Language of document : ECLI:EU:C:2018:995

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 6 dicembre 2018 (1)

Causa C566/17

Związek Gmin Zagłębia Miedziowego w Polkowicach

contro

Szef Krajowej Administracji Skarbowej

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato, Breslavia, Polonia)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte su beni e servizi utilizzati in modo inscindibile ai fini di attività economiche e non economiche – Determinazione della quota detraibile dell’imposta a monte – Principio di neutralità fiscale – Obbligo di stabilire normativamente il calcolo dell’imposta a monte e portata dello stesso – Assenza di norme nazionali sui metodi per determinare la ripartizione dell’imposta a monte per beni e servizi utilizzati in modo inscindibile a fini di attività economiche e non economiche»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale si inserisce nell’ambito di una controversia relativa alla portata del diritto di detrarre l’IVA a monte su beni e servizi utilizzati in modo inscindibile da soggetti passivi ai fini delle loro attività tanto economiche quanto non economiche.

2.        Sebbene dal sistema della direttiva 2006/112/CE (2) sembri risultare che detto diritto possa essere fatto valere solo nella misura in cui i beni e i servizi siano utilizzati ai fini del primo tipo di attività, la suddetta direttiva non prescrive metodi o criteri per la ripartizione dell’imposta a monte in situazioni di questo tipo. Il giudice del rinvio chiede se la circostanza che il diritto nazionale sia privo anche di norme specifiche riguardanti tale aspetto influisca sulla misura in cui un soggetto passivo possa esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte in relazione a detti beni e servizi. Il giudice del rinvio si chiede segnatamente se nel diritto dell’Unione europea esista un principio generale o un diritto fondamentale che impedisca al giudice nazionale in tali circostanze di applicare dette limitazioni al diritto a detrazione nella fattispecie di cui al procedimento principale.

 Direttiva 2006/112/CE

3.        L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE stabilisce che si considera «soggetto passivo» «chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività». Ai sensi dell’articolo 13 di detta direttiva, gli organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi «per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni».

4.        Il Titolo X della direttiva 2006/112/CE («Detrazioni») è suddiviso in diversi capi. L’articolo 168, inserito nel capo 1 e rubricato «Origine e portata del diritto a detrazione», prevede che «nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore (…): [(3)] a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo» (4).

5.        All’interno del capo 2 («Prorata di detrazione»), l’articolo 173, paragrafo 1, stabilisce che «per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a detrazione (…) sia per operazioni che non danno tale diritto, la detrazione è ammessa soltanto per il prorata dell’IVA relativo alla prima categoria di operazioni». Questo articolo precisa inoltre che «il prorata di detrazione è determinato conformemente [alla formula di cui agli] articoli 174 e 175» (5).

 Diritto nazionale

 Costituzione della Repubblica di Polonia

6.        A norma dell’articolo 217 della costituzione della Repubblica di Polonia, le misure relative all’applicazione di imposte, compresa la determinazione dei soggetti passivi, le aliquote fiscali, nonché le norme per la concessione di sgravi fiscali e i rimborsi, così come le categorie di soggetti passivi esenti da tassazione devono essere previste dalla legge.

 Legge sull’IVA

7.        La direttiva 2006/112/CE è stata recepita nell’ordinamento giuridico polacco dall’Ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e servizi) dell’11 marzo 2004, e successive modifiche (6).

8.        L’articolo 15, paragrafo 6, della legge sull’IVA dispone che non sono considerati «soggetti passivi» né le pubbliche autorità né i servizi alle dipendenze di queste ultime, relativamente ai compiti assegnati dalle disposizioni rilevanti per la cui attuazione sono stati designati, ad eccezione delle operazioni effettuate sulla base di contratti di diritto privato.

9.        L’articolo 86, paragrafo 1, della legge sull’IVA recepisce l’articolo 168, della direttiva 2006/112/CE nell’ordinamento giuridico nazionale. Esso dispone che «nella misura in cui i beni ed i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette a imposta, il soggetto passivo di cui all’articolo 15 ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’importo dell’imposta assolta a monte (…)» (il corsivo è mio).

10.      L’articolo 90, paragrafi da 1 a 3, della legge sull’IVA riflette gli articoli da 173 a 175 della direttiva 2006/112/CE, nella misura in cui tali disposizioni disciplinano il prorata di detrazione dell’IVA nel caso dei beni e dei servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per attività economiche che danno diritto a detrazione dell’IVA sia per operazioni che non danno tale diritto.

11.      A decorrere dal 1o gennaio 2016 sono stati aggiunti all’articolo 86 della legge sull’IVA i paragrafi da 2a a 2h. Tali disposizioni inseriscono un elenco non esaustivo di metodi utilizzabili da un soggetto passivo per determinare la quota detraibile dell’IVA assolta a monte sui beni e servizi usati sia per le attività economiche che non economiche del soggetto passivo.

 Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

12.      Lo Związek Gmin Zagłębia Miedziowego p Polkowicach (in prosieguo: il «Consorzio degli enti locali») è un ente di diritto pubblico a cui vari enti locali hanno delegato l’adempimento delle proprie funzioni stabilite dalla legge in materia di gestione dei rifiuti nelle zone geografiche di cui sono responsabili in solido. Il Consorzio degli enti locali percepisce una tassa per la gestione dei rifiuti finalizzata all’adempimento delle suddette funzioni. In forza del diritto nazionale, il Consorzio degli enti locali non è considerata soggetto passivo al riguardo e le sue attività non sono, pertanto, soggette all’IVA.

13.      Tra il 2013 e il 2015, il Consorzio degli enti locali ha erogato servizi supplementari a pagamento, consistenti nella fornitura e nel trasporto di contenitori per vari tipi di rifiuti. La prestazione di tali servizi costituisce un’attività economica ai fini della direttiva 2006/112/CE. Alcuni di questi servizi sono soggetti all’IVA con aliquote diverse, mentre altri sono esenti da detta imposta.

14.      Durante tale periodo, il Consorzio degli enti locali ha sostenuto spese correnti e di investimento. Una parte delle suddette spese riguardava operazioni effettuate in relazione sia alle attività economiche che a quelle non economiche.

15.      Il Consorzio degli enti locali nutriva dubbi circa il corretto metodo di calcolo del prorata deducibile dell’IVA a monte su tali operazioni. Ha quindi invitato lo Szef Krajowej Administracji Skarbowej (Direttore dell’amministrazione fiscale, Polonia) (7) a pronunciarsi sulla sua posizione ai fini dell’IVA.

16.      Il 17 ottobre 2016 il Direttore dell’amministrazione (8) ha dichiarato che, per determinare la quota detraibile dell’imposta assolta a monte, il Consorzio degli enti locali doveva, in primo luogo, determinare la quota dell’imposta a monte collegata alla sua attività economica, vale a dire le operazioni soggette a IVA o esenti da tale imposta e, in secondo luogo, dal momento che alcune delle sue attività erano esenti dall’IVA, applicare all’importo così ottenuto la formula di cui all’articolo 90 della legge sull’IVA. Il Direttore dell’amministrazione ha inoltre ritenuto che la responsabilità esclusiva della scelta del metodo di calcolo ricadesse sul soggetto passivo.

17.      Il Consorzio degli enti locali ha contestato tale decisione dinanzi al giudice del rinvio. Essa ha affermato che la legge sull’IVA non prevede una ripartizione iniziale dell’IVA a monte e che, pertanto, il suo diritto di detrarre tale imposta può essere subordinato unicamente all’applicazione della formula di cui all’articolo 90 della legge sull’IVA.

18.      In tale contesto, il giudice del rinvio afferma che, all’epoca dei fatti, non vi erano nell’ordinamento giuridico nazionale disposizioni che definissero i criteri o i metodi di calcolo del prorata deducibile di IVA assolta a monte sui beni o servizi di un soggetto passivo utilizzati in modo inscindibile sia per le attività economiche che non economiche del soggetto passivo. Il giudice del rinvio osserva che, nel caso di persone giuridiche che svolgono funzioni pubblicistiche stabilite per legge, anche se solo una parte di tali operazioni è funzionale all’attività economica, mentre la parte restante è utilizzata per attività che esulano dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/112/CE, l’assenza di tali norme ha portato a una prassi amministrativa che riconosce il diritto a detrarre integralmente l’IVA assolta su tali operazioni (9). Il giudice del rinvio aggiunge che detta prassi è stata elaborata sulla base della sentenza del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), del 24 ottobre 2011 (10) in combinato disposto con il principio, enunciato all’articolo 217 della Costituzione della Repubblica di Polonia, secondo cui il diritto di applicare imposte e altri oneri spetta esclusivamente al legislatore.

19.      Nelle circostanze sopra esposte, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE (…) nonché il principio di neutralità dell’IVA ostino ad una prassi nazionale consistente nel riconoscere il pieno diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte, relativa all’acquisto di beni e di servizi utilizzati sia per operazioni del soggetto passivo soggette all’IVA (imponibili ed esenti), sia per operazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVA, in considerazione dell’assenza nella legislazione nazionale di metodi e di criteri di ripartizione degli importi dell’imposta assolta a monte in relazione ai suddetti tipi di operazioni».

20.      Il Consorzio degli enti locali, la Repubblica di Polonia e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza del 20 settembre 2018 tutte le suddette parti, assieme al convenuto nel procedimento dinanzi al giudice del rinvio (il Direttore dell’amministrazione), hanno svolto osservazioni orali.

 Osservazioni preliminari

21.      Come ho spiegato in precedenza (11), il principale obbligo legale del Consorzio degli enti locali consiste nell’erogazione di servizi di interesse generale. Il giudice del rinvio osserva giustamente che tali attività non costituiscono un’attività economica nell’accezione dell’articolo 9 della direttiva 2006/112/CE ed esulano dall’ambito di applicazione di tale direttiva. Ne consegue che, ai sensi dell’articolo 13 di detta direttiva, il Consorzio degli enti locali non è un soggetto passivo sotto tale profilo.

22.      Dall’ordinanza di rinvio risulta che solo una quota residuale delle attività del Consorzio degli enti locali è di natura economica nell’accezione dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE e che, di conseguenza, esso è un soggetto passivo ai sensi di tale direttiva solo in riferimento a queste ultime attività.

23.      Il Consorzio degli enti locali non riscuote l’IVA a valle in relazione ai servizi che fornisce nell’ambito delle sue funzioni di interesse generale stabilite dalla legge. Per contro, essa ha l’obbligo di aggiungere l’IVA a valle, secondo l’aliquota prevista, al prezzo dei servizi supplementari che fornisce ai suoi clienti e di riscuotere tale imposta da essi.

24.      I fornitori del Consorzio degli enti locali applicano l’IVA a monte, secondo le relative aliquote, ai beni e servizi che quest’ultimo acquista, indipendentemente dalle finalità per la quale esso utilizza in seguito tali beni o servizi. Esistono tre categorie di forniture di beni o servizi: i) forniture utilizzate esclusivamente ai fini dell’attività economica; ii) forniture utilizzate esclusivamente ai fini dell’attività d’interesse pubblico prevista dalla legge; e iii) forniture utilizzate in modo inscindibile ai fini di entrambi i tipi di attività (12).

25.      È pacifico, nel procedimento principale, che l’IVA a monte gravante sulla prima categoria di forniture è interamente detraibile, mentre l’IVA riscossa a monte sulla seconda categoria di cessioni o prestazioni non è detraibile.

 Analisi della questione pregiudiziale

26.      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede indicazioni circa la compatibilità con il diritto dell’Unione della prassi amministrativa di concedere ai soggetti passivi che esercitano al contempo un’attività d’interesse pubblico prevista dalla legge e un’attività economica, quale il Consorzio degli enti locali, il diritto alla detrazione integrale dell’IVA assolta a monte relativamente a forniture di beni o servizi utilizzate in modo inscindibile sia ai fini dell’attività di natura economica sia dell’attività non economica del soggetto passivo (la terza categoria di cui sopra).

27.      I dubbi del giudice a quo sembrano derivare dall’assenza di disposizioni, non solo nella legge sull’IVA ma anche nella direttiva 2006/112/CE, relative a questo aspetto.

28.      Secondo una giurisprudenza consolidata, la direttiva 2006/112/CE non armonizza i metodi o i criteri che gli Stati membri sono tenuti ad applicare quando adottano disposizioni che consentono la ripartizione dell’IVA assolta a monte a seconda che le spese sottostanti siano utilizzate per attività economiche o non economiche (13).

29.      In particolare, la Corte ha dichiarato che il sistema del prorata di detrazione di cui agli articoli da 173 a 175 della direttiva 2006/112/CE può essere applicato solo ai casi in cui i beni e servizi siano utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni economiche che danno diritto a detrazione e operazioni economiche che non conferiscono diritto a detrazione (14). Pertanto esso non è destinato ad essere applicato nell’ambito dell’IVA a monte sulle cessioni o prestazioni utilizzate in modo inscindibile sia per attività economiche che non economiche del soggetto passivo.

30.      Per salvaguardare la competenza residua degli Stati membri e per ragioni pratiche afferenti alla molteplicità e complessità delle situazioni fattuali che non autorizzano la Corte a privilegiare un metodo o un criterio di ripartizione rispetto a un altro, la Corte si è rifiutata di sostituirsi al legislatore dell’Unione e alle autorità nazionali per determinare un metodo generale di calcolo del prorata tra attività economiche e attività non economiche (15).

31.      In tali circostanze, spetta agli Stati membri stabilire metodi e criteri appropriati in linea con i principi su cui si basa il sistema comune dell’IVA per consentire ai soggetti passivi di effettuare i calcoli necessari (16). Gli Stati membri, pur essendo, dunque, tenuti a definire tali metodi e criteri, godono di un certo margine di discrezionalità relativamente a tali norme (17), sempreché non violino lo scopo e la collocazione dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE nell’economia dell’IVA (18).

32.      Inizierò quindi la mia analisi esaminando i limiti di tale potere discrezionale. Intendo procedere in varie tappe: in primo luogo, verificherò se la direttiva 2006/112/CE o il principio di neutralità fiscale ostino al diritto di un soggetto passivo alla detrazione integrale dell’IVA gravante sulle forniture di beni o servizi utilizzate in modo inscindibile sia per le sue attività economiche che per quelle non economiche. In caso di risposta affermativa a tale quesito, esaminerò poi le conseguenze di tale conclusione per quanto riguarda il potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri e gli obblighi dei giudici nazionali. Infine, esaminerò se il Consorzio degli enti locali possa nondimeno invocare altre disposizioni della direttiva 2006/112/CE o i principi generali del diritto dell’Unione per assicurarsi un diritto alla detrazione integrale dell’IVA.

 La direttiva 2006/112/CE o il principio di neutralità fiscale ostano al diritto alla detrazione integrale dell’IVA?

33.      Inizierò ricordando le caratteristiche fondamentali del sistema dell’IVA, come definite dalla direttiva 2006/112/CE.

34.      Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, le «caratteristiche essenziali» dell’IVA sono le seguenti: i) l’IVA si applica in modo generale alle operazioni (forniture) aventi ad oggetto beni o servizi (principio di universalità); ii) è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; iii) viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; iv) gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo di produzione e di distribuzione sono detratti dall’imposta dovuta dal soggetto passivo, cosicché il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso dell’imposta va a carico del consumatore finale, che non ha il diritto di detrarre l’IVA a monte (19). In termini economici, l’IVA è, quindi, un’imposta sul volume d’affari generale, a fasi multiple e non cumulativa.

 Collocazione del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte nel sistema comune dell’IVA

35.      La Corte ha ripetutamente affermato che il diritto alla detrazione dell’IVA a monte è parte integrante del meccanismo dell’IVA e costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA (20).

36.      Tuttavia, tale diritto non è autonomo e pertanto non dovrebbe essere analizzato isolatamente.

37.      In primo luogo, l’elemento centrale del meccanismo dell’IVA è che ciascun soggetto passivo riscuote l’IVA per conto dello Stato dai suoi clienti applicandola al prezzo dei beni ceduti e dei servizi resi. Questa IVA a valle non è di proprietà del soggetto passivo: per definizione, deve essere versata al pubblico erario entro determinate scadenze. In secondo luogo, il soggetto passivo ha il diritto di limitare la portata di tale responsabilità solo se e nella misura in cui egli abbia già versato l’IVA a monte ai suoi fornitori, da essi inclusa nel prezzo delle forniture di beni o servizi e riscossa, sempre per conto dello Stato.

38.      Ciò riassume l’essenza stessa del diritto a detrarre l’IVA a monte ai sensi dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE. Si potrebbe sostenere che, mentre il principio di imposizione è primario, il diritto a detrazione è di natura accessoria.

39.      Ne consegue inevitabilmente che il diritto alla detrazione è inteso unicamente a esonerare il soggetto passivo, in quanto collettore dell’imposta per conto dello Stato, dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce così che tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività e a condizione che siano soggette a detta imposta, siano tassate in modo perfettamente neutrale (principio di neutralità fiscale) (21).

40.      Inoltre, tale diritto è soggetto a una serie di condizioni.

41.      Nelle mie conclusioni nella causa Stradasfalti (22) ho osservato, segnatamente, che l’espressione «nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di (…) operazioni soggette ad imposta» di cui all’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva (23) (in vigore fino all’adozione della direttiva 2006/112/CE) costituisce una limitazione dell’ambito di applicazione di detto diritto. Diversi anni dopo, la Corte ha confermato esplicitamente la mia posizione dichiarando che risulta dalla parte introduttiva dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE, il quale prevede i presupposti per il sorgere e la portata del diritto a detrazione, che solo le operazioni soggette ad imposta a monte possono dare il diritto a detrazione dell’IVA che ha gravato sull’acquisizione dei beni e dei servizi impiegati per realizzare le operazioni stesse (24). Ne consegue che il diritto a detrazione presuppone che il soggetto passivo abbia effettuato a sua volta operazioni imponibili nell’ambito della sua attività economica.

42.      Ne consegue altresì che il fatto generatore di tale diritto non è il momento in cui l’imposta a monte è riscossa, ma il momento in cui il soggetto passivo utilizza le forniture di beni o servizi a monte ai fini della sua attività economica. Laddove i beni o servizi sono usati ai fini di operazioni imponibili a valle, la detrazione dell’imposta a monte su di essi diventa necessaria per evitare una doppia imposizione (25).

43.      La Corte ha poi dichiarato ripetutamente che il diritto di detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese compiute per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione. Così, affinché l’IVA sia detraibile, le operazioni effettuate a monte devono presentare un nesso diretto e immediato con le operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione (26). Se non esiste un nesso immediato e diretto tra una specifica operazione a monte ed una o più operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione, il soggetto passivo ha il diritto di detrarre l’IVA a monte, a condizione che i costi di tale operazione facciano parte delle spese generali e, in quanto tali, costituiscano una delle componenti del prezzo dei beni o dei servizi che il soggetto passivo fornisce a sua volta. Costi di tal genere presentano, infatti, un nesso immediato e diretto con l’intero complesso dell’attività economica del soggetto passivo (27).

44.      Per contro, non appena il nesso diretto e immediato tra le spese sostenute a monte e le attività economiche realizzate in seguito dal soggetto passivo è interrotto, l’IVA versata a monte non può essere detratta. La giurisprudenza della Corte chiarisce che ciò si verifica, segnatamente, qualora beni o servizi acquistati da un soggetto passivo sono usati ai fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA. In queste due situazioni, non è riscossa alcuna imposta a valle su tali operazioni e, di conseguenza, l’imposta a monte non può essere detratta (28).

45.      La struttura stessa del sistema comune dell’IVA comporta che la detrazione delle imposte a monte è legata alla riscossione delle tasse a valle (29). Pertanto, concordo pienamente con l’avvocato generale Kokott che un soggetto passivo non può far valere il diritto alla detrazione dell’imposta a monte senza versare l’imposta sulle operazioni a valle. Alla luce della logica della direttiva 2006/112/CE, una siffatta «invocazione asimmetrica» è esclusa in linea di principio (30).

46.      È quindi ovvio, a mio avviso, che il Consorzio degli enti locali non può invocare la direttiva 2006/112/CE al fine di ottenere il diritto alla detrazione integrale dell’IVA a monte riscossa su forniture di beni o servizi effettuate in modo inscindibile sia per le attività non economiche che per quelle economiche.

47.      Sebbene tali forniture di beni o servizi presentino un nesso con l’attività economica del Consorzio degli enti locali, solo una piccola parte di ciascuna di esse è stata utilizzata effettivamente per un’attività su cui quest’ultima ha applicato l’IVA a valle.

48.      È chiaro che il Consorzio degli enti locali dovrebbe essere autorizzato a detrarre la quota corrispondente dell’IVA a monte ai sensi dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE. Tuttavia, sarebbe in contrasto con il principio di simmetria di cui sopra se il Consorzio degli enti locali potesse detrarre anche la parte restante di IVA a monte che non corrisponde ad alcuna IVA a valle.

49.      L’avvocato generale Szpunar ha analizzato le conseguenze della concessione di tale diritto nelle sue conclusioni nella causa Český rozhlas (31). Egli ha concluso che ciò sarebbe contrario alla ratio del sistema comune dell’IVA e, più specificamente, alla formulazione chiara e categorica dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE. La suddetta analisi è applicabile a questo caso.

50.      Pertanto, se il Consorzio degli enti locali fosse autorizzato a detrarre integralmente l’IVA da esso assolta a monte, tale importo sarebbe necessariamente di gran lunga superiore all’IVA riscossa a valle. Il Consorzio degli enti locali avrebbe quindi diritto al rimborso della differenza ai sensi dell’articolo 183 della direttiva 2006/112/CE (32). Per effetto di tale rimborso, tanto la sua attività economica quanto una parte della sua attività di servizio pubblico sarebbero totalmente esonerate dall’IVA, sebbene per quest’ultima attività il Consorzio degli enti locali si trovi alla fine della catena di cessione e, di conseguenza, in virtù dell’articolo 13 della direttiva 2006/112/CE, la sua posizione sia equiparabile a quella di un consumatore finale. Atteso che l’IVA a valle non viene trasferita ai clienti del Consorzio degli enti locali nel quadro della sua attività d’interesse pubblico, la quota delle forniture di beni o servizi a monte utilizzate ai fini di detta attività continuerebbe a non essere tassata in alcun momento della catena di cessione. In altri termini, essa creerebbe un’esenzione ratione personae per una determinata categoria di forniture di beni o servizi effettuate a soggetti che svolgono sia attività imponibili che non imponibili. Siffatta eccezione non è prevista dalla direttiva 2006/112/CE. Essa sarebbe inoltre contraria al principio di universalità dell’IVA e alla ratio stessa del sistema dell’IVA (33).

51.      In base a quanto precede, concludo in via provvisoria che l’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE vieta manifestamente di attribuire ai soggetti passivi che esercitano sia attività imponibili che attività non imponibili il diritto alla detrazione integrale dell’IVA assolta a monte sulle forniture di beni o servizi utilizzate in modo inscindibile per entrambi i tipi di attività.

 Principio di neutralità fiscale

52.      Nelle osservazioni a sostegno della sua rivendicazione del diritto alla detrazione integrale, il Consorzio degli enti locali si basa sul principio di neutralità fiscale, che considera essere un diritto fondamentale dei soggetti passivi. Esso sostiene che le limitazioni a tale diritto devono essere interpretate restrittivamente.

53.      È vero che il principio di neutralità fiscale è relativo al sistema comune dell’IVA (34) e che si tratta di un principio fondamentale inerente a tale sistema (35). Tuttavia, le argomentazioni del Consorzio degli enti locali non mi convincono.

54.      In primo luogo, è certamente vero che il principio di neutralità fiscale costituisce la traduzione operata dal legislatore dell’Unione, in materia di IVA, del principio generale di parità di trattamento (36). Tuttavia, mentre quest’ultimo principio riveste rango costituzionale nell’ambito del diritto dell’Unione, il principio di neutralità fiscale necessita di un’elaborazione legislativa la quale può essere realizzata soltanto mediante un atto di diritto derivato, e può, di conseguenza, costituire oggetto, nell’ambito di un tale atto legislativo, di specificazioni (37). Inoltre, come la Corte ha già dichiarato, il principio di neutralità fiscale non è una regola di diritto primario, ma un principio di interpretazione che deve essere applicato unitamente ad altri principi coesistenti del sistema dell’IVA (38). Contrariamente a quanto afferma il Consorzio degli enti locali, quindi, da tale principio non è desumibile alcun diritto fondamentale dei soggetti passivi.

55.      In secondo luogo, la Corte ha dichiarato che il principio di neutralità fiscale non si applica a operazioni che esulano dall’ambito di applicazione del regime dell’IVA. Pertanto, dinanzi a una limitazione univoca nella frase introduttiva dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE, esso non consente di estendere l’ambito di applicazione della detrazione dell’IVA a valle al di là delle operazioni utilizzate strettamente per i fini dell’attività economica del soggetto passivo (39).

56.      Con il pretesto di invocare il rispetto del principio di interpretazione restrittiva delle eccezioni al diritto a detrazione, il Consorzio degli enti locali propone un’interpretazione che comporta l’eliminazione di qualsivoglia limitazione e che – a mio parere – è manifestamente contra legem.

57.      Consentire ad un soggetto passivo che eserciti sia attività imponibili sia non imponibili di far valere il diritto alla detrazione integrale dell’IVA finirebbe per conferirgli un vantaggio sia per le operazioni a monte (il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte) sia per le operazioni a valle (il diritto di non applicare l’IVA a valle). Ovviamente, ciò renderebbe l’effetto economico dell’IVA non neutrale, ma positivo (a suo favore). La posizione del Consorzio degli enti locali ne risulterebbe, pertanto, avvantaggiata oltre il livello che deriverebbe dall’applicazione del principio di neutralità fiscale.

58.      Il risultato sarebbe la concessione ad un tale soggetto passivo di un trattamento più favorevole rispetto ad altre categorie di operatori economici in situazioni comparabili e comporterebbe, pertanto, una distorsione della concorrenza nel mercato interno, che il principio di neutralità fiscale intende per l’appunto evitare (40). Ne conseguirebbe inoltre la concessione di un vantaggio economico ingiustificato a un siffatto soggetto passivo rispetto ad un consumatore finale (41).

59.      Se tale interpretazione dovesse essere seguita, sarebbe sufficiente per un soggetto rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva 2006/112/CE esercitare un’attività economica, anche di un’entità molto marginale – come ad esempio, la messa a disposizione di un distributore automatico di bibite in un municipio o la vendita di alberi di Natale ai residenti locali – per essere in grado di detrarre la totalità dell’IVA assolta a monte sulle forniture di beni o servizi usate in modo inscindibile sia per le attività pubbliche che per quelle economiche. Il legislatore dell’Unione non può aver avuto l’intenzione di concedere un siffatto vantaggio inaccettabile.

60.      Concludo pertanto in via preliminare che sia l’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE sia i principi inerenti al sistema comune dell’IVA, in particolare quello della neutralità fiscale, escludono manifestamente che ad un soggetto passivo che esercita sia attività imponibili che non imponibili sia attribuito il diritto alla detrazione integrale dell’IVA a monte.

 Il potere discrezionale degli Stati membri e gli obblighi degli organi giurisdizionali nazionali

61.      Dall’analisi che precede emerge che la ratio e la comune finalità del sistema dell’IVA è la corrispondenza tra la detrazione dell’imposta a monte e la riscossione dell’imposta a valle (42). Nell’esercizio del loro potere discrezionale per quanto riguarda le modalità di ripartizione dell’IVA, gli Stati membri devono evitare, nella misura del possibile, facendosi cura della parità di trattamento tra diverse categorie di soggetti passivi e tra soggetti passivi che esercitano sia attività imponibili e non imponibili e i consumatori finali, situazioni di consumi finali non tassati (43).

 Obbligo generale di dare piena attuazione al diritto dell’Unione

62.      In questo contesto gli Stati membri devono esercitare il loro potere discrezionale in modo da garantire che la detrazione sia effettuata soltanto per la parte dell’IVA a monte relativa alle operazioni che danno diritto a detrazione. Essi devono perciò vigilare affinché il calcolo del prorata tra attività economiche e attività non economiche rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese a monte a ciascuna di queste due attività (44).

63.      A quanto capisco della situazione che ha prevalso in Polonia fino al 1o gennaio 2016, la prassi amministrativa descritta dal giudice del rinvio è consistita nell’attribuire il diritto di detrarre interamente l’IVA assolta a monte sulle forniture di beni o servizi utilizzate in modo inscindibile sia per le attività economiche sia per quelle non economiche del soggetto passivo.

64.      Tale prassi altera l’equilibrio tra la detrazione dell’IVA a monte e la riscossione dell’IVA a valle, incidendo sul livello di tassazione e comportando una disparità di trattamento tra diverse categorie di soggetti passivi e tra gli Stati membri e, quindi, distorsioni della concorrenza nel mercato interno. È pertanto tale da ledere il principio di uniformità di applicazione del sistema comune dell’IVA (45).

65.      Poiché qualsiasi modifica della portata del diritto alla detrazione dell’IVA ha un impatto sul livello dell’imposizione fiscale e deve, pertanto, applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri, la prassi seguita lede l’essenza stessa del funzionamento del regime comune dell’IVA (46). Il considerando 39 della direttiva 2006/112/CE, in cui si afferma che «il calcolo del prorata di detrazione deve essere eseguito in modo analogo in tutti gli Stati membri», conferma che tale era effettivamente l’intenzione del legislatore dell’Unione.

66.      Inoltre, a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della decisione n. 2007/436/CE (47), le risorse proprie dell’Unione sono basate, tra l’altro, sull’IVA (48). Di conseguenza, esiste un nesso diretto tra la riscossione delle entrate provenienti dall’IVA e la messa a disposizione nel bilancio dell’Unione delle corrispondenti risorse. Ogni lacuna nella riscossione delle prime, in particolare attraverso l’estensione del diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte, erode la base imponibile e, di conseguenza, determina una riduzione delle seconde. Al fine di garantire che gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati come previsto dall’articolo 325 TFUE, spetta agli Stati membri adottare le misure necessarie per garantire la determinazione e la riscossione effettive e integrali dell’IVA sul proprio territorio (49).

67.      Ne consegue che l’applicazione della prassi nazionale di cui trattasi nella causa principale sarebbe manifestamente in contrasto con la finalità e i principi fondamentali del sistema comune dell’IVA istituito dalla direttiva 2006/112/CE e sarebbe tale da ostacolarne l’efficacia e, quindi, pregiudicare gli interessi finanziari dell’Unione.

68.      Se è vero che gli Stati membri godono della libertà di scegliere quale metodo applicare al fine della ripartizione dell’IVA detraibile, ai sensi dell’articolo 288 TFUE, questi tuttavia devono garantire che la portata del diritto a detrazione corrisponda a quello richiesto dalla direttiva 2006/112/CE. Essi non dispongono di alcun potere discrezionale al riguardo (50).

69.      In queste circostanze spetta, in primis, al legislatore nazionale adottare le misure necessarie al fine di adempiere tali obblighi (51).

70.      Dall’ordinanza di rinvio comprendo che il legislatore polacco ha modificato la legge sull’IVA con effetto a decorrere dal 1o gennaio 2016 e che tale modifica ha posto fine alla prassi amministrativa di concedere il diritto alla detrazione integrale dell’IVA a monte sulle forniture di beni o servizi utilizzate in modo inscindibile per le attività economiche e non economiche del soggetto passivo (52).

71.      Tuttavia, il procedimento dinanzi al giudice del rinvio riguarda il periodo compreso tra il 2013 e il 2015. Spetta pertanto al giudice del rinvio garantire la piena efficacia della direttiva 2006/112/CE anche durante tale periodo, interpretando la normativa applicabile per quanto possibile alla luce dell’articolo 168, lettera a), di tale direttiva, come interpretato dalla Corte, o, se necessario, disapplicando detta normativa (53). Se il diritto nazionale, applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo in siffatto contesto, consente di interpretare una norma dell’ordinamento giuridico interno in modo tale da evitare un conflitto con un’altra norma di diritto interno o di ridurre a tale scopo la portata di quella norma applicandola solamente nella misura in cui essa è compatibile con l’altra, il giudice ha l’obbligo di utilizzare gli stessi metodi al fine di ottenere il risultato perseguito dalla direttiva (54). Ovviamente, tali obblighi non dovrebbero imporre al giudice del rinvio di fare ricorso a un’interpretazione contra legem delle disposizioni nazionali applicabili (55).

72.      La Corte ha anche statuito che l’esigenza di un’interpretazione del diritto nazionale conforme al diritto dell’Unione include l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva. Di conseguenza, un giudice nazionale non può validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione di diritto nazionale in conformità con il diritto dell’Unione per il solo fatto che tale disposizione è sempre stata interpretata in un senso che è incompatibile con tale diritto (56).

73.      Concludo pertanto che, in linea di principio, la direttiva 2006/112/CE dovrebbe essere interpretata nel senso che essa impone a un giudice nazionale, nell’ambito di una controversia concernente un soggetto passivo quale il Consorzio degli enti locali, di interpretare il diritto nazionale in modo da garantire, nella misura più ampia possibile, che le detrazioni siano effettuate soltanto per la quota di IVA a monte che riflette oggettivamente l’entità della spesa a monte utilizzata per l’attività economica di detto soggetto passivo.

 Eccezione in considerazione dei principi generali e dei diritti fondamentali

74.      Poiché il caso controverso dinanzi al giudice del rinvio riguarda l’attuazione, segnatamente, dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE e, quindi, del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (57), il giudice del rinvio deve altresì accertarsi che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta ai soggetti passivi di cui al procedimento principale siano rispettati. L’obbligo di garantire l’efficace riscossione delle risorse dell’Unione non può prevalere, tout court, sul rispetto di tali diritti (58).

75.      In altri termini, il principio secondo cui il diritto nazionale deve essere interpretato conformemente al diritto dell’Unione raggiunge i propri limiti quando la sua applicazione ai fatti di cui al procedimento principale comporti una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta o dei principi generali del diritto dell’Unione (59). È importante evidenziare che la Corte ha statuito che, se un giudice nazionale è convinto che una siffatta interpretazione implichi una violazione di tali diritti o principi, non è tenuto ad applicare tale interpretazione, e ciò neppure qualora il rispetto di tale obbligo consentisse, altrimenti, di rimediare a una situazione nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione (60).

76.      Nel prosieguo esaminerò pertanto se l’obbligo di applicare tale interpretazione nel procedimento principale sia tale da comportare una violazione di un diritto fondamentale o di un principio generale del diritto dell’Unione. A tal fine, individuerò in primo luogo i diritti fondamentali o i principi generali pertinenti e, successivamente, esaminerò le conseguenze dell’applicazione dell’interpretazione del diritto dell’Unione da me precedentemente illustrata ai fatti del procedimento principale.

77.      Il Consorzio degli enti locali sostiene che non solo dalla normativa polacca, ma anche dal diritto dell’Unione discende che nessun metodo di calcolo può applicarsi in modo da ledere il suo diritto alla detrazione integrale dell’IVA a monte, a meno che tale metodo non sia espressamente previsto dalla legge.

78.      Sono disposta ad accettare la tesi secondo cui il principio che non può essere riscossa alcuna imposta a meno che non sia prevista per legge (in altri termini il principio di legalità tributaria: nullum tributum sine lege) costituisce parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Esso può essere considerato come l’espressione specifica, nel contesto del diritto tributario, della libertà d’impresa, del diritto fondamentale alla proprietà e del principio generale della certezza del diritto.

79.      Tuttavia, non ritengo che il Consorzio degli enti locali possa risultare vittorioso nel procedimento principale invocando il diritto dell’Unione per rivendicare il diritto alla detrazione integrale dell’IVA assolta a monte sulle forniture di beni o servizi usate inscindibilmente ai fini di attività economiche e non economiche. Come illustrerò in prosieguo, il principio di legalità fiscale secondo il diritto dell’Unione riguarda il diritto di imposizione tributaria dello Stato membro, mentre il procedimento principale verte semplicemente sul metodo di calcolo dell’importo dell’imposta dovuta.

80.      Inizierò esaminando l’ambito di applicazione del principio di legalità fiscale ai sensi del diritto dell’Unione. Considerati l’articolo 6, paragrafo 3, TUE (61) e l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta (62), svolgerò detta analisi con riferimento, in primo luogo, alla CEDU e, successivamente, alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri.

 Esame alla luce della CEDU

81.      La Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte di Strasburgo») ha sancito il principio di legalità fiscale nel contesto dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (63). Detto articolo dispone che «nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale», senza che «in alcun modo si pregiudichi il diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende».

82.      La Corte di Strasburgo ha dichiarato, in particolare, che un’imposta costituisce una violazione del diritto al pacifico godimento dei beni e, pertanto, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1 (64). Essa ha poi riconosciuto che gli Stati contraenti godono di un «ampio margine di discrezionalità» in materia fiscale (65) e che ad essi deve essere «garantito un certo grado di deferenza e discrezionalità nell’esercizio dei loro poteri, subordinatamente alla verifica di legittimità» (66). Ha inoltre dichiarato che detta verifica si limita a controllare che l’imposta sia «conforme alla normativa nazionale e che la normativa stessa [sia] di qualità sufficiente per consentire al ricorrente di prevedere le conseguenze del suo comportamento», cosa che richiede che «le disposizioni applicabili del diritto interno [siano] sufficientemente accessibili, precise e prevedibili» (67).

83.      La nozione di «legge» di cui all’articolo 1 del Protocollo n. 1 fa riferimento allo stesso concetto rinvenibile altrove nella CEDU (68). Di conseguenza, essa ha un ambito di applicazione autonomo e ampio che non è limitato agli atti emanati dal legislatore. Esso comprende le costituzioni, le leggi in senso stretto, la legislazione secondaria e i trattati internazionali di cui uno Stato contraente è parte (69).

84.      È importante sottolineare che la giurisprudenza deve essere considerata come rientrante nell’ambito di applicazione della nozione di «legge» ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1 (70). Pertanto, «una giurisprudenza chiara, coerente e accessibile al pubblico può fornire una base sufficiente per un’ingerenza “legittima” nei diritti garantiti dalla Convenzione, quando tale giurisprudenza si basa su un’interpretazione ragionevole del diritto primario» (71).

85.      Infine, la Corte di Strasburgo ha riconosciuto che conseguire una precisione assoluta nella formulazione delle leggi è oggettivamente impossibile, soprattutto nella sfera della tassazione. Di conseguenza, molte leggi si esprimono necessariamente in termini generali e la loro interpretazione e applicazione dovrebbe risolversi nella prassi (72).

86.      Ne consegue che il principio di legalità ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1 comporta che gli elementi essenziali dell’imposta devono essere previsti dalla legge o dalla giurisprudenza, mentre un siffatto requisito non sussiste relativamente ad alcuni altri elementi secondari che definiscono il campo di applicazione dell’imposta.

 Esame alla luce delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri

87.      Il principio di legalità tributaria è riconosciuto nella maggior parte degli Stati membri. In alcuni di essi, si inserisce nell’ambito di una lunga tradizione costituzionale (73). Nei più, tale principio è esplicitamente sancito in un atto di rango costituzionale, mentre in altri casi esso deriva dal principio costituzionale dello Stato di diritto (74).

88.      Di norma, le costituzioni degli Stati membri sanciscono tale principio in termini piuttosto generali (75), per cui il compito dell’interpretazione è affidato ai giudici costituzionali e ordinari. Alcune di esse, tuttavia, precisano quali elementi devono essere definiti dalla legge. In particolare, è questo il caso della Francia (76), della Grecia (77), del Portogallo (78) e della Polonia (79).

89.      Un’analisi dettagliata della legislazione e della giurisprudenza di un campione di 11 Stati membri (80) mostra che le tradizioni costituzionali di detti Stati membri sono concordi nel richiedere che tutti gli elementi essenziali inerenti all’imposta siano previsti dalla legge. In 8 casi su 11 sono considerati elementi essenziali: l’individuazione dei soggetti passivi, il fatto generatore dell’imposta, la base imponibile, l’aliquota d’imposta e le garanzie procedurali riconosciute ai soggetti passivi (81).

90.      Solo alcuni Stati membri ritengono essenziali alcuni elementi supplementari. Fra questi elementi supplementari figurano l’indicazione del beneficiario dell’imposta (Estonia), le procedure di pagamento (Polonia e Estonia), i termini che disciplinano il momento dell’esigibilità dell’imposta (Estonia), le regole per la concessione di sgravi fiscali e i rimborsi, le categorie di soggetti passivi esenti da imposte (Polonia e Grecia) e le procedure per il pagamento e la riscossione delle imposte, nonché la definizione delle sanzioni e delle pene (Portogallo).

91.      Inoltre, pare generalmente accettato in detti Stati membri che, sebbene sia obiettivamente impossibile definire tutte le norme concernenti un’imposta in una normativa, quest’ultima deve, tuttavia, consentire al soggetto passivo di conoscere in anticipo e calcolare l’importo dell’imposta esigibile.

92.      Ad esempio, mentre l’ordinamento costituzionale tedesco sembra prescrivere che la normativa fiscale debba permettere a un soggetto passivo di calcolare l’imposta dovuta, non sono richiesti elementi dettagliati che consentano di calcolare il debito d’imposta con esattezza aritmetica. È sufficiente che la normativa permetta al soggetto passivo di prevedere la portata dell’onere fiscale così da poter adeguare il suo comportamento. Analogamente, in Portogallo il principio di legalità non sembra prescrivere rigorosamente che la normativa applicabile debba fornire al contribuente gli elementi necessari per calcolare l’importo esatto dell’imposta dovuta senza il minimo dubbio. È necessario, tuttavia, che — alla luce degli elementi essenziali definiti dalla legge — l’onere fiscale sia quantificabile e, in una certa misura, prevedibile e calcolabile. Risulta che anche in Grecia il metodo di calcolo dei ricavi per fini impositivi non è considerato un elemento costitutivo dell’imposta.

93.      Nel definire ciò che costituisce la «legge», sembra generalmente accettato in quegli Stati membri che, in linea di principio, un’imposta debba essere definita in un atto giuridicamente vincolante di portata generale adottato dal legislatore e debitamente pubblicato. Ciò detto, in diversi Stati membri la legge stessa può essere integrata da strumenti secondari adottati dall’esecutivo entro l’ambito dei poteri ad esso specificamente delegati (82) o rientranti nella sua sfera generale di competenza (83). In molti altri Stati membri taluni elementi specifici, spesso di natura tecnica, risultano essere stabiliti dalle autorità competenti attraverso decisioni o raccomandazioni non vincolanti in materia tributaria (84).

94.      Un’altra caratteristica comune a questi 11 Stati membri sembra essere il requisito di precisione, chiarezza e prevedibilità della normativa tributaria (85). Vi può essere, pertanto, il divieto di applicare in via analogica la normativa tributaria e, in caso di dubbio, l’obbligo di interpretare detta normativa a favore del soggetto passivo (86).

95.      In diversi Stati membri che ho esaminato, come in Polonia, non sembra esservi alcuna norma specifica in materia di ripartizione dell’IVA a monte da parte dei soggetti passivi che esercitano sia attività imponibili che non imponibili (87).

96.      Nei Paesi Bassi (88), in Svezia (89) e nel Regno Unito si è supplito alla mancanza di una siffatta legislazione mediante atti secondari delle competenti autorità tributarie. In questi tre Stati membri, sui soggetti passivi incombe l’obbligo generale di scegliere e applicare un metodo di ripartizione adeguato, subordinato al controllo delle autorità competenti.

97.      Così, ad esempio, nel Regno Unito, in conformità dell’articolo 26, paragrafo 3, del Value Added Tax Act 1994 (legge sull’IVA), i Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs (amministrazione fiscale e doganale del Regno Unito) hanno adottato disposizioni legislative che illustrano esempi di criteri e modalità di ripartizione (90). Inoltre, ai sensi dell’articolo 102ZA, paragrafo 1, della citata legge, tale autorità può autorizzare un metodo proposto da un soggetto passivo o indicargli un altro metodo più adatto.

98.      La prassi dei giudici in tale Stato membro mi sembra confermare che, in assenza di criteri o metodi vincolanti, la scelta di un metodo per garantire un’equa e ragionevole imputazione dell’imposta pagata a monte spetta al soggetto passivo e dipende dalle sue circostanze specifiche. Sembra anche essere accettato che il diritto alla detrazione integrale dell’IVA pagata a monte su operazioni utilizzate in modo inscindibile per attività non economiche ed economiche costituirebbe una violazione del principio di neutralità fiscale.

99.      In Germania, pare che le norme intese a trasporre gli articoli 173 e 174 della direttiva 2006/112/CE nell’ordinamento giuridico tedesco siano considerate applicabili per analogia al fine di determinare il prorata detraibile di IVA assolta a monte su operazioni utilizzate in modo inscindibile per attività non economiche ed economiche.

100. È interessante notare che, nella Repubblica ceca, il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa) si è basato sulla sentenza di questa Corte nella causa Český rozhlas (91), unitamente alle conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar in detta causa (92), per confutare la tesi del ricorrente, secondo cui questi avrebbe avuto diritto a beneficiare della detrazione integrale dell’IVA dal momento che la normativa applicabile non prevedeva alcun metodo di ripartizione dell’IVA versata a monte. Il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa) sembra ritenere che il ricorrente sia tenuto a scegliere il metodo più adeguato e a calcolare esso stesso la parte detraibile di IVA a monte (93).

101. Dal presente campione sembra emergere che le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, così come la giurisprudenza della Corte di Strasburgo sull’articolo 1 del protocollo n. 1, prescrivono che gli elementi essenziali di un’imposta debbano essere previsti dalla legge in modo sufficientemente chiaro, preciso e prevedibile, ma non impongono l’obbligo di disciplinare ogni dettaglio in maniera esaustiva.

102. Fatta eccezione per gli elementi di cui ai paragrafi da 96 a 100 supra, non sono a conoscenza di misure o decisioni nei restanti Stati membri che disciplinano il metodo di ripartizione della quota detraibile di IVA assolta a monte sulle forniture di beni o servizi utilizzate in modo inscindibile per attività non economiche e economiche o che precludono limitazioni del diritto alla detrazione di tale imposta per il fatto che nessun metodo o criterio di calcolo dell’importo dell’imposta dovuta è specificato nel corpus normativo tributario nazionale. Sotto questo profilo, la prassi amministrativa descritta nell’ordinanza di rinvio sembra essere un’eccezione.

 Esame alla luce della Carta e dei principi generali del diritto dell’Unione

103. L’articolo 16 della Carta riconosce la libertà d’impresa «conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta «ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità». Tale disposizione precisa inoltre che «nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modo previsti dalla legge e contro il pagamento equo in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa», e che «l’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

104. Nella misura in cui l’obbligo del soggetto passivo può essere visto come un semplice trasferimento all’erario dell’IVA a valle riscossa dai suoi clienti per conto di quello Stato, il diritto di proprietà è irrilevante. Le disposizioni della Carta intese a tutelare tale diritto sono, tuttavia, rilevanti ai fini del diritto di detrarre l’IVA a monte (94).

105. Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, il diritto di proprietà e la libertà di esercizio di un’attività economica non costituiscono prerogative assolute. Il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate da obiettivi di interesse generale, a condizione che tali restrizioni siano effettivamente consone a tali obiettivi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti. Per quanto attiene, più in particolare, alla libertà di esercizio di un’attività economica, la Corte ha statuito che — alla luce del tenore dell’articolo 16 della Carta, che si distingue da quello relativo alle altre libertà fondamentali sancite nel titolo II della medesima, pur essendo simile a quello di talune disposizioni del titolo IV — tale libertà può essere soggetta ad un ampio ventaglio di interventi dei poteri pubblici suscettibili di stabilire, nell’interesse generale, limiti all’esercizio dell’attività economica (95).

106. Inoltre, anche il principio della certezza del diritto è pertinente nel presente contesto. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, detto principio esige che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese (96). Il principio della certezza del diritto deve essere poi osservato con rigore particolare quando si tratti di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (97). Infine, il principio di certezza del diritto osta, salvo circostanze eccezionali giustificate da un obiettivo d’interesse generale, a che un legislatore nazionale stabilisca il decorso dell’efficacia nel tempo di un atto dell’Unione da una data anteriore alla sua pubblicazione (divieto di retroattività) (98).

 Conclusione intermedia sul significato del principio di legalità fiscale

107. Vorrei evidenziare a questo punto che la determinazione del livello di protezione secondo il diritto dell’Unione alla luce delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e della Carta non è una scienza esatta.

108. Si può valutare solo caso per caso se una determinata imposta rispetti il livello di protezione derivante dal principio di legalità fiscale, così interpretato, adottando come punto di riferimento la posizione di un soggetto passivo nell’ordinamento giuridico interessato considerato nel suo insieme. A mio avviso, pertanto, la Corte dovrebbe resistere alla tentazione di dettare, nella sua sentenza, un elenco esaustivo degli elementi costitutivi di un’imposta che devono essere stabiliti dalla legge.

109. Riconosco nondimeno che è necessario definire alcuni parametri comuni circa il rispetto di tale principio. Per quanto ho potuto constatare, il livello di protezione nel contesto della fiscalità varia leggermente tra gli Stati membri sopra esaminati. A mio avviso, tali differenze nel livello di completezza o precisione richiesto riflettono semplicemente il fatto che Stati membri diversi si basano su strumenti diversi per raggiungere un risultato comune. Non ho motivo di ritenere che la situazione sia diversa nei restanti Stati membri.

110. Ritengo che, in generale, tutti gli elementi essenziali che definiscono le caratteristiche fondamentali di un’imposta dovrebbero essere definiti in modo inequivocabile nelle relative disposizioni. Nel caso in esame ciò si traduce negli elementi che hanno incidenza diretta o indiretta sulla portata dell’obbligo di contabilizzare l’IVA a monte da parte del soggetto passivo. L’imposta in questione è stabilita dalla legge secondo i requisiti indispensabili quando le relative norme, considerate nel loro complesso, consentono al contribuente di prevedere e calcolare l’importo dell’imposta dovuta e stabilire il momento in cui essa diviene esigibile.

111. Per contro, non ritengo che la semplice mancanza, nelle disposizioni applicabili, di un elemento accessorio privo di una siffatta incidenza, costituisca di per sé una violazione del principio di legalità fiscale.

112. Così, ad esempio, l’assenza di un metodo per calcolare l’importo dell’imposta dovuta non pregiudica, di per sé, i diritti di un soggetto passivo, se disposizioni altrimenti applicabili contengono una serie di parametri necessari per consentire a tale persona di prevedere e determinare tale importo (99). Nello stesso spirito, se una determinata situazione non è disciplinata in modo esaustivo, il semplice fatto che il soggetto passivo debba scegliere tra varie possibili linee di condotta nell’ambito del potere discrezionale che lo Stato membro ha deciso di concedergli non ha, di per sé, effetti sfavorevoli sui suoi diritti, salvo che ciò estenda la portata della sua responsabilità tributaria.

113. Per contro, nel caso in cui l’applicazione di un nuovo requisito o formalità comporti un aumento retroattivo dell’importo dell’imposta esigibile, ciò non soddisfa manifestamente il livello di tutela enunciato precedentemente, a prescindere da quanto sia accessorio o insignificante il requisito o la formalità in questione. Questo non può dirsi, tuttavia, dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE che — letto alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte — definisce inequivocabilmente la portata del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte (100).

114. In sintesi, per quanto di rilevanza nella presente fattispecie, ritengo che i seguenti elementi dovrebbero essere considerati come facenti parte del comune livello di tutela funzionale: un’imposta dovrebbe essere definita in norme giuridicamente vincolanti accessibili al soggetto passivo in anticipo in modo sufficientemente chiaro, preciso ed esaustivo, per consentire al soggetto passivo di cui trattasi di prevedere e determinare l’importo dell’imposta dovuta in un determinato momento sulla base dei testi e dei dati disponibili o accessibili a quest’ultimo. Di conseguenza, tali norme non possono imporre o aggravare un onere fiscale con effetto retroattivo.

115. Concludo, pertanto, che detto livello di tutela presuppone, in particolare, che in mancanza, nella normativa applicabile, di un metodo di calcolo dell’importo dell’imposta dovuta, l’amministrazione fiscale competente dovrebbe consentire al soggetto passivo di cui trattasi di basarsi su un metodo a sua scelta, a condizione che, vista la natura dell’attività economica esercitata, tale metodo rifletta oggettivamente la quota di spese a monte che è stata utilizzata ai fini dell’attività economica, si basi su criteri oggettivi e dati attendibili e consenta all’autorità competente di verificare l’esattezza della sua applicazione.

 Il Consorzio degli enti locali può invocare il principio generale di legalità fiscale per far valere il diritto alla detrazione integrale?

116. Secondo la giurisprudenza citata supra (101), spetta unicamente al giudice del rinvio determinare se l’applicazione del diritto dell’Unione nel procedimento principale comporti una violazione dei principi generali del diritto dell’Unione. Tuttavia la Corte, in sede di rinvio pregiudiziale, è l’unica competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi rientranti nel diritto dell’Unione che possono consentirgli di valutare tale compatibilità (102).

117. Alla luce di questo obiettivo, mi accingo a evidenziare diversi elementi che il giudice del rinvio può ritenere pertinenti nell’analizzare le conseguenze dell’applicazione del principio di legalità fiscale — alla luce della CEDU, delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e della Carta — ai fatti di cui al procedimento principale.

 Posizione del Consorzio degli enti locali ai sensi del diritto polacco

118. Risulta chiaramente dalle spiegazioni del giudice del rinvio e dalle conclusioni orali che, all’epoca dei fatti, ossia fino al 1o gennaio 2016, la legge sull’IVA non prevedeva un metodo o criteri per il calcolo del prorata detraibile dell’IVA assolta a monte sulle forniture di beni o servizi usate in modo inscindibile ai fini delle attività economiche e non economiche di un soggetto passivo.

119. Tutte le parti che hanno presenziato all’udienza hanno convenuto sul fatto che i termini utilizzati all’articolo 86, paragrafo 1, della legge sull’IVA rispecchiano fedelmente l’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE. In particolare, la prima disposizione contiene l’espressione «nella misura in cui», che mi sembra definire in modo chiaro la portata del diritto alla detrazione, limitandola all’IVA assolta a monte e strettamente corrispondente alle forniture di beni o servizi utilizzate per attività imponibili. Non è stato sottoposto alla Corte alcun elemento che suggerisca che la prima disposizione debba essere interpretata in modo diverso dalla seconda (103).

120. I seguenti elementi possono risultare rilevanti a tal riguardo:

121. In primo luogo, in udienza i rappresentanti della Polonia e il Direttore dell’amministrazione hanno confermato – senza essere contraddetti dal Consorzio degli enti locali – che, in linea di principio, l’obbligo generale di calcolare e dichiarare l’importo dell’imposta dovuta nonché di pagare tale imposta entro determinate scadenze incombe chiaramente sul soggetto passivo (104).

122. In secondo luogo, le parti che hanno partecipato all’udienza hanno convenuto nelle loro osservazioni orali sul fatto che, ai sensi del diritto polacco, soggetti passivi quali il Consorzio degli enti locali sono sottoposti a una normativa contabile molto dettagliata per fini di controllo del bilancio e delle finanze pubbliche, il che implica, tra l’altro, l’obbligo di registrare tutte le operazioni, comprese quelle pertinenti ai fini dell’IVA.

123. A tale riguardo, il rappresentante del Consorzio degli enti locali ha affermato che, in mancanza di un metodo previsto dalla legge, è molto complesso e oneroso determinare l’importo detraibile dell’IVA assolta a monte, mentre il rappresentante del Direttore dell’amministrazione ha ribadito – ancora una volta senza essere contraddetto dagli altri partecipanti – che per gli enti pubblici quali il Consorzio degli enti locali è molto più agevole effettuare i necessari calcoli rispetto alle stesse autorità fiscali.

124. In terzo luogo, nelle loro osservazioni orali le parti presenti in udienza hanno confermato che quando un soggetto passivo nutre dubbi in ordine alla corretta interpretazione delle disposizioni applicabili, egli ha diritto di chiedere e ottenere dall’autorità un parere in materia tributaria in cui la sua situazione specifica viene valutata e gli vengono comunicate le corrette modalità di applicazione della normativa (105). Il rappresentante del Direttore dell’amministrazione ha confermato che, come il Consorzio degli enti locali di cui al procedimento principale, altri soggetti passivi in situazioni analoghe si erano avvalsi di detta procedura e avevano ottenuto un siffatto parere riguardo alla quota deducibile dell’IVA a monte.

125. In quarto luogo, il rappresentante del Direttore dell’amministrazione ha spiegato in udienza che, anteriormente al 1o gennaio 2016 e successivamente a tale data, i soggetti passivi erano liberi di applicare il metodo di loro scelta per la ripartizione dell’IVA. È stato precisato che l’autorità competente poteva opporsi a tale scelta solo ove detto metodo non fosse stato adeguato, nel senso che non rifletteva oggettivamente la misura di utilizzo delle spese a monte per le operazioni di un soggetto passivo che davano diritto alla detrazione. Ha inoltre confermato che il diritto a detrazione non poteva essere rifiutato per il solo motivo che l’autorità non condivideva il metodo utilizzato dal soggetto passivo. Nessuna di tali dichiarazioni è stata contraddetta da parte del rappresentante del Consorzio degli enti locali.

126. A quanto mi è dato comprendere, l’effetto combinato delle disposizioni e delle circostanze di cui sopra è che, all’epoca dei fatti, tutti gli elementi essenziali dell’IVA aventi un incidenza sull’importo dell’IVA esigibile (tributum) erano previsti dalla legge (lex) in modo tale da consentire ai soggetti passivi di effettuare i calcoli necessari e di dichiarare l’importo dell’IVA dovuta sulla base di documenti e di altri dati in loro possesso.

127. In tale contesto, l’attuale metodo di calcolo della quota detraibile dell’IVA a monte sembra essere solo uno dei mezzi tecnici che il soggetto passivo deve utilizzare necessariamente al fine di stabilire correttamente la portata del suo diritto a detrazione, laddove egli decida di fatto di avvalersi di tale diritto. La necessità di scegliere un metodo appropriato, implicita all’epoca dei fatti, sembra essere un ovvio corollario di tale diritto, anziché un autonomo obbligo supplementare che debba essere previsto espressamente dalla legge (106).

128. Vista la possibilità per il Consorzio degli enti locali di ottenere un parere individuale in materia tributaria, l’assenza di un metodo specifico nelle disposizioni applicabili non sembra aver reso il ricorso al diritto a detrazione impossibile o eccessivamente difficile o aver dato luogo a un’incertezza ineludibile quanto alla portata dei suoi obblighi nei confronti del pubblico erario.

129. Al contrario, emerge dalle argomentazioni delle parti che, data l’ampia gamma di possibili situazioni di fatto, sarebbe ottimistico e eccessivamente esigente pretendere che il legislatore nazionale disciplini in modo esaustivo tutti gli aspetti tecnici di un comportamento del soggetto passivo ai fini della tassazione (107). Tale conclusione è perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo e con la situazione in altri Stati membri (108).

130. Sono pertanto dell’avviso che la normativa applicabile al momento dei fatti al Consorzio degli enti locali non contenesse alcuna lacuna nella definizione dell’imposta.

 Rilievi conclusivi

131. Le considerazioni che precedono mi sembrano chiarire tutti gli argomenti addotti dal Consorzio degli enti locali. Valutato secondo il livello di protezione che ho descritto precedentemente (109), nessuna violazione di un diritto fondamentale o di un principio generale del diritto dell’Unione rischia di verificarsi nel procedimento principale interpretando le norme applicabili in modo conforme alla direttiva 2006/112/CE, come interpretata da una costante giurisprudenza della Corte (110).

132. In particolare, tale interpretazione non sembra comportare alcuna incertezza del diritto o applicazione retroattiva di nuovi obblighi che non sono previsti dalla legge. Analogamente, poiché, all’epoca dei fatti, tutti gli elementi costitutivi dell’imposta (tributum) erano stabiliti dalla legge, tale interpretazione non sembra creare, in virtù della direttiva 2006/112/CE, un obbligo non previsto dall’ordinamento giuridico nazionale (111). Infine, essa non sembra rendere l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA a monte impossibile o eccessivamente difficile.

133. Le conclusioni che ho formulato ai paragrafi 73 e 115 supra non sono messe in discussione dal fatto che, quando un atto di diritto dell’Unione richiede misure nazionali di attuazione, come nel caso di specie, resta consentito alle autorità e ai giudici nazionali, ai sensi dell’articolo 53 della Carta, di applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali e i principi generali del diritto dell’Unione (112).

134. Le informazioni a disposizione della Corte indicano che – nonostante l’esistenza delle prassi amministrative menzionate nella questione pregiudiziale – non vi è un apparente conflitto tra la posizione che propongo alla Corte di adottare nella presente causa e i principi derivanti dall’articolo 217 della Costituzione polacca.

135. Come ha spiegato il giudice del rinvio, alla luce di tale disposizione le misure relative all’applicazione delle imposte, compresa la determinazione dei soggetti passivi, le aliquote fiscali, nonché le norme per la concessione di sgravi e di rimborsi fiscali, nonché le categorie di soggetti passivi esenti da imposta, dovrebbero essere previste dalla legge. Risulta dalle osservazioni orali formulate dai rappresentanti della Polonia e del Direttore dell’amministrazione dinanzi alla Corte che tale disposizione è costantemente interpretata dal Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) nel senso di prescrivere che gli elementi essenziali dell’imposta che si ripercuotono sulla portata della responsabilità fiscale del soggetto passivo siano previsti dalla legge, e non già tutti gli elementi di tale imposta (113).

136. Secondo il mio parere, tali requisiti non sembrano impedire al giudice del rinvio di interpretare il diritto nazionale in conformità con il diritto dell’Unione secondo le modalità di cui sopra.

137. Qualora il giudice del rinvio ritenga comunque che il diritto nazionale così interpretato non soddisfi gli standard di protezione garantiti dalla Costituzione polacca, egli non può limitarsi semplicemente a concedere al Consorzio degli enti locali il diritto alla detrazione integrale dell’IVA assolta a monte a scapito del bilancio generale dell’Unione e in violazione del principio di parità di trattamento (114).

138. Non posso ammettere che una mera incongruenza con gli standard nazionali di tutela sia tale da esonerare il giudice nazionale dal suo obbligo principale di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione. Ciò vale a maggior ragione quando ciò si tradurrebbe nella concessione di un cospicuo vantaggio economico inaccettabile non voluto dal legislatore dell’Unione (115). Piuttosto, nell’interpretare la normativa nazionale il giudice del rinvio deve mettere in campo tutte le sue capacità, nell’ottica di un esame completo dell’ordinamento giuridico nazionale nel suo complesso, per scegliere la soluzione che rispetti le caratteristiche essenziali dell’ordinamento giuridico dell’Unione, ossia il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione (116).

139. Alla luce delle considerazioni che precedono, concludo, in aggiunta a quanto ho affermato ai paragrafi 73 e 115 supra, che il giudice nazionale può essere sollevato dall’obbligo di interpretare il diritto nazionale in conformità con il diritto dell’Unione solo ove tale interpretazione comporti la violazione del principio secondo cui le imposte devono essere definite in norme giuridicamente vincolanti accessibili al soggetto passivo in anticipo in modo sufficientemente chiaro, preciso ed esaustivo per consentirgli di prevedere e determinare l’importo dell’imposta dovuta in un determinato momento sulla base dei testi e dei dati disponibili o accessibili a quest’ultimo. Ciò si verificherebbe se tali regole comportassero qualche incertezza quanto all’ammontare dell’imposta dovuta o se esse imponessero o aumentassero retroattivamente tale ammontare.

 Conclusione

140. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione sottoposta dal Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del Voivodato, Breslavia) (Polonia):

–        La Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa impone a un giudice nazionale, nell’ambito di una controversia concernente un soggetto passivo come la Związek Gmin Zagłębia Miedziowego p Polkowicach (Consorzio degli enti locali), di interpretare il diritto nazionale in modo da garantire, nella misura più ampia possibile, che le detrazioni siano effettuate soltanto per la quota di IVA pagata a monte che riflette oggettivamente l’entità della spesa a monte utilizzata per l’attività economica di detto soggetto passivo.

–        In mancanza, nella normativa applicabile, di un metodo di calcolo dell’importo dell’imposta dovuta, l’amministrazione fiscale competente dovrebbe consentire al soggetto passivo di cui trattasi di basarsi su un metodo a sua scelta, a condizione che, vista la natura dell’attività economica esercitata, tale metodo rifletta oggettivamente la quota di spese a monte che è stata utilizzata ai fini dell’attività economica, si basi su criteri oggettivi e dati attendibili e consenta all’autorità competente di verificare l’esattezza della sua applicazione.

–        Un giudice nazionale può essere sollevato dall’obbligo di interpretare il diritto nazionale in conformità con il diritto dell’Unione solo ove tale interpretazione comporti la violazione del principio secondo cui le imposte devono essere definite in norme giuridicamente vincolanti accessibili al soggetto passivo in anticipo in modo sufficientemente chiaro, preciso ed esaustivo per consentirgli di prevedere e determinare l’importo dell’imposta dovuta in un determinato momento sulla base dei testi e dei dati disponibili o accessibili a quest’ultimo. Ciò si verificherebbe se tali regole comportassero qualche incertezza quanto all’ammontare dell’imposta dovuta o se esse imponessero o aumentassero retroattivamente tale ammontare.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).


3      L’«IVA a valle».


4      L’«IVA a monte».


5      L’articolo 174 definisce gli elementi da inserire al numeratore e al denominatore della frazione per il calcolo del prorata della detrazione dell’IVA assolta a monte. L’articolo 175 prevede che il prorata di detrazione debba essere calcolato o stimato su base annuale, in via provvisoria, dal soggetto passivo in base alle sue previsioni, sotto il controllo dell’amministrazione, e debba essere adeguato nel corso dell’anno successivo quando la percentuale esatta è nota.


6      Dziennik Ustaw (Gazzetta ufficiale), 2011, n. 177, posizione 1054 (in prosieguo: la «legge sull’IVA»).


7      Il «Direttore dell’amministrazione».


8      A quanto mi è dato comprendere, questo tipo di atto amministrativo è, in sostanza, una dichiarazione formale effettuata dalle autorità circa il loro parere sulla corretta interpretazione e applicazione di una particolare disposizione della normativa tributaria nelle circostanze di fatto di un dato soggetto passivo. Questa procedura è prevista agli articoli da 14b a 14s dell’Ordynacja podatkowa del 29 agosto 1997 (legge sulla procedura in materia tributaria), Dziennik Ustaw (Gazzetta ufficiale) del 1997, n. 137, posizione 926, e successive modifiche.


9      Il «diritto alla detrazione integrale».


10      Causa I FPS 9/10. Il giudice del rinvio ha precisato in tale sentenza che il Naczelny Sąd Administracyjny ha statuito che la formula di cui all’articolo 90 della legge sull’IVA, non riguardava l’IVA assolta a monte sulle cessioni o prestazioni usate in modo inscindibile sia per le attività economiche sia per quelle non economiche del soggetto passivo. Il giudice del rinvio ha spiegato che, nella motivazione di tale decisione, il Naczelny Sąd Administracyjny ha dichiarato che, atteso che il legislatore polacco aveva omesso di stabilire le modalità e i criteri di ripartizione dell’IVA assolta a monte tra le operazioni soggette all’IVA e le operazioni non imponibili ai fini IVA, un soggetto passivo ha diritto alla detrazione integrale dell’IVA assolta a monte per tali beni e servizi.


11      V. supra, paragrafi da 12 a 14.


12      V. supra, paragrafo 14.


13      Sentenza del 13 marzo 2008, Securenta (C‑437/06, EU:C:2008:166, punto 33).


14      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:496, punto 26). La Corte ha inoltre spiegato che, di conseguenza, al fine di non compromettere l’obiettivo di neutralità del sistema comune dell’IVA, le operazioni escluse dalla sfera di applicazione della direttiva 2006/112/CE, che pertanto non danno diritto a detrazione, devono essere escluse dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di detrazione dell’IVA a monte ai sensi dell’articolo 173 (sentenze del 29 aprile 2004, EDM, C‑77/01, EU:C:2004:243, punto 54, e del 27 settembre 2001, Cibo Participations, C‑16/00, EU:C:2001:495, punto 44).


15      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:496, punto 32).


16      Sentenza del 13 marzo 2008, Securenta (C‑437/06, EU:C:2008:166, punto 34).


17      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:496, punto 27).


18      V., per analogia, sentenza del 14 settembre 2006, Wollny (C‑72/05, EU:C:2006:573, punto 28).


19      V., in tal senso, ad esempio, sentenza del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C‑475/03, EU:C:2006:629, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


20      V., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2008, Sosnowska (C‑25/07, EU:C:2008:395, punti 14 e 15).


21      Sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).


22      Conclusioni nella causa C‑228/05, EU:C:2006:425, paragrafi 82 e 83 (il corsivo è mio).


23      Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1) (ora articolo 168 della direttiva 2006/112/CE).


24      Sentenza della Corte di giustizia del 28 novembre 2013, MDDP (C‑319/12, EU:C:2013:778, punto 42).


25      V., in tal senso, sentenza del 30 marzo 2006, Uudenkaupungin kaupunki (C‑184/04, EU:C:2006:214, punto 24), e ordinanza del 5 giugno 2014, Gmina Międzyzdroje (C‑500/13, EU:C:2014:1750, punto 19).


26      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:496, punto 23).


27      Sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:496, punto 24).


28      Sentenze del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt (C‑118/11, EU:C:2012:97, punto 44), e del 22 ottobre 2015, Sveda (C‑126/14, EU:C:2015:712, punto 32).


29      Sentenza del 16 giugno 2016, Mateusiak (C‑229/15, EU:C:2016:454, punto 24).


30      V. le conclusioni presentate dall’avvocato generale nelle cause VDP Dental laboratory (C‑401/05 P, EU:C:2006:537, paragrafi da 95 a 97), e MDDP (C‑319/12, EU:C:2013:421, paragrafi 38 e 39).


31      C‑11/15, EU:C:2016:181, paragrafo 51.


32      Quella norma dispone che, quando, per un dato periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni supera quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite. In questo caso, la differenza sarebbe necessariamente strutturale e, anche se riportata, non farebbe che aumentare nel tempo. Tale squilibrio finisce necessariamente col comportare in pratica un rimborso.


33      Conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Český rozhlas (C‑11/15, EU:C:2016:181, EU:C:2016:181, paragrafo 51).


34      Sentenza della Corte di giustizia del 28 novembre 2013, MDDP (C‑319/12, EU:C:2013:778, punto 25).


35      Sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C‑174/08, EU:C:2009:669, punto 40).


36      Sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C‑174/08, EU:C:2009:669, punto 41).


37      Sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C‑174/08, EU:C:2009:669, punto 40).


38      V. sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank (C‑44/11, EU:C:2012:484, punto 45), in cui la Corte ha fatto propria la conclusione che ho formulato al paragrafo 60 delle mie conclusioni in detta causa (EU:C:2012:276).


39      Sentenza del 13 marzo 2014, Malburg (C‑204/13, EU:C:2014:147, punti 42 e 43).


40      Sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C‑174/08, EU:C:2009:669, punto 44).


41      Sentenza del 14 settembre 2006, Wollny (C‑72/05, EU:C:2006:573, punto 35).


42      V., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2006, Wollny (C‑72/05, EU:C:2006:573, punti 33 e 37).


43      V., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2006, Wollny (C‑72/05, EU:C:2006:573, punto 48).


44      Sentenza del 13 marzo 2008, Securenta (C‑437/06, EU:C:2008:166, punti 34 e 37). La Corte ha dichiarato che, sotto questo profilo, gli Stati membri hanno il diritto di applicare, se del caso, un criterio basato sulla natura dell’investimento o un criterio basato sulla natura dell’operazione, o ancora ogni altro criterio appropriato, senza essere obbligati a limitarsi ad uno solo di tali metodi (punto 38 di detta sentenza).


45      V., in tal senso, sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs (138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 23). V., altresì, sentenza del 6 maggio 2010, Commissione/Francia (C‑94/09, EU:C:2010:253, punto 40).


46      V., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Portugal Telecom (C‑496/11, EU:C:2012:557, punto 35).


47      Decisione 2007/436/CE Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU 2007, L 163, pag. 17).


48      Nel 2014, per esempio, uno dei periodi d’imposta per i quali il Consorzio degli enti locali chiede che gli sia riconosciuto il diritto alla detrazione integrale dell’IVA, le risorse basate sull’IVA hanno rappresentato il 13,2% del bilancio complessivo dell’UE. V. quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 e bilancio dell’UE per il 2014, pag. 24.


49      V., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punti 51 e 52). Se la Polonia desiderasse mantenere un trattamento più favorevole per soggetti passivi quali il Consorzio degli enti locali, essa potrebbe – in conformità con le disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato – prevedere una sovvenzione, finanziata con risorse proprie, piuttosto che consentire l’esenzione dall’IVA a monte a carico del bilancio dell’Unione.


50      V., per analogia, sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


51      V., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 64).


52      V. supra, paragrafo 11.


53      V., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 49).


54      Sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 116).


55      Sentenza dell’11 settembre 2018, IR (C‑68/17, EU:C:2018:696, punto 63).


56      V., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punti 33 e 34 e giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punti 72 e 73).


57      GU 2010, C 83, pag. 389 (in prosieguo: la «Carta»).


58      V., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).


59      La recente giurisprudenza fornisce diversi esempi di situazioni nelle quali la Corte ha ritenuto che l’efficienza dell’Unione dovrebbe cedere il passo alla tutela dei diritti fondamentali. V., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127) [proibizione di trattamenti inumani o degradanti nel contesto del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180, pag. 31)]; del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936) (principio «nulla poena sine lege» nel contesto dell’articolo 325 TFUE), nonché sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze nel sistema della giustizia) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586) [diritto a un ricorso effettivo nel contesto della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1)].


60      V., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, X (C‑60/02, EU:C:2004:10, punti 61 e 63), e del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 61).


61      Da detto articolo risulta che «[i] diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali [firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”)] e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali».


62      Tale disposizione della Carta stabilisce che «laddove [la] Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione», fatta salva la possibilità per l’Unione di conferire «una protezione più estesa». Pertanto, i criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo per interpretare le corrispondenti disposizioni della CEDU devono essere applicati per determinare il livello minimo di tutela garantito dalla Carta (sentenza del 28 febbraio 2013, Riesame Arango Jaramillo e a./BEI, C‑334/12 RX‑II, EU:C:2013:134, punto 28).


63      Protocollo n. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Parigi il 20 marzo 1952 (in prosieguo: il «protocollo n. 1»).


64      Corte EDU, 9 luglio 2002, Orion Břeclav s.r.o. c. Repubblica ceca (CE:ECHR:2002:0709DEC004378398, pag. 7).


65      Corte EDU, 29 gennaio 2003, Masa Invest Groupc. Ucraina (CE:ECHR:2005:1011DEC000354003, pag. 12).


66      Corte EDU, 14 maggio 2013, N.K.M. c. Ungheria (CE:ECHR:2013:0514JUD006652911, § 50).


67      Corte EDU, 20 settembre 2011, OAO Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia (CE:ECHR:2011:0920JUD001490204, § 559) (il corsivo è mio).


68      Corte EDU, 14 ottobre 2010, Shchokin c. Ucraina (CE:ECHR:2010:1014JUD002375903, § 51).


69      Grgić, A., Mataga, Z., Longar, M., e Vilfan, A., Consiglio d’Europa – Direzione generale dei diritti dell’uomo e degli affari giuridici, «Le droit à la propriété dans la convention européenne des Droits de l’Homme. Un guide sur la mise en oeuvre de la convention européenne des Droits de l’Homme et de ses protocoles», Précis sur les droits de l’homme n. 10, settembre 2007, pag. 13 (accesso pubblico al seguente link: https://rm.coe.int/168007ff64).


70      Corte EDU, 9 novembre 1999, Špaček c. Repubblica ceca (CE:ECHR:1999:1109JUD002644995, § 54).


71      Corte EDU, 25 luglio 2013, Khodorkovskiy e Lebedev c. Russia (CE:ECHR:2013:0725JUD001108206, §§ da 881 a 885).


72      Corte EDU, 29 gennaio 2003, Masa Invest Group c. Ucraina (CE:ECHR:2005:1011DEC000354003, pagg. 12 e 13).


73      Tale è il caso, in particolare, del Regno Unito, in cui tale principio è stato enunciato per la prima volta nel Bill of Rights del 1689 (ancora applicabile), della Francia, dove deriva dalla Declaration des droits de l’homme et du citoyen del 26 agosto 1789 (idem) e della Polonia, in cui è stato sancito nell’Artykuły henrykowskie del 1573, rimasto in vigore fino al 24 ottobre 1795.


74      Tale sembra essere il caso dell’Austria e della Germania.


75      Tale sembra essere il caso, in particolare, di: Belgio (articolo 170, paragrafo 1, della Costituzione belga), Cipro (articolo 24, paragrafo 2, della Costituzione cipriota), Estonia (articolo 113 della Costituzione estone), Finlandia (articolo 81, paragrafo 1, della Costituzione finlandese), Italia (articolo 23 della Costituzione italiana), Irlanda (articoli da 22.2.1 a 22.2.6 della Costituzione irlandese), Paesi Bassi (articolo 104 della Costituzione olandese), Repubblica ceca (articolo 11, paragrafo 5, della Carta dei diritti fondamentali della Repubblica ceca), Lituania (articolo 127, paragrafo 3, della Costituzione lituana), Lussemburgo (articolo 99 della Costituzione lussemburghese), Romania (articoli 56, paragrafo 3, e 139, paragrafo 1, della Costituzione rumena), Slovacchia (articolo 59, paragrafo 2, della Costituzione della Repubblica slovacca) e Svezia (articolo 4, nella prima sezione della Regeringsformen, che – insieme ad altri tre atti – costituisce la Costituzione svedese).


76      L’articolo 14 della Declaration des droits de l’homme et du citoyen del 26 agosto 1789 prescrive che i seguenti elementi siano previsti dalla legge: la base imponibile, l’aliquota e le modalità di riscossione delle imposte di qualunque tipo.


77      L’articolo 78, paragrafi 1 e 4, della Costituzione greca stabilisce che i seguenti elementi debbano essere previsti dalla legge: indicazione del soggetto passivo, tipo di reddito, patrimonio, spesa o operazioni imponibili, aliquota fiscale, esenzioni e crediti d’imposta.


78      L’articolo 103, paragrafo 2, della Costituzione portoghese stabilisce che i seguenti elementi debbano essere previsti dalla legge: base imponibile dell’imposta, aliquota fiscale, sgravi fiscali e garanzie per il soggetto passivo.


79      V. articolo 217 della Costituzione polacca citata al paragrafo 6 supra.


80      Segnatamente: Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Svezia e Regno Unito.


81      La posizione espressa dalla CEDU sembra essere alquanto simile sotto questo punto di vista (v. paragrafi 85 e 86 supra).


82      Tale sembra essere il caso della Repubblica ceca, dell’Estonia, della Germania, della Grecia, della Polonia e del Regno Unito.


83      Tale sembra essere il caso della Francia.


84      Tale sembra essere il caso dei Paesi Bassi e della Svezia.


85      Rilevo che un simile requisito emerge dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ho esaminato nelle presenti conclusioni (v. paragrafo 82 supra).


86      Tale sembra essere il caso della Bulgaria (anteriormente al 1o gennaio 2017), della Repubblica ceca, della Germania, della Grecia (dal 2000), dei Paesi Bassi, della Svezia e del Regno Unito.


87      Oltre alla Polonia, questo sembra essere il caso della Bulgaria, della Repubblica ceca, della Grecia e della Svezia.


88      Così, nei Paesi Bassi, una decisione pertinente del Staatssecretarissen van Financiën (Ministro delle Finanze) in materia di detrazione dell’IVA elenca i metri quadrati, i metri cubi, il reddito o le spese relative quali possibili criteri di calcolo della quota detraibile dell’IVA a monte.


89      V., in Svezia, le istruzioni non vincolanti dell’amministrazione fiscale n. 131 446423-15/111, del 25 agosto 2015, e n. 202 377677-17/111 del 19 dicembre 2017.


90      V. VAT notice (nota IVA) 700 del 17 dicembre 2014 (la guida all’IVA riguardante le norme e le procedure), articolo 32, paragrafo 5.


91      Sentenza del 22 giugno 2016 (C‑11/15, EU:C:2016:470).


92      Conclusioni nella causa Český rozhlas (C‑11/15, EU:C:2016:181).


93      Sentenza del 30 agosto 2016, n. 5 Afs 124/2014‑178.


94      V. supra, paragrafo 39.


95      Sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft (C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punti da 121 a 123).


96      Sentenza del 10 settembre 2009, Plantanol (C‑201/08, EU:C:2009:539, punto 46).


97      Sentenza del 16 settembre 2008, Isle of Wight Council e a. (C‑288/07, EU:C:2008:505, punto 47).


98      Sentenza del 26 aprile 2005, «Goed Wonen» (C‑376/02, EU:C:2005:251, punto 33).


99      Lo stesso si può affermare a priori dei requisiti tecnici o procedurali. Poiché, tuttavia, tale questione non rientra nell’oggetto delle presenti conclusioni, non sarà oggetto di ulteriore disamina.


100      V. paragrafi 41, 48 e 55 supra.


101      V. la giurisprudenza citata ai paragrafi 74 e 75 supra.


102      Sentenza del 1o luglio 2014, Ålands Vindkraft (C‑573/12, EU:C:2014:2037, punto 126).


103      Per l’interpretazione dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE, v. paragrafi 41, 48 e 55 supra.


104      Tale obbligo sembra derivare dall’articolo 103, paragrafo 1, della legge sull’IVA, che risulta attuare l’articolo 250, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE.


105      V. nota 8 supra.


106      V. supra, paragrafo 112.


107      Al riguardo, osservo che il legale del Direttore dell’amministrazione ha insistito – senza essere contraddetto dagli altri partecipanti – che sarebbe oggettivamente impossibile farlo.


108      V. supra, paragrafi 85 e 91.


109      V. la discussione del principio di legalità tributaria ai precedenti paragrafi da 78 a 115 supra.


110      Vale a dire, conformemente ai parametri discussi supra ai paragrafi da 35 a 60.


111      La situazione in questo caso può essere contrapposta a quella di cui nella causa Pfeiffer e a., sentenza del 5 ottobre 2004, da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 108.


112      V. sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 60). In quel caso, tuttavia, la Corte ha concluso che, proprio perché le norme pertinenti erano state completamente armonizzate a livello dell’Unione, il giudice nazionale non era più autorizzato ad applicare i più elevati standard di protezione dei diritti fondamentali previsti dal suo diritto costituzionale nazionale.


113      Sentenza del Trybunał Konstytucyjny del 16 giugno 1998, U 9/97, punto 51. In udienza è inoltre emerso che tale giudice non ha ancora avuto l’opportunità di esaminare la costituzionalità dell’assenza di metodi di ripartizione dell’IVA assolta a monte.


114      V. supra, paragrafi 61, 64 e 65.


115      V. supra, paragrafi da 57 a 59.


116      Sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M. B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 47).