Language of document : ECLI:EU:C:2020:128

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 27 febbraio 2020(1)

Causa C897/19 PPU

I.N.,

con l’intervento di:

Federazione Russa

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vrhovni sud (Corte suprema, Croazia)]

«Accordo SEE e libertà di ricevere servizi – Fiducia reciproca e sistema europeo comune di asilo – Regolamento Dublino III e Stati associati a Schengen – Domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo a uno Stato membro dell’Unione europea di un cittadino di uno Stato AELS – Concessione dell’asilo, prima dell’acquisizione della cittadinanza, da parte di tale Stato AELS a un cittadino del SEE oggetto di una domanda di estradizione, per via del rischio di essere esposto a trattamenti inumani e degradanti e a un procedimento penale ingiusto in caso di refoulement verso lo Stato terzo richiedente – Arresto e detenzione a fini estradizionali, da parte di uno Stato membro dell’Unione europea, del cittadino del SEE perché venga perseguito penalmente per gli stessi reati considerati nell’ambito della procedura di asilo nello Stato AELS – Discriminazione sulla base della nazionalità nel contesto di un’estradizione – Accordo internazionale tra l’Islanda, la Norvegia e l’Unione europea sulle procedure di consegna e la cooperazione giudiziaria in materia penale – Sulla questione se lo Stato membro richiesto sia tenuto a informare lo Stato del SEE della domanda di estradizione dello Stato terzo – Sulla questione se uno Stato membro dell’Unione europea sia tenuto a consegnare un cittadino del SEE al suo Stato di appartenenza anziché accogliere la domanda di estradizione dello Stato terzo – Sentenza Petruhhin della Corte – Rischio di impunità – Articoli 4, 19 e 47 della Carta dei diritti fondamentali»






1.        I.N. è un cittadino della Federazione russa (in prosieguo: la «Russia»), divenuto cittadino della Repubblica d’Islanda (in prosieguo: l’«Islanda») il 19 giugno 2019, dopo aver ottenuto l’asilo in quest’ultimo paese come rifugiato l’8 giugno 2015. Il 30 giugno 2019, è stato arrestato dalle autorità croate, mentre era in vacanza e stava attraversando in autobus con la propria famiglia la frontiera tra tale Stato membro e la Slovenia, ed è tuttora in stato di custodia. L’arresto ha avuto luogo a seguito di un avviso di ricerca internazionale emesso il 20 maggio 2015 dall’ufficio di Interpol a Mosca.

2.        La Russia chiede l’estradizione di I.N. dalla Croazia sulla base di accuse di corruzione ed è sostenuta dal pubblico ministero della Croazia, che rappresenta la Russia (in prosieguo: il «pubblico ministero»). La Costituzione croata vieta l’estradizione dei propri cittadini, ma non dei non cittadini, come I.N., ove, come nel caso della Russia, non vi sia alcun trattato di estradizione. Il pubblico ministero sostiene che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il diritto dell’Unione non osta a una tale situazione.

3.        L’Islanda chiede un passaggio sicuro di. I.N. verso l’Islanda, sulla base del fatto che il procedimento penale di cui egli è oggetto in Russia sembra aver costituito il fondamento della concessione dell’asilo prima dell’acquisizione della cittadinanza islandese da parte di I.N.

4.        A sostegno della richiesta di passaggio sicuro, I.N. e l’Islanda intendono invocare il diritto dell’Unione, ma in particolare il diritto del SEE (2). Allo stesso tempo, l’Islanda invoca gli articoli 18 e 21 TFUE i quali, secondo quanto statuito dalla Corte nella sentenza Petruhhin (3), vietano la discriminazione sulla base della nazionalità per quanto riguarda l’estradizione verso paesi terzi di cittadini dell’Unione europea che hanno esercitato i loro diritti di libera circolazione, ma sono soggetti a riserve importanti e rilevanti per il procedimento principale.

5.        Su ciò verte in sostanza la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vrhovni sud (Corte suprema, Croazia; in prosieguo: il «giudice del rinvio»). Tale domanda fornisce alla Corte l’occasione di pronunciarsi sui punti di collegamento tra il diritto del SEE e il diritto dell’Unione, nonché sulle conseguenze derivanti dalla partecipazione di Stati terzi, quali l’Islanda, all’acquis di Schengen come Stati associati a Schengen (4), e in particolare sull’associazione dell’Islanda al regolamento (UE) n.°604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (5) (in prosieguo: il «regolamento Dublino III»). La partecipazione dell’Islanda (6) e della Croazia al regolamento Dublino è di particolare rilevanza per il procedimento principale, così come, più ampiamente, il sistema europeo comune di asilo (7).

6.        In aggiunta, è necessario prendere in considerazione l’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia relativo alla procedura di consegna tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’Islanda e la Norvegia (8) (in prosieguo: l’«accordo sulla procedura di consegna») nonché, sullo sfondo, una serie di strumenti del Consiglio d’Europa in materia di estradizione (9) e la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati (10). Dev’essere inoltre tenuto debitamente conto del divieto, ai sensi del diritto dell’Unione, di estradizione in casi di rischio di trattamenti o pene inumani o degradanti, che si applica sia all’estradizione sia verso Stati terzi (11) sia internamente all’Unione nell’ambito del mandato d’arresto europeo (12) (come riflesso, rispettivamente, agli articoli 19 e 4 della Carta), nonché di estradizione in presenza di presunte carenze sistemiche nel sistema giudiziario dello Stato emittente, che mettono in pericolo il diritto a un processo equo (articolo 47 della Carta) (13).

7.        In risposta alla prima questione posta, sono giunto alla conclusione che le autorità croate sono tenute, in forza dei principi elaborati nella sentenza Petruhhin, a informare le autorità islandesi della richiesta di estradizione della Russia nei confronti di I.N., e continuano a essere tenute a trasmettere all’Islanda qualsiasi elemento in loro possesso che possa aiutare le autorità islandesi a decidere se perseguire penalmente I.N. in Islanda e chiederne la consegna.

8.        Inoltre, in considerazione dell’obbligo di reciproca fiducia nella qualità e nella legittimità delle leggi degli Stati partecipanti su cui si basa il sistema europeo comune di asilo, e in particolare il regolamento Dublino III, è fatto divieto alle autorità croate, compresi gli organi giurisdizionali, di agire in maniera incompatibile con una decisione che concede l’asilo di uno Stato associato a Schengen, quale l’Islanda, in forza del sistema europeo comune di asilo. Tale incoerenza si verificherebbe se la Croazia (i) si astenesse dal comunicare all’Islanda una richiesta di estradizione riguardante capi d’accusa uguali o analoghi a quelli in forza di quali l’Islanda ha concesso l’asilo a I.N., giacché l’Islanda ha stabilito di essere lo Stato membro competente ai sensi del regolamento Dublino III (14) e se (ii) una delle sue autorità, compresi gli organi giurisdizionali, si pronunciasse sul rischio di I.N. di essere esposto a trattamenti inumani o degradanti o a un flagrante diniego di giustizia in Russia, alla data del procedimento croato, in maniera incompatibile con la precedente concessione dell’asilo da parte dell’Islanda a I.N. nel 2015.

9.        Nel rispondere alla seconda questione posta, dato che l’Islanda non ha ancora presentato una richiesta di estradizione, al momento non sussiste alcun obbligo per la Croazia di consegnare attivamente I.N. all’Islanda, conformemente all’accordo sulla procedura di consegna (15). Spetterà agli organi giurisdizionali croati stabilire se, in tali circostanze, un mandato di arresto infine emesso dall’Islanda, congiuntamente all’accordo sulla procedura di consegna, offra una protezione contro l’impunità equivalente all’estradizione, senza esimere detti organi giurisdizionali dal loro obbligo di agire in maniera compatibile con la concessione dell’asilo da parte dell’Islanda nel 2015.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

10.      L’articolo 18, paragrafo 1, TFUE stabilisce quanto segue:

«Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità».

11.      L’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (16) così dispone:

«Le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque luogo senza che venga effettuato il controllo delle persone».

12.      L’articolo 2 del Protocollo (n. 19) sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea (17) stabilisce:

«L’acquis di Schengen si applica agli Stati membri di cui all’articolo 1, fatte salve le disposizioni dell’articolo 3 dell’atto di adesione del 16 aprile 2003 e dell’articolo 4 dell’atto di adesione del 25 aprile 2005. Il Consiglio si sostituisce al comitato esecutivo istituito dagli accordi di Schengen».

13.      Il primo comma dell’articolo 6 del Protocollo (n. 19) sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito nell’Unione europea (18) così recita:

«La Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sono associati all’attuazione dell’acquis di Schengen e al suo ulteriore sviluppo. A tal fine vengono concordate procedure appropriate in un accordo che sarà concluso con tali Stati dal Consiglio, che delibera all’unanimità dei suoi membri di cui all’articolo 1. Tale accordo include disposizioni relative al contributo dell’Islanda e della Norvegia ad ogni conseguenza finanziaria derivante dall’attuazione del presente protocollo».

14.      L’articolo 1 dell’accordo di associazione a Schengen (19) prevede quanto segue:

«La Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia in seguito denominati rispettivamente “Islanda” e “Norvegia” sono associate alle attività della Comunità europea e dell’Unione europea nei settori contemplati dalle disposizioni cui rimandano gli allegati A e B e al loro ulteriore sviluppo.

Il presente accordo instaura diritti e obblighi reciproci secondo le procedure in esso stabilite».

15.      L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, dell’atto di adesione della Repubblica di Croazia (20) così recita:

«1.      Le disposizioni dell’acquis di Schengen di cui al protocollo sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea (in prosieguo: “protocollo di Schengen”), allegato al TUE e al TFUE, e gli atti basati su detto acquis o ad esso altrimenti connessi, elencati nell’allegato II, così come ogni altro atto analogo adottato prima della data di adesione sono vincolanti e si applicano in Croazia dalla data di adesione.

2.      Le disposizioni dell’acquis di Schengen integrate nell’ambito dell’Unione europea e gli atti basati su detto acquis o ad esso altrimenti connessi non rientranti nel paragrafo 1, pur essendo vincolanti per la Croazia dalla data di adesione, si applicano in tale Stato solo in virtù di una decisione adottata dal Consiglio a tal fine, previa verifica, conformemente alle procedure di valutazione Schengen applicabili, che le condizioni necessarie per l’applicazione di tutte le parti dell’acquis in questione siano soddisfatte in Croazia, compresa l’applicazione effettiva di tutte le regole di Schengen conformemente alle norme comuni concordate e ai principi fondamentali. (...)» (21).

B.      Diritto del SEE

16.      L’articolo 4 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (22) (in prosieguo: l’«accordo SEE») così dispone:

«Nel campo di applicazione del presente accordo, e fatte salve le disposizioni particolari dallo stesso previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità».

17.      L’articolo 36, paragrafo 1, dell’accordo SEE prevede quanto segue:

«Nel quadro delle disposizioni del presente accordo non sussistono restrizioni alla libera prestazione di servizi nel territorio delle Parti contraenti nei confronti di cittadini degli Stati membri della Comunità o degli Stati AELS (EFTA) stabiliti in uno Stato membro della Comunità o in uno Stato AELS (EFTA) diverso da quello del destinatario della prestazione».

C.      Diritto nazionale

18.      L’articolo 9 della Costituzione della Repubblica di Croazia («Narodne novine» n. 56/90, 135/97, 113/00, 28/01, 76/10 e 5/14) così recita:

«Un cittadino della Repubblica di Croazia non può essere espulso dalla Repubblica di Croazia né privato della sua cittadinanza, né estradato verso un altro Stato, salvo nell’ambito dell’esecuzione di una decisione sull’estradizione o sulla consegna, adottata conformemente a un trattato internazionale o all’acquis comunitario».

19.      L’articolo 12, paragrafi 1, 3 e 4, dello Zakon o međunarodnoj pravnoj pomoći u kaznenim stvarima (legge relativa alla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale, «Narodne novine» 178/04; in prosieguo lo «ZOMPO») dispone che una domanda di estradizione può essere respinta se (1) la domanda riguarda un atto considerato un reato politico o un atto collegato a un simile reato; (...) (3) l’accettazione della domanda potrebbe pregiudicare la sovranità, la sicurezza, l’ordinamento giuridico o ad altri interessi vitali della Repubblica di Croazia; e (4) si può ragionevolmente presumere che, in caso di estradizione, la persona oggetto della richiesta di estradizione sarebbe penalmente perseguita o punita per via della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o delle sue opinioni politiche, oppure che la sua situazione sarebbe resa più difficile per uno di tali motivi.

20.      L’articolo 55 dello ZOMPO così recita:

«(1)      Nel dichiarare che le condizioni di legge per l’estradizione non sono soddisfatte, il giudice competente adotta un’ordinanza di rigetto della domanda di estradizione e la trasmette tempestivamente al Vrhovni sud (Corte suprema) della Repubblica di Croazia, il quale, sentito il pubblico ministero competente, conferma, annulla o modifica l’ordinanza».

II.    Fatti nella causa principale e questione pregiudiziale

21.      Come sopra indicato, il 20 maggio 2015, l’ufficio di Interpol a Mosca ha emesso un avviso di ricerca internazionale nei confronti di I.N. ai fini del suo arresto sulla base di accuse di corruzione, e più precisamente di una forma di corruzione nota come corruzione passiva (articolo 290, paragrafo 5, del codice penale della Federazione russa). I.N. è sospettato di aver ricevuto, nella sua qualità di direttore della divisione per le licenze e i certificati del Ministero russo delle situazioni di emergenza nella Repubblica di Carelia, previa concertazione con altri funzionari del ministero e in abuso delle sue funzioni ufficiali, una tangente dell’importo di 833 000 rubli russi (RUB) (EUR 11 700 circa) da un rappresentante di un impresa, e di avergli rilasciato in cambio licenze per il montaggio, l’assistenza tecnica e la riparazione di attrezzature antincendio in edifici e cantieri.

22.      Il 30 giugno 2019, a un valico di frontiera croato, I.N. è stato arrestato sulla base del summenzionato avviso di ricerca internazionale. Alla frontiera I.N. ha presentato un documento di viaggio islandese per rifugiati (n. …), valido dal 25 febbraio 2019 al 25 febbraio 2021.

23.      Il 1° luglio 2019, I.N. è stato condotto dinanzi a un giudice istruttore dello Županijski sud (Tribunale di comitato, Croazia) di Zagabria. Il 1° luglio 2019, il Tribunale di comitato di Zagabria ha ordinato che I.N. fosse posto in stato di arresto provvisorio a fini estradizionali, conformemente all’articolo 47 dello ZOMPO.I.N. si trova ancora in stato di custodia, avendo avuto i suoi appelli esito negativo.

24.      Il 1° agosto 2019, l’amministrazione degli affari consolari, servizi per i visti e gli stranieri presso il Ministero degli Affari esteri e europei della Repubblica di Croazia ha trasmesso al Tribunale di comitato di Zagabria una nota dell’ambasciata di Islanda nella quale si dichiara che I.N. è in possesso della cittadinanza islandese e ha residenza permanente in Islanda. Secondo tale nota, I.N. ha acquisito la cittadinanza islandese il 19 giugno 2019. Prima di acquisire tale cittadinanza, egli possedeva un documento di viaggio per rifugiati (n. …). La nota indica altresì che il governo islandese chiede che sia garantito al più presto a I.N. un passaggio sicuro in Islanda.

25.      Il 6 agosto 2019, il Tribunale di comitato di Zagabria ha ricevuto dall’Ufficio del pubblico ministero della Federazione Russa una domanda di estradizione di I.N. verso la Federazione Russa, conformemente alle disposizioni della Convenzione europea di estradizione (23). L’estradizione era richiesta ai fini dell’esercizio dell’azione penale per nove reati di corruzione passiva di cui all’articolo 290, paragrafo 3, del codice penale della Federazione russa e per cinque reati di corruzione passiva di cui all’articolo 290, paragrafo 5, lettera a), del medesimo codice. A sostegno della domanda di estradizione sono stati altresì prodotti dei documenti, in conformità delle disposizioni della Convenzione europea di estradizione, non sussistendo alcun accordo di estradizione tra la Croazia e la Russia.

26.      Nella domanda summenzionata si indicava che l’Ufficio del pubblico ministero della Federazione russa garantiva che lo scopo della domanda di estradizione non era di perseguire la persona interessata per motivi politici, sulla base della sua razza, religione, nazionalità o delle sue opinioni, che I.N. avrebbe goduto di ogni possibilità di esercitare i propri diritti della difesa con l’assistenza di un avvocato e che egli non sarebbe stato sottoposto a tortura, a trattamenti crudeli o inumani o a pene lesive della dignità umana.

27.      Il 5 settembre 2019, la sezione del Tribunale di comitato di Zagabria competente ha statuito che le condizioni di legge per l’estradizione del cittadino straniero I.N. ai fini dell’esercizio dell’azione penale, previste agli articoli 33, 34 e 37 dello ZOMPO, erano soddisfatte.

28.      Il 30 settembre 2019, I.N. ha presentato ricorso in appello dinanzi al giudice del rinvio. Secondo la decisione di rinvio, I.N. ha affermato che esiste un rischio concreto, serio e ragionevolmente prevedibile che, in caso di estradizione, egli sia sottoposto a tortura e a trattamenti inumani e degradanti. Nel ricorso in appello, egli ha affermato, in particolare, che gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato in Islanda proprio per via dello specifico procedimento penale in corso in Russia, che è in possesso di un documento di viaggio islandese per rifugiati valido e che il Tribunale di comitato di Zagabria aveva posto fine de facto alla protezione internazionale concessagli in Islanda. Ha altresì sostenuto che il Tribunale di comitato di Zagabria aveva mal interpretato la decisione della Corte nella sentenza Petruhhin (24).

29.      Secondo la giurisprudenza del giudice del rinvio, una domanda di estradizione deve essere respinta qualora sussista un rischio reale che, in caso di estradizione della persona interessata, essa sia sottoposta a tortura o a pene o trattamenti inumani. La decisione di rinvio indica che tali aspetti saranno esaminati nell’ambito del procedimento d’appello.

30.      Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla questione se, prima dell’adozione di una decisione sulla domanda di estradizione sulla base delle disposizioni del diritto dell’Unione, l’Islanda, che ha concesso la cittadinanza a I.N., debba essere informata della domanda di estradizione, di modo che tale Stato possa, se lo desidera, chiedere la consegna del proprio cittadino al fine di svolgere un procedimento inteso a prevenire il rischio di impunità.

31.      Sussistendo dubbi quanto all’applicazione del diritto dell’Unione, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento il 26 novembre 2019 e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se l’articolo 18 TFUE debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro dell’Unione europea che statuisce sull’estradizione verso uno Stato terzo di un cittadino di uno Stato che non è membro dell’Unione europea, ma che è membro dello spazio Schengen, è tenuto a informare della domanda di estradizione lo Stato membro dello spazio Schengen di cui tale persona ha la cittadinanza.

2.      In caso di risposta affermativa alla precedente questione e qualora lo Stato membro dello spazio Schengen abbia chiesto la consegna di tale persona per lo svolgimento del procedimento per il quale è stata richiesta l’estradizione, se occorra consegnargli tale persona conformemente all’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia relativo alla procedura di consegna tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’Islanda e la Norvegia».

32.      La decisione di rinvio è pervenuta alla Corte il 5 dicembre 2019 ed è stato deciso di sottoporla al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

33.      Osservazioni scritte sono state presentate alla Corte da I.N., dal pubblico ministero della Croazia, dalla Repubblica di Croazia e dalla Commissione europea. I.N. e la Commissione hanno partecipato all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte il 13 gennaio 2020, così come la Repubblica ellenica, la Repubblica d’Irlanda, la Repubblica d’Islanda, il Regno di Norvegia e l’Autorità di vigilanza AELS (EFTA) (in prosieguo: l’«ESA»).

III. Sintesi delle osservazioni scritte e orali

34.      I.N. afferma che le autorità islandesi hanno accertato che egli aveva testimoniato dinanzi alle autorità russe competenti contro i suoi superiori gerarchici della pubblica amministrazione in riferimento alle loro attività corruttive, ma che a causa dei legami dei suoi superiori con alti funzionari della pubblica amministrazione era stato perseguito lui anziché loro.

35.      I.N. ritiene che l’accusa sia illegale e non chiara, e che il comportamento della Croazia violi l’articolo 6 CEDU. I.N. afferma che il suo status di rifugiato ha ancora rilevanza e che se ne sarebbe dovuto tenere conto. Egli indica altresì di non poter fare domanda di asilo in forza del diritto croato, in quanto esso gli è già stato concesso, e che una giurisprudenza del 2018 della Corte costituzionale della Croazia obbliga gli organi giurisdizionali croati a tener conto delle concessioni di protezione internazionale ai sensi del regolamento Dublino III (25).

36.      La nozione di parità di trattamento per quanto riguarda le quattro libertà è al centro delle relazioni tra il SEE e gli Stati membri dell’Unione (v. considerando 15 dell’accordo SEE e articolo 4 del medesimo), così come l’interpretazione uniforme dell’accordo SEE e della legislazione dell’Unione. L’obiettivo consiste nell’omogeneità tra i due sistemi (articolo 105 SEE).

37.      I.N. aggiunge che la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 18 TFUE si applica per analogia, in quanto l’articolo 4 SEE la riproduce in sostanza. Pertanto, una persona che si trovi in una situazione rientrante nell’ambito di applicazione del SEE deve essere trattata allo stesso modo, indipendentemente dalla sua nazionalità (26), e la controversia principale rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 36 SEE, il quale riproduce in sostanza l’articolo 56 TFUE sulla libera prestazione dei servizi. Se i cittadini del SEE non potessero invocare la protezione contro l’estradizione di cui alla sentenza Petruhhin (27), essi utilizzerebbero meno spesso i servizi di operatori turistici che offrono viaggi attraverso l’Europa.

38.      I.N. aggiunge che la libera circolazione delle persone non economicamente attive nel SEE, che non rientrano in una delle quattro libertà, rientra talvolta nell’ambito dell’accordo SEE, poiché la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (28) è stata integrata nel diritto del SEE dalla decisione del Comitato Misto SEE n. 158/2007, del 7 dicembre 2007, che modifica l’allegato V (Libera circolazione dei lavoratori) e l’allegato VIII (Diritto di stabilimento) dell’accordo SEE (29). Nelle cause Gunnarsson (30) e Jabbi (31), la Corte EFTA ha interpretato la direttiva 2004/38 in modo ampio per compensare l’assenza di una disposizione nel diritto SEE corrispondente all’articolo 21 TFUE sulla nazionalità.

39.      I.N. sostiene che la prevenzione dell’impunità è un obiettivo legittimo che giustifica una restrizione delle libertà fondamentali, ma che il medesimo obiettivo può essere raggiunto attraverso misure meno restrittive dell’estradizione (32), e richiama l’accordo sulla procedura di consegna tra l’Unione europea, l’Islanda e la Norvegia (33), il cui contenuto corrisponde quasi del tutto alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (34). I.N. sottolinea la somiglianza tra la definizione del mandato d’arresto europeo di cui all’articolo 1 della decisione 2002/584/GAI e quella di cui all’articolo 2, paragrafo 5, dell’accordo sulla procedura di consegna (35).

40.      Secondo il pubblico ministero, poiché l’Islanda non è uno Stato membro dell’Unione europea, I.N. godeva alla data del suo arresto di diritti derivanti dall’accordo SEE, ma non di quelli derivanti dal TFUE per i cittadini degli Stati membri dell’Unione. Il diritto alla libera circolazione nell’ambito del SEE è più limitato dei diritti previsti dall’articolo 21 TFUE e i diritti di libera circolazione di cui al SEE non si estendono all’estradizione. Di conseguenza, il principio di non discriminazione previsto all’articolo 4 del SEE non si applica al procedimento principale (36).

41.      Inoltre, non esiste una prassi nell’ambito della procedura di estradizione croata in cui l’accusato sia riconsegnato allo Stato di cui ha la cittadinanza anziché inviato allo Stato che chiede l’estradizione. Non si tratta di una misura meno restrittiva a mente della sentenza Petruhhin, in quanto essa prolunga il periodo di custodia nelle more dell’estradizione. Non è quindi necessario informare l’Islanda della procedura di estradizione, di cui essa è in ogni caso a conoscenza.

42.      In udienza, l’Irlanda ha chiesto alla Corte di riconsiderare la sua posizione di cui alla causa Petruhhin, accogliendo l’approccio adottato dall’avvocato generale Bot in detta causa (37), secondo il quale i non cittadini e i cittadini non si trovano in situazioni analoghe di fronte alle norme che escludono l’estradizione verso paesi terzi; l’esercizio dell’azione penale nei confronti dei cittadini negli Stati membri d’origine ha lo scopo di prevenire l’impunità. Per quanto riguarda le constatazioni da riconsiderare nella sentenza Petruhhin, l’Irlanda fa riferimento in particolare ai punti 47, 48 e 49.

43.      In udienza, la Grecia ha sostenuto che dovrebbero essere applicati i principi derivanti dalla sentenza Petruhhin. I.N. ha esercitato i suoi diritti di libera circolazione e non può essere discriminato sulla base della sua nazionalità, sebbene la Grecia non escluda che l’estradizione verso un paese terzo possa perseguire uno scopo legittimo, come quello di prevenire l’impunità. Era importante per il giudice del rinvio valutare le ragioni per le quali a I.N. era stato concesso lo status di rifugiato. La Grecia ha fatto riferimento agli articoli 3, 4, 28 e 36 del SEE (38).

44.      In udienza, l’ESA ha evidenziato che il SEE è un ordinamento giuridico sui generis basato sulla fiducia reciproca e sulla cooperazione, caratterizzato dalla vicinanza di valori fondamentali comuni degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati AELS (39). La clausola di buona fede prevista all’articolo 3 dell’accordo SEE sarebbe equivalente all’articolo 4 TUE. Il sistema è caratterizzato da un allineamento dinamico delle disposizioni sostanziali e gli Stati AELS si trovano su un piano di parità con gli Stati membri dell’Unione europea in riferimento alle proposte legislative della Commissione (articolo 99, paragrafo 1, dell’accordo SEE); ne deriva un processo continuo di consultazione (articolo 99, paragrafo 3, dell’accordo SEE). Gli atti rilevanti dell’Unione si aggiungono all’accordo SEE e diventano parte dell’acquis se non vengono adattati (articolo 102 dell’accordo SEE). L’omogeneità è garantita dagli articoli 6 e 105 dell’accordo SEE. La giurisprudenza della Corte AELS (EFTA) e della Corte di giustizia rafforza tale allineamento dinamico e le differenze tra le due non si estendono ai loro fondamenti e valori.

45.      Pertanto, l’ESA ha sostenuto che la Croazia ha limitato i diritti di libera circolazione di I.N. e che la giurisprudenza Petruhhin si applica con la stessa forza ai cittadini del SEE. L’applicazione del combinato disposto dell’articolo 4 dell’accordo SEE e della corrispondente disposizione dell’accordo SEE in materia di libera circolazione porta al medesimo risultato.

46.      L’ESA ha altresì invocato l’ordinanza del 6 settembre 2017, Peter Schotthöfer & Florian Steiner (40).  I cittadini dell’Unione europea e i cittadini del SEE che circolano liberamente devono essere tutelati contro l’estradizione verso Stati terzi che comporta il rischio che essi vengano sottoposti a trattamenti inumani e degradanti come disposto all’articolo 19 della Carta.

47.      L’ESA sostiene che la sentenza Schotthöfer rappresenta un principio assoluto e che la Croazia dovrebbe fare affidamento sulla valutazione effettuata dall’Islanda per quanto riguarda le conseguenze dell’estradizione. Dovrebbe esservi una presunzione secondo la quale i motivi per la concessione dell’asilo sono validi (41). Tali motivi non sono venuti meno con la concessione della cittadinanza islandese a I.N. L’ESA osserva che nel diritto islandese vi è un rinvio all’articolo 15 della direttiva sulle qualifiche (42). Essa sostiene che l’articolo 21 TFUE non può limitare i diritti di libera circolazione invece disponibili ai sensi del diritto del SEE, e che nell’ambito dell’acquis in materia di libera circolazione non viene effettuata alcuna distinzione a seconda che una restrizione sia fondata sul diritto civile, sul diritto penale o sul diritto pubblico.

48.      In udienza, l’Islanda ha fornito dettagli sui viaggi di I.N. Egli ha preso un volo con la moglie e i due figli dall’Islanda a Vienna, poi un autobus diretto a Zagabria per una vacanza prevista sulle spiagge della Croazia.

49.      L’Islanda adduce che la sentenza Petruhhin si applica al procedimento principale, in quanto l’articolo 36 dell’accordo SEE relativo ai servizi è equivalente all’articolo 56 TFUE, e che nella sentenza Cowan (43) (C‑186/87) la Corte ha statuito che i servizi turistici sono servizi e che la direttiva 2004/38 è incorporata nel diritto del SEE. L’Islanda richiama anche la sentenza della Corte AELS (EFTA) nella causa Wahl c. Stato islandese (44) e sostiene che l’articolo 4 dell’accordo SEE è equivalente all’articolo 18 TFUE.

50.      Secondo l’Islanda, la Croazia era tenuta a fornirle le informazioni necessarie per decidere se perseguire I.N. e procedere successivamente alla sua consegna conformemente all’accordo sulla procedura di consegna (45).

51.      La concessione della protezione internazionale da parte della direzione per l’immigrazione islandese dell’8 giugno 2015 è stata effettuata sulla base di una testimonianza ritenuta dettagliata, priva di contraddizioni, chiara, coerente, credibile e realistica. Essa era altresì basata sulla situazione generale dei diritti umani in Russia a quel tempo – quale delineata in relazioni di ONG, e in relazioni nazionali e internazionali – nonché sulla corruzione diffusa nell’amministrazione e nel sistema giudiziario e sul tasso anormalmente basso di successo dei ricorsi in materia penale (1%). L’Islanda era a conoscenza dell’avviso rosso nei confronti di I.N. per il reato addebitatogli quando gli è stata concessa la protezione internazionale. Essa non ha risposto alle richieste della Russia relative alla localizzazione di I.N. Dal 2015, è stata accordata protezione internazionale a dodici cittadini russi su quarantasette domande. Quattro di esse sono state concesse a I.N. e alla sua famiglia.

52.      L’Islanda ha inoltre addotto in udienza che l’osservanza della Carta è richiesta anche nell’ambito del SEE (46) e che I.N. doveva essere tutelato contro i problemi sistemici del potere giudiziario russo (47).

53.      Dopo essere stata interrogata sul significato di domanda di «passaggio sicuro», l’Islanda ha aggiunto che, il 24 luglio 2019, l’ambasciata islandese a Berlino ha ricevuto una nota verbale secondo la quale I.N. era stato arrestato il mese precedente. L’ambasciatore ha risposto alla nota, conformemente alla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari (48), che il governo auspica che le procedure siano svolte rapidamente e che sia garantito al più presto un passaggio sicuro. L’accordo sulla procedura di consegna non era allora applicabile (49).

54.      L’Islanda ha affermato che essa potrebbe essere competente per giudicare I.N., in applicazione dell’articolo 6 del codice penale islandese, ma che spetta al pubblico ministero decidere in tal senso, nella sua indipendenza. I.N. non può essere estradato dall’Islanda, in quanto cittadino, ai sensi della legge islandese sull’estradizione.

55.      In udienza, la Norvegia ha sostenuto che non esisteva alcuna disposizione dell’accordo SEE equivalente all’articolo 21 TFUE. Le disposizioni rilevanti dell’accordo SEE sarebbero gli articoli 4, 28 e 36, ma spetterebbe unicamente al giudice del rinvio decidere se e quale delle libertà si applichi, e non si potrebbe presumere che I.N. sia destinatario di servizi, circostanza anch’essa da sottoporre alla cognizione di un giudice croato. Neppure la direttiva 2004/38 sarebbe rilevante. Essa non disciplina le domande di estradizione. La materia penale non rientra nell’ambito nell’accordo SEE.

56.      La Norvegia rileva che la Corte suprema della Norvegia ha chiesto alla Corte EFTA, nell’ambito della causa pendente Campbell (50), di annullare la sua sentenza nella causa Jabbi (51),  nella quale era stato statuito che la direttiva 2004/38 poteva essere interpretata nel senso che concede diritti identici a quelli previsti all’articolo 21 TFUE. La Norvegia sostiene che la sentenza Jabbi è incompatibile con l’articolo 6 dell’accordo SEE e invita la Corte a dichiarare che i diritti fondati unicamente sull’articolo 21 TFUE non rientrano nell’ambito dell’accordo SEE, stante la mancanza di una disposizione corrispondente

57.      Per quanto riguarda la questione 1, la Norvegia ha sostenuto che l’accordo sulla procedura di consegna tra l’Islanda e la Norvegia è un valido trattato internazionale che non fa parte del diritto del SEE e che non può essere interpretato allo stesso modo della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo (52). Il contesto e l’obiettivo sono diversi anche se il tenore letterale è simile. La sentenza Petruhhin era incentrata sul contesto e sulla finalità.

58.      Nella sentenza Petruhhin è stato stabilito che una disparità di trattamento può essere giustificata dalla prevenzione dell’impunità e che le misure devono essere idonee a conseguire tale obiettivo. Ciò che è necessario è l’individuazione di un mezzo meno restrittivo della libera circolazione, ma altrettanto efficace quanto l’estradizione nella prevenzione dell’impunità (53).

59.      Secondo la Norvegia, la decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo consente al giudice nazionale di concedere una simile priorità, ma l’accordo sulla procedura di consegna non lo consente, essendo il suo obiettivo e il suo contesto diversi e non avendo esso un obiettivo di fiducia reciproca equivalente a quello della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo (54) o all’obiettivo di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TUE (v. sentenza Petruhhin). Nella sentenza Petruhhin è stato altresì richiamato l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo riconoscendogli priorità, mentre nell’accordo sulla procedura di consegna manca una disposizione analoga, atteso che il suo preambolo fa riferimento solo alla «fiducia reciproca». L’articolo 3 del SEE richiede che gli Stati contraenti del SEE incoraggino la cooperazione, ma non contiene i requisiti aggiuntivi dell’articolo 4 TUE. L’articolo 19, paragrafo 1, dell’accordo sulla procedura di consegna richiede una valutazione di tutte le circostanze pertinenti e, segnatamente, di quelle di cui all’articolo 1 dell’accordo.

60.      Quanto alla questione 2, i diritti fondamentali fanno parte del diritto del SEE (55) e l’articolo 19 della Carta vieta l’espulsione in caso di trattamenti o pene inumani o degradanti (56). Secondo la Norvegia, il giudice del rinvio è tenuto a valutare gli elementi di prova di un rischio reale di esposizione a trattamenti inumani o degradanti in caso di estradizione verso la Russia (57), e deve prendere in considerazione la decisione delle autorità islandesi di concedere lo status di rifugiato nonché gli elementi di prova a sostegno di tale decisione.

61.      La Croazia sostiene che gli articoli 28 e 36 dell’accordo SEE corrispondono agli articoli 45 e 56 TFUE (58), rilevando al contempo che l’articolo 21 TFUE si applica a persone che si recano in altri Stati membri per motivi non connessi a un’attività economica. L’articolo 21 TFUE riguarderebbe i cittadini del SEE in quanto la direttiva 2004/38 non si limita alle attività economiche.

62.      Poiché I.N. ha esercitato i propri diritti di libera circolazione, la sua situazione rientra nell’ambito di applicazione dei trattati ai sensi dell’articolo 18 TFUE e del divieto di discriminazione in base alla nazionalità (59), che corrisponde all’articolo 4 dell’accordo SEE.

63.      La Croazia adduce che, alla luce di quanto statuito nella sentenza Petruhhin(60),  al fine di evitare l’impunità e applicare misure meno restrittive della libera circolazione, dovrebbero essere applicate tutte le misure di mutua assistenza e cooperazione che sono in vigore nel diritto penale. A tal fine, la Croazia fa riferimento alla portata delle disposizioni dell’acquis di Schengen di cui all’articolo 6 del Protocollo n. 19 sull’acquis di Schengen, integrato nell’ambito del diritto dell’Unione, che si applica all’Islanda e alla Norvegia.

64.      La Croazia fa riferimento alla Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (61). L’obiettivo fondamentale di tale accordo risiede nella creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia che garantisca la libertà di circolazione delle persone, tanto per i cittadini dell’Unione quanto per gli stranieri che si trovino nel territorio dell’Unione.

65.      La Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen prevede l’istituzione di disposizioni fondamentali sull’assistenza giudiziaria in materia penale (Titolo III sulla polizia e sicurezza, capitolo 2) sulle quali si fonda attualmente lo sviluppo dell’assistenza giudiziaria in materia penale. L’acquis di Schengen include parimenti il sistema d’informazione Schengen (62).

66.      Di conseguenza, la Croazia sostiene che allo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui la persona interessata è cittadino dovrebbe essere accordata la priorità, al fine di dare a tale Stato membro la possibilità di perseguire la persona, nella misura in cui ne sia competente, per fatti commessi fuori del territorio nazionale, e di emettere un mandato d’arresto conformemente all’accordo sulla procedura di consegna.

67.      Infine, la Croazia afferma che il principio di non refoulement e di non esposizione a trattamenti inumani e degradanti costituisce il principio fondamentale del diritto internazionale dei rifugiati. Se I.N. chiedesse asilo in Croazia, esso sarebbe rifiutato in forza dell’articolo 43, paragrafo 1, della legge croata sulla protezione internazionale, in quanto una protezione internazionale è stata concessa da uno Stato membro del SEE.

68.      La Croazia rileva che l’Islanda applica il regolamento Dublino III (63) ed è coinvolta nell’Eurodac (64). Pertanto, ad avviso della Croazia, si può ammettere che l’Islanda rispetta le norme dell’Unione sull’asilo e sulla protezione internazionale. Nel 2014, l’Islanda ha concluso un accordo con l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (65) sulle modalità della sua partecipazione (66).

69.      Pertanto, secondo la Croazia, sebbene nel SEE non vi sia attualmente un sistema per il mutuo riconoscimento delle decisioni in materia di asilo, il quadro normativo è definito dal sistema europeo comune di asilo e le condizioni per l’asilo in ciascun paese sono uniformi.

70.      A differenza della Croazia, la Commissione ritiene che la qualità di parte dell’accordo SEE dell’Islanda sia più pertinente che la sua appartenenza allo spazio Schengen per la soluzione della controversia. La Commissione sostiene che talune disposizioni dell’accordo SEE portano allo stesso risultato della sentenza Petruhhin. In udienza, la Commissione ha riconosciuto alcuni pezzi del puzzle della causa Petruhhin mancavano nel procedimento principale, quali il fatto che I.N. non è un cittadino dell’Unione, ma che tali pezzi mancanti potevano essere compensati da altre disposizioni dell’accordo SEE.

71.      La Commissione ricorda che, ai sensi dell’articolo 1 dell’accordo SEE, l’obiettivo di questo è di «promuovere il rafforzamento costante ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le Parti contraenti in pari condizioni di concorrenza e il rispetto delle stesse regole, nell’intento di instaurare uno Spazio economico europeo omogeneo».

72.      La Commissione menziona la dichiarazione comune delle Parti contraenti relativa alla decisione n. 158/2007 del Comitato misto SEE, che integra nell’accordo la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (67). Essa dispone, in particolare, che la nozione di cittadinanza dell’Unione non ha alcun equivalente nel diritto del SEE, e che l’accordo SEE non fornisce una base per i diritti politici dei cittadini del SEE.

73.      Tuttavia, tutti i diritti e le libertà di cui alla direttiva 2004/38 sono integrati nel diritto del SEE. A certe condizioni, i cittadini del SEE hanno il diritto di circolare nel SEE e di soggiornare fino a tre mesi in uno Stato contraente del SEE, a certe condizioni, senza discriminazioni, anche se non sono economicamente attivi (68). La Commissione afferma che spetta al giudice del rinvio decidere se la situazione di I.N. rientri nell’ambito di applicazione materiale degli articoli 28 o 36 dell’accordo SEE e della direttiva 2004/38, sottolineando che I.N. potrebbe essersi avvalso del suo diritto di ricevere servizi come turista (69). Secondo la Commissione, in ogni caso, I.N. rientra nell’ambito di applicazione dell’accordo SEE in virtù del fatto che ha lasciato l’Islanda per la Croazia. Pertanto, egli beneficia di una tutela contro la discriminazione (articolo 4 dell’accordo SEE e articolo 18 TFUE).

74.      Secondo la Commissione, la decisione della Corte nella causa Petruhhin era essenzialmente basata non sulla nozione astratta di cittadinanza, ma sui diritti di libera circolazione e sull’articolo 18 TFUE. La Commissione, inoltre, sostiene che nella sentenza Pisciotti (70) il punto di partenza per l’avvio della procedura nella sentenza Petruhhin era l’esistenza di una discriminazione ai sensi dell’articolo 18 TFUE, che corrisponde all’articolo 4 dell’accordo SEE.

75.      La Commissione ritiene che sia utile comparare la sentenza della Corte nella causa O. e B. (71) con quella della Corte EFTA nella causa Jabbi (72).  Nella causa O. e B., la Corte ha dedotto dall’articolo 21 TFUE l’esistenza di un diritto di soggiorno derivato per un cittadino di un paese terzo membro della famiglia di un cittadino dell’Unione europea nello Stato membro di origine di quest’ultimo. Nella causa Jabbi, la Corte AELS (EFTA) è giunta alla medesima conclusione applicando la direttiva 2004/38 ai cittadini del SEE non economicamente attivi, sebbene la Corte, nella sentenza O. e B., abbia rifiutato di applicare la direttiva 2004/38 in tal modo.

76.      La Commissione sottolinea che l’accordo SEE riconosce le «relazioni privilegiate tra la Comunità europea, i suoi Stati membri e gli Stati AELS (EFTA)» fondate «sulla vicinanza, su una secolare comunanza di valori» (73), basate su «norme comuni» (74) e con l’obiettivo che le parti contraenti si prefiggono di «raggiungere e mantenere un’interpretazione ed applicazione uniformi del presente accordo e delle disposizioni della normativa comunitaria che sono integrate, nella sostanza» nell’accordo SEE, «nonché di giungere a trattare su basi di parità i singoli cittadini e gli operatori economici per quanto riguarda le quattro libertà» (75). Gli articoli 105 e 106 dell’accordo SEE stabiliscono un’interpretazione uniforme (76).

77.      Pertanto, la Commissione conclude che devono essere osservati i principi di cui alla sentenza Petruhhin, argomentando che le autorità islandesi dispongono di uno strumento equivalente al mandato d’arresto europeo (77), ovverosia l’accordo sulla procedura di consegna. La Commissione conclude che le autorità croate devono informare l’Islanda della ricezione della domanda di estradizione della Russia, consentendo all’Islanda di chiedere la consegna della persona interessata, nella misura in cui essa sia in grado di esercitare l’azione penale nei confronti del suo cittadino, conformemente all’accordo sulla procedura sulla consegna. La Croazia deve dare priorità a tale domanda (78). Una volta ricevuta, la Croazia è tenuta a consegnare I.N. all’Islanda.

IV.    Analisi

A.      Individuazione degli elementi centrali della controversia in un sistema giuridico articolato su più livelli

78.      In via preliminare, è utile sottolineare che nella causa principale sono in gioco sette sistemi giuridici. Tre sistemi giuridici nazionali, ossia quelli di Islanda, Croazia e Russia, e tre sistemi giuridici transnazionali, ossia quelli dell’Unione europea, del Consiglio d’Europa e dello Spazio economico europeo, insieme agli strumenti giuridici universali del sistema di diritto internazionale pubblico, quali la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati (79). Tali sistemi si sovrappongono in una serie di cerchi concentrici, in cui nessun sistema prevale sull’altro, salvo nella circostanza eccezionale in cui uno di essi, eccezion fatta per la Russia o l’Islanda, interferisca con il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione (80).

79.      Tuttavia, una questione di questo tipo non si pone direttamente nella controversia principale. Pertanto, l’ordinamento giuridico sovranazionale, quale rappresentato dall’Unione europea, come ordinamento costituzionale aggiuntivo, non è gerarchicamente superiore o inferiore a quello del giudice del rinvio (81) o ad alcuno degli altri ordinamenti giuridici che si sovrappongono. Essi operano come sinergie che si influenzano a vicenda (82).

80.      In breve, ordinando i sistemi giuridici in questione – i molteplici ordinamenti giuridici che costituiscono il contesto normativo nella presente causa – ciascuno di tali sistemi è inter-gerarchico, senza però formare alcuna entità intra-gerarchica.

81.      Pertanto, il primo compito di fronte al quale si trova la Corte è quello di individuare le norme che le consentano di rispondere alle questioni poste, nel contesto di ciò che è stato descritto come una cooperazione multilivello delle Corti costituzionali europee (83), ovverosia questa Corte, la Corte europea di diritti dell’uomo e nella fattispecie la Corte suprema della Croazia (84). Nella controversia principale, detto trio è in realtà diventato un quartetto, data la rilevanza del ruolo della Corte AELS (EFTA) e della sua giurisprudenza per la soluzione della controversia.

82.      Mentre non vi è alcuna espressa disposizione nel TFUE che rispecchi l’articolo 6 dell’accordo SEE (85), la Corte, dopo aver osservato che uno dei principali obiettivi del SEE era di estendere il mercato interno realizzato nel territorio dell’Unione europea agli Stati contraenti dell’AELS, ha dichiarato che diverse disposizioni dell’accordo SEE miravano a «garantire un’interpretazione di tale accordo che sia la più uniforme possibile nell’insieme del SEE. (…) Spetta alla Corte, in tale ambito, controllare che le norme dell’Accordo SEE identiche nella sostanza a quelle del Trattato siano interpretate in maniera uniforme all’interno degli Stati membri» (86). Il cosiddetto principio di omogeneità rafforza la posizione del SEE nell’ordinamento costituzionale multilivello oggetto della presente analisi (87).

83.      Gli elementi centrali della controversia che devono essere risolti sono i seguenti: 1) la portata del diritto di circolare e di ricevere servizi nonché il divieto di discriminazione sulla base della nazionalità, tutelati sia dal TFUE (articoli 56 e 18) (88) sia dall’accordo SEE (articoli 36 e 4); 2) una giustificazione oggettiva per una chiara restrizione di tale diritto; 3) le norme e i fatti rilevanti ai fini di una giustificazione oggettiva nelle circostanze del procedimento principale, comprese le norme derivanti dal sistema europeo comune di asilo, il ruolo della fiducia reciproca e l’accordo internazionale costituito dall’accordo sulla procedura di consegna; 4) garantire il diritto fondamentale di I.N. di non essere esposto a trattamenti inumani e degradanti o a un flagrante diniego di giustizia, tutelato dagli articoli 6 e 13 CEDU e dagli articoli 4, 19 e 47 della Carta (89).

B.      Specificazione delle norme pertinenti

1.      Libertà di ricevere servizi

a)      Articoli 36 e 4 dellaccordo SEE

84.      Per quanto concerne l’individuazione delle norme, sulla base degli elementi sottoposti alla Corte in udienza riguardanti le attività di I.N. al momento del suo l’ingresso nel territorio croato, ossia il fatto che fosse in vacanza (v. punto 48 supra), si può concludere che egli era destinatario di servizi ai sensi dell’articolo 36 dell’accordo SEE relativo alla libera circolazione dei servizi. La Corte ha statuito che l’articolo 36 dell’accordo «è analogo all’articolo 56 TFUE», sicché una restrizione dell’articolo 56 TFUE «deve essere considerata, in linea di principio, parimenti contraria a detto articolo 36» (90). La Corte ha parimenti statuito che la formulazione dell’articolo 4 dell’accordo SEE è praticamente identica a quella dell’articolo 18 TFUE, cosicché tale articolo «dev[e] essere interpretat[o] in maniera uniforme» all’articolo 18 TFUE (91). Occorre ricordare che I.N. è stato discriminato sulla base della nazionalità per quanto riguarda la tutela dall’estradizione mentre riceveva servizi turistici.

85.      È importante rilevare che la Corte AELS (EFTA) ha applicato la decisione di questa Corte nella causa Cowan (92),  sancendo il diritto di ricevere servizi (93), e il divieto di discriminazione sulla base della nazionalità è sorto in tale contesto. Ciò può essere trasposto al procedimento principale, in cui tale diritto ricade nell’analisi di questa Corte anziché della Corte AELS (EFTA).

86.      In realtà, la restrizione dei diritti di I.N. di ricevere servizi turistici era molto più severa (detenzione nell’ambito di un procedimento penale, in vista dell’estradizione durante una vacanza) rispetto alla restrizione di cui alla causa Cowan (94). Tale causa riguardava l’esclusione dalla partecipazione a un fondo per la concessione di un indennizzo per una aggressione verificatasi durante una vacanza, esclusione però avvenuta dopo la vacanza.

87.      Inoltre, come sostenuto dall’ESA in udienza, il fatto che la restrizione sia intervenuta nell’ambito dell’applicazione del diritto penale è irrilevante (v. punto 47 supra), in quanto una distinzione a seconda che la restrizione sia fondata sul diritto civile, sul diritto amministrativo o sul diritto penale è sconosciuta alla giurisprudenza della Corte. A ciò aggiungerei che è stato stabilito prima dell’entrata in vigore dell’accordo SEE che le norme di diritto penale possono creare restrizioni alla libera circolazione (95) e che il divieto di discriminazione sulla base della nazionalità era già stato applicato dalla Corte nell’ambito di un procedimento penale (96).

88.      A fini di completezza aggiungo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Norvegia in udienza (punto 55 supra), non esiste un monopolio sull’individuazione di quale libertà sia in questione in un determinato caso nelle mani dei giudici degli Stati membri e che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, quest’ultima è tenuta a fornire al giudice del rinvio tutte le informazioni necessarie alla luce del diritto dell’Unione per consentirgli di dirimere la controversia di cui è investito (97).

89.      Farò quindi riferimento agli articoli 36 e 4 dell’accordo SEE nel rispondere alle questioni poste (v. paragrafo 124 infra).

b)      Larticolo 21 TFUE è irrilevante ai fini del procedimento principale

90.      Una volta individuati gli articoli 36 e 4 dell’accordo SEE quali norme centrali rilevanti, la questione se diritti accordati ai cittadini dell’Unione europea in forza dell’articolo 21 TFUE siano applicabili ai cittadini del SEE può essere accantonata, nonostante la discussione di tali questioni nelle osservazioni (98). Come osservato dall’agente dell’ESA in udienza, l’articolo 21 TFUE non può restringere i diritti di libera circolazione di cui ci si può già avvalere ai sensi dell’accordo SEE (punto 47 supra).

91.      Qualunque sia lo status dei diritti di cui all’articolo 21 TFUE alla luce del diritto dell’EFTA, questione che sarà a breve nuovamente analizzata (99) dalla Corte AELS (EFTA) (v. paragrafo 56 supra), ciò non ha alcuna rilevanza sull’esito del procedimento principale (100). È sufficiente affermare che lo scetticismo quanto alla rilevanza della giurisprudenza elaborata dalla Corte esclusivamente sulla base dell’articolo 21 TFUE, di cui un segmento è menzionato dalla Commissione al paragrafo 75 supra, sembrerebbe essere fondato, giacché l’articolo 21 TFUE è stato integrato nei trattati dal Trattato di Lisbona nel 2007, ben dopo l’entrata in vigore dell’accordo SEE il 1° gennaio 1994 (101).

2.      Giustificazione oggettiva

a)      La prevenzione dellimpunità costituisce una giustificazione oggettiva della restrizione della libertà di ricevere servizi

92.      Il diritto alla libera circolazione dei servizi turistici è oggetto di una giustificazione oggettiva nel diritto del SEE (102), così come lo è ai sensi dell’articolo 56 TFUE. Può la Croazia invocare la prevenzione dell’impunità come giustificazione oggettiva della restrizione dei diritti di I.N. alla libera circolazione ai sensi dell’articolo 36 dell’accordo SEE ponendolo in stato di arresto provvisorio a fini estradizionali laddove il medesimo trattamento non è concesso ai cittadini croati?

93.      È solo qui che la sentenza Petruhhin (103) inizia a divenire rilevante nel procedimento principale, sebbene essa sembri essere stata un elemento centrale del procedimento dinanzi ai giudici croati, influenzando in tal modo, in modo forse sproporzionato, il contenuto del fascicolo.

94.      La Corte ha dichiarato nella sentenza Petruhhin che l’obiettivo di evitare il rischio di impunità di una persona che ha commesso un reato deve, in linea di principio, «essere considerato legittimo nel diritto dell’Unione» (104), e tale approvazione di principio della prevenzione del rischio di impunità come giustificazione di una restrizione della libera circolazione è stata ribadita nelle successive sentenze Pisciotti (105) e Raugevicius (106).

95.      L’imperativo di omogeneità tra il diritto del SEE e il diritto dell’Unione sembrerebbe imporre una risposta positiva all’autorità della Croazia di invocare la prevenzione del rischio d’impunità ai fini della detenzione e dell’estradizione di I.N. Dato che le restrizioni alla libera circolazione possono essere basate sul diritto penale, sarebbe illogico vietare a uno Stato membro di basarsi su considerazioni fondate a loro volta sull’applicazione del diritto penale ai fini della giustificazione.

96.      Tuttavia, si tratta di una questione distinta da quella se, alla luce di tutte le circostanze del procedimento principale, gli atti delle autorità croate ad oggi «poss[a]no essere giustificate da considerazioni oggettive (...) necessarie ai fini della tutela degli interessi che esse mirano a garantire e soltanto nella misura in cui tali obiettivi non possano essere raggiunti mediante misure meno restrittive» (107).

b)      Lassenza di fiducia reciproca nel diritto del SEE non ostacola lapplicazione della giurisprudenza Petruhhin

97.      In primo luogo, condivido gli argomenti avanzati dalla Norvegia in udienza secondo i quali il principio della fiducia reciproca, quale si è evoluto nell’Unione europea dal Trattato di Lisbona del 2007, non trova applicazione nel diritto del SEE. Nonostante la natura sui generis dell’ordinamento giuridico del SEE e la prossimità delle relazioni tra gli Stati AELS e gli Stati membri dell’Unione europea come descritta dall’ESA (v. paragrafo 44 supra), nonché le disposizioni dell’accordo SEE, richiamate dalla Commissione (v. paragrafo 76 supra), relative al rapporto privilegiato tra il SEE e l’Unione europea, resta il fatto che la fiducia reciproca, prima del trattato di Lisbona, era praticamente ai suoi albori (108). Come rileva la Norvegia (v. paragrafo 59 supra), l’articolo 3, paragrafo 2, TUE non ha equivalenti dell’accordo SEE.

98.      Non condivido tuttavia la posizione della Norvegia secondo la quale, poiché, nella sentenza Petruhhin, la Corte si è basata sul ricorso a un mandato d’arresto europeo come alternativa all’estradizione meno restrittiva della libera circolazione, la stessa ha ritenuto che il ricorso a un mandato d’arresto europeo costituisca la sola alternativa accettabile di cui un accusato può avvalersi quando uno Stato membro invoca la prevenzione dell’impunità come restrizione giustificata della libera circolazione.

99.      Ciò è confermato dalla sentenza nella causa Pisciotti, in cui, a differenza della sentenza Petruhhin, non era stato fatto alcun riferimento alle disposizioni della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo (109) in relazione alla cooperazione (cfr. gli argomenti della Norvegia riprodotti ai paragrafi da 57 a 59 supra). Nella sentenza Pisciotti, l’accento era posto sulla disponibilità di un meccanismo in forza del quale l’accusato possa realmente essere perseguito in modo effettivo. In tale sentenza la Corte ha statuito quanto segue:

«Al riguardo, la Corte ha dichiarato che occorre preferire lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza nell’ottica di fornire, all’occorrenza, alle autorità di tale Stato membro l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio dell’azione penale.  Pertanto, quando a uno Stato membro, nel quale si sia recato un cittadino dell’Unione avente la cittadinanza di un altro Stato membro, viene presentata una richiesta di estradizione da parte di uno Stato terzo con il quale il primo Stato membro ha concluso un accordo di estradizione, esso è tenuto a informare lo Stato membro di cui tale soggetto ha la cittadinanza e, se del caso, a consegnargli tale cittadino su domanda di quest’ultimo Stato membro, conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2002/584, a condizione che tale Stato membro sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per fatti commessi al di fuori del suo territorio nazionale (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punti 48 e 50)» (110).

100. Di conseguenza, ritengo che in tale sentenza l’accento fosse posto sulla disponibilità di un’alternativa che consentisse di evitare l’impunità in misura uguale o simile all’estradizione. Nei paragrafi da 119 a 123 infra, esaminerò la questione se le misure adottate dall’Islanda ad oggi rispettano detta soglia.

c)      La fiducia reciproca e il sistema europeo comune di asilo

101. Sebbene io riconosca che, in forza del regime di adesione della Croazia all’Unione europea, la sua partecipazione all’acquis di Schengen è solo parziale (paragrafo 15 supra) (111), la Croazia partecipa tuttavia al sistema europeo comune di asilo. Non solo la Croazia è parte del regolamento Dublino III (112) (le cui conseguenze sono state considerate dalla Corte nella sentenza A.S. (113)) e del regolamento Eurodac, (114) ma essa ha anche attuato e applica regolarmente la direttiva sulle qualifiche (115), la direttiva sulle procedure (116) e la direttiva accoglienza (117). Essa è pertanto vincolata all’articolo 80 TFUE, in forza del quale l’attuazione del sistema europeo comune di asilo è governata «dal principio di solidarietà».

102. Gli ampi parametri alla base della partecipazione a Dublino III, sia per gli Stati membri sia per gli Stati associati Schengen, quali l’Islanda, sono stati esaminati dall’avvocato generale Sharpston nelle sue conclusioni nelle cause A.S. e Jafari (118). Ella ha osservato quanto segue:

«Il CEAS è stato concepito in un contesto che permetteva di attendersi ragionevolmente che l’insieme degli Stati partecipanti, siano essi Stati membri o paesi terzi, rispettassero i diritti fondamentali, compresi i diritti che trovano fondamento nella Convenzione di Ginevra e nel Protocollo del 1967, nonché nella CEDU (…), e che gli Stati membri potessero pertanto fidarsi reciprocamente a tale riguardo (…). “È proprio in ragione di tale principio di reciproca fiducia che il legislatore dell’Unione ha adottato [il regolamento Dublino III], al fine di razionalizzare il trattamento delle domande d’asilo e di evitare la saturazione del sistema con l’obbligo, per le autorità nazionali, di trattare domande multiple introdotte da uno stesso richiedente, di accrescere la certezza del diritto quanto alla determinazione dello Stato competente ad esaminare la domanda d’asilo e, così facendo, di evitare il ’forum shopping’; tutto ciò con l’obiettivo principale di accelerare il trattamento delle domande nell’interesse tanto dei richiedenti asilo quanto degli Stati partecipanti” (…). Le suddette questioni riguardano l’essenza della nozione di “spazio di libertà, sicurezza e di giustizia” (…) e, più in particolare, del CEAS, fondato sulla fiducia reciproca e su una presunzione di osservanza, da parte degli altri Stati membri, del diritto dell’Unione e, segnatamente, dei diritti fondamentali (…)» (119).

103. Per quanto riguarda l’Islanda, nel 2001, la Comunità europea, quale era all’epoca, ha concluso un accordo con la Norvegia e l’Islanda sui criteri e i meccanismi per determinare lo Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in Islanda o in Norvegia (120). Di conseguenza, come rilevato dalla Croazia (v. paragrafo 68 supra), l’Islanda è parte di Dublino III e dell’Eurodac (121), ed è coinvolta nell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo per effetto di un accordo internazionale, mentre l’ESA ha rilevato (v. paragrafo 47 supra) che l’articolo 15 della direttiva sulle qualifiche è richiamato nel diritto islandese.

104. Tali fattori, unitamente alla più ampia partecipazione dell’Islanda all’acquis di Schengen quale Stato associato Schengen (122), vincolano la Croazia e l’Islanda a un obbligo di reciproca fiducia in relazione alle decisioni adottate nell’ambito della politica europea in materia di asilo e, in particolare, del regolamento Dublino III.

105. Occorre sottolineare che la reciproca fiducia non si limita, nella giurisprudenza della Corte, alla fiducia nel rispetto dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo e alla corretta applicazione della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati (123). Essa si estende al diritto dell’Unione più in generale (124), presupponendo così che il regolamento Dublino III sia stato correttamente applicato in Islanda o, come affermato dall’ESA (v. punto 47 supra), imponendo una presunzione secondo la quale la concessione dell’asilo da parte dell’Islanda era fondata, poiché l’Islanda ha ritenuto di essere lo Stato parte competente in forza del capo III del regolamento Dublino e ha effettivamente difeso la sua decisione in udienza (v. punto 51 sopra). Tale approccio è altresì coerente con le priorità e gli imperativi di organizzazione di Dublino III, come spiegato dall’avvocato generale Sharspston nelle sue conclusioni citate al paragrafo 102 supra (razionalizzare il trattamento delle domande di asilo; evitare la saturazione del sistema; promuovere la certezza del diritto; evitare il forum shopping).

106. Ad oggi, la Corte ha in effetti attenuato il ruolo della reciproca fiducia nel contesto del regolamento Dublino III unicamente al fine di garantire i diritti fondamentali dei richiedenti asilo (125). Sarebbe assiomatico se la reciproca fiducia potesse affievolirsi nell’ambito di Dublino III con il risultato che i diritti in questione sarebbero annullati.

107. Ciò significa che a ragione la Croazia sostiene (v. paragrafo 68 supra) che si deve ammettere che l’Islanda rispetta le norme dell’Unione in materia di asilo e di protezione internazionale, e che tutti i meccanismi di cooperazione tra i due Stati si applicano per trattare il caso di I.N. (126). La fiducia reciproca nell’ambito del sistema europeo comune di asilo è il genere di fiducia reciproca da prendere in considerazione nella valutazione della risposta della Croazia alle domande dell’Islanda, ad oggi, nei confronti dei principi di cui alla sentenza Petruhhin, anziché la fiducia reciproca nell’ambito della cooperazione in materia penale ai sensi del diritto dell’Unione, o l’estensione e lo sviluppo delle regole di buona fede inerenti all’accordo SEE. Conformemente al sesto considerando del Protocollo (n. 19) sull’acquis di Schengen (127), deve essere mantenuto un «rapporto speciale» con l’Islanda e la Norvegia.

108. A ciò occorre aggiungere che la fiducia reciproca che la Croazia è tenuta ad accordare all’Islanda non è in alcun modo intaccata dal fatto che I.N. ha acquisito la cittadinanza islandese. In primo luogo, i documenti rilasciati dall’Islanda che concedevano a I.N. lo status di rifugiato erano ancora validi al momento del suo attraversamento della frontiera croata. In secondo luogo, I.N. non poteva chiedere asilo né ai sensi della legge croata (v. paragrafi 35 e 67 supra) né ai sensi del regolamento Dublino III (128), in quanto egli aveva già ottenuto l’asilo in uno Stato parte. In terzo luogo, la concessione dell’asilo in Islanda è rimasta pertinente ai fini della protezione di I.N. contro le condotte vietate dalla Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati (129) e per prevenire il forum shopping, uno dei principali obiettivi del regolamento Dublino III (130). In quarto luogo, lo status di rifugiato di I.N. non è stato revocato attraverso una delle procedure previste a tal fine dal diritto dell’Unione (131).

109. Riconosco che l’articolo 1, sezione c), della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati individua, al punto 3, nell’acquisizione di «una nuova cittadinanza e [nella fruizione] della protezione dello Stato di cui [il richiedente] ha acquistato la cittadinanza» una delle ragioni per la cessazione dello status di rifugiato. Tuttavia, alla luce dell’obiettivo della Convenzione, la cessazione per mezzo dell’acquisizione di una cittadinanza può applicarsi unicamente «se il fondamento sul quale lo status di rifugiato è stato concesso è venuto meno e la protezione non è pertanto più necessaria o giustificata» (132). Come dimostrato dal procedimento principale, le peculiarità dell’amministrazione del sistema europeo comune di asilo comportano che lo status di rifugiato può rimanere «necessario» per assicurare la protezione, anche dopo l’acquisizione di una nuova cittadinanza. È in tale contesto che occorre leggere l’articolo 1, sezione c), punto 3, della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, e ciò osta alla sua interpretazione letterale. Il preambolo della convenzione in parola indica che «l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha più' volte manifestato il suo profondo interessamento per i rifugiati e che essa si e' preoccupata di garantire loro l’esercizio dei diritti dell’uomo e delle liberta' fondamentali nella maggiore misura possibile» (133).

110. Infine, nulla potrebbe essere più antitetico ai diritti fondamentali di I.N. che rimuovere la protezione concessagli attraverso l’applicazione del regolamento Dublino III da parte dell’Islanda con il decreto di acquisizione della cittadinanza islandese.

d)      Le norme rilevanti sulla tutela dei diritti fondamentali di I.N.

111. In tema di diritti fondamentali, I.N. intende evitare di essere esposto a trattamenti o pene inumani o degradanti e a un processo non equo. In riferimento a entrambi tali diritti, I.N. è trattato diversamente rispetto a un cittadino croato, per via del divieto previsto dalla costituzione croata di estradizione dei cittadini.

112. In questa fase, potrebbe essere utile precisare che il procedimento principale rappresenta un esempio di sovrapposizione nelle sinergie dei cerchi concentrici che racchiudono la serie di organizzazioni internazionali in questione, in quanto i diritti sostanziali in esame sono tutelati in modo analogo in tutti e tre gli strumenti giuridici, nonostante possano altrimenti essere considerati come concorrenti; vale a dire la CEDU, la Carta e l’accordo SEE. Il divieto di trattamenti inumani e degradanti fa parte del patrimonio costituzionale europeo comune.

113. Prendo atto del fatto che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rilevato che «sebbene la Corte EFTA abbia espresso il parere che le disposizioni dell’accordo SEE “devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali” al fine di rafforzare la coerenza tra il diritto del SEE e il diritto dell’Unione [v., in particolare, sentenza della Corte AELS (EFTA) nella causa E-28/15, Yankuba Jabbi [2016] punto 81], l’accordo SEE non include la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea né alcun riferimento ad altri strumenti giuridici aventi il medesimo effetto, quali la convenzione» (134).

114. Tuttavia, nell’ambito del procedimento principale, ciò semplicemente non rileva, in quanto il dovere degli organi giurisdizionali degli Stati contraenti di valutare il rischio di esposizione a trattamenti inumani e degradanti prima dell’estradizione è incorporato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 3 CEDU (135). Il passaggio verso il diritto dell’Unione e la Carta deriva dal fatto che la Corte ha statuito che «il divieto di trattamenti inumani o degradanti previsto dall’articolo 4 della Carta corrisponde a quello previsto dall’articolo 3 della CEDU e, in tal misura, il suo senso e la sua portata sono, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, gli stessi che conferisce detta convenzione» (136). Il livello di tutela dei diritti fondamentali degli individui può essere esteso attraverso un rafforzamento dell’ambito di applicazione della Carta (ad esempio, forse, nel caso della tutela della proprietà ai sensi della Carta, come riflesso all’articolo 17 della Carta e nel suo espresso riferimento alla proprietà intellettuale), ma nel procedimento principale non si pone una situazione del genere.

115. Il passaggio verso il diritto del SEE è costituito dal fatto che la CEDU è un’importante fonte consolidata del diritto del SEE, il cui accordo indica al primo considerando che il contributo del SEE «porterà alla costruzione di un’Europa fondata sulla pace, la democrazia e i diritti dell’uomo», il che estende alle parti contraenti dell’accordo SEE l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali quando esse derogano al diritto del SEE (137).

116. Nel diritto dell’Unione, come nel diritto della CEDU, il divieto di estradizione ove esista un rischio di trattamenti inumani o degradanti si applica a chiunque, indipendentemente dalla nazionalità. Ciò è riflesso nella parola «nessuno» di cui all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, disposizione che importa nel diritto dell’Unione i principi elaborati dalla Corte dei diritti dell’uomo relativamente all’articolo 3 CEDU (138). Pertanto, il fatto che I.N. non sia un cittadino dell’Unione europea è irrilevante ai fini dell’esercizio di tale diritto sostanziale, considerata l’ampiezza del suo ambito di applicazione ratione personae.  L’articolo 19, paragrafo 2, si applica indipendentemente da qualsiasi discriminazione e dalla cittadinanza dell’Unione europea (139).

117. Per quanto riguarda il divieto di sottoposizione a un processo ingiusto in violazione dell’articolo 47 della Carta, per via di carenze sistemiche, la Corte ha riconosciuto ad oggi tale divieto solo in un contesto intra-europeo, e solo nell’ambito del mandato d’arresto europeo (140). Tuttavia, come ho osservato nelle mie conclusioni nella causa Minister for Justice and Equality (141),  la Corte europea dei diritti dell’uomo vieta agli Stati contraenti di espellere una persona nel caso in cui questa corra un rischio reale nel paese di destinazione di essere esposta a un flagrante diniego di giustizia in violazione dell’articolo 6 CEDU (142). Ritengo pertanto che l’ambito di applicazione materiale dell’articolo 47 della Carta si estenda parimenti a una situazione in cui chiunque, indipendentemente dalla sua nazionalità (143), sia esposto a un simile diniego di giustizia in uno Stato terzo, purché la sua situazione rientri nell’ambito di applicazione della Carta. Ciò in quanto l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta prevede che i diritti garantiti dalla Carta corrispondenti a quelli previsti dalla CEDU devono essere interpretati allo stesso modo, lasciando all’Unione il potere di prevedere un livello di protezione più elevato. In altri termini, se l’articolo 6 CEDU vieta l’espulsione quando una persona corre il rischio di un flagrante diniego di giustizia, lo stesso deve fare l’articolo 47 della Carta.

118. La situazione di I.N. rientra nell’ambito di applicazione della Carta sotto due profili. In primo luogo, in forza sia del diritto del SEE sia della normativa relativa ai diritti fondamentali dell’Unione europea, le deroghe alla libera circolazione devono rispettare i diritti fondamentali (144). In secondo luogo, poiché il giudice del rinvio è vincolato dalla fiducia reciproca ai sensi del regolamento Dublino III, tutte le disposizioni pertinenti del regolamento Dublino III, quali l’articolo 3, paragrafo 1, e il suo (implicito) divieto di domande di asilo multiple, devono essere interpretate e applicate in conformità della Carta (145).

V.      Fatti rilevanti e risposte alle questioni poste

119. Ho risposto alle questioni pregiudiziali poste nel senso illustrato ai paragrafi da 7 a 9 supra sulla base dei principi giuridici esposti nella parte IV e degli importanti elementi di fatto seguenti.

120. I termini impiegati nella domanda 2 lasciano intendere che l’Islanda ha chiesto il rimpatrio di I.N. «per lo svolgimento del procedimento per il quale è stata richiesta l’estradizione». Tuttavia, le risposte ai quesiti posti all’Islanda in udienza hanno chiarito che la comunicazione rilasciata dall’ambasciata d’Islanda a Berlino il 24 luglio 2019 non conteneva una specifica domanda in tal senso (v. paragrafo 53 supra). Inoltre, l’agente dell’Islanda ha affermato in udienza che la Croazia era tenuta a fornire all’Islanda i documenti in suo possesso affinché essi potessero essere trasferiti al procuratore generale indipendente in Islanda, il quale valuterà in seguito se perseguire I.N. in Islanda (v. paragrafo 50 supra). Tuttavia, non vi sono elementi nel fascicolo che indichino con precisione quando e se l’Islanda abbia effettivamente fatto tale richiesta alla Croazia.

121. Non è neppure stata fatta alcuna menzione quanto alla questione se la controversia tra la Croazia e l’Islanda fosse stata deferita al Comitato misto istituito in forza dell’articolo 3 dell’accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia relativo ai criteri e meccanismi per determinare lo Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno Stato membro oppure in Islanda o in Norvegia (146).

122. Pertanto, a mio avviso, sarebbe prematuro per la Corte rispondere affermativamente alla questione 2 e obbligare la Croazia a procedere attivamente al rilascio di I.N. sulla base dell’accordo sulla procedura di consegna (147). Se l’Islanda emette un mandato di arresto (148), sarà compito del giudice croato, sulla base di tutti gli elementi di prova rilevanti, valutare se ciò che propone l’Islanda garantisca la prevenzione dell’impunità in modo equivalente all’estradizione, punto nodale della sentenza Petruhhin (v. paragrafi 99 e 100 supra). Ciò premesso, le mie osservazioni relative all’accordo sulla procedura di consegna si limitano a rilevare che, prima facie, una tale garanzia è fornita e che, contrariamente agli argomenti della Norvegia (v. paragrafi da 57 a 59 supra), essa non è ridotta per via dell’assenza di un espresso riferimento alla fiducia reciproca, atteso che il rigore dell’accordo sulla procedura di consegna è ampiamente dimostrato da altre disposizioni (149).

123. Allo stesso tempo, la mia risposta alla questione 2 non consente in alcun modo ai giudici croati di agire in modo incompatibile con la decisione dell’Islanda, dell’11 giungo 2015, di concedere l’asilo a I.N. (anche se qualsiasi valutazione da parte dei giudici croati della situazione in Russia sarà operata in considerazione delle circostanze attuali anziché di quelle del 2015), per via dell’obbligo di fiducia reciproca tra l’Islanda e la Croazia derivante dalla loro partecipazione al sistema comune europeo di asilo e, più in particolare, al regolamento Dublino III (150).

VI.    Conclusioni

124. Propongo pertanto di rispondere alle questioni sottoposte dalla Corte suprema della Croazia nei seguenti termini:

«1.      Nelle circostanze di cui al procedimento principale, gli articoli 4 e 36 dell’accordo SEE devono essere interpretati nel senso che uno Stato membro dell’Unione europea che decide sull’estradizione verso un paese terzo di un cittadino di uno Stato che non è membro dell’Unione europea, ma che è uno Stato associato a Schengen, è tenuto a informare tale Stato associato a Schengen della domanda di estradizione. Lo Stato membro è inoltre tenuto a trasmettere allo Stato associato a Schengen ogni elemento in suo possesso che possa essere d’aiuto a quest’ultimo nel decidere se perseguire penalmente il cittadino in parola e chiederne la consegna. In aggiunta, stante l’obbligo di fiducia reciproca inerente al sistema europeo comune di asilo, compreso il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, è vietato alle autorità dello Stato membro, inclusi i suoi organi giurisdizionali, agire in maniera incompatibile con la concessione dell’asilo che precede l’acquisizione della cittadinanza di tale Stato associato a Schengen. Ciò si applica, al momento dell’esame del rischio per il cittadino dello Stato associato a Schengen di essere esposto a trattamenti inumani o degradanti o a un flagrante diniego di giustizia, alla data del procedimento dello Stato membro, se estradato verso uno Stato terzo.

2.      Nel caso in cui lo Stato associato a Schengen debba ancora emettere una domanda di estradizione, lo Stato membro non è tenuto a consegnare attivamente il cittadino dello Stato associato a Schengen in forza dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sulla procedura di consegna tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’Islanda e la Norvegia. In caso di domanda di estradizione, è compito degli organi giurisdizionali dello Stato membro stabilire se, alla luce di tutte le circostanze, la domanda di estradizione offra garanzie contro l’impunità equivalenti all’estradizione verso lo Stato terzo, restando al contempo tenute a conformarsi alla concessione anteriore dell’asilo dello Stato associato a Schengen».


1 Lingua originale: l’inglese.


2      L’articolo 216, paragrafo 2, TFUE dispone che gli accordi conclusi dall’Unione vincolano le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri. V., ad esempio, sentenza del 30 aprile 1974, Haegeman (181/73, EU:C:1974:41, punto 5).


3      Sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).


4      V. accordo concluso dal Consiglio dell’Unione europea con la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen (GU 1999, L 176, pag. 36) (in prosieguo: l’«accordo di associazione a Schengen»).


5      (GU 2013, L 180, pag. 31), che abroga, all’articolo 48, il regolamento (CE) n.°343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003 (Dublino II).


6      Accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia relativo ai criteri e meccanismi per determinare lo Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno Stato membro oppure in Islanda o in Norvegia (GU 2001, L 93, pag. 40).


7      Le norme primarie e legislative fondamentali del sistema europeo comune di asilo sono le seguenti: articoli 67, 78 e 80 TFUE nonché articolo 18 della Carta; il regolamento Dublino III; il regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (in prosieguo: il «regolamento Eurodac» (GU 2013, L 180, pag. 1); la direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (rifusione) (in prosieguo: la «direttiva sulle qualifiche») (GU 2011, L 337, pag. 9); la direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione) (in prosieguo: la «direttiva sulle procedure» (GU 2013, L 180, pag. 60); la direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (in prosieguo: la «direttiva sull’accoglienza») (GU 2013, L 180, pag. 96); il regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, che istituisce l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (GU 2010, L 132, pag. 11); la direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi (GU 2001, L 212, pag. 12).


8      (GU 2006, L 292, pag. 2). Tale accordo è incorporato nel diritto dell’Unione dalla decisione del Consiglio, del 27 novembre 2014, riguardante la conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia relativo alla procedura di consegna tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’Islanda e la Norvegia (GU 2014, L 343, pag. 1) (in prosieguo: l’«accordo sulla procedura di consegna»).


9      Convenzione europea di estradizione (STE n. 024). Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (STE n. 030), entrata in vigore il 12 giugno 1962. La Russia ha ratificato entrambe le convenzioni, e il secondo protocollo addizionale alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (STE n. 182), entrato in vigore per la Russia il 1° gennaio 2020. Sotto l’egida del Consiglio d’Europa vi è, inoltre, una Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate (STE n. 112).


10      Firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 ed entrata in vigore il 22 aprile 1954 [United Nations Treaty Series, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], come completata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo, congiuntamente: la «Convenzione di Ginevra»).


11      Ordinanza del 6 settembre 2017, Peter Schotthöfer & Florian Steiner (C‑473/15, EU:C:2017:633, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


12      V., ad esempio, sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria) (C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589).


13      Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586).


14      V. nota 5 supra.


15      V. nota 8 supra.


16      GU 2000, L 239, pag. 19, in prosieguo: la «Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen».


17      GU 2012, C 326, pag. 1.


18      Ibid.


19      V. nota 4 supra.


20      V. decisione del Consiglio dell’Unione europea, del 5 dicembre 2011, relativa all’ammissione della Repubblica di Croazia all’Unione europea e dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica ad essa allegato (GU 2012, L 112, pag. 6).


21      L’allegato II esordisce con l’accordo fra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni del 14 giugno 1985 (GU 2000, L 239, pag. 13) (in prosieguo: l’«accordo di Schengen del 14 giugno 1985»)


22      GU 1994, L 1, pag. 3.


23      V. nota 9 supra.


24      Sentenza del 6 settembre 2019 (C‑182/15, EU:C:2016:630).


25      V. nota 5 supra.


26      I.N. fa riferimento alla sentenza del 2 febbraio 1989, Cowan (186/87, EU:C:1989:47, punto 10).


27      Sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).


28      (...) che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77).


29      (GU 2008, L 124, pag. 20).


30      Sentenza della Corte AELS (EFTA) del 24 novembre 2014, Islanda c. Gunnarsson, E-27/13, EFTA Ct. Rep.


31      Sentenza della Corte AELS (EFTA) del 26 luglio 206, Jabbi c. Governo norvegese, E-28/15, EFTA Cp. Rep.


32      I.N. richiama le sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), e del 13 novembre 2018, Raugevicius (C‑247/17, EU:C:2018:898).


33      V. nota 8 supra.


34      (GU 2002, L 190, pag. 1). In prosieguo: la «decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo»).


35      V. nota 8 supra.


36      Per quanto riguarda i diritti e le deroghe relativi alla libera circolazione di cui all’articolo 21 TFUE, il pubblico ministero richiama le sentenze del 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291); del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), e del 13 novembre 2018, Raugevicius (C‑247/17, EU: c: 218: 898).


37      (C‑182/15, EU:C:2016:330).


38      La Grecia ha richiamato anche altre sentenze, quali la sentenza del 5 luglio 2007, Commissione/Belgio (C‑522/04, EU:C:2007:405).


39      Sono stati richiamati a tale riguardo i primi due considerando dell’accordo SEE.


40      (C‑473/15, EU:C:2017:633).


41      A tale riguardo, l’ESA richiama la sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 83).


42      V. nota 7 supra.


43      Sentenza del 2 febbraio 1989 (C‑186/87, EU:C:1989:47).


44      Sentenza del 22 luglio 2013, E-15/12, EFTA Ct. Raccolta


45      V. nota 8 supra.


46      L’Islanda ha richiamato la sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105).


47      Come previsto dall’articolo 47 della Carta. Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586)


48      United Nations, Treaty Series, vol. 596, pag. 261.


49      V. nota 8 supra. L’accordo sulla procedura di consegna è entrato in vigore il 1° novembre 2019.


50      Campbell c. Governo norvegese, E-4/19 (pendente).


51      Sentenza del 26 luglio 2016, Jabbi c. Governo norvegese, E-28/15, EFTA Ct. Rep.


52      V. nota 34 supra. La Norvegia ha affermato che l’accordo sulla procedura di consegna era invece disciplinato dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), UNTS vol. 1155, pag. 331.


53      La Norvegia fa riferimento ai punti 37 e 40 della sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).


54      V. nota 34 supra.


55      La Norvegia ha richiamato la sentenza della Corte AELS (EFTA) del 19 aprile 2016, Holship Norge AS c. Norsk Transportarbeiderforbund, E-14/15, EFTA Ct. Rep., punto 123.


56      Sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin  (C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 62).


57      Ibid., punti 58 e 62.


58      La Croazia fa riferimento alle sentenze dell’11 settembre 2007, Commissione/Germania (C‑318/05, EU:C:2007:495, punto 32 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979, punti 35 e 70).


59      La Croazia richiama la sentenza del 2 febbraio 1989, Cowan (186/87, EU:C:1989:47, punti da 17 a 19).


60      Sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).


61      V. nota 16 supra.


62      Esso è costituito di tre regolamenti: il regolamento (UE) 2018/1860 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018, relativo all’uso del sistema d’informazione Schengen per il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2018, L 312, pag. 1); il regolamento (UE) 2018/1861 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen (SIS) nel settore delle verifiche di frontiera, che modifica la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e abroga il regolamento (CE) n. 1987/2006 (GU 2018, L 312, pag. 14); il regolamento (UE) 2018/1862 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen (SIS) nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale, che modifica e abroga la decisione 2007/533/GAI del Consiglio e che abroga il regolamento (CE) n. 1986/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2010/261/UE della Commissione (GU 2018, L 312, pag. 56).


63      V. nota 6 supra.


64      V. nota 7 supra.


65      V. nota 7 supra.


66      La Croazia fa riferimento alla decisione 2014/194/UE del Consiglio, dell’11 febbraio 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda sulle modalità di partecipazione di quest’ultima all’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (GU 2014, L 106, pag. 2).


67      V. nota 30 supra.


68      La Commissione fa riferimento agli articoli da 4 a 7 della direttiva 2004/38 nonché ai punti 78 e 79 della sentenza della Corte EFTA del 22 luglio 2013, Wahl, E-15/12, EFTA Cp. Rep.


69      La Commissione fa qui riferimento alle sentenze del 2 febbraio 1989, Cowan (186/87, EU:C:1989:47, punti da 14 a 17), e del 25 aprile 2012, Granville, E-13/11, EFTA Ct. Rep., punto 37.


70      Sentenza del 10 aprile 2018 (C‑191/16, EU:C:2018:222).


71      Sentenza del 12 marzo 2014 (C‑456/12, EU:C:2014:135).


72      Sentenza della Corte AELS (EFTA) del 26 luglio 2016, Jabbi c. Governo norvegese, E-28/15, EFTA Ct. Rep., punti da 66 a 77. La Commissione, inoltre, richiama la sentenza della Corte AELS (EFTA) del 24 novembre 2014, Islanda c. Gunnarsson, E-27/13, punti da 79 a 82.


73      Secondo considerando dell’accordo SEE.


74      Quarto considerando dell’accordo SEE.


75      Quindicesimo considerando dell’accordo SEE.


76      Sentenza della Corte EFTA del 26 luglio 1017, Jabbi c. Governo norvegese, E-28/15, EFTA Ct. Rep., punti da 68 a 70.


77      V. nota 34 supra.


78      La Commissione fa qui riferimento alle sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), e del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222).


79      V. nota 10 supra.


80      V. sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, in particolare i punti 58 e 59). V., più di recente, sentenza del 29 luglio 2019, Spiegel Online  (C‑516/17, EU:C:2019:625, punto 21).


81      Pernice, I., «Multilevel Constitutionalism and the Crisis of Democracy in Europe» 11 (2015), European Constitutional Law Review, pag. 541, pagg da. 544 a 545.


82      V. Lenaerts, K., «The European Court of Human Rights and the Court of Justice of the European Union: Creating Synergies in the Field of Fundamental Rights Protection», 1 (2018) Il Diritto del’Unione Europea, pag. 9, e un discorso sullo stesso tema dato presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Sofia il 23 marzo 2018.


83      Voßkuhle, A; Multilevel Cooperation of the European Constitutional Court «Der Europäische Verfassungsgerichtsverbund» 6 (2010), European Constitutional Law Review, pag. 175.


84      Sulle Corti costituzionali degli Stati membri in tale paradigma, v. Popelier, P., Mazmanyan, A., e Vandenbruwaene, W., (eds.), The Role of Constitutional Courts in Multilevel Governance, Intersentia, 2013.


85      La prima versione dell’accordo SEE conteneva una simile disposizione (articolo 104, paragrafo 1). Tuttavia, nel parere emesso ai sensi dell’art. 228, n. 1, secondo comma, del Trattato CEE - Progetto di accordo tra la comunità ed i paesi dell’associazione europea di libero scambio relativo alla creazione dello Spazio economico europeo (Parere 1/91, EU:C:1991:490), la Corte ha dichiarato l’incompatibilità di tale disposizione con il diritto dell’Unione. V. Baudenbacher, C., «The EFTA Court: Structure and Tasks» in The Handbook of EEA Law, Springer, 2016, pag. 179, pag. 188.


86      Sentenza del 23 settembre 2003, Ospelt e Schlössle Weissenberg (C‑452/01, EU:C:2003:493, punto 29). V., più di recente, ad esempio, sentenze del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C‑284/09, EU:C:2011:670, punto 95); del 19 luglio 2012, A (C‑48/11, EU:C:2012:485, punto 22), e dell’11 settembre 2014, Essent Belgium  (da C‑204/12 a C‑208/12, EU:C:2014:2192, punto 72 e giurisprudenza ivi citata). Dinanzi al Tribunale, v. sentenza del 22 gennaio 1997, Opel Austria/Consiglio  (T‑115/94, EU:T:1997:3).


87      L’assenza di gerarchia tra le sfere che si sovrappongono è evidenziata da alcuni commenti secondo i quali la Corte AELS (EFTA) accorda maggiore importanza al diritto a un processo equo previsto all’articolo 6 CEDU rispetto questa Corte. V., ad esempio, Baudenbacher, B., «The EFTA Court and the Court of Justice of the European Union: Coming in Parts But Winning Minds» in The Court of Justice and the Construction of Europe: Analyses and Perspectives on Sixty Years of Case-law, T.M.C. Asser Press (2013), pag. 183, pag. 198, che fa riferimento a un commento su un blog di de la Serr, E.B. della sentenza dell’8 dicembre 2011, KME e a./Commissione (C‑272/09 P, EU:C:2011:810), e della sentenza dell’8 dicembre 2011, Chlakor/Commissione (C‑386/10 P, EU:C:2011:815).


88      L’articolo 45 della Carta tutela altresì i diritti dei cittadini dell’Unione europea di circolare e di soggiornare liberamente nell’Unione.


89      Altre norme europee pertinenti sono la Convenzione europea di mutua assistenza giudiziaria in materia penale (STE n. 030), entrata in vigore il 12 giugno 1962. La Russia ha ratificato entrambi gli accordi e il secondo protocollo addizionale alla Convenzione europea per la reciproca assistenza penale (STE n. 182) è entrato in vigore per la Russia il 1° gennaio 2020. Sotto l’egida del Consiglio d’Europa, vi è, inoltre, una convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate (STE n. 112).


90      Sentenza dell’11 dicembre 2014, Commissione/Spagna  (C‑678/11, EU:C:2014:2434, punto 66). V., altresì, ad esempio, sentenza del 6 ottobre 2009, Commissione/Spagna  (C‑153/08, EU:C:2009:618, punto 48): «Poiché quanto stipulato all’art. 36 dell’accordo SEE ha la stessa portata giuridica di quella delle disposizioni, sostanzialmente identiche, dell’art. 49 CE» (divenuto articolo 56 TFUE), la conclusione dedotta in relazione all’articolo 49 CE, compresa la giustificazione della discriminazione, si può «trasporre mutatis mutandis».


91      Sentenza dell’11 settembre 2014, Essent Belgium (da C‑204/12 a C‑208/12, EU:C:2014:2192, punto 123 letto in combinato disposto con il punto 72). La Corte ha fatto riferimento alle sentenze del 1° aprile 2004, Bellio F.lli, (C‑286/02, EU:C:2004:212, punti 34 e 35), e del 10 aprile 2008, Commissione/Portogallo (C‑265/06, EU:C:2008:210, punto 30).


92      Sentenza del 2 febbraio 1989 (186/87, EU:C:1989:47).


93      Sentenza della Corte AELS (EFTA) del 25 aprile 2002, Granville, E-13/11, EFTA Ct. Rep, punto 37.


94      Sentenza del 2 febbraio 1989 (186/87, EU:C:1989:47).


95      Sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905).


96      V., ad esempio, sentenza del 10 luglio 1984, Kirk  (63/83, EU:C:1984:255).


97      V., ad esempio, di recente, sentenza dell’8 maggio 2019, Związek Gmin Zagłębia Miedziowego (C‑566/17, EU:C:2019:390, punto 44).


98      V. paragrafi 38, 40, da 55 a 56, 61, 75 supra.


99      V., inizialmente, sentenza della Corte AELS (EFTA) del 26 luglio 2016, Jabbi c. Governo norvegese, causa E-28/15, EFTA Ct. Rep. I.N. non ha sollevato una specifica obiezione basata sulla direttiva 2004/38, quale la violazione di un diritto di ingresso ai sensi dell’articolo 5 della medesima direttiva, come considerato nella sentenza della Corte AELS (EFTA) del 22 luglio 2013, Wahl, E-15/12, EFTA Ct. Reports. Ciò posto, non analizzerò ulteriormente la direttiva 2004/38, se non per osservare che, in quanto misura di diritto derivato, essa deve essere interpretata conformemente alla misura di diritto primario costituita dall’articolo 36 dell’accordo SEE.V. sentenza della Corte AELS (EFTA) del 23 gennaio 2012, STX Norway Offshore AS e a. c. Stato norvegese, E-2/11, EFTA Ct. Rep., punto 34.


100      L’attuale discussione sulla questione se la cittadinanza possa essere scollegata dalla nazionalità di uno Stato membro può essere parimenti accantonata. V., ad esempio, Nic Shuibhine, N., «The Territory of the Union in EU delegation Law: Charting a Route from Parallel to Integrated Narratives», (2019), Yearbook of European Law 1.


101      Mi riferisco qui alla distinzione operata nel diritto del SEE tra le sentenze della Corte di giustizia pronunciate prima della data dell’accordo SEE, le quali si applicano alle disposizioni del SEE che sono «identiche nella sostanza alle corrispondenti norme del trattato che istituisce la Comunità economica europea» (articolo 6 dell’accordo SEE), e le sentenze della Corte pronunciate successivamente alla data della firma dell’accordo SEE. L’Autorità di vigilanza AELS (EFTA) e la Corte AELS (EFTA) devono solo «considerare i principi contemplati dalle pertinenti sentenze» della Corte (articolo 3, paragrafo 2, dell’accordo fra gli Stati AELS (EFTA) sull’istituzione di un’Autorità di vigilanza e di una Corte di giustizia (GU 1994, L 344, pag. 1).


102      Sentenza della Corte AELS (EFTA) del 19 aprile 2016, Holship Norge AS c. Norsk Transportarbeiderforbund, E-14/15, EFTA Ct. Rep., punto 121.


103      Sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).


104      Ibidem, punto 37.


105      Sentenza del 10 aprile 2018 (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 47).


106      Sentenza del 13 novembre 2018 (C‑247/17, EU:C:2018:898, punto 32). La Corte ha altresì messo in guardia dal rischio di impunità nell’elaborazione della sua giurisprudenza relativa alle restrizioni del funzionamento del mandato d’arresto europeo e al rischio di esposizione a trattamenti o pene disumani o degradanti. V. sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria) (C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punti 85 e 86).


107      Sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


108      Per un quadro generale, v. Brouwer, E., «Mutual Trust and the Dublin Regulation: the Protection of Fundamental Rights in the EU and the Burden of Proof» 9 (2013), Utrecht Law Review, pag. 135.


109      Ciò vale anche per la sentenza del 13 novembre 2018, Raugevicius (C‑247/17, EU:C:2018:898), che riguardava una domanda di uno Stato terzo diretta all’esecuzione di una pena privativa della libertà nei confronti di un cittadino dell’Unione che aveva esercitato i suoi diritti di libera circolazione.


110      Il corsivo è mio. Sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 51).


111      Ciò potrebbe cambiare presto. V. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio riguardante la verifica della piena applicazione dell’acquis di Schengen da parte della Croazia, COM (2019) 497 final.


112      V. nota 5 supra.


113      Sentenza del 6 luglio 2017, A.S. (C‑490/16, EU:C:2017:585).


114      V. nota 7 supra.


115      V. nota 7 supra.


116      V. nota 7 supra.


117      https://www.asylumineurope.org/reports/country/croatia/annex-i-transposition-ceas-national-legislation.


118      (C‑490/16 e C‑646/16, EU:C:2017:443).


119      Il corsivo è mio. Ibid. punto 123. L’avvocato generale ha citato i considerando 2, 3, 19 e 39 del regolamento Dublino III, nonché le sentenze del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865); del 6 giugno 2013, MA e a. (C‑648/11, EU:C:2013:367), e del 10 dicembre 2013, Abdullahi (C‑394/12, EU:C:2013:813). Il testo citato nelle conclusioni è della sentenza Abdullahi, punto 53.


120      Decisione del Consiglio 2001/258/EC (GU 2001, L 93, pag. 38). V. anche articolo 1 dell’accordo citato alla nota 6 supra.


121      V. note 6 e 7 supra, rispettivamente.


122      Ciò è prescritto, principalmente, dall’accordo di associazione a Schengen (v. nota 4 supra), e include, ad esempio, l’accordo Schengen del 14 giugno 1985 (v. nota 22 supra) e, con alcune eccezioni, la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990; il regolamento (CE) n. 574/1999 del Consiglio, del 12 marzo 1999, che determina quali siano i paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso di un visto per l’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri (GU 1999, L 72, pag. 2) [divenuto regolamento (UE) 2018/1806 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo] (GU 2018, L 303, pag. 39); il regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (GU 1995, L 164, pag. 1).


123      V. nota 10 supra. V., in generale, Lawunmi, D., «The Dublin Regulation and the Charter: an impetus for change» in Peers, S., et. al. (eds), The EU Charter of Fundamental Rights: a Commentary, seconda edizione, Hart Publishing, 2020 (prossima pubblicazione).


124      V., ad esempio, sentenza del 19 marzo 2019, Jawo  (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 81).


125      V. decisione della Corte nella sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865) e l’interazione con la sentenza della Corte EDU, 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia, CE:ECHR:2011:0121JUD003069609. V., di recente, sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218).


126      Parrebbe corretta l’affermazione della Croazia secondo la quale essa è vincolata dalle disposizioni del capo II sull’assistenza giudiziaria in materia penale della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (v. nota 16 supra), almeno in parte. V. allegato II dell’Atto di adesione della Repubblica di Croazia (v. nota 20 supra). L’Islanda è vincolata dal capo II sull’assistenza giudiziaria in materia penale della stessa convenzione in forza della parte I, allegato A, dell’accordo di associazione a Schengen (v. nota 3 supra).


127      V. nota 17 supra.


128      Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III (v. nota 5 supra), la domanda di asilo «è esaminata da un solo Stato membro».


129      V. nota 10 supra. In forza del considerando 3 del regolamento Dublino III, tale convenzione costituisce una fonte di interpretazione del regolamento Dublino III.


130      V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston in A.S. e Jafari, (paragrafo 102 supra).


131      V. direttiva sulle procedure, nota 7 supra.


132      Kapferer, S. «Cancellation of Refugee Status», Legal and Protection Policy Research Series, UNHCR PPLA/2003/02, marzo 2003, pagg. 36 e 37.


133      Il corsivo è mio. V. nota 10 supra. V. anche sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato) (C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punti 78 e 81) sullo status della Convenzione di Ginevra nel diritto dell’Unione. Al punto 108, la Corte ha altresì dichiarato che il diritto derivato dell’Unione non può essere interpretato nel senso che produca l’effetto di incitare gli Stati membri «a sottrarsi agli obblighi internazionali a loro incombenti, quali derivanti dalla Convenzione di Ginevra, limitando i diritti» derivanti dalla medesima convenzione.


134      Decisione della Seconda Sezione, del 5 novembre 2019, Konkurrenten. NO A.S. c. Norvegia,  ricorso n. 47341/15, punto 43.


135      V., ad esempio, Corte EDU, 19 novembre 2019, TK e SR c. Russia,  (ECLI:CE:ECHR:2019:1119JUD002849215, punti 78 e da 91 a 96).


136      Sentenza della Corte del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 67).


137      Sentenza della Corte AELS (EFTA) del 19 aprile 2016, Holship Norge AS c. Norsk Transportarbeiderforbund, E-14/15, EFTA Ct. Rep., punto 123.


138      V. le spiegazioni relative all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta (GU 2007, C 303, pag. 17).


139      Ordinanza del 6 settembre 2017, Peter Schotthöfer & Florian Steiner (C‑473/15, EU:C:2017:633). Il dispositivo dell’ordinanza in questione fa riferimento alla cittadinanza, ma i punti che espongono i principi giuridici derivanti dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta non lo fanno. V., in particolare, punti 22, 24 e 26. Il punto 24 fa riferimento a una «persona», anziché a un cittadino. Sul refoulement e sull’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, v. sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 95).


140      Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586)


141      (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:517, punto 66).


142      Sentenza della Corte EDU, 17 gennaio 2012, Othman (Abu Qatada) c. Regno Unito (CE:ECHR:2012:0117JUD000813909, paragrafo 258).


143      Segnalo che il divieto di discriminazione sulla base della nazionalità di cui all’articolo 4 dell’accordo SEE o all’articolo 18 TFUE non è limitato, rispettivamente ai cittadini del SEE o ai cittadini dell’Unione, e che il secondo paragrafo dell’articolo 21 della Carta non è formulato in tali termini. Ogni tipo di discriminazione è vietato dall’ambito di applicazione dei loro rispettivi strumenti.


144      V., rispettivamente, sentenza della Corte AELS (EFTA) del 19 aprile 2016, Holship Norge AS c. Norsk Transportarbeiderforbund, E-14/15, EFTA Ct. Rep., punto 123, nonché sentenza del 20 dicembre 2017, Global Starnet (C‑322/16, EU:C:2017:985, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


145      Sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 78). Poiché I.N. non è un cittadino dell’Unione europea e la decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo (v. nota 34 supra) non è qui applicabile, la base per l’applicazione della Carta di cui alla sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), non può essere trasposta al procedimento principale.


146      V. nota 6, supra. V., per analogia, sentenza del 16 gennaio 2018, E (C‑240/17, EU:C:2018:8). L’articolo 3 dell’accordo di associazione a Schengen (v. nota 4 supra) e il Comitato misto da esso istituito possono essere parimenti rilevanti.


147      V. nota 8 supra.


148      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti  (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 55). In tale sentenza, la Corte ha considerato decisivo il fatto che le autorità della Stato membro non avevano mai emesso un mandato d’arresto europeo.


149      Ad esempio, i considerando primo, terzo e ottavo, l’articolo 1 e i motivi limitati di non esecuzione di cui all’articolo 4, combinati con la sua complessiva somiglianza con il mandato d’arresto europeo. V. accordo sulla procedura di consegna, nota 8 supra.


150      V. nota 6 supra.