Language of document : ECLI:EU:C:2012:309

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 24 maggio 2012 (1)

Causa C‑154/11

Ahmed Mahamdia

contro

Repubblica algerina democratica e popolare

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Landesarbeitsgericht Berlin‑Brandenburg (Germania)]

«Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza giurisdizionale – Immunità degli Stati dalla giurisdizione – Competenza in materia di contratti individuali di lavoro – Controversia relativa alla validità del licenziamento del ricorrente assunto come autista in uno Stato membro dall’ambasciata di uno Stato terzo – Nozione di agenzia, succursale o qualsiasi altra sede d’attività ai sensi del regolamento (CE) n. 44/2001 – Clausola attributiva di competenza giurisdizionale inserita in un contratto individuale di lavoro all’atto della sua conclusione – Compatibilità di una tale clausola con il regolamento n. 44/2001»






1.        Il rinvio pregiudiziale in esame solleva la questione dell’interpretazione delle nozioni di «agenzia», «succursale», o di «qualsiasi altra sede d’attività» ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2) nel quadro di un contesto inedito: quello di una controversia relativa alla validità del licenziamento di un lavoratore che è stato assunto da uno Stato terzo come autista presso una delle ambasciate di detto Stato situata nel territorio di uno Stato membro.

I –    Contesto normativo

A –    Il regolamento n. 44/2001

2.        L’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 44/2001 stabilisce che, «[s]alve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro».

3.        L’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 44/2001 stabilisce che, «[s]e il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato, salva l’applicazione degli articoli 22 e 23».

4.        La sezione 5 del capo II del regolamento n. 44/2001, che comprende gli articoli 18‑21 di detto regolamento, contiene norme speciali che disciplinano la competenza in materia di contratti individuali di lavoro.

5.        L’articolo 18 del regolamento n. 44/2001 stabilisce quanto segue:

«1.      Salvi l’articolo 4 e l’articolo 5, punto 5, la competenza in materia di contratti individuali di lavoro è disciplinata dalla presente sezione.

2.      Qualora un lavoratore concluda un contratto individuale di lavoro con un datore di lavoro che non sia domiciliato in uno Stato membro ma possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività in uno Stato membro, il datore di lavoro è considerato, per le controversie relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di quest’ultimo Stato».

6.        L’articolo 19 del regolamento n. 44/2001 prevede che:

«Il datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto:

1)      davanti ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato o

2)      in un altro Stato membro:

a)      davanti al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività o a quello dell’ultimo luogo in cui la svolgeva abitualmente, o

b)      qualora il lavoratore non svolga o non abbia svolto abitualmente la propria attività in un solo paese, davanti al giudice del luogo in cui è o era situata la sede d’attività presso la quale è stato assunto».

7.        L’articolo 21 del regolamento n. 44/2001 stabilisce che:

«Le disposizioni della presente sezione possono essere derogate solo da una convenzione:

1)      posteriore al sorgere della controversia, o

2)      che consenta al lavoratore di adire un giudice diverso da quelli indicati nella presente sezione».

B –    Il diritto tedesco

8.        L’articolo 38 del codice di procedura civile tedesco (Zivilprozessordnung) è dedicato alle clausole attributive di competenza giurisdizionale e stabilisce, al paragrafo 2, che «[p]uò inoltre essere pattuita la competenza di un giudice di primo grado qualora almeno una delle parti del contratto non disponga di un foro generale nel territorio tedesco. L’accordo deve essere concluso per iscritto oppure oralmente con accettazione scritta».

II – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9.        Il sig. Mahamdia, ricorrente nel procedimento principale, è in possesso della doppia cittadinanza algerina e tedesca e vive a Berlino. Dal settembre 2002 è impiegato presso l’ambasciata a Berlino della convenuta nel procedimento principale, la Repubblica algerina democratica e popolare. Il sig. Mahamdia era tenuto, nel quadro della sua attività professionale, ad accompagnare gli ospiti e i collaboratori dell’ambasciata. Non era l’autista abituale dell’ambasciatore d’Algeria in Germania, ma è accaduto che lo accompagnasse occasionalmente. Non è mai stato incaricato direttamente di ricevere la posta diplomatica, ma ha accompagnato il collaboratore che era incaricato di riceverla o di trasmetterla. Tra le parti è controverso, per il resto, se il sig. Mahamdia abbia o meno fornito anche servizi di interprete. Il giudice del rinvio muove tuttavia dal presupposto che egli non abbia svolto mansioni rientranti nell’esercizio della sovranità dello Stato algerino.

10.      Il contratto di lavoro tra il ricorrente nel procedimento principale e il suo datore di lavoro, la Repubblica algerina democratica e popolare, era redatto in lingua francese e conteneva, sin dalla sua conclusione, una clausola attributiva di competenza giurisdizionale esclusiva ai giudici algerini in relazione a tutte le controversie derivanti da detto contratto.

11.      Nel mese di agosto 2007 la Repubblica algerina democratica e popolare metteva fine al rapporto di lavoro con il sig. Mahamdia a decorrere dal 30 settembre 2007. Quest’ultimo ha presentato ricorso dinanzi all’Arbeitsgericht Berlin chiedendo l’accertamento della mancata risoluzione del contratto di lavoro per licenziamento, la condanna del suo datore di lavoro al pagamento di un’indennità sostitutiva del preavviso, nonché la reintegrazione provvisoria. La Repubblica algerina democratica e popolare ha contestato quindi la competenza internazionale dei tribunali tedeschi alla luce sia del carattere extraterritoriale delle sue attività, sia della clausola attributiva della competenza giurisdizionale contenuta nel contratto di lavoro. Il 2 luglio 2008 l’Arbeitsgericht Berlin rigettava la domanda del sig. Mahamdia sulla base dell’immunità dalla giurisdizione di cui godrebbe la convenuta. È stato proposto appello dinanzi al Landesarbeitsgericht Berlin‑Brandenburg che, con sentenza del 14 gennaio 2009, ha modificato parzialmente la decisione di primo grado accertando la mancata risoluzione del contratto di lavoro per licenziamento. Detto giudice ha innanzitutto negato che la convenuta si possa avvalere, nell’ambito della controversia in parola, dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione. Esso ha ritenuto poi che, in ogni caso, la clausola attributiva della giurisdizione contenuta nel contratto non soddisferebbe i requisiti stabiliti dall’articolo 21 del regolamento n. 44/2001. Esso ha concluso, quindi, affermando che l’ambasciata della convenuta deve essere considerata come rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 18 di detto regolamento in quanto sede d’attività.

12.      La Repubblica algerina democratica e popolare ha proposto ricorso in cassazione («Revision») avverso la decisione del 14 gennaio 2009. Il 1° luglio 2010 il Bundesarbeitsgericht ha cassato detta decisione e ha rinviato la causa dinanzi al giudice a quo, che è così chiamato a pronunciarsi nuovamente nel quadro della controversia in parola. Nella sua decisione il Bundesarbeitsgericht ha invitato il giudice a quo, in particolare, a esaminare nuovamente la problematica relativa al diritto applicabile ai fini di stabilire la competenza giurisdizionale, tenendo conto del fatto che la Corte, sino ad oggi, non si è pronunciata circa la possibile qualificazione dell’ambasciata di uno Stato terzo presso uno Stato dell’Unione come «agenzia», «succursale» o «altra sede d’attività» ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001.

13.      Nella sua ordinanza di rinvio detto giudice afferma che l’immunità dalla giurisdizione non può essere riconosciuta alla Repubblica algerina democratica e popolare in particolare in forza della decisione del Bundesarbeitsgericht del 1° luglio 2010, resa nel quadro del procedimento principale, in base alla quale le controversie in materia di diritto del lavoro tra un dipendente di un’ambasciata situata sul territorio tedesco e lo Stato terzo che questa rappresenta sono soggette alla giurisdizione tedesca a condizione che il lavoratore non abbia svolto, nel quadro della sua attività lavorativa, una funzione rientrante nell’esercizio della sovranità di detto Stato terzo.

14.      È in questo contesto che il Landesarbeitsgericht Berlin‑Brandenburg ha deciso di sospendere il procedimento e, con ordinanza di rinvio pervenuta nella cancelleria della Corte il 29 marzo 2011, di sottoporre a quest’ultima, sulla base dell’articolo 267 TFUE, le due seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’ambasciata – situata in uno Stato membro – di uno Stato che non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento [n. 44/2001] (...) costituisca una “succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività” ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, di tale regolamento (…).

Nel caso in cui la Corte risolva affermativamente la prima questione:

2)      se una clausola attributiva di competenza, pattuita anteriormente al sorgere della controversia, possa fondare la competenza di un giudice situato al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001, qualora tale clausola comporti il venir meno della competenza sussistente in forza degli articoli 18 e 19 del regolamento n. 44/2001».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

15.      La convenuta nel procedimento principale, i governi spagnolo e svizzero, nonché la Commissione europea, hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte.

IV – Analisi giuridica

A –    Osservazioni preliminari sull’immunità dalla giurisdizione dello Stato in quanto datore di lavoro

16.      Prima di rispondere alle due questioni pregiudiziali sottoposte, desidero soffermarmi brevemente sull’immunità dalla giurisdizione invocata dalla Repubblica algerina democratica e popolare.

17.      La regola secondo cui uno Stato non può essere convenuto dinanzi ai giudici di un altro Stato sovrano è una regola ben nota di diritto pubblico internazionale. Per giurisprudenza costante, «le competenze [dell’Unione] devono venir esercitate nel rispetto del diritto internazionale» (3) e «quando adotta un atto, l’Unione è tenuta a rispettare il diritto internazionale nella sua globalità, ivi compreso il diritto internazionale consuetudinario» (4). Le norme di diritto derivato devono essere, se del caso, interpretate alla luce delle norme di diritto internazionale consuetudinario. Ritengo pertanto che sorga la questione se, nel quadro di una controversia come quella oggetto della causa principale, il fatto che lo Stato membro parte di detta controversia goda o meno dell’immunità dalla giurisdizione – problematica questa che verrà esaminata alla luce della prassi internazionale che andrò immediatamente ad illustrare – possa incidere sulla risposta alle questioni sollevate nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale, relative all’interpretazione del regolamento n. 44/2001.

18.      Da un lato, il giudice del rinvio ha chiaramente osservato che la Repubblica algerina democratica e popolare, fin dall’inizio della controversia, ha dedotto la propria immunità dalla giurisdizione, mentre detto giudice, in modo altrettanto chiaro, ha sempre negato che essa goda di tale immunità nel caso di specie. Il giudice del rinvio si richiama ad una giurisprudenza nazionale in base alla quale, per valutare se uno Stato possa avvalersi della sua immunità dalla giurisdizione nell’ambito di una controversia relativa ad un contratto di lavoro da esso concluso, occorre verificare se le funzioni svolte dal lavoratore nel quadro di detto contratto ricadano o meno nell’esercizio del potere pubblico. Il giudice del rinvio, considerato che il ricorrente nel procedimento principale nell’ambito del suo contratto di lavoro non ha svolto che mansioni subalterne, di natura essenzialmente tecnica, ritiene che egli non abbia partecipato all’esercizio del potere pubblico algerino. Ne consegue che lo Stato algerino non può, a suo dire, invocare la sua immunità dalla giurisdizione.

19.      D’altra parte, sussiste una certa incertezza quanto allo status dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione nel diritto internazionale.

20.      L’immunità dalla giurisdizione è infatti un concetto poco comprensibile, difficilmente prevedibile e molto legato alle sensibilità nazionali. La valutazione operata dal giudice del rinvio rappresenta un nuovo contributo giurisprudenziale alla dottrina dell’immunità, dato che il regime applicabile all’immunità degli Stati dalla giurisdizione è di matrice prettamente giurisprudenziale. Pochi Stati infatti si sono dotati di atti ufficiali in questa materia.

21.      Si nota tuttavia un’evoluzione quasi generalizzata a favore del riconoscimento di un’immunità relativa dalla giurisdizione basata sulla distinzione fondamentale tra atti compiuti iure imperii e atti compiuti iure gestionis, questi ultimi assimilabili agli atti compiuti dai privati. In altri termini, il solo fatto che uno Stato sia parte convenuta in giudizio non è sufficiente a far sì che gli venga immediatamente riconosciuta l’immunità dalla giurisdizione (5). Lo Stato moderno è divenuto un attore poliedrico all’interno della vita giuridica e può agire e stringere relazioni giuridiche senza per questo esercitare, in tali occasioni, la sua sovranità o il suo potere pubblico: penso, in particolare, allo Stato imprenditore commerciale, ma anche allo Stato datore di lavoro. Questi diversi aspetti dell’attività giuridica dello Stato, dato che non si accompagnano sistematicamente all’esercizio di prerogative di potere pubblico, tendono a non giustificare più il riconoscimento automatico dell’immunità dalla giurisdizione. Il Bundesarbeitsgericht ha, per esempio, già sentenziato che l’attività di un montatore di ascensori impiegato presso l’ambasciata degli Stati Uniti in Germania non rientrava nella sovranità statale e non vi era quindi motivo di riconoscere allo Stato, in quanto datore di lavoro, l’immunità dalla giurisdizione (6). Nello stesso senso si è pronunciato riguardo alle funzioni di un tecnico impiegato presso la stessa ambasciata e responsabile della manutenzione di diversi impianti, ivi incluso il sistema d’allarme (7), o quelle di un portinaio (8).

22.      Questo nuovo approccio improntato alla relatività si spiega alla luce del potere eccessivo dell’immunità dalla giurisdizione che annulla ogni azione in giudizio e costituisce l’incarnazione istituzionalizzata del diniego di giustizia.

23.      Ciò detto, occorre però constatare che non è possibile ricavare chiaramente una teoria dell’immunità relativa degli Stati dalla giurisdizione. Per tornare allo Stato datore di lavoro, le soluzioni adottate a livello nazionale sono tra loro molto diverse e i giudici nazionali fanno prevalere talora la natura delle funzioni esercitate, talora le finalità di dette funzioni, talora la natura del contratto. Talvolta questi criteri debbono essere soddisfatti in modo cumulativo per poter negare l’immunità. La questione dell’immunità può, inoltre, prospettarsi in maniera differente a seconda che si tratti di una contestazione relativa all’assunzione, al licenziamento o all’esercizio stesso delle funzioni.

24.      Queste differenze a livello nazionale sono talmente marcate che, da un lato, una codificazione a livello internazionale pare difficile da attuare (9) e, dall’altro, esse possono perfino far dubitare della reale esistenza, al di là di un’incontestabile tendenza, di una norma di diritto internazionale consuetudinario in materia.

25.      La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo non ha fornito risposte molto più certe. Essa ha innanzitutto sentenziato che «la concessione dell’immunità sovrana a uno Stato nel quadro di un procedimento civile persegue l’obiettivo legittimo di rispettare il diritto internazionale al fine di favorire la cortesia e le buone relazioni tra gli Stati rispettando la sovranità di un altro Stato» (10) e che «non si possono pertanto considerare, in termini generali, le misure adottate da una Alta Parte contraente, che riflettono i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti in materia di immunità degli Stati, come una restrizione eccessiva del diritto di adire un giudice sancito all’articolo 6, paragrafo 1 [della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, siglata a Roma il 4 novembre 1950]» (11).

26.      Tuttavia, con la sentenza Cudak c. Lituania (12), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha preso atto del cambio di orientamento all’interno della comunità internazionale a favore della dottrina dell’immunità relativa in materia di licenziamento. La fattispecie in parola si riferiva ad una cittadina lituana che aveva esercitato le funzioni di segretaria presso l’ambasciata polacca a Vilnius e, dopo il suo licenziamento, aveva proposto una domanda di risarcimento dinanzi ai giudici lituani. La Repubblica di Polonia aveva invocato la propria immunità dalla giurisdizione, il che aveva comportato una dichiarazione di incompetenza da parte dei giudici lituani. Pur continuando a riconoscere che l’immunità dalla giurisdizione persegue un obiettivo legittimo in relazione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha qui sentenziato che la reazione dei giudici lituani, dopo aver verificato che la ricorrente non aveva svolto mansioni legate all’esercizio della sovranità dello Stato polacco, era eccessiva (13) e ha concluso riconoscendo una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta convenzione (14). La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ribadito la posizione assunta nella causa Cudak c. Lituania con la sua sentenza Sabeh El Leil c. Francia (15). In entrambi i casi la Corte ha esaminato lo stato del diritto e della giurisprudenza degli Stati destinatari dei ricorsi per verificare se essi prevedessero già casi di immunità relativa, prima di affermare che l’articolo 11 della Convenzione – non ratificata – di New York, che sancisce, al suo paragrafo 1, il principio per cui «uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato» (16), ha efficacia vincolante nella misura in cui, sempre secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, esso rifletterebbe il diritto internazionale consuetudinario. Il carattere non vincolante della convenzione in sé è stato superato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, di volta in volta, considerando che gli Stati convenuti, all’atto della formulazione di detto articolo 11, non avevano sollevato obiezioni particolari e non si erano nemmeno opposti alla Convenzione di New York (17). Queste affermazioni non possono non sollevare, tuttavia, qualche interrogativo (18). Le divergenze a livello nazionale di cui ho dato conto in narrativa potrebbero d’altronde imporre un approccio più articolato.

27.      Fermo restando l’obbligo di tener conto delle norme di diritto internazionale consuetudinario, se rilevanti ai fini dell’interpretazione del diritto derivato dell’Unione, vi è motivo di confermare, alla luce di tutti i succitati elementi, la posizione iniziale del giudice del rinvio secondo il quale la Repubblica algerina democratica e popolare non può avvalersi, nel quadro del procedimento principale, della sua immunità dalla giurisdizione, tanto più in quanto detto principio è volto a garantire la tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente nel procedimento principale. Tratterò pertanto le due questioni pregiudiziali sottoposte dal Landesarbeitsgericht Berlin‑Brandenburg muovendo dal presupposto che esse si riferiscono a una controversia nell’ambito della quale lo Stato convenuto non può avvalersi della sua immunità dalla giurisdizione.

28.      Concludo queste considerazioni preliminari discostandomi dall’argomentazione dedotta dal governo spagnolo, secondo il quale non si deve ignorare il fatto che, quand’anche alla fine si arrivi a riconoscere la competenza dei giudici tedeschi nel quadro del procedimento principale, se del caso in applicazione del regolamento n. 44/2001, la Repubblica algerina democratica e popolare potrebbe far valere in seguito la sua immunità dall’esecuzione, il cui obiettivo è proprio quello di sottrarre lo Stato interessato a tutti i vincoli amministrativi o giurisdizionali che possono derivare dall’applicazione di una decisione. Desidero tuttavia ribadire che tale considerazione, sia pure in via del tutto ipotetica (19), non influenza l’analisi relativa all’applicabilità del regolamento n. 44/2001, dato che essa va oltre la questione relativa alla competenza giurisdizionale che ci è stata sottoposta.

29.      Tanto premesso, andiamo ad analizzare le due questioni pregiudiziali sottoposte.

B –    Sulla prima questione

30.      Le norme in materia di competenza giurisdizionale enunciate dal regolamento n. 44/2001 sono applicabili soltanto nei casi in cui il convenuto sia domiciliato nel territorio di uno Stato membro. Se così non è, la questione della competenza giurisdizionale resta, in linea di principio, disciplinata dalla legge degli Stati membri (20).

31.      Tuttavia, nel quadro del regolamento n. 44/2001, il legislatore ha inteso dedicare una sezione speciale alle norme di competenza in materia di contratto di lavoro. L’articolo 18, paragrafo 2, di detto regolamento disciplina espressamente l’ipotesi di un datore di lavoro che non è domiciliato in uno Stato membro e prevede, in tal caso, che «[q]ualora un lavoratore concluda un contratto individuale di lavoro con un datore di lavoro che non sia domiciliato in uno Stato membro ma possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività in uno Stato membro, il datore di lavoro è considerato, per le controversie relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di quest’ultimo Stato». La controversia principale solleva la questione se l’ambasciata presso la quale il sig. Mahamdia ha lavorato possa essere qualificata come una «succursale», un’«agenzia» o un’«altra sede di attività» ai fini dell’applicazione delle norme speciali di competenza previste alla sezione 5 del regolamento n. 44/2001.

32.      Il fatto che l’immunità dalla giurisdizione non possa essere riconosciuta allo Stato algerino, secondo quanto affermato dal giudice del rinvio, chiarisce la valutazione operata da tale autorità giurisdizionale. Secondo detto giudice, infatti, nel quadro del contratto concluso con il sig. Mahamdia, lo Stato algerino non ha fatto uso delle prerogative di potere pubblico e il sig. Mahamdia non ha, da parte sua, nel quadro delle sue funzioni, contribuito all’esercizio della sovranità nazionale del suo datore di lavoro. Questa premessa mi porta a ritenere che, a dispetto del fatto che il lavoro è stato eseguito presso un’ambasciata, la quale è indiscutibilmente un’emanazione dello Stato algerino, detto Stato in sé, non esercitando funzioni sovrane, può essere assimilato a un qualsiasi datore di lavoro privato. In altre parole, a mio avviso, il fatto che il lavoratore sia stato assegnato ad un’ambasciata di uno Stato terzo non è da solo sufficiente a impedire l’applicazione degli articoli 18 e 19 del regolamento n. 44/2001. Rimane quindi da stabilire se detta ambasciata soddisfi la definizione della nozione di «succursale», di «agenzia» o di «qualsiasi altra sede di attività» ai sensi di detto regolamento.

33.      Occorre constatare che il regolamento, pur impiegando in più occasioni queste tre nozioni (21), non fornisce alcuna esplicita definizione.

34.      D’altra parte, dalla struttura del regolamento n. 44/2001 emerge chiaramente che le norme di competenza previste agli articoli 18 e seguenti di detto regolamento operano come lex specialis e costituiscono eccezioni al principio generale secondo cui le norme di competenza previste dal regolamento si applicano soltanto nel caso in cui il convenuto sia domiciliato nel territorio di uno Stato membro. Esse hanno evidentemente l’effetto di ampliare l’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001. Il carattere speciale di dette norme deporrebbe pertanto per una loro interpretazione restrittiva (22).

35.      Tuttavia, tale interpretazione letterale e sistematica va necessariamente conciliata con l’interpretazione teleologica dell’articolo 18 del regolamento n. 44/2001. In materia di contratti individuali di lavoro, l’obiettivo perseguito è quello di «tutelare la parte più debole con norme in materia di competenza più favorevoli ai suoi interessi rispetto alle regole generali» (23), ampliando il novero delle fattispecie nelle quali il lavoratore può citare il suo datore di lavoro dinanzi ai giudici che gli sono più vicini, più familiari. La Corte ha ricordato in più occasioni che, in tale materia, la Convenzione del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles») (24), deve essere interpretata «tenendo conto della necessità di garantire un’adeguata tutela alla parte contraente più debole dal punto di vista sociale, ossia il lavoratore» (25). È quindi alla luce di questo obiettivo precipuo che vanno interpretate anche le nozioni di «agenzia», di «succursale» e di «qualsiasi altra sede d’attività», come impiegate all’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001.

36.      Inoltre, quando la Corte è stata chiamata ad interpretare l’articolo 5, punto 5, della Convenzione di Bruxelles, il quale, benché in un contesto differente, prevede ugualmente una norma derogatoria in materia di competenza facendo riferimento a «una controversia concernente l’esercizio di una succursale, di un’agenzia o di qualsiasi altra filiale», ha statuito che «l’intento di garantire la certezza del diritto nonché la parità dei diritti e dei doveri delle parti, per quanto riguarda la possibilità di derogare alla norma generale di competenza (…) impone l’interpretazione autonoma e, quindi, comune a tutti gli Stati contraenti, delle nozioni contemplate all’articolo 5, [punto] 5, della Convenzione» (26). Mutatis mutandis, una simile soluzione si impone anche riguardo all’interpretazione, che deve quindi essere comune, delle nozioni di «agenzia», di «succursale» o di «qualsiasi altra sede d’attività» ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001.

37.      Dette nozioni non sono definite che di rado nei testi. A quanto mi consta, solo la Convenzione europea sull’immunità degli Stati avrebbe potuto chiarire un po’ il loro significato, dato che enuncia, al suo articolo 7, che «[u]no Stato contraente non può invocare l’immunità dalla giurisdizione dinnanzi a un tribunale di un altro Stato contraente qualora esso abbia sul territorio dello Stato del foro un ufficio, un’agenzia o altro stabilimento mediante il quale esercita, alla stregua di una persona privata, un’attività industriale, commerciale o finanziaria, e il procedimento concerna tale attività dell’ufficio, dell’agenzia o dello stabilimento» (27).

38.      Si deve quindi tornare alla giurisprudenza della Corte. Occorre preliminarmente precisare che la Corte ha interpretato le nozioni di «agenzia», «succursale» o «qualsiasi altra sede d’attività» soltanto nel contesto della Convenzione di Bruxelles, e mai riguardo a una controversia relativa a un contratto di lavoro.

39.      È con la sentenza De Bloos (28) che la Corte, per la prima volta, ha cercato di definire le succitate nozioni. In tale occasione essa ha affermato che «uno degli elementi essenziali peculiari delle nozioni di succursale e di agenzia è la subordinazione alla direzione e al sindacato della casa madre» (29) e che la nozione di sede d’attività «si basa, nello spirito della convenzione, sui medesimi elementi essenziali di una succursale o di un’agenzia» (30).

40.      La Corte ha apportato poi ulteriori precisazioni. Nella sentenza Somafer (31), essa ha dichiarato che, «poiché i concetti in questione danno la possibilità di derogare al principio generale di competenza (...), la loro interpretazione deve consentire di acclarare senza difficoltà il criterio speciale di collegamento che giustifica questa deroga» (32). Essa ha aggiunto che «questo criterio speciale di collegamento riguarda, in primo luogo, gli indizi esterni che permettono facilmente di riconoscere l’esistenza della succursale, dell’agenzia o della filiale e, in secondo luogo, il rapporto esistente fra l’entità così individuata e l’oggetto dell’azione intentata contro la casa madre stabilita in un altro Stato membro» (33). Quanto al primo punto, la Corte ha precisato che «il concetto di succursale, di agenzia o di qualsiasi altra filiale implica un centro operativo che si manifesti in modo duraturo verso l’esterno come un’estensione della casa madre, provvisto di direzione e attrezzato in modo da poter trattare affari con terzi, di guisa che questi, pur sapendo che un eventuale rapporto giuridico si stabilirà con la casa madre la cui sede trovasi all’estero, sono dispensati dal rivolgersi direttamente a questa, e possono concludere affari nel centro operativo che ne costituisce l’estensione» (34). Quanto al secondo punto, la Corte ha dichiarato che «è inoltre necessario che l’oggetto della controversia riguardi l’esercizio della succursale, dell’agenzia o di qualsiasi altra filiale» (35) e che «questa nozione di esercizio riguarda, in primo luogo, le controversie vertenti sui diritti e sugli obblighi contrattuali o extracontrattuali relativi alla gestione propriamente detta dell’agenzia, della succursale o della filiale considerate in se stesse, come quelli relativi alla locazione dell’immobile in cui dette entità hanno sede, ovvero all’assunzione in loco del personale che vi lavora» (36).

41.      Con le sentenze Blanckaert & Willems (37) e SAR Schotte (38), la Corte ha infine precisato che la succursale, l’agenzia o qualsiasi altra filiale «deve essere facilmente riconoscibile agli occhi dei terzi come un’estensione della casa madre» (39) e che «il nesso di stretto collegamento tra la controversia e il giudice che ne è investito si valuta (...) anche in relazione al modo in cui le due imprese si comportano nella vita sociale e si presentano nei confronti dei terzi nei loro rapporti commerciali» (40).

42.      Resta da verificare se e in che modo l’ambasciata di uno Stato terzo possa rispondere a detta definizione giurisprudenziale delle nozioni di «agenzia», «succursale» e «sede d’attività» ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001.

43.      È anzitutto pacifico che dette nozioni fanno, in linea di principio, riferimento a enti privi di personalità giuridica (41). L’ambasciata, in quanto organo dello Stato che essa rappresenta, è effettivamente priva di personalità giuridica. Ne è dimostrazione il fatto, in particolare, che nell’ambito del procedimento principale il lavoratore ha formulato la sua richiesta contro lo Stato algerino, e non contro l’ambasciata stessa.

44.      Si tratta poi di sapere se dette nozioni siano esclusivamente legate a soggetti che esercitano un’attività di tipo commerciale, dal momento che dalla giurisprudenza della Corte emerge una chiara presa di posizione in questo senso. Ciò premesso, si deve ricordare che le decisioni della Corte prima ricordate si riferivano all’interpretazione dell’articolo 5, punto 5, della Convenzione di Bruxelles, il cui fine è sensibilmente diverso da quello dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001, in quanto la prima delle norme citate non era stata redatta specificamente per le controversie in materia di contratto di lavoro. Questa differenza fondamentale depone, a mio avviso, a favore di un’interpretazione di dette nozioni evolutiva e adeguata alle circostanze.

45.      Le funzioni di un’ambasciata, in quanto rappresentanza diplomatica, sono stabilite all’articolo 3 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, del 18 aprile 1961. Ai sensi di detto articolo, esse consistono nel rappresentare lo Stato accreditante presso lo Stato accreditatario, proteggere nello Stato accreditatario gli interessi dello Stato che essa rappresenta, negoziare con il governo dello Stato accreditatario, informarsi delle condizioni e dell’evoluzione degli avvenimenti nello Stato accreditatario e, inoltre, promuovere le relazioni amichevoli e sviluppare le relazioni economiche, culturali e scientifiche tra lo Stato accreditante e lo Stato accreditatario. Le funzioni di un’ambasciata non possono essere qualificate propriamente come «commerciali», ma non si possono ignorare completamente le loro potenziali implicazioni in questo senso.

46.      Ad ogni modo, si dovrebbe pretendere che le nozioni di «agenzia», di «succursale» o di «sede d’attività» non debbano comportare necessariamente un legame con un’attività commerciale, ma più verosimilmente che dette nozioni si riferiscano a enti che si comportano come un attore privato. Il particolare obiettivo perseguito dall’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001 depone in tal senso, tanto più che la lettera di detto articolo non contiene esplicitamente una simile limitazione. Per riprendere l’esempio citato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, se si dovesse circoscrivere l’interpretazione di dette nozioni alle sole attività commerciali o finanziarie, i lavoratori di un’organizzazione non governativa avente la propria sede in uno Stato terzo, ma che sono distaccati presso una sezione di detta organizzazione posta in uno Stato membro, non potrebbero beneficiare della tutela rafforzata riconosciuta loro, in linea di principio, dal regolamento n. 44/2001, né potrebbero avvalersi dell’articolo 18, paragrafo 2, di detto regolamento, con l’effetto che non potrebbero beneficiare dell’applicazione della normativa dell’Unione in materia di competenza giurisdizionale, dal momento che il loro datore di lavoro non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro.

47.      Superato questo primo ostacolo all’applicazione delle nozioni di «agenzia», «succursale» o «sede d’attività», ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001, rimane da verificare se un’ambasciata presenti gli indizi esterni sufficienti a riconoscerne l’esistenza (primo criterio indicato dalla citata sentenza Somafer) e da analizzare il rapporto esistente tra l’ambasciata e l’oggetto della causa principale azionata nei confronti dello Stato algerino (secondo criterio indicato nella citata sentenza Somafer).

48.      Quanto al primo criterio, l’ambasciata può essere assimilata ad un centro operativo che si manifesta in modo duraturo verso l’esterno come un’estensione della casa madre. L’ambasciata contribuisce al riconoscimento e alla rappresentanza dello Stato accreditante nello Stato sul cui territorio essa è collocata. Essa ne costituisce, evidentemente, un’estensione. È altrettanto evidente che essa dispone di una struttura attrezzata. Essa è inoltre diretta dall’ambasciatore, il cui ruolo non può essere ridotto a quello di un mero intermediario privo di poteri d’azione o decisionali. Benché le attività dell’ambasciata vengano svolte in stretta collaborazione con il governo centrale, resta il fatto che essa dispone di un margine di discrezionalità ben più ampio in un certo numero di settori, ad esempio in relazione alla gestione del suo personale tecnico o di servizio, in particolare dal punto di vista contrattuale.

49.      Quanto al secondo criterio, è evidente che l’oggetto della causa principale, che coinvolge lo Stato algerino, presenta un legame sufficiente con l’ambasciata. L’ambasciata della Repubblica algerina democratica e popolare a Berlino è il luogo in cui è stato assunto il sig. Mahamdia (42) e il luogo in cui questi ha svolto le sue funzioni e dove era soggetto alla valutazione e, se del caso, al potere disciplinare del suo datore di lavoro. Ora, la Corte ha già sentenziato che le controversie relative all’esercizio di un’agenzia, di una succursale o di una filiale comprendono anche le controversie relative all’assunzione in loco del personale che vi lavora (43).

50.      Infine, contrariamente a quanto si è potuto sostenere altrove, non ritengo che la causa principale perda il suo carattere internazionale per il fatto che, in questo specifico contesto, lo Stato algerino viene considerato come domiciliato nel territorio dello stesso Stato membro del sig. Mahamdia, trovandosi l’ambasciata nel territorio tedesco (44). È la fissazione fittizia del domicilio della convenuta nel territorio di uno Stato membro, d’altronde, ad aver reso applicabile il regolamento n. 44/2001. Detta finzione giuridica non può però avere per ciò stesso l’effetto di occultare completamente l’originario carattere internazionale della controversia. D’altra parte, e di conseguenza, ritenere che la controversia debba, dopo l’applicazione della finzione giuridica, continuare ad opporre due parti del giudizio domiciliate in due Stati membri distinti si risolverebbe nell’imporre una condizione supplementare per l’applicazione delle regole speciali in materia di competenza e nel ridurre, a mio avviso in maniera significativa, la loro portata (45), e contrasterebbe addirittura con l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione al momento della redazione degli articoli 18 e seguenti del regolamento n. 44/2001. La Corte non sembra d’altronde aver già preso una posizione in tal senso (46).

51.      Per tutte le ragioni esposte, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale sottoposta dichiarando che l’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che l’ambasciata di uno Stato terzo presso uno Stato membro deve essere assimilata ad un’«agenzia», a una «succursale» o a una «qualsiasi altra sede d’attività» nel quadro di una controversia relativa ad un contratto di lavoro concluso da detta ambasciata nella sua qualità di rappresentante dello Stato accreditante, se il lavoratore è stato assunto e ha esercitato le sue funzioni nel territorio dello Stato membro, a condizione che dette funzioni non siano collegate all’esercizio del potere pubblico dello Stato accreditante.

C –    Sulla seconda questione

52.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio vuole essenzialmente sapere se l’articolo 21 del regolamento n. 44/2001 osti ad una clausola, inserita in un contratto di lavoro all’atto della sua conclusione, che attribuisca ai giudici di uno Stato terzo la competenza a conoscere di tutte le controversie relative a detto contratto nel caso in cui sia il lavoratore sia il datore di lavoro sono domiciliati o sono considerati come domiciliati nel medesimo Stato membro e il luogo di lavoro è anch’esso situato all’interno di detto Stato membro. Tale questione si pone evidentemente soltanto nell’ipotesi in cui la Corte ritenga che la controversia principale rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001 e che, come da me suggerito, l’ambasciata possa essere assimilata ad un’«agenzia», a una «succursale» o a una «qualsiasi altra sede d’attività» ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, di detto regolamento.

53.      In via preliminare occorre ricordare la giurisprudenza della Corte, secondo la quale la «designazione del giudice di uno Stato [membro] come competente in base al domicilio del convenuto nel territorio dello Stato medesimo, anche riguardo ad una controversia connessa, almeno in parte, con uno Stato terzo a motivo dell’oggetto o del domicilio dell’attore, non è tale da far sorgere un obbligo in capo a quest’ultimo Stato» (47). Nell’ambito del procedimento principale, l’eventuale designazione dei giudici tedeschi come giudici competenti a conoscere di detta controversia non avrebbe da sola come risultato di far sorgere un obbligo in capo allo Stato non membro. Ricordo, infatti, che nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale, abbiamo a che fare non con lo Stato in quanto persona giuridica di diritto pubblico dotata di sovranità, ma con lo Stato in quanto datore di lavoro che agisce nell’ambito dell’esercizio di una funzione non sovrana. La designazione dei giudici competenti a conoscere della controversia principale in applicazione delle norme stabilite dal regolamento n. 44/2001 obbligherebbe quest’ultimo, eventualmente, in quanto datore di lavoro, ma non in quanto ente che svolga funzioni sovrane.

54.      Per venire alla seconda questione, le condizioni in base alle quali è possibile derogare validamente alle norme fissate agli articoli 18 e 19 del regolamento n. 44/2001 sono precisate all’articolo 21 del medesimo regolamento. Detto articolo, che rientra anch’esso nella sezione speciale che il legislatore ha deciso di dedicare ai contratti individuali di lavoro, indica che sono ammesse soltanto deroghe previste mediante convenzione. Detta convenzione, inoltre, deve essere posteriore al sorgere della controversia (articolo 21, punto 1, del regolamento n. 44/2001) o deve consentire al lavoratore di adire un giudice diverso da quelli indicati in applicazione degli articoli 18 e 19 (articolo 21, punto 2, del regolamento n. 44/2001).

55.      È pacifico che la clausola che attribuisce la competenza ai giudici algerini è stata inserita ab initio nel contratto che lega il ricorrente nel procedimento principale al suo datore di lavoro. Essa non soddisfa pertanto il requisito previsto all’articolo 21, punto 1, del regolamento n. 44/2001.

56.      Il tenore letterale di detto articolo e, in particolare, l’impiego della congiunzione «o», impone di riconoscere che una clausola attributiva di competenza giurisdizionale, anche se pattuita anteriormente al sorgere della controversia, potrebbe ancora rivelarsi conforme a detto articolo qualora essa permettesse al lavoratore di adire un giudice diverso da quelli indicati in applicazione degli articoli 18 e 19 del regolamento n. 44/2001.

57.      Anche supponendo che due parti contraenti domiciliate, o considerate come domiciliate, in uno stesso Stato membro possano riconoscere in capo ai giudici di uno Stato terzo la competenza a conoscere delle controversie relative al contratto di lavoro che esse hanno concluso (48) nel caso in cui il luogo di lavoro sia anch’esso posto all’interno di detto Stato membro, non si possono dimenticare la specificità di questo tipo di contratto e il particolare grado di protezione che deve essere garantito al lavoratore. La valutazione della compatibilità di una clausola siffatta deve essere compiuta anch’essa alla luce dell’obiettivo specifico perseguito dagli articoli 18 e seguenti del regolamento n. 44/2001. Mi sembra pertanto evidente che detta clausola deve, a tal fine, porre il lavoratore di fronte a una scelta: quella dell’autorità giurisdizionale davanti alla quale agire.

58.      Come, a mio avviso, correttamente suggerito dal governo svizzero e dalla Commissione, l’articolo 21, punto 2, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che un accordo attributivo di competenza anteriore al sorgere della controversia è conforme a detto articolo se permette al lavoratore di adire un giudice diverso, oltre alle autorità giurisdizionali normalmente competenti in base alle regole speciali di cui agli articoli 18 e 19 del regolamento n. 44/2001. Ora, la clausola controversa nell’ambito del procedimento principale permette soltanto di adire le autorità giurisdizionali algerine e non mette il sig. Mahamdia, che è la parte più debole a cui deve essere garantita una protezione particolare, nella posizione di poter scegliere il foro davanti al quale agire.

59.      Una simile interpretazione è coerente con l’analisi effettuata nella relazione Jenard (49) delle norme della Convenzione di Bruxelles dal contenuto simile a quello dell’articolo 21, punto 2, del regolamento n. 44/2001, benché non riferite direttamente ai lavoratori. Detta relazione precisa, riguardo all’articolo 12, punto 2 (50), di detta convenzione, che l’inquadramento delle convenzioni attributive di competenza giurisdizionale aveva l’obiettivo di «vietare alle parti di restringere la scelta data» (51) dalla convenzione. Egli aggiungeva che tali convenzioni, se anteriori all’insorgenza della controversia, devono, per essere lecite, essere «a favore» (52) della parte ritenuta più debole. La Corte ha d’altra parte già ritenuto, con particolare riguardo ai lavoratori, che «la disciplina delle competenze giurisdizionali è (…) informata al principio di fornire un’adeguata tutela al contraente più debole dal punto di vista sociale» (53).

60.      Tanto premesso, suggerisco alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio nel senso che, per garantire che una clausola attributiva di competenza giurisdizionale stipulata, nell’ambito di un contratto di lavoro, anteriormente all’insorgere della controversia sia conforme all’articolo 21, punto 2, del regolamento n. 44/2001, il giudice del rinvio deve verificare che detta clausola offra al lavoratore la possibilità di adire un’autorità giurisdizionale diversa, oltre alle autorità giurisdizionali che sarebbero normalmente competenti in applicazione delle disposizioni speciali di cui agli articoli 18 e 19 del regolamento n. 44/2001, accordandogli in tal modo una facoltà di scelta.

V –    Conclusioni

61.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle due questioni pregiudiziali sottoposte dal Landesarbeitsgericht Berlin‑Brandenburg:

«1)      L’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che l’ambasciata di uno Stato terzo presso uno Stato membro deve essere assimilata ad un’“agenzia”, una “succursale” o una “qualsiasi altra sede d’attività” nel quadro di una controversia relativa ad un contratto di lavoro concluso da detta ambasciata nella sua qualità di rappresentante dello Stato accreditante, se il lavoratore è stato assunto e ha esercitato le sue funzioni nel territorio dello Stato membro, a condizione che dette funzioni non siano collegate all’esercizio del potere pubblico dello Stato accreditante.

2)      Per garantire che una clausola attributiva di competenza giurisdizionale stipulata, nell’ambito di un contratto di lavoro, anteriormente all’insorgere della controversia sia conforme all’articolo 21, punto 2, del regolamento n. 44/2001, il giudice del rinvio deve verificare che detta clausola offra al lavoratore la possibilità di adire un’autorità giurisdizionale diversa, oltre alle autorità giurisdizionali che sarebbero normalmente competenti in applicazione delle disposizioni speciali di cui agli articoli 18 e 19 del regolamento n. 44/2001, accordandogli in tal modo una facoltà di scelta».


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      GU 2001, L 12, pag. 1.


3 –      Sentenza del 24 novembre 1992, Poulsen e Diva Navigation (C‑286/90, Racc. pag. I‑6019).


4 –      Sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, Racc. pag. I-13755, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).


5 – Dottrina dell’immunità assoluta.


6 – Bundesarbeitsgericht, sentenza del 20 ottobre 1997, 2 AZR 631/96, BAGE 87, punti 144‑153.


7 – Bundesarbeitsgericht, sentenza del 15 febbraio 2005, 9 AZR 116/04, BAGE 113, punti 327‑342.


8 – Bundesarbeitsgericht, sentenza del 30 ottobre 2007, 3 AZB 17/07.


9 – La Convenzione europea sull’immunità degli Stati è stata elaborata in seno al Consiglio d’Europa ed è stata aperta alla firma degli Stati a Basilea (Svizzera) il 16 maggio 1972. L’articolo 5 di detta convenzione disciplina i casi in cui uno Stato può avvalersi della sua immunità dalla giurisdizione nell’ambito di un procedimento relativo ad un contratto di lavoro. Ad oggi, solo otto Stati l’hanno ratificata. Peraltro, nel dicembre 2004, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni (in prosieguo: la «Convenzione di New York»), che è stata aperta alla firma degli Stati il 17 gennaio 2005. Il suo articolo 11 si riferisce ai contratti di lavoro. La Convenzione sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni conta ad oggi 28 Stati firmatari di cui 13 Stati contraenti, ma non è entrata in vigore.


10 – Corte eur. D.U., sentenza Fogarty c. Regno Unito del 21 novembre 2001, Recueil des arrêts et décisions 2001‑XI (§ 34). V. altresì sentenze della Corte eur. D.U. Al‑Adsani c. Regno Unito del 21 novembre 2001, Recueil des arrêts et décisions 2001‑XI (§ 54); Cudak c. Lituania del 23 marzo 2010, Recueil des arrêts et décisions 2010 (§ 60), e Sabeh El Leil c. Francia del 29 giugno 2011, ricorso n. 34869/05 (§ 52).


11 – Corte eur. D.U., sentenze Fogarty c. Regno Unito, cit. (§ 36); Cudak c. Lituania, cit. (§ 57), e Sabeh El Leil c. Francia, cit. (§ 49).


12 –      Cit. alla nota 10.


13 – Corte eur. D.U., sentenza Cudak c. Lituania, cit. (§ 70).


14 – Corte eur. D.U., sentenza Cudak c. Lituania, cit. (§ 75).


15 –      Cit. alla nota 10.


16 – L’articolo 11, paragrafo 2, della Convenzione di New York (cit. alla nota 6 delle presenti conclusioni) affianca al principio sancito al paragrafo 1 un certo numero di eccezioni, in particolare, nel caso in cui il dipendente sia stato assunto per adempiere funzioni particolari nell’esercizio del potere pubblico [articolo 11, paragrafo 2, lettera a), di detta convenzione] o sia un agente diplomatico, un funzionario consolare o benefici egli stesso dell’immunità diplomatica [articolo 11, paragrafo 2, lettera b), punti i), ii) e iv), di detta convenzione].


17 – V. sentenze della Corte eur. D.U., Cudak c. Lituania, cit. (§ 66), e Sabeh El Leil c. Francia, cit. (§ 57).


18 – Quanto all’affermazione secondo cui una disposizione di un trattato non ratificato ha efficacia vincolante, rinvio all’opinione conforme espressa dal giudice Cabral Barreto nell’ambito di detta causa.


19 – La questione dell’immunità dall’esecuzione si porrà, infatti, soltanto nella doppia ipotesi che i giudici tedeschi accolgano, nel merito, la richiesta del ricorrente nel procedimento principale e che lo Stato algerino rifiuti di eseguire la decisione giudiziaria che sia stata, per l’effetto, adottata.


20 –      V. articolo 4 del regolamento n. 44/2001.


21 – V. l’articolo 5, paragrafo 5, l’articolo 9, paragrafo 2, l’articolo 15, paragrafo 2, e, ovviamente, l’articolo 18 del regolamento n. 44/2001.


22 – La Corte si è già pronunciata nel senso che «dette norme di competenza speciale [previste dal regolamento n. 44/2001] sono di stretta interpretazione, e non consentono un’interpretazione che vada oltre le ipotesi prese in considerazione esplicitamente dal regolamento» (sentenza del 22 maggio 2008, Glaxosmithkline e Laboratoires Glaxosmithkline, C‑462/06, Racc. pag. I‑3965, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


23 –      V. tredicesimo considerando del regolamento n. 44/2001.


24 –      GU 1998, C 27, pag. 1 (versione consolidata).


25 –      V. sentenze del 26 maggio 1982, Ivenel (133/81, Racc. pag. 1891, punto 14); del 13 luglio 1993, Mulox IBC (C‑125/92, Racc. pag. I‑4075, punto 18); del 9 gennaio 1997, Rutten (C‑383/95, Racc. pag. I‑57, punto 17), e del 10 aprile 2003, Pugliese (C‑437/00, Racc. pag. I‑3573, punto 18).


26 –      Sentenza del 22 novembre 1978, Somafer (33/78, Racc. pag. 2183, punto 8).


27 – Convenzione di Basilea, cit. alla nota 9.


28 –      Sentenza del 6 ottobre 1976 (14/76, Racc. pag. 1497).


29 –      Ibidem (punto 20).


30 –      Ibidem (punto 21).


31 –      Cit. alla nota 26.


32 –      Sentenza Somafer, cit. (punto 11).


33 –      Ibidem.


34 –      Ibidem (punto 12).


35 –      Ibidem (punto 13).


36 –      Idem.


37 – Sentenza del 18 marzo 1981 (139/80, Racc. pag. 819).


38 –      Sentenza del 9 dicembre 1987 (218/86, Racc. pag. 4905).


39 – Sentenza Blanckaert &Willems, cit. (punto 12).


40 –      Sentenza SAR Schotte, cit. (punto 16).


41 –      V. parere 1/03 del 7 febbraio 2006 (Racc. pag. I‑1145, punto 150).


42 – Ricordo che il lavoratore non fa parte del personale dell’ambasciata proveniente dall’Algeria, che ha la doppia cittadinanza algerino‑tedesca e che è stato assunto a Berlino, dove vive.


43 –      Sentenza Somafer, cit. (punto 13).


44 – V., riguardo all’articolo 13 della Convenzione di Bruxelles che stabilisce le condizioni che permettono, in materia di contratti conclusi con un consumatore, di considerare un professionista come domiciliato all’interno di uno Stato membro, pur avendo il suo domicilio in uno Stato terzo, i paragrafi 58 e seg. delle conclusioni dell’avvocato generale Darmon, presentate nella causa che ha dato origine alla sentenza del 19 gennaio 1993, Shearson Lehman Hutton (C‑89/91, Racc. pag. I‑139), e i paragrafi 24 e seg. delle conclusioni dell’avvocato generale Darmon, presentate nella causa che ha dato origine alla sentenza del 15 settembre 1994, Brenner e Noller (C‑318/93, Racc. pag. I‑4275).


45 – Si tratterebbe, infatti, del caso specifico di un contratto di lavoro stipulato da un lavoratore che ha il suo domicilio in uno Stato membro e un datore di lavoro che ha il suo domicilio in uno Stato terzo a condizione che l’attività del lavoratore presenti un collegamento con un’agenzia, una succursale o una qualsiasi altra sede d’attività del suo datore di lavoro sempre che detta agenzia, detta succursale o detta altra sede di attività abbia la propria sede in un altro Stato membro rispetto a quello del domicilio del lavoratore.


46 – Mentre l’avvocato generale Darmon aveva preso posizione su questo punto, la Corte, nel dispositivo, non ha precisato che, ai fini dell’applicazione della finzione giuridica prevista all’articolo 13 della Convenzione di Bruxelles, il convenuto dovesse avere il suo domicilio in uno Stato diverso da quello del ricorrente (v. punto 18 e dispositivo della sentenza Brenner e Noller, cit.).


47 –      Sentenza del 1° marzo 2005, Owusu (C‑281/02, Racc. pag. I‑1383, punto 31).


48 – Diversamente dalla Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU L 266, pag. 1), e del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177, pag. 6), il regolamento n. 44/2001 non contiene norme di carattere universale che ammettano espressamente che l’applicazione delle regole ivi previste possa portare a indicare come competenti le autorità giurisdizionali di Stati terzi.


49 –      Relazione elaborata da Jenard, P., sulla Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1979, C 59, pag. 1).


50 – In base al quale «le disposizioni della presente sezione possono esser derogate solo con una convenzione (…) che consenta al contraente dell’assicurazione, all’assicurato o al beneficiario di adire un organo giurisdizionale diverso da quelli indicati nella presente sezione (…)».


51 –      Relazione Jenard, cit. (pag. 33).


52 –      Relazione Jenard, cit. (pag. 33).


53 –      Sentenze Ivenel, cit. (punto 16); Rutten, cit. (punto 22); Mulox IBC, cit. (punto 18), e Pugliese, cit. (punto 18).