Language of document : ECLI:EU:C:2010:75

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÄÄSKINEN

presentate l’11 febbraio 2010 1(1)

Causa C‑62/09

THE QUEEN

su richiesta della

Association of the British Pharmaceutical Industry

contro

Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice of England and Wales, Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord)]

«Direttiva 2001/83/CE – Art. 94 – Incentivi finanziari ad ambulatori medici che prescrivono taluni medicinali ai propri pazienti – Autorità sanitarie pubbliche – Medici – Libertà di prescrizione»






I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (2) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»). Tale direttiva vieta la promozione di medicinali presso persone autorizzate a prescriverli mediante premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile o rientrino nella prassi corrente in campo medico. La questione pregiudiziale riguarda i regimi di incentivazione delle prescrizioni istituiti da «Primary Care Trusts» (centri locali di assistenza primaria, in prosieguo: i «PCT») (3), in particolare, se essi rientrino e se siano in contrasto con l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83.

2.        Il procedimento dinanzi al giudice del rinvio si svolge nel più ampio contesto di un onere in costante crescita a carico delle casse pubbliche, dovuto all’introduzione di nuovi medicinali nel mercato farmaceutico. In alcuni casi, tali nuovi medicinali possono essere estremamente costosi, con conseguente aumento dei costi terapeutici per paziente. Anche nel caso di nuovi medicinali con costi più moderati, il loro «valore aggiunto» in termini terapeutici, rispetto a prodotti di più vecchia data e molto più convenienti, può essere molto limitato, o inesistente, per la maggior parte dei pazienti. Ciononostante, non si può negare che medicinali più efficaci possono ridurre la spesa complessiva per la salute pubblica.

3.        Occorre inoltre ricordare che, sebbene le spese dirette per i prodotti medicinali siano relativamente ridotte rispetto alla spesa globale nel settore della sanità pubblica (4), esse sono in costante crescita. Non sorprende quindi che le autorità degli Stati membri abbiano preso diverse misure volte a rallentare tale sviluppo. La sentenza nella causa Menarini (5) è l’esempio più recente del fatto che tali misure costituiscono oggetto di procedimenti dinanzi alla Corte.

II – Contesto normativo

 Normativa dell’Unione Europea (6)

4.        L’art. 95 CE costituisce il fondamento normativo per le misure comunitarie relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, aventi per oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno. Nel formulare le sue proposte in base a tale articolo, in materia, tra l’altro, di sanità, sicurezza e protezione dei consumatori, la Commissione deve basarsi su un livello di protezione elevato.

5.        L’art. 152 CE dispone quanto segue:

«1. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

L’azione della Comunità, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l’informazione e l’educazione in materia sanitaria.

(...)

5. L’azione comunitaria nel settore della sanità pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica».

La direttiva 2001/83

6.        Secondo il primo ‘considerando’ della direttiva 2001/83, tale direttiva codificava, riunendole in un unico testo, le direttive per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali per uso umano, comprendenti la direttiva del Consiglio 31 marzo 1992, 92/28/CEE, concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano (in prosieguo: la «direttiva 92/28») (7).

7.        I ‘considerando’ 2, 47 e 50 della direttiva 2001/83 enunciano quanto segue:

«(2) Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.

(...)

(47) La pubblicità dei medicinali presso le persone autorizzate a prescriverli o a fornirli contribuisce all’informazione di dette persone. Occorre tuttavia assoggettarla a requisiti severi ed a un controllo effettivo ispirandosi in particolare ai lavori realizzati dal Consiglio d’Europa.

(...)

(50) Le persone autorizzate a prescrivere medicinali devono poter svolgere tale compito con assoluta obiettività, senza essere influenzate da incentivi finanziari diretti o indiretti».

8.        L’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83 dispone quanto segue:

«La presente direttiva si applica ferme restando le competenze delle autorità degli Stati membri sia in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali sia per quanto concerne la loro inclusione nel campo d’applicazione dei sistemi nazionali di assicurazione malattia, sulla base di condizioni sanitarie, economiche e sociali».

9.        Il Titolo VIII, intitolato «Pubblicità», riguardava originariamente gli articoli 86‑100 della direttiva 2001/83, concernenti la pubblicità e le azioni di informazione presso il pubblico, nonché presso le persone autorizzate a prescrivere medicinali.

10.      L’art. 86, n. 1, nel Titolo VIII della direttiva 2001/83 (8), così dispone:

«Ai fini del presente titolo si intende per “pubblicità dei medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare quanto segue:

–        la pubblicità dei medicinali presso il pubblico,

–        la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli,

(...)

–        l’incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile,

(...)».

11.      Un nuovo Titolo VIII bis, intitolato «Informazioni e Pubblicità», è stato inserito nella direttiva 2001/83 dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE, che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (9), per chiarire l’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 e le definizioni in essa contenute. Il nuovo Titolo VIII bis è costituito dagli artt. 88 bis‑100. Esso comincia con un nuovo art. 88 bis, che riguarda la futura strategia informativa della Commissione, per garantire una informazione di qualità, obiettiva, affidabile e di carattere non promozionale sui medicinali.

12.      L’art. 94, n. 1, ora nel Titolo VIII bis della direttiva 2001/83 (10), dispone quanto segue:

«Nell’ambito della promozione dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli, è vietato concedere, offrire o promettere a tali persone premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile o rientrino nella prassi corrente in campo medico o farmaceutico».

La direttiva 89/105/CEE

13.      La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/105/CEE, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (11) (in prosieguo: la «direttiva 89/105») stabilisce un quadro procedurale affinché misure nazionali controllino i prezzi delle specialità medicinali per uso umano o restringano la gamma delle specialità medicinali coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia.

III – Fatti

14.      L’Association of the British Pharmaceutical Industry (in prosieguo: la «ABPI») è un’associazione professionale che rappresenta aziende farmaceutiche nazionali e internazionali operanti nel Regno Unito. Essa ha presentato un ricorso, dinanzi alla High Court, contro la Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency (in prosieguo: la «MHRA»), un’agenzia esecutiva del Department of Health (Ministero della Sanità) tra le cui funzioni è inclusa quella di garantire il rispetto della legislazione nazionale e dell’Unione europea concernente la pubblicità e la promozione di medicinali.

15.      In Inghilterra e Galles, il Secretary of State for Health è responsabile di assicurare un servizio sanitario nazionale ampio. I servizi medici sono finanziati localmente dai PCT in Inghilterra, e dai Local Health Boards (servizi sanitari locali) in Galles. I General Practitioner Practices (in prosieguo: gli «ambulatori di medicina generale») sono gruppi di medici generici o medici individuali (in prosieguo: i «medici») convenzionati con un PCT per fornire servizi medici.

16.      I medici e altri professionisti del settore sanitario dispongono di specifiche abilitazioni per rilasciare prescrizioni di medicinali. Quando rilasciano prescrizioni a carico del NHS, devono attenersi alla regolamentazione e ai controlli sulle prescrizioni del NHS. Essi devono inoltre attenersi ai codici deontologici emanati dal General Medical Council (Consiglio medico generale), un organismo che abilita i medici ad esercitare la medicina nel Regno Unito e assicura il rispetto di standard adeguati nell’esercizio della medicina.

17.      Nell’ambito di una politica più generale, volta a ridurre le spese globali per i medicinali, i PCT hanno introdotto incentivi finanziari per indurre i medici a prescrivere i medicinali in un determinato modo. Esistono sostanzialmente due tipi di regimi: quelli che premiano i medici che prescrivono medicinali concreti e nominativi (in prosieguo: i «regimi di incentivazione delle prescrizioni»), e quelli che premiano i medici che prescrivono farmaci generici. Solo il primo tipo di regime è alla base della questione pregiudiziale.

18.      I regimi di incentivazione delle prescrizioni sono applicabili sia a nuove prescrizioni, rispetto alle quali i medici vengono incoraggiati a favorire medicinali recanti un determinato nominativo, appartenenti alla stessa classe terapeutica dei medicinali che avrebbero altrimenti potuto essere prescritti, sia a prescrizioni esistenti, rispetto alle quali i medici sono incoraggiati a cambiare i medicinali attualmente prescritti ad un paziente.

19.      I PCT definiscono gli equivalenti terapeutici di medicinali appartenenti alla stessa classe terapeutica, conformemente alle istruzioni del National Institute for Health and Clinical Excellence, che può inoltre dichiarare se un particolare medicinale sia sufficientemente efficace per giustificarne il costo di acquisto e se un medicinale sia, in generale, da preferire su tale base.

20.      Il 3 luglio 2006 la ABPI ha scritto alla MHRA per esprimere le proprie perplessità in merito ai regimi di incentivazione di medicinali istituiti dai PCT. Nella sua risposta, la MHRA ha rilevato (discostandosi da una tesi precedente in cui sosteneva l’opposto) di essere ora del parere che l’art. 94 della direttiva 2001/83 consideri solo i regimi di incentivazione di carattere commerciale. Poiché la ABPI ha contestato tale interpretazione dell’art. 94 della direttiva 2001/83, essa ha proposto dinanzi al giudice del rinvio un ricorso avente ad oggetto il controllo in merito alla legittimità della posizione della MHRA.

21.      Ritenendo necessaria un’interpretazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, per la soluzione della controversia in questione, la High Court ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83/CE osti a che un ente pubblico facente parte di un servizio sanitario nazionale, al fine di ridurre le spese globali per i medicinali, istituisca un regime che offre incentivi finanziari ad ambulatori medici (che a loro volta possono offrire un vantaggio finanziario al medico che effettua la prescrizione) affinché in essi venga prescritto un medicinale specificamente designato che rientri nel regime di incentivazione, ove si tratti di:

a)       un medicinale soggetto a prescrizione, diverso dal medicinale precedentemente prescritto dal medico al paziente; ovvero

b)       un medicinale soggetto a prescrizione, diverso da quello che avrebbe potuto essere prescritto al paziente se non fosse stato per il regime di incentivazione,

qualora tale medicinale diverso soggetto a prescrizione appartenga alla stessa classe terapeutica dei medicinali utilizzati per il trattamento della particolare patologia del paziente».

22.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata nella cancelleria della Corte il 13 febbraio 2009.

23.      Hanno presentato osservazioni scritte la ABPI, i governi ceco, estone, dei Paesi Bassi, spagnolo e del Regno Unito, nonché la Commissione.

24.      Tutti i soggetti che hanno presentato osservazioni scritte, ad eccezione del governo estone, hanno esposto oralmente le proprie tesi all’udienza del 10 dicembre 2009. Inoltre, il governo francese, che non aveva presentato osservazioni scritte, ha svolto argomenti orali.

IV – Ambito della presente causa

25.      Innanzitutto, è importante definire l’ambito della presente causa. Occorre sottolineare che non si tratta di una generica sostituzione.

26.      I regimi di incentivazione delle prescrizioni sono volti ad incoraggiare i medici che attualmente prescrivono, o intendono prescrivere, il medicinale concreto e nominativo «A», ad iniziare a prescrivere il medicinale concreto e nominativo «B» (appartenente alla stessa classe terapeutica) ogni qualvolta sia possibile.

27.      Come confermato dal Regno Unito all’udienza, risulta che il medicinale A è di marca, poiché i brevetti sono ancora in vigore e, pertanto, è prodotto da un’unica azienda. Non è questo il caso, tuttavia, del medicinale B, per il quale i brevetti non sono più esistenti o non lo sono mai stati. Il medicinale B è pertanto prodotto e commercializzato da diversi produttori.

28.      Tuttavia, tale sostituzione tra medicinali nominativi non costituisce una sostituzione generica. La sostituzione generica consiste nel sostituire un medicinale di marca con un medicinale generico equivalente, contenente lo stesso componente attivo. Esso è noto come «principio attivo». Pertanto la sostituzione avviene tra due varianti commerciali dello stesso medicinale.

29.      Come risulta chiaramente dalla questione pregiudiziale, la presente causa concerne la sostituzione di un medicinale nominativo con un altro medicinale concreto e nominativo, contenente un componente attivo diverso. La Corte non è chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 94, n. 1, ai regimi di incentivazione che incoraggiano la sostituzione generica tra medicinali contenenti lo stesso componente attivo.

V –    Osservazioni preliminari

30.      A sostegno delle loro tesi, le parti propongono una serie di argomenti di diritto che possono, in sostanza, essere classificati in due ordini di ragionamenti giuridici: uno sul piano politico e l’altro che invoca un principio di diritto (12).

31.      Il Regno Unito e gli altri Stati membri intervenienti adottano una posizione che potrebbe qualificarsi come basata sulla politica. In sostanza, essi sostengono che la normativa dell’Unione Europea riconosce la competenza di uno Stato membro ad organizzare il proprio sistema sanitario pubblico liberamente, in base alle esigenze della propria popolazione, alle risorse pubbliche disponibili e alle concezioni di giustizia sociale che richiedono che le risorse economiche inevitabilmente scarse, disponibili per l’assistenza sanitaria, vengano utilizzate nel modo più efficace possibile per consentire la prestazione, a tutti, di servizi di assistenza sanitaria buoni e di ampia portata. Il ragionamento svolto, se associato ad argomenti che si richiamano alla genesi legislativa della direttiva 2001/83, li porta alla conclusione che l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, non è applicabile alle misure adottate dalle autorità pubbliche nell’ambito del contenimento dell’aumento della spesa medica, o quantomeno non le vieta.

32.      D’altro canto, la ABPI e la Commissione difendono un’interpretazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, fondata su argomenti avvalorati da un principio di diritto che garantisce il rispetto dell’interesse superiore del paziente, quale obbligo di legge primario dei professionisti della sanità. In sostanza, esse sostengono che il divieto di cui all’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, è volto a garantire l’indipendenza e l’obiettività dei medici che prescrivono medicinali dall’intrusione di incentivi economici inappropriati. Pertanto, la ratio legis della disposizione è di tutelare il paziente, garantendo che la prescrizione sia basata unicamente su considerazioni di natura neutra e professionale volte all’interesse superiore del paziente, senza motivazioni indebite legate all’interesse personale del medico. Da tale punto di vista, gli incentivi economici concessi dalle autorità pubbliche possono risultare altrettanto pregiudizievoli, quanto corrispettivi o altri benefici economici offerti ai medici da aziende che producono o commercializzano medicinali.

33.      Prima di discutere nel merito queste due linee argomentative, vorrei esaminare l’argomento sollevato dal Regno Unito, concernente i motivi che avrebbero mosso l’ABPI al ricorso. Nelle sue osservazioni, il Regno Unito afferma che la ABPI rappresenta l’interesse commerciale delle aziende farmaceutiche che producono e commercializzano i medicinali di marca più costosi. Di conseguenza, secondo la tesi del Regno Unito, essa non è interessata a garantire l’indipendenza dei medici o la sicurezza dei pazienti, desidera invece massimizzare la prescrizione, e quindi la vendita, di medicinali di marca prodotti e commercializzati dai suoi membri.

34.      A mio parere, la natura delle motivazioni della ABPI, legate al suo interesse, è giuridicamente irrilevante. Con riferimento al settore di attività, l’industria farmaceutica è legittima, socialmente utile e perfino incoraggiata dal legislatore dell’Unione Europea. È inoltre insito nell’ordine economico dell’Unione Europea, mirante ad un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza (13), il fatto che gli operatori economici privati perseguono fini lucrativi. Tale logica è applicabile anche all’industria farmaceutica.

35.      Inoltre, anche se in altri Stati membri sembra esistere una qualche forma di regime di incentivazione economica volto a ridurre i costi delle spese per i prodotti medicinali, il Regno Unito risulta essere l’unico Stato membro che prevede regimi di incentivazione delle prescrizioni che comportano la sostituzione di medicinali concreti e nominativi (14).

VI – Ambito di applicazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83

A –    L’esenzione ai sensi dell’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83

36.      Il primo argomento fatto valere dal Regno Unito a sostegno della propria interpretazione della direttiva 2001/83 si riferisce alle responsabilità degli Stati membri ai sensi dell’art. 152 CE.

37.      Esso rileva che, qualora l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, fosse considerato applicabile alle autorità pubbliche, esso costituirebbe una limitazione del potere discrezionale di cui gli Stati membri dispongono ai sensi dell’art. 152 CE, di adottare disposizioni nazionali in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica. Esso sostiene che l’impegno dei medici, la prescrizione di medicinali e il livello della spesa pubblica per i medicinali, rappresentano tutti importanti caratteristiche dell’organizzazione e della fornitura di servizi sanitari in relazione ai quali gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale ai sensi dell’art. 152, n. 5, CE.

38.      Il Regno Unito rileva, inoltre, che l’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83, riconosce il diritto di controllare la spesa escludendo taluni tipi di misure adottate per controllare la spesa pubblica in materia di medicinali. Sembra, pertanto, che esso consideri l’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83 quale esenzione generale dal mercato interno nell’ambito delle misure di sanità pubblica volte a ridurre la spesa per i medicinali.

39.      Ai sensi dell’art. 152 CE, l’azione comunitaria nel settore della sanità pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica (15). Tuttavia, come coerentemente osservato dalla Corte, nell’esercizio di tale competenza gli Stati membri devono rispettare il diritto comunitario (16).

40.      Inoltre, si deve ricordare che la direttiva 2001/83 è stata adottata come misura di mercato interno, prendendo a fondamento giuridico l’art. 95 CE.

41.      Pertanto, non sono convinto che l’art. 152 CE comporterebbe l’esclusione delle autorità pubbliche dall’ambito di applicazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83.

42.      Né sono convinto del fatto che l’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83, militi ulteriormente a favore di tale tesi. Tale disposizione enuncia due chiare eccezioni: la fissazione dei prezzi dei medicinali e la loro inclusione nel campo d’applicazione dei sistemi nazionali di assicurazione malattia. Nella causa in esame, i regimi di incentivazione delle prescrizioni non costituiscono una misura volta a regolare la fissazione dei prezzi dei medicinali: i PCT non prendono una decisione in merito alla fissazione dei prezzi, ma prendono una decisione sulla base del prezzo che è stato fissato. Né i regimi di incentivazione delle prescrizioni possono essere considerati misure concernenti l’inclusione di medicinali nell’ambito di applicazione dei sistemi nazionali di assicurazione malattia. I regimi di incentivazione delle prescrizioni sono volti ad influenzare l’utilizzo di medicinali già inclusi nei sistemi nazionali di assicurazione malattia.

43.      Di conseguenza, la fattispecie in esame non può pertanto essere considerata alla luce dell’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83.

44.      Il testo dell’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83 riflette il titolo della direttiva 89/105, specificando che si applica allo stesso oggetto della direttiva 89/105 (17). A mio parere, l’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83 costituisce pertanto un riferimento alla direttiva 89/105, sebbene non faccia espressa menzione di tale direttiva (18). Di conseguenza, gli Stati membri, quando adottano una qualsiasi delle misure figuranti nell’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83, devono soddisfare i requisiti previsti dalla direttiva 89/105.

45.      Anche qualora fosse possibile eludere la formulazione esplicita dell’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83, i regimi di incentivazione delle prescrizioni di cui trattasi non soddisfano i requisiti della direttiva 89/105, poiché non forniscono le garanzie da essa richieste.

46.      L’obiettivo della direttiva 89/105 è di aumentare la trasparenza nel modo in cui gli Stati membri fissano i prezzi o controllano le intese in materia di prezzi, al fine di mitigare i problemi causati al funzionamento del mercato interno dei medicinali da diversi sistemi nazionali in materia di fissazione di prezzi e assicurazione malattia. La direttiva 89/105 non è intesa a stabilire disposizioni che influiscano sulle politiche di tali Stati membri. Essa si limita a fissare le procedure da seguire nelle decisioni attinenti ai prezzi dei medicinali e alla loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia.

47.      Qualora uno Stato membro prenda una decisione che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 89/105, esso deve informare il produttore della sua decisione, delle sue motivazioni e dei mezzi di ricorso di cui dispone (19). Esso deve inoltre comunicare alla Commissione un elenco delle specialità medicinali per cui sono state adottate misure, ai sensi delle procedure previste dalla direttiva 89/105 (20).

48.      I regimi di incentivazione delle prescrizioni di cui trattasi non sono stati notificati alla Commissione conformemente alla direttiva 89/105. Inoltre, come dichiarato dal Regno Unito all’udienza, le autorità pubbliche non informano i produttori di tali regimi. Anche se risulta che esistono canali per ottenere tali informazioni ai sensi della legislazione nazionale e sono disponibili mezzi di ricorso, i produttori interessati non sembrano venire informati dai PCT in merito ai regimi di incentivazione delle prescrizioni, ma devono informarsi autonomamente. Non ritengo, pertanto, che il regime del Regno Unito sia stato concepito tenendo conto della direttiva 89/105.

49.      Infine, l’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83 non prevede un’esenzione generale dalle norme del mercato interno nell’ambito delle misure di sanità pubblica volte a limitare le spese per i medicinali, come sostenuto dal Regno Unito. La direttiva 89/105 precisa i modi in cui il controllo nazionale dei prezzi dei medicinali e la loro inclusione nei regimi di assicurazione malattia possono essere adattati, in questa fase dello sviluppo del diritto dell’Unione Europea, ai requisiti del mercato interno.

50.      Pertanto, non sono convinto che l’art. 4, n. 3, della direttiva 2001/83 o la direttiva 89/105 comporti il fatto che le attività delle autorità pubbliche, in quanto tali, siano escluse dall’ambito di applicazione delle disposizioni speciali ai sensi del Titolo VIII bis della direttiva 2001/83.

B –    Genesi legislativa e finalità dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83

51.      Il secondo argomento fatto valere per escludere le autorità pubbliche dall’ambito di applicazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, riguarda la sua genesi legislativa.

52.      È vero che l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 non esclude espressamente le autorità pubbliche dalla sua applicazione. Esso non specifica a chi sia diretta. Vi sono prove, tuttavia, che dimostrano che la disposizione avrebbe potuto, inizialmente, essere principalmente intesa a disciplinare attività commerciali. In alcune versioni linguistiche, ad esempio, la nozione di «promozione» è espressa con parole che potrebbero essere intese come riferimento implicito ad attività commerciali (21).

53.      A sostegno di tale tesi, il Regno Unito rinvia al quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/83, che si riferisce ai lavori realizzati dal Consiglio d’Europa. Il governo lo interpreta come riferimento alla risoluzione AP 82, n. 1, del comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, adottata il 2 giugno 1982, sulle «Regulations Governing Information Concerning Medicines and the Advertising of Them to Persons Qualified to Prescribe or Supply Them (regole di disciplina delle informazioni concernenti i medicinali e la loro pubblicità presso persone autorizzate a prescriverli o fornirli)» (22) (in prosieguo: la «risoluzione AP 82, n. 1»). L’art. 1 della risoluzione AP 82, n. 1, statuisce che le disposizioni in essa contenute riguardano «materiale promozionale diffuso per scopi commerciali in favore di un medicinale».

54.      All’udienza la Commissione ha osservato che il quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/83 non fa espresso riferimento alla risoluzione AP 82, n. 1, e che i riferimenti ai lavori realizzati dal Consiglio d’Europa devono essere intesi come fonte generale di ispirazione nel considerare i Titoli VIII e VIII bis della direttiva 2001/83. A suo parere, la direttiva 2001/83 è, in effetti, stata considerata applicabile a parti non commerciali, precisamente, nella causa Damgaard (23), e il Regno Unito lo ammette.

55.      A mio parere, è lecito supporre che, facendo riferimento ai lavori realizzati dal Consiglio d’Europa, il legislatore intendesse riferirsi alla promozione commerciale di medicinali. Ciononostante, diversamente dalla risoluzione AP 82, n. 1, né la formulazione dei Titoli VIII e VIII bis della direttiva 2001/83, in generale, né l’art. 94, n. 1, di tale direttiva, in particolare, si limitano ad attività commerciali. A mio parere, da tale silenzio si può dedurre che il legislatore, al corrente della possibilità di limitare l’ambito di applicazione di tali disposizioni a parti commerciali, abbia scelto deliberatamente di non applicare tale restrizione. L’avvocato generale ha espresso lo stesso parere nella causa Damgaard, quando ha concluso che il legislatore non si è espresso sulla questione deliberatamente (24). Tale silenzio dimostra, a mio avviso, che l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, può avere un’applicazione più ampia rispetto alla corrispondente disposizione contenuta nella risoluzione AP 82, n. 1.

56.      All’udienza il governo francese ha osservato che, da un’analisi sistematica degli artt. 91‑96 della direttiva 2001/83, emergerebbe che l’art. 94, n. 1 della direttiva 2001/83, non era rivolto alle autorità pubbliche.

57.      Non posso concordare con tale conclusione. L’art. 93, nn. 2 e 3, specifica chiaramente il destinatario della disposizione. Nelle altre disposizioni menzionate dal governo francese, il destinatario non è specificato sebbene, nella maggior parte dei casi, le attività delle aziende impegnate nella produzione e commercializzazione di medicinali possano essere considerate i principali obiettivi del regolamento. Pertanto, l’analisi sistematica di tali disposizioni non produce risultati necessari per quanto concerne il campo di applicazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83.

58.      Nella causa Damgaard, la Corte ha dovuto tenere in considerazione l’ambito di applicazione ratione personae dell’art. 86, nel Titolo VIII della direttiva 2001/83. La questione sottoposta alla Corte era se le comunicazioni provenienti da terzi estranei alla fabbricazione, commercializzazione o distribuzione di un medicinale rientrassero nell’ambito di applicazione del Titolo VIII originale. La Corte ha interpretato estensivamente la disposizione di cui trattasi, dichiarando che la direttiva 2001/83 non richiedeva che un messaggio fosse diffuso nell’ambito di un’attività commerciale o industriale, o da una parte commerciale, per presentare carattere pubblicitario. La ragione risiedeva nel fatto che la direttiva 2001/83 non escludeva espressamente siffatta conclusione (25), e tale pubblicità poteva nuocere alla sanità pubblica la cui tutela costituisce l’obiettivo essenziale della direttiva 2001/83 (26).

59.      Ciò significa che le persone che rientrano nell’ambito di applicazione dei Titoli VIII e VIII bis della direttiva 2001/83 di cui trattasi non devono necessariamente essere collegate ad aziende farmaceutiche. In effetti, come affermato dall’avvocato generale nella causa Damgaard, l’art. 86, n. 1, della direttiva 2001/83 pone l’accento sulla finalità dell’attività, senza occuparsi del soggetto chiamato a svolgerla (27).

60.      Nella discussione sull’ambito di applicazione ratione personae dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, è importante tenere conto dello scopo della disposizione. Lo scopo principale della direttiva 2001/83 è quello di assicurare la tutela della sanità pubblica (28). In base a tali considerazioni, la funzione delle disposizioni di cui ai Titoli VIII e VIII bis è di garantire che la promozione di medicinali non comprometta la sanità pubblica o la sicurezza dei consumatori.

61.      Lo scopo dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 è garantire l’indipendenza e l’obiettività delle decisioni di un medico in merito alle prescrizioni e quindi tutelare l’integrità del rapporto tra medico e paziente. Ciò risulta dalla genesi legislativa. La direttiva 2001/83 ha codificato diverse direttive esistenti nel settore dei medicinali per uso umano, una delle quali era la direttiva 92/28, che incorporava l’equivalente dell’art. 94 della direttiva 2001/83 (29). Lo scopo della direttiva 92/28 con riferimento agli operatori sanitari era, come risulta dal suo preambolo, garantire che le persone autorizzate a prescrivere medicinali potessero svolgere tale compito con assoluta obiettività, senza essere influenzate da incentivi finanziari diretti o indiretti (30). Tale scopo è ora espresso nel cinquantesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/83.

62.      L’ importanza dell’indipendenza dei medici risulta evidente dalle linee guida e dalle disposizioni di legge internazionali e nazionali sulla deontologia medica. Esse sottolineano che il ruolo tradizionale degli organismi della sanità pubblica, a tutti i livelli governativi, comprende una serie di programmi ed attività rivolti alle esigenze individuate della popolazione e della capacità di svolgere tali funzioni in maniera efficace (31). D’altro canto, la responsabilità primaria dei medici resta quella di agire nell’interesse superiore dei loro pazienti. Tale obbligo è riconosciuto in molte norme deontologiche internazionali e nazionali, nonché dal giuramento di Ippocrate, prestato dai medici quando accedono alla professione (32). Le linee guida variano nel dettaglio, ma i temi sono comuni. Tutti gli orientamenti comprendono il dovere del medico di restare obiettivo e di usare il suo giudizio indipendente nel trattare i pazienti o prescrivere medicinali. Le linee guida vietano qualsiasi atto che possa pregiudicare o influenzare il giudizio di un medico nello svolgimento delle sue attività o contribuire ad un arricchimento personale, come incentivi da parte di aziende farmaceutiche (33).

63.      È interessante notare che anche il Department of Health riconosce che gli incentivi finanziari non sono idonei a premiare medici individuali. Nel suo «Strategies to achieve cost-effective prescribing: Interim Guidance for Primary Care Trusts (strategie per realizzare l’ottimizzazione dei costi delle prescrizioni: guida provvisoria per i centri locali di assistenza primaria)», esso dichiara che: «[t]utti i versamenti che rientrano nell’ambito di un regime devono essere effettuati nei fondi degli ambulatori e non a singoli. È buona prassi specificare l’uso appropriato del denaro, per esempio, a beneficio dei pazienti dell’ambulatorio».

64.      Per motivi di chiarezza, è necessario sottolineare che non è contrario alla deontologia medica che un medico presti attenzione al prezzo di un prodotto medicinale nella scelta del medicinale da prescrivere. Ciò può essere nell’interesse specifico del paziente parte in causa, nei paesi in cui il paziente deve farsi carico, in tutto o in parte, del costo del medicinale (34). Non si può inoltre escludere che i professionisti prendano in considerazione i requisiti di giustizia sociale ed efficienza in termini di costi, che richiedono che le scarse risorse disponibili per l’assistenza sanitaria vengano utilizzate in maniera razionale ed economica, tenendo in considerazione gli interessi di tutti i pazienti. La deontologia medica, tuttavia, impone che la discrezionalità di un medico in merito di prescrizioni non sia limitata da motivazioni finanziarie inappropriate, legate al suo interesse.

65.      Tale scopo di salvaguardare l’indipendenza del medico, cui fa riferimento il cinquantesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/83, può essere inficiato non solo da operatori economici aventi interessi industriali o commerciali nel settore farmaceutico, ma anche da altre parti.

66.      Interpretare l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 nel senso che non trova applicazione nei confronti di parti non aventi interessi commerciali o industriali nel settore farmaceutico pregiudicherebbe la finalità dell’art. 94 della direttiva 2001/83 poiché significherebbe che a tali soggetti è stato consentito di influenzare le prescrizioni dei medici avvalendosi di mezzi vietati ai sensi dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83. Ciò comporterebbe un risultato insoddisfacente poiché, in realtà, oltre alle autorità pubbliche, esistono diverse altri parti esterne al settore farmaceutico, che potrebbero avere motivo di influenzare le pratiche di prescrizione. Ad esempio, in molti Stati membri, parti diverse dalle aziende farmaceutiche e dalle autorità sanitarie pubbliche possono ripartirsi l’onere finanziario delle prescrizioni. Ciò è vero, tra l’altro, per le compagnie di assicurazione malattia o contro gli infortuni sul lavoro, pubbliche, semipubbliche e private, i datori di lavoro nell’ambito della fornitura di servizi in materia di salute sul lavoro e i prestatori di servizi sanitari. Inoltre, come rilevato dalla ABPI, organismi finanziati dallo Stato, istituzioni di carità o altri organismi senza fine di lucro, come gruppi di interesse dei pazienti, potrebbero a loro volta avere motivo di cercare di influenzare le pratiche di prescrizione. Dalla loro esclusione dall’ambito di applicazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 risulterebbe un regime diverso applicabile a parti diverse. Ciò sarebbe contrario allo scopo perseguito dall’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, precisamente di garantire obiettività e indipendenza in materia di prescrizioni.

67.      Un ulteriore fattore degno di nota è il fatto che l’importanza economica relativa dell’industria farmaceutica si differenzia nei diversi Stati membri. Inoltre, sussistono differenze tra gli Stati membri, a seconda della data in cui la protezione dei brevetti di prodotto è stata introdotta per i medicinali e il grado di ricerca e innovazione da parte delle relative industrie farmaceutiche, con riferimento all’importanza comparativa delle importazioni e della produzione nazionale e, nell’ambito della seconda categoria, con riferimento alla ripartizione tra medicinali originali di marca, farmaci generici di marca e prodotti meramente generici. Non si può escludere che considerazioni di politica industriale o commerciale potrebbero, a loro volta, incidere sull’approccio scelto da uno Stato membro per quanto concerne modi e mezzi di ridurre la propria spesa per i medicinali. Diversamente non sarebbe stata necessaria l’adozione di una normativa quale la direttiva 89/105.

68.      Infine, vorrei sottolineare che l’interpretazione da me proposta dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 non impedirebbe alle autorità pubbliche di controllare la spesa per i medicinali. Come rileva la Commissione, l’obiettivo perseguito dai regimi di incentivazione delle prescrizioni, e precisamente la riduzione delle spese per l’assistenza sanitaria è, di per sé, legittimo. Ciononostante, tale obiettivo può essere raggiunto con metodi diversi, che non impediscono né pregiudicano gli interessi protetti dalla direttiva 2001/83. Come osservato dall’avvocato generale nella causa Menarini, esistono molte opzioni alternative a disposizione degli Stati membri per controllare le spese. Tali misure possono includere, in combinazioni diverse, fissazione autoritativa dei prezzi, blocco o riduzione dei prezzi mediante provvedimento statale, regimi di prezzi di riferimento o ad importo fisso, budget di spesa farmaceutici, elenchi positivi e negativi, esonero di farmaci dall’obbligo di prescrizione medica, esclusione di farmaci dal rimborso, maggiore partecipazione degli interessati alla spesa e incentivo all’uso di farmaci generici (35). Molte di esse sono espressamente consentite ai sensi della legislazione dell’Unione Europea.

69.      Per tutte le ragioni sopra esposte concludo, pertanto, che le autorità pubbliche devono essere considerate rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83.

VII – Significato del termine promozione ai sensi dell’art 94, n. 1, della direttiva 2001/83

70.      In merito al significato del termine promozione, la ABPI sostiene che alla parola deve essere attribuito il suo significato naturale: una misura che incoraggia l’uso di un prodotto.

71.      Il Regno Unito afferma, invocando la causa Damgaard (36), che nel definire il termine promozione, occorre tener conto dell’intero contesto, in particolare del fine implicito che, in questo caso, è la riduzione della spesa per i medicinali. Di conseguenza, i regimi di incentivazione delle prescrizioni non sono, secondo tale governo, nella natura della pubblicità o della promozione.

72.      All’udienza la Commissione ha rilevato che, nella causa Damgaard, si richiedeva la valutazione di una serie di fattori al fine di decidere se un’attività avesse carattere pubblicitario: la posizione dell’autore di una comunicazione concernente un medicinale, la natura dell’attività svolta, il contenuto del messaggio, nonché «altre circostanze». Essa ha constatato che, nella causa in esame, era il tenore del messaggio ad essere particolarmente pertinente.

73.      La nozione di promozione non viene definita direttamente nella direttiva 2001/83, ma costituisce un elemento essenziale nella definizione di pubblicità nell’art. 86, n. 1, della stessa. In tale disposizione, per pubblicità dei medicinali si intende qualsiasi azione (i) d’informazione, (ii) di ricerca della clientela o di (iii) incitamento, intesa a promuovere, tra l’altro, la prescrizione di medicinali; nell’art. 86, n. 1, della direttiva 2001/83, l’offerta di qualsiasi incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile, è indicata come esempio di pubblicità. Siffatto comportamento è vietato ai sensi dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, nell’ambito della promozione dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli.

74.      A mio parere, la frase «nell’ambito della promozione dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli» di cui all’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, fa riferimento alla promozione rientrante nella definizione di pubblicità di cui all’art. 86, n. 1, della direttiva 2001/83. In quest’ultima disposizione la nozione di promozione è un elemento essenziale nella definizione di pubblicità. Nell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 la frase introduttiva cerca semplicemente di definire il contesto in cui il divieto imposto ai sensi di tale articolo è applicabile, rispetto alle circostanze individuali o sociali in cui è legittimo offrire premi e vantaggi anche a persone autorizzate a prescrivere e fornire medicinali.

75.      Nel definire se un atto costituisca pubblicità, nella causa Damgaard la Corte ha affermato che la definizione pone l’accento sulla finalità del messaggio (37). Inoltre, nelle sue conclusioni in detta causa, l’avvocato generale ha esaminato la questione se la nozione di pubblicità di cui all’art. 86, n. 1, della direttiva 2001/83 debba essere interpretata oggettivamente o soggettivamente (38). Esso ha concluso che il criterio decisivo per distinguere la pubblicità dalla semplice informazione si fonda sullo scopo perseguito: se si intende promuovere «la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo» di farmaci, si avrà pubblicità ai sensi della direttiva 2001/83; al contrario, se si trasmette un dato informativo «puro», senza intenzioni promozionali, esso non rientrerà nelle norme comunitarie sulla pubblicità di medicinali. Ciò che rileva, dunque, è l’intenzione consapevole e diretta di chi emette il messaggio. Secondo l’avvocato generale nella causa Damgaard, quando l’art. 86, n. 1, menziona un’attività «intesa a promuovere» alcuni comportamenti, esso si riferisce alla volontà che guida tali comportamenti e parte, di conseguenza, da criteri soggettivi.

76.      La finalità dei regimi di incentivazione delle prescrizioni di cui trattasi è di promuovere medicinali nominativi contenenti principi attivi diversi, il medicinale B, in sostituzione di altri medicinali nominativi, il medicinale A. Ciò significa anche che la prescrizione del medicinale A è chiaramente scoraggiata. Il medicinale B è prodotto da aziende nel settore dell’industria farmaceutica. Pertanto, i regimi di incentivazione delle prescrizioni hanno l’intenzione consapevole e diretta di promuovere nell’ambito del NHS taluni medicinali a spese di altri, anche qualora il loro obiettivo generale sia di economizzare le risorse di bilancio e, quindi, ottimizzare la prestazione di servizi sanitari pubblici. In effetti, il Regno Unito ha ammesso in udienza che, nel caso dei regimi, si tratta di favorire taluni produttori rispetto ad altri. 

77.      Ciò è vero nonostante il fatto che, solitamente, più di un produttore commercializza il medicinale B.

78.      In effetti, nella causa Damgaard, l’avvocato generale ha espresso il parere che «[s]econdo la definizione della [direttiva 2001/83], ad esempio, è difficile negare il carattere pubblicitario delle campagne avviate frequentemente dagli enti pubblici per promuovere il consumo e la prescrizione dei medicinali generici». Inoltre, «[n]emmeno sono illegali [le promozioni] dirette alle persone autorizzate a prescrivere farmaci, anche se generici, la cui vendita richiede una ricetta, poiché la [direttiva 2001/83] vieta solo la pubblicità di tale tipo di prodotti quando è rivolta al pubblico» (39).

79.      Non ritengo che le parole «[n]ell’ambito della promozione dei medicinali» di cui all’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, possano riferirsi solo alla promozione avente luogo nell’ambito di attività commerciali, anche se, in alcune versioni linguistiche di tale disposizione, la nozione di promozione è espressa con parole che potrebbero essere interpretate nel senso di un implicito riferimento ad attività commerciali (40) utilizzando talvolta anche un sinonimo del termine pubblicità (41). Dopo la sentenza Damgaard, siffatta conclusione produrrebbe l’assurdo risultato che, sebbene possa essere illegittimo che qualcuno nella posizione di terzo estraneo pubblicizzi, attraverso una comunicazione, un medicinale la cui vendita può essere effettuata solo dietro prescrizione, sarebbe legittimo per lui versare del denaro ad un medico per indurlo a prescrivere tale medicinale.

80.      Alla luce delle considerazioni che precedono, i regimi di incentivazione delle prescrizioni descritti nella decisione di rinvio costituiscono, a mio avviso, promozione ai sensi dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 e sono, in quanto tali, vietati.

81.      Per motivi di chiarezza, occorre aggiungere che non ritengo la parte finale dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 («salvo che siano di valore trascurabile o rientrino nella prassi corrente in campo medico»), rilevante ai fini della presente causa. A mio parere, tale esclusione si riferisce soprattutto a premi o altri vantaggi in natura, non a vantaggi pecuniari, quali sono gli incentivi finanziari. Inoltre, i regimi di incentivazione delle prescrizioni sono volti ad influenzare i medici nel prendere le decisioni in merito alle prescrizioni, mentre la deroga contenuta nell’ultima frase dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, intende escludere dall’ambito di applicazione di tale disposizione l’offerta di vantaggi esigui.

VIII – La questione della leale collaborazione

82.      Infine, desidero commentare la questione della leale collaborazione, sollevata dalla ABPI.

83.      La ABPI osserva che il Regno Unito si è avvalso della propria posizione privilegiata per presentare le osservazioni nella causa Damgaard, nel tentativo di sottoporre alla Corte la questione concernente l’esenzione prevista per la sanità pubblica, fatta valere nella causa in esame, che non era rilevante per la situazione di cui alla causa Damgaard. Secondo la ABPI, tale comportamento del Regno Unito evidenzia una lacuna procedurale, che dovrebbe essere colmata dalla Corte dal momento che l’art. 10 CE, e il dovere di leale cooperazione in esso sancito, impongono che uno Stato membro, in circostanze analoghe, comunichi sia al giudice di rinvio nel proprio territorio, sia alla parte interessata, la propria intenzione di presentare osservazioni in una domanda di pronuncia pregiudiziale parallela ai sensi dell’art. 234 CE.

84.      Nutro dei dubbi sul fatto che la Corte debba pronunciarsi in merito a tale questione.

85.      La possibilità per gli Stati membri di presentare osservazioni in tutti i procedimenti pregiudiziali è prevista dallo Statuto della Corte (42). Tale sistema è giustificato dalla loro posizione in qualità di parti nei Trattati e perché gli Stati membri sono in posizione di fornire alla Corte informazioni utili concernenti la normativa nazionale e altre informazioni legali e fattuali pertinenti.

86.      Se tale possibilità abbia, di fatto, causato ingiustizia ad una delle parti in procedimenti nazionali successivi, in conseguenza dell’impossibilità di un soggetto privato di esprimere un parere in procedimenti pregiudiziali anteriori, è una questione la cui decisione, fondata sul diritto nazionale, è riservata al giudice nazionale.

87.      Non ritengo che i governi degli Stati membri siano soggetti ad un dovere generale, imposto dalla normativa dell’Unione Europea, di informare le parti di altri procedimenti nazionali, o i giudici nazionali competenti, circa le osservazioni presentate in procedimenti pregiudiziali dinanzi a questa Corte in relazione a questioni uguali o analoghe a quelle di cui ai procedimenti nazionali. In molti Stati membri può essere impossibile per il governo essere al corrente di tali procedimenti, pendenti dinanzi ai diversi tribunali di tale Stato.

IX – Conclusione

88.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di risolvere la questione presentata dalla High Court dichiarando quanto segue:

«L’art. 94, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, osta a che un ente pubblico facente parte di un servizio sanitario nazionale, al fine di ridurre le spese globali per i medicinali, istituisca un regime che offra incentivi finanziari ad ambulatori medici (che a loro volta possono offrire un vantaggio finanziario al medico che effettua la prescrizione) affinché prescrivano un medicinale concreto e nominativo che rientri nel regime di incentivazione, ove si tratti di:

(a) un medicinale che richiede prescrizione, diverso dal medicinale precedentemente prescritto dal medico al paziente; ovvero

(b) un medicinale che richiede prescrizione, diverso da quello che sarebbe diversamente stato prescritto al paziente se non fosse per il regime di incentivazione,

qualora tale medicinale diverso, che richiede prescrizione, appartenga alla stessa classe terapeutica dei medicinali utilizzati per il trattamento della particolare malattia del paziente».


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – GU L 311, pag. 67.


3 – I PCT fanno parte del National Health Service (servizio sanitario nazionale) in Inghilterra (in prosieguo: il «NHS») .


4 – Le cifre basate sul sistema dei conti sanitari (SHA) dell’OCSE (http://www.oecd.org/document/8/0,3343,en_2649_33929_2742536_1_1_1_37407,00.html) indicano che, nei paesi OCSE inclusi nella statistica, i costi per i medicinali forniti a pazienti ambulatoriali sono compresi tra il 13,22% (Danimarca) e il 36,26% (Ungheria) della spesa sanitaria globale. V. «Total Health Expenditure by ICHA-HC Healthcare Function, 2006», collegato al sito sopra menzionato. Come affermato dal Regno Unito nelle sue osservazioni scritte, il costo dei medicinali per l’assistenza primaria rappresenta, nel Regno Unito, circa l’8‑9% della spesa del NHS o, approssimativamente, GBP 8 miliardi all’anno.


5 – Sentenza 2 aprile 2009, cause riunite da C‑352/07 a C‑356/07, da C‑365/07 a C‑367/07 e C‑400/07 (Racc. pag. I‑2495). Per una descrizione completa delle diverse misure adottate dagli Stati membri al fine di limitare le spese per i prodotti medicinali v. «Pharmaceutical Systems in the European Union 2006, Comparative Analysis», Gesundheit Österreich Gmbh e Geschäftsbereich Öbig (http://www.centad.org/seminar/2.%20Price%20regulation/Habl_PharmSystemsEU25.pdf).


6 – Poiché la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa in questione è stata proposta prima dell’entrata in vigore del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU 2008, C 115, pag. 47), i riferimenti agli articoli del Trattato che istituisce la Comunità europea (GU 2002, C 325, pag. 33) vengono mantenuti in tutto il testo.


7 – GU L 113, pag. 13.


8 – L’art 86 della direttiva 2001/83 corrisponde, in sostanza, all’art. 1 della direttiva 92/28.


9 – GU L 136, pag. 34.


10 – L’art 94 della direttiva 2001/83 corrisponde, in sostanza, all’art. 9 della direttiva 92/28.


11 – GU 1989, L 40, pag. 8.


12 – Per la distinzione tra politiche e principi di diritto v. Ronald Dworkin, «Taking Rights Seriously», Harvard University Press, diciassettesima edizione, 1999, pagg. 22 e 23.


13 – Art. 119 TFUE (ex art. 4 CE).


14 – All’udienza, la Commissione ha sottolineato che la maggior parte dei regimi di incentivazione implicava la determinazione di un budget, che gli ambulatori di medicina generale non possono superare. Il governo dei Paesi Bassi ha precisato che i Paesi Bassi dispongono di regimi di incentivazione finanziaria, ma non ha approfondito ulteriormente i dettagli di tali regimi. La Francia ha dichiarato che le autorità francesi hanno introdotto, nel marzo 2009, un regime analogo a quello in essere nel Regno Unito. In base a tale regime, il medico firma un contratto con compagnie di assicurazione malattia, con il quale accetta di prescrivere medicinali più convenienti al fine di garantire il livello di efficienza della prescrizione. In cambio, la compagnia di assicurazione malattia corrisponde al medico un importo finanziario.


15 – Articolo 152, n. 5, CE.


16 – V. sentenza Menarini, cit. alla nota 5, punti 19 e 20 e giurisprudenza ivi citata.


17 – V., ad esempio, l’art. 1 della direttiva 89/105, che fa riferimento al «[controllo dei] prezzi delle specialità medicinali» e alla «[restrizione della] gamma delle specialità medicinali coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia».


18 – L’art. 4 della direttiva 2001/83 indica, con un grado di precisione linguistica variabile, gli ambiti non interessati dalla direttiva 2001/83.


19 – V., ad esempio, art. 3, nn. 1 e 2, della direttiva 89/105.


20 – V., ad esempio, artt. 2, n. 3, 3, n. 3, 6, nn. 3 e 4, 7, n. 4, e 8, nn. 1 e 2, della direttiva 89/105.


21 – Ad esempio, la versione linguistica tedesca parla di «Verkaufsförderung» e la versione svedese di «marknadsföring».


22 – Consiglio d’Europa, comitato dei Ministri (accordo parziale nel settore sociale e della sanità pubblica), adottata alla 348a riunione dei delegati dei Ministri.


23 – Sentenza 2 aprile 2009, causa C‑421/07, Damgaard (Racc. pag. I‑2629).


24 – Conclusioni nella sentenza Damgaard, cit., paragrafi 57‑61.


25 – Sentenza Damgaard, cit., punto 21.


26 – Ibidem, punto 22.


27 – I fatti nella causa Damgaard si sono verificati nel 2003. La Corte ha quindi analizzato il Titolo VIII della direttiva 2001/83 nella sua versione originale, che comprendeva l’art. 94. Tuttavia, quando la Corte si è dovuta pronunciare su tale controversia, era già noto che nella direttiva 2001/83 sarebbe stato inserito un nuovo Titolo VIII bis. In effetti, nell’esposizione del contesto normativo, le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer facevano riferimento al nuovo Titolo VIII bis della direttiva 2001/83. In questo contesto, non è improbabile che, nella causa Damgaard, la Corte abbia preso in considerazione tale modifica, o quantomeno che abbia cercato di evitare contraddizioni con la stessa. Di conseguenza, l’esame della Corte, in tale controversia, attinente all’ambito di applicazione del Titolo VIII originale, è rilevante anche per l’esame dell’ambito di applicazione del Titolo VIII bis nella presente causa. Ciò trova inoltre conferma nella genesi legislativa della direttiva, dal momento che l’art. 86 della direttiva 2001/83 era originariamente l’art. 1 nel Capitolo I («Definizioni, campo d’applicazione e principi generali») della direttiva 92/28, che era applicabile al complesso della direttiva 92/28.


28 – Secondo ‘considerando’ della direttiva 2001/83; sentenze Damgaard, cit. alla nota 23, punti 16 e 22, e 18 giugno 2009, causa C‑527/07, Generics (Regno Unito) (Racc. pag. I‑5259, punto 24).


29 – V. paragrafo 6 supra e nota 10 supra.


30 – Ottavo ‘considerando’ della direttiva 92/28.


31 – Dichiarazione dell’Associazione Medica Mondiale sulla promozione della salute (http://www.wma.net/en/30publications/10policies/h7/index.html), secondo paragrafo.


32 – Il testo del giuramento di Ippocrate si può trovare nella dichiarazione di Ginevra (1948), adottata dall’assemblea generale dell’Associazione Medica Mondiale a Ginevra, Svizzera, nel settembre 1948, che ha inteso modernizzare il giuramento di Ippocrate. Tale dichiarazione recita: «[l]a salute e la vita dei miei pazienti saranno le mie prime preoccupazioni».


33 – Secondo il Codice internazionale di etica medica dell’Associazione Medica Mondiale, «[un] medico non deve ricevere benefici finanziari né altri incentivi unicamente per aver indirizzato pazienti o aver prescritto prodotti specifici» (http://www.wma.net/en/30publications/10policies/c8/index.html).


34 – A differenza di quanto accade in molti altri Stati membri, in Inghilterra e in Galles il paziente non paga niente, se è esente, oppure paga un prezzo fisso, stabilito preventivamente dal Department of Health. Tale prezzo fisso è sempre lo stesso, a prescindere dal prezzo del medicinale prescritto. Dunque, i medici non sono incentivati a pensare al costo di un medicinale sul NHS, poiché i pazienti non sono mai personalmente interessati, come potrebbero esserlo in altri sistemi nazionali di assicurazione malattia in altri Stati membri.


35 – Conclusioni nella sentenza Menarini, cit., paragrafi 57 e 58, e studio della Commissione ivi menzionato.


36 – Punto 24.


37 – Punto 20.


38 – Conclusioni della citata sentenza Damgaard, paragrafi 38 e 39.


39 – Ibidem, nota 15.


40 – V. nota 21. La parola tedesca «Verkaufsförderung» è una combinazione dei termini «vendita» e «promozione» e, come tale, sembra costituire un riferimento al testo nell’art. 86, n. 1, della direttiva 2001/83 («die Abgabe, den Verkauf (...) von Arzneimitteln zu fördern»).


41 – La versione linguistica svedese utilizza «marknadsföring» come sinonimo di pubblicità nell’intestazione del Titolo VIII e negli artt. 87, n. 1, e 90, n. 1, della direttiva 2001/83. La versione linguistica finlandese dell’art. 94, n. 1, utilizza la parola «mainonta», che è una traduzione diretta della parola «pubblicità».


42 – Art. 40 dello Statuto della Corte di giustizia.