Language of document : ECLI:EU:C:2009:300

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 13 maggio 2009 (1)

Causa C‑242/08

Swiss Re Germany Holding GmbH

contro

Finanzamt München für Körperschaften

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof, Germania)

«IVA – Sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto – Determinazione del luogo della prestazione – Esenzioni – Nozione di “operazioni di assicurazione e di riassicurazione” – Cessione a titolo oneroso, ad un soggetto stabilito in uno Stato terzo, di una serie di contratti di riassicurazione»





1.        Nella presente causa, originata da una serie di questioni pregiudiziali proposte dal Bundesfinanzhof, la massima giurisdizione tributaria tedesca, la Corte è chiamata a precisare alcuni aspetti del regime IVA applicabile alle operazioni di assicurazione. Sarà in particolare necessario chiarire se anche una cessione di contratti assicurativi da un assicuratore ad un altro possa essere considerata, a fini fiscali, una «operazione di assicurazione».

I –    Contesto normativo

2.        La sesta direttiva IVA (2) distingue le operazioni imponibili, in generale, in due grandi gruppi: le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. In particolare, l’art. 5 definisce le cessioni di beni nei termini seguenti:

«1. Si considera “cessione di un bene” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

2. Sono considerati beni materiali l’energia elettrica, il gas, il calore, il freddo e simili.

(…)».

3.        L’art. 6 afferma che «si considera “prestazion[e] di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art. 5». In particolare, è tale «una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo».

4.        Per quanto interessa la presente causa, la sesta direttiva si occupa specificamente delle operazioni di assicurazione e riassicurazione all’art. 9 e all’art. 13.

5.        L’art. 9 prevede che, in generale, ai fini dell’IVA si considera luogo di una prestazione di servizi quello in cui il prestatore è stabilito. Lo stesso articolo stabilisce tuttavia alcune eccezioni a tale principio generale e in particolare, al n. 2, lett. e), prevede quanto segue:

«il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

(…)

–        operazioni bancarie, finanziarie e assicurative, comprese le operazioni di riassicurazione, ad eccezione della locazione di casseforti;

(…)».

6.        L’art. 13 della sesta direttiva stabilisce una serie di esenzioni al regime dell’IVA. In particolare, la parte B di tale articolo prevede:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

a)      le operazioni di assicurazione e di riassicurazione, comprese le prestazioni di servizi relative a dette operazioni, effettuate dai mediatori e dagli intermediari di assicurazione

(…)

c)      le forniture di beni destinati esclusivamente ad un’attività esentata a norma del presente articolo o a norma dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera b), ove questi beni non abbiano formato oggetto d’un diritto a deduzione, e le forniture di beni il cui acquisto o la cui destinazione erano stati esclusi dal diritto alla deduzione conformemente alle disposizioni dell’articolo 17, paragrafo 6;

d)      le operazioni seguenti:

(…)

2.      la negoziazione e la presa a carico di impegni, fideiussioni e altre garanzie nonché la gestione di garanzie di crediti da parte di chi ha concesso questi ultimi;

3.      le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero dei crediti;

(…)».

II – Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

7.        La società Swiss Re Germany Holding GmbH (in prosieguo: la «Swiss Re»), stabilita in Germania, è attiva nel settore delle riassicurazioni. Nel corso dell’anno 2002 essa (3) ha ceduto alla società S, stabilita in Svizzera e appartenente al medesimo gruppo della Swiss Re, 195 contratti di riassicurazione. Le controparti di Swiss Re in tali contratti erano società di assicurazione stabilite in Stati diversi dalla Germania, tanto comunitari che extracomunitari.

8.        La cessione dei contratti è avvenuta dietro pagamento di una somma da parte della società S: tale somma è stata calcolata, tra l’altro, attribuendo un valore negativo a 18 dei 195 contratti. Al fine di determinare il prezzo finale della cessione, quindi, il valore di questi 18 contratti è stato sottratto da quello complessivo degli altri 177.

9.        Inoltre, la cessione dei contratti di riassicurazione si è perfezionata soltanto con l’accordo dei soggetti che avevano stipulato gli stessi con la Swiss Re (cioè delle società di assicurazione, per così dire, «di primo livello»). La società S è subentrata alla Swiss Re nei diritti e nei doveri previsti dai contratti ceduti.

10.      Le autorità fiscali tedesche, e più precisamente il Finanzamt München für Körperschaften (Ufficio tributario per le persone giuridiche di Monaco; in prosieguo: il «Finanzamt»), hanno considerato la cessione dei contratti come una cessione di beni localizzata in Germania, richiedendo di conseguenza il pagamento dell’IVA sul valore dell’operazione. Dal canto suo, invece, la Swiss Re ha impugnato dinanzi ai giudici nazionali tale decisione, considerando l’IVA non dovuta.

11.      Il giudice del rinvio considera che, sulla base del diritto tedesco, l’operazione in esame costituisca una prestazione di servizi localizzata in Germania, sulla quale deve essere pagata l’IVA. Tale giudice nutre tuttavia dubbi circa la compatibilità di tale normativa nazionale con la disciplina comunitaria, ed ha pertanto sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 9, n. 2, lett. e), quinto trattino, e l’art. 13, parte B, lett. a) e d), punti 2 e 3, della sesta direttiva (…) debbano essere interpretati nel senso che la cessione di un contratto di riassicurazione vita che avviene dietro corresponsione di un prezzo da parte dell’acquirente, sulla base della quale l’acquirente del contratto, con il consenso del contraente dell’assicurazione, assume l’attività di riassicurazione esercitata dall’assicuratore precedente, esente da imposta, eseguendo al suo posto le prestazioni di riassicurazione nei confronti del contraente dell’assicurazione, debba essere considerata

a)      quale operazione di assicurazione o bancaria ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. e), quinto trattino, della sesta direttiva (…), o

b)      quale operazione di riassicurazione ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. a), della sesta direttiva (…), o

c)      quale operazione composta sostanzialmente, da una parte, dall’assunzione, esente da imposta, di un impegno, e dall’altra da un’operazione, esente da imposta, relativa a crediti, ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punti 2 e 3, della sesta direttiva (…).

2)      Se la soluzione della prima questione muti qualora il corrispettivo per il trasferimento venga versato non dall’acquirente, bensì dall’assicuratore precedente.

3)      In caso di soluzione negativa della prima questione, lett. a), b), e c): se l’art. 13, parte B, lett. c), della sesta direttiva (…) debba essere interpretato nel senso che

–        il trasferimento a titolo oneroso di contratti di riassicurazione vita costituisce una cessione di beni e

–        nel caso di applicazione dell’art. 13, parte B, lett. c), della sesta direttiva (…), non si deve distinguere a seconda che il luogo delle attività esenti da imposta sia situato nello Stato membro della cessione o in un altro Stato membro».

III – Analisi giuridica

A –    Sulla natura dell’operazione in esame (risposta alla terza questione)

12.      Al fine di poter dare una risposta al giudice del rinvio, il primo passaggio logico consiste nel determinare quale sia, ai sensi della sesta direttiva, la natura dell’operazione in esame, e in particolare se essa debba essere considerata una cessione di beni o una prestazione di servizi.

13.      Poiché la terza questione pregiudiziale, relativa ad una possibile esenzione dell’operazione in esame sulla base dell’art. 13, parte B, lett. c), della sesta direttiva, muove dal presupposto che l’operazione citata possa essere considerata una cessione di beni, l’eventuale qualificazione della stessa come prestazione di servizi consentirebbe già di rispondere alla questione, in senso negativo.

14.      Come ho evidenziato più sopra, le autorità fiscali tedesche sono partite dal presupposto che la cessione dei contratti fosse una cessione di beni. Viceversa, il giudice del rinvio ritiene che, sulla base del diritto nazionale, si tratti di una prestazione di servizi. Anche tutti i soggetti che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento, con la sola eccezione del Finanzamt, concordano sul fatto che siamo in presenza di una prestazione di servizi, dal momento che la direttiva considera cessioni di beni, all’art. 5, solo le cessioni di beni materiali, e che l’art. 6 qualifica come prestazioni di servizi tutte le operazioni che non sono cessioni di beni. In particolare, il governo tedesco sottolinea la natura immateriale dell’oggetto della cessione, che è costituito da una serie di contratti che inglobano ciascuno un insieme di diritti e doveri, cioè di entità per definizione immateriali. Il governo ellenico, quello del Regno Unito e la Commissione si pronunciano nei medesimi termini, senza ritenere particolarmente necessario approfondire la questione, che non darebbe adito, a loro avviso, ad alcun dubbio interpretativo.

15.      È peraltro interessante notare che la stessa Swiss Re, nelle proprie osservazioni scritte, ha sostenuto l’impossibilità di applicare nel caso di specie l’esenzione di cui all’art. 13, parte B, lett. c), della direttiva, sostenendo che la stessa può essere applicata soltanto a beni mobili materiali, e che tali non sono i contratti ceduti. E ciò anche se la Swiss Re potrebbe avere, quantomeno a titolo subordinato, un interesse a qualificare la cessione dei contratti quale cessione di beni, al fine di beneficiare della causa di esenzione prospettata dal giudice del rinvio nella terza questione.

16.      Il principale elemento che il Finanzamt utilizza per sostenere la tesi secondo la quale la cessione dei contratti in esame costituirebbe una cessione di beni è costituito dalla dichiarazione allegata al verbale della seduta del Consiglio che ha approvato la direttiva (4), ai sensi della quale il Consiglio e la Commissione dichiarano che le cessioni di clientela relative a un’attività esentata ricadono nella fattispecie di esenzione di cui all’art. 13, parte B, lett. c).

17.      Ritengo tuttavia che la tesi del Finanzamt non possa essere accolta, e che la cessione dei contratti dalla Swiss Re alla S debba essere considerata, ai fini della sesta direttiva, quale prestazione di servizi.

18.      Va infatti in primo luogo osservato che, come correttamente rilevato da tutte le altre parti, la sesta direttiva considera cessioni di beni soltanto quelle che hanno ad oggetto beni di tipo materiale o beni che, per la loro stessa natura, sono normalmente oggetto di compravendita come se fossero beni materiali (gas, energia elettrica, ecc.). Per contro, l’art. 6 fa rientrare esplicitamente nell’ambito delle prestazioni di servizi la «cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo». Di conseguenza la cessione di un contratto, cioè di un insieme di diritti e di doveri che derivano da un atto giuridico, appare più adeguatamente classificata in questo secondo gruppo.

19.      Per quanto riguarda poi la posizione espressa dal Consiglio e dalla Commissione al momento dell’approvazione della sesta direttiva, posizione secondo la quale la cessione di clientela finalizzata allo svolgimento di un’attività esente da IVA potrebbe essa stessa beneficiare di un’esenzione, osservo in primo luogo che, secondo una consolidata giurisprudenza, il contenuto dei lavori preparatori non può essere preso in considerazione, al fine di interpretare una norma comunitaria, quando esso non trova alcun riscontro nel testo della disposizione da interpretare (5).

20.      Si deve inoltre rilevare che la cessione di contratti in esame nella presente causa non costituisce comunque una fattispecie esattamente equivalente a quella considerata nella dichiarazione del Consiglio e della Commissione: tale dichiarazione sembra infatti implicare una vera e propria «vendita» di tutti i dati relativi alla clientela, eventualmente anche accompagnata da una cessione dei contratti. Nel caso in esame, tuttavia, è soltanto questo secondo elemento ad essere presente, e non la «cessione di clientela» nel suo complesso.

21.      Poiché, ai sensi della sesta direttiva, si deve dunque considerare la cessione dei contratti in esame come una prestazione di servizi, e non come una cessione di beni, la terza questione pregiudiziale, relativa alla possibilità di esentare l’operazione sulla base dell’art. 13, parte B, lett. c), può essere già risolta in senso negativo, dal momento che la stessa si fonda sul presupposto che l’operazione in esame sia una cessione di beni.

22.      Peraltro, anche ammettendo in astratto la qualificazione come cessione di beni, la possibilità di esentare la cessione dei contratti in esame sulla base della lett. c) della parte B dell’art. 13 della sesta direttiva dovrebbe essere esclusa considerando l’obiettivo della disposizione, che è quello di esentare dall’IVA le cessioni di beni in precedenza acquistati con pagamento dell’IVA e utilizzati (6) solo per svolgere un’attività esente (7). Nel caso in esame, però, i contratti ceduti non sono beni che sono stati in precedenza acquistati con pagamento dell’IVA e utilizzati per lo svolgimento dell’attività esente (cioè quella assicurativa): al contrario, essi sono il risultato stesso dell’attività della Swiss Re.

23.      Propongo dunque di risolvere la terza questione pregiudiziale dichiarando che una cessione di contratti di riassicurazione come quella oggetto della causa principale costituisce una prestazione di servizi ai sensi della sesta direttiva e non può, pertanto, essere esentata ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. c), della stessa.

B –    Osservazioni generali sul regime IVA delle operazioni di assicurazione

24.      La sesta direttiva dedica alle attività di assicurazione (e di riassicurazione, che sono ad esse equiparate) alcune disposizioni specifiche. In primo luogo, l’art. 9, n. 2, lett. e) stabilisce, come si è visto, che ai fini IVA il luogo in cui tali prestazioni si considerano avvenute è quello in cui è stabilito il destinatario delle stesse.

25.      In secondo luogo, le «operazioni di assicurazione e di riassicurazione» sono attività esenti da IVA ai sensi dell’art. 13. Tale esenzione, che è stata confermata all’art. 135 della direttiva 2006/112, non trova una giustificazione esplicita o evidente nel contesto della direttiva stessa: si può pertanto supporre che in tale scelta del legislatore abbiano giocato un ruolo sia elementi di tipo sociale e politico che valutazioni connesse alla difficoltà di tassare il valore aggiunto di un’operazione assicurativa (8). D’altra parte, non va dimenticato che l’art. 33 della sesta direttiva autorizza in generale gli Stati membri a «mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione». Tale autorizzazione è stata confermata all’art. 401 della direttiva 2006/112.

26.      Nel caso in esame, com’è evidente, considerare la cessione dei contratti assicurativi come un’operazione di assicurazione avrebbe la conseguenza che, sulla cessione stessa, le autorità fiscali tedesche non avrebbero il diritto di richiedere il pagamento dell’IVA. Più precisamente, la cessione si dovrebbe considerare localizzata in Svizzera ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. e), quinto trattino. Si tratterebbe infatti di una prestazione in cui il prestatore sarebbe la Swiss Re, stabilita in Germania, e il destinatario sarebbe la società S, stabilita in Svizzera: in quanto Stato di stabilimento del destinatario diverso dallo Stato di stabilimento del prestatore, proprio la Svizzera sarebbe il luogo della prestazione. In aggiunta, l’operazione sarebbe in ogni caso esente ai sensi dell’art. 13 (9).

27.      Di conseguenza, il primo e fondamentale interrogativo che ci si deve porre è se, in termini generali, una cessione di contratti di assicurazione possa essere considerata, ai fini IVA, un’operazione assicurativa.

C –    Valutazione dell’operazione in esame: la prima questione

28.      Con la sua prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede di determinare, in primo luogo, se la cessione di contratti oggetto della causa principale costituisca un’operazione di assicurazione, con la conseguenza che la stessa deve essere considerata avvenuta all’esterno della Comunità ai sensi dell’art. 9 (prima parte della questione) e/o esente da IVA ai sensi dell’art. 13 (seconda parte della questione). Infine, con la terza parte della questione, la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di esentare l’operazione in esame sulla base del combinato disposto delle esenzioni previste ai punti 2 e 3 dell’art. 13, parte B, lett. d), della sesta direttiva.

29.      Analizzerò qui di seguito innanzitutto le prime due parti della questione, le quali, presupponendo entrambe la possibilità di qualificare la cessione dei contratti quale operazione di assicurazione, possono essere trattate insieme.

1.      Sulla possibilità di definire la cessione di contratti in esame come «operazione di assicurazione»

a)      Le posizioni delle parti

30.      Relativamente al problema centrale della presente causa, cioè la possibilità di considerare «operazione di assicurazione» la cessione di un insieme di contratti di riassicurazione, le posizioni delle parti sono chiaramente divise.

31.      Da un lato, la Swiss Re e la Commissione propongono di rispondere alla questione in senso affermativo. In particolare, il fatto che i contraenti ceduti ‑ cioè le società di assicurazione che avevano stipulato i contratti di riassicurazione con la Swiss Re – abbiano dovuto dare il proprio assenso alla cessione, la quale ha comportato per tali soggetti un cambio di controparte contrattuale (dalla Swiss Re alla società S), consentirebbe di affermare l’esistenza del legame giuridico tra (ri)assicuratore e (ri)assicurato che la giurisprudenza della Corte ha considerato necessario per configurare un’attività assicurativa ai sensi della sesta direttiva.

32.      Per contro, invece, i governi tedesco, del Regno Unito ed ellenico negano che la cessione dei contratti possa essere considerata un’operazione di assicurazione e che possa, quindi, essere sottratta al pagamento dell’IVA. Ciò in particolare dal momento che l’attività assicurativa, come precisata nella giurisprudenza, consiste esclusivamente nello scambio tra pagamento del premio e copertura del rischio: la cessione di un contratto assicurativo non rientra in tale schema e non può, pertanto, sottrarsi all’IVA. Il Finanzamt sostiene una posizione sostanzialmente analoga.

33.      Tutte le parti, a prescindere dalla soluzione che propongono di adottare, fanno riferimento non solo alle medesime disposizioni normative, ma anche agli stessi precedenti giurisprudenziali. Ciò su cui le posizioni divergono, pertanto, è il modo in cui i fatti oggetto del procedimento e la giurisprudenza della Corte debbano essere valutati.

b)      Valutazione

34.      La sesta direttiva non definisce le operazioni di assicurazione: la giurisprudenza della Corte, tuttavia, ha avuto modo di interpretare tale nozione in alcune significative pronunce, relative in particolare all’art. 13 della direttiva stessa.

35.      È in primo luogo chiaro, e costantemente affermato nella giurisprudenza, che quello di «operazione di assicurazione» è un concetto di diritto comunitario (10). Tale affermazione, effettuata dalla Corte in riferimento all’art. 13, deve indubbiamente, a mio avviso, essere applicata anche a tutte le altre occorrenze della medesima espressione all’interno della sesta direttiva, e quindi anche all’art. 9. Come ho già indicato (11), infatti, non vedo alcuna ragione per ritenere che le operazioni di assicurazione di cui parla l’art. 9 siano diverse da quelle di cui parla l’art. 13. Inoltre, sia pure non con riferimento alle operazioni di assicurazione, la Corte ha già avuto modo di affermare la necessità di un’interpretazione uniforme, a livello comunitario, delle nozioni giuridiche contenute nell’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva (12).

36.      Altrettanto costante, con riferimento all’art. 13 della sesta direttiva, è in giurisprudenza l’affermazione della necessità di utilizzare un’interpretazione di tipo restrittivo, dal momento che l’art. 13 contiene una serie di eccezioni rispetto alla regola generale dell’assoggettamento a IVA di tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi (13). Tale principio, per la sua stessa natura, appare più difficilmente applicabile con riferimento all’art. 9 della direttiva, il quale non prevede eccezioni al regime IVA ma costituisce, semplicemente, una norma finalizzata a delimitare l’ambito della potestà impositiva degli Stati membri (14). Ritengo tuttavia che, come si vedrà nel prosieguo delle presenti conclusioni, sia possibile definire una nozione comunitaria di «operazione di assicurazione» senza dover fare riferimento al criterio dell’interpretazione restrittiva: non viene meno, di conseguenza, la possibilità di interpretare il citato concetto in modo uniforme, con riferimento tanto all’art. 9 che all’art. 13 della direttiva.

37.      La Corte ha affermato che «un’operazione di assicurazione è caratterizzata (…) dal fatto che l’assicuratore s’impegna, dietro previo versamento di un premio, a procurare all’assicurato, in caso di realizzazione del rischio assicurato, la prestazione convenuta all’atto della stipula del contratto» (15). Ciò che contraddistingue dunque un’operazione assicurativa è lo scambio tra il premio, da un lato, e la protezione nei confronti del rischio, dall’altro.

38.      Deve essere tuttavia precisato che, sebbene un’operazione di assicurazione possa essere considerata tale anche se effettuata da un soggetto che non ha la qualifica formale di assicuratore (16), è assolutamente indispensabile, come la Corte ha precisato nella sentenza Skandia, l’esistenza di un rapporto giuridico diretto tra il soggetto che svolge l’operazione e gli assicurati (17).

39.      Ebbene, mi sembra chiaro che, nel caso in esame, i requisiti indicati dalla giurisprudenza non sussistono. L’operazione che si deve valutare qui costituisce infatti semplicemente lo scambio tra, da un lato, un insieme di contratti, considerati complessivamente come fonte di possibile guadagno e, dall’altro lato, un prezzo. Non vi è dubbio che, successivamente alla cessione dei contratti, si è instaurato un rapporto giuridico tra la società S, che li ha acquisiti, e le società di assicurazione che avevano concluso originariamente i contratti di riassicurazione con la Swiss Re (le quali, va ricordato, avevano anche dovuto manifestare il proprio consenso alla cessione). Tale rapporto giuridico, tuttavia, che ha certo natura di operazione assicurativa, si colloca in una fase successiva rispetto a quella dell’operazione esaminata qui: la cessione oggetto del nostro esame ha riguardato soltanto la Swiss Re e la società S, riconoscendo ai contraenti ceduti solo una sorta di «diritto di veto» relativamente al perfezionamento della cessione.

40.      La cessione dei contratti dalla Swiss Re alla società S non è dunque, in sé, un’operazione di assicurazione.

41.      È inoltre da escludere che si possa considerare l’operazione in esame quale componente «esternalizzata» di un’attività di assicurazione esente, applicando per analogia la giurisprudenza Abbey National (18). In tale sentenza, come è noto, la Corte ha affermato, con riferimento alla «gestione di fondi comuni d’investimento», esentata dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), della sesta direttiva, che anche i servizi di gestione amministrativa e contabile forniti ad un fondo comune di investimento da parte di un soggetto esterno possono beneficiare dell’esenzione, purché gli stessi «formino un insieme distinto, valutato globalmente, e siano specifici ed essenziali per la gestione di fondi comuni di investimento» (19). A mio avviso, tale giurisprudenza non è qui applicabile, per almeno due ragioni.

42.      In primo luogo, la sentenza Abbey National si riferisce in modo specifico ai servizi finanziari, la cui natura è significativamente diversa rispetto a quella dei servizi assicurativi. In particolare, va ricordata la nozione di attività assicurativa che la Corte ha fornito nella sentenza Skandia (20). Non sembra dunque che, allo stato attuale del diritto comunitario, l’esternalizzazione di talune componenti di un’attività assicurativa possa beneficiare dell’esenzione dall’IVA.

43.      È vero che una recente proposta di direttiva, presentata dalla Commissione al fine di aggiornare il quadro normativo IVA per i servizi finanziari e assicurativi (21), intende estendere anche all’attività assicurativa il principio affermato nella sentenza Abbey National (22). Tuttavia, anche volendo ammettere in astratto la possibilità di applicare nel caso in esame la giurisprudenza Abbey National, tale applicabilità va in ogni caso esclusa sulla base della constatazione che, nel caso qui in considerazione, non si è verificata una esternalizzazione di una parte definita dell’attività assicurativa, bensì la cessione integrale (dalla Swiss Re alla società S) di una serie di rapporti di assicurazione. Il fatto che la Swiss Re e la società S appartengano al medesimo gruppo, cosicché la ragione ultima alla base della cessione potrebbe essere analoga a quelle che sono alla base delle esternalizzazioni (23), è ai nostri fini irrilevante.

44.      Un’ulteriore conferma di questa interpretazione della norma può essere rinvenuta nella giurisprudenza della Corte riferita ad un’altra delle esenzioni previste nella parte B dell’art. 13 della sesta direttiva: mi riferisco all’esenzione, prevista alla lett. b) della norma, a favore della locazione di beni immobili. Infatti, se è vero che nella sentenza Lubbock Fine è stata riconosciuta l’esenzione per un’operazione di «scioglimento anticipato consensuale [di un contratto di locazione] dietro pagamento di un’indennità» (24), nella successiva sentenza Cantor la Corte ha escluso che possa beneficiare dell’esenzione la cessione del contratto di locazione dal precedente ad un nuovo locatario (25).

45.      Sembra dunque che, in generale, emerga dalla giurisprudenza della Corte, sia quella relativa alle operazioni di assicurazione, sia quella relativa alla locazione di beni immobili, un principio secondo il quale le esenzioni dall’IVA riconosciute in tali ambiti possono estendersi, al di là dell’operazione «principale» (cioè l’originale contratto stipulato tra l’assicuratore e l’assicurato, e tra il proprietario e il locatario), soltanto ad operazioni «secondarie» che costituiscono vicende «interne» dei contratti originari, con esclusione invece delle situazioni in cui, come nel caso in esame, l’operazione da valutare si colloca al di fuori dell’originario quadro contrattuale.

46.      È vero che, sulla base di considerazioni ispirate alla ratio generale delle norme che prevedono l’esenzione dall’IVA, potrebbe essere sostenuta l’opportunità di concedere l’esenzione anche nel caso in esame, al fine di evitare la presenza di un’IVA occulta nel prezzo finale pagato dal consumatore.

47.      Si deve però osservare in proposito, innanzitutto, che evitare in modo assoluto qualunque forma di IVA occulta è impossibile (26). In secondo luogo, mi sembra che la cessione dei contratti dalla Swiss Re alla S non possa essere considerata come operazione a monte rispetto al servizio assicurativo effettuato dalla società S a favore dei clienti. In altri termini, non si può sostenere che la somma pagata per acquisire i contratti rientri direttamente nel prezzo fatto poi pagare (dalla società S) agli assicurati, che tra l’altro al momento della cessione dei contratti erano già parti (contrattuali) di un rapporto le cui condizioni ‑ e quindi anche il prezzo del servizio assicurativo ‑ erano già state definite in precedenza, al momento in cui il contratto era stato stipulato con la Swiss Re.

48.      Ritengo di conseguenza che la prima e la seconda parte della prima questione pregiudiziale debbano essere risolte dichiarando che una cessione di contratti di riassicurazione come quella oggetto della causa principale non costituisce un’operazione di assicurazione né ai sensi dell’art. 9, né ai sensi dell’art. 13 della sesta direttiva.

2.      Sulla terza parte della prima questione

49.      Con la terza e ultima parte della prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’operazione in esame possa essere esentata sulla base dell’applicazione congiunta dei punti 2 e 3 della lett. d) della parte B dell’art. 13 della sesta direttiva. In particolare, in tale ipotesi la cessione dei contratti dalla Swiss Re alla società S e il relativo pagamento del prezzo costituirebbero un’operazione composta da una «presa a carico di impegni» (ai sensi del punto 2) e da una «operazion[e] (…) relativ[a] (…) ai crediti» (ai sensi del punto 3). Più specificamente, gli «impegni» sarebbero gli obblighi assunti dalla società S nei confronti degli assicurati, mentre i «crediti» sarebbero costituiti dal diritto della società S medesima di percepire dagli assicurati i premi assicurativi.

50.      Come osserva lo stesso giudice del rinvio, al fine di poter riconoscere l’esenzione a favore dell’operazione in esame il n. 2 e il n. 3 della lett. d) della parte B dell’art. 13 della direttiva devono poter essere applicati cumulativamente: infatti, prese singolarmente, le due cause di esenzione non sono sufficienti.

51.      Su tale specifico punto, le parti si dividono come per la risposta alle prime due parti della questione. Da un lato, infatti, la Swiss Re e la Commissione ritengono che, nel caso in cui l’operazione in esame non debba essere considerata un’operazione di assicurazione, la stessa possa essere esentata, in subordine, applicando cumulativamente le due clausole di esenzione indicate. Viceversa, tutti i governi intervenuti e il Finanzamt fanno leva sul carattere di eccezione e sull’obbligo di interpretazione restrittiva che caratterizzano le esenzioni dall’IVA al fine di escludere, per ragioni di principio, che due cause di esenzione possano essere applicate insieme ad un’unica operazione.

52.      Anche su tale aspetto la posizione dei governi e del Finanzamt mi pare più convincente di quella fatta propria dalla Swiss Re e dalla Commissione.

53.      A mio avviso, la possibilità di applicare congiuntamente due motivi di esenzione deve essere esclusa, in generale, alla luce dell’obbligo di interpretare restrittivamente le norme di eccezione (27). Ammettere la possibilità di suddividere in modo artificiale un’operazione unitaria, al fine di poter ricondurre le sue componenti a singole fattispecie di esenzione dall’imposta, rischierebbe infatti di compromettere il buon funzionamento del sistema dell’IVA. Come si è visto più sopra, infatti, un’operazione di assicurazione è costituita dallo scambio tra pagamento di un premio (effettuato dall’assicurato) e sopportazione del rischio (preso in carico dall’assicuratore). Separare tali due componenti del rapporto giuridico, esentandole sulla base di due diverse disposizioni normative, sarebbe un’evidente forzatura.

54.      Vi è poi un altro argomento che, al di là del problema della possibilità di applicare in modo congiunto due clausole di esenzione, permette di escludere l’applicazione dei punti 2 e 3 della lett. d) della parte B dell’art. 13 della direttiva al caso in esame. Tutte le esenzioni previste alla lett. d) riguardano operazioni finanziarie e bancarie, nonostante alcune versioni linguistiche, come quella tedesca e quella italiana, contengano formulazioni più generiche, che a prima vista potrebbero apparire applicabili anche ad attività di altro tipo (28). Non è pertanto sufficiente, per poter beneficiare di tali esenzioni, che le operazioni esaminate abbiano natura pecuniaria, come sembra invece ritenere il giudice del rinvio (29): deve trattarsi di operazioni finanziarie e/o bancarie, e una cessione di contratti di assicurazione non sembra poter rientrare in tale fattispecie (30).

55.      Ritengo pertanto che l’operazione in esame nella causa principale non possa essere esentata dall’IVA neppure sulla base dei punti 2 e 3 della lett. d) della parte B dell’art. 13 della sesta direttiva.

3.      Conclusione sulla prima questione pregiudiziale

56.      Concludendo dunque il mio esame della prima questione pregiudiziale, propongo alla Corte di risolverla dichiarando che una cessione di contratti di riassicurazione come quella oggetto della causa principale non costituisce un’operazione di assicurazione né ai sensi dell’art. 9, né ai sensi dell’art. 13 della sesta direttiva, e che essa non può essere esentata dall’IVA neppure sulla base dei nn. 2 e 3 della lett. d) della parte B dell’art. 13 della medesima direttiva.

D –    Sulla seconda questione pregiudiziale

57.      Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la soluzione fornita alla prima questione possa essere confermata nonostante a pagare un prezzo sia non il soggetto che acquisisce i contratti, ma quello che li cede. La questione è posta perché nel caso di specie, come si è visto più sopra, 18 dei 195 contratti ceduti sono stati considerati come aventi valore negativo, il quale è stato sottratto dal valore complessivo degli altri 177 per determinare il prezzo finale della cessione. Considerata isolatamente, la cessione di tali 18 contratti sarebbe un’operazione che, dal punto di vista dell’IVA, avverrebbe «in senso inverso»: il prestatore sarebbe infatti la società S, che si accollerebbe i contratti svantaggiosi dietro compenso, liberando da essi il soggetto destinatario della prestazione (vale a dire la Swiss Re).

58.      Tutti i soggetti che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento si sono pronunciati per una risposta positiva: la presenza dei 18 contratti con valore negativo non inciderebbe sulla risposta da fornire alla prima questione. In particolare, la Swiss Re, la Commissione e il Finanzamt affermano la natura strettamente unitaria dell’operazione in esame, che andrebbe pertanto valutata nel suo insieme, senza considerare isolatamente i contratti con valore negativo. Dal canto loro i governi tedesco e del Regno Unito, pur non escludendo a priori la possibilità di considerare separatamente i contratti con valore positivo e quelli con valore negativo, ritengono che in ogni modo ciò non possa modificare la risposta da dare alla questione, dal momento che né gli uni né gli altri, anche considerati separatamente, sono operazioni di assicurazione.

59.      La posizione dei governi di Germania e Regno Unito mi pare sostanzialmente corretta nella parte in cui gli stessi rilevano che, in effetti, come non può essere considerata operazione di assicurazione la cessione di contratti nella quale la società S versa un compenso alla Swiss Re, allo stesso modo non vi è alcuna ragione per considerare operazione di assicurazione quella in cui i contratti sono ceduti alla società S che, per il fatto di prenderli a proprio carico, riceve un compenso. La direzione dell’operazione è opposta, ma si tratta pur sempre di un’operazione che non ha le caratteristiche che si sono viste più sopra come tipiche di un’operazione assicurativa ai sensi del diritto comunitario.

60.      Ritengo tuttavia che l’esame della questione non possa fermarsi a questo punto, sebbene il problema formulato dal giudice del rinvio trovi già una risposta in quanto ho appena osservato.

61.      Si deve infatti verificare se, indipendentemente dalla possibilità di qualificare le operazioni di cessione di contratti assicurativi quali operazioni di assicurazione, una cessione di 195 contratti come quella in esame possa essere, ai fini IVA, scomposta in un insieme di due cessioni distinte, una avente ad oggetto i contratti con valore positivo, e l’altra quelli con valore negativo. In alternativa, sarebbe anche possibile considerare ciascun contratto come oggetto di una separata cessione: si avrebbero, in tal modo, 195 distinte cessioni.

62.      Il punto può apparire irrilevante, ma merita invece una certa attenzione. Anche infatti escludendo a priori che la cessione dei contratti abbia rappresentato un’operazione di assicurazione, la possibilità di considerare separatamente la sua componente di valore positivo e quella di valore negativo potrebbe avere conseguenze non irrilevanti sul pagamento dell’IVA (31).

63.      Tale possibilità deve tuttavia, a mio parere, essere esclusa. Nella negoziazione che ha portato all’intesa tra la Swiss Re e la società S, infatti, i 195 contratti di riassicurazione che sono stati ceduti sono stati considerati nel loro insieme, e per la loro cessione la società S ha pagato un prezzo unico ‑ comprensivo sia dei contratti con valore positivo sia di quelli con valore negativo ‑ alla Swiss Re, evidentemente considerando che questa le abbia prestato un servizio unico. Ciò fa sì che si debba tenere conto del principio affermato dalla Corte nella citata sentenza CPP, secondo cui «la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’IVA» (32). Di conseguenza, ai fini dell’IVA, non essendo possibile separare la cessione dei contratti in oggetto aventi valore positivo da quella dei contratti aventi valore negativo, l’operazione in esame deve essere considerata come un’operazione unitaria.

64.      Propongo pertanto di risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che la risposta fornita alla prima questione non muta nel caso in cui una parte dei contratti ceduti abbiano un valore negativo.

IV – Conclusioni

65.      Alla luce delle considerazioni svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dal Bundesfinanzhof nei termini seguenti:

Una cessione di contratti di riassicurazione come quella oggetto della causa principale non costituisce un’operazione di assicurazione né ai sensi dell’art. 9, né ai sensi dell’art. 13 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari ‑ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme; essa non può essere esentata dall’IVA neppure sulla base dei punti 2 e 3 della lett. d) della parte B dell’art. 13 della medesima direttiva.

La risposta fornita alla prima questione non muta nel caso in cui una parte dei contratti ceduti abbiano un valore negativo.

Una cessione di contratti di riassicurazione come quella oggetto della causa principale costituisce una prestazione di servizi ai sensi della sesta direttiva e non può, pertanto, essere esentata ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. c), della stessa.


1 – Lingua originale: l'italiano.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari ‑ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


3 – Più precisamente, ad avere ceduto i contratti è stata una non meglio specificata società controllata dalla Swiss Re: tale società controllata era altresì l’originaria contraente dei contratti di riassicurazione. Nell'impossibilità di ricavare dagli atti la denominazione specifica di tale controllata, nel testo indicherò sempre la Swiss Re – ricorrente nel presente caso – come il soggetto che ha ceduto i contratti in questione.


4 – Nota R/716/77 (FIN 151).


5 – V., ad esempio, sentenza 8 giugno 2000, causa C‑375/98, Epson Europe (Racc. pag. I‑4243, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


6 – Il testo italiano della disposizione può essere per certi versi fuorviante, dal momento che, almeno nella sua prima parte, sembra suggerire che l’esenzione riguardi la prima cessione di beni destinati ad un’attività esente. In realtà, si tratta di beni che sono (già) stati destinati ad un’attività esente, e che sono successivamente rivenduti. La nuova direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1) parla ora infatti di «cessioni di beni, già destinati esclusivamente ad un'attività esente» (il corsivo è mio).


7 – Lo scopo della disposizione è, evidentemente, quello di evitare una doppia imposizione, dal momento che chi ha utilizzato i beni per compiere attività esenti non ha potuto recuperare l’IVA pagata sugli stessi, e ha quindi pagato l’imposta in via definitiva come un consumatore finale. La successiva rivendita degli stessi beni, sui quali l’IVA è stata ormai assolta, viene quindi esentata per evitare di far pagare nuovamente l’imposta, questa volta a carico del nuovo acquirente. Cfr. sentenza 25 giugno 1997, causa C‑45/95, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑3605), e le conclusioni presentate il 10 dicembre 1996 nella medesima causa dall’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer (paragrafi 14‑20). V. anche ordinanza 6 luglio 2006, cause riunite C‑18/05 e C‑155/05, Salus e Villa Maria Beatrice Hospital (Racc. pag. I‑6199, punti 29‑30).


8 – Cfr. in proposito le conclusioni dell’avvocato generale Fennelly, presentate l’11 giugno 1998 nella causa decisa con sentenza 25 febbraio 1999, causa C‑349/96, CPP (Racc. pag. I‑973, paragrafo 26 delle conclusioni), e quelle dell’avvocato generale Poiares Maduro, presentate il 12 gennaio 2005 nella causa decisa con sentenza 3 marzo 2005, causa C‑472/03, Arthur Andersen (Racc. pag. I‑1719, paragrafo 13 delle conclusioni).


9 – Non sembrano in effetti esistere ragioni per interpretare in modo diverso le operazioni descritte nelle due norme citate, indicate rispettivamente come «operazioni (…) assicurative, comprese le operazioni di riassicurazione» all’art. 9 e come «operazioni di assicurazione e di riassicurazione» all’art. 13. Ritengo pertanto che i due passi appena citati si riferiscano alle medesime attività.


10 – V., ad esempio, sentenze 5 giugno 1997, causa C‑2/95, SDC (Racc. pag. I‑3017, punto 21), e Arthur Andersen, cit. alla nota 8 (punto 25).


11 – Cfr. supra, nota 9.


12 – Sentenza della Corte 17 novembre 1993, causa C‑68/92, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑5881, punto 14).


13 – Cfr. sentenza Arthur Andersen, cit. alla nota 8 (punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


14 – Cfr. sentenza 6 dicembre 2007, causa C‑401/06, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑10609, punto 29).


15 – Sentenza CPP, cit. alla nota 8 (punto 17).


16 – Sentenza CPP, cit. alla nota 8 (punto 22). Cfr. anche, per analogia, sentenza SDC, cit. alla nota 10 (punto 32).


17 – Sentenza 8 marzo 2001, causa C‑240/99, Skandia (Racc. pag. I‑1951, punti 39‑40).


18 – Sentenza 4 maggio 2006, causa C‑169/04, Abbey National (Racc. pag. I‑4027).


19 – Sentenza Abbey National, cit. alla nota 18 (punto 72).


20 – Cit. supra alla nota 17.


21 – Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei servizi assicurativi e finanziari [COM(2007) 747 def.].


22 – In particolare, il progetto di direttiva propone di inserire all’art. 135 della direttiva 2006/112/CE un paragrafo 1 bis che recita: «L'esenzione di cui al paragrafo 1, lettere da a) a e), si applica alla fornitura di qualsiasi elemento costitutivo di un servizio assicurativo o finanziario qualora tale elemento formi un insieme distinto e presenti il carattere specifico ed essenziale del servizio esente in questione».


23 – Si può pensare, ad esempio, ad economie di scala, a razionalizzazioni organizzative e, naturalmente, a motivi di tipo fiscale.


24 – Sentenza 15 dicembre 1993, causa C‑63/92, Lubbock Fine (Racc. pag. I‑6665, punti 9‑10).


25 – Sentenza 9 ottobre 2001, causa C‑108/99, Cantor Fitzgerald International (Racc. pag. I‑7257, punti 21‑24).


26 – Ciò non significa naturalmente voler sminuire il problema, che è particolarmente significativo proprio nei settori finanziario e assicurativo. La volontà di ridurre l’IVA occulta è una delle ragioni indicate dalla Commissione alla base della sua proposta di direttiva citata alla nota 21. Cfr. anche il parere espresso su tale proposta dal Comitato economico e sociale (GU 30 agosto 2008, C 224, pag. 124), in particolare al punto 3.


27 – V. supra, paragrafo 36.


28 – V., sul punto, sentenza 19 aprile 2007, causa C‑455/05, Velvet & Steel Immobilien (Racc. pag. I‑3225, punti 21‑22).


29 – Come la Corte stessa ha osservato nella sentenza Velvet & Steel Immobilien, cit. alla nota 28 (punto 18), il fatto che le esenzioni riguardino solo le attività finanziarie e bancarie è ad esempio particolarmente evidente nella versione inglese e in quella spagnola della direttiva. In effetti, nella sentenza Velvet & Steel, che presenta alcune difformità tra le versioni linguistiche, difformità riconducibili in parte alle differenze presenti nei vari testi della sesta direttiva, la Corte si è limitata ad affermare che, ai fini dell’esenzione di cui all’art. 13, parte B, lett. d), n. 2, la natura pecuniaria di un’operazione è necessaria, ma non ha per contro sostenuto che essa sia anche sufficiente per poter applicare l’esenzione stessa.


30 – Considerando il tenore e il contesto della norma, ci si potrebbe chiedere se, nelle intenzioni del legislatore della direttiva, gli «impegni» di cui parlano, ad esempio, le versioni italiana, francese e tedesca, ma che mancano, ad esempio, nella versione inglese, non debbano intendersi semplicemente quali «impegni di garanzia». Per l’utilizzo dell’interpretazione sistematica quale conseguenza delle differenze nelle versioni linguistiche dell’art. 13 della sesta direttiva cfr. sentenze 13 luglio 1989, causa 173/88, Skatteministeriet/Henriksen (Racc. pag. 2763, punti 10‑11); 26 giugno 2003, causa C‑305/01, MKG (Racc. pag. I‑6729, punti 69‑70), e Velvet & Steel, cit. alla nota 28 (punto 20 e giurisprudenza ivi citata).


31 – Infatti, applicando il principio generale secondo il quale il luogo della prestazione è quello in cui è stabilito il prestatore (e non quello specifico per le operazioni assicurative, che invece sono localizzate nel luogo in cui è stabilito il destinatario), ai sensi dell’art. 9 della sesta direttiva la cessione dei 177 contratti con valore positivo sarebbe localizzata in Germania, e quella dei 18 contratti con valore negativo sarebbe localizzata in Svizzera.


32 – Sentenza CPP, cit. alla nota 8 (punto 29).