Language of document : ECLI:EU:T:2018:877

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

5 dicembre 2018 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Rapporto di valutazione di un organismo notificato ai sensi della normativa in materia di certificazione di conformità CE di dispositivi medici – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali – Obbligo di procedere a un esame concreto e individuale – Interesse pubblico prevalente – Diniego di accesso parziale»

Nella causa T‑875/16,

Falcon Technologies International LLC, con sede in Ras Al Khaimah (Emirati Arabi Uniti), rappresentata da R. Sciaudone e G. Arpea, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Baquero Cruz e D. Nardi, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2016) 6722 final della Commissione, del 14 ottobre 2016, che nega alla ricorrente l’accesso al documento DG (Santé) 2015‑7552,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, M. Kancheva e J. Passer (relatore), giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 maggio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Falcon Technologies International LLC, ricorrente, è attiva nel settore del materiale informatico e produce supporti ottici di archiviazione dati destinati, tra l’altro, alla commercializzazione nel settore medico-diagnostico.

2        Nel 2009 la ricorrente ha chiesto al Ministero della Salute italiano se i supporti di memorizzazione quali i CD-ROM e i DVD-ROM non riscrivibili, appositamente realizzati dal fabbricante per lo scopo specifico di memorizzazione ed archivio di immagini di radiodiagnostica, potessero rientrare nella classe IIa dei dispositivi medici recanti la marcatura CE di cui alla direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (GU 1993, L 169, pag. 1). Il ministero le ha risposto in modo affermativo, qualora i supporti di memorizzazione (CD-ROM e DVD ROM) fossero destinati espressamente dal fabbricante alla registrazione di immagini di radiodiagnostica.

3        La ricorrente si è rivolta all’ICIM SpA, l’organismo designato dalla Repubblica italiana per effettuare i compiti connessi in particolare alle procedure di cui all’articolo 11 della direttiva 93/42 (in prosieguo: l’«organismo notificato»), che ha rilasciato i certificati n. 2482 e n. 0425-MED-007815-00, dichiarando la conformità CE del sistema di qualità dei supporti di memorizzazione ottici per immagini di radiodiagnostica (CD-ROM, DVD-ROM e BD-ROM) della ricorrente.

4        Tuttavia, con decisione del 12 novembre 2015, il Ministero della Salute italiano ha negato l’appartenenza dei supporti di memorizzazione quali i CD-ROM e i DVD-ROM non riscrivibili alla classe IIa dei dispositivi medici previsti dalla direttiva 93/42. Inoltre, il 6 aprile 2016 l’organismo notificato ha comunicato alla ricorrente una decisione del Ministero della Salute italiano, che vietava l’apposizione della marcatura CE su tutti i dispositivi ottici destinati alla diagnostica per immagini. Di conseguenza, l’organismo notificato ha revocato alla ricorrente i certificati precedentemente rilasciati.

5        Il 6 giugno 2016 la ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Italia), diretto all’annullamento delle decisioni adottate dal Ministero della Salute italiano datate 12 novembre 2015 e 6 aprile 2016, citate al precedente punto 4, nonché della nota con cui l’organismo notificato aveva revocato il certificato attestante la conformità CE dei suoi CD-ROM e DVD-ROM.

6        In vista dell’udienza di discussione delle misure cautelari richieste dalla ricorrente, il Ministero della Salute italiano ha depositato un rapporto intitolato «Final report of an assessment of ICIM (NB 0425), carried out in the framework of the joint assessment process for notified bodies [DG (Santé) 2015-7552]» (in prosieguo: il «rapporto finale»), emesso dagli ispettori della Commissione europea sulla base di un’ispezione effettuata insieme a ispettori del ministero della Salute e ad altre autorità competenti presso l’organismo notificato dal 5 al 9 ottobre 2015. Secondo tale rapporto, «[il] gruppo di valutazione congiunta ha constatato che con ogni evidenza tali prodotti non rientrano nella [direttiva 93/42] alla luce delle [linee guida della Commissione intitolate “Medical Devices: Guidance document – Classification of medical devices”, del 2010]».

7        Il 12 luglio 2016 il Ministero della Salute italiano ha chiesto l’autorizzazione alla Commissione di poter comunicare la parte del rapporto finale riguardante i CD-ROM e i DVD-ROM quali dispositivi medici, vale a dire l’«osservazione n. 3» contenuta nel rapporto, a una non identificata ricorrente nel contesto di una controversia. La Commissione non si è opposta a tale comunicazione.

8        Il 21 luglio 2016 la ricorrente ha presentato alla Commissione una domanda ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), per ottenere l’accesso al rapporto finale. Il 5 settembre 2016 la Commissione ha trasmesso alla ricorrente una prima decisione con cui le negava l’accesso al rapporto finale, affermando che l’articolo 4 del regolamento precitato precludeva il diritto di accesso al documento in questione ed escludendo la possibilità di un accesso parziale a motivo di un interesse commerciale per l’organismo notificato. Inoltre, la Commissione ha negato l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

9        Il 12 settembre 2016 la ricorrente ha presentato una domanda confermativa, nella quale ha dedotto l’insufficienza della motivazione della decisione del 5 settembre 2016.

10      Con l’adozione della decisione C(2016) 6722 final, del 14 ottobre 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha confermato, in maniera più estesa, la propria originaria decisione di diniego.

11      La Commissione osserva, nella decisione impugnata, che il rapporto finale contiene constatazioni rese da un gruppo di valutazione composto da rappresentanti delle autorità designanti di due Stati membri e da un rappresentante della Commissione, in esito a una procedura amministrativa molto dettagliata, sul rispetto, da parte dell’organismo notificato, della normativa applicabile agli organismi notificati.

12      Dal momento che il rapporto finale si concentra esclusivamente sulle inottemperanze dell’organismo notificato rispetto al regolamento di esecuzione (UE) n. 920/2013 della Commissione, del 24 settembre 2013, relativo alla designazione e alla sorveglianza degli organismi notificati a norma della direttiva 90/385/CEE del Consiglio sui dispositivi medici impiantabili attivi e della direttiva 93/42 (GU 2013, L 253, pag. 8), la Commissione ne deduce che la divulgazione del rapporto di valutazione congiunta provocherebbe danni alla reputazione dell’organismo notificato e, pertanto, ai suoi interessi commerciali.

13      Infatti, secondo la Commissione, tale divulgazione potrebbe compromettere l’organismo notificato nei suoi rapporti con altri operatori economici, in particolare nei suoi negoziati contrattuali. La divulgazione del rapporto finale genererebbe diffidenza tra le parti e minerebbe la fiducia riposta nell’organismo notificato, il che avrebbe ripercussioni sulle sue attività commerciali, dato che i suoi clienti, ossia i fabbricanti di dispositivi medici, potrebbero essere indotti a non usufruire più dei servizi di tale organismo e i potenziali clienti potrebbero essere dissuasi dall’avvalersi in futuro dei servizi dell’organismo notificato.

14      Infine, la Commissione ritiene che il mercato dei servizi forniti dagli organismi notificati nel settore dei dispositivi medici sia caratterizzato da un numero limitato di operatori e da un elevato grado di concorrenza. I concorrenti dell’organismo notificato godrebbero di un vantaggio indebito nei confronti di quest’ultimo, dal momento che i loro rapporti di valutazione non sarebbero pubblici. Secondo la Commissione, il rischio di pregiudizio agli interessi commerciali è dunque ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico.

15      Con riferimento alla sussistenza di un interesse pubblico prevalente, la Commissione ritiene che, da un lato, l’interesse pubblico prevalente invocato dalla ricorrente, ossia il suo diritto alla difesa, riguardi un interesse privato e non pubblico e, dall’altro, che la ricorrente non abbia identificato altri interessi pubblici prevalenti alla divulgazione.

16      Infine, la Commissione respinge la domanda di accesso parziale, sostenendo che un accesso parziale significativo non può essere concesso senza arrecare pregiudizio agli interessi commerciali dell’organismo notificato.

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 dicembre 2016, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

18      Con ordinanza del 26 ottobre 2017, il Tribunale ha ordinato alla Commissione di esibire il rapporto finale, a titolo di mezzo istruttorio ai sensi dell’articolo 91, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale.

19      Il rapporto finale, che non è stato comunicato alla ricorrente, è stato depositato dalla Commissione il 3 novembre 2017.

20      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

21      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 30 maggio 2018.

22      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

23      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

24      A sostegno del ricorso la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, in primo luogo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, in secondo luogo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima frase, di tale regolamento e, in terzo luogo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del medesimo regolamento. Il primo motivo è suddiviso in due parti, vale a dire, da un lato, l’errata interpretazione e applicazione della nozione di interesse commerciale e, dall’altro, l’insufficiente motivazione addotta dalla Commissione per dimostrare il pregiudizio concreto e specifico agli interessi commerciali dell’organismo notificato. Infine, la ricorrente deduce formalmente un quarto motivo nella replica, vertente su un’asserita contraddittorietà della motivazione, che sarà esaminato nell’ambito del primo motivo.

25      Preliminarmente occorre esaminare l’argomento addotto dalla Commissione relativo alla mancanza d’interesse ad agire della ricorrente.

 Sulla mancanza di interesse ad agire della ricorrente

26      Senza dedurre formalmente un’eccezione d’irricevibilità, la Commissione sembra sollevare dubbi riguardo all’interesse ad agire della ricorrente. In particolare, la Commissione rileva che il rapporto finale tratta della questione della classificazione dei CD-ROM e dei DVD-ROM quali dispositivi medici esclusivamente nella parte di cui la ricorrente è già a conoscenza, a seguito della comunicazione da parte del Ministero della Salute italiano dell’osservazione n. 3 contenuta in detto rapporto. Di conseguenza, essa sostiene che l’accesso al rapporto finale nella sua interezza non è rilevante per le ragioni difensive invocate dalla ricorrente, circostanza che si ripercuote sull’interesse di quest’ultima a proporre il ricorso di annullamento oggetto della presente causa.

27      Come argomentato dalla ricorrente in udienza, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, il richiedente l’accesso non è tenuto a motivare la sua domanda.

28      Secondo una giurisprudenza costante, le richieste di accesso ai documenti ai sensi del regolamento n. 1049/2001 non devono essere motivate da interessi specifici (sentenza del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punti da 43 a 48).

29      Infatti, chiunque può chiedere di accedere a qualsiasi documento delle istituzioni, senza che l’accesso ai documenti sia subordinato ad una particolare giustificazione. Di conseguenza, una persona alla quale sia stato negato l’accesso ad un documento o a una parte di un documento ha già, per ciò solo, un interesse all’annullamento della decisione di diniego (v. sentenza del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, T‑516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

30      Pertanto, l’argomento addotto dalla Commissione relativo alla mancanza d’interesse ad agire della ricorrente deve essere respinto.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001

31      Con tale motivo, suddiviso in due parti, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nella parte in cui si basa su un’errata interpretazione dell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali, che si traduce in un’errata applicazione di tale eccezione (prima parte), e in cui la Commissione non avrebbe sufficientemente spiegato in che misura la divulgazione del documento richiesto avrebbe arrecato un pregiudizio concreto e specifico all’interesse commerciale protetto (seconda parte). Inoltre, vanno esaminati in tale contesto gli argomenti addotti dalla ricorrente relativi a un’asserita contraddittorietà della motivazione.

 Sulla prima parte, riguardante l’interpretazione e l’applicazione dell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali

32      La ricorrente censura l’applicazione che la Commissione fa dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 al rapporto finale partendo dall’assunto che la divulgazione al pubblico del rapporto del gruppo di valutazione congiunta, incentrato sulle carenze e sulle inottemperanze dell’organismo notificato, provocherebbe danni alla reputazione di tale organismo. Secondo la Commissione, qualsiasi danno alla reputazione e al credito dell’organismo notificato potrebbe pregiudicarne a sua volta gli interessi commerciali.

33      Secondo la ricorrente, le carenze e le inottemperanze contenute nel rapporto di valutazione congiunta di un organismo notificato non rientrano nella categoria degli interessi commerciali tutelati. A sostegno della sua argomentazione, essa richiama in particolare varie sentenze del Tribunale (sentenze del 22 maggio 2012, Sviluppo Globale/Commissione, T‑6/10, non pubblicata, EU:T:2012:245, punti 66 e 67, e del 21 settembre 2016, Secolux/Commissione, T‑363/14, EU:T:2016:521, punto 53), che qualificherebbero come interessi commerciali esclusivamente elementi che sarebbero legati ad aspetti economici e commerciali dell’attività dell’impresa. In sostanza, la tutela dal danno alla reputazione non assurgerebbe, in quanto tale, al rango di interesse commerciale ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

34      Ad abundantiam, la ricorrente rileva che le inottemperanze dell’organismo notificato in questione, elencate nel rapporto, dovrebbero piuttosto essere equiparate a quelle che emergono in esito ai procedimenti aperti per violazione delle norme in materia di concorrenza, oppure essere paragonate ai giudizi negativi su cui si basa il rigetto di un’offerta nell’ambito di una gara di appalto pubblica dell’Unione europea. La ricorrente rileva che, in questi due casi, la giurisprudenza limita l’accesso alle informazioni commerciali, ma non alla decisione contenente l’esito finale, in modo tale che le considerazioni della Commissione sarebbero inconferenti.

35      La Commissione respinge tali argomenti.

36      In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, nel rispetto dei principi e delle condizioni stabiliti in conformità al procedimento legislativo ordinario. Peraltro, lo stesso diritto è riconosciuto all’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenza del 23 gennaio 2017, Justice & Environment/Commissione, T‑727/15, non pubblicata, EU:T:2017:18, punto 39).

37      Il regolamento n. 1049/2001, come risulta dal considerando 4 e dall’articolo 1 dello stesso, è volto a conferire al pubblico il più ampio diritto di accesso possibile ai documenti delle istituzioni (sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 111, e del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 53; v. anche, in tal senso, sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 40).

38      In ogni caso, occorre interpretare e applicare il regolamento n. 1049/2001 alla luce dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE e dell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali.

39      Il principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti è tuttavia soggetto a taluni limiti fondati su ragioni di interesse pubblico o privato. Infatti, il regolamento n. 1049/2001, segnatamente al suo considerando 11 e al suo articolo 4, prevede un sistema di eccezioni che impone alle istituzioni e agli organismi di non divulgare documenti qualora tale divulgazione arrechi pregiudizio a uno di tali interessi (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 111; del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 53, e del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 40).

40      Dal momento che le eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti (conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Svezia/Commissione, C‑562/14 P, EU:C:2016:885, paragrafo 36), esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (v. sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

41      Conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso a un documento viene rifiutato dalle istituzioni quando la sua divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla sua divulgazione.

42      Dalla giurisprudenza emerge che non si può ritenere che tutte le informazioni relative ad una società e alle sue relazioni commerciali ricadano sotto la tutela che deve essere garantita agli interessi commerciali conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, salvo vanificare l’applicazione del principio generale che consiste nel conferire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni (v. sentenza del 26 aprile 2016, Strack/Commissione, T‑221/08, non pubblicata, EU:T:2016:242, punto 204 e giurisprudenza ivi citata).

43      Per contro, tale eccezione si applica qualora i documenti richiesti contengano informazioni commerciali sensibili relative, in particolare, alle strategie commerciali delle imprese di cui trattasi o ai loro rapporti commerciali, oppure qualora essi contengano dati propri dell’impresa che svelino le sue competenze (v. sentenza del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, T‑516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759, punti da 82 a 84 e giurisprudenza ivi citata).

44      Nella fattispecie, la Commissione non ha applicato alcuna presunzione generale di riservatezza al rapporto finale, ma ha invocato la tutela che deve essere garantita agli interessi commerciali dell’organismo notificato. Nell’ambito dell’eccezione dedotta, la Commissione ha essenzialmente addotto un rischio di danni alla reputazione dell’organismo notificato.

45      In primo luogo, occorre esaminare se un organismo notificato possa beneficiare della tutela derivante dal pregiudizio ai suoi interessi commerciali.

46      Innanzitutto, per quanto riguarda le sentenze richiamate dalla ricorrente al precedente punto 33, che qualificherebbero come interessi commerciali esclusivamente elementi che sarebbero legati ad aspetti economici e commerciali dell’attività dell’impresa, occorre constatare, al pari della Commissione, che esse costituiscono esempi di situazioni particolari nelle quali sono in gioco interessi commerciali.

47      Occorre poi ricordare che, sebbene gli organismi notificati contribuiscano alla realizzazione di compiti d’interesse pubblico fornendo servizi di certificazione relativi alla conformità con la normativa applicabile e all’apposizione della marcatura CE, in particolare sui dispositivi medici, essi restano soggetti privati che esercitano un’attività economica in situazione di concorrenza nel mercato dei servizi di cui trattasi.

48      Infine, risulta in particolare dal punto 108 della sentenza del 27 febbraio 2018, CEE Bankwatch Network/Commissione (T‑307/16, EU:T:2018:97), che nulla osta a ritenere che un’impresa pubblica detenga interessi commerciali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, la mera circostanza che il capitale di un’impresa sia detenuto dai poteri pubblici non è idonea, in quanto tale, a privarla di interessi commerciali che possono essere tutelati allo stesso titolo di quelli di un’impresa privata.

49      Sebbene, nella fattispecie, non si tratti assolutamente di un’impresa detenuta dai poteri pubblici, bensì di un’impresa privata che contribuisce alla realizzazione di compiti d’interesse pubblico, occorre constatare che, se un’impresa a capitale pubblico può detenere interessi commerciali, lo stesso deve valere, a fortiori, per un’impresa privata, quand’anche quest’ultima contribuisca alla realizzazione di compiti d’interesse pubblico.

50      Da tutte le suesposte considerazioni risulta che nulla osta a ritenere che l’organismo notificato detenga interessi commerciali.

51      In secondo luogo, si deve rilevare che un danno alla reputazione di un organismo notificato costituisce chiaramente un pregiudizio ai suoi interessi commerciali, nei limiti in cui la reputazione di un qualsiasi operatore attivo su un mercato è fondamentale per la realizzazione delle sue attività economiche sul mercato.

52      Pertanto, occorre rilevare che la divulgazione del rapporto finale contenente dettagli sull’analisi delle eventuali inottemperanze dell’organismo notificato alle disposizioni del regolamento di esecuzione n. 920/2013 può arrecare danno alla sua reputazione. Peraltro, è utile rilevare che un’inottemperanza non conduce necessariamente alla revoca della designazione dell’organismo notificato e che, in ogni caso, il mantenimento o la revoca di tale designazione è pubblica.

53      Ne consegue che l’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali può essere invocata dalla Commissione a motivo del danno alla reputazione dell’organismo notificato che l’accesso al rapporto finale costituirebbe.

54      Al pari della Commissione, si deve necessariamente rilevare che gli argomenti invocati dalla ricorrente relativi alle asserite analogie tra la presente causa e i giudizi negativi sugli offerenti che hanno perso gare d’appalto, da un lato, e i procedimenti aperti per violazione delle norme in materia di concorrenza, dall’altro, non possono essere accolti. Infatti, l’accesso alle offerte dei concorrenti da parte degli altri offerenti gode, secondo la giurisprudenza, di una presunzione generale di riservatezza (sentenza del 29 gennaio 2013, Cosepuri/EFSA, T‑339/10 e T‑532/10, EU:T:2013:38, punto 101).Per quanto riguarda le norme in materia di concorrenza, dalla giurisprudenza risulta certamente che, quando un’impresa ha commesso una violazione di tali norme, il suo interesse a che i dettagli del comportamento illecito contestatole non siano divulgati al pubblico non merita alcuna particolare tutela (v. sentenza del 13 settembre 2013, Paesi Bassi/Commissione, T‑380/08, EU:T:2013:480, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nella fattispecie, il rapporto finale non ha ad oggetto la constatazione di una violazione da parte dell’organismo notificato delle norme in materia di concorrenza o una violazione di analoga natura e gravità. Infatti, il rapporto finale mira soltanto a consentire l’adozione, da parte dell’autorità competente, di una decisione sul mantenimento della designazione come organismo notificato.

55      Pertanto, la prima parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

 Sulla seconda parte, concernente la motivazione relativa all’esistenza di un pregiudizio concreto e specifico arrecato agli interessi commerciali dell’organismo notificato

56      La ricorrente solleva un argomento vertente, in sostanza, sulla circostanza che la Commissione avrebbe dovuto spiegare, nella decisione impugnata, in che modo l’accesso al rapporto di valutazione congiunta avrebbe arrecato concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato e in che modo il rischio di un siffatto pregiudizio sarebbe ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico, invece di formulare affermazioni generiche e mere congetture.

57      La Commissione contesta tali argomenti.

58      Secondo la giurisprudenza, il solo fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima (sentenze del 3 luglio 2014, Consiglio/in’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 51, e del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 69).

59      Infatti, se l’istituzione interessata decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che essa invoca (v. sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

60      Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v. sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

61      Di conseguenza, l’esame al quale deve procedere, in linea di principio, l’istituzione per applicare un’eccezione deve essere effettuato in concreto e deve emergere dalla motivazione della decisione (v., in tal senso, sentenze del 6 aprile 2000, Kuijer/Consiglio, T‑188/98, EU:C:2007:101, punto 38, e del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punti 69 e 74).

62      Infine, com’è già stato illustrato al precedente punto 40, da una giurisprudenza costante risulta che, dal momento che derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, le eccezioni al diritto di accesso, di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo.

63      È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre pronunciarsi nella fattispecie.

64      È pacifico tra le parti che nella decisione impugnata nessuna presunzione generale di riservatezza è applicata al rapporto finale.

65      Nella decisione impugnata, la Commissione rileva che, tenuto conto della natura del rapporto finale, che contiene per definizione un elenco delle inottemperanze dell’organismo notificato, la sua divulgazione provoca danni alla reputazione di detto organismo e, pertanto, ai suoi interessi commerciali. La Commissione ritiene che la logica stringente che sottende la decisione impugnata non richiede complesse analisie che non si può seriamente sostenere che un tale rischio per gli interessi commerciali sia «ipotetico».

66      Dalla motivazione della decisione impugnata, parzialmente riprodotta ai precedenti punti 12 e 13, risulta che la Commissione ha proceduto a una valutazione concreta e individuale del contenuto del documento di cui alla domanda di accesso. Dopo aver constatato che il documento riguardava essenzialmente le inottemperanze dell’organismo notificato al regolamento di esecuzione n. 920/2013, la Commissione ne ha dedotto che la divulgazione del documento arrecherebbe pregiudizio agli interessi commerciali dell’organismo, in quanto indebolirebbe la posizione concorrenziale di quest’ultimo nel mercato degli organismi notificati nel settore dei dispositivi medici.

67      L’assenza di dettagli sulle inottemperanze specifiche identificate in detto rapporto finale non può essere interpretata come un’assenza di esame concreto da parte della Commissione del rapporto finale nella decisione impugnata. Infatti, la comunicazione di tali elementi avrebbe rischiato di arrecare pregiudizio all’interesse protetto. Peraltro, la natura specifica delle inottemperanze identificate era irrilevante ai fini della comprensione del ragionamento della decisione impugnata.

68      Come argomenta la Commissione, la motivazione di un atto va valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. Nel caso di una domanda di accesso ai documenti, qualora l’istituzione interessata rifiuti tale accesso, essa deve dimostrare in ciascun caso di specie, sulla base delle informazioni di cui dispone, che i documenti ai quali era stato richiesto l’accesso rientrino effettivamente nell’ambito delle eccezioni menzionate dal regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, può risultare impossibile indicare le ragioni che giustificano la riservatezza rispetto a ciascun documento senza divulgare il contenuto di quest’ultimo e, di conseguenza, privare l’eccezione della sua finalità essenziale (v. sentenza del 19 gennaio 2010, Co-Frutta/Commissione, T‑355/04 e T‑446/04, EU:T:2010:15, punti 100 e 101 e giurisprudenza ivi citata).

69      Poiché la decisione impugnata ha fatto emergere chiaramente il ragionamento seguito dalla Commissione, sarebbe eccessivo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle valutazioni su cui si basa tale ragionamento. Occorre d’altra parte osservare che taluni dati non possono essere comunicati senza rimettere in discussione l’effettiva tutela degli interessi commerciali degli altri operatori (v. sentenza del 19 gennaio 2010, Co-Frutta/Commissione, T‑355/04 e T‑446/04, EU:T:2010:15, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

70      Occorre giungere alla conclusione che la Commissione ha adempiuto l’obbligo di procedere a un esame concreto e, pertanto, respingere la seconda parte del primo motivo in quanto infondata.

 Sull’asserita contraddittorietà della motivazione risultante dai messaggi di posta elettronica scambiati tra la Commissione e le autorità italiane

71      Nella replica, la ricorrente sostiene che l’allegato B.1 al controricorso, nel quale figurano taluni messaggi di posta elettronica scambiati tra il Ministero della Salute italiano e i servizi della Commissione in merito alla comunicazione alla ricorrente di una parte del rapporto finale, contiene nuovi elementi, di cui non era a conoscenza, dai quali emerge la natura contraddittoria della motivazione della decisione impugnata.

72      Secondo la ricorrente, sarebbe manifesta la contraddittorietà tra le indicazioni che la Commissione ha rilasciato alle autorità italiane nel luglio 2016, secondo cui non vi sarebbe stato alcun impedimento alla comunicazione del rapporto finale, e il diniego formulato alla ricorrente poco dopo.Di conseguenza, non si arrecherebbe danno alcuno all’organismo notificato se il rapporto finale fosse divulgato dalle autorità italiane, mentre sarebbe altamente lesivo degli interessi commerciali dell’organismo notificato se fosse divulgato dalla Commissione.

73      Anche ipotizzando che tale nuovo motivo sia considerato ricevibile, la Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

74      Si deve rilevare che la ricorrente afferma nella replica che essa intende sollevare un nuovo motivo, vertente sull’asserita contraddittorietà della motivazione. Orbene, dall’esame degli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno di tale tesi risulta che, in realtà, essa non sostiene che la decisione impugnata sia viziata da una motivazione contraddittoria o insufficiente. A tale riguardo, occorre rilevare che nella decisione impugnata si sostiene in modo chiaro e inequivocabile che la divulgazione del rapporto finale, riguardante essenzialmente talune inottemperanze al regolamento di esecuzione n. 920/2013, arrecherebbe pregiudizio all’interesse protetto, ossia alla tutela degli interessi commerciali dell’organismo notificato.

75      In realtà, dalla replica risulta che la ricorrente ritiene che i messaggi di posta elettronica di cui trattasi rimettano in questione non già l’esistenza di un’adeguata motivazione, bensì la fondatezza della decisione impugnata, nei limiti in cui essa invoca la tutela degli interessi commerciali per operare il diniego di accesso al rapporto finale. Infatti, la ricorrente ritiene che la circostanza che la Commissione abbia asseritamente autorizzato la comunicazione del rapporto finale da parte delle autorità italiane implichi che essa non possa negare validamente l’accesso nell’ambito di una domanda fondata sul regolamento n. 1049/2001. Ne discende che gli argomenti relativi agli scambi di messaggi di posta elettronica sono ricevibili nei limiti in cui sono addotti a sostegno della prima parte del primo motivo dedotto dalla ricorrente e che essi devono essere esaminati in tale contesto.

76      A tale riguardo, occorre ricordare che il considerando 15 del regolamento n. 1049/2001 sottolinea che quest’ultimo non si prefigge di modificare le normative nazionali in materia di accesso ai documenti. Pertanto, il considerando 15, letto in combinato disposto con l’articolo 5, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, ha lo scopo di ricordare che le domande di accesso a documenti detenuti dalle autorità nazionali rimangono, anche nel caso in cui tali documenti provengano dalle istituzioni dell’Unione, disciplinate dalle norme nazionali applicabili a dette autorità, senza che le disposizioni del regolamento n. 1049/2001 si sostituiscano ad esse, fatti salvi gli obblighi posti dal citato articolo 5 e dettati dall’obbligo di leale collaborazione (sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 70).

77      Alla luce di tali principi, i servizi della Commissione non sono incorsi in errore nel precisare, nei messaggi di posta elettronica di cui trattasi, che spettava alle autorità nazionali adottare una decisione sulle conseguenze da dare alla domanda formulata dalla ricorrente presso tali autorità, che doveva essere valutata alla luce della disciplina nazionale applicabile.

78      In considerazione di quanto precede, gli argomenti della ricorrente concernenti i messaggi di posta elettronica scambiati tra i servizi della Commissione e le autorità italiane devono essere respinti in quanto infondati.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima frase, del regolamento n. 1049/2001

79      Secondo la ricorrente, la decisione impugnata deve essere annullata in quanto la Commissione, da un lato, ha ritenuto che il diritto fondamentale alla difesa della ricorrente rappresenti un interesse privato e non un interesse pubblico prevalente alla divulgazione e, dall’altro, ha escluso l’esistenza di altri interessi pubblici tali da prevalere sugli interessi tutelati dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

80      In particolare, la ricorrente osserva che, nonostante la Commissione abbia preso atto della centralità del rapporto finale per l’azione della ricorrente dinanzi al giudice nazionale, essa ha però omesso, in violazione della giurisprudenza della Corte di cui alla sua sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW (C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 107), di valutare tale aspetto per trarne le dovute conseguenze circa l’esistenza di un interesse pubblico alla divulgazione.Infatti, in tale sentenza, la Corte avrebbe dichiarato che l’interesse all’accesso ad uno specifico documento, la conoscenza del cui contenuto sia essenziale al fine di esercitare efficacemente i diritti della difesa, costituirebbe un interesse pubblico prevalente.

81      Inoltre, la ricorrente ritiene che la Commissione sia incorsa in un errore di valutazione, nel non considerare che le caratteristiche del caso di specie determinerebbero un pregiudizio diretto ai produttori di CD-ROM e DVD-ROM e un danno indiretto alla concorrenza in quanto tale nell’intero mercato dei dispositivi medici, la cui protezione costituirebbe un interesse pubblico prevalente rispetto agli interessi commerciali e particolari dell’organismo notificato.

82      Infine, la Commissione avrebbe errato nel non considerare il fatto che la necessità di tutelare la salute pubblica rappresenterebbe un altro interesse pubblico prevalente, sotteso alla legittima richiesta di divulgazione del rapporto finale.

83      La Commissione contesta tali argomenti. In particolare, essa rimette in discussione la ricevibilità degli argomenti relativi agli asseriti interessi pubblici prevalenti di tutela della concorrenza e della salute pubblica menzionati per la prima volta nel ricorso.

84      Secondo una giurisprudenza costante, spetta al richiedente invocare concretamente le circostanze su cui si fonda l’interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 62; del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 68, e del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punti da 92 a 94).

85      L’esposizione di considerazioni di ordine puramente generico non può essere sufficiente a dimostrare che un interesse pubblico superiore prevalga sulle ragioni che giustificano il diniego di divulgazione dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 93; del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 105, e del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 131).

86      Nella fattispecie, è pacifico che il principale interesse pubblico prevalente che fa valere la ricorrente consiste nei diritti della difesa.

87      È certamente vero che l’esistenza dei diritti della difesa presenta di per sé un interesse generale.

88      Tuttavia il fatto che tali diritti si manifestino nella fattispecie attraverso l’interesse soggettivo della ricorrente a difendersi implica che l’interesse di cui essa si avvale non è un interesse generale, ma un interesse privato (sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 138).

89      Infatti, nei limiti in cui la ricorrente richiama il carattere essenziale del rapporto finale per esercitare efficacemente i propri diritti della difesa dinanzi al giudice nazionale nell’ambito di una controversia che la riguarda, si deve rilevare che tale circostanza non dimostra l’esistenza di un interesse pubblico bensì di un interesse privato (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Herbert Smith Freehills/Commissione, T‑755/14, non pubblicata, EU:T:2016:482, punto 75).

90      Quanto alla giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, ossia la sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW (C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 107), occorre rilevare, al pari della Commissione, che la Corte non si pronuncia espressamente sulla questione se i diritti della difesa costituiscano un interesse pubblico prevalente.

91      Oltre all’interesse pubblico prevalente dei diritti della difesa, la ricorrente sostiene, ad abundantiam, che la decisione impugnata è anche contraria agli interessi pubblici prevalenti della tutela della concorrenza, da un lato, e della salute pubblica, dall’altro.

92      A tale riguardo, occorre constatare, al pari della Commissione, che la ricorrente non ha sufficientemente provato che la tutela della concorrenza sul mercato dei dispositivi medici o la tutela della salute pubblica costituissero, nella fattispecie, interessi pubblici prevalenti che giustificassero la divulgazione del documento richiesto. Pertanto, occorre respingere tale argomento, senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione della sua ricevibilità.

93      Dall’insieme di tali elementi risulta che detto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001

94      La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia valutato correttamente la possibilità di concedere un accesso parziale al rapporto finale in forza dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001.In particolare, la ricorrente considera che la Commissione avrebbe potuto redigere una versione non riservata del rapporto occultando gli eventuali dati sensibili relativi all’organismo notificato.Infine, la ricorrente ricorda le indicazioni date dalla Commissione alle autorità italiane nel luglio 2016, secondo cui nulla osterebbe alla comunicazione del rapporto, le quali sono, secondo la ricorrente, in contraddizione con il diniego della Commissione di concedere un accesso parziale al rapporto finale.

95      Secondo la Commissione, tale motivo è infondato e deve essere respinto.A seguito dell’esame concreto del documento e tenuto conto della sua natura, l’occultamento delle parti considerate protette dall’eccezione per la tutela degli interessi commerciali avrebbe privato l’intero documento del suo contenuto, rendendo inutile un accesso parziale. Infine, l’accesso dato a tale parte del documento dalle autorità nazionali, senza l’opposizione della Commissione, non sarebbe un accesso ai sensi del regolamento n. 1049/2001, bensì un accesso concesso in conformità al diritto italiano.

96      Secondo l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate. A tale riguardo, dalla giurisprudenza risulta che la mera circostanza che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione non esime l’istituzione dall’effettuare una valutazione concreta del documento e dei presupposti per concedere un accesso parziale (v., in tal senso, sentenza del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punti da 69 a 73 e giurisprudenza ivi citata).

97      Infatti, spetta all’istituzione esaminare se l’esigenza di tutela si applichi a tutto il documento (sentenza del 30 gennaio 2008, Terezakis/Commissione, T‑380/04, non pubblicata, EU:T:2008:19, punto 88).

98      Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, così come il regolamento nel suo insieme, non esige che il richiedente di documenti dimostri che il documento richiesto gli sia «utile». In ogni caso, la determinazione di ciò che è utile o meno per il richiedente non può spettare all’istituzione che deve rispondere alla sua richiesta. Peraltro, la disposizione in oggetto non può essere interpretata in modo tale da portare a dispensare l’istituzione considerata da un obbligo, la divulgazione delle parti del documento non interessate dalle eccezioni previste dal regolamento n. 1049/2001, che vi è espressamente previsto. Orbene, dal regolamento n. 1049/2001 risulta che deve essere riconosciuto al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti e che le eccezioni al suo diritto di accesso devono essere interpretate in senso restrittivo (sentenza del 6 dicembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑167/10, non pubblicata, EU:T:2012:651, punto 78).

99      Nella fattispecie, la Commissione ha ritenuto che il documento nella sua interezza fosse coperto dall’esigenza di tutela e che un accesso parziale significativo («meaningful», in inglese) non potesse essere concesso senza arrecare pregiudizio agli interessi commerciali dell’organismo notificato.

100    Tuttavia, se è vero che, come rilevato dalla Commissione, il rapporto finale si concentra sulle inottemperanze riscontrate in esito a un procedimento amministrativo molto dettagliato concernente il rispetto, da parte dell’organismo notificato, della normativa applicabile agli organismi notificati, in particolare del regolamento di esecuzione n. 920/2013, dall’esame del rapporto finale da parte del Tribunale risulta che alcune parti di detto documento non sembrano a prima vista vertere sulle inottemperanze di cui trattasi. A tale riguardo, occorre evidenziare, ad esempio, la parte introduttiva, alcuni sviluppi contenuti nel corpo del documento e gli allegati.

101    Pertanto, la Commissione è incorsa in errore ritenendo che il rapporto finale nella sua interezza fosse coperto dall’eccezione.

102    Per quanto riguarda l’argomento addotto dalla Commissione secondo cui l’accesso parziale eventualmente concesso non è utile alla ricorrente, occorre ricordare che non spetta alla Commissione determinare ciò che è utile o meno per la ricorrente (sentenza del 6 dicembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑167/10, non pubblicata, EU:T:2012:651, punto 78), com’è stato precisato al precedente punto 98.

103    Peraltro, la Commissione non può invocare a sostegno della sua posizione le sentenze del 12 luglio 2001, Mattila/Consiglio e Commissione (T‑204/99, EU:T:2001:190, punti 69 e 70), e del 20 marzo 2014, Reagens/Commissione (T‑181/10, non pubblicata, EU:T:2014:139, punti da 172 a 175), menzionate in udienza, secondo cui essa può negare un accesso parziale quando esso sia privo di senso, in quanto le parti dei documenti contengono così poche informazioni da essere prive di qualsiasi interesse. La Commissione ha dichiarato in udienza che ciò potrebbe accadere, in particolare, qualora il documento al quale si potrebbe concedere un accesso parziale contenga soltanto informazioni marginali come la data, l’intestazione o il titolo.

104    Orbene, nella fattispecie e in ogni caso, contrariamente a quanto la Commissione ha cercato di sostenere, il rapporto finale di cui alla domanda di accesso non è un documento il cui accesso parziale contenga così poche informazioni da essere svuotato della quasi totalità del suo contenuto, come risulta dal precedente punto 100. Tale argomento deve essere, pertanto, respinto.

105    Per quanto attiene all’asserita contraddittorietà tra le indicazioni date dalla Commissione alle autorità nazionali italiane e il diniego di accesso parziale, occorre rimandare all’analisi effettuata ai precedenti punti da 74 a 78 e ricordare che queste due procedure sono soggette a norme distinte.

106    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la decisione impugnata ha violato l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 nel negare di concedere un accesso parziale al rapporto finale.

107    Il terzo motivo deve pertanto essere dichiarato fondato e condurre all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha negato alla ricorrente un accesso parziale al rapporto finale.

 Sulle spese

108    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.

109    Alla luce delle circostanze del caso di specie, si deve decidere che ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione C(2016) 6722 final della Commissione, del 14 ottobre 2016, è annullata, nella parte in cui ha negato un accesso parziale al documento DG (Santé) 2015-7552.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Falcon Technologies International LLC e la Commissione europea sopporteranno ciascuna le proprie spese.

Collins

Kancheva

Passer

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 dicembre 2018.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

A. M. Collins


*      Lingua processuale: l’italiano.