Language of document : ECLI:EU:C:2020:868

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

28 ottobre 2020 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei cavi elettrici – Ripartizione del mercato nell’ambito di progetti – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 23, paragrafo 2 – Poteri della Commissione europea in materia di ammende – Imputabilità dell’infrazione – Presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante – Obbligo di motivazione – Diritti fondamentali – Beneficio d’ordine o di escussione – Competenza estesa al merito»

Nella causa C‑611/18 P,

avente ad oggetto un’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 21 settembre 2018,

Pirelli & C. SpA, con sede in Milano (Italia), rappresentata da M. Siragusa e G. Rizza, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da L. Malferrari, P. Rossi, C. Sjödin e T. Vecchi, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Prysmian Cavi e Sistemi Srl, con sede in Milano, rappresentata inizialmente da C. Tesauro e L. Armati, avvocati, successivamente da V. Roppo e P. Canepa, avvocati,

interveniente in primo grado,


LA CORTE (Settima Sezione),

composta da A. Kumin, presidente di sezione, T. von Danwitz e P.G. Xuereb (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 novembre 2019,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, Pirelli & C. SpA chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2018, Pirelli & C./Commissione (T‑455/14, non pubblicata, EU:T:2018:450; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto il suo ricorso inteso ad ottenere, da un lato, l’annullamento della decisione C(2014) 2139 final della Commissione, del 2 aprile 2014, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso AT.39610 – Cavi elettrici) (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte che la riguarda, e, dall’altro lato, la riduzione dell’importo dell’ammenda ad essa inflitta con la decisione controversa.

 Contesto normativo

 Regolamento (CE) n. 1/2003

2        L’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), dispone quanto segue:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101] o [102 TFUE] (...)

(...)».

3        L’articolo 31 del medesimo regolamento dispone quanto segue:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

 Orientamenti del 2006

4        Il punto 27 degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «Orientamenti del 2006») così dispone:

«Nella determinazione dell’ammenda la Commissione può prendere in considerazione circostanze che comportano un incremento o una riduzione dell’importo di base calcolato secondo le indicazioni della sezione 1. In questo caso essa si baserà su una valutazione globale che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti».

5        Il punto 37 di detti Orientamenti prevede quanto segue:

«Nonostante i presenti orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia o dai limiti fissati al punto 21».

 Fatti e decisione controversa

6        I fatti all’origine della controversia, esposti ai punti da 1 a 20 della sentenza impugnata, possono, per le esigenze del presente procedimento, essere riassunti come segue.

7        La ricorrente, Pirelli & C. SpA, già Pirelli SpA, è una società italiana. Tra il 18 febbraio 1999 e il 28 luglio 2005, essa era la controllante (cd. «società madre») di Pirelli Cavi e Sistemi SpA (in prosieguo: «PirelliCS»), e successivamente di Pirelli Cavi e Sistemi Energia SpA (in prosieguo: «PirelliCSE»), che operavano nel settore dei cavi elettrici sottomarini e sotterranei. Il 28 luglio 2005, la ricorrente ha ceduto quest’ultima società a GSCP Athena Energia Srl, una controllata indiretta di The Goldman Sachs Group, Inc. (in prosieguo: «Goldman Sachs»), una società americana. A seguito di tale cessione, PirelliCSE è stata rinominata Prysmian Cavi e Sistemi Energia Srl, e poi Prysmian Cavi e Sistemi Srl (in prosieguo: «PrysmianCS»). Quest’ultima fa attualmente parte del gruppo Prysmian, la cui capofila è Prysmian SpA, che detiene PrysmianCS al 100%.

8        All’articolo 1 della decisione controversa, la Commissione europea ha constatato che la ricorrente e altre 25 società, ivi compresa PrysmianCS, Prysmian e Goldman Sachs, menzionate all’articolo 4 di detta decisione, avevano partecipato a un’intesa (in prosieguo: l’«intesa»), configurante un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), nel settore dei cavi elettrici ad alta (altissima) tensione sotterranei e/o sottomarini (in prosieguo: l’«infrazione in questione»).

9        All’articolo 1, paragrafo 5, lettera d), della decisione controversa, la ricorrente è stata riconosciuta responsabile dell’infrazione in questione, in quanto società madre di PirelliCS e di PirelliCSE, per il periodo dal 18 febbraio 1999 al 28 luglio 2005. A questo scopo, la Commissione ha fatto ricorso alla presunzione dell’esercizio effettivo, da parte di una società madre, di un’influenza determinante sulle proprie controllate, quale elaborata dalla giurisprudenza del giudice dell’Unione. Secondo tale giurisprudenza, nel caso particolare in cui una società madre detenga direttamente o indirettamente la totalità o la quasi totalità del capitale di una propria controllata autrice di una violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società madre è in grado di esercitare un’influenza determinante sul comportamento di detta controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società madre esercita effettivamente un’influenza siffatta (in prosieguo: la «presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante»).

10      Ai sensi dell’articolo 2, lettera g), della decisione controversa, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda dell’ammontare di EUR 67 310 000, in solido con PrysmianCS.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2014, la ricorrente ha proposto un ricorso mirante all’annullamento della decisione controversa, nella parte in cui questa la riguardava, nonché alla riduzione dell’importo dell’ammenda che le era stata inflitta.

12      A sostegno delle sue conclusioni intese all’annullamento della decisione controversa, la ricorrente ha dedotto sei motivi riguardanti, segnatamente: il primo, una violazione dell’obbligo di motivazione; il secondo, tra l’altro, una violazione del principio della responsabilità personale e della presunzione di innocenza; il terzo, l’inapplicabilità della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante; il quarto, la violazione del principio di proporzionalità; il quinto, l’erronea applicazione del principio della responsabilità solidale, il mancato adeguamento di tale principio al caso di specie, nonché la violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento; il sesto, l’illiceità della decisione controversa per il fatto che la Commissione aveva accertato la responsabilità di PrysmianCS quale autrice diretta dell’infrazione. La ricorrente ha inoltre chiesto al Tribunale di esercitare la propria competenza giurisdizionale anche di merito, segnatamente al fine di concederle un beneficio d’ordine o di escussione relativamente all’ammenda che le era stata inflitta, in virtù del quale la Commissione avrebbe dovuto anzitutto chiedere il pagamento di tale ammenda a PrysmianCS e rivolgersi alla ricorrente soltanto in via subordinata, in caso di impossibilità di riscuotere da PrysmianCS l’importo dovuto.

13      Con ordinanza del 25 giugno 2015, il Tribunale ha autorizzato l’intervento di PrysmianCS a sostegno delle conclusioni della Commissione.

14      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto il ricorso nella sua interezza.

15      Quanto al presunto difetto di motivazione della decisione controversa, il Tribunale ha precisato che risultava dai punti da 729 a 738 della decisione controversa che la ricorrente aveva detenuto quasi il 100% del capitale di PirelliCS e di PirelliCSE nel corso del periodo dal 18 febbraio 1999 al 28 luglio 2005, sicché giustamente la Commissione aveva ritenuto che potesse presumersi che la ricorrente avesse esercitato un’influenza determinante su dette società e che essa potesse dunque essere considerata responsabile del comportamento anticoncorrenziale di queste ultime. Il Tribunale ha inoltre statuito che la ricorrente non era legittimata a sostenere che il rigetto degli argomenti da essa sollevati, nel corso del procedimento dinanzi alla Commissione, al fine di rovesciare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante su dette società nel corso del periodo dell’infrazione, non fosse stato sufficientemente motivato. Più in particolare, per quanto concerne gli argomenti della ricorrente ai quali la Commissione non avrebbe dato una risposta specifica nella decisione controversa, il Tribunale ha statuito, in sostanza, che tale risposta non era necessaria.

16      Per quanto riguarda la presunta violazione del principio della responsabilità personale e della presunzione di innocenza, il Tribunale ha ricordato che risultava dalla giurisprudenza della Corte che la Commissione non violava alcuno di tali principi fondandosi sulla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, segnatamente in ragione del fatto che tale presunzione aveva carattere relativo.

17      Per quanto riguarda l’asserita inapplicabilità di tale presunzione nel caso di specie, il Tribunale ha statuito che le due circostanze fatte valere in proposito dalla ricorrente – vale a dire, da un lato, il fatto che essa costituiva una holding di tipo conglomerale, che controllava più di 100 società distinte, attive in settori merceologici differenti, di modo che essa si limitava ad esercitare un’attività di gestione di carattere tecnico e finanziario, priva di profili strettamente commerciali, e, dall’altro, il fatto che detta ricorrente, il 28 luglio 2005, aveva ceduto la società che era poi diventata PrysmianCS, senza che tale dismissione avesse avuto alcuna ripercussione sulla partecipazione di tale società all’intesa, ciò che avrebbe messo in evidenza che quest’ultima società agiva in piena autonomia – non erano idonee a rimettere in discussione la presunzione suddetta.

18      Secondo il Tribunale, la Commissione non aveva violato neppure il principio di proporzionalità là dove, nel caso di specie, si era fondata sulla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante.

19      Il Tribunale ha inoltre statuito che la Commissione non era incorsa in alcun errore relativamente al principio della responsabilità solidale non imputando la responsabilità dell’infrazione in questione esclusivamente a PrysmianCS, che i punti 27 e 37 degli Orientamenti del 2006 non obbligavano la Commissione a modificare o ad adeguare l’ammenda che era stata inflitta alla ricorrente in tal senso, e che il fatto di condannare la ricorrente al pagamento di detta ammenda non era contrario al principio di parità di trattamento, posto che non si potrebbe ammettere che una società parte di un’unica impresa, ai sensi dell’articolo 101 TFUE, non condivida la medesima responsabilità riguardo alle violazioni delle norme dell’Unione in materia di concorrenza commesse da un’altra società appartenente a questa medesima unica impresa.

20      Infine, per quanto riguarda la domanda della ricorrente di concederle un beneficio d’ordine o di escussione, il Tribunale ha statuito che la competenza estesa al merito conferita al giudice dell’Unione in materia di concorrenza può riguardare unicamente le sanzioni previste segnatamente dal regolamento n. 1/2003, sicché detta competenza non può estendersi a valutazioni che, come nel caso di specie, non rientravano nel potere sanzionatorio della Commissione.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

21      La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare l’articolo 1, paragrafo 5, lettera d), l’articolo 2, lettera g), e l’articolo 4 della decisione controversa, nei limiti in cui questi la riguardano;

–        in via subordinata, disporre a suo favore un beneficio d’ordine o di escussione;

–        annullare o riformare l’articolo 2, lettera g), della decisione controversa, riducendo l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta in solido con PrysmianCS, per il caso in cui la Corte accogliesse l’impugnazione proposta da quest’ultima contro la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2018, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione (T‑475/14, EU:T:2018:448), e

–        condannare la Commissione alle spese.

22      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        rigettare l’impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

23      PrysmianCS chiede che la Corte voglia:

–        rigettare l’impugnazione, ad eccezione della parte in cui si richiede, in caso di accoglimento dell’impugnazione da essa stessa proposta contro la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2018, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione (T‑475/14, EU:T:2018:448), di annullare la decisione controversa o di riformare l’articolo 2, lettera g), di quest’ultima, riducendo l’importo dell’ammenda inflitta in solido a PrysmianCS e alla ricorrente;

–        rigettare la domanda di concessione di un beneficio d’ordine o di escussione a favore della ricorrente, e

–        condannare la ricorrente alle spese, ivi comprese quelle afferenti il proprio intervento a sostegno delle conclusioni della Commissione.

 Sull’impugnazione

24      A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo riguarda la violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto il Tribunale non avrebbe risposto in termini giuridicamente sufficienti alle censure secondo cui, da un lato, la Commissione avrebbe errato nel respingere i suoi argomenti destinati a rovesciare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, e, dall’altro, la Commissione l’avrebbe trattata in maniera meno favorevole rispetto a Goldman Sachs, in quanto soltanto quest’ultima avrebbe beneficiato dell’applicazione del metodo di imputazione cosiddetto della «duplice base». Il secondo motivo verte su una violazione degli articoli 48 e 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché su un difetto di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato le censure della ricorrente relative alla violazione dei principi di legalità e di responsabilità personale, della presunzione di innocenza e del principio di proporzionalità. Il terzo motivo si riferisce, da un lato, alla violazione dei principi della responsabilità solidale, di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché ad un difetto di motivazione relativamente all’ammenda inflitta alla ricorrente, e, dall’altro lato, ad un difetto di motivazione della sentenza impugnata relativamente al rifiuto di concedere alla ricorrente un beneficio d’ordine o di escussione. Il quarto motivo riguarda una violazione dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

25      Con il suo primo motivo di impugnazione, che concerne i punti da 50 a 60 della sentenza impugnata, la ricorrente fa valere che, respingendo il suo primo motivo di ricorso in primo grado, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione imposto alla Commissione dall’articolo 296 TFUE, il Tribunale ha commesso un errore di diritto. Inoltre, anche il Tribunale avrebbe violato l’obbligo di motivazione che gli incombe.

26      Nella decisione controversa, la Commissione non avrebbe esaminato alcuno degli elementi di fatto e di diritto che la ricorrente aveva addotto al fine di dimostrare l’autonomia di cui godevano PirelliCS e PirelliCSE durante il periodo dell’infrazione.

27      Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto analogo a quello in cui sarebbe incorsa la Commissione, non spiegando in alcun modo la ragione per cui, a suo avviso, la motivazione della decisione controversa era sufficiente per dimostrare che la ricorrente poteva essere considerata responsabile del comportamento illecito di PirelliCS e di PirelliCSE.

28      In primo luogo, al punto 55 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe risposto ad una censura che la ricorrente non aveva formulato, ossia quella secondo cui la motivazione della decisione controversa non aveva consentito alla ricorrente di comprendere se gli argomenti da essa addotti al fine di dimostrare l’autonomia di PirelliCS e di PirelliCSE fossero stati accolti o no. Per contro, il Tribunale non avrebbe fornito alcuna spiegazione delle specifiche ragioni che avevano portato la Commissione a decidere di respingere gli argomenti della ricorrente contemplati al punto 53 della sentenza impugnata.

29      In secondo luogo, la motivazione contenuta al punto 57 della sentenza impugnata sarebbe irrazionale e formalistica. Mediante tale parte della motivazione il Tribunale avrebbe affermato, a torto, che la ricorrente non era legittimata a censurare la Commissione per la mancata risposta ai suoi argomenti nell’ambito della valutazione relativa alla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, in quanto tali argomenti, essendo stati presentati non nell’ambito della risposta della ricorrente alla comunicazione degli addebiti, bensì nel contesto delle sue osservazioni scritte relative alla risposta di PrysmianCS a tale comunicazione degli addebiti, non sarebbero stati destinati a contestare l’applicazione di detta presunzione, bensì a confutare gli argomenti di PrysmianCS secondo cui, in sostanza, la responsabilità della partecipazione all’infrazione in questione doveva essere imputata esclusivamente alla ricorrente. La Commissione avrebbe dovuto prendere posizione in merito a tali argomenti, indipendentemente dalla natura del documento nel quale essi erano stati formulati, ciò che invece essa avrebbe omesso di fare.

30      In terzo luogo, ai punti 58 e 59 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe confuso, da un lato, la decisione della Commissione di respingere l’argomento della ricorrente secondo cui la prova dell’assenza della sua influenza determinante su PirelliCS e PirelliCSE derivava dal fatto che, anche dopo la cessione di quest’ultima a Goldman Sachs in data 28 luglio 2005, la società che poi è divenuta PrysmianCS aveva continuato a partecipare all’intesa, e, dall’altro lato, il ragionamento seguito dalla Commissione per raggiungere la suddetta conclusione secondo cui l’argomento in questione doveva essere respinto.

31      In quarto luogo, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare un altro aspetto del difetto di motivazione della decisione controversa che la ricorrente avrebbe sollevato all’udienza del 22 marzo 2017 davanti al Tribunale. Da detta decisione risulterebbe che la Commissione aveva ritenuto sussistente la responsabilità di Goldman Sachs per l’infrazione in questione sulla base sia della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, sia della prova di tale esercizio effettivo, vale a dire applicando il metodo di imputazione cosiddetto della «duplice base». Nel suo controricorso in primo grado, la Commissione avrebbe affermato, per la prima volta, che gli elementi di fatto e di diritto che la ricorrente aveva fatto valere per dimostrare l’autonomia di PirelliCS e di PirelliCSE le consentivano di dimostrare che la ricorrente aveva effettivamente esercitato un’influenza determinante su queste società. Orbene, se davvero la situazione della ricorrente e quella di Goldman Sachs erano analoghe sotto questo aspetto, la Commissione avrebbe dovuto accertare, nella decisione controversa, tale esercizio effettivo di un’influenza determinante anche con riguardo alla ricorrente. Tuttavia, nella sentenza impugnata, il Tribunale non si sarebbe pronunciato sull’argomento della ricorrente, fondato sull’assenza di tale accertamento nella decisione controversa, mentre l’esistenza di una differenza di trattamento sotto questo aspetto avrebbe dovuto condurlo ad annullare la decisione suddetta.

32      La Commissione, sostenuta da PrysmianCS, fa valere che il primo motivo di impugnazione è irricevibile, in quanto esso riguarda essenzialmente la valutazione, da parte del Tribunale, delle circostanze di fatto invocate nel corso del procedimento amministrativo per smentire la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante. Orbene, una valutazione siffatta non costituirebbe, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova presentati dinanzi al Tribunale, che non sarebbe stato invocato nel caso di specie, una questione di diritto soggetta al controllo della Corte. Inoltre, nessuna censura relativa ad una violazione del principio di parità di trattamento con riguardo al criterio di attribuzione della responsabilità solidale alla società madre sarebbe stata sollevata nella fase scritta del procedimento dinanzi al Tribunale. In ogni caso, il primo motivo di impugnazione sarebbe infondato.

 Giudizio della Corte

33      Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente contesta la sentenza impugnata sotto due aspetti. Da un lato, la ricorrente imputa al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, per aver statuito che la motivazione della decisione controversa era sufficiente là dove, mediante essa, la Commissione aveva respinto gli argomenti formulati dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi a tale istituzione al fine di rovesciare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante su PirelliCS e PirelliCSE. Dall’altro lato, la ricorrente sostiene che la decisione cui è giunto in proposito il Tribunale nella sentenza impugnata, secondo cui la Commissione non aveva violato l’obbligo di motivazione che le incombeva in virtù dell’articolo 296 TFUE, è, a sua volta, viziata da un difetto di motivazione.

34      In via preliminare, occorre precisare che risulta dai chiarimenti forniti dalla ricorrente nella sua memoria di replica e in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, in risposta ai quesiti sottoposti da quest’ultima, che il primo motivo di impugnazione riguarda unicamente la violazione, da parte della Commissione e del Tribunale, dell’obbligo di motivazione ad essi incombente, con esclusione di qualsiasi violazione del principio di parità di trattamento.

35      Dato che il primo motivo di impugnazione riguarda questioni relative all’obbligo di motivazione, occorre constatare che esso concerne questioni di diritto che possono essere sollevate nell’ambito di un giudizio di impugnazione, contrariamente a quanto la Commissione ha sostenuto. Ne consegue che il primo motivo deve essere considerato ricevibile.

36      Per quanto riguarda, in primo luogo, gli argomenti della ricorrente intesi a dimostrare che il Tribunale avrebbe omesso di motivare la sentenza impugnata in termini giuridicamente sufficienti, risulta da una costante giurisprudenza della Corte che l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale in virtù dell’articolo 36 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale ex articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, nonché in virtù dell’articolo 117, lettera m), del regolamento di procedura del Tribunale, impone a quest’ultimo di esporre in modo chiaro e non equivoco il ragionamento da esso seguito, così da permettere agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale (sentenza del 26 ottobre 2017, Global Steel Wire e a./Commissione, C‑457/16 P e da C‑459/16 P a C‑461/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:819, punto 97 e la giurisprudenza ivi citata).

37      Nel caso di specie, la ricorrente censura il ragionamento del Tribunale esposto ai punti 55, 57 e 59 della sentenza impugnata.

38      Per quanto riguarda, in primis, il punto 55 di tale sentenza, è senz’altro vero che la sua formulazione potrebbe far pensare che, ad avviso del Tribunale, era sufficiente, per ritenere che la Commissione avesse assolto l’obbligo di motivazione ad essa incombente, che la ricorrente fosse in grado di comprendere che gli argomenti da essa addotti per dimostrare l’autonomia delle proprie controllate e menzionati al punto 53 di tale sentenza erano stati respinti. Nondimeno, il punto 55 della sentenza impugnata deve essere letto insieme con il punto 54 di quest’ultima, dove il Tribunale ha fatto riferimento alla propria giurisprudenza secondo cui la Commissione non è tenuta, in ogni singolo caso, a discutere specificamente ciascuno degli elementi addotti dalle imprese interessate. Ne consegue che il Tribunale ha ritenuto, in modo implicito ma sufficientemente certo, che la Commissione avesse motivato la decisione controversa in termini giuridicamente sufficienti in ordine a tale punto, non soltanto perché gli argomenti della ricorrente contemplati dal Tribunale non erano stati accolti dalla Commissione in tale decisione, ma anche perché la Commissione non aveva considerato tali argomenti sufficienti per dimostrare un’autonomia delle controllate della ricorrente, come d’altronde dichiarato dal Tribunale, in maniera esplicita, al punto 59 della sentenza impugnata, relativamente all’argomento affrontato da tale punto.

39      Per quanto riguarda, in secundis, il punto 57 della sentenza impugnata, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale ha effettivamente precisato la ragione per la quale riteneva che la Commissione non fosse obbligata a dare una risposta agli argomenti contemplati da tale punto della sentenza impugnata nell’ambito della valutazione, da parte di detta istituzione, dell’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante. Infatti, risulta da tale punto della sentenza impugnata – senza che la ricorrente abbia contestato la constatazione ivi operata dal Tribunale – che detti argomenti non erano destinati a contestare l’applicazione, da parte della Commissione, della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, bensì a confutare gli argomenti di PrysmianCS secondo cui, in sostanza, la responsabilità della partecipazione all’infrazione in questione doveva essere imputata esclusivamente alla ricorrente.

40      Per quanto riguarda, in tertiis, il punto 59 della sentenza impugnata, da esso risulta che il Tribunale ha ivi ritenuto che i chiarimenti forniti dalla Commissione nella decisione controversa avessero consentito alla ricorrente di comprendere che, ad avviso di detta istituzione, l’argomento contemplato da tale punto della sentenza impugnata non era sufficiente per dimostrare un’autonomia delle controllate della ricorrente medesima.

41      Quarto aspetto, la ricorrente sostiene, invero, che il Tribunale ha omesso di pronunciarsi, nella sentenza impugnata, su un argomento riguardante la motivazione della decisione controversa da essa sollevato in occasione dell’udienza del 22 marzo 2017 davanti al Tribunale. Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto spiegare, in tale decisione, la ragione per la quale essa – avendo ritenuto sussistente la responsabilità di Goldman Sachs per l’infrazione in questione sul fondamento sia della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante su PrysmianCS, sia della prova di tale esercizio effettivo, e dunque fondandosi sul metodo di imputazione cosiddetto della «duplice base» – non aveva applicato lo stesso metodo nei suoi confronti.

42      La ricorrente ha fornito, in allegato alla sua memoria di replica, una copia delle note che essa aveva redatto in vista dell’udienza del 22 marzo 2017 dinanzi al Tribunale. Orbene, anche supponendo che tali note rispecchino le dichiarazioni formulate dalla ricorrente all’udienza dinanzi al Tribunale, è giocoforza constatare che, secondo detto documento, la ricorrente si era limitata a far valere che la violazione dell’obbligo di motivazione che essa imputava alla Commissione era stata «aggravata» dal fatto che quest’ultima non aveva applicato nei suoi confronti il metodo di imputazione cosiddetto della «duplice base». All’udienza dinanzi alla Corte, e in risposta a un quesito di quest’ultima in merito a tale punto, la ricorrente ha d’altronde riconosciuto che essa non aveva sollevato la questione della motivazione della decisione controversa, riguardo all’applicazione del metodo suddetto, in modo esplicito dinanzi al Tribunale. Date tali circostanze, la Corte considera che la ricorrente non poteva attendersi che il Tribunale comprendesse che essa intendeva far valere un difetto di motivazione della decisione controversa anche sotto questo aspetto, e che esso si pronunciasse su tale argomento nella sentenza impugnata.

43      In ogni caso, occorre rilevare che l’argomentazione della ricorrente concernente l’applicazione del metodo suddetto è fondata su un’erronea lettura della giurisprudenza della Corte che essa invoca al riguardo. Invero, secondo tale giurisprudenza, qualora la Commissione adotti, per un’intesa e all’interno del quadro fissato dalla giurisprudenza, un metodo specifico per la determinazione della responsabilità delle società madri per le infrazioni commesse dalle loro controllate, detta istituzione è obbligata ad applicare questo metodo a tutte le imprese interessate da queste infrazioni (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione, C‑628/10 P e C‑14/11 P, EU:C:2012:479, punti 50, 53 e 59). Nondimeno, la ricorrente non ha dimostrato che, nella decisione controversa, la Commissione avesse scelto un siffatto metodo specifico per determinare la responsabilità di tutte le società madri implicate nell’infrazione in questione.

44      Alla luce di quanto sopra esposto, gli argomenti della ricorrente intesi a dimostrare un difetto di motivazione della sentenza impugnata, per quanto riguarda il rigetto degli argomenti che essa aveva invocato per rovesciare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante di quest’ultima su Pirelli CS e PirelliCSE, devono essere respinti.

45      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’allegazione della ricorrente secondo cui il Tribunale ha commesso un errore di diritto omettendo di constatare che la Commissione non aveva esaminato, nella decisione controversa, nessuno degli elementi di fatto e di diritto che la ricorrente aveva addotto per dimostrare l’autonomia di cui godevano PirelliCS e PirelliCSE durante il periodo dell’infrazione, occorre ricordare come da una costante giurisprudenza della Corte risulti che, nel caso di una decisione che si fondi in maniera esclusiva sulla presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante, la Commissione è comunque tenuta – se non si vuole rendere tale presunzione, di fatto, assoluta – ad esporre in maniera adeguata le ragioni per le quali gli elementi di fatto e di diritto invocati non sono stati sufficienti per invalidare la presunzione suddetta (sentenza del 26 ottobre 2017, Global Steel Wire e a./Commissione, C‑457/16 P e da C‑459/16 P a C‑461/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:819, punto 87 e la giurisprudenza ivi citata).

46      Tuttavia, risulta del pari da una giurisprudenza costante della Corte che, nel caso di una decisione che sia basata su quest’unico fondamento, la Commissione non è tenuta a prendere posizione su elementi che siano manifestamente fuor di luogo, privi di significato o chiaramente secondari (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2013, Commissione/Edison, C‑446/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:798, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).

47      A questo proposito, occorre anzitutto rilevare che la ricorrente non ha confutato la constatazione compiuta dal Tribunale al punto 52 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione aveva respinto, giustamente, ai punti 736 e 737 della decisione controversa, il suo argomento fondato sull’esistenza di un organo di sorveglianza specifico interno al gruppo, sottolineando, in sostanza, che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un organo siffatto non consentiva di invalidare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante. Pertanto, l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non aveva, nella decisione controversa, trattato alcuno degli elementi di fatto e di diritto che essa aveva addotto per dimostrare l’autonomia di cui godevano PirelliCS e PirelliCSE durante il periodo dell’infrazione, non è fondato.

48      Date tali circostanze, occorre esaminare se sia corretta la statuizione del Tribunale secondo cui la Commissione aveva motivato in termini giuridicamente sufficienti la decisione controversa, alla luce degli elementi di fatto e di diritto identificati dalla ricorrente nella sua impugnazione. A questo proposito, occorre distinguere tre elementi o gruppi di elementi.

49      In primis, per quanto riguarda i tre elementi di fatto e di diritto menzionati al punto 53 della sentenza impugnata – ossia, in primo luogo, il fatto che PrysmianCS presentava una struttura che le consentiva di operare in maniera autonoma sul mercato in questione, in secondo luogo, il fatto che la ricorrente costituiva una holding finanziaria, controllante varie società differenti e attiva in vari settori commerciali, restando esclusa per essa la possibilità di esercitare un’influenza determinante su tutte le sue controllate, e, in terzo luogo, la circostanza che la relazione mensile che le controllate della ricorrente erano obbligate a trasmetterle aveva carattere puramente informativo e contabile – occorre constatare come tali elementi non siano manifestamente sufficienti per rimettere in discussione la presunzione dell’esercizio, da parte di una società madre, di un’influenza determinante sulle proprie controllate. Il Tribunale non è dunque incorso in alcun errore statuendo, in sostanza, ai punti 54 e 55 della sentenza impugnata, che la Commissione non era obbligata a prendere posizione nella decisione controversa in merito a tali elementi.

50      In secundis, per quanto riguarda gli argomenti presentati dalla ricorrente nelle sue osservazioni scritte in merito alla risposta di PrysmianCS alla comunicazione degli addebiti, presi in considerazione ai punti 56 e 57 della sentenza impugnata, ingiustamente la ricorrente si duole che il Tribunale abbia dichiarato che la Commissione – nell’ambito del suo esame della questione se detta ricorrente fosse riuscita a rovesciare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante – non era obbligata, in ragione della natura del documento nel quale detti argomenti erano stati formulati, a dare una risposta a questi ultimi. Infatti, il Tribunale ha statuito, al punto al punto 57 della sentenza impugnata, come già rilevato al punto 39 della presente sentenza, che tali argomenti non erano destinati a contestare l’applicazione di detta presunzione da parte della Commissione, bensì a confutare gli argomenti di PrysmianCS secondo cui, in sostanza, la responsabilità per la partecipazione all’infrazione in questione doveva essere imputata esclusivamente alla ricorrente in quanto società che aveva gestito la sua attività operativa dal 18 febbraio 1999 al 28 luglio 2005.

51      Invero, la ricorrente fa valere che gli argomenti di cui sopra erano pertinenti anche al fine di stabilire se PirelliCS e PirelliCSE avessero partecipato all’intesa per determinazione autonoma oppure sostanzialmente seguendo le istruzioni impartite dalla ricorrente. Tuttavia, quest’ultima non ha assolutamente precisato, nella sua impugnazione, quali siano gli argomenti che essa considera pertinenti anche in riferimento a tale questione, né ha in alcun modo spiegato perché i suddetti argomenti fossero tali da dimostrare l’autonomia delle società di cui sopra durante il periodo dell’infrazione. Alla luce di tali circostanze, occorre considerare che la ricorrente non ha dimostrato che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto statuendo che la Commissione non era obbligata a dare una risposta esplicita agli argomenti presentati dalla ricorrente nelle proprie osservazioni scritte, esaminati al punto precedente.

52      In tertiis, quanto all’argomento della ricorrente preso in esame ai punti 58 e 59 della sentenza impugnata, secondo cui la prova dell’assenza di una sua influenza determinante su PirelliCS e PirelliCSE derivava dal fatto che, anche dopo la cessione di quest’ultima a Goldman Sachs il 28 luglio 2005, la società che è divenuta PrysmianCS aveva continuato a partecipare all’intesa, occorre rilevare, come fatto valere in sostanza dalla Commissione nel suo controricorso, che il comportamento di PirelliCSE dopo la sua cessione a Goldman Sachs non ha alcun valore probante riguardo all’autonomia di PirelliCS e di PirelliCSE prima di tale cessione, dato che tale comportamento concerne un periodo durante il quale la società in questione non era più controllata dalla ricorrente, bensì da Goldman Sachs. Ne consegue che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte citata al punto 46 della presente sentenza, la Commissione non era obbligata a prendere posizione nella decisione controversa in merito a tale elemento.

53      Il primo motivo di impugnazione deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

54      Con il suo secondo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 66 a 75, da 96 a 103 e da 106 a 111 della sentenza impugnata, la ricorrente addebita al Tribunale di aver violato gli articoli 48 e 49 della Carta, il principio di proporzionalità, nonché l’obbligo di motivazione che gli incombe.

55      In primo luogo, ai punti da 66 a 75 della sentenza impugnata, che riguardano la prima censura sollevata nell’ambito del secondo motivo di ricorso in primo grado, relativa alla violazione dei diritti fondamentali della ricorrente, il Tribunale si sarebbe limitato a richiamare una consolidata giurisprudenza della Corte in materia, secondo cui la responsabilità della società madre per una violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, stabilita in via presuntiva, non è una responsabilità penale senza colpa e per fatto altrui, ma una responsabilità di carattere personale dell’«impresa» che essa costituisce assieme alla propria controllata autrice diretta dell’infrazione, per poi osservare che detta giurisprudenza non è stata rimessa in questione con l’entrata in vigore della Carta. Orbene, l’imputazione di una siffatta responsabilità sulla base di una presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante non sarebbe compatibile con il principio della personalità delle pene e della presunzione di innocenza. Infatti, la posizione del Tribunale sarebbe basata su una indebita sovrapposizione di due piani di analisi, ossia, da un lato, l’applicazione delle regole di concorrenza alle imprese e, dall’altro, la protezione dei diritti fondamentali delle persone giuridiche accusate.

56      Inoltre, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto dell’argomento della ricorrente relativo al presunto duplice carattere della presunzione della responsabilità della società madre. Infatti, si presumerebbe che la società madre eserciti un’influenza determinante non solo sulla politica commerciale della propria controllata, ma anche sugli specifici comportamenti anticoncorrenziali di quest’ultima. Orbene, questo secondo livello di presunzione non ammetterebbe alcuna prova contraria, sicché tale presunzione avrebbe assunto i caratteri di una presunzione assoluta. Ne conseguirebbe che l’approccio del Tribunale equivarrebbe ad ammettere la nozione di responsabilità penale senza colpa e per fatto altrui nonché un’inversione assoluta e irrimediabile dell’onere della prova.

57      Il Tribunale non avrebbe d’altronde esaminato l’argomento della ricorrente secondo cui un’inversione assoluta e irrimediabile dell’onere della prova come quella che la Commissione avrebbe operato nei suoi confronti nella decisione controversa non poteva considerarsi conforme ai limiti stabiliti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Infatti, tale inversione non sarebbe stata contenuta entro limiti ragionevoli che tenessero conto dell’importanza degli interessi in gioco, e non rispetterebbe i diritti della difesa. Occorrerebbe notare al riguardo che nessuna parte ricorrente sarebbe mai riuscita a ribaltare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante sulla base di elementi di diritto sostanziale.

58      In secondo luogo, per quanto riguarda i punti da 96 a 103 della sentenza impugnata, mediante i quali il Tribunale ha risposto al terzo motivo di ricorso dedotto in primo grado, relativo all’inapplicabilità della suddetta presunzione nel caso di specie, detto giudice avrebbe omesso di tener conto del fatto che il bilanciamento degli interessi in gioco avrebbe dovuto essere effettuato tenendo conto dei peculiari elementi del caso concreto e del rispetto dei diritti della difesa. Orbene, come la ricorrente avrebbe fatto valere in occasione dell’udienza dinanzi al Tribunale, l’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante non era giustificabile alla luce delle caratteristiche del caso di specie.

59      Infatti, innanzitutto, al momento dell’adozione della decisione controversa, la ricorrente non avrebbe avuto, ormai da diversi anni, alcuna relazione con PrysmianCS. Poi, per tutto il periodo dell’infrazione in questione, la ricorrente non sarebbe stata in alcun modo coinvolta nelle condotte illecite di PirelliCS e di Pirelli CSE, non avrebbe avuto alcuna conoscenza dell’infrazione in questione e non avrebbe dunque potuto intraprendere alcuna azione per determinarne la cessazione. Inoltre, la ricorrente non avrebbe avuto alcuna concreta possibilità di difendersi nel merito nel corso della procedura amministrativa, non disponendo essa al proprio interno di alcuna fonte o risorsa umana da cui attingere informazioni utili relative alle censure rivolte contro PrysmianCS. Infine, la ricorrente sarebbe stata ritenuta responsabile dell’infrazione in questione esclusivamente sulla base della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, senza che gli elementi da essa apportati per ribaltarla fossero stati valutati.

60      In terzo luogo, per quanto riguarda i punti da 106 a 111 della sentenza impugnata, che riguardano il quarto motivo di ricorso dedotto in primo grado, relativo alla violazione del principio di proporzionalità, il Tribunale avrebbe, al punto 107 della sentenza impugnata, fatto riferimento ad una giurisprudenza che non sarebbe pienamente pertinente al fine di rispondere alla censura della ricorrente, il che avrebbe portato il Tribunale a fornire una risposta illogica. Infatti, la ricorrente non avrebbe sostenuto che l’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante fosse sempre e in linea di principio sproporzionata all’obiettivo perseguito, ma che lo fosse nel caso di specie, alla luce della solvibilità di PrysmianCS e della sua capacità di sopportare da sola, anziché in solido, l’importo della sanzione impostale. Altrettanto illogico e non pertinente sarebbe il riferimento, compiuto al punto 109 della sentenza impugnata, alla giurisprudenza secondo cui la Commissione non sarebbe tenuta a fornire indizi supplementari rispetto a quelli comprovanti l’applicabilità di detta presunzione.

61      La Commissione fa valere che il secondo motivo di impugnazione è irricevibile, in quanto gli argomenti addotti dalla ricorrente a suo sostegno non sono sufficientemente chiari e precisi per permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo di legittimità. Inoltre, alcune delle censure sollevate dalla ricorrente sarebbero in realtà volte a contestare valutazioni di fatto compiute dal Tribunale nella sentenza impugnata o a richiedere una nuova valutazione dei fatti sottoposti al Tribunale. La Commissione, sostenuta da PrysmianCS, aggiunge che il secondo motivo di impugnazione è comunque infondato, posto che la ricorrente cerca in sostanza, a torto, di mettere nuovamente in discussione la giurisprudenza ormai consolidata della Corte relativa alla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante. D’altronde, per quanto riguarda i punti da 96 a 102 della sentenza impugnata, gli elementi fatti valere in sede di impugnazione riguardo alla presunta inapplicabilità della presunzione suddetta nel caso di specie non sarebbero identici a quelli sviluppati dalla ricorrente nel suo ricorso introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale.

 Giudizio della Corte

62      Quanto alla questione della ricevibilità del secondo motivo di impugnazione, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, gli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno di tale motivo sono sufficientemente chiari e precisi per permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo di legittimità. Inoltre, occorre notare che tale motivo riguarda questioni relative al rispetto dei diritti fondamentali, del principio di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione. Esso concerne, pertanto, questioni di diritto che possono essere sollevate nell’ambito di un giudizio di impugnazione.

63      Invero, nei limiti in cui l’argomentazione della ricorrente relativa ai punti da 96 a 103 della sentenza impugnata, che vertono sull’inapplicabilità della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante nel caso di specie, potesse essere considerata come mirante a contestare le valutazioni di fatto compiute dal Tribunale in proposito o a sollecitare la Corte a compiere una nuova valutazione dei fatti sottoposti al Tribunale, essa dovrebbe essere respinta perché irricevibile. Risulta infatti da una consolidata giurisprudenza della Corte che il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti e di tali elementi di prova non costituisce dunque, salvo il caso del loro snaturamento, una questione di diritto assoggettata, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 26 settembre 2018, Philips e Philips France/Commissione, C‑98/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:774, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente non contesta, con la sua argomentazione, le valutazioni in punto di fatto compiute dal Tribunale, contenute ai punti da 98 a 101 della sentenza impugnata, che lo hanno portato a rigettare i due argomenti, menzionati al punto 94 di tale sentenza, che erano stati sollevati dalla ricorrente per contestare l’applicabilità, nei suoi confronti, della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante. Infatti, la ricorrente si limita in proposito, in sostanza, a far valere che il Tribunale ha omesso di pronunciarsi su vari altri argomenti che essa aveva addotto a sostegno di tale contestazione, in occasione dell’udienza dinanzi a detto giudice, che non sono menzionati ai punti da 96 a 103 della sentenza impugnata.

64      Alla luce di quanto precede, il secondo motivo di impugnazione deve essere considerato ricevibile.

65      Nel merito, in primo luogo, per quanto riguarda, più in particolare, la compatibilità della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante con i diritti fondamentali previsti dagli articoli 48 e 49 della Carta, occorre ricordare che il diritto dell’Unione in materia di concorrenza, segnatamente l’articolo 101 TFUE, riguarda le attività delle imprese e che la nozione di «impresa» designa qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, indipendentemente dallo status giuridico di tale entità e dalle sue modalità di finanziamento (v., segnatamente, sentenze del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punto 88, nonché del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punto 47).

66      In proposito la Corte ha precisato, da un lato, che tale nozione di «impresa» deve essere intesa come designante un’unità economica, quand’anche, dal punto di vista giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone fisiche o giuridiche, e, dall’altro, che un’entità economica siffatta, qualora violi le norme in materia di concorrenza, è tenuta, in base al principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione (v., in tal senso, segnatamente, sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata, e del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punti 103 e 104).

67      In base ad una consolidata giurisprudenza della Corte, un’infrazione alle regole di concorrenza commessa da una controllata può essere imputata alla società madre, segnatamente, quando tale controllata, pur avendo personalità giuridica distinta, non determini in modo autonomo la propria condotta sul mercato, bensì applichi essenzialmente le istruzioni che le vengono impartite dalla società madre, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che uniscono queste due entità giuridiche. Infatti, in una situazione del genere, atteso che la società madre e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e formano così un’unica impresa, ai sensi dell’articolo 101 TFUE, la Commissione può emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società madre senza che sia necessario dimostrare il personale coinvolgimento di quest’ultima nell’infrazione (v., in tal senso, segnatamente, sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti 54 e 55; del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punto 40, nonché del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punti 52 e 53).

68      Come già risulta dal punto 9 della presente sentenza, per il caso particolare in cui una società madre detenga direttamente o indirettamente la totalità o la quasi totalità del capitale di una propria controllata autrice di un’infrazione alle regole di concorrenza, la Corte ha precisato, da un lato, che tale società madre può esercitare un’influenza determinante sul comportamento di detta controllata e, dall’altro, che esiste una presunzione relativa secondo cui detta società madre esercita effettivamente un’influenza siffatta. Date tali circostanze, è sufficiente che la Commissione provi che la totalità o la quasi totalità del capitale di una controllata è detenuto dalla sua società madre per potersi presumere che quest’ultima eserciti effettivamente un’influenza determinante sulla politica commerciale della controllata medesima. La Commissione potrà quindi ritenere la società madre solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, a meno che detta società madre, cui incombe l’onere di rovesciare detta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova, idonei a dimostrare che la sua controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato (v., segnatamente, sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti 56 e 57, nonché del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punti 41 e 42).

69      Pertanto, a meno che non venga smentita, una presunzione siffatta implica che l’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte della società madre sulla propria controllata si considera dimostrato, e legittima la Commissione a ritenere la prima società responsabile del comportamento della seconda, senza necessità di produrre una qualsivoglia prova supplementare (sentenza del 26 ottobre 2017, Global Steel Wire e a./Commissione, C‑457/16 P e da C‑459/16 P a C‑461/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:819, punto 85 e la giurisprudenza ivi citata).

70      Come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 72 della sentenza impugnata, da detta giurisprudenza discende che il fatto che la società madre di un gruppo, la quale eserciti un’influenza determinante sulle proprie controllate, possa essere dichiarata responsabile in solido delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione commesse da queste ultime non costituisce in alcun modo una violazione del principio della responsabilità personale, ma, al contrario, rappresenta un’espressione di tale principio. Infatti, in circostanze siffatte, tanto la responsabilità della società madre quanto quella della sua controllata si fondano sul fatto che tali società facevano parte entrambe dell’entità economica che ha commesso le suddette infrazioni. Come rilevato dal Tribunale al punto 117 della sentenza impugnata, si presume, per tale motivo, che la ricorrente abbia essa stessa commesso l’infrazione alle regole di concorrenza dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 55, e del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a., da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 49).

71      Risulta inoltre da detta giurisprudenza che la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante mira precisamente a realizzare un equilibrio tra, da un lato, l’importanza dell’obiettivo consistente nel reprimere i comportamenti contrari alle regole di concorrenza e, segnatamente, all’articolo 101 TFUE, e di prevenirne la ripetizione, e, dall’altro, le esigenze scaturenti da taluni principi generali del diritto dell’Unione quali, segnatamente, i principi della presunzione di innocenza, della personalità delle pene e della certezza del diritto, nonché i diritti della difesa, ivi compreso il principio della parità delle armi. È segnatamente questa la ragione per cui detta presunzione ha carattere relativo (sentenza dell’8 maggio 2013, Eni/Commissione, C‑508/11 P, EU:C:2013:289, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata).

72      Inoltre, come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 74 della sentenza impugnata, il fatto che sia difficile fornire la prova contraria necessaria per rovesciare una presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante non implica, di per sé, secondo una costante giurisprudenza della Corte, che detta presunzione sia, di fatto, assoluta e, di conseguenza, contraria al principio della presunzione di innocenza (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2016, Evonik Degussa e AlzChem/Commissione, C‑155/14 P, EU:C:2016:446, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).

73      Ne consegue che la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante non è contraria al principio di legalità né a quello della presunzione di innocenza, e non conduce, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ad un’inversione assoluta e irrimediabile dell’onere della prova. Pertanto, essa neppure viola i diritti della difesa.

74      Tale considerazione non viene rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente fondato sulla presunta doppia natura della presunzione summenzionata, in virtù del quale il secondo livello di quest’ultima, che riguarderebbe la responsabilità della società madre per comportamenti illeciti della propria controllata, non ammetterebbe alcuna prova contraria. Infatti, tale argomento si basa su un’erronea interpretazione della nozione di presunzione. Qualora una società madre riesca a dimostrare l’autonomia della propria controllata, essa non può più essere considerata responsabile per le infrazioni alle norme dell’Unione in materia di concorrenza commesse dalla controllata stessa.

75      Alla luce di quanto sopra esposto, il Tribunale ha ben potuto, senza venir meno al proprio obbligo di motivazione, fondarsi sulla giurisprudenza della Corte in materia al fine di respingere la censura della ricorrente secondo cui la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante era incompatibile con il principio della responsabilità personale e con la presunzione di innocenza.

76      In secondo luogo, occorre constatare che, alla luce della giurisprudenza citata al punto 72 della presente sentenza, deve del pari essere respinta l’argomentazione della ricorrente secondo cui il Tribunale, ai punti da 106 a 111 della sentenza impugnata, avrebbe violato il principio di proporzionalità. Infatti, e come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 107 di tale sentenza, risulta dalla giurisprudenza sopra citata che la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante è proporzionata alla legittima finalità perseguita, in quanto essa mira segnatamente a realizzare un equilibrio tra, da un lato, l’importanza dell’obiettivo consistente nel reprimere i comportamenti contrari alle norme dell’Unione in materia di concorrenza, e in particolare all’articolo 101 TFUE, nonché di prevenirne il ripetersi, e, dall’altro, le esigenze scaturenti da taluni principi generali del diritto dell’Unione quali i principi della presunzione di innocenza, di personalità delle pene e della certezza del diritto, nonché i diritti della difesa, ivi compreso il principio della parità delle armi (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punti 108 e 109 nonché la giurisprudenza ivi citata).

77      Tale considerazione non è rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui PrysmianCS era solvibile e capace di sostenere da sola l’importo dell’ammenda che le era stata inflitta. Infatti, e come d’altronde giustamente evidenziato dal Tribunale, in sostanza, al punto 118 della sentenza impugnata, non risulta dalla giurisprudenza della Corte che la responsabilità della società madre possa essere ritenuta sussistente soltanto in caso di rischio di non solvibilità della controllata.

78      Inoltre, occorre constatare che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la ragione addotta nella sentenza impugnata, al punto 110 di quest’ultima, secondo cui, alla luce delle considerazioni contenute ai punti 108 e 109 di tale sentenza, la Commissione non doveva tener conto, al fine di imputare alla ricorrente la responsabilità in solido per il pagamento dell’importo dell’ammenda inflitta a PrysmianCS, del fatto che quest’ultima fosse solvibile ai fini di detto pagamento, non è neppure essa viziata da un errore di diritto. Infatti, come il Tribunale ha precisato al punto 108 della sentenza impugnata, la Commissione poteva, da un lato, fondarsi sulla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante nel caso di specie in quanto la ricorrente aveva detenuto, durante il periodo dell’infrazione, quasi il 100% del capitale delle sue controllate che avevano partecipato all’intesa. Dall’altro lato, del pari correttamente il Tribunale, al punto 109 della sentenza impugnata, si è fondato sulla giurisprudenza della Corte secondo cui la Commissione non è obbligata a fornire indizi ulteriori rispetto a quelli che dimostrano l’applicabilità e l’operatività di tale presunzione, per concludere che la questione della solvibilità o meno della controllata direttamente interessata dall’infrazione non aveva, pertanto, alcuna rilevanza al riguardo.

79      In terzo luogo, per quanto riguarda la censura della ricorrente secondo cui il Tribunale avrebbe omesso, ai punti da 96 a 103 della sentenza impugnata, di pronunciarsi sugli argomenti da essa addotti, ricordati, in sostanza, al punto 59 della presente sentenza, occorre anzitutto constatare che, contrariamente a quanto la ricorrente sostiene nella sua memoria di replica, tali argomenti non sono stati sollevati a sostegno del terzo motivo di ricorso in primo grado, su cui verte la parte della sentenza impugnata di cui trattasi, nell’atto introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale. Infatti, in tale atto introduttivo, la ricorrente si è limitata a far valere, a sostegno del terzo motivo di ricorso in primo grado, i due argomenti che sono stati esaminati dal Tribunale ai punti da 98 a 101 della sentenza impugnata.

80      Poi, se è pur vero, da un lato, che gli argomenti descritti al punto 59 della presente sentenza figurano in un documento, peraltro privo di valore processuale e dal contenuto unilateralmente determinato, vale a dire le note redatte dai consulenti della ricorrente in vista dell’udienza del 22 marzo 2017 dinanzi al Tribunale, di cui essa ha fornito una copia alla Corte, e, dall’altro lato, che la Commissione non sembra contestare il fatto che tale argomenti sono stati effettivamente sollevati in occasione di tale udienza, è giocoforza constatare che, secondo queste medesime note, detti argomenti venivano a sostenere il secondo motivo di ricorso sollevato dalla ricorrente in primo grado. Date tali circostanze, la ricorrente non ha titolo per addebitare al Tribunale di non aver compreso che essa desiderava far valere questi stessi argomenti anche nel quadro del suo terzo motivo di ricorso in primo grado.

81      Infine, anche supponendo che il Tribunale possa aver capito che la ricorrente intendeva far valere detti argomenti anche a sostegno di quest’ultimo motivo di ricorso, relativo all’inapplicabilità della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante nel caso di specie, occorre ricordare che, in conformità di una consolidata giurisprudenza della Corte, il Tribunale non è tenuto a fornire un’esposizione che ripercorra, in maniera esaustiva e uno ad uno, tutti i ragionamenti formulati dalle parti in causa, qualora la motivazione consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali detto giudice non ha accolto i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il proprio controllo (sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 72 nonché la giurisprudenza ivi citata).

82      Risulta dalle considerazioni sopra esposte che correttamente il Tribunale ha deciso, al punto 97 della sentenza impugnata, che, poiché la ricorrente possedeva quasi il 100% del capitale delle sue controllate durante il periodo dell’infrazione per il quale era stata ritenuta sussistente la sua responsabilità in solido, la Commissione poteva legittimamente far ricorso alla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, che non incombeva a tale istituzione fornire ulteriori elementi di prova al riguardo, e che l’argomento della ricorrente secondo cui l’applicazione della presunzione suddetta non era stata giustificata nel caso di specie doveva dunque essere respinto. Il Tribunale ha così potuto statuire, senza incorrere in alcun errore di diritto, che la Commissione si era validamente fondata su tale presunzione, senza che tale conclusione possa essere rimessa in discussione dalle particolari circostanze del caso di specie.

83      In ogni caso, nessuno degli argomenti della ricorrente citati al punto 59 della presente sentenza sarebbe stato idoneo a dimostrare che la presunzione di cui sopra non era applicabile nel caso di specie. D’altronde, per quanto riguarda la censura della ricorrente fondata sulla violazione dei diritti della difesa, occorre rilevare come essa sia stata respinta dal Tribunale ai punti da 88 a 92 della sentenza impugnata, che non sono interessati dalla presente impugnazione.

84      Occorre pertanto respingere il secondo motivo di impugnazione perché infondato.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

85      Con il suo terzo motivo di impugnazione, diretto contro i punti 117, 118, 124, 131 e 135 della sentenza impugnata, la ricorrente imputa al Tribunale, da un lato, una violazione dei principi della responsabilità solidale, di proporzionalità e di parità di trattamento, nella misura in cui detto giudice l’ha dichiarata responsabile in solido con PrysmianCS per il pagamento dell’ammenda inflitta, e, dall’altro lato, un difetto di motivazione della sentenza impugnata per quanto riguarda la censura vertente sulla mancata concessione di un beneficio d’ordine o di escussione.

86      In primo luogo, la ricorrente ripropone la censura che aveva già illustrato nell’ambito del suo secondo motivo a sostegno della presente impugnazione, secondo la quale il Tribunale avrebbe erroneamente considerato che la responsabilità per l’infrazione in questione che le era stata imputata costituiva una responsabilità personale.

87      In secondo luogo, la situazione della ricorrente sarebbe stata molto differente da quella di PrysmianCS. La ricorrente non avrebbe avuto conoscenza dell’infrazione in questione, e la sua responsabilità sarebbe stata ritenuta sussistente unicamente nella sua qualità di società madre, in modo interamente derivato e accessorio, sicché il suo comportamento anticoncorrenziale sarebbe di gravità minore rispetto a quello che è stato imputato alla controllata che era l’autrice diretta di tale infrazione. Il principio di parità di trattamento sarebbe violato se, come nella specie, situazioni differenti venissero trattate in maniera identica.

88      In terzo luogo, anche se la Commissione può in astratto considerare la società madre e la sua controllata come responsabili in solido per il pagamento di un’ammenda in ragione della loro appartenenza alla medesima impresa, detta istituzione non sarebbe però obbligata a farlo. Pertanto, tale solidarietà non potrebbe essere considerata come la necessaria conseguenza del fatto che l’impresa, ai sensi del diritto della concorrenza, sia, eventualmente, composta da varie persone giuridiche.

89      In quarto luogo, il meccanismo della responsabilità solidale avrebbe il duplice obiettivo, da un lato, di ridurre, per la Commissione, il rischio di insolvenza del debitore e di garantire così l’effettività della riscossione dell’ammenda e, dall’altro, di dissuadere le imprese dal commettere ulteriori violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione. Orbene, nel caso di specie, tale obiettivo non sarebbe stato raggiunto. Da un lato, la responsabilità in solido della ricorrente per il pagamento dell’ammenda inflitta a PrysmianCS avrebbe incentivato quest’ultima, che sarebbe stata ampiamente solvibile, a non pagare tempestivamente l’ammenda, nella speranza che a ciò provvedesse la ricorrente. Dall’altro lato, rendere la ricorrente responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda suddetta sarebbe idoneo a inficiare l’efficacia dissuasiva di tale sanzione per l’autrice diretta di un’infrazione, dato che la Commissione poteva decidere di perseguire la riscossione dell’ammenda inflitta rivolgendosi unicamente alla ricorrente, malgrado il fatto che quest’ultima non avesse partecipato all’infrazione in questione e che, da anni, essa non facesse più parte della medesima impresa di PrysmianCS, sicché essa non era più in grado di influenzare la sua condotta futura. Qualora, facendo riferimento, al punto 117 della sentenza impugnata, all’«adozione di politiche interne efficaci in seno al gruppo societario di cui fanno parte la società madre e la controllata al fine di garantire la non ripetizione di tali comportamenti», il Tribunale avesse inteso riferirsi alla messa ad esecuzione, da parte della società madre, di programmi di adeguamento al livello delle controllate, il suo ragionamento sarebbe illogico e contraddittorio, dato che, nel momento in cui la Commissione ha deciso di sanzionare in via solidale la ricorrente e PrysmianCS, la ricorrente non faceva più parte della stessa impresa di PrysmianCS, sicché essa non poteva in alcun modo influenzare il futuro comportamento di tale società.

90      In quinto luogo, la Commissione, chiamata a scegliere la misura meno restrittiva tra quelle appropriate, avrebbe dovuto dichiarare responsabile e sanzionare solamente PrysmianCS, autrice diretta dell’infrazione. La decisione controversa avrebbe dunque superato i limiti di quanto è appropriato e necessario per realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dall’articolo 101 TFUE, in violazione del principio di proporzionalità.

91      In sesto luogo, la considerazione espressa dal Tribunale, al punto 124 della sentenza impugnata, secondo cui i punti 27 e 37 degli Orientamenti del 2006 non permetterebbero alla Commissione di ridurre la porzione di ammenda in relazione alla quale la ricorrente è stata chiamata a rispondere in via solidale con PrysmianCS, o di concedere alla ricorrente un beneficio d’ordine o di escussione, sarebbe erronea.

92      Infine, la sentenza impugnata non conterrebbe alcuna motivazione in merito al rigetto della censura relativa alla mancata previsione di un beneficio d’ordine o di escussione.

93      Nel suo controricorso, la Commissione sostiene che il terzo motivo è, in parte, irricevibile, in quanto alcuni argomenti verterebbero sulle valutazioni di fatto compiute dal Tribunale. La Commissione aggiunge, sostenuta da PrysmianCS, che tale motivo è, in ogni caso, infondato.

 Giudizio della Corte

94      Occorre rilevare che, con il suo terzo motivo di impugnazione, la ricorrente deduce una violazione dei principi di responsabilità solidale, di proporzionalità e di parità di trattamento. Poiché solleva questioni di diritto, tale motivo deve dunque essere considerato ricevibile, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione.

95      Nel merito, occorre ricordare, in primo luogo, che, come risulta dal punto 70 della presente sentenza, consta dalla giurisprudenza della Corte che una società madre che si sia vista imputare il comportamento illecito della propria controllata viene personalmente condannata per un’infrazione alle regole di concorrenza dell’Unione che si presume essere stata da essa stessa commessa, a causa dell’influenza determinante che detta società madre esercitava sulla controllata e che le permetteva di determinare il comportamento di quest’ultima sul mercato.

96      In secondo luogo, occorre ricordare che tanto la responsabilità della ricorrente quanto quella di PrysmianCS si fondano sul fatto che tali società o, più precisamente, la ricorrente, PirelliCSE e PirelliCS facevano parte dell’entità economica che aveva violato le norme dell’Unione in materia di concorrenza. Poiché la ricorrente si trova dunque nella medesima situazione di PrysmianCS, il suo argomento fondato sul principio della parità di trattamento deve essere respinto.

97      In terzo luogo, occorre constatare che il fatto che la Commissione non sia obbligata a far uso della possibilità di considerare una società madre responsabile per una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione commessa dalla sua controllata è irrilevante nel caso di specie. Infatti, né il Tribunale né la Commissione hanno affermato che tale istituzione avesse l’obbligo giuridico di considerare la ricorrente responsabile dell’infrazione in questione.

98      In quarto luogo, occorre rilevare che, indubbiamente, l’obiettivo del meccanismo di solidarietà consiste nel fatto che esso costituisce uno strumento giuridico supplementare, di cui dispone la Commissione per rafforzare l’efficacia della sua azione nella riscossione delle ammende inflitte per infrazioni alle norme dell’Unione in materia di concorrenza, giacché tale meccanismo riduce, per la Commissione quale creditrice dell’obbligazione di pagamento costituita da tali ammende, il rischio di insolvenza, il che concorre all’obiettivo di dissuasione che è generalmente perseguito dalle suddette norme in materia di concorrenza (sentenza del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a., da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 59). Orbene, come il Tribunale ha giustamente ricordato al punto 118 della sentenza impugnata, dalla giurisprudenza della Corte non discende che la solidarietà tra la società madre e la sua controllata possa essere istituita soltanto in caso di rischio di non solvibilità della controllata. Non si tratta infatti dello scopo essenziale perseguito mediante l’inflizione di tali ammende, dato che queste mirano piuttosto a reprimere gli atti illeciti delle imprese coinvolte, nonché a dissuadere sia le imprese in questione che altri operatori economici dal violare, in futuro, le norme dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2016, Ori Martin e SLM/Commissione, C‑490/15 P e C‑505/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:678, punto 90 nonché la giurisprudenza ivi citata). Orbene, come il Tribunale ha rilevato al punto 117 della sentenza impugnata, l’ammenda inflitta alla ricorrente era idonea a dissuadere quest’ultima dall’adottare in futuro comportamenti anticoncorrenziali.

99      In quinto luogo, l’argomentazione della ricorrente secondo cui il fatto di infliggerle un’ammenda, in solido con PrysmianCS, inficerebbe l’effetto dissuasivo della sanzione nei confronti di quest’ultima, è fondata sull’inesatta premessa secondo cui la sanzione dovrebbe, in un caso siffatto, concentrarsi sulla controllata piuttosto che sulla società madre di quest’ultima. Orbene, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, non esiste alcuna «priorità» per quanto riguarda l’irrogazione di un’ammenda, da parte della Commissione, all’una o all’altra di queste società (sentenza del 18 luglio 2013, Dow Chemical e a./Commissione, C‑499/11 P, EU:C:2013:482, punto 49). D’altronde, occorre ricordare che il fatto che l’ammenda inflitta in solido a due società venga pagata da una di queste non impedisce a tale società di chiedere all’altra il rimborso della totalità o di una parte di tale somma.

100    Quanto alla considerazione espressa dal Tribunale, al punto 117 della sentenza impugnata, secondo cui l’ammenda che era stata inflitta alla ricorrente era idonea non soltanto a dissuadere quest’ultima dall’adottare futuri comportamenti anticoncorrenziali, ma anche ad incentivare l’adozione di politiche interne efficaci in seno al gruppo societario di cui fanno parte la società madre e la controllata al fine di garantire la non ripetizione in futuro di tali comportamenti, è sufficiente rilevare che il Tribunale, lungi dal trascurare il fatto che, al momento dell’adozione della decisione controversa, la ricorrente e PrysmianCS non facevano parte del medesimo gruppo, ha, in sostanza, fatto riferimento alla circostanza che la Commissione aveva sanzionato la ricorrente a causa dei comportamenti illeciti delle società che, all’epoca di questi fatti, formavano con essa un’unica impresa, e che la decisione controversa era dunque idonea ad incoraggiare tale ricorrente ad adottare delle misure al fine di evitare simili comportamenti da parte delle società che facevano tuttora parte del suo gruppo.

101    In sesto luogo, correttamente il Tribunale ha statuito, al punto 124 della sentenza impugnata, che gli Orientamenti del 2006 non prevedevano alcun potere discrezionale riguardo al meccanismo della solidarietà, nel senso inteso dalla ricorrente. D’altronde, anche supponendo che i punti 27 e 37 di tali Orientamenti possano essere interpretati nel senso che essi consentono alla Commissione di ridurre la parte dell’ammenda di cui la società madre deve rispondere in solido con la sua controllata, si tratterebbe, come confermato dal tenore letterale dei punti 27 e 37 dei citati Orientamenti, di una possibilità, e non di un obbligo.

102    Quanto, in ultimo luogo, all’argomento della ricorrente secondo cui la sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione in merito al rigetto della censura relativa alla mancata concessione di un beneficio d’ordine o di escussione, è sufficiente rilevare che il punto 124 della sentenza impugnata deve essere letto alla luce del punto 148 della medesima sentenza, nel quale il Tribunale ha indicato che un siffatto beneficio non rientrava nel potere sanzionatorio riconosciuto alla Commissione in virtù dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

103    Occorre dunque respingere il terzo motivo di impugnazione in quanto infondato.

 Sul quarto motivo

 Argomenti delle parti

104    Con il suo quarto motivo di impugnazione, la ricorrente addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto respingendo la sua domanda di concessione di un beneficio d’ordine o di escussione. In virtù dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 261 TFUE, il Tribunale sarebbe competente non soltanto a modificare l’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione, ma anche a modulare le modalità di pagamento e di escussione di tale ammenda.

105    La Commissione sostiene che il quarto motivo è parzialmente irricevibile, per mancanza di precisione, e che il Tribunale è competente in via esclusiva a valutare i fatti, senza che la Corte possa procedere a tale valutazione in sede di impugnazione. Detta istituzione aggiunge, sostenuta da PrysmianCS, che tale motivo è, comunque, infondato, in quanto il Tribunale ha correttamente dedotto dalle disposizioni in questione che esso non disponeva del potere di ripartire l’ammenda inflitta tra i condebitori solidali nell’ambito dei loro rapporti interni.

 Giudizio della Corte

106    Occorre constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, gli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno di tale motivo sono sufficientemente chiari e precisi per permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo di legittimità. Inoltre, occorre notare che il suddetto motivo si riferisce all’estensione dei poteri di cui dispone il Tribunale nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale estesa al merito, sicché esso riguarda una questione di diritto che può essere sollevata nell’ambito di un’impugnazione. Ne consegue che tale motivo deve essere considerato ricevibile.

107    Nel merito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, il giudice dell’Unione statuisce nell’esercizio della propria competenza giurisdizionale anche di merito sui ricorsi proposti contro le decisioni mediante le quali la Commissione abbia inflitto un’ammenda, e che esso può annullare, ridurre o aumentare l’ammenda inflitta.

108    Come ricordato dal Tribunale al punto 148 della sentenza impugnata, risulta dalla giurisprudenza della Corte che tale competenza giurisdizionale anche di merito non può estendersi a valutazioni che non rientrino nel potere sanzionatorio della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a., da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 75).

109    Invero, la giurisprudenza della Corte cui il Tribunale fa riferimento in tale punto della sentenza impugnata – secondo la quale il potere sanzionatorio della Commissione, ex articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, non consente a quest’ultima di stabilire le rispettive quote di ammenda dei condebitori in solido nei loro reciproci rapporti, spettando eventualmente una competenza siffatta ai giudici nazionali, in applicazione del diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione – non è direttamente pertinente, dato che, nel caso di specie, ciò che viene in discussione non è la relazione tra i condebitori in solido, bensì la questione se la Commissione debba rivolgersi in prima battuta ad uno di questi condebitori.

110    Occorre tuttavia rilevare che le ragioni che hanno ispirato l’adozione di tale giurisprudenza ostano anche a che la Commissione possa concedere ad uno di tali condebitori un beneficio d’ordine o di escussione. Infatti, un beneficio siffatto avrebbe come conseguenza che detta istituzione non sarebbe più libera, in contrasto con la natura stessa della responsabilità solidale, di scegliere il condebitore al quale essa intende rivolgersi per chiedere il pagamento dell’ammenda, lasciando al tempo stesso ai condebitori in solido il compito di stabilire tra di loro la quota che ciascuno di essi dovrà accollarsi nel pagamento di tale ammenda e, pertanto, il rimborso di una parte di quest’ultima a quello dei condebitori che ne abbia versato l’importo integrale alla Commissione.

111    Quanto alla domanda della ricorrente di annullare o riformare l’articolo 2, lettera g), della decisione controversa, riducendo l’ammontare dell’ammenda che le è stata inflitta in solido con PrysmianCS, per il caso in cui la Corte accogliesse l’impugnazione proposta da quest’ultima contro la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2018, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione (T‑475/14, EU:T:2018:448), è sufficiente rilevare che la Corte ha respinto tale impugnazione con sentenza del 24 settembre 2020 (C‑601/18 P, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione, EU:C:2020:751).

112    Pertanto, poiché non può essere accolto nessuno dei motivi di gravame dedotti dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione, occorre respingere quest’ultima nella sua interezza.

 Sulle spese

113    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

114    Poiché la ricorrente è rimasta soccombente nei motivi proposti e la Commissione ne ha chiesto la condanna alle spese, la ricorrente deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione.

115    A norma dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura, quando non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, una parte interveniente in primo grado può essere condannata alle spese nel procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. Qualora una parte siffatta partecipi al procedimento, la Corte può decidere che essa sopporterà le proprie spese.

116    Poiché PrysmianCS ha partecipato al procedimento dinanzi alla Corte, occorre decidere, nelle circostanze del caso di specie, che essa sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Pirelli & C. SpA è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      Prysmian Cavi e Sistemi Srl sopporta le proprie spese.


Kumin

von Danwitz

Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 ottobre 2020.

Il cancelliere

 

Il presidente della Settima Sezione

A. Calot Escobar

 

A. Kumin


*      Lingua processuale: l’italiano.