Language of document : ECLI:EU:C:2018:821

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 4 ottobre 2018(1)

Causa C587/17 P

Regno del Belgio

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Politica agricola comune – Regolamento (CE) n. 1290/2005 – Finanziamento della Politica agricola comune – Fondo europeo agricolo di garanzia (“FEAGA”) – Articoli 9 e 32 – Obblighi degli Stati membri – Spese escluse dal finanziamento dell’Unione europea – Rimborso di restituzioni all’esportazione indebitamente versate – Requisito dell’esaurimento dei rimedi interni – Mancata proposizione di una domanda di pronuncia pregiudiziale – Negligenza imputabile ad uno Stato membro – Criteri di valutazione»






1.        Con la sua impugnazione, il Regno del Belgio chiede alla Corte di annullare la sentenza del 20 luglio 2017, Belgio/Commissione (2), con cui il Tribunale ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione di esecuzione (UE) 2016/417 della Commissione (3) nella parte in cui ha escluso il Regno del Belgio dal finanziamento del Fondo europeo agricolo di garanzia (in prosieguo: il «FEAGA») di un importo pari a EUR 9 601 619.

2.        La presente impugnazione fornisce alla Corte l’occasione di chiarire la portata dell’obbligo degli Stati membri di recuperare le somme versate indebitamente nel contesto del FEAGA. Più in particolare, la Corte è chiamata a stabilire se il Tribunale abbia correttamente considerato che, nelle circostanze del caso di specie, la decisione dell’amministrazione belga competente di non esaurire i rimedi interni per tentare di recuperare restituzioni all’esportazione versate indebitamente configuri una negligenza imputabile al Regno del Belgio ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio (4).

I.      Contesto normativo

3.        Il regolamento n. 1290/2005 definisce il regime di finanziamento della politica agricola comune.

4.        Ai sensi del considerando 25 di detto regolamento, è opportuno che gli Stati membri adottino misure che permettano loro di accertarsi che le operazioni siano reali e correttamente eseguite. È altresì necessario che gli Stati membri si adoperino per la prevenzione e l’adeguato trattamento di eventuali irregolarità commesse dai beneficiari.

5.        Il considerando 26 enuncia che, in certi casi di negligenza da parte dello Stato membro, parrebbe giustificato imputare l’intera somma a tale Stato membro. Il medesimo considerando chiarisce tuttavia che, fermo restando il rispetto degli obblighi che incombono agli Stati membri nell’ambito delle loro procedure interne, è opportuno ripartire equamente l’onere finanziario tra l’Unione europea e lo Stato membro di cui trattasi.

6.        Secondo il considerando 27, le procedure di recupero possono ritardare ulteriormente i recuperi di importi versati indebitamente senza che vi sia alcuna certezza quanto alla loro realizzazione. I costi connessi a queste procedure possono inoltre rivelarsi sproporzionati rispetto agli importi effettivamente riscossi o che prevedibilmente lo saranno.

7.        L’articolo 3 del regolamento n. 1290/2005 dispone, tra l’altro, quanto segue:

«1.      Il FEAGA finanzia in regime di gestione concorrente tra gli Stati membri e [l’Unione europea] le spese seguenti, sostenute in conformità del diritto [dell’Unione]:

a)      le restituzioni fissate per l’esportazione dei prodotti agricoli nei paesi terzi;

(…)».

8.        L’articolo 9 del regolamento n. 1290/2005 così prevede:

«1.      Gli Stati membri:

a)      adottano, nell’ambito della politica agricola comune, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative ed ogni altra misura necessaria per garantire l’efficace tutela degli interessi finanziari [dell’Unione], in particolare allo scopo di:

i)      accertare se le operazioni finanziate dal FEAGA e dal FEASR siano reali e regolari;

ii)      prevenire e perseguire le irregolarità;

iii)      recuperare le somme perse a seguito di irregolarità o di negligenze.

(…)».

9.        L’articolo 31, paragrafo 1, del menzionato regolamento dispone quanto segue:

«La Commissione decide gli importi da escludere dal finanziamento [dell’Unione] qualora constati che alcune spese, di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 4, non sono state eseguite in conformità delle norme [dell’Unione], secondo la procedura di cui all’articolo 41, paragrafo 3».

10.      L’articolo 32 del regolamento n. 1290/2005 così recita:

«(…)

5.      Qualora il recupero non abbia avuto luogo nel termine di quattro anni dalla data del primo verbale amministrativo o giudiziario, oppure nel termine di otto anni in caso di procedimento giudiziario dinanzi ai tribunali nazionali, le conseguenze finanziarie del mancato recupero sono per il 50% a carico dello Stato membro e per il 50% a carico del bilancio [dell’Unione].

Nella tabella riepilogativa di cui al paragrafo 3, primo comma, lo Stato membro indica separatamente gli importi per i quali il recupero non è stato realizzato nei termini previsti al primo comma del presente paragrafo.

La ripartizione dell’onere finanziario connesso al mancato recupero, a norma del primo comma, lascia impregiudicato l’obbligo per lo Stato membro interessato di dare corso ai procedimenti di recupero, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del presente regolamento. Gli importi così recuperati sono imputati al FEAGA nella misura del 50%, previa applicazione della trattenuta di cui al paragrafo 2, del presente articolo.

Qualora, nell’ambito del procedimento di recupero, un verbale amministrativo o giudiziario avente carattere definitivo constati l’assenza di irregolarità, lo Stato membro interessato dichiara al FEAGA, come spesa, l’onere finanziario di cui si è fatto carico in applicazione del primo comma.

(…)

6.      In casi debitamente giustificati, gli Stati membri possono decidere di non portare avanti il procedimento di recupero. Tale decisione può essere adottata solo nei casi seguenti:

a)      se i costi già sostenuti e i costi prevedibili del recupero sono globalmente superiori all’importo da recuperare;

b)      se il recupero si riveli impossibile per insolvenza del debitore o delle persone giuridicamente responsabili dell’irregolarità, constatata e riconosciuta in virtù del diritto nazionale dello Stato membro interessato.

(…)

8.      Dopo aver dato corso alla procedura di cui all’articolo 31, paragrafo 3, la Commissione può decidere di escludere dal finanziamento [dell’Unione] gli importi posti a carico del bilancio [dell’Unione] nei seguenti casi:

a)      in applicazione dei paragrafi 5 e 6 del presente articolo, qualora constati che le irregolarità o il mancato recupero sono imputabili a irregolarità o negligenze dell’amministrazione o di un servizio od organismo di uno Stato membro;

(…)».

II.    Fatti

A.      Le restituzioni alle esportazioni ottenute fraudolentemente (1992 e 1993)

11.      Nel 1992 la società Générale Sucrière, nei cui diritti è successivamente subentrata la società Saint‑Louis Sucre, ha venduto un totale di 24 000 tonnellate di zucchero alle società Metelmann e Sucre Export. Secondo i contratti di vendita, tale zucchero era destinato all’esportazione al di fuori dell’Unione europea.

12.      Le società Metelmann e Sucre Export hanno rivenduto, tramite due intermediari, 6 000 tonnellate di detto zucchero alle società Proud Trading e Shawline Offshore. I contratti di vendita prevedevano inoltre che lo zucchero fosse destinato a un paese terzo al di fuori della (attuale) Unione europea, e dovesse uscire dal territorio dell’Unione senza ritardo dopo essere stato caricato.

13.      La Saint‑Louis Sucre affidava alla società Belgian Bunkering, da un lato, e alla società Stevedoring e Manufert (in prosieguo: la «Manuport Services»), dall’altro, le operazioni di ricezione e di carico dello zucchero sulle navi nonché le relative operazioni di documentazione.

14.      Lo zucchero di cui trattasi, che doveva essere spedito dal porto di Anversa (Belgio) verso l’Uzbekistan, veniva caricato sulle navi tra il 20 gennaio e il 29 marzo 1993.

15.      La Manuport Services redigeva e trasmetteva i documenti e le dichiarazioni di esportazione pertinenti all’amministrazione competente, vale a dire il Bureau d’intervention et de restitution belge (Ufficio belga per l’intervento e le restituzioni; in prosieguo: il «BIRB»). Sulla scorta di tali documenti, il BIRB versava alla Saint‑Louis Sucre un anticipo della restituzione all’esportazione cui essa aveva diritto. Tale pagamento diveniva definitivo dopo che la Saint‑Lous Sucre aveva fornito la prova che lo zucchero era uscito dal territorio dell’Unione doganale della (attuale) Unione europea.

16.      Successivamente al pagamento, emergeva che le 6 000 tonnellate di zucchero rivendute dalla Metelmann e dalla Sucre Export alle società Proud Trading e Shawline Offshore, dopo essere state spedite dal porto di Anversa, erano state dirottate dalla loro destinazione iniziale e reimportate fraudolentemente nell’Unione europea sulla base di documenti falsi. La Saint‑Louis Sucre informava spontaneamente la BIRB di tale scoperta.

B.      Il procedimento penale (dal 1994 al 2004)

17.      In seguito alla scoperta della reimportazione dello zucchero, veniva avviato un procedimento penale a carico di due persone che avevano agito da intermediari tra, da una parte, la Metelmann e la Sucre Export e, dall’altra, la Shawline Offshore e la Proud Trading.

18.      Con sentenza dello Hof van Beroep Antwerpen (Corte d’appello di Anversa, Belgio) del 22 ottobre 2003 le due persone suddette venivano condannate penalmente per frode, falso e falsità in atti.

19.      Il BIRB, la Saint‑Louis Sucre, la Metelmann, la Sucre Export e la Manuport Services si costituivano parti civili in tale procedimento penale ed ottenevano una provvisionale pari all’1% a titolo di risarcimento dei danni cagionati dalle due persone suddette.

C.      Il procedimento civile di recupero (dal 1994 al 1997 e dal 1997 al 2012)

20.      Il 16 marzo 1994, dopo avere appreso dell’esportazione fraudolenta, il BIRB chiedeva alla Saint‑Louis Sucre il rimborso della restituzione all’esportazione. Secondo il BIRB, la Saint‑Louis Sucre aveva reimportato lo zucchero, che era stato precedentemente dichiarato e la cui esportazione era stata dimostrata con taluni documenti (formulario T5), utilizzando documenti falsi (formulario T2E).

21.      La Saint‑Louis Sucre si opponeva alla domanda sostenendo di non essere in alcun modo responsabile dell’irregolarità.

22.      Tuttavia, la Saint‑Louis Sucre accettava di versare una parte dell’importo reclamato dal BIRB al fine di interrompere il decorso degli interessi. L’importo pagato corrispondeva alla somma richiesta dal BIRB maggiorata degli interessi maturati tra il 19 aprile 1994 e il 16 maggio 1997.

23.      In seguito alla ricezione del pagamento effettuato dalla Saint‑Louis Sucre, il Regno del Belgio versava al FEAGA un importo corrispondente all’80% della somma pagata da detta società e tratteneva il restante 20% conformemente al regolamento (CEE) n. 595/91 del Consiglio (5).

24.      Il 18 giugno 1997 la Saint‑Louis Sucre adiva il Tribunal de première instance de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles, Belgio) al fine di recuperare l’importo versato al BIRB, maggiorato di spese e interessi.

25.      Con sentenza del 20 marzo 2008, detto giudice ordinava al BIRB di rimborsare l’importo richiesto alla Saint‑Louis Sucre.

26.      Il BIRB adiva la Cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio) e chiedeva a detto giudice di sottoporre tre questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Tuttavia, con sentenza del 3 maggio 2012 la Cour d’appel de Bruxelles confermava la sentenza del Tribunal de première instance de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles) e condannava il BIRB a pagare alla Saint‑Louis Sucre l’importo di EUR 10 114 003,39, corrispondenti a EUR 5 133 087,54 maggiorati degli interessi maturati dal 1° giugno 1997 e di varie altre spese. Detto giudice considerava che non fosse necessario adire la Corte di giustizia in via pregiudiziale.

27.      In seguito alla sentenza della Cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles), il BIRB chiedeva il parere di un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione, Belgio), in quanto, ai sensi della legge belga, una parte non può proporre ricorso dinanzi alla Cour de cassation senza avere prima ottenuto tale parere.

28.      Sulla base di un esame approfondito del fascicolo e della giurisprudenza della Corte di giustizia, l’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione) rendeva il suo parere, nel quale concludeva che il BIRB non avrebbe potuto ricorrere con successo dinanzi alla Cour de cassation.

29.      Dopo avere ottenuto tale parere, il BIRB decideva di non impugnare la sentenza della Cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles). Di conseguenza, il BIRB pagava l’importo che era stato condannato a corrispondere alla Saint‑Louis Sucre.

D.      L’addebito dell’importo al FEAGA (dal 2012 al 2016)

30.      A seguito della sentenza della Cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles), il BIRB informava la Commissione che intendeva addebitare al FEAGA l’importo da esso dovuto alla Saint‑Louis Sucre e successivamente provvedeva a tale addebito. Conseguentemente, la relazione annuale del BIRB per il 2012 riportava una rettifica positiva di EUR 9 601 619,85.

31.      Detto importo veniva contabilizzato dall’Unione europea per l’esercizio finanziario 2012 e di conseguenza versato al Regno del Belgio (6).

E.      Il procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione (dal 2013 al 2016)

32.      Dopo tale pagamento, la Commissione avviava una cosiddetta procedura di verifica di conformità, che le consente di accertare se uno Stato membro abbia utilizzato correttamente i fondi messi a sua disposizione (7). La Commissione sosteneva che l’importo controverso non potesse essere addebitato al FEAGA per due motivi: in primo luogo, non erano stati esauriti i possibili rimedi, in quanto non era stata adita la Cour de cassation (Corte di cassazione), e, in secondo luogo, la Commissione contestava l’addebito degli interessi dopo il 1997.

33.      Con lettera del 23 maggio 2013, il BIRB contestava tale valutazione sulla base dell’articolo 32, paragrafo 5, quarto comma, del regolamento n. 1290/2005. Esso rilevava inoltre, da un lato, che un ricorso dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione) non avrebbe necessariamente e automaticamente condotto a una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE e, dall’altro, che, tenuto conto del ruolo dell’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation, il BIRB non aveva scelta quanto alla decisione di non proporre un ricorso per cassazione.

34.      Date le perduranti divergenze tra il BIRB e la Commissione, il 13 ottobre 2014 si teneva un incontro bilaterale tra le parti.

35.      In seguito a detto incontro, con lettere del 17 ottobre 2014 e del 21 gennaio 2015, il Regno del Belgio forniva ulteriori informazioni sull’esportazione e sui vari procedimenti relativi alle esportazioni fraudolente dello zucchero di cui trattasi.

36.      Con comunicazione del 12 giugno 2015 a norma degli articoli 10 e 11 del regolamento (CE) n. 885/2006 della Commissione (8), quest’ultima confermava la propria posizione secondo cui non erano stati esauriti i rimedi interni per il recupero dell’importo controverso. Detta comunicazione indicava che, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n 1290/2005, il BIRB non era legittimato ad addebitare i fondi al FEAGA. Pertanto, sarebbe stato escluso dal finanziamento dell’Unione europea un importo di EUR 9 601 619.

37.      Sulla base di una relazione di sintesi del 22 febbraio 2016, la Commissione adottava la decisione controversa, con la quale escludeva il suddetto importo dal finanziamento dell’Unione europea in relazione al Regno del Belgio. La decisione controversa veniva notificata a quest’ultimo il 18 marzo 2016.

III. Procedimento dinanzi al Tribunale

38.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 maggio 2016, il Regno del Belgio proponeva ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

39.      Con la sentenza impugnata il Tribunale respingeva il ricorso in toto.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

40.      Con la sua impugnazione, il Regno del Belgio chiede che la Corte voglia:

–        annullare integralmente la sentenza impugnata;

–        annullare la decisione controversa, nella parte in cui esclude dal finanziamento dell’Unione europea un importo di EUR 9 601 619 (voce di bilancio 6701);

–        condannare la Commissione alle spese di giudizio e a quelle afferenti al procedimento dinanzi al Tribunale.

41.      La Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la ricorrente alle spese.

42.      Il 27 giugno 2018 ha avuto luogo un’udienza nel corso della quale entrambe le parti hanno presentato osservazioni orali.

V.      Analisi

43.      Nella sua impugnazione, il Regno del Belgio deduce un motivo unico con il quale sostiene che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha interpretato erroneamente l’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005.

44.      Da un lato, con la prima parte del motivo unico d’impugnazione, il Regno del Belgio afferma che il Tribunale ha concluso erroneamente che l’amministrazione belga non aveva esaurito i rimedi interni in quanto non aveva adito la Cour de cassation (Corte di cassazione) (9). A parere del ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») per stabilire se fossero stati esauriti i rimedi interni.

45.      Dall’altro, con la seconda parte del motivo unico d’impugnazione, il Regno del Belgio afferma che il Tribunale ha considerato erroneamente che esso fosse stato negligente nel recupero degli importi controversi in quanto non aveva adito la Cour de cassation (10).

46.      La Commissione ritiene che la prima parte del motivo d’impugnazione sia irricevibile, in quanto riguarda una questione che non è stata sollevata dinanzi al Tribunale. In ogni caso, a parere della Commissione, entrambe le parti del motivo unico d’impugnazione sarebbero infondate.

47.      Prima di esaminare il motivo unico d’impugnazione dedotto nel presente procedimento, illustrerò brevemente il contesto (normativo) del caso di specie.

A.      Introduzione: il ruolo degli Stati membri nel sistema istituito dal regolamento n. 1290/2005 e la presente causa

48.      I due fondi agricoli, il FEAGA e il FEASR, sono stati istituiti mediante il regolamento n. 1290/2005 al fine di sostituire il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia («FEAOG»), lo strumento con cui è stata inizialmente finanziata la PAC (11). Il FEAGA e il FEASR sono finanziati dal bilancio dell’Unione europea e, al pari del loro predecessore, sono utilizzati per finanziare la PAC in generale e lo sviluppo rurale in particolare (12).

49.      Più specificamente, il FEAGA è stato istituito per finanziare, tra l’altro, le restituzioni fissate per l’esportazione dei prodotti agricoli nei paesi terzi (come lo zucchero nel caso di specie) (13). Il FEAGA è gestito congiuntamente dall’Unione europea e dagli Stati membri, sebbene questi ultimi svolgano a tal fine un ruolo particolarmente importante. Essi sono responsabili dei pagamenti, della riscossione dei contributi e del recupero dei pagamenti indebiti nell’ambito del FEAGA. Tali compiti esecutivi sono svolti dagli Stati membri autonomamente.

50.      Data la loro importanza cruciale nel sistema istituito dal regolamento n. 1290/2005, gli Stati membri sono espressamente tenuti, in forza di detto regolamento, a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea (14). Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento, gli Stati membri devono adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative ed ogni altra misura necessaria per garantire l’efficace tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea.

51.      Oltre a tale obbligo generale sancito dall’articolo 9, paragrafo 1, il regolamento n. 1290/2005 prevede anche meccanismi specificamente diretti ad incentivare il recupero tempestivo ed efficace degli importi versati indebitamente nell’ambito del FEAGA. È importante notare che l’articolo 32, paragrafo 5, del regolamento ha introdotto un meccanismo che consente di procedere all’equa ripartizione (50/50) dell’onere finanziario del mancato recupero tra il bilancio dell’Unione e gli Stati membri interessati, nel caso in cui il recupero non abbia avuto luogo nel termine di quattro anni dalla data del primo verbale amministrativo o giudiziario, oppure nel termine di otto anni in caso di procedimento giudiziario dinanzi ai tribunali nazionali. Inoltre, in forza dell’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005, la Commissione può decidere, se del caso, di escludere talune restituzioni dal finanziamento a carico del bilancio dell’Unione. Ciò si verifica, ad esempio, quando la Commissione ritenga che uno Stato membro, o le sue autorità, siano stati negligenti nel tentare di recuperare somme perdute a causa di irregolarità.

52.      L’esigenza di siffatti meccanismi può spiegarsi con i fattori interconnessi afferenti alla logica del sistema di finanziamento istituito dal regolamento n. 1290/2005.

53.      Infatti, non si deve dimenticare che i pagamenti effettuati dagli Stati membri nell’ambito del FEAGA in applicazione della normativa pertinente dell’Unione sono rimborsati, di regola, dal bilancio dell’Unione. I meccanismi sopra descritti costituiscono quindi eccezioni alla regola generale del finanziamento da parte dell’Unione delle spese sostenute dagli Stati membri nel contesto della PAC. Come si è rilevato, dal momento che gli Stati membri agiscono per conto dell’Unione europea, è opportuno che quest’ultima debba, in linea di principio, farsi carico delle perdite causate dal comportamento di singoli individui se gli Stati membri hanno fatto tutto il possibile per assicurare che le operazioni finanziate dalla PAC fossero effettivamente realizzate ed eseguite correttamente, onde prevenire e sanare le irregolarità e recuperare le somme perdute (15). Tuttavia, per evitare di incentivare l’inerzia, tali meccanismi fanno parte di misure volte a garantire che gli Stati membri intraprendano le azioni necessarie per contrastare le frodi, un problema che ricorre spesso nel contesto degli aiuti al settore agricolo, e tentino tutto il possibile per recuperare le somme pagate indebitamente (16).

54.      Nella decisione controversa, la Commissione ha fatto ricorso all’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005 per escludere le somme di cui trattasi dal finanziamento dell’Unione europea, decisione confermata dal Tribunale con la sentenza impugnata. Pertanto, nel presente procedimento, la Corte deve accertare se il Tribunale abbia dichiarato correttamente, da un lato, che, omettendo di impugnare dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione) la sentenza del 3 maggio 2012 [con la quale i) è stata confermata la sentenza resa in primo grado nei confronti del BIRB e ii) è stata respinta la domanda con cui quest’ultimo chiedeva che fosse effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia circa l’interpretazione del regolamento (CEE) n. 3665/87 della Commissione (17)], il Regno del Belgio non ha adottato tutte le misure di cui disponeva e pertanto non ha agito con la necessaria diligenza per recuperare le somme controverse e, dall’altro, che il mancato recupero era quindi dovuto a negligenza imputabile a detto Stato membro (18).

55.      A tale proposito, si evince dal fascicolo che, prima di adire la Cour de cassation (Corte di cassazione), il ricorrente deve chiedere il parere di un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi a detto giudice. Tale avvocato valuta quindi la possibilità di proporre un ricorso per motivi di diritto dinanzi alla Cour de cassation.

56.      Nel caso di specie, dopo la pronuncia della sentenza del 3 maggio 2012, il BIRB ha chiesto il parere di un avvocato abilitato al patrocinio presso la Cour de cassation. Dopo avere esaminato il fascicolo, l’avvocato consultato dal BIRB ha ritenuto che non fosse possibile criticare con un’apprezzabile possibilità di successo la sentenza del 3 maggio 2012. A seguito di tale parere, il BIRB non ha proposto ricorso dinanzi alla Cour de cassation,

57.      Tenendo presente tali specifiche circostanze di fatto, va rilevato che l’impugnazione del Regno del Belgio solleva essenzialmente la questione se la decisione di non proporre un ricorso per cassazione possa configurare di per sé una negligenza addebitabile allo Stato membro interessato. Più in particolare: fin dove è tenuto a spingersi uno Stato membro per recuperare le somme perdute?

58.      Nella presente impugnazione, la Corte dovrà pertanto definire i criteri per valutare se uno Stato membro abbia agito negligentemente nel contesto del recupero di somme perdute a causa di irregolarità. Infatti, per tutelare adeguatamente gli interessi finanziari dell’Unione europea occorre trovare il giusto equilibrio tra, da un lato, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per recuperare i fondi perduti e, dall’altro, l’esigenza di evitare che gli Stati membri intraprendano azioni non necessarie e costose (19).

B.      Sulla prima parte del motivo unico d’impugnazione: la pertinenza della giurisprudenza della Corte EDU in materia di ammissibilità

1.      Argomenti delle parti

59.      Con la prima parte del motivo unico d’impugnazione, il Regno del Belgio sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto in quanto non ha applicato la giurisprudenza della Corte EDU per valutare se, omettendo di esaurire i possibili rimedi interni, l’amministrazione belga avesse agito in modo negligente (20).

60.      In particolare, il Regno del Belgio afferma che la Corte EDU ha riconosciuto nella sua giurisprudenza il ruolo specifico e obbligatorio dell’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione): secondo detta giurisprudenza, si può ritenere che il ricorrente abbia fatto tutto ciò che poteva per esaurire i rimedi interni anche nel caso in cui il medesimo non abbia proposto un’impugnazione, in quanto ciò sarebbe stato contrario al parere negativo dell’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation.

61.      La Commissione sostiene che la prima parte del motivo unico d’impugnazione è irricevibile, perché l’argomento relativo alla giurisprudenza della Corte EDU non era stato sollevato dinanzi al Tribunale. In ogni caso, la Commissione ritiene che la suddetta prima parte sia infondata in quanto, sostanzialmente, la giurisprudenza della Corte EDU non sarebbe pertinente nel presente contesto.

62.      Inizierò esaminando brevemente la questione di ricevibilità sollevata dalla Commissione, prima di analizzare nel merito la prima parte del motivo unico d’impugnazione.

2.      Valutazione

63.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che è insolito, ma possibile, che un ricorrente adisca la Cour de cassation (Corte di cassazione) nonostante il parere negativo dell’avvocato abitato al patrocinio dinanzi a detto giudice. Su tale base il Tribunale ha concluso che l’amministrazione belga, omettendo di esaurire i rimedi interni, non aveva agito con sufficiente diligenza (21).

a)      Sulla ricevibilità: è possibile dedurre nuovi argomenti, purché non venga modificato l’oggetto della controversia

64.      Per quanto riguarda la ricevibilità della prima parte del motivo unico d’impugnazione, occorre anzitutto rammentare che, generalmente, non sono ammessi nuovi motivi in fase di impugnazione (22).

65.      Dinanzi al Tribunale, il Regno del Belgio ha affermato di avere esaurito i possibili rimedi interni. In quel contesto, detto Stato membro ha profusamente illustrato le ragioni per le quali, da un lato, il procedimento dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione) non potrebbe essere considerato un terzo grado di giudizio (di merito) e, dall’altro, sarebbe praticamente impossibile adire con successo detto giudice nel caso in cui l’avvocato consultato abbia reso un parere negativo in ordine alle possibilità di accoglimento del ricorso dinanzi alla Cour de cassation. Tuttavia, il Regno del Belgio non ha specificamente sostenuto che il Tribunale avrebbe dovuto applicare la giurisprudenza della Corte EDU per stabilire che esso aveva esaurito i possibili rimedi interni e non era stato negligente nel recupero delle somme perdute.

66.      È quindi vero che, come osservato dalla Commissione, la pertinenza della giurisprudenza della Corte EDU relativa all’interpretazione dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005 non è stata esaminata in primo grado.

67.      Tuttavia, la Corte non applica un criterio restrittivo alla ricevibilità di argomenti nuovi. Piuttosto, ciò che rileva è che il ricorso di impugnazione non modifichi l’oggetto del procedimento di primo grado.

68.      Più in particolare, come ha dichiarato la Corte, risulta dal combinato disposto degli articoli 58 dello Statuto della Corte di giustizia e 113, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte che, nell’ambito di un’impugnazione, il ricorrente può far valere ogni argomento rilevante, alla sola condizione che il ricorso di impugnazione non modifichi l’oggetto della controversia decisa dal Tribunale (23).

69.      Contrariamente a quanto sottintende l’argomento della Commissione relativo all’irricevibilità, non esiste alcun obbligo che ogni argomento fatto valere in sede di impugnazione sia stato preliminarmente oggetto di una discussione in primo grado. Anzi, la Corte ha rilevato in proposito che non è ammissibile una siffatta restrizione agli argomenti che possono essere dedotti dal ricorrente in quella sede. Ciò in quanto, diversamente, il procedimento di impugnazione sarebbe privato di una parte importante del suo significato (24).

70.      La prima parte del motivo unico d’impugnazione non modifica l’oggetto della controversia decisa dal Tribunale. Piuttosto, l’argomento relativo alla pertinenza della giurisprudenza della Corte EDU è diretto a contestare il modo in cui il Tribunale ha interpretato e applicato l’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005.

71.      Pertanto, occorre respingere l’argomento della Commissione relativo all’irricevibilità della prima parte del motivo unico d’impugnazione.

b)      Nel merito: la giurisprudenza della Corte EDU relativa alla ricevibilità non è pertinente nel presente procedimento

72.      La giurisprudenza della Corte EDU alla quale fa riferimento il Regno del Belgio riguarda la ricevibilità di ricorsi proposti dinanzi a detto giudice. Ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), la Corte EDU non può essere adita se non dopo che il ricorrente abbia esaurito le vie di ricorso (ordinario) interne (25).

73.      È certamente vero che, come osservato dal Regno del Belgio, i diritti fondamentali come garantiti dalla CEDU fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali (26). È altrettanto vero che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), i diritti contenuti nella Carta che corrispondono a diritti garantiti dalla CEDU devono avere lo stesso significato e la stessa portata di quelli sanciti da detta convenzione. Pertanto, ove sia pertinente, la giurisprudenza della Corte EDU deve essere presa in considerazione al fine di interpretare le disposizioni di diritto dell’Unione e, in particolare, le disposizioni corrispondenti della Carta.

74.      Tuttavia, come già accennato, la giurisprudenza richiamata dal Regno del Belgio non riguarda diritti contenuti nella Carta, né, più in generale, la tutela dei diritti e delle libertà sanciti dalla CEDU: essa verte sulla condizione secondo cui il ricorrente deve avere esaurito i rimedi interni prima di adire la Corte EDU.

75.      Tale condizione non ha nulla a che vedere con l’obbligo degli Stati membri, previsto all’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1290/2005, di adottare tutte le misure necessarie per assicurare il recupero delle somme perse a causa di irregolarità. Né detta condizione ha nulla a che vedere con la nozione di negligenza che occorre interpretare ai fini dell’esegesi dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005.

76.      Il requisito secondo cui il ricorrente deve avere esaurito i rimedi interni è inteso ad assicurare che i giudici nazionali posano porre rimedio alle violazioni prima che sia adita la Corte EDU (27). Per contro, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per recuperare le somme perdute mira a garantire che i fondi dell’Unione siano adeguatamente tutelati e che non vengano effettuati pagamenti indebiti.

77.      Pertanto, è difficile ammettere che il Tribunale possa essere incorso in un errore di diritto omettendo di considerare la giurisprudenza della Corte EDU nell’interpretazione dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005, disposizione che è essenzialmente diretta a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione.

78.      Inoltre, anche supponendo che l’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005 debba essere interpretato alla luce di detta giurisprudenza, se ne potrebbero trarre indicazioni limitate.

79.      Nulla in detta giurisprudenza sembra indicare che i ricorrenti non siano tenuti, in generale, ad adire la Cour de cassation (Corte di cassazione) per motivi di diritto. Ciò è vero anche se, in talune specifiche circostanze di fatto, la Corte EDU non ha dichiarato l’irricevibilità di un ricorso nonostante la Cour de cassation non fosse stata adita (28). Piuttosto, come spiegato dalla stessa Corte EDU, la «regola dell’esaurimento» deve essere applicata in modo flessibile e senza eccessivo formalismo. È importante notare che, per stabilire se detta regola sia stata rispettata, occorre tenere in debita considerazione le specifiche circostanze di ogni singolo caso (29).

80.      Alla luce di tali considerazioni, la prima parte del motivo unico d’impugnazione dovrebbe essere respinta in quanto infondata.

C.      Sulla seconda parte del motivo unico d’impugnazione: l’obbligo di diligenza nel recupero dei pagamenti indebiti

1.      Argomenti delle parti

81.      Con la seconda parte del motivo unico d’impugnazione, il Regno del Belgio afferma di avere dato prova, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale (30), della necessaria diligenza nel recupero della somma di cui trattasi. Secondo il Regno del Belgio, il Tribunale non avrebbe valutato correttamente il comportamento dell’amministrazione belga per quanto riguarda la decisione di non impugnare la sentenza del 3 maggio 2012 dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione): sebbene fosse teoricamente possibile proporre un ricorso, sarebbe stato praticamente impossibile per l’amministrazione belga ottenerne l’accoglimento. Il Regno del Belgio addebita inoltre al Tribunale di non avere considerato adeguatamente il ruolo svolto nell’ordinamento giuridico belga dall’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation. Il Regno del Belgio ribadisce che l’amministrazione belga ha agito con sufficiente diligenza anche se non ha proposto un ricorso, dato che sarebbe eccessivo e inutile esigere la sistematica presentazione dei ricorsi anche nel caso in cui siano destinati ad essere respinti.

82.      La Commissione, dal canto suo, sostiene che gli argomenti del Regno del Belgio sono contraddittori: la proposizione del ricorso era possibile o impossibile ma, secondo logica, non poteva essere entrambe le cose allo stesso tempo. Inoltre, la Commissione afferma che gli Stati membri non possono compromettere l’effettività del procedimento previsto dall’articolo 267 TFUE facendo valere norme procedurali di diritto interno, e in particolare l’obbligo dei loro giudici di ultima istanza di adire la Corte in via pregiudiziale.

2.      Valutazione

83.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato anzitutto che, per accertare se la Commissione avesse considerato correttamente che il mancato recupero delle somme controverse era dovuto a negligenza imputabile al BIRB ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005, occorreva valutare se, alla luce delle circostanze del caso di specie, la decisione di non impugnare la sentenza del 3 maggio 2012 costituisse un’irregolarità o una negligenza addebitabile al BIRB ai sensi di detta disposizione.

84.      A tale proposito, il Tribunale ha proceduto a varie constatazioni.

85.      In primo luogo, ha rilevato che, sebbene ciò accada solo eccezionalmente, tuttavia è possibile adire la Cour de cassation (Corte di cassazione) nonostante il parere negativo di un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi a detto giudice (31). In secondo luogo, omettendo di proporre ricorso, il Regno del Belgio ha impedito alla Cour de cassation di presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione delle disposizioni pertinenti del regolamento n. 1290/2005, una richiesta che è stata respinta dalla Cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) (32).

86.      Sulla scorta di tali rilievi, il Tribunale ha constatato che, omettendo di impugnare la sentenza del 3 maggio 2012 dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione), il Regno del Belgio non ha adottato tutte le misure di cui disponeva e che, di conseguenza, esso non ha dato prova di sufficiente diligenza nel recupero delle somme controverse. Su tale base, il Tribunale ha concluso che il mancato recupero delle somme controverse era imputabile alla negligenza del Regno del Belgio(33)

87.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha adottato un approccio restrittivo all’accertamento della negligenza imputabile allo Stato membro interessato ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005. Ciò in quanto, senza procedere a una valutazione adeguata delle particolari circostanze del caso di specie, esso ha dedotto che il BIRB aveva agito con negligenza nel tentativo di recuperare le somme in questione dal fatto che non era stato proposto ricorso dinanzi alla Cour de cassation (in circostanze nelle quali tale ricorso non era impossibile).

88.      Nel prosieguo illustrerò anzitutto i motivi per i quali gli Stati membri mantengono un’ampia libertà di scelta delle misure da assumere al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione. Spiegherò poi perché l’accertamento della negligenza imputabile a uno Stato membro debba fondarsi su una valutazione delle particolari circostanze del caso di specie.

a)      Gli Stati membri restano liberi di scegliere le misure più appropriate per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea

89.      Come spiegato in precedenza, gli Stati membri hanno l’obbligo di ampia portata, derivante dal regolamento n. 1290/2005, di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea. Ciò risulta in particolare dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento, disposizione che impone agli Stati membri di adottare ogni misura necessaria per garantire l’efficace tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea. Nella sua giurisprudenza, la Corte ha dichiarato che tale obbligo è una specifica espressione dell’obbligo generale di leale cooperazione incombente agli Stati membri in forza dell’attuale articolo 4, paragrafo 3, TFUE (34).

90.      Tuttavia, come ha sottolineato la Corte, le autorità nazionali restano libere, al fine di recuperare somme pagate indebitamente, di scegliere tra diverse misure quelle che giudicano appropriate per la protezione degli interessi finanziari dell’Unione (35). Ciò appare conforme non solo al ruolo svolto autonomamente dagli Stati membri nell’esecuzione dei compiti previsti nell’ambito del FEAGA, ma altresì al tenore letterale dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1290/2005. Infatti, l’adozione delle misure «necessarie» implica che sia richiesta una valutazione da parte degli Stati membri ai fini della scelta delle misure più appropriate rispetto alla situazione considerata.

91.      Pertanto, la libertà di cui dispongono gli Stati membri nel contesto del recupero si spiega, da un lato, con il fatto che le misure da adottare per il recupero di somme versate indebitamente possono variare in larga misura. È certamente questa la ragione per la quale il regolamento n. 1290/2005 non contiene norme di dettaglio relative alle misure di recupero che gli Stati membri devono adottare.

92.      Dall’altro lato, e forse soprattutto, tale libertà si spiega con il ruolo fondamentale svolto dagli Stati membri nel sistema istituito dal regolamento n. 1290/2005. Come si è accennato in precedenza, nel contesto del regolamento n. 1290/2005 gli Stati membri operano in prima linea nel sistema di finanziamento del settore agricolo dell’Unione. In primo luogo, gli organismi pagatori riconosciuti degli Stati membri sono responsabili dei pagamenti ai beneficiari e dell’accertamento della loro ammissibilità. Le spese sostenute a tal fine dagli Stati membri sono successivamente rimborsate dalla Commissione dal bilancio dell’Unione (36). In secondo luogo, gli Stati membri devono anche verificare che gli aiuti siano pagati correttamente, nonché prevenire e perseguire le irregolarità e recuperare le somme perdute a causa di irregolarità o di negligenza nei loro rispettivi territori. In tal senso, la vigilanza sull’impiego dei fondi dell’Unione è stata «delegata verso il basso» dalle istituzioni dell’Unione alle amministrazioni nazionali (37).

93.      Sotto il profilo della prossimità geografica e dell’uso corretto delle risorse pubbliche, le amministrazioni nazionali si trovano certamente nella posizione migliore per svolgere le necessarie verifiche, perseguire le irregolarità ed eventualmente adottare misure per il recupero delle somme perse a causa di irregolarità. Nel contesto specifico del recupero dei pagamenti indebiti, dette autorità si trovano presumibilmente nella posizione migliore anche per valutare quali misure offrano maggiori probabilità di successo.

94.      Tuttavia, si deve sottolineare che la libertà mantenuta dagli Stati membri trova un limite nell’obbligo di leale cooperazione che impone loro di agire diligentemente lungo l’intera procedura di recupero(38). A mio avviso, il Tribunale ha dichiarato correttamente, nella sentenza impugnata, che detto obbliga implica che gli Stati membri debbano compiere tempestivamente ogni sforzo per recuperare le somme di cui trattasi avvalendosi di tutti i mezzi disponibili per conseguire l’obiettivo della tutela degli interessi finanziari dell’Unione (39). Ove ciò non accada, si deve ritenere che lo Stato membro abbia violato l’obbligo generale di diligenza ad esso incombente.

95.      Tuttavia, da tale obbligo discende l’imperativo generale secondo cui uno Stato membro deve esaurire i rimedi interni nel tentativo di recuperare restituzioni all’esportazione versate indebitamente?

96.      Tale sembra essere il parere del Tribunale. Nella sentenza impugnata esso ha constatato in sostanza che il Regno del Belgio, decidendo di non adire la Cour de cassation (Corte di cassazione) (anche se avrebbe potuto farlo) e rendendo in tal modo impossibile per detto giudice effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, non si era avvalso di tutti i mezzi di cui disponeva per recuperare le somme controverse e, pertanto, il mancato recupero era dovuto a negligenza imputabile a detto Stato membro.

97.      Come si vedrà, il Tribunale è giunto a tale conclusione senza esaminare adeguatamente le circostanze del caso di specie. Ritengo che la mancanza di tale esame costituisca un errore di diritto che dovrebbe indurre la Corte ad annullare la sentenza impugnata.

b)      L’accertamento della negligenza imputabile a uno Stato membro deve basarsi su una valutazione delle particolari circostanze del caso di specie

98.      Anzitutto, può essere utile confrontare l’approccio adottato nella sentenza impugnata con quello assunto dalla Corte in relazione all’obbligo di uno Stato membro di recuperare gli aiuti di Stato illegittimi: anche in quel contesto, gli Stati membri sono tenuti ad adottare «tutte le misure necessarie» per recuperare gli aiuti di Stato illegittimi presso i beneficiari. Il mancato recupero di un aiuto di Stato illegittimo può essere giustificato solo se il recupero non è stato possibile a causa di una «impossibilità assoluta», nozione che la Corte ha interpretato restrittivamente (40).

99.      Nel contesto degli aiuti di Stato, l’approccio restrittivo si spiega non soltanto con il fatto che lo Stato membro ha causato esso stesso la situazione di illegalità concedendo un aiuto in violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ma altresì con l’esigenza di eliminare ogni eventuale distorsione della concorrenza derivante dalla concessione illegittima di un aiuto.

100. Anche nel presente contesto, siffatto approccio restrittivo all’obbligo di recuperare le somme versate indebitamente può presentare alcuni vantaggi. In particolare, imponendo sistematicamente agli Stati membri di esaurire i rimedi interni (ordinari), si migliorerebbe certamente la prevedibilità e pertanto si ridurrebbero le controversie tra la Commissione e gli Stati membri.

101. Tuttavia, come si è spiegato, il sistema istituito dal regolamento n. 1290/2005 ha conferito agli Stati membri un’ampia possibilità di scelta quanto alle misure più appropriate per il recupero delle somme versate indebitamente. Infatti, le misure da assumere ai fini della tutela degli interessi finanziari dell’Unione possono variare da un caso all’altro. A tale proposito, e considerato in particolare che gli Stati membri possono trovarsi di fronte a situazioni molto diverse durante le procedure di recupero, gli svantaggi di un approccio restrittivo superano, a mio parere, i predetti vantaggi.

102. Ad esempio, uno Stato membro può essere risultato parzialmente vittorioso in un precedente grado di giudizio. In tali circostanze, un’ulteriore impugnazione, qualora fosse sistematicamente richiesta, potrebbe mettere a rischio (almeno in parte) il recupero. Pertanto, l’esaurimento dei rimedi disponibili può non essere sempre la linea d’azione più appropriata sotto il profilo degli interessi finanziari dell’Unione europea.

103. Infatti, il mancato recupero per negligenza imputabile ad uno Stato membro può verificarsi in un ampio ventaglio di situazioni. Ciò spiega perché la Commissione abbia specificamente sottolineato in udienza che, a suo parere, l’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005 non andrebbe interpretato nel senso che esige, in generale e senza che si debbano tenere in considerazione le specifiche circostanze del caso di specie, che le amministrazioni degli Stati membri esauriscano sistematicamente i rimedi interni disponibili. Anzi, la Commissione ha evidenziato che è nelle circostanze molto particolari del presente caso che la decisione del BIRB di non impugnare la sentenza del 3 maggio 2012 dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione) configura una negligenza, ai sensi di detta disposizione, imputabile al Regno del Belgio.

104. Concordo con la Commissione che non è possibile stabilire in astratto se nel recupero di somme pagate indebitamente, in applicazione del regolamento n. 1290/2005, si sia verificata un’omissione che configuri una violazione degli obblighi incombenti agli Stati membri nel contesto del FAEGA. Per tale motivo ritengo che occorra valutare tutte le circostanze pertinenti al fine di accertare la negligenza ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005.

105. Fra tali circostanze possono rientrare le misure di recupero disponibili e quelle adottate, l’esito dei procedimenti nei vari gradi di giudizio, le spese connesse alla procedura di recupero, le probabilità di successo in detti procedimenti e l’importanza delle somme da recuperare rispetto ai costi implicati da un’ulteriore impugnazione.

106. A tale proposito, rilevo che, a quanto è dato capire dal fascicolo, la decisione controversa (di cui il Regno del Belgio ha chiesto l’annullamento dinanzi al Tribunale) era basata sulla conclusione della Commissione secondo cui il BIRB aveva agito negligentemente in quanto non aveva adito la Cour de cassation nelle specifiche circostanze del caso di specie.

107. Invero, mi sembra che, una volta avviata la procedura di recupero, stabilire se la decisione di non proporre un’ulteriore impugnazione possa essere considerata un’omissione costituente una negligenza non sia affatto un esercizio aritmetico. Al contrario, occorre tenere conto di una serie di circostanze rilevanti. Ciò è dovuto, in particolare, alla libertà mantenuta dagli Stati membri nella scelta delle misure più appropriate per il recupero di somme pagate indebitamente in forza del regolamento n. 1290/2005, un regolamento che non contiene norme di dettaglio sul recupero di somme pagate indebitamente. In altri termini, la negligenza non può essere semplicemente presunta sulla base del fatto che la Cour de cassation non è stata adita. A mio parere, una decisione di non proporre un ulteriore ricorso dopo anni di controversie infruttuose è totalmente diversa, ad esempio, da una decisione di non avviare affatto la procedura di recupero o dall’omissione dei controlli prescritti dalle pertinenti normative settoriali riguardo all’ammissibilità dei richiedenti – omissioni che presumibilmente contravverrebbero agli obblighi incombenti agli Stati membri nel contesto del FEAGA.

108. Tuttavia, pur avendo riconosciuto inizialmente l’esigenza di valutare le circostanze del caso di specie (41), il Tribunale non ha considerato varie questioni rilevanti.

109. In particolare, esso non ha considerato, al fine di accertare la negligenza, le seguenti circostanze: 1) il fatto che l’opposizione della Saint‑Louis Sucre alla domanda del BIRB era stata accolta in due gradi di giudizio; 2) le possibilità di accoglimento di un’ulteriore impugnazione del BIRB per motivi di diritto, segnatamente alla luce del ruolo fondamentale svolto dall’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione) nei procedimenti dinanzi a detto giudice; 3) la rilevanza delle questioni che il BIRB chiedeva alla Cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) di sottoporre alla Corte di giustizia mediante rinvio pregiudiziale, le ragioni per le quali la Cour d’appel non ha effettuato tale rinvio e la successiva analisi della giurisprudenza della Corte da parte dell’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation (42), nonché, infine, 4) l’importanza della somma da recuperare rispetto ai costi connessi a tale ulteriore impugnazione, compresi gli interessi dovuti in caso di decisione sfavorevole in ultimo grado.

110. Ciò mi porta all’efficacia del procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267 TFUE, argomento espressamente dedotto dalla Commissione ed accolto dal Tribunale nella sentenza impugnata (43).

111. A parere della Commissione, omettendo di impugnare la sentenza del 3 maggio 2012 dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione), di fatto il Regno del Belgio ha impedito a detto giudice di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia. Il comportamento del BIRB ha quindi compromesso l’efficacia del procedimento previsto dall’articolo 267 TFUE. Mi pare di capire che, secondo la Commissione, tale circostanza era sufficiente di per sé a dimostrare la negligenza nel caso di specie. Tale parere sembra essere condiviso dal Tribunale (44).

112. È certamente vero che la Cour de cassation non può chiedere una pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione di questioni rilevanti di diritto dell’Unione se non è stata previamente adita. Tuttavia, tale circostanza non fa venire meno, a mio parere, l’esigenza di valutare tutte le circostanze rilevanti per stabilire se costituisca negligenza il comportamento dell’amministrazione nazionale di cui trattasi, in particolare, nella fattispecie, la decisione del BIRB di non proporre un ricorso a seguito del parere negativo dell’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation consultato da detta amministrazione.

113. Sulla base delle informazioni a disposizione della Corte, non appare chiaro, nelle specifiche circostanze del caso in esame, se, qualora il BIRB avesse proposto ricorso, la Cour de cassation avrebbe effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Soprattutto, non è possibile stabilire, sulla base di tali informazioni, se detto rinvio avrebbe avuto alcuna incidenza sull’esito del procedimento (45).

114. È vero che gli Stati membri e, per estensione, le loro amministrazioni hanno indubbiamente la specifica responsabilità di garantire che il proprio comportamento non ostacoli il corretto funzionamento del sistema istituito dall’articolo 267 TFUE. Tuttavia, si deve sottolineare che la Commissione può escludere determinati importi dal finanziamento dell’Unione europea in forza dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005 solo in caso di irregolarità o negligenze imputabili all’amministrazione o ad un servizio od organismo di uno Stato membro.

115. Pertanto, onde fare ricorso a detta disposizione occorre stabilire se le amministrazioni degli Stati membri abbiano agito negligentemente (o siano all’origine dell’irregolarità). A mio parere, nonostante la specifica responsabilità degli Stati membri menzionata nel paragrafo precedente e la funzione fondamentale dell’articolo 267 TFUE nell’ordinamento giuridico dell’Unione, la negligenza non può essere accertata in astratto, sulla base della presunzione secondo cui, qualora fosse stato proposto un ricorso, la Cour de cassation, in quanto giudice di ultimo grado, avrebbe effettuato un rinvio alla Corte. In altri termini: mentre la conclusione del Tribunale può essere corretta o meno, non è possibile stabilire se l’amministrazione dello Stato membro sia stata negligente senza tenere in debita considerazione le specifiche circostanze del caso di specie. Tali circostanze includono i motivi per i quali il BIRB, che è parte del procedimento nazionale, ha deciso di non proporre un ricorso.

116. Come già rilevato, tale valutazione è stata omessa nella sentenza impugnata.

117. In conclusione, desidero svolgere un ultimo rilievo sull’interpretazione dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005 adottata nella sentenza impugnata. Sebbene tale questione non sia stata specificamente sollevata nel presente procedimento di impugnazione, osservo che il Tribunale, dopo avere rilevato che il Regno del Belgio non aveva agito con sufficiente diligenza, ha semplicemente presunto che il mancato recupero fosse dovuto alla negligenza imputabile al Regno del Belgio.

118. Si deve sottolineare che l’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005 enuncia che il mancato recupero deve essere imputabile a un comportamento negligente. Mi sembra quindi che il nesso tra il mancato recupero e la negligenza non possa essere presunto, ma debba invece essere adeguatamente accertato sulla base di una valutazione delle circostanze del caso di specie, valutazione che il Tribunale ha omesso di compiere.

119. Su tale base concludo che, poiché la valutazione operata nella sentenza impugnata riguardo alla negligenza non è sufficiente, l’accertamento del Tribunale secondo cui il mancato recupero delle somme controverse era imputabile a negligenza addebitabile al BIRB e quindi al Regno del Belgio in applicazione dell’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005 è viziato da un errore di diritto. Di conseguenza, la seconda parte del motivo unico d’impugnazione deve essere accolta.

VI.    Conseguenze della valutazione

120. Ho concluso che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando che il mancato recupero era imputabile a negligenza addebitabile al BIRB e quindi al Regno del Belgio in applicazione dell’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005. Ciò in quanto il Tribunale non ha fondato l’accertamento della negligenza su una valutazione adeguata delle specifiche circostanze del caso in esame.

121. In forza dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. Essa può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, così come può rinviare la causa al Tribunale.

122. Ho concluso che la seconda parte del motivo unico d’impugnazione deve essere accolta. Pertanto, occorre annullare la sentenza impugnata.

123. Orbene, considerata la natura dell’errore in cui è incorso il Tribunale, non mi sembra che lo stato degli atti consenta di statuire definitivamente sulla controversia in esame. Ciò in quanto una pronuncia nel merito richiederebbe che la Corte esaminasse tutte le circostanze rilevanti per valutare se la decisione di non impugnare la sentenza del 3 maggio 2012 dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione) costituisse una negligenza imputabile al Regno del Belgio. Questo comporta una valutazione dei fatti che il Tribunale è maggiormente in grado di effettuare.

124. Pertanto, propongo alla Corte di rinviare la causa al Tribunale per un nuovo esame.

VII. Conclusione

125. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire quanto segue:

–        annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 20 luglio 2017, Belgio/Commissione, T‑287/16;

–        rinviare la causa al Tribunale, e

–        riservare le spese.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Causa T‑287/16, non pubblicata, EU:T:2017:531 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).


3      Decisione del 17 marzo 2016 recante esclusione dal finanziamento dell’Unione europea di alcune spese sostenute dagli Stati membri nell’ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU 2016, L 75, pag. 16) (in prosieguo: la «decisione controversa»).


4      Regolamento del 21 giugno 2005 relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 2005, L 209, pag. 1). Tale regolamento non è più in vigore, essendo stato sostituito dal regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 (GU 2013, L 347, pag. 549, e rettifica in GU 2016, L 130, pag. 7).


5      Regolamento del 4 marzo 1991 relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell’ambito del finanziamento della politica agricola comune nonché all’instaurazione di un sistema d’informazione in questo settore e che abroga il regolamento (CEE) n. 283/72 (GU 1991, L 67, pag. 11).


6      Decisione di esecuzione della Commissione C(2016)1543 final del 17 marzo 2016 relativa alla liquidazione dei conti di alcuni organismi pagatori del Belgio e della Germania per quanto riguarda le spese finanziate dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) per l’esercizio finanziario 2012.


7      Riferimento CEB/2013/003BE.


8      Regolamento del 21 giugno 2006 recante modalità di applicazione del regolamento n. 1290/2005 (GU 2006, L 171, pag. 90).


9      V. punto 56 della sentenza impugnata.


10      V. punti da 55 a 57 e 62 della sentenza impugnata.


11      Regolamento n. 25 relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 1962, n. 30, pag. 991).


12      Considerando 1 e 2 del regolamento n. 1290/2005.


13      Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1290/2005.


14      V., in particolare, considerando 25 del regolamento n. 1290/2005.


15      Per un’analisi dell’ambito di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 1970, L 94, pag. 13), un predecessore dell’articolo 32, paragrafo 8, lettera a), del regolamento n. 1290/2005, v. conclusioni dell’avvocato generale Capotorti nella causa Paesi Bassi/Commissione (11/76, EU:C:1978:220, paragrafi 290 e segg.).


16      Sulle frodi in questo settore e sui tassi meno che ottimali di recupero, v. relazione speciale n. 3/2004 della Corte dei conti sul recupero dei pagamenti irregolari a titolo della politica agricola comune corredata delle risposte della Commissione (GU 2004, C 269, pag. 1), in particolare pagg. da 4 a 9, e parere n. 1/2005 della Corte dei conti sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo al finanziamento della politica agricola comune [COM(2004) 489 def. del 14 luglio 2004] (GU 2005, C 121, pag. 1), pagg 6 e 7.


17      Regolamento del 27 novembre 1987 recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU 1987, L 351, pag. 1).


18      V. punto 62 della sentenza impugnata.


19      V. considerando da 25 a 27 del regolamento n. 1290/2005.


20      V. punto 56 della sentenza impugnata.


21      V. punto 56 della sentenza impugnata.


22      Ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. V. anche sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 126 e giurisprudenza citata).


23      Sentenza del 18 gennaio 2007, PKK e KNK/Consiglio (C‑229/05 P, EU:C:2007:32, punto 66).


24      Ibidem.


25      Per la ratio di tale regola, v., ad esempio, sentenza della Corte EDU del 26 ottobre 2000, Kudla c. Polonia [GC], CE:ECHR:2000:1026JUD003021096, § 152.


26      V. articolo 6, paragrafo 3, TUE.V. altresì parere 2/13 (Adesione dell’Unione europea alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 179 e giurisprudenza citata).


27      Sentenza della Corte EDU del 28 luglio 1999, Selmouni c. Francia, CE:ECHR:1999:0728JUD002580394, § 74 e giurisprudenza citata.


28      V. sentenze della Corte EDU del 5 marzo 2013, Chapman c. Belgio, CE:ECHR:2013:0305DEC003961906, § 32, e del 6 novembre 1980, Van Oosterwijck c. Belgio, CE:ECHR:1980:1106JUD000765476, §§ da 36 a 40.


29      V., in particolare, sentenza della Corte EDU del 18 dicembre 1996, Aksoy c. Turchia, CE:ECHR:1996:1218JUD002198793, §§ 52 e 53 e giurisprudenza citata.


30      V. punti da 55 a 57 e 62 della sentenza impugnata.


31      V. punto 56 della sentenza impugnata.


32      V. punto 57 della sentenza impugnata.


33      V. punto 62 della sentenza impugnata.


34      Sentenze dell’11 ottobre 1990, Italia/Commissione (C‑34/89, EU:C:1990:353, punto 12); del 21 febbraio 1991, Germania/Commissione (C‑28/89, EU:C:1991:67, punto 31), e del 21 gennaio 1999, Germania/Commissione (C‑54/95, EU:C:1999:11, punto 66).


35      Sentenza del 21 gennaio 1999, Germania/Commissione (C‑54/95, EU:C:1999:11, punto 96).


36      Considerando 9 e 10 del regolamento n. 1290/2005.


37      V. https://ec.europa.eu/agriculture/fin/clearance/factsheet_it.pdf (consultato il 4 settembre 2018).


38      V. la giurisprudenza citata supra, alla nota 34.


39      V. punto 61 della sentenza impugnata.


40      V., ad esempio, sentenza del 26 giugno 2003, Commissione/Spagna (C‑404/00, EU:C:2003:373, punto 47 e giurisprudenza citata).


41      V. punto 55 della sentenza impugnata.


42      Risulta dagli atti che, nel suo parere, l’avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Cour de cassation consultato dal BIRB aveva esaminato in maniera piuttosto approfondita la giurisprudenza della Corte.


43      V. punti 57 e 59 della sentenza impugnata.


44      V. punti 57, 59 e 62 della sentenza impugnata.


45      Nella fattispecie occorre ovviamente tenere conto del principio stabilito dalla sentenza del 4 giugno 2002, Lyckeskog (C‑99/00, EU:C:2002:329, punto 18). Pertanto, in talune circostanze un giudice nazionale di ultimo grado può essere tenuto ad effettuare un rinvio pregiudiziale già nella fase dell’esame dell’ammissibilità del procedimento di cui è investito.