Language of document : ECLI:EU:T:2019:509

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

11 luglio 2019 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina – Congelamento dei capitali – Elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applica il congelamento dei capitali e delle risorse economiche – Mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco – Obbligo del Consiglio di verificare che la decisione di un’autorità di uno Stato terzo sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva»

Nella causa T‑274/18,

Oleksandr Viktorovych Klymenko, residente a Mosca (Russia), rappresentato da M. Phelippeau, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Vitro e P. Mahnič, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (PESC) 2018/333 del Consiglio, del 5 marzo 2018, che modifica la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2018, L 63, pag. 48), e del regolamento di esecuzione (UE) 2018/326 del Consiglio, del 5 marzo 2018, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2018, L 63, pag. 5), nella parte in cui il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano tali misure restrittive,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, D. Spielmann e Z. Csehi, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La presente causa si inserisce nell’ambito delle misure restrittive adottate nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina in seguito alla repressione delle manifestazioni di piazza dell’Indipendenza a Kiev (Ucraina) nel febbraio 2014.

2        Il ricorrente, sig. Oleksandr Viktorovych Klymenko, è stato Ministro delle Entrate e delle Imposte dell’Ucraina.

3        Il 5 marzo 2014 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 26). In pari data, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 208/2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 1).

4        I considerando 1 e 2 della decisione 2014/119 precisano quanto segue:

«(1)      Il 20 febbraio 2014 il Consiglio ha condannato nel modo più assoluto il ricorso alla violenza in Ucraina. Ha esortato all’immediata cessazione delle violenze in Ucraina e al pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Ha rivolto un appello al governo ucraino affinché dia prova di massima moderazione e ai leader dell’opposizione affinché prendano distanza da quanti ricorrono ad azioni radicali, inclusa la violenza.

(2)      Il 3 marzo 2014 il Consiglio ha convenuto di concentrare le misure restrittive sul congelamento e sul recupero dei beni delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e delle persone responsabili di violazioni di diritti umani, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo [S]tato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina».

5        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/119 così dispone:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a essi associate, elencati nell’allegato.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato».

6        Le modalità di tale congelamento di fondi sono definite all’articolo 1, paragrafi da 3 a 6, della decisione 2014/119.

7        Conformemente alla decisione 2014/119, il regolamento n. 208/2014 impone l’adozione delle suddette misure restrittive e ne definisce le modalità di attuazione in termini sostanzialmente identici a quelli di detta decisione.

8        I nominativi delle persone cui fanno riferimento la decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014 figurano nell’elenco contenuto nell’allegato di detta decisione e nell’allegato I del citato regolamento (in prosieguo: l’«elenco») accompagnati, in particolare, dalla motivazione del loro inserimento. Inizialmente il nome del ricorrente non compariva nell’elenco di cui trattasi.

9        La decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014 sono stati modificati dalla decisione di esecuzione 2014/216/PESC del Consiglio, del 14 aprile 2014, che attua la decisione 2014/119 (GU 2014, L 111, pag. 91), e dal regolamento di esecuzione (UE) n. 381/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2014, L 111, pag. 33) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti dell’aprile 2014»).

10      Con gli atti dell’aprile 2014, il nome del ricorrente è stato aggiunto all’elenco, con le informazioni identificative «ex Ministro delle [E]ntrate e delle [I]mposte» e con la motivazione che segue:

«Persona sottoposta a indagine in Ucraina per coinvolgimento in reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 giugno 2014, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑494/14, volto, in particolare, all’annullamento degli atti dell’aprile 2014, nella parte in cui lo riguardavano.

12      Il 29 gennaio 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/143, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 24, pag. 16), e il regolamento (UE) 2015/138, che modifica il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 24, pag. 1).

13      La decisione 2015/143 ha precisato, con decorrenza dal 31 gennaio 2015, i criteri di iscrizione delle persone interessate dal congelamento di fondi. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 è stato sostituito dal seguente testo:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato.

Ai fini della presente decisione, le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine:

a)      per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione, o

b)      per abuso d’ufficio in qualità di titolari di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesse o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni pubblici ucraini, o per essersi rese complici di tale abuso».

14      Il regolamento 2015/138 ha modificato il regolamento n. 208/2014 conformemente alla decisione 2015/143.

15      Il 5 marzo 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/364, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 62, pag. 25), e il regolamento di esecuzione (UE) 2015/357, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 62, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2015»). La decisione 2015/364, da un lato, ha sostituito l’articolo 5 della decisione 2014/119, estendendo l’applicazione delle misure restrittive, per quanto concerne il ricorrente, fino al 6 marzo 2016, e, dall’altro, ha modificato l’allegato della decisione da ultimo citata. Il regolamento di esecuzione 2015/357 ha modificato di conseguenza l’allegato I del regolamento n. 208/2014.

16      Con gli atti del marzo 2015, il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco, con le informazioni identificative «ex Ministro delle [E]ntrate e delle [I]mposte» e la nuova motivazione che segue:

«Persona sottoposta a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali e per abuso d’ufficio in qualità di titolare di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesso o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni statali ucraini».

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2015, iscritto a ruolo con il numero T‑245/15, il ricorrente ha proposto un ricorso volto, in particolare, all’annullamento degli atti del marzo 2015, nella parte in cui lo riguardavano.

18      Il 4 marzo 2016 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2016/318, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2016, L 60, pag. 76), e il regolamento di esecuzione (UE) 2016/311, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2016, L 60, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2016»).

19      Con gli atti del marzo 2016, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata, in particolare per quanto concerne il ricorrente, fino al 6 marzo 2017, senza che la motivazione della sua designazione fosse modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015.

20      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2016, il ricorrente ha adattato il ricorso relativo alla causa T‑245/15, in conformità all’articolo 86 del regolamento di procedura del Tribunale, per chiedere anche l’annullamento degli atti del marzo 2016, nella parte in cui essi lo riguardavano.

21      Con ordinanza del 10 giugno 2016, Klymenko/Consiglio (T‑494/14, EU:T:2016:360), adottata sulla base dell’articolo 132 del regolamento di procedura, il Tribunale ha accolto il ricorso menzionato al punto 11 di cui sopra, dichiarandolo manifestamente fondato e annullando, quindi, gli atti dell’aprile 2014, nella parte in cui essi riguardavano il ricorrente.

22      Il 3 marzo 2017 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2017/381, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2017, L 58, pag. 34), e il regolamento di esecuzione (UE) 2017/374, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2017, L 58, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2017»).

23      Con gli atti del marzo 2017, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata fino al 6 marzo 2018, senza che la motivazione della designazione del ricorrente fosse modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015 e del marzo 2016.

24      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 27 marzo 2017, il ricorrente ha di nuovo adattato il ricorso relativo alla causa T‑245/15, per chiedere anche l’annullamento degli atti del marzo 2017, nella parte in cui essi lo riguardavano.

25      Con sentenza dell’8 novembre 2017, Klymenko/Consiglio (T‑245/15, non pubblicata, oggetto d’impugnazione, EU:T:2017:792), il Tribunale ha respinto la totalità delle domande del ricorrente di cui ai punti 17, 20 e 24 supra.

26      Tra il dicembre 2017 e il febbraio 2018 il Consiglio e il ricorrente si sono scambiati diverse lettere relative alla possibile proroga delle misure restrittive di cui trattasi nei confronti di quest’ultimo. In particolare, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente diverse lettere dell’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina (in prosieguo, l’«UPG») in merito al procedimento penale cui egli era sottoposto e sul quale si prevedeva di fondare detta proroga.

27      Il 5 marzo 2018 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2018/333, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2018, L 63, pag. 48), e il regolamento di esecuzione (UE) 2018/326, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2018, L 63, pag. 5) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati»).

28      Con gli atti impugnati, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata fino al 6 marzo 2019, senza che la motivazione della designazione del ricorrente fosse modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015, del marzo 2016 e del marzo 2017.

29      Con lettera dell’8 marzo 2018, il Consiglio ha informato il ricorrente del mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti. Esso ha risposto alle osservazioni del ricorrente formulate nella corrispondenza precedente e gli ha trasmesso gli atti impugnati. Il Consiglio ha inoltre indicato il termine per presentargli osservazioni prima dell’adozione della decisione riguardante l’eventuale mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco.

 Procedimento e conclusioni delle parti

30      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 aprile 2018, il ricorrente ha proposto il presente ricorso, diretto all’annullamento degli atti impugnati.

31      La fase scritta del procedimento si è conclusa il 19 settembre 2018, non avendo il ricorrente depositato una replica nel termine prescritto.

32      Con sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), la Corte ha annullato la sentenza del 7 luglio 2017, Azarov/Consiglio (T‑215/15, EU:T:2017:479), nonché gli atti del marzo 2015, nella parte in cui riguardavano la parte ricorrente nella causa che aveva dato luogo a detta sentenza.

33      In ragione del potenziale impatto della soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), sull’attuale causa, il Tribunale (Sesta Sezione), ha deciso, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, di sottoporre un quesito scritto alla parti invitandole a precisare per iscritto quali fossero, a loro parere, le conseguenze da trarre dalla citata sentenza nel caso di specie. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta nel termine impartito.

34      In forza dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, in assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti entro un termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, il Tribunale può decidere di statuire sul ricorso senza fase orale. Nel caso di specie, il Tribunale, ritenendo di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa, ha deciso, in assenza di siffatta domanda, di statuire senza fase orale.

35      Il ricorrente conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti impugnati, nella parte in cui lo riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

36      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese;

–        in subordine, qualora gli atti impugnati dovessero essere annullati nella parte in cui riguardano il ricorrente, ordinare il mantenimento degli effetti della decisione 2018/333 fino a quando non acquisti efficacia l’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2018/326.

 In diritto

37      A sostegno del ricorso, il ricorrente, nell’atto introduttivo, deduce cinque motivi, rispettivamente vertenti, il primo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, il secondo, sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad un ricorso effettivo, il terzo, sull’assenza di base giuridica, il quarto, sull’errore di fatto e, il quinto, sulla violazione del diritto di proprietà. Nella sua risposta al quesito di cui al punto 33 supra, il ricorrente sostiene che, nel caso di specie, i principi desumibili dalla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), comportano che gli atti impugnati non possano che essere annullati.

38      Il Consiglio, dal canto suo, contesta nel controricorso la fondatezza dei motivi del ricorrente menzionati supra, al punto 37. Nella sua risposta al quesito di cui al punto 33 supra, esso sostiene che la sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), non ha incidenza sulla presente causa, poiché il ricorrente, nell’atto introduttivo, non avrebbe sollevato motivi di ricorso simili a quello che la Corte ha accolto nella citata sentenza e un tale motivo non sarebbe d’ordine pubblico. In subordine, il Consiglio afferma che, in ogni caso, nella specie questo motivo non è fondato.

39      In via preliminare, conviene quindi ricordare i principi che discendono, in particolare, dalla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), i quali potrebbero avere un’incidenza cruciale sulla presente causa.

 Osservazioni preliminari

40      Risulta da una giurisprudenza consolidata che, nell’ambito dell’esame delle misure restrittive, i giudici dell’Unione europea devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione, fra i quali figurano, in particolare, i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v. sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 20 e 21 e giurisprudenza ivi citata).

41      L’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea esige che, nello svolgere il controllo della legittimità dei motivi su cui si basa la decisione di inserire o di mantenere il nome di una persona nell’elenco delle persone oggetto di misure restrittive, il giudice dell’Unione si assicuri che tale decisione, la quale riveste una portata individuale per detta persona, poggi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò implica una verifica dei fatti allegati nell’esposizione dei motivi sottesi a tale decisione, di modo che il controllo giurisdizionale non sia limitato alla valutazione della verosimiglianza astratta dei motivi di decisione addotti, ma sia inteso a stabilire se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare detti atti, siano fondati (v. sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

42      L’adozione e il mantenimento di misure restrittive, quali quelle previste dalla decisione 2014/119 e dal regolamento n. 208/2014, come modificati, adottate nei confronti di una persona che è stata identificata come responsabile di un’appropriazione indebita di fondi appartenenti ad uno Stato terzo, si fondano, sostanzialmente, sulla decisione di un’autorità di quest’ultimo, competente al riguardo, di avviare e condurre un procedimento penale relativo a tale persona e riguardante un reato di appropriazione indebita di fondi pubblici (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 25).

43      Inoltre, sebbene, in forza del criterio di inserimento, come quello di cui al punto 13 supra, il Consiglio possa fondare misure restrittive sulla decisione di uno Stato terzo, l’obbligo incombente su tale istituzione di rispettare i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva implica che esso debba assicurare il rispetto dei suddetti diritti da parte delle autorità dello Stato terzo che hanno adottato la citata decisione (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 26, 27 e 35).

44      Al riguardo, la Corte precisa che l’obbligo incombente al Consiglio di verificare che le decisioni degli Stati terzi sulle quali esso intende fondarsi siano state adottate nel rispetto di tali diritti è volto a garantire che l’adozione o il mantenimento delle misure di congelamento dei capitali abbia luogo soltanto su una base fattuale sufficientemente solida e, quindi, a proteggere le persone o entità interessate. Così, il Consiglio potrebbe ritenere che l’adozione o il mantenimento di tali misure si fondi su una base fattuale sufficientemente solida solamente dopo aver accertato esso stesso che i diritti della difesa e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sono stati rispettati in occasione dell’adozione della decisione dello Stato terzo interessato sulla quale esso intende fondarsi (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 28 e 34 e giurisprudenza ivi citata).

45      Del resto, se è vero che la circostanza che lo Stato terzo faccia parte degli Stati che hanno aderito alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), comporta un controllo, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, sui diritti fondamentali garantiti da tale Convenzione, i quali, conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, TUE, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali, una tale circostanza non può tuttavia rendere superfluo l’obbligo di verifica richiamato supra, al punto 44 (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 36).

46      La Corte ritiene inoltre che il Consiglio debba dar atto, nell’esposizione delle motivazioni relative all’adozione o al mantenimento di misure restrittive nei confronti di una persona o di una entità, sia pure in maniera succinta, delle ragioni per le quali considera che la decisione dello Stato terzo sulla quale intende fondarsi sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Pertanto il Consiglio, per adempiere il suo obbligo di motivazione, deve indicare, nella decisione che impone misure restrittive, di aver verificato che la decisione dello Stato terzo su cui si fondano dette misure è stata adottata nel rispetto di tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 29 e 30 e giurisprudenza ivi citata).

47      In definitiva, allorché esso basa l’adozione o il mantenimento di misure restrittive, come quelle del caso di specie, sulla decisione di uno Stato terzo di avviare e condurre un procedimento penale per appropriazione indebita di fondi o beni statali da parte della persona interessata, il Consiglio deve, da un lato, assicurarsi che al momento dell’adozione della detta decisione le autorità di questo Stato terzo abbiano rispettato i diritti della difesa e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva della persona oggetto del procedimento penale di cui trattasi e, d’altro lato, menzionare, nella decisione che impone le misure restrittive, le ragioni per le quali esso considera che la citata decisione dello Stato terzo sia stata adottata nel rispetto di questi diritti.

48      Nel caso di specie, nella sua risposta al quesito di cui al punto 33 supra, il ricorrente afferma che, così come nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), il Consiglio non ha dedotto, negli atti impugnati, alcun elemento che attesti la verifica del rispetto, da parte dell’amministrazione giudiziaria ucraina, nell’ambito del procedimento che lo riguarda, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale. Il Tribunale non sarebbe dunque in grado di assicurarsi della legittimità degli atti impugnati, che dovrebbero di conseguenza essere annullati. Il ricorrente aggiunge che gli atti impugnati non contengono nessuna motivazione, neanche succinta, delle ragioni per le quali il Consiglio considera che questi atti siano stati adottati nel rispetto dei diritti summenzionati. Tale argomento verrebbe a corroborare il primo motivo dedotto nel ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

49      Il Consiglio sostiene, al contrario, che la sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), non ha alcuna incidenza sulla presente causa, poiché il ricorrente non avrebbe sollevato, nell’atto introduttivo, un motivo attinente alla violazione del suo obbligo di verificare se la decisione di un’autorità di uno Stato terzo di avviare e condurre un procedimento penale per appropriazione indebita di fondi pubblici fosse stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Secondo il Consiglio, un tale motivo non è d’ordine pubblico e pertanto non potrebbe essere rilevato d’ufficio dal Tribunale. Del resto, il Consiglio precisa che, se è vero che il ricorrente ha menzionato la violazione dell’articolo 6 della CEDU nonché la violazione dei diritti della difesa e del diritto ad un ricorso effettivo, egli ha, tuttavia, fatto riferimento al procedimento che si era svolto davanti al Consiglio ai fini del rinnovo delle misure restrittive che lo concernono e non all’assenza di verifica da parte del Consiglio dei diritti di cui il ricorrente beneficiava in Ucraina.

50      In tali circostanze, occorre pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità che il Consiglio ha, sostanzialmente, sollevato riguardo all’argomento che il ricorrente ha dedotto nella sua risposta al quesito di cui al punto 33 supra.

 Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio

51      L’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio consiste, sostanzialmente, nell’affermare che il ricorrente, quando si basa sulla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), invoca un motivo nuovo, senza rispettare le condizioni previste a tal fine dall’articolo 84 del regolamento di procedura e senza che questo motivo sia d’ordine pubblico.

52      L’art. 84 del regolamento di procedura così recita:

«1.      È vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

2.      Se del caso, i motivi nuovi sono dedotti in occasione del secondo scambio di memorie e individuati come tali. Quando gli elementi di diritto e di fatto che giustificano la deduzione dei motivi nuovi sono noti dopo il secondo scambio di memorie o dopo la decisione di non autorizzare un siffatto scambio di memorie, la parte principale interessata presenta i motivi nuovi non appena è a conoscenza di questi elementi [...]».

53      Al riguardo occorre in primo luogo rilevare che, in linea di principio, la produzione di un motivo nuovo deve rispettare le esigenze previste dall’articolo 84 del regolamento di procedura. Tuttavia, tali esigenze non sono applicabili quando un motivo, pur potendo essere qualificato come nuovo, è di ordine pubblico (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2016, La Ferla/Commissione e ECHA, T‑392/13, EU:T:2016:478, punto 65, e del 20 luglio 2017, Badica e Kardiam/Consiglio, T‑619/15, EU:T:2017:532, punti da 40 a 43).

54      Secondo una giurisprudenza costante, infatti, nell’ambito di un ricorso di annullamento, un motivo di ordine pubblico può essere invocato dalle parti in qualsiasi fase del procedimento, dato che un tale motivo può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice (sentenze dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, EU:T:2004:218, punto 210, e del 14 aprile 2015, Ayadi/Commissione, T‑527/09 RENV, non pubblicata, EU:T:2015:205, punto 44; v., anche, in tal senso, sentenze del 20 febbraio 1997, Commissione/Daffix, C‑166/95 P, EU:C:1997:73, punti da 23 a 25, e del 3 maggio 2018, Malta/Commissione T‑653/16, EU:T:2018:241, punti 47 e 48). Secondo questa stessa giurisprudenza, un motivo vertente su un difetto o un’insufficienza di motivazione di un atto dell’Unione costituisce un motivo di ordine pubblico.

55      Ebbene, nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), la Corte, dopo aver dichiarato che occorreva annullare la sentenza del 7 luglio 2017, Azarov/Consiglio (T‑215/15, EU:T:2017:479), ha ritenuto che lo stato degli atti consentisse di statuire sulla controversia e ha annullato gli atti controversi. A tal fine, essa ha sottolineato che non emergeva in alcun modo dalla motivazione di questi ultimi che il Consiglio avesse verificato il rispetto, da parte dell’amministrazione giudiziaria ucraina, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale della persona interessata e ha rinviato alla motivazione esposta ai punti da 25 a 30 e da 34 a 42 della sua sentenza (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti da 43 a 46).

56      In particolare, il punto 30 della sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), precisa chiaramente che «il Consiglio, per adempiere al suo obbligo di motivazione, deve indicare, nella decisione che impone misure restrittive, che esso ha verificato che la decisione dello Stato terzo su cui si fondano dette misure è stata adottata nel rispetto [dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva]».

57      Del resto, il punto 30 della sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), cita il punto 37 della sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583), nella quale la Corte aveva chiaramente constatato che «le motivazioni di tali regolamenti non consentono, quindi, di stabilire se il Consiglio abbia adempiuto all’obbligo di verifica che gli incombeva a tal riguardo», per concludere, al punto 38 di questa stessa sentenza, che a ragione il Tribunale aveva constatato che gli atti controversi «erano viziati da insufficienza di motivazione».

58      Da tali elementi risulta che, nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), la Corte ha in definitiva constatato che gli atti controversi non erano sufficientemente motivati per quanto riguardava il modo in cui il Consiglio avrebbe verificato il rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva da parte delle autorità ucraine, nell’ambito del procedimento penale per appropriazione indebita di fondi pubblici che era a fondamento delle misure restrittive adottate e mantenute dal Consiglio nei confronti della parte ricorrente nella causa che aveva dato luogo alla citata sentenza.

59      Vero è che la scelta della Corte, nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), di affrontare la questione del rispetto dei diritti di cui trattasi da parte delle autorità ucraine sotto il profilo del rispetto, da parte del Consiglio, dell’obbligo di motivazione non corrisponde agli argomenti che la parte ricorrente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 luglio 2017, Azarov/Consiglio (T‑215/15, EU:T:2017:479), aveva invocato con riferimento all’obbligo per il Consiglio di verificare che il livello di tutela dei diritti fondamentali garantito in Ucraina fosse equivalente a quello esistente nell’Unione. Infatti, tali argomenti si inserivano non nel suo motivo di ricorso vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, bensì in quello vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione, come risulta dal punto 166 della citata sentenza, nonché, del resto, dal punto 41 della sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031).

60      Tuttavia, alla luce degli elementi esposti supra ai punti da 55 a 58, è evidente che, nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), la Corte si è focalizzata sull’obbligo di motivazione.

61      Così, poiché la Corte, nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), ha annullato gli atti controversi sul fondamento di un motivo di ordine pubblico, l’eccezione di irricevibilità del Consiglio riassunta supra al punto 49 deve essere respinta.

62      In ogni caso, in secondo luogo, si deve ricordare che, per costante giurisprudenza, sebbene la deduzione di motivi nuovi in corso di causa sia, in via di principio, vietata, nondimeno un motivo, o una censura, che costituisca l’ampliamento di un motivo o di una censura presentata anteriormente, esplicitamente o implicitamente, nel ricorso e che sia strettamente connesso con questo, va considerato ricevibile (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 46, e del 26 febbraio 2016, Bodson e a./BEI, T‑240/14 P, EU:T:2016:104, punto 30).

63      Nel caso di specie, ai punti 83 e 84 dell’atto introduttivo, il ricorrente ha affermato, sostanzialmente, che il procedimento penale sul quale il Consiglio si era basato per il mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti durava ormai da quattro anni, senza alcuna apparente soluzione enunciata dall’UPG, e che tale situazione bloccata attestava che le autorità ucraine intendevano mantenerlo sotto questa pressione e avrebbero continuato ad allegare l’esistenza di un tale procedimento per imporre il congelamento dei capitali risultante dalle citate misure. Secondo il ricorrente, ciò rendeva il procedimento summenzionato contrario all’articolo 6 della CEDU e doveva condurre il Consiglio a interrogarsi sulla fondatezza dei procedimenti penali richiamati in giudizio.

64      È giocoforza rilevare che gli argomenti che il ricorrente ha dedotto nella sua risposta al quesito di cui al punto 33 supra, come riassunti supra, al punto 48, sono strettamente connessi ai punti del ricorso menzionati supra al punto 63. Così, indipendentemente dalla questione se si tratti di un motivo di ordine pubblico, al ricorrente non dovrebbe essere preclusa la possibilità di domandare al Tribunale di seguire, nel caso di specie, lo stesso approccio seguito dalla Corte nella sentenza citata.

65      In terzo luogo, si deve ricordare che il principio che vieta la deduzione di motivi nuovi ammette un’eccezione, in quanto tale deduzione è ammessa quando simili motivi si fondano su elementi di diritto o di fatto che sono emersi durante il procedimento, come prevede l’articolo 84 del regolamento di procedura (v. punto 52 supra).

66      A tal proposito è stato dichiarato che, se è vero che una giurisprudenza del giudice dell’Unione che non faccia altro che confermare una situazione di diritto che il ricorrente conosceva, in via di principio, al momento in cui ha proposto il ricorso non può essere considerata un elemento nuovo che permetta la deduzione di un motivo nuovo, diverso è il caso in cui si tratti di una giurisprudenza che fornisce nuove precisazioni (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2018 Stavytskyi/Consiglio, T‑242/16, non pubblicata, EU:T:2018:166, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).

67      Nel caso di specie, nel momento in cui il ricorrente ha proposto il presente ricorso, esisteva una giurisprudenza del Tribunale secondo la quale, da una parte, l’approccio seguito nella sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio (T‑208/11 et T‑508/11, EU:T:2014:885), non era trasponibile al contesto delle misure restrittive adottate dal Consiglio in considerazione della situazione in Ucraina e, d’altra parte, solo qualora la scelta politica del Consiglio di sostenere il nuovo regime ucraino si fosse rivelata manifestamente erronea l’eventuale assenza di corrispondenza tra la protezione dei diritti fondamentali in Ucraina e quella esistente nell’Unione avrebbe potuto avere un’incidenza sulla legittimità di tali misure (v., in tal senso, sentenze del 7 luglio 2017, Azarov/Consiglio, T‑215/15, EU:T:2017:479, punti da 166 a 178, e dell’8 novembre 2017 Klymenko/Consiglio, T‑245/15, non pubblicata, oggetto d’impugnazione, EU:T:2017:792, punti da 218 a 232). Tuttavia, con la sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), la Corte ha cassato questa giurisprudenza del Tribunale, circostanza che deve essere considerata un elemento di diritto tale da giustificare la presentazione di un nuovo motivo o di una nuova censura.

68      Come risulta dalle considerazioni che precedono, l’argomento che il ricorrente trae dai principi che discendono, in particolare, dalla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), quali risultano dai punti da 40 a 47 supra, è ricevibile.

69      Occorre peraltro precisare che, con il quesito di cui al punto 33 supra, il diritto delle parti ad essere ascoltate è stato rispettato. Risulta infatti dalla giurisprudenza che, quando il Tribunale invita le parti in causa a pronunciarsi per iscritto sulle conseguenze da trarre da una sentenza resa in un’altra causa, tali parti devono essere considerate come consapevoli del fatto che il Tribunale stia valutando la possibilità di applicare nel caso di specie, anche d’ufficio, la soluzione adottata in tale sentenza (v., in tal senso, ordinanza del 4 dicembre 2013, Forgital Italy/Consiglio, T‑438/10, non pubblicata, EU:T:2013:648, punti 59 et 60).

 Nel merito

70      Gli argomenti che il ricorrente deduce dalla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), sono stati riassunti supra, al punto 48.

71      Il Consiglio sostiene che, anche se non ne ha specificatamente fatto menzione nella motivazione degli atti impugnati, al momento della loro adozione, esso sapeva che un controllo giurisdizionale aveva avuto luogo in Ucraina, come risulterebbe da numerose lettere dell’UPG. Queste lettere attesterebbero, infatti, l’esistenza di diverse decisioni giudiziarie pronunciate in Ucraina nei confronti del ricorrente, quali la concessione, da parte del giudice delle indagini preliminari del tribunale distrettuale di Petchersk a Kiev, del permesso di detenzione per poter comparire in giudizio. Del resto, il rispetto in Ucraina dei diritti della difesa del ricorrente e del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sarebbe dimostrato, ad esempio, dal fatto, ammesso dal ricorrente, che le autorità ucraine gli avrebbero concesso l’accesso al fascicolo del procedimento penale sul quale il Consiglio si è basato per il mantenimento delle misure restrittive di cui trattasi.

72      In via preliminare, si deve ricordare che il ricorrente è sottoposto a nuove misure restrittive adottate dagli atti impugnati sulla base del criterio d’inserimento enunciato all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, quale precisato nella decisione 2015/143, e all’articolo 3 del regolamento n. 208/2014, quale precisato nel regolamento 2015/138 (v. supra, punti 13 e 14). Tale criterio prevede il congelamento dei capitali delle persone che sono state identificate come responsabili, in particolare, di fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici, ivi comprese le persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine.

73      È pacifico che il Consiglio si è basato, nel decidere di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco, sulla circostanza che quest’ultimo fosse sottoposto ad un «procedimento penale da parte delle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici», la cui esistenza risultava dalle lettere dell’UPG di cui il ricorrente aveva ricevuto copia (v. punto 26 supra).

74      Il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente si fondava dunque, così come era avvenuto nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), sulla decisione dell’UPG di avviare e condurre un procedimento d’indagine penale per appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato ucraino.

75      Ebbene, in primo luogo, è giocoforza constatare che la motivazione degli atti impugnati relativa al ricorrente (v. punti 16 e 28 supra) non contiene il minimo riferimento al fatto che il Consiglio abbia verificato il rispetto, da parte dell’amministrazione giudiziaria ucraina, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo e che, pertanto, una tale assenza di motivazione costituisce una prima indicazione del fatto che il Consiglio non ha proceduto ad una tale verifica.

76      In secondo luogo, è opportuno rilevare che nessuna delle informazioni contenute nella lettera dell’8 marzo 2018 (v. punto 29 supra) permette di ritenere che il Consiglio disponesse di elementi relativi al rispetto dei diritti in questione da parte delle autorità ucraine per quanto riguardava il procedimento penale a carico del ricorrente e, ancor meno, che il Consiglio abbia valutato tali elementi, al fine di verificare se tali diritti fossero stati sufficientemente rispettati dall’amministrazione giudiziaria ucraina in sede di adozione della decisione di avviare e condurre un procedimento d’indagine penale per appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici da parte del ricorrente. In tale lettera, infatti, così come era stato fatto nella causa che aveva dato luogo alla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 24), il Consiglio si è essenzialmente limitato a indicare che le lettere dell’UPG, comunicate in via preliminare al ricorrente (v. punto 26 supra), stabilivano che quest’ultimo continuava ad essere oggetto di un procedimento penale per appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici.

77      In terzo luogo, si deve osservare che il Consiglio era tenuto ad effettuare la verifica del rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva indipendentemente da ogni elemento di prova prodotto dal ricorrente per dimostrare che, nel caso di specie, la sua situazione personale fosse stata interessata dai problemi che egli identificava nel funzionamento del sistema giudiziario in Ucraina. Ebbene, nel controricorso il Consiglio ha sostanzialmente indicato che qualunque asserita violazione dei diritti della difesa del ricorrente da parte delle autorità ucraine poteva essere invocata solamente dinanzi gli organi giurisdizionali di tale paese.

78      In quarto luogo, si deve ricordare che, nella sua risposta al quesito riguardante la sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), il Consiglio, nel merito, si è limitato a dedurre gli argomenti riassunti supra al punto 71.

79      A tal proposito occorre, sotto un primo profilo, constatare che il Consiglio ammette che la motivazione degli atti impugnati non tratta la questione del rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva con riferimento alla decisione di avviare e condurre il procedimento penale che ha giustificato l’iscrizione e il mantenimento del nome del ricorrente sull’elenco.

80      Sotto un secondo profilo, si deve rilevare che, stando al Consiglio, risulta chiaramente dal fascicolo della presente causa che un controllo giudiziario era stato esercitato in Ucraina durante lo svolgimento delle indagini penali. Più in particolare, secondo il Consiglio, l’esistenza di più decisioni giudiziarie adottate nel contesto del procedimento penale a carico del ricorrente dimostra che, allorché si è basato sulla decisione delle autorità ucraine menzionata nelle lettere dell’UPG, da un lato, esso ha potuto verificare che quest’ultima era stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e, dall’altro, esso si è assicurato che un certo numero di decisioni giudiziarie adottate nel contesto di tale procedimento penale lo erano state nel rispetto di tali diritti.

81      Ebbene, tutte le decisioni giudiziarie menzionate dal Consiglio si inseriscono nel contesto del procedimento penale che ha giustificato l’iscrizione e il mantenimento del nome del ricorrente sull’elenco e non sono altro che incidentali rispetto a quest’ultimo, essendo di natura o cautelare o procedurale. È ben vero che tali decisioni sono atte a corroborare la tesi del Consiglio riguardante l’esistenza di una base fattuale sufficientemente solida, ossia il fatto che, conformemente al criterio d’inserimento, il ricorrente era sottoposto a un procedimento penale, segnatamente per appropriazione indebita di fondi o beni appartenenti allo Stato ucraino. Tuttavia, simili decisioni non sono, di per sé, ontologicamente idonee a dimostrare, come vorrebbe il Consiglio, che la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina di avviare e condurre il citato procedimento penale, sulla quale sostanzialmente poggia il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente, sia stata presa nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo.

82      In ogni caso, da una parte, il Consiglio non è in grado di indicare alcun documento del fascicolo del procedimento che ha condotto all’adozione degli atti impugnati dal quale risulti che esso abbia esaminato le decisioni degli organi giurisdizionali ucraini che ora invoca e che abbia potuto concluderne che i diritti della difesa del ricorrente e il suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva erano stati rispettati nella loro sostanza.

83      D’altra parte, il Consiglio non cerca neanche di spiegare come l’esistenza di tali decisioni permetta di ritenere che la tutela dei diritti in questione sia stata garantita, anche se, come il ricorrente aveva sostenuto, in particolare, nella sua lettera del 26 gennaio 2018 al Consiglio, tale procedimento, che era in corso dal mese di marzo 2014, si trovava ancora allo stadio delle indagini preliminari e non era stato sottoposto ad un tribunale ucraino nel merito, ma lo era stato, tutt’al più, solamente per questioni procedurali.

84      In proposito, occorre ricordare che l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU dispone che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie ai fini della determinazione sia dei suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. Tale diritto è afferente al principio di tutela giurisdizionale effettiva, che, del resto, è stato sancito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punti 177 e 179).

85      Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già rilevato che la violazione di tale principio poteva essere constatata, in particolare, quando la fase d’istruttoria di un procedimento penale era caratterizzata da un certo numero di fasi di inattività imputabili alle autorità competenti per tale istruttoria (v., in tal senso, Corte EDU, 6 gennaio 2004, Rouille c. Francia, CE:ECHR:2004:0106JUD 005026899, punti da 29 a 31; 27 settembre 2007, Reiner e a. c. Romania, CE:ECHR:2007:0927JUD 000150502, punti da 57 a 59, e 12 gennaio 2012, Borisenko c. Ucraina, CE:ECHR:2012:0112JUD 002572502, punti da 58 a 62).

86      D’altronde, risulta dalla giurisprudenza che, quando una persona è oggetto di misure restrittive da molti anni, e ciò in ragione dell’esistenza del medesimo procedimento penale condotto dall’UPG, il Consiglio è tenuto ad approfondire la questione della violazione eventuale dei diritti fondamentali di questa persona da parte della autorità ucraine (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2019, Stavytskyi/Consiglio T‑290/17, EU:T:2019:37, punto 132).

87      Pertanto, nel caso di specie, il Consiglio avrebbe per lo meno dovuto indicare le ragioni per le quali, nonostante l’argomento del ricorrente ripreso supra al punto 83, esso poteva considerare che il diritto di quest’ultimo ad una tutela giurisdizionale effettiva dinanzi all’amministrazione giudiziaria ucraina, che è, manifestamente, un diritto fondamentale, fosse stato rispettato sotto il profilo dell’esame della causa entro un termine ragionevole.

88      Sotto un terzo profilo, quanto alla menzione, da parte del Consiglio, del fatto che il ricorrente avrebbe ammesso di avere avuto accesso, il 21 aprile 2017, al fascicolo a suo carico di cui disponeva l’UPG, si deve constatare che si tratta di una condizione necessaria, ma certamente non sufficiente, per considerare che i diritti della difesa del ricorrente e il suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sono stati rispettati.

89      Non si può quindi concludere che gli elementi di cui il Consiglio disponeva al momento dell’adozione degli atti impugnati gli abbiano permesso di verificare che la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina sulla quale si fonda, sostanzialmente, il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente fosse stata adottata rispettando tali diritti.

90      Del resto, a tal proposito, è opportuno rilevare anche, come è stato precisato nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), che la giurisprudenza della Corte secondo la quale, in particolare, in caso di adozione di una decisione di congelamento di capitali come quella riguardante il ricorrente, spetta al Consiglio o al Tribunale verificare la fondatezza non delle indagini cui la persona interessata da tali misure era sottoposta in Ucraina, ma unicamente della decisione di congelamento di capitali in considerazione del o dei documenti sui quali tale decisione è stata fondata (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio, C‑220/14 P, EU:C:2015:147, punto 77; del 19 ottobre 2017, Yanukovych/Consiglio, C‑599/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:785, punto 69, e del 19 ottobre 2017, Yanukovych/Consiglio, C‑598/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:786, punto 72), non può essere interpretata nel senso che il Consiglio non è tenuto a verificare che la decisione dello Stato terzo sulla quale esso intende basare l’adozione delle misure restrittive sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio, C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

91      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, non è provato che il Consiglio, prima dell’adozione degli atti impugnati, abbia verificato il rispetto, da parte dell’amministrazione giudiziaria ucraina, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente.

92      In tali circostanze, gli atti impugnati devono essere annullati nella parte in cui riguardano il ricorrente, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e argomenti dedotti da quest’ultimo.

93      Riguardo alla domanda presentata dal Consiglio in subordine (v. punto 36, terzo trattino, supra), diretta, in sostanza, al mantenimento degli effetti della decisione 2018/333 fino alla scadenza del termine previsto per proporre impugnazione e, qualora sia proposta impugnazione, fino alla decisione che statuisca in proposito, è sufficiente osservare che la decisione 2018/333 ha prodotto effetti soltanto fino al 6 marzo 2019. Di conseguenza, l’annullamento di quest’ultima mediante la presente sentenza non produce effetti sul periodo successivo a tale data, cosicché non è necessario pronunciarsi sulla questione del mantenimento degli effetti di tale decisione (v., in tal senso, sentenza del 6 giugno 2018, Arbuzov/Consiglio, T‑258/17, EU:T:2018:331, punto 107 e giurisprudenza ivi citata).

 Sulle spese

94      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio è rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alle conclusioni del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (PESC) 2018/333 del Consiglio, del 5 marzo 2018, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, e il regolamento di esecuzione (UE) 2018/326 del Consiglio, del 5 marzo 2018, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, sono annullati nella parte in cui il nome del sig. Oleksandr Viktorovych Klymenko è stato mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano dette misure restrittive.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

Berardis

Spielmann

Csehi

Così deciso e pronunciato in udienza pubblica a Lussemburgo, l’11 luglio 2019.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.