Language of document : ECLI:EU:C:2019:980

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DELLA CORTE

13 novembre 2019 (*)

«Impugnazione – Intervento – Interesse alla soluzione della controversia – Insussistenza»

Nella causa C‑425/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 29 maggio 2019,

Commissione europea, rappresentata da P. Stancanelli, L. Flynn, A. Bouchagiar e D. Recchia, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili e S. Fiorentino, avvocati dello Stato,

Banca Popolare di Bari SCpA, con sede in Teramo (Italia), rappresentata da A. Santa Maria, M. Crisostomo, E. Gambaro e F. Mazzocchi, avvocati,

Fondo interbancario di tutela dei depositi, con sede in Roma (Italia), rappresentato da M. Siragusa, G. Scassellati Sforzolini, G. Faella e A. Comino, avvocati,

ricorrenti in primo grado,

Banca d’Italia, con sede in Roma, rappresentata da M. Perassi, O. Capolino, M. Todino e L. Sciotto, avvocati,

interveniente in primo grado,


IL PRESIDENTE DELLA CORTE,

vista la proposta di R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, giudice relatore,

sentito l’avvocato generale E. Tanchev,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), con cui quest’ultimo ha annullato la decisione (UE) 2016/1208 della Commissione, del 23 dicembre 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.39451 (2015/C) (ex 2015/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Banca Tercas (GU 2016, L 203, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

2        Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 30 luglio 2019 la Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, la Montani Antaldi Srl, la Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi e la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata (in prosieguo: i «soggetti che chiedono di intervenire») hanno chiesto di essere autorizzate a intervenire nella controversia di cui trattasi nella presente causa a sostegno delle conclusioni formulate dalla Repubblica italiana, dalla Banca Popolare di Bari SCpA (in prosieguo: «BPB»), dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (in prosieguo: il «FITD») e dalla Banca d’Italia, dirette al rigetto dell’impugnazione proposta dalla Commissione.

3        Con atti depositati presso la cancelleria il 19, 27 e 28 agosto 2019, rispettivamente, il Fondo interbancario di tutela dei depositi, la Banca d’Italia e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte su tale istanza di intervento. La Commissione chiede il rigetto di tale istanza in quanto, segnatamente, i soggetti che chiedono di intervenire non potrebbero far valere un interesse diretto alla soluzione della controversia.

4        Il Fondo interbancario di tutela dei depositi e la Banca d’Italia si rimettono al giudizio della Corte per quanto attiene alla questione se si debba accogliere detta istanza di intervento.

 Sull’istanza di intervento

 Sulla ricevibilità

5        La Commissione eccepisce l’irricevibilità dell’istanza di intervento nella misura in cui è presentata a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana.

6        A tal riguardo, dall’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che ogni persona fisica o giuridica ha diritto di intervenire in una controversia sottoposta al giudice dell’Unione, che non sia una controversia fra Stati membri, fra istituzioni dell’Unione o fra Stati membri, da una parte, e istituzioni dell’Unione, dall’altra, se tale persona può dimostrare di avere un interesse alla soluzione di detta controversia.

7        Nel caso di specie, a motivo della riunione delle cause T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16 decisa dal Tribunale, la controversia vede la Commissione contrapposta non solo a BPB, al FITD, consorzio di diritto privato, e alla Banca d’Italia, ma anche alla Repubblica italiana. Nei limiti in cui i soggetti che chiedono di intervenire intendono essere autorizzati ad intervenire nella controversia a sostegno delle conclusioni di più parti, ivi comprese quelle della Repubblica italiana, si deve constatare che, come rilevato dalla Commissione, accogliere tale istanza di intervento nella misura in cui è presentata a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana sarebbe contrario all’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, poiché si tratta di una controversia tra un’istituzione dell’Unione e uno Stato membro.

8        Tuttavia, un soggetto che chiede di intervenire non può essere privato del proprio diritto di intervento, ammesso che sia accertato, in una controversia che vede contrapposta un’istituzione dell’Unione a una persona fisica o giuridica, a sostegno delle conclusioni di quest’ultima, a motivo della riunione di tale causa, in primo grado, con un’altra causa che vede contrapposta tale istituzione a uno Stato membro. L’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea non osta così a che i soggetti che chiedono di intervenire siano ammessi, se del caso, a intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni di BPB, del FITD e della Banca d’Italia.

 Nel merito

9        A norma dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ogni persona può intervenire dinanzi al giudice dell’Unione se può dimostrare di avere un interesse alla soluzione della controversia ad esso sottoposta.

10      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «interesse alla soluzione della controversia», ai sensi del predetto articolo 40, secondo comma, deve essere definita con riferimento all’oggetto stesso della controversia e deve intendersi come un interesse diretto e attuale all’esito riservato alle conclusioni stesse, e non come un interesse rispetto ai motivi o agli argomenti dedotti. Infatti, i termini «soluzione della controversia» rinviano alla decisione finale richiesta, come sancita nel dispositivo dell’emananda sentenza (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 10 settembre 2019, Consiglio/K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:732, punto 11 e giurisprudenza ivi citata).

11      A tale riguardo, occorre segnatamente verificare che il soggetto che chiede di intervenire sia direttamente interessato dall’atto impugnato e che il suo interesse all’esito della controversia sia certo (ordinanza del presidente della Corte del 20 settembre 2018, Crédit Mutuel Arkéa/BCE, C‑152/18 P e C‑153/18 P, non pubblicata, EU:C:2018:765, punto 7).

12      In linea di principio, un interesse alla soluzione della controversia è sufficientemente diretto solo nella misura in cui tale soluzione sia idonea a modificare la posizione giuridica del soggetto che chiede di intervenire (ordinanza del presidente della Corte del 10 settembre 2019, Consiglio/K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:732, punto 12 e giurisprudenza ivi citata).

13      Inoltre, occorre distinguere tra i soggetti che chiedono di intervenire, i quali dimostrano di avere un interesse diretto all’esito riservato alle conclusioni presentate dalle parti nell’ambito della controversia in cui intendono intervenire, e quelli che dimostrano solo un interesse indiretto alla soluzione della controversia, a motivo della somiglianza tra la loro situazione e quella di una delle parti (ordinanza del presidente della Corte del 10 settembre 2019, Consiglio/K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:740, punto 13 e giurisprudenza ivi citata).

14      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la presente istanza di intervento.

15      Dalla memoria presentata dai soggetti che chiedono di intervenire risulta che essi possedevano il 59,148% del capitale sociale della Banca delle Marche (in prosieguo: la «BdM»), una banca privata italiana la cui risoluzione era stata disposta con i provvedimenti della Banca d’Italia del 21 e 22 novembre 2015, ai sensi della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190).

16      La controversia oggetto della presente impugnazione verte sulla decisione controversa, con cui la Commissione ha considerato che l’intervento del FITD a favore della Banca Tercas, autorizzato dalla Banca d’Italia, il 7 luglio 2014, costituisse un aiuto di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato interno che la Repubblica italiana doveva recuperare presso il beneficiario. Invece, la risoluzione della BdM, decisa dalla Banca d’Italia, è oggetto di un procedimento diretto al risanamento o alla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, secondo le norme e le procedure previste dalla direttiva 2014/59.

17      I soggetti che chiedono di intervenire sostengono che la risoluzione della BdM è stata provocata dal rifiuto della Banca d’Italia di autorizzare l’intervento del FITD a favore della BdM, contrariamente alla decisione che era stata adottata dalla Banca d’Italia, a favore della Banca Tercas, il 7 luglio 2014. Tale rifiuto sarebbe stato provocato dall’adozione della decisione controversa, con cui la Commissione ha ritenuto che l’intervento a favore della Banca Tercas costituisse un aiuto di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato interno. Tale decisione avrebbe fatto sorgere un dubbio in merito alla compatibilità con il mercato interno di un eventuale intervento del FITD a favore della BdM, il che avrebbe frustrato un siffatto intervento.

18      Tuttavia, una siffatta argomentazione non può dimostrare l’esistenza di un interesse alla soluzione della controversia dei soggetti che chiedono di intervenire, ai sensi dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

19      A tal riguardo, occorre rilevare, innanzitutto, che la decisione controversa è stata adottata successivamente alla risoluzione della BdM. Infatti, come emerge dagli allegati 2 e 3 all’istanza di intervento, tale risoluzione è stata disposta dalla Banca d’Italia con provvedimenti del 21 e 22 novembre 2015, mentre la decisione controversa è stata adottata il successivo 23 dicembre.

20      L’istanza di intervento non contiene poi elementi idonei a dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra, da un lato, la posizione adottata dalla Commissione nella decisione controversa, o addirittura l’avvio della procedura che ha portato all’adozione di tale decisione controversa, in merito all’esistenza di un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno a motivo dell’intervento del FITD a favore della Banca Tercas, autorizzato dalla Banca d’Italia con la decisione del 7 luglio 2014, e, dall’altro, la risoluzione della BdM.

21      In assenza di un siffatto nesso, nemmeno l’argomento dei soggetti che chiedono di intervenire, secondo cui la decisione controversa avrebbe influito sull’intero sistema creditizio italiano, può consentire loro di dimostrare l’esistenza di un qualsivoglia interesse alla soluzione della controversia, ai sensi della giurisprudenza citata ai punti da 10 a 13 della presente ordinanza.

22      Infine, nei limiti in cui i soggetti che chiedono di intervenire invocano somiglianze tra la situazione della BdM e quella della Banca Tercas e fanno valere che l’esito del presente procedimento avrebbe effetti su alcuni ricorsi pendenti a livello nazionale e su futuri ricorsi simili avverso decisioni della Commissione, è sufficiente rilevare che, conformemente alla giurisprudenza rammentata al punto 13 della presente ordinanza, l’esistenza di eventuali somiglianze tra la situazione di un soggetto che chiede di intervenire e quella di una parte in causa non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un interesse diretto alla risoluzione della controversia.

23      Occorre aggiungere che, anche supponendo che un interesse della BdM alla soluzione della controversia possa essere dimostrato a motivo della decisione di risoluzione disposta dalla Banca d’Italia nei suoi confronti, i soggetti che chiedono di intervenire possono dare prova solo della qualità di azionista della BdM. Pertanto, benché gli interessi finanziari dei soggetti che chiedono di intervenire, in tale qualità, siano stati coinvolti dalla risoluzione della BdM, tali interessi si confondono con quelli di tale società e, pertanto, questi ultimi sono coinvolti solo indirettamente dalle conseguenze di tale risoluzione nei confronti della BdM (v., in tal senso, ordinanza del vicepresidente della Corte del 6 ottobre 2015, Cap Actions SNCM/Commissione, C‑418/15 P(I), EU:C:2015:671, punti 19 e 20).

24      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve constatare che i soggetti che chiedono di intervenire non dimostrano di avere un interesse alla soluzione della controversia, ai sensi dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

25      Di conseguenza, l’istanza di intervento deve essere integralmente respinta.

 Sulle spese

26      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. I soggetti che chiedono di intervenire, rimasti soccombenti, devono essere condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

Per questi motivi, il presidente della Corte così provvede:

1)      L’istanza di intervento è respinta.

2)      La Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, la Montani Antaldi Srl, la Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi e la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di


Macerata sono condannate a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea.

Lussemburgo, 13 novembre 2019

Il cancelliere

 

Il presidente

A. Calot Escobar

 

K. Lenaerts


*      Lingua processuale: l’italiano.