali (“margine”), salvo altrimenti disposto dal contratto». Conseguentemente, la Commissione sarebbe stata tenuta a aumentare i tassi di interesse applicati di almeno sette punti, e non di tre punti e mezzo.

51      Infine, il ricorrente afferma che il regolamento finanziario, anche a volerlo ritenere applicabile, ai sensi dell’art. 241 CE, che consente a ciascuna parte di sollevare dinanzi al giudice dell’Unione un’eccezione di illegittimità nei confronti di una disposizione di carattere generale, non può essere applicato al caso di specie in ragione del suo carattere irragionevole.

52      La Commissione fa valere che le censure relative ai tassi di interesse applicati e all’assenza di capitalizzazione sono infondate. L’eccezione di illegittimità sarebbe irricevibile e, in ogni caso, inoperante.

–       Giudizio del Tribunale

53      In limine, il Tribunale osserva che la direttiva 2000/35, ai sensi del suo art. 1, si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale. La comunicazione del 2003 e l’art. 11 del regolamento n. 794/2004, dal canto loro, sono relativi al tasso di interesse applicabile al recupero, da parte degli Stati membri, di aiuti illegittimi.

54      Conseguentemente, la presente controversia esula dalla sfera di applicazione ratione materiae della suddetta normativa vertendo sugli interessi moratori da corrispondere da parte di una delle istituzioni dell’Unione europea sugli arretrati di un’indennità di invalidità versata a uno dei suoi funzionari.

55      Quanto all’applicazione per analogia di detta normativa, il Tribunale ricorda che, secondo la giurisprudenza, la sfera di applicazione di un regolamento è normalmente definita dalle disposizioni del regolamento stesso e non può, in linea di principio, essere estesa a situazioni diverse da quelle che esso ha inteso disciplinare. Come statuito dalla Corte nelle sue sentenze 20 febbraio 1975, causa 64/74, Reich, e 11 luglio 1978, causa 6/78, Union française de Céréales, la situazione può tuttavia essere diversa in determinati casi eccezionali. Emerge, infatti, dalle menzionate sentenze che gli operatori economici possono legittimamente chiedere l’applicazione analogica di un regolamento che normalmente non sarebbe applicabile nei loro confronti, purché dimostrino, da una parte, che il regime giuridico cui sono soggetti è perfettamente simile a quello di cui domandano l’applicazione per analogia e, dall’altra, che detto regime implica un’omissione incompatibile con un principio generale di diritto dell’Unione, alla quale consente di ovviare l’applicazione analogica del regolamento, che normalmente non sarebbe applicabile nei loro confronti (v., in tal senso, sentenza della Corte 12 dicembre 1985, causa 165/84, Krohn, punti 13 e 14). Risulta pertanto dalla giurisprudenza che l’applicazione per analogia di una normativa è subordinata alla coesistenza di due requisiti cumulativi, vale a dire, da una parte, l’esistenza di un forte nesso di comparabilità tra il regime giuridico normalmente applicabile e la normativa di cui si intende compiere l’applicazione analogica e, dall’altra, l’esistenza di una lacuna in detto regime giuridico, lacuna incompatibile con un principio generale del diritto dell’Unione, che potrebbe essere colmata dalla normativa che si intende applicare per analogia.

56      Nel caso di specie, è pacifico, da una parte, che, ai sensi dell’art. 83 dello Statuto, il pagamento delle indennità di invalidità è a carico del bilancio dell’Unione e, dall’altra, che le regole relative alla costituzione e all’esecuzione del bilancio generale dell’Unione sono oggetto del regolamento finanziario e del regolamento di esecuzione. Pertanto, il versamento dell’indennità di invalidità a favore del ricorrente ricade nel regime giuridico contenuto in tali due regolamenti.

57      Al riguardo, il Tribunale osserva che il regime giuridico applicabile al pagamento di un’indennità di invalidità non è, manifestamente, strettamente comparabile con quello del pagamento nelle transazioni commerciali, previsto dalla direttiva 2000/35, né con quello del recupero degli aiuti illegittimi, contenuto nella comunicazione del 2003 e nell’art. 11 del regolamento n. 794/2004.

58      Atteso che il primo requisito richiesto per l’applicazione analogica di una normativa non risulta soddisfatto, si deve concludere che né la direttiva 2000/35, né la comunicazione del 2003 e il regolamento n. 794/2004 sono applicabili per analogia nel caso di specie.

59      Ciò premesso, dato che nessuno dei testi sulla base dei quali il ricorrente fonda le sue domande trova applicazione alla controversia in oggetto, erroneamente questi sostiene che la Commissione avrebbe dovuto, da una parte, calcolare gli interessi sulla base di un tasso più elevato e, dall’altra, procedere ad una capitalizzazione degli interessi. Inoltre, il ricorrente non può nemmeno legittimamente invocare la violazione del principio patere legem quam ipse fecisti.

60      Quanto all’eccezione di illegittimità sollevata dal ricorrente riguardo al regolamento finanziario, risulta da costante giurisprudenza che l’art. 241 CE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, al fine di ottenere l’annullamento di una decisione che la concerne direttamente e individualmente, la validità di precedenti atti delle istituzioni, che costituiscono il fondamento normativo della decisione impugnata, qualora non avesse il diritto di proporre, in forza dell’art. 230 CE, un ricorso diretto contro tali atti, di cui essa subisce così le conseguenze senza averne potuto chiedere l’annullamento (sentenze della Corte 6 marzo 1979, causa 92/78, Simmenthal/Commissione, punto 39, e 19 gennaio 1984, causa 262/80, Andersen e a./Parlamento, punto 6; sentenza del Tribunale di primo grado 12 dicembre 1996, cause riunite T‑177/94 e T‑377/94, Altmann e a./Commissione, punto 119). L’art. 241 CE ha così lo scopo di tutelare il singolo contro l’applicazione di un atto normativo illegittimo, fermo restando che gli effetti di una sentenza che accerta l’inapplicabilità sono limitati alle sole parti della controversia e che tale sentenza non mette in questione l’atto in sé, divenuto inoppugnabile (v. sentenza del Tribunale di primo grado 20 novembre 2007, causa T‑308/04, Ianniello/Commissione, punto 32, e la giurisprudenza ivi citata).

61      Al riguardo, il Tribunale ricorda che, a termini dell’art. 35, n. 1, lett. d) e e), del regolamento di procedura, il ricorso di cui all’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea deve contenere, segnatamente, l’oggetto della controversia nonché i motivi e gli argomenti di fatto e di diritto dedotti.

62      Secondo costante giurisprudenza, tali elementi devono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire alla convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza il supporto di altre informazioni (v. ordinanza del Tribunale 30 giugno 2006, causa F‑87/05, Ott e a./Commissione, punto 38; sentenze del Tribunale 14 maggio 2008, causa F‑95/06, Taruffi/Commissione, punti 121‑125, e 30 novembre 2009, causa F‑16/09, de Britto Patrício-Dias/Commissione, punto 42).

63      Orbene, nel caso di specie, la censura relativa all’illegittimità del regolamento finanziario non è argomentata, neanche sommariamente, nel ricorso. Il ricorrente si limita ad invocarla in termini astratti e, così facendo, non ha consentito alla Commissione di preparare utilmente la sua difesa né al Tribunale di statuire su detta censura.

64      Ne consegue che tale censura deve essere dichiarata irricevibile.

65      Di conseguenza, il secondo motivo deve essere respinto in toto.

66      Alla luce delle suesposte considerazioni, la domanda di annullamento della decisione impugnata deve essere conseguentemente rigettata.

 Sulla domanda di condanna pecuniaria

 Argomenti delle parti

67      Il ricorrente chiede che la Commissione sia condannata a corrispondergli, da una parte, la differenza tra gli interessi moratori dovuti sugli arretrati, calcolati, per ciascuna delle quote di arretrati mensili, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui detta quota avrebbe dovuto essergli erogata e sino al 28 maggio 2008, al tasso del 10% all’anno con capitalizzazione annuale, e quelli effettivamente corrisposti e, dall’altra, interessi moratori su tale differenza, a titolo di danno morale subito, calcolati al tasso del 10% all’anno con capitalizzazione annuale, a decorrere dal 29 maggio 2008 e sino al giorno della corresponsione effettiva di tale differenza.

68      La Commissione ritiene che la domanda di condanna pecuniaria debba essere respinta.

 Giudizio del Tribunale

69      Il Tribunale rileva che il ricorrente avrebbe diritto a percepire i soli interessi moratori a suo avviso dovutigli se il secondo motivo dedotto nel contesto della domanda di annullamento della decisione impugnata fosse stato accolto.

70      Dato che detto secondo motivo è stato respinto in toto, il ricorrente non può essere risarcito di qualsivoglia differenza tra gli interessi moratori a suo avviso dovutigli e quelli effettivamente corrispostigli. Conseguentemente, non potrà essere risarcito nemmeno per un importo corrispondente all’applicazione di interessi moratori su tale differenza. In conclusione, la domanda di condanna pecuniaria deve essere conseguentemente respinta.

 Sulla domanda di risarcimento del danno

 Argomenti delle parti

71      Il ricorrente chiede che la Commissione sia condannata a versargli un euro simbolico, a titolo di risarcimento del danno morale subito.

72      La Commissione conclude per il rigetto della domanda di risarcimento del danno.

 Giudizio del Tribunale

73      Occorre ricordare che da costante giurisprudenza in materia di funzione pubblica risulta che il sorgere della responsabilità dell’Unione presuppone il coesistere di un insieme di condizioni relative all’illegittimità del comportamento ascritto all’istituzione, alla realtà del danno e all’esistenza di un nesso di causalità tra l’asserito comportamento e il danno lamentato (sentenze del Tribunale di primo grado 16 settembre 1998, causa T‑234/97, Rasmussen/Commissione, punto 71; 7 maggio 2003, causa T‑327/01, Lavagnoli/Commissione, punto 47).

74      Quanto all’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione interessata, occorre rilevare che, dal momento che la domanda di annullamento della decisione impugnata è infondata, la domanda del ricorrente di risarcimento del danno morale asseritamente subito a causa della sua adozione deve essere respinta (sentenza Rasmussen/Commissione, cit. supra, punti 72 e 73).

75      Ne consegue che la domanda di risarcimento del danno non può essere accolta.

76      Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il ricorso deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

77      Ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo VIII del titolo II del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. In forza del n. 2 dello stesso articolo, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo. Peraltro, ai sensi dell’art. 88 del regolamento di procedura, una parte, anche se non soccombente, può essere condannata parzialmente o addirittura totalmente alle spese, qualora ciò appaia giustificato in ragione del suo comportamento, compreso quello precedente alla presentazione del ricorso.

78      Dalla suesposta motivazione risulta che il ricorrente è rimasto soccombente. Inoltre, la Commissione, nelle sue conclusioni, ha chiesto che il ricorrente sia condannato alle spese.

79      Tuttavia — in considerazione del fatto che la decisione impugnata contiene solo un principio di motivazione, che la Commissione ha successivamente completato, nella sua decisione del 29 maggio 2009, nel suo controricorso e all’udienza — il Tribunale ritiene che costituisca una corretta valutazione dei fatti di causa, alla luce delle disposizioni di cui all’art. 88 del regolamento di procedura, la condanna della Commissione a sopportare, oltre alle proprie spese, un quarto delle spese del ricorrente, ove quest’ultimo sopporterà i tre quarti delle sue spese.

Per questi motivi,

TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, un quarto delle spese del sig. Marcuccio.

3)      Il sig. Marcuccio sopporterà i tre quarti delle proprie spese.

Gervasoni

Kreppel

Rofes i Pujol

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 febbraio 2011.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       S. Gervasoni


* Lingua processuale: l’italiano.