Language of document : ECLI:EU:C:2019:105

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 7 febbraio 2019 (1)

Causa C‑664/17

Ellinika Nafpigeia AE

contro

Panagiotis Anagnostopoulos e altri

con l’intervento di

Syllogos Ergazomenon Nafpigeion Skaramagka I TRIAINA,

Panellinia Omospondia Ergatoypallilon Metallou (POEM) e

Geniki Synomospondia Ergaton Ellados (GSEE)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Areios Pagos (Corte di cassazione, Grecia)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Trasferimento di una parte di impresa – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Nozione di “trasferimento” – Nozione di “entità economica” – Cessione di una parte dell’attività economica di una società controllante a una controllata di nuova costituzione – Prosecuzione di un’attività economica – Decisione di liquidare l’attività del cessionario»






1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Areios Pagos (Corte di cassazione, Grecia) verte sull’articolo 1 della direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, che modifica la direttiva 77/187/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (2), che ha modificato l’articolo 1 della direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977 (3), il quale corrisponde all’articolo 1 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (4), in applicazione dell’articolo 12 della direttiva medesima, che ha abrogato, ai fini della codificazione, la direttiva 77/187, modificata dalla direttiva 98/50. Più specificamente, in ragione del suo oggetto, la domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23.

2.        Detta domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone il sig. Panagiotis Anagnostopoulos e altri 89 dipendenti alla società per azioni Ellinika Nafpigeia AE (5) (in prosieguo: la «ENAE (6)») riguardo all’esecuzione dei contratti di lavoro originariamente stipulati tra tali parti.

3.        Merita di essere evidenziata la peculiarità di questa causa, in cui è il datore di lavoro e non i dipendenti a rivendicare l’applicazione dei diritti che discendono dalla direttiva 2001/23, concepiti nell’interesse dei lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore.

4.        Le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono, da un lato, sull’interpretazione della nozione di «entità economica» e, dall’altro, sul trasferimento di una siffatta entità nella prospettiva non della prosecuzione dell’attività economica ceduta, bensì della sua cessazione.

5.        In esito alla mia analisi, sosterrò che la direttiva 2001/23 non è applicabile qualora venga accertato che l’obiettivo perseguito con il trasferimento dell’entità economica consisteva non nel mantenere l’attività economica in questione, bensì nell’eludere gli obblighi posti a tutela dei lavoratori dipendenti sanciti dal diritto nazionale. Nell’ipotesi contraria, invece, l’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che la medesima è applicabile in una situazione in cui la parte d’impresa o di stabilimento ceduta non conserva la propria autonomia sotto il profilo organizzativo, purché il nesso funzionale tra i diversi fattori di produzione trasferiti sia mantenuto e consenta al cessionario di utilizzare tali fattori al fine di svolgere in modo stabile un’attività economica identica o analoga, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

6.        I considerando 3 e 8 della direttiva 2001/23 così recitano:

«(3)      Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti.

(…)

(8)      La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha modificato la sfera di applicazione della direttiva [77/187], quale interpretata dalla Corte di giustizia».

7.        L’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), di tale direttiva così dispone:

«a)      La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.

b)      Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria».

8.        A sua volta, l’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), è formulato come segue:

«Ai sensi della presente direttiva si intende:

a)      per “cedente”, ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dell’impresa o [dello] stabilimento;

b)      per “cessionario”, ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dell’impresa o dello stabilimento».

9.        L’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della medesima direttiva così dispone:

«I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario».

10.      L’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2001/23 prevede quanto segue:

«1.      A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un’autorità pubblica competente).

(…)

4.      Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l’abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva».

B.      Diritto greco

11.      Secondo il giudice del rinvio, sono applicabili le disposizioni del Proedrikó Diátagma 178/2002 «Métra schetiká me tin prostasía ton dikaiomáton ton ergazoménon se períptosi metavívasis epicheiríseon, enkatastáseon í tmimáton enkatastáseon í epicheiríseon, se symmórfosi pros tin Odigía 98/50/EK tou Symvoulíou» (decreto presidenziale 178/2002 sulle misure relative alla tutela dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, emanate per conformarsi alla direttiva [98/50]) (7).

12.      Ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c), tale decreto si applica a ogni trasferimento o fusione di imprese, stabilimenti o parti di stabilimenti, contrattuale o di legge, che comporti un cambiamento di imprenditore e possa riguardare organismi pubblici o privati che esercitano un’attività economica, con o senza scopo di lucro.

13.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), del medesimo decreto, per «trasferimento» deve intendersi quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale oppure accessoria.

14.      L’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), del decreto presidenziale 178/2002 definisce il «cedente» e il «cessionario» come, il primo, ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento nel senso sopraindicato, perde la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o alla parte dell’impresa o dello stabilimento e, il secondo, ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, del decreto medesimo, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o alla parte dell’impresa o dello stabilimento.

15.      A norma dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, del decreto in esame, tutti i diritti e gli obblighi esistenti di cui era titolare il cedente in forza di un contratto o di un rapporto di lavoro sono trasferiti al cessionario dalla data del trasferimento.

16.      Una volta avvenuto, in applicazione delle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 1, del Nómos 2112/1920 «perí ypochreotikís katangelías tis symváseos ergasías idiotikón ypallílon» (legge n. 2112/1920 relativa alla risoluzione obbligatoria dal contratto di lavoro degli impiegati del settore privato) (8) e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Vasilikó Diátagma «perí epektáseos tou N. 2112 (…) kai epí ton ergatón (…)» [regio decreto relativo all’applicazione della legge n. 2112 anche agli operai (…)], del 16/18 luglio 1920, il cambiamento di imprenditore opera di diritto, indipendentemente dalla causa giuridica e dalla forma del trasferimento dell’impresa, senza che i lavoratori debbano acconsentirvi.

17.      L’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, del decreto presidenziale 178/2002 prevede che, successivamente al trasferimento, il cedente continui a rispondere integralmente, in solido con il cessionario, degli obblighi derivanti da un contratto o da un rapporto di lavoro fino alla data in cui il cessionario assume le sue funzioni.

18.      Dall’articolo 4, paragrafo 2, del medesimo decreto risulta che il cessionario, successivamente al trasferimento, mantiene le condizioni lavorative già stabilite da un contratto collettivo di lavoro, una decisione arbitrale, un regolamento o un contratto di lavoro individuale.

19.      L’articolo 5, paragrafo 1, primo comma, del decreto presidenziale 178/2002 enuncia che il trasferimento di un’impresa, di uno stabilimento o di una parte d’impresa non costituisce, in quanto tale, un motivo di licenziamento dei lavoratori. Tuttavia, in base al secondo comma dello stesso articolo 5, paragrafo 1, fatte salve le disposizioni in materia di licenziamenti, sono autorizzati tutti i licenziamenti che si rendano necessari per ragioni economiche, tecniche o organizzative implicanti cambiamenti di personale. Ad ogni modo, l’articolo 5, paragrafo 2, del decreto prevede che, se il contratto o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata imputabile al datore di lavoro.

20.      In forza dell’articolo 6, paragrafo 1, del decreto presidenziale 178/2002, le disposizioni sulle conseguenze dei trasferimenti, di cui agli articoli 4 e 5 del medesimo decreto non si applicano nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di qualsiasi altra procedura analoga.

II.    Controversia oggetto del procedimento principale e questioni pregiudiziali

21.      I ricorrenti sono stati assunti con contratti a tempo indeterminato dalla società ENAE per lavorare nei suoi stabilimenti situati a Skaramangas, nel comune di Chaïdári, in Attica (Grecia) (9), da più di 30 anni.

22.      Nel 1985, detta società diveniva un’impresa del settore pubblico (10). Con la privatizzazione nel 2002, le veniva imposto un divieto di riduzione del personale, entro un certo limite, fino al 30 settembre 2008 (11).

23.      Al momento della privatizzazione, la ENAE esercitava quattro tipologie di attività, vale a dire la riparazione di navi, la costruzione di navi da guerra e mercantili, la costruzione e la riparazione di sottomarini nonché la costruzione e la riparazione di veicoli ferroviari, organizzate in direzioni, rispettivamente la direzione delle riparazioni, la direzione delle navi da superficie, la direzione dei sottomarini e la direzione del materiale rotabile. La sua struttura organizzativa si articolava altresì in quattro «comparti» produttivi, indispensabili per il funzionamento delle direzioni, ossia il laminatoio, lo stabilimento di produzione dei tubi, la falegnameria e l’officina.

24.      Poco dopo la privatizzazione, la ENAE costituiva, come sua controllata, la società Etaireia Trochaiou Ylikou Ellados ΑΕ (12) (in prosieguo: la «ΕΤΥΕ»), allo scopo di trasferirle gli accordi programmatici in corso tra, da una parte, i consorzi ai quali la ΕΝAE partecipava e, dall’altra, l’Organismos Sidirodromon Ellados (13) (in prosieguo: l’«OSE») e la società Ilektrikoí Sidiródromoi Athinon Pireos (14) (in prosieguo: l’«ISAP»); tali accordi vertevano sulla costruzione e la fornitura da parte dei consorzi di diversi tipi di veicoli ferroviari.

25.      Nel 2005, la ENAE veniva rilevata dalla società di costruzioni navali ThyssenKrupp Marine Systems.

26.      Al fine di consentire, a partire dal 1o ottobre 2006, il funzionamento della direzione del materiale rotabile della ΕΝΑΕ come società autonoma denominata ΕΤΥΕ, venivano sottoscritti, in data 28 settembre 2006, tra le due società, diversi contratti aventi ad oggetto, segnatamente, la locazione ad uso commerciale di un terreno situato all’interno dell’area dei cantieri navali, unitamente agli edifici e alle infrastrutture che vi insistevano, la vendita e la consegna dei beni mobili destinati all’attività d’impresa della ETYE, la fornitura di servizi di natura amministrativa finalizzati al funzionamento dell’impresa, nonché l’assegnazione alla ETYE dell’esecuzione dei lavori in sospeso previsti da tre accordi programmatici rispettivamente numerati 33 (con l’OSE e l’ISAP), 37 e 41a (15).

27.      Diventata operativa, la ETYE stipulava con la ENAE altri contratti, nel corso del 2007, aventi ad oggetto, segnatamente, il distacco di personale dalla ETYE alla ENAE (16), l’assegnazione da parte della ENAE alla ETYE di lavori in sospeso da eseguire in forza dell’accordo programmatico n. 33a con l’OSE e l’ISAP (17), la prestazione di servizi dalla ETYE alla ENAE (18) nonché la fornitura di servizi di assistenza amministrativa da parte della ENAE alla ETYE (19).

28.      Il giudice del rinvio osserva che «il percorso della società ΕΤΥΕ era già scritto dall’inizio e portava al suo scioglimento». Esso constata che, «[i]n particolare, l’articolo 5 dell’accordo-quadro del 28 settembre 2007, tra la ΕΝΑΕ e la ΕΤΥΕ, stabiliva la liquidazione [di quest’ultima in data] 30 settembre 2008, ossia esattamente alla scadenza del periodo di sei anni durante il quale era vietato alla ENAE di ridurre il personale al di sotto dei 1 400 lavoratori, sulla base dell’accordo del 1o ottobre 2002 relativo al suo trasferimento dallo Stato greco agli aggiudicatari stranieri». Il giudice del rinvio precisa che, ai sensi del medesimo articolo, la ENAE avrebbe sostenuto tutte le spese di liquidazione fino ad un importo equivalente al costo preventivato per i licenziamenti dei 160 lavoratori della ETYE e che tale contributo si sarebbe ridotto del 4% per ogni mese di ritardo. La data prevista di tale liquidazione veniva tuttavia differita su iniziativa della ENAE con una modifica, del 10 settembre 2008, di detto accordo-quadro.

29.      Il 1o ottobre 2007 il gruppo di società tedesche a responsabilità limitata ΙΝΤΕΙ Industriebeteiligungsgesellschaft mbH (ΙΝΤΕΙ) e Industriegesellschaft Waggonbau Ammendorf mbH (ΙGWA) acquistava le azioni della ETYE.

30.      Con comunicazione dell’8 ottobre 2007, tutti i lavoratori venivano informati dell’avvenuto trasferimento della ΕΤΥΕ al gruppo di società ΙΝΤΕΙ/IGWA. In data 13 maggio 2008, veniva concluso un contratto collettivo aziendale che stabiliva le condizioni retributive e lavorative di tutti i dipendenti della ETYE (20).

31.      Nel 2010, il Polymeles Protodikeio Athinon (Tribunale collegiale di primo grado di Atene, Grecia) dichiarava il fallimento della ETYE, con la precisazione che, dal trasferimento di cui trattasi, le attività economiche esercitate da quest’ultima erano scarse (21).

32.      In data 1o giugno 2009 i ricorrenti proponevano un ricorso contro la ENAE, dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene, Grecia), diretto ad ottenere il riconoscimento della continuità del rispettivo rapporto di lavoro con la ENAE mediante contratti di lavoro a tempo indeterminato, dell’obbligo per la ENAE di corrispondere loro per tutta la durata dei contratti di lavoro le retribuzioni previste dalla legge e altresì dell’obbligo per la ENAE, in caso di risoluzione dei contratti di lavoro, di corrispondere a ciascuno dei dipendenti le indennità legali di licenziamento.

33.      Il Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) accoglieva tale domanda; la ENAE interponeva appello dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene, Grecia), che confermava la sentenza pronunciata in primo grado ritenendo che la ETYE non fosse mai esistita come entità organica autosufficiente. Secondo detto giudice, in primo luogo, la ETYE non costituiva un’unità produttiva autonoma, giacché per la produzione e la riparazione del materiale rotabile era indispensabile l’apporto di tutti e quattro i comparti produttivi della ENAE, di modo che, se quest’ultima società avesse cessato ogni attività, sarebbe stato impossibile per la ETYE costruire e riparare materiale ferroviario. In secondo luogo, la ETYE si avvaleva, verso corrispettivo, dell’assistenza amministrativa della ENAE, e in particolare dei suoi servizi di segreteria, e, in terzo luogo, essa non aveva autonomia finanziaria e gestionale, essendole quest’ultima garantita dalla ENAE. Il medesimo giudice ne deduceva che non sussisteva trasferimento di impresa o di stabilimento o di parti di stabilimento e che, pertanto, il datore di lavoro dei ricorrenti era ancora la ENAE.

34.      Il 29 agosto 2013, la ENAE impugnava per cassazione tale decisione dinanzi all’Areios Pagos (Corte di cassazione). Quest’ultimo, essendovi una divergenza di pareri all’interno della sezione investita della causa sulla nozione di «entità economica», di cui all’articolo 1 della direttiva 98/50, ha ritenuto di dover interpellare la Corte sulla portata di tale nozione.

35.      Infatti, secondo tre membri della sezione, la ETYE non aveva la possibilità di continuare l’attività imprenditoriale assunta, in quanto la direzione del materiale rotabile che le sarebbe stata trasferita non era in grado di funzionare senza l’apporto dei comparti produttivi e dei servizi amministrativi e finanziari della ENAE. Prova ne sarebbe la limitata mole di lavoro svolta dalla ETYE, che avrebbe comportato il suo fallimento e spiegato peraltro perché, secondo i dipendenti interessati, il trasferimento avesse come obiettivo la soppressione dell’attività di costruzione e riparazione di veicoli ferroviari della ENAE e la perdita dei relativi posti di lavoro senza che quest’ultima fosse chiamata a risponderne.

36.      Per contro, secondo gli altri due membri della sezione adita, l’unità trasferita aveva un’autonomia sufficiente, sia prima che dopo il trasferimento, così che poteva svolgere da sola la sua attività economica. A loro avviso, in caso di trasferimento di un’unità meno importante, gli elementi costitutivi della nozione di «entità economica» possono essere intesi in modo meno rigoroso che nel caso in cui sia trasferita l’intera impresa o una sua attività principale. Il fatto che il cessionario venisse supportato dal cedente nell’esercizio dell’attività acquisita, in quanto società controllata, non escluderebbe l’esistenza di un trasferimento, atteso che, ai fini dell’interpretazione della nozione di «trasferimento», occorrerebbe guardare ai nuovi modelli del «fare impresa». Infine, il proposito del cedente e del cessionario di liquidare l’impresa non sarebbe un indizio che esclude l’esistenza del trasferimento, ma potrebbe costituire la base per un’azione legale contro l’imprenditore cedente perché corrisponda le indennità dovute in caso di violazione degli interessi dei lavoratori a seguito della modifica unilaterale delle condizioni contrattuali.

37.      Di conseguenza, l’Areios Pagos (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Secondo quanto disposto dall’articolo 1 della direttiva 98/50 e per accertare l’esistenza o meno di un trasferimento di impresa, di stabilimento o di parte di stabilimento o di impresa, se per “entità economica” debba essere intesa un’unità di produzione totalmente autosufficiente, che sia in grado di funzionare per raggiungere il proprio scopo economico senza doversi procurare (mediante acquisto, prestito, locazione o altrimenti) alcun fattore di produzione (materie prime, manodopera, apparecchiature meccaniche, parti del prodotto finito, servizi di assistenza, risorse economiche e quant’altro) presso terzi. O se, per contro, perché sia integrata la nozione di “entità economica”, siano sufficienti un oggetto dell’attività dell’unità di produzione distinto, la possibilità concreta che tale oggetto costituisca lo scopo dell’impresa economica e un’efficace organizzazione dei fattori di produzione (materie prime, macchinari e altre attrezzature, manodopera e servizi di assistenza) per il raggiungimento di tale scopo, senza che rilevi se il nuovo operatore si procuri i fattori di produzione anche all’esterno o se non abbia raggiunto nello specifico il suo scopo.

2)      Secondo quanto disposto dall’articolo 1 della direttiva 98/50, se l’esistenza del trasferimento sia esclusa o meno nel caso in cui il cedente o il cessionario o entrambi prevedano non soltanto la prosecuzione con successo dell’attività da parte del nuovo operatore, ma anche la sua futura cessazione in vista di una liquidazione dell’impresa».

III. Analisi

38.      Con le sue due questioni pregiudiziali, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, alla Corte se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «trasferimento di impresa» comprende una situazione in cui una società controllante, a capo di tre attività economiche nel settore delle costruzioni navali e di una quarta nel settore della costruzione di materiale ferroviario rotabile, abbia ceduto la gestione di quest’ultima attività a una società controllata e stipulato al riguardo con tale controllata diversi contratti affinché la stessa, da un lato, possa disporre delle necessarie infrastrutture e attrezzature, di cui la società controllante è proprietaria, per realizzare i lavori in sospeso previsti in accordi programmatici conclusi da tale società e, dall’altro, sia liquidata in tempi brevi.

39.      È legittimo interrogarsi, fin da subito, sui dubbi manifestati dal giudice del rinvio nel constatare l’esistenza dell’accordo-quadro del 28 settembre 2007 (22) tra il cedente e il cessionario inteso ad organizzare la cessazione dell’attività economica controversa dopo un anno, allo scopo di eludere il divieto per il cedente di licenziare i dipendenti prima del 30 settembre 2008.

40.      Infatti, poiché la nozione di «trasferimento» è inscindibile dalla prospettiva di prosecuzione dell’attività, come risulta dal tenore letterale dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/23 e dagli obiettivi perseguiti dalla medesima, vale a dire il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore (23), mi pare evidente che, se si constata che il trasferimento è stato pianificato allo scopo di cessare l’attività a condizioni che consentissero al cedente di affrancarsi da obblighi posti a tutela dei dipendenti, tale direttiva non sia applicabile.

41.      Tuttavia, dalla divergenza di pareri illustrata dal giudice del rinvio può desumersi che la particolare difficoltà presentata dalla controversia risulta dalla constatazione che l’attività è proseguita per almeno un anno, a decorrere dal mese di ottobre del 2006, prima della dichiarazione di fallimento nel 2010. Sempre che tale constatazione relativa all’effettiva prosecuzione dell’attività venga chiarita dal giudice del rinvio (24), si tratta di stabilire quali conseguenze se ne debbano trarre.

42.      In tale contesto, illustrerò i principi generali stabiliti dalla giurisprudenza della Corte relativa alla nozione di «trasferimento di impresa» prima di esaminarne l’applicazione alle circostanze del caso di specie.

A.      Principi

43.      In primo luogo, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’ambito di applicazione della direttiva 2001/23, definito al suo articolo 1, paragrafo 1, lettera a), si estende a tutti i casi di cambiamento, nell’ambito di rapporti contrattuali, della persona fisica o giuridica responsabile della gestione dell’impresa, la quale, di conseguenza, assume le obbligazioni del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti dell’impresa stessa, a prescindere dal trasferimento della proprietà degli elementi materiali (25).

44.      La Corte ha ricordato in diverse occasioni che la nozione di «impresa» contempla qualsiasi entità economica organizzata in modo stabile che comprenda un complesso organizzato di persone e di elementi, il quale consenta l’esercizio di un’attività economica che sia finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo e sia sufficientemente strutturata ed autonoma (26).

45.      In secondo luogo, come rilevato costantemente dalla Corte, lo scopo della direttiva 2001/23 è di assicurare la continuità dei rapporti di lavoro esistenti nell’ambito di un’entità economica, a prescindere da un cambiamento di proprietario (27).

46.      Il criterio decisivo per stabilire l’esistenza di un trasferimento, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, consiste quindi nella circostanza che l’entità di cui trattasi conservi la propria identità dopo essere stata rilevata dal nuovo datore di lavoro, ciò che si desume segnatamente dalla prosecuzione effettiva della gestione o dalla sua ripresa (28).

1.      Sull’identità e la continuità dell’entità al momento del trasferimento

47.      La Corte ha precisato il metodo per applicare il criterio in parola imperniato su detti due aspetti, vale a dire l’identità e la continuità dell’entità al momento del trasferimento. Occorre, ebbene, prendere in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano, in particolare, il tipo d’impresa o di stabilimento in questione, il trasferimento o meno di elementi materiali, quali gli edifici e i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento del trasferimento, la riassunzione o meno della parte più rilevante del personale ad opera del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, il grado di somiglianza delle attività esercitate prima e dopo il trasferimento, nonché la durata di un’eventuale sospensione di queste ultime. Resta inteso che tali elementi costituiscono soltanto aspetti parziali della valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, perciò, essere considerati isolatamente (29).

48.      La Corte, per un verso, ha sottolineato che ciò implica che l’importanza da attribuire rispettivamente ai singoli elementi varii necessariamente in funzione dell’attività esercitata, o addirittura in funzione dei metodi di produzione o di gestione utilizzati nell’impresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento in questione (30).

49.      Per altro verso, essa ha osservato che il semplice fatto che un’entità economica abbia rilevato l’attività economica di un’altra entità non consente di concludere nel senso che l’identità di quest’ultima sia stata conservata. L’identità di un’entità non può essere ridotta all’attività che le è affidata, bensì emerge da una pluralità di elementi inscindibili fra loro, quali il personale, i quadri direttivi, l’organizzazione del lavoro, i metodi di gestione o anche, eventualmente, i mezzi di gestione a disposizione dell’entità (31).

2.      Sulla cessione all’interno di un gruppo di società

50.      Alla luce delle circostanze della controversia principale, occorre parimenti precisare che, nel caso di una cessione all’interno di un gruppo di società, la Corte ha ritenuto che l’esistenza di un trasferimento non sia ipso facto esclusa (32).

51.      Più precisamente, in un caso del genere, la Corte ha dichiarato, per un verso, che, «ai fini dell’applicazione d[ella direttiva 2001/23], l’entità economica in questione deve in particolare, anteriormente al trasferimento, godere di un’autonomia funzionale sufficiente, là dove la nozione di autonomia si riferisce ai poteri, riconosciuti ai responsabili del gruppo di lavoratori considerato, di organizzare, in modo relativamente libero e indipendente, il lavoro in seno a tale gruppo e, più specificamente, di impartire istruzioni e distribuire compiti ai lavoratori subordinati appartenenti al gruppo medesimo, e ciò senza intervento diretto da parte di altre strutture organizzative del datore di lavoro» (33), e, per altro verso, che «[t]ale conclusione è corroborata dall’articolo 6, paragrafo 1, primo e quarto comma, della direttiva 2001/23, relativo alla rappresentanza dei lavoratori, a norma del quale tale direttiva è destinata ad applicarsi a qualsiasi trasferimento che soddisfi le condizioni enunciate all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva medesima, indipendentemente dal fatto che l’entità economica trasferita conservi o meno la propria autonomia nella struttura del cessionario» (34).

52.      È alla luce di tali insegnamenti giurisprudenziali che vanno proposti elementi di valutazione delle questioni sollevate, tenendo conto dei principali elementi di fatto rilevati dall’Areios Pagos (Corte di cassazione) nella decisione di rinvio.

B.      Applicazione dei principi alle circostanze del caso di specie

1.      Sull’autonomia dell’entità ceduta anteriormente al trasferimento

53.      Occorre, in primo luogo, rammentare il contesto in cui è avvenuto il trasferimento controverso, consistente in una cessione a favore di una società controllata costituita a tal fine (35). Va quindi verificato se l’autonomia dell’entità ceduta preesistesse al trasferimento (36). Dall’oggetto delle questioni pregiudiziali, e in particolar modo dalla seconda questione, può desumersi che le stesse non vertono sull’accertamento del fatto che l’entità trasferita di cui trattasi godesse di un’autonomia funzionale sufficiente anteriormente al trasferimento.

54.      Proseguirò pertanto la mia analisi considerando l’entità, ossia la direzione della ENAE assegnata ad un’attività distinta dalle altre tre con cui condivideva i mezzi di produzione, come formata, anteriormente al trasferimento, da un complesso organizzato di lavoratori, durevolmente assegnati a tale stabile attività, al fine di esaminare le condizioni relative all’effettiva prosecuzione dell’attività.

2.      Sulla prosecuzione dell’attività trasferita

55.      In secondo luogo, riguardo alla continuità dell’attività trasferita, rilevo un difetto di precisione nella decisione di rinvio sulle circostanze relative alla stipulazione dei contratti, in particolar modo nel 2006 al fine di garantire il funzionamento del settore d’attività di cui trattasi, e al loro specifico contenuto. Ritengo, quindi, alla stregua dei ricorrenti, del governo greco e della Commissione, che l’incertezza sul fatto che, al momento del trasferimento, l’attività non si limitasse all’esecuzione di una determinata opera debba essere fugata.

56.       Il giudice del rinvio ha ripetutamente sottolineato che la ENAE ha affidato alla ETYE il completamento di lavori. Esso ha precisato che, «[a]l fine di garantire, a partire dal 1o ottobre 2006, l’operatività della direzione del materiale rotabile della ΕΝΑΕ come società autonoma denominata ΕΤΥΕ, venivano sottoscritti, in data 28 settembre 2006, tra le due società [diversi] accordi [fra cui] il contratto d’opera tra la ENAE in qualità di committente e la ETYE in qualità di prestatore d’opera, con il quale la prima commissionava alla seconda l’esecuzione dei lavori in sospeso previsti nell’accordo programmatico n. 33 (con l’OSE e l’ISAP), come pure ogni altra attività necessaria o accessoria all’accordo, [un] contratto analogo al precedente [del 28 settembre 2006], relativo ai lavori sospesi, essenziali o accessori, previsti dall’accordo programmatico n. 37, e [un] contratto analogo al precedente [del 28 settembre 2006], relativo ai lavori sospesi, essenziali o accessori, previsti dall’accordo programmatico n. 41 a».

57.      Il giudice del rinvio aggiunge che, «[d]iventata operativa, la ΕΤΥΕ sottoscriveva con la ΕΝΑΕ (…) in data 30 agosto 2007 [un] contratto d’opera tra la ENAE in qualità di committente e la ETYE in qualità di prestatore d’opera, con il quale la prima commissionava alla seconda l’esecuzione dei lavori in sospeso previsti dall’accordo programmatico n. 33 a (con l’OSE e l’ISAP), come pure ogni altra attività necessaria o accessoria all’accordo stesso».

58.      Detto giudice osserva, peraltro, che «[n]on è stata provata l’argomentazione svolta nel senso dell’autonomia finanziaria della ETYE, la quale avrebbe asseritamente assunto l’impegno di costruire per la società elvetica Carwaggon AG 200 vagoni; in realtà, tale società ha commissionato alla ETYE, il 29 aprile 2009, la costruzione soltanto di 3 vagoni, di lunghezza pari a mt 27, per il trasporto di automobili, al mero prezzo di EUR 510 000».

59.      Orbene, credo che tali circostanze siano assimilabili a quelle esaminate dalla Corte nella sentenza del 2 dicembre 1999, Allen e a. (37), riguardante l’attività di trivellazione dell’Amalgamated Construction Co. Ltd (38) sul sito carbonifero Prince of Wales, che era organizzata con la forma di un’entità economica prima che detta impresa subappaltasse l’attività all’AMS.

60.      In tale sentenza, la Corte ha dichiarato, da un lato, che «[l]a circostanza che l’ACC sia sempre rimasta l’unico contraente della RJB [Mining (UK)] e abbia subappaltato i lavori all’AMS non è di per sé atta ad escludere l’esistenza di un trasferimento ai sensi della direttiva [77/187]. Infatti il trasferimento o meno della clientela tra il cedente e il cessionario costituisce solo uno degli elementi da prendere in considerazione per accertare l’esistenza di un trasferimento (…) (sentenza [del 18 marzo 1986,] Spijkers[(39)], punto 13)» (40).

61.      Dall’altro lato, «nella (…) sentenza [del 19 settembre 1995], Rygaard (41), la Corte ha dichiarato che una situazione in cui un’impresa trasferisce ad un’altra impresa un cantiere allo scopo di terminare i lavori, limitandosi a mettere a disposizione di quest’ultima taluni lavoratori e i macchinari necessari per la realizzazione dei lavori in corso, esula dal campo di applicazione della direttiva [77/187]. Tuttavia tale situazione è diversa dal caso di specie in quanto l’AMS ha ottenuto il subappalto per l’esecuzione di lavori completi. Inoltre, al punto 21 della citata sentenza Rygaard[(42)], la Corte ha aggiunto che un trasferimento di cantiere al fine del suo completamento potrebbe rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva soltanto ove si accompagnasse al trasferimento di un complesso organizzato di elementi tale da consentire la prosecuzione delle attività o di talune attività dell’impresa cedente in modo stabile. Pertanto il fatto che l’ACC abbia subappaltato all’AMS solo l’esecuzione di determinati lavori di trivellazione non sarebbe sufficiente per escludere l’applicazione della direttiva qualora venisse accertato che, nel contesto di tale operazione, l’AMS aveva acquisito dall’ACC i mezzi organizzati che le consentissero di svolgere in modo durevole l’attività di trivellazione nelle miniere Prince of Wales» (43).

62.      Da tali considerazioni e dalla constatazione della mancanza di sufficienti precisazioni di fatto nella decisione di rinvio discende che spetta al giudice del rinvio valutare preventivamente, alla luce di tale giurisprudenza, se, nelle circostanze di cui al procedimento principale, e segnatamente in quelle relative all’assegnazione dei lavori, sia stata mantenuta l’identità dell’entità trasferita grazie al trasferimento di un complesso organizzato di elementi che consentisse la prosecuzione delle attività dell’impresa cedente in modo stabile.

63.      Supponendo, in questa fase, che dette condizioni sussistano, occorre ora rispondere agli interrogativi del giudice del rinvio sulla mancanza di autonomia funzionale dell’entità trasferita.

3.      Sull’autonomia dell’entità ceduta successivamente al trasferimento

64.      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, è opportuno anzitutto rilevare che l’attività esercitata è stata definita, posto che il peso da attribuire ai singoli elementi di valutazione enunciati dalla Corte varia appunto in funzione di tale attività (44).

65.      Nella fattispecie, dai dubbi del giudice del rinvio relativi all’impiego di attrezzature indispensabili ai fini della produzione (45) si può desumere che il trasferimento di cui trattasi sia stato realizzato in un settore la cui attività non si fonda essenzialmente sulla forza lavoro.

66.      Infatti, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, l’attività economica controversa, vale a dire la direzione del materiale rotabile, necessita dell’apporto di quattro comparti produttivi, ossia il laminatoio, lo stabilimento di produzione dei tubi, la falegnameria e l’officina, come le altre tre direzioni facenti capo alla ENAE.

67.      Riguardo, poi, all’interrogativo principale del giudice del rinvio relativo al fatto che gli elementi materiali indispensabili per lo svolgimento dell’attività oggetto del procedimento principale siano sempre appartenuti alla ENAE, si può rispondere che tale constatazione non esclude ipso facto l’esistenza di un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva 2001/23, dal momento che, in analoghe circostanze, la Corte ha dichiarato che «la questione di sapere se la proprietà degli elementi materiali venga trasferita è irrilevante ai fini dell’applicazione della direttiva [in parola]» (46).

68.      In proposito la Corte ha dichiarato che «il fatto che gli elementi materiali rilevati dal nuovo imprenditore non appartengano al suo predecessore, ma siano stati semplicemente messi a disposizione dal committente non può indurre a escludere l’esistenza di un trasferimento d’impresa ai sensi di detta direttiva (v., in tal senso, sentenza [del 20 novembre 2003,] Abler e a., C‑340/01, EU:C:2003:629, punto 42). Di conseguenza, (…) un’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/23 che escluda dall’ambito di applicazione di quest’ultima una situazione in cui gli elementi materiali indispensabili all’esercizio dell’attività di cui trattasi sono sempre appartenuti al cessionario, priverebbe detta direttiva di una parte del suo effetto utile» (47).

69.      Infine, per quanto attiene alle modalità di finanziamento (48) come anche alla mancanza di autonomia organizzativa successivamente al trasferimento (49), cui si è fatto riferimento nella decisione di rinvio, occorre rammentare che la Corte ha già statuito che tali elementi non sono di per sé atti ad escludere l’applicazione della direttiva 2001/23.

70.      Infatti, in una situazione che può essere accostata a quella oggetto del procedimento principale (50), la Corte ha dichiarato che «[d]iscende (…) dai punti 46 e 47 della sentenza [del 12 febbraio 2009,] Klarenberg[(51),] (…) che è il mantenimento non già della struttura organizzativa specifica imposta dall’imprenditore ai diversi fattori di produzione trasferiti, bensì del nesso funzionale di interdipendenza e complementarità fra tali fattori a costituire l’elemento rilevante per determinare la conservazione dell’identità dell’entità trasferita. Infatti, il mantenimento di un siffatto nesso funzionale tra i vari fattori trasferiti consente al cessionario di utilizzare questi ultimi, anche se essi sono integrati, dopo il trasferimento, in una nuova diversa struttura organizzativa al fine di continuare un’attività economica identica o analoga (v. sentenza [del 12 febbraio 2009,] Klarenberg[(52)], punto 48)» (53).

71.      Pertanto, ritengo essenziale che il giudice del rinvio verifichi se sia stato mantenuto un nesso funzionale di interdipendenza e complementarità fra i diversi fattori di produzione trasferiti al fine di continuare un’attività economica identica o analoga (54).

72.      In altri termini, è sufficiente stabilire se, al momento del trasferimento, l’attività precedente, esercitata sotto la responsabilità della ENAE, potesse continuare con gli opportuni mezzi sotto la nuova direzione, non rilevando, come poc’anzi rammentato, che gli elementi patrimoniali messi a disposizione dal cedente non fossero destinati in via esclusiva all’attività trasferita. Di conseguenza, il successo dell’attività economica dopo il trasferimento, sul quale s’interroga il giudice del rinvio, non può essere considerato un criterio rilevante ai fini dell’applicazione della direttiva 2001/23.

4.      Sull’intenzione del cedente e del cessionario al momento della cessione dell’attività

73.      Qualora, al termine delle verifiche menzionate ai precedenti paragrafi (55), il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che, nel caso di specie, sono soddisfatti i criteri relativi alla sussistenza di un trasferimento di parte di impresa, rimarrebbe da stabilire quale conseguenza debba trarsi dalla constatazione del medesimo giudice secondo cui «il percorso della società ΕΤΥΕ era già scritto dall’inizio e portava al suo scioglimento», considerato che, tra il 2006 e il 2007, un’attività, sia pur limitata, vi è stata (56).

74.      Non si tratta, come sostiene la ENAE, di introdurre un nuovo requisito, che riguarderebbe il successo economico del trasferimento o che porterebbe a rimetterne in discussione le condizioni in caso di successiva cessazione dell’attività decisa dal cessionario. Infatti, la libertà di quest’ultimo di porre termine all’attività dopo il trasferimento della stessa non dev’essere assolutamente messa in questione.

75.      Come la Corte ha già dichiarato più volte e come si ricava, del resto, dall’articolo 4 della direttiva 2001/23, «quest’ultima non priva gli Stati membri della facoltà di consentire ai datori di lavoro di modificare taluni rapporti di lavoro in senso sfavorevole, segnatamente per quanto concerne la tutela contro il licenziamento e le condizioni retributive. Detta direttiva vieta soltanto che siffatte modificazioni avvengano in occasione e a causa del trasferimento» (57).

76.      Più specificamente, alla luce delle circostanze del procedimento principale, è la decisione del cedente concomitante al trasferimento di servirsi di quest’ultimo come mezzo per porre termine all’attività ceduta di cui era responsabile, allo scopo di affrancarsi dagli obblighi posti a tutela dei dipendenti (58), ad escluderlo dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/23.

77.      Poco importa, quindi, che un’attività abbia potuto proseguire successivamente al trasferimento dell’entità economica, se è accertato che la stessa non doveva essere stabile ed era stata organizzata in occasione del trasferimento in modo tale da determinarne il fallimento.

78.      In altri termini, più che la durata dell’attività è essenziale accertare quali poteri siano stati conferiti all’entità trasferita perché ne continuasse l’esercizio per un periodo, in linea di principio, indeterminato. Al riguardo, la programmazione della cessazione dei contratti, in assenza di strategie commerciali di allargamento della clientela o di diversificazione dei compiti, potrebbe costituire un indizio della mancanza di una prospettiva di stabilità in occasione del trasferimento. Lo stesso potrebbe dirsi in caso di riorganizzazione anticipata dell’inquadramento dei dipendenti oppure dei loro orari di lavoro o, ancora, del loro numero, che impedisca di proseguire l’esercizio dell’attività. Pertanto, ritengo che sia determinante la scelta, in occasione del trasferimento, dei mezzi destinati a conseguire tale obiettivo.

79.      Ad ogni modo, considerare la durata della prosecuzione dell’attività economica un elemento di valutazione della sussistenza di un trasferimento sarebbe in contrasto con l’obiettivo della tutela dei lavoratori costantemente sottolineato dalla Corte (59) e potrebbe favorire l’applicazione abusiva di disposizioni del diritto dell’Unione (60).

80.      D’altra parte, limitarsi a constatare l’esistenza di un accordo preordinato a far cessare l’attività, quando invece lo stesso sarebbe rimasto lettera morta, perché l’attività, in tale ipotesi del tutto teorica, sarebbe stata esercitata in modo stabile, porterebbe a una soluzione parimenti in contrasto con l’obiettivo della direttiva in parola.

81.      Ne consegue che, ove venga accertato che, in occasione del trasferimento, l’obiettivo perseguito dal cedente e dal cessionario non consisteva nella prosecuzione dell’attività ceduta, bensì nell’elusione degli obblighi posti a tutela dei dipendenti stabiliti dal diritto nazionale, tale trasferimento non può ricadere nell’ambito dell’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23.

82.      In un’ipotesi del genere, la tutela dei lavoratori mi sembra possa altresì giustificare l’applicazione di disposizioni nazionali che sanzionino gli eventuali effetti lesivi di simili manovre.

83.      Sulla base delle riflessioni sin qui svolte, ritengo che l’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23 debba essere interpretato nel senso che, fatto salvo l’accertamento dell’intenzione, in occasione del trasferimento dell’entità economica, di proseguire un’attività economica, tale direttiva è applicabile a una situazione in cui la parte di impresa o di stabilimento non conservi la propria autonomia sotto il profilo organizzativo, purché il nesso funzionale fra i diversi fattori di produzione trasferiti sia mantenuto e consenta al cessionario di utilizzare tali fattori al fine di svolgere in modo stabile un’attività economica identica o analoga, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare.

IV.    Conclusione

84.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dall’Areios Pagos (Corte di cassazione, Grecia):

L’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che, fatto salvo l’accertamento dell’intenzione, in occasione del trasferimento dell’entità economica, di proseguire un’attività economica, tale direttiva è applicabile a una situazione in cui la parte di impresa o di stabilimento non conservi la propria autonomia sotto il profilo organizzativo, purché il nesso funzionale fra i diversi fattori di produzione trasferiti sia mantenuto e consenta al cessionario di utilizzare tali fattori al fine di svolgere in modo stabile un’attività economica identica o analoga, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 1998, L 201, pag. 88.


3      GU 1977, L 61, pag. 26.


4      GU 2001, L 82, pag. 16.


5      [ndt: nota non rilevante per il lettore italiano]


6      Riprendo qui la convenzione di scrittura adottata nella sentenza del 14 novembre 2018, Commissione/Grecia (C‑93/17, EU:C:2018:903). Tuttavia, nelle conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Commissione/Grecia (C‑93/17, EU:C:2018:315), come nella sentenza del 28 febbraio 2013, Ellinika Nafpigeia/Commissione (C‑246/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:133), la società era denominata «EN».


7      FEK A’ 162/12.7.2002; in prosieguo: il «decreto presidenziale 178/2002». Lo stesso giudice ha precisato che l’articolo 11 di tale decreto ha abrogato il decreto presidenziale 572/1988 (FEK A’ 269) precedentemente in vigore, che aveva armonizzato la legislazione greca con la direttiva 77/187, modificata dalla direttiva 98/50 prima di essere codificata dalla direttiva 2001/23.


8      FEK A’ 67/18.3.1920.


9      Si tratta di un importante cantiere navale del Mediterraneo.


10      Per una cronistoria dettagliata, v. sentenza del 14 novembre 2018, Commissione/Grecia (C‑93/17, EU:C:2018:903, punti da 3 a 7).


11      V. anche paragrafo 28 delle presenti conclusioni.


12      Società del materiale rotabile della Repubblica ellenica.


13      Ente delle ferrovie elleniche.


14      Ferrovia elettrica Atene‑Pireo.


15      V. anche paragrafo 56 delle presenti conclusioni.


16      Contratto del 31 gennaio 2007, che prevedeva il trasferimento alla ENAE di parte del suo organico, e contratto dell’8 novembre 2007, che stabiliva le condizioni generali relative al distacco del personale, modificato con atto del 22 ottobre 2008.


17      Contratto del 30 agosto 2007. V. anche paragrafo 57 delle presenti conclusioni.


18      Contratti del 30 agosto e del 27 settembre 2007.


19      Contratto del 27 settembre 2007.


20      Dalla sentenza del 14 novembre 2018, Commissione/Grecia (C‑93/17, EU:C:2018:903, punti 8, 11 e 13), risulta che, tra il 2008 e il 2010, le misure cui la Repubblica ellenica aveva dato esecuzione in favore dei cantieri navali della ENAE erano andate a esclusivo beneficio delle attività civili di costruzione di navi e che la Commissione europea, la Repubblica ellenica e la ENAE, dopo negoziati nel periodo compreso tra i mesi di giugno e di ottobre 2010 e lettere di impegno da parte della ENAE e della Repubblica ellenica, datate rispettivamente 27 e 29 ottobre 2010, avevano raggiunto un accordo in base al quale si sarebbe ritenuta eseguita correttamente la decisione 2009/610/CE della Commissione, del 2 luglio 2008, sulle misure C 16/04 (ex NN 29/04, CP 71/02 e CP 133/05) cui la Grecia aveva dato esecuzione in favore di Hellenic Shipyards SA (GU 2009, L 225, pag. 104), relativa ad aiuti incompatibili con il mercato interno, solo a condizione che fossero rispettati diversi impegni, fra cui l’interruzione delle attività civili della ENAE per un periodo di quindici anni a decorrere dal 1o ottobre 2010.


21      Tale argomento è stato ripreso da tre membri del collegio giudicante remittente, come risulta dall’illustrazione del loro parere nella domanda di pronuncia pregiudiziale (v. paragrafo 35 delle presenti conclusioni).


22      V. paragrafo 28 delle presenti conclusioni.


23      V. considerando 3 e articolo 3 della direttiva.


24      La riserva è d’obbligo perché, secondo quanto riferisce il giudice del rinvio, tre membri della sezione hanno osservato che «nei due anni e mezzo di operatività dal suo trasferimento la ETYE non ha prodotto niente o comunque molto poco, ciò che ha portato al suo fallimento».


25      V. sentenza del 7 agosto 2018, Colino Sigüenza (C‑472/16, EU:C:2018:646, punto 28 e giurisprudenza citata).


26      V. sentenza del 6 marzo 2014, Amatori e a. (C‑458/12, EU:C:2014:124, punto 31 e giurisprudenza citata).


27      V. sentenza del 7 agosto 2018, Colino Sigüenza (C‑472/16, EU:C:2018:646, punto 29, prima frase, e giurisprudenza citata). Per una panoramica degli antecedenti legislativi, v. sentenza del 12 febbraio 2009, Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2009:85, punto 40).


28      V. sentenze del 20 luglio 2017, Piscarreta Ricardo (C‑416/16, EU:C:2017:574, punto 40 e giurisprudenza citata), e del 7 agosto 2018, Colino Sigüenza (C‑472/16, EU:C:2018:646, punto 29, seconda frase, e giurisprudenza citata).


29      V., in particolare, sentenze del 20 luglio 2017, Piscarreta Ricardo (C‑416/16, EU:C:2017:574, punto 41 e giurisprudenza citata), e del 7 agosto 2018, Colino Sigüenza (C‑472/16, EU:C:2018:646, punto 30 e giurisprudenza citata). A titolo di esempio rispetto all’applicazione di tali elementi di valutazione, v., in particolare, sentenza del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a. (C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 31).


30      V. sentenze del 20 luglio 2017, Piscarreta Ricardo (C‑416/16, EU:C:2017:574, punto 42 e giurisprudenza citata), e del 7 agosto 2018, Colino Sigüenza (C‑472/16, EU:C:2018:646, punto 31 e giurisprudenza citata).


31      V. sentenza del 20 luglio 2017, Piscarreta Ricardo (C‑416/16, EU:C:2017:574, punto 43 e giurisprudenza citata).


32      V. sentenza del 2 dicembre 1999, Allen e a. (C‑234/98, EU:C:1999:594, punto 21), sul caso di «un trasferimento tra due società dello stesso gruppo che hanno gli stessi proprietari, la stessa direzione, gli stessi locali e sono impegnate nell’esecuzione dello stesso lavoro».


33      Sentenza del 6 marzo 2014, Amatori e a. (C‑458/12, EU:C:2014:124, punto 32 e giurisprudenza citata).


34      Sentenza del 6 marzo 2014, Amatori e a. (C‑458/12, EU:C:2014:124, punto 33 e giurisprudenza citata).


35      V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni.


36      V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni e sentenza del 6 marzo 2014, Amatori e a. (C‑458/12, EU:C:2014:124, punto 35).


37      C‑234/98, EU:C:1999:594.


38      In prosieguo: l’«ACC». Al punto 4 di tale sentenza si precisa che la «ACC è una consociata dell’AMCO Corporation plc (in prosieguo: il “gruppo AMCO”) che ne detiene il capitale al 100%. Il gruppo AMCO annovera una dozzina di società, tra le quali un’altra consociata detenuta al 100%, l’AM Mining Services Ltd (in prosieguo: l’“AMS”). L’AMS è stata costituita nel 1993 per lo svolgimento di attività relative alla chiusura dei pozzi come la manutenzione e la colmatura dei cunicoli. Essa assumeva il proprio personale, le cui condizioni di lavoro sono diverse da quelle vigenti presso l’ACC e in particolare sono notevolmente meno favorevoli per i dipendenti. Benché l’ACC e l’AMS costituiscano entità giuridiche distinte, i dirigenti sono gli stessi e le funzioni amministrative e logistiche in queste due imprese vengono svolte in comune in seno al gruppo AMCO». Al punto 5 della medesima sentenza si afferma che l’«AMS diversificava progressivamente la propria attività ottenendo che le venissero affidati compiti accessori ai lavori di viabilità sotterranea, come la pulizia e la manutenzione delle gallerie. In particolare essa provvedeva a tali nuovi compiti sul sito carbonifero Prince of Wales nello Yorkshire [(Regno-Unito)]. L’ACC era già presente su tale sito, dove effettuava lavori di trivellazione per conto della società nazionale britannica delle miniere e del carbonfossile British Coal, indi, dopo la privatizzazione di quest’ultima e la vendita di una parte delle attività, per conto della RJB Mining (UK) Ltd».


39      24/85, EU:C:1986:127.


40      Sentenza del 2 dicembre 1999, Allen e a. (C‑234/98, EU:C:1999:594, punto 31, frasi prima e seconda).


41      C‑48/94, EU:C:1995:290.


42      C‑48/94, EU:C:1995:290.


43      Sentenza del 2 dicembre 1999, Allen e a. (C‑234/98, EU:C:1999:594, punto 37).


44      V. paragrafo 48 delle presenti conclusioni.


45      V., per analogia, sentenza del 26 novembre 2015, Aira Pascual e Algeposa Terminales Ferroviarios (C‑509/14, EU:C:2015:781, punti 36 e 37).


46      Sentenza del 7 agosto 2018, Colino Sigüenza (C‑472/16, EU:C:2018:646, punto 37). V. altresì paragrafo 43 delle presenti conclusioni nonché, a titolo di esempio, le tre seguenti sentenze: sentenza del 2 dicembre 1999, Allen e a. (C‑234/98, EU:C:1999:594, punto 30) – tale sentenza riguardava la trivellazione di gallerie minerarie e altri impianti rilevanti. In questo settore di attività le risorse essenziali per la realizzazione dei lavori di trivellazione vengono solitamente fornite dal proprietario stesso della miniera. In tal modo, il subappaltante può avvalersi delle attrezzature messe a disposizione da quest’ultimo –; sentenza del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a. (C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 32) – la Corte statuiva che, trattandosi di operazioni di trasporto, non rilevava che i materiali interessati fossero stati utilizzati tanto per la realizzazione di voli regolari quanto per quella di voli charters in questione –; e sentenza del 26 novembre 2015, Aira Pascual e Algeposa Terminales Ferroviarios (C‑509/14, EU:C:2015:781, punti da 36 a 38) – un’impresa pubblica incaricata di prestare un servizio di movimentazione delle unità di trasporto intermodale aveva affidato, con un contratto di gestione di servizi pubblici, la gestione di tale attività a un’altra impresa, mettendo a disposizione di quest’ultima gli elementi indispensabili, vale a dire gru e locali.


47      Sentenza del 26 novembre 2015, Aira Pascual e Algeposa Terminales Ferroviarios (C‑509/14, EU:C:2015:781, punti 39 e 40).


48      V. sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon (C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 49 e giurisprudenza citata).


49      V. sentenze del 2 dicembre 1999, Allen e a. (C‑234/98, EU:C:1999:594, punti 34 e 35), del 12 febbraio 2009, Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2009:85, punti 43, 44 e 50 nonché giurisprudenza citata), e del 6 marzo 2014, Amatori e a. (C‑458/12, EU:C:2014:12, punti da 47 a 51 e giurisprudenza citata).


50      Si trattava di un trasferimento tra società. Al punto 23 della sentenza del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a. (C‑160/14, EU:C:2015:565), si precisa che la questione riguarda «una situazione in cui un’impresa attiva nel mercato dei voli charter è liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, a sua volta impresa operante nel settore del trasporto aereo, e nella quale, in seguito, quest’ultima si sostituisce all’impresa liquidata riassumendone i contratti di locazione di aerei e i contratti di voli charters in vigore, svolge l’attività precedentemente svolta dalla società liquidata, riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per tale società e li colloca in funzioni identiche a quelle precedentemente svolte, e riprende piccole apparecchiature di detta società».


51      C‑466/07, EU:C:2009:85.


52      C‑466/07, EU:C:2009:85.


53      Sentenza del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a. (C‑160/14, EU:C:2015:565, punti 33 e 34).


54      V., in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2009, Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2009:85, punto 48), e del 20 luglio 2017, Piscarreta Ricardo (C‑416/16, EU:C:2017:574, punto 44).


55      V. paragrafi 62 e 71 delle presenti conclusioni.


56      V. paragrafo 41 delle presenti conclusioni.


57      Sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon (C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 59 e giurisprudenza citata, in merito all’articolo 4 della direttiva 77/187, che corrisponde all’articolo 4 della direttiva 2001/23).


58      V. paragrafi 39 e 40 delle presenti conclusioni.


59      V. considerando 3 della direttiva 2001/23 e, in particolare, sentenza dell’11 luglio 2018, Somoza Hermo e Ilunión Seguridad (C‑60/17, EU:C:2018:559, punto 26).


60      Secondo costante giurisprudenza della Corte, nessuno può avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. V., in particolare, sentenza del 26 ottobre 2017, Argenta Spaarbank (C‑39/16, EU:C:2017:813, punto 60 e giurisprudenza citata).