Language of document : ECLI:EU:F:2010:2

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Seduta plenaria)

13 gennaio 2010

Cause riunite F‑124/05 e F‑96/06

A e G

contro

Commissione europea

«Funzione pubblica — Funzionari — Ricorso di annullamento — Non luogo a provvedere — Ricorso per risarcimento danni — Ricevibilità — Privilegi ed immunità — Revoca dell’immunità di giurisdizione — Riservatezza delle indagini dell’OLAF — Indagini dell’IDOC — Accesso ai documenti di natura medica — Accesso al fascicolo personale — Procedimento disciplinare — Termine ragionevole»

Oggetto: Ricorsi, proposti ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA, con i quali, nella causa F‑124/05, il ricorrente chiede, da una parte, l’annullamento, in particolare, della decisione della Commissione del 28 febbraio 2005, recante rigetto della sua domanda del 22 ottobre 2004 diretta ad ottenere la chiusura del procedimento disciplinare intentato nei suoi confronti con decisione del 16 gennaio 2004 e, dall’altra, la condanna della Commissione a versargli un risarcimento danni; nella causa F‑96/06, lo stesso ricorrente chiede la condanna della Commissione a versargli un risarcimento danni a seguito di vari illeciti che quest’ultima avrebbe commesso.

Decisione: Non vi è più luogo a statuire sulla domanda presentata dal ricorrente nel ricorso iscritto a ruolo con il n. F‑124/05, A/Commissione. La Commissione è condannata a versare al ricorrente la somma di EUR 30 000, a titolo di risarcimento del danno morale da questo subito. La Commissione sopporterà, oltre alle proprie spese, la metà delle spese del ricorrente relative ai ricorsi iscritti a ruolo con i nn. F‑124/05, A/Commissione, e F‑96/06, G/Commissione. Il ricorrente sopporterà la metà delle proprie spese relative ai ricorsi iscritti a ruolo con i nn. F‑124/05, A/Commissione, e F‑96/06, G/Commissione.

Massime

1.      Funzionari — Ricorso per risarcimento danni — Domanda di risarcimento del danno morale causato dalla durata eccessiva di un procedimento disciplinare

(Statuto dei funzionari, art. 73)

2.      Funzionari — Previdenza sociale — Assicurazione infortuni e malattie professionali — Indennità forfettaria in base al regime statutario — Domanda di risarcimento integrativo fondata su un illecito che fa sorgere la responsabilità dell’istituzione — Presupposti

(Statuto dei funzionari, art. 73)

3.      Funzionari — Previdenza sociale — Assicurazione infortuni e malattie professionali — Invalidità — Percentuale d’invalidità — Fissazione da parte della commissione medica

(Statuto dei funzionari, art. 73; regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale, art. 19, n. 3)

4.      Funzionari — Regime disciplinare — Indagine preliminare all’avvio del procedimento disciplinare

(Statuto dei funzionari, allegato IX)

5.      Funzionari — Ricorso — Reclamo amministrativo previo — Reclami fondati sugli stessi motivi ma aventi un oggetto giuridicamente distinto — Ammissibilità

(Statuto dei funzionari, artt. 90 e 91)

6.      Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Illegittimità — Danno — Nesso causale

(Art. 340, secondo comma, TFUE)

7.      Funzionari — Ricorso — Atto che arreca pregiudizio — Nozione — Decisione di revoca dell’immunità di un funzionario o di un agente — Inclusione

(Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, art. 12; Statuto dei funzionari, artt. 90 e 91)

8.      Funzionari — Previdenza sociale — Assicurazione infortuni e malattie professionali — Determinazione dell’origine professionale della malattia

(Statuto dei funzionari, art. 73)

9.      Funzionari — Previdenza sociale — Assicurazione infortuni e malattie professionali — Accertamento dell’esistenza di una malattia professionale

(Statuto dei funzionari, artt. 26 e 73; regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale, art. 21)

10.    Comunità europee — Istituzioni — Diritto di accesso del pubblico ai documenti — Regolamento n. 1049/2001

(Statuto dei funzionari, art. 26; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1049/2001, art. 4, n. 2)

11.    Procedura — Atto introduttivo del ricorso — Requisiti di forma — Esposizione sommaria dei motivi dedotti — Rinvio al ricorso presentato dal ricorrente dinanzi allo stesso giudice in un’altra causa — Irricevibilità — Eccezioni

(Statuto della Corte di giustizia; art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1)

12.    Funzionari — Regime disciplinare — Decisione di avvio di un procedimento disciplinare

(Statuto dei funzionari, allegato IX)

13.    Funzionari — Regime disciplinare — Avvio di un procedimento disciplinare — Potere discrezionale dell’autorità che ha il potere di nomina

(Statuto dei funzionari, allegato IX)

14.    Funzionari — Dovere di sollecitudine dell’amministrazione — Limiti

15.    Funzionari — Regime disciplinare — Procedimento disciplinare — Termini

(Statuto dei funzionari, allegato IX)


1.      Un procedimento disciplinare pone il funzionario in una situazione di incertezza relativamente al suo futuro professionale, che gli provoca inevitabilmente un certo stress e una certa ansia. Nel caso in cui tale incertezza perduri troppo a lungo, l’intensità dello stress e dell’ansia causati al funzionario aumenta al di là di quanto è giustificabile. Pertanto, si deve considerare che la durata eccessiva di un procedimento disciplinare fa presumere l’esistenza di un danno morale subito dall’interessato. A questo proposito, occorre distinguere, da un lato, il danno morale provocato a qualunque funzionario o agente, indipendentemente da un’eventuale malattia e, dall’altro, il danno causato da un’eventuale malattia psichica — o dall’aggravarsi di tale malattia — che trovi la sua origine nella lunghezza eccessiva del detto procedimento. Pertanto, una domanda diretta al risarcimento del primo tipo di danno è ricevibile indipendentemente dallo stato di un eventuale procedimento comunque promosso dal funzionario ai sensi dell’art. 73 dello Statuto. Per contro, la domanda di un funzionario diretta al risarcimento del danno materiale e morale che gli è stato causato da una malattia professionale non è ricevibile, in linea generale, fino a quando non sia concluso il procedimento avviato ai sensi dell’art. 73 dello Statuto.

(v. punti 147 e 149-151)

Riferimento:

Tribunale della funzione pubblica: 2 maggio 2007, causa F‑23/05, Giraudy/Commissione (Racc. FP pagg. I‑A‑1‑121 e II‑A‑1‑657, punti 197‑202)

2.      Il ricorso con cui un funzionario chiede il risarcimento del danno che asserisce di aver subito a causa della sua malattia professionale, promosso prima che sia concluso il procedimento ex art. 73 dello Statuto, è generalmente prematuro, in quanto non è possibile, nella fase in cui il ricorso è proposto, valutare il carattere appropriato del risarcimento statutario cui l’interessato può aspirare. Infatti, nella maggior parte dei casi, l’individuazione del nesso di causalità tra le condizioni di esercizio delle funzioni e il danno lamentato, nonché la valutazione del suddetto danno, impongono di ricorrere ad una perizia medica, cosicché l’individuazione da parte del giudice del suddetto nesso di causalità e del danno stesso prima che sia terminato il procedimento promosso ai sensi dell’art. 73 dello Statuto non avrebbe alcun senso o a sarebbe addirittura impossibile.

Tuttavia, dal mancato completamento della procedura medica non si può sistematicamente dedurre il carattere prematuro di una domanda diretta al risarcimento dei danni a causa di un presunto illecito amministrativo commesso dall’istituzione. Per ragioni di economia dei mezzi processuali, principio che impone di ponderare i diversi fattori presenti in ogni singolo caso, il giudice può in particolare prendere in considerazione il fatto che, in una determinata causa, non vi sia bisogno di una perizia medica per valutare il danno morale subito.

(v. punti 153, 154, 156 e 158)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 15 dicembre 1999, causa T-300/97, Latino/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A-259 e II‑1263, punti 94 e 95), e 10 dicembre 2008, causa T-57/99, Nardone/Commissione (Racc. FP pagg. I‑A‑2‑83 e II‑A‑2‑505, punti 56 e 57)

3.      L’art. 19, n. 3, secondo comma, della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale, ai sensi del quale, qualora, una volta terminate le cure mediche, non sia ancora possibile stabilire definitivamente il grado di invalidità, la relazione della commissione medica dovrà precisare il termine ultimo entro cui andrà riesaminata la pratica dell’assicurato, va necessariamente interpretato in modo restrittivo. Difatti, se la commissione medica potesse rinviare più volte la data del riesame del fascicolo dell’assicurato, alcuni assicurati non si vedrebbero mai versare il capitale previsto all’art. 73 dello Statuto mentre sono in vita. Del resto, un’interpretazione estensiva di tale disposizione sarebbe in contrasto con la nozione di consolidamento, come definita all’art. 19, n. 3, della detta regolamentazione di copertura, ai sensi del quale i postumi dell’infortunio o della malattia professionale sono consolidati quando tali postumi si sono stabilizzati o si attenueranno solo molto lentamente e in modo molto limitato. Pertanto la nozione di consolidamento non esclude evoluzioni dello stato del paziente, ma implica una stabilizzazione o un’evoluzione molto lenta.

(v. punto 161)

4.      Un’istituzione dispone di un ampio margine di discrezionalità per quel che riguarda l’apertura e la condotta di indagini amministrative, a condizione che esista un ragionevole sospetto che sia stata commessa un’infrazione disciplinare.

(v. punti 173 e 188)

5.      Un funzionario è legittimato a far valere uno stesso motivo, uno stesso argomento, o anche uno stesso fatto a sostegno di più reclami che abbiano un oggetto giuridicamente distinto.

(v. punto 205)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 19 settembre 2008, causa T‑253/06 P, Chassagne/Commissione (Racc. FP pagg. I‑B‑1‑43 e II‑B‑1‑295, punto 149)

6.      Incombe al ricorrente, nell’ambito di un ricorso per risarcimento, dimostrare che sussistono tutte le condizioni cui è subordinato il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea. Questa regola, tuttavia, subisce un’attenuazione quando l’evento dannoso possa essere stato provocato da più cause diverse e l’istituzione convenuta non abbia prodotto alcun elemento di prova che consenta di stabilire a quale di tali cause sia imputabile l’evento, malgrado che la medesima istituzione si trovasse nella posizione migliore per fornire prove al riguardo, motivo per cui la residua incertezza dev’essere posta a suo carico.

(v. punto 213)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 8 luglio 2008, causa T‑48/05, Franchet e Byk/Commissione (Racc. pag. II‑1585, punti 182 e183)

7.      L’immunità di giurisdizione prevista dall’art. 12 del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee tutela i funzionari e gli altri agenti contro azioni penali delle autorità degli Stati membri per atti compiuti nella loro veste ufficiale. Pertanto, una decisione di revocare l’immunità di un funzionario o di un agente modifica la sua situazione giuridica, soltanto per effetto della soppressione di tale tutela, ristabilendo il suo status di persona soggetta al diritto comune degli Stati membri ed esponendolo quindi, senza che si rendano necessarie norme intermedie, a provvedimenti disposti da tale diritto comune, in particolare detentivi e giudiziari.

Il potere discrezionale attribuito alle autorità nazionali, dopo la revoca dell’immunità, in merito alla riapertura o all’abbandono del procedimento penale avviato nei confronti del funzionario o dell’agente è ininfluente rispetto al pregiudizio arrecato alla situazione giuridica di quest’ultimo, dal momento che gli effetti collegati alla decisione di revoca dell’immunità si limitano alla rimozione della tutela di cui beneficiava in forza della sua qualità di funzionario o di agente, non implicando alcun provvedimento supplementare di attuazione.

Ne deriva che la decisione con cui un’istituzione revoca l’immunità di giurisdizione di un funzionario o di un agente costituisce un atto recante pregiudizio a quest’ultimo.

(v. punti 231-233)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 15 ottobre 2008, causa T‑345/05, Mote/Parlamento (Racc. pag. II‑2849, punti 34 e 35)

8.      Lo scopo di un’indagine amministrativa condotta ai sensi dell’art. 73 dello Statuto è raccogliere, in modo obiettivo, tutti gli elementi che permettano di dimostrare l’origine professionale dell’infermità di cui soffre il funzionario interessato nonché le circostanze nelle quali essa si è prodotta. Nel caso in cui le condizioni di lavoro del funzionario interessato si pongono al centro delle preoccupazioni relative all’origine professionale dell’infermità di cui soffre, l’indagine deve consistere in un’analisi oggettiva circostanziata sia delle condizioni di lavoro dell’interessato sia della sua patologia in quanto tale.

(v. punto 263)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 3 marzo 2004, causa T‑48/01, Vainker/Parlamento (Racc. PI pagg. I‑A‑51 e II‑197, punto 129)

9.      L’art. 26 dello Statuto prevede per ciascun funzionario la costituzione di un fascicolo personale contenente tutti i documenti relativi alla sua posizione amministrativa e tutti i rapporti concernenti la sua competenza, il suo rendimento e il suo comportamento, nonché le osservazioni formulate dal funzionario in merito ai predetti documenti. L’istituzione non può opporre ad un funzionario né produrre contro di lui documenti che non gli siano stati comunicati prima dell’inserimento nel fascicolo personale. Tali disposizioni hanno lo scopo di garantire i diritti della difesa del funzionario.

Per quanto riguarda l’accesso ai documenti di natura medica, nell’ambito di un procedimento per il riconoscimento di una malattia professionale, la regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale ha istituito una procedura particolare che comporta la trasmissione al medico di fiducia del funzionario, se quest’ultimo ne fa richiesta, dopo la notificazione del progetto di decisione previsto dall’art. 21 della regolamentazione di copertura, della relazione medica completa su cui è basata la decisione che l’autorità che ha il potere di nomina intende adottare, nonché l’esame del caso da parte di una commissione medica di cui fa parte il medico designato dal funzionario.

Infatti, il rispetto dei diritti del funzionario esige che a quest’ultimo sia consentito l’accesso ai documenti di natura medica. Detta facoltà riconosciuta al funzionario deve però essere contemperata con le esigenze del segreto medico che rendono ciascun medico giudice della possibilità di rendere edotte le persone che cura o visita della natura delle infermità da cui esse potrebbero essere affette. Contemplando l’accesso indiretto ai documenti di natura medica, tramite l’intervento di un medico di fiducia designato dal funzionario, la regolamentazione di copertura contempera i diritti del funzionario con le esigenze del segreto medico.

Il rispetto dei diritti del funzionario esige che a quest’ultimo sia consentito l’accesso non solo ai documenti di natura medica, ma altresì all’accertamento dei fatti che servono da base alla decisione da adottare ai sensi dell’art. 73 dello Statuto. Pertanto, deve essere attribuita natura medica anche ai documenti relativi agli accertamenti fattuali connessi con un incidente verificatosi nell’esercizio dell’attività lavorativa, che possono servire da base per un procedimento inteso all’accertamento dell’esistenza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale ai sensi della regolamentazione di copertura.

È indispensabile che la relazione medica completa, di cui il funzionario può chiedere la trasmissione al medico di sua scelta e che dev’essere trasmessa ai membri della commissione medica prevista dalla regolamentazione di copertura, comprenda l’eventuale relazione di indagine amministrativa. In tal modo, se ha presentato una domanda in tal senso, il funzionario può prendere posizione sugli accertamenti contenuti nella relazione d’indagine, tramite l’intervento di un medico di sua fiducia, e valutare l’opportunità di chiedere che la commissione medica dia il proprio parere.

Inoltre, la natura medica di taluni documenti non osta a che essi possano, eventualmente, riguardare anche la posizione amministrativa del funzionario. In tal caso, tali documenti debbono figurare nel fascicolo personale dell’interessato.

Dunque, da un lato, il fascicolo che funge da base per il medico designato dall’istituzione o per la commissione medica per valutare il carattere professionale di una malattia è di natura medica e può quindi essere consultato solo indirettamente tramite un medico designato dal funzionario e, dall’altro, gli elementi di natura amministrativa che possono figurare in tale fascicolo e influire sulla posizione amministrativa del funzionario debbono figurare anche nel fascicolo personale dove, a norma dell’art. 26 dello Statuto, il funzionario può consultarli direttamente.

L’insieme dei documenti presentati al medico designato dall’istituzione o alla commissione medica rientra così nell’ambito del regime previsto dalla regolamentazione di copertura. Quindi l’inserimento nel fascicolo personale del funzionario di alcuni di questi documenti, nonché la possibilità per quest’ultimo di prenderne conoscenza, sono obbligatori solo se tali documenti sono utilizzati per la valutazione o la modifica della posizione amministrativa del funzionario da parte dell’amministrazione da cui dipende.

(v. punti 275-282)

Riferimento:

Corte: 28 giugno 1972, causa 88/71, Brasseur/Parlamento (Racc. pag. 499, punto 11); 7 ottobre 1987, causa 140/86, Strack/Commissione (Racc. pag. 3939, punti 7, 9, 10; punto 11 e giurisprudenza ivi citata, nonché punti 12 e 13), e 1° ottobre 1991, causa C‑283/90 P, Vidrányi/Commissione (Racc. pag. I‑4339, punti 20‑22, 24 e 25)

Tribunale di primo grado: 12 luglio 1990, causa T‑154/89, Vidrányi/Commissione (Racc. pag. I‑445, punti 33‑36), e Vainker/Parlamento, cit., punti 136 e 137

10.    Risulta dal titolo stesso del regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il cui art. 4, n. 2, terzo trattino, permette alle istituzioni di rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli obiettivi e delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, che l’ambito di applicazione dello stesso è relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. Orbene, i diritti di un funzionario o di un agente che chiede la comunicazione di un documento riguardante la sua posizione amministrativa non sono gli stessi di una persona comune che chieda l’accesso ai documenti di un’istituzione. Infatti, i diritti dei funzionari e degli agenti in materia derivano dalle disposizioni speciali dell’art. 26 dello Statuto, che impongono obblighi particolari alle istituzioni, allo scopo di garantire i diritti della difesa dell’interessato. I funzionari beneficiano dunque di un diritto proprio, basato sull’art. 26 dello Statuto. Inoltre, la domanda di un funzionario può entrare, se del caso, nell’ambito di applicazione di disposizioni speciali in materia di funzione pubblica, relative all’accesso a tipi particolari di documenti, come per esempio i documenti di natura medica. L’eccezione prevista dall’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non osta quindi all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 26 dello Statuto.

(v. punti 289 e 291-296)

11.    La finalità dell’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale è di permettere al giudice di statuire su motivi sollevati con sufficiente precisione. Tale disposizione non deve peraltro essere interpretata in maniera tale di avere come conseguenza di imporre alle parti un formalismo eccessivo che non farebbe altro che appesantire il procedimento giurisdizionale.

Pertanto, può essere considerato ricevibile, alla luce delle circostanze particolari di una causa, un motivo di un ricorso dinanzi al Tribunale della funzione pubblica che rinvii all’insieme dei motivi formulati nell’ambito di un altro ricorso proposto dinanzi a questo Tribunale dallo stesso ricorrente qualora le due cause, connesse, siano state riunite, dato che un rinvio del genere ha lo scopo di evitare al ricorrente di ripetere lunghe esposizioni e di fornire di nuovo allegati di svariate centinaia di pagine.

(v. punti 314-318)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 11 giugno 2009, causa T‑318/01, Othman/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑1627, punto 57)

12.    Poiché la legittimità di un atto dev’essere valutata in base agli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data in cui l’atto è stato adottato, eventuali elementi emersi dal procedimento disciplinare successivamente all’adozione della decisione di avviare il suddetto procedimento non possono pregiudicare la legittimità di detta decisione, dato che lo scopo dell’indagine è proprio accertare se i sospetti iniziali fossero fondati. Inoltre, tenuto conto dell’oggetto e della finalità di un procedimento disciplinare, non è necessario che i fatti contestati all’interessato siano dimostrati affinché un procedimento disciplinare venga validamente aperto. Il procedimento disciplinare ha per l’appunto lo scopo di far luce sui fatti contestati all’interessato.

(v. punti 351 e 360)

Riferimento:

Corte: 7 febbraio 1979, cause riunite 15/76 e 16/76, Francia/Commissione (Racc. pag. 321, punto 7)

Tribunale della funzione pubblica: Giraudy/Commissione, cit., punto 145

13.    Il fatto che un procedimento disciplinare sia stato chiuso senza che sia stata inflitta alcuna sanzione disciplinare al funzionario di cui trattasi non può impedire al giudice di esercitare un controllo sulla legittimità della decisione che ha aperto il procedimento disciplinare nei confronti dell’interessato. Infatti, vi sarebbe un rischio di arbitrio se si ammettesse che l’autorità che ha il potere di nomina disponga di un potere assoluto e illimitato di aprire un procedimento disciplinare nei confronti di un funzionario, e poi di chiuderlo non adottando alcuna sanzione, senza che il detto funzionario abbia la possibilità, al momento opportuno, di contestare la decisione di avviare il procedimento stesso perché manca una sanzione contro cui poter promuovere un eventuale ricorso. Deve dunque esistere una limitazione giuridica al potere discrezionale dell’autorità che ha il potere di nomina nel momento in cui adotta una decisione di apertura di un procedimento disciplinare. Tale limitazione dev’essere soggetta al controllo del giudice.

Inoltre, continuerebbe a sussistere un rischio di arbitrio se si ammettesse che le ipotesi di illegittimità di una decisione che apre un procedimento disciplinare nei confronti di un funzionario siano limitate a quelle dello sviamento di potere. Si deve ritenere quindi che l’autorità che ha il potere di nomina eserciti i propri poteri in modo illegittimo non solo quando sia dimostrato uno sviamento di potere, ma altresì in mancanza di elementi sufficientemente precisi e pertinenti che indichino che l’interessato abbia commesso un illecito disciplinare.

Tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui gode l’autorità che ha il potere di nomina e dei limiti che occorre imporre ad esso, il controllo giurisdizionale deve dunque limitarsi ad una verifica dell’esattezza materiale degli elementi presi in considerazione dall’amministrazione per aprire il procedimento disciplinare, della mancanza di errore manifesto di valutazione dei fatti contestati e dell’assenza di sviamento di potere.

(v. punti 352-354 e 365-367)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 15 maggio 1997, causa T‑273/94, N/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑97 e II‑289, punto 125); 17 maggio 2000, causa T‑203/98, Tzikis/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑91 e II‑393, punto 50), e Franchet e Byk/Commissione, cit., punto 352

14.    Il dovere di sollecitudine rispecchia l’equilibrio dei diritti e dei doveri reciproci che lo Statuto ha istituito nei rapporti tra la pubblica amministrazione e gli agenti della funzione pubblica. Tale dovere implica in particolare che, quando si pronuncia sulla posizione di un funzionario, l’autorità che ha il potere di nomina deve prendere in considerazione il complesso degli elementi atti a determinare la sua decisione e che, in tale contesto, deve tener conto non solo dell’interesse del servizio, ma anche di quello del funzionario di cui trattasi.

Le esigenze del dovere di sollecitudine non si possono interpretare nel senso che, di per sé, esse impediscono all’autorità che ha il potere di nomina di avviare e di istruire un procedimento disciplinare nei confronti di un funzionario. Infatti, una tale decisione è presa prima di tutto nell’interesse che è proprio dell’istituzione a che eventuali mancanze da parte di un funzionario ai propri obblighi statutari siano accertate ed eventualmente sanzionate. Ad un’istituzione non può essere contestata alcuna violazione del suo dovere di sollecitudine per il semplice fatto di aver aperto un procedimento disciplinare nei confronti di un funzionario.

(v. punti 376-378)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 20 giugno 1990, causa T‑133/89, Burban/Parlamento (Racc. pag. II‑245, punto 27), e 6 luglio 1999, cause riunite T‑112/96 e T‑115/96, Séché/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑115 e II‑623, punto 147)

15.    Dal principio di buona amministrazione consegue che le autorità disciplinari hanno l’obbligo di gestire diligentemente il procedimento disciplinare e di agire in modo che ciascun atto inerente all’esercizio dell’azione disciplinare intervenga in un termine ragionevole rispetto all’atto precedente. Tale dovere di diligenza e di rispetto di un termine ragionevole si impone anche in relazione all’avvio del procedimento disciplinare, segnatamente nel caso e a partire dal momento in cui l’amministrazione abbia acquisito conoscenza dei fatti e dei comportamenti idonei a configurare violazioni agli obblighi incombenti a un funzionario in forza dello Statuto.

La durata irragionevole di un procedimento disciplinare può risultare sia dallo svolgimento delle indagini amministrative preliminari sia dal procedimento disciplinare in quanto tale. Il periodo da prendere in considerazione per valutare il carattere ragionevole della durata di un procedimento disciplinare non è solo quello che inizia con la decisione di aprire il detto procedimento. La questione se il procedimento disciplinare, una volta aperto, sia stato condotto con la diligenza necessaria, dipenderà dal fatto che un periodo più o meno lungo sia trascorso tra il verificarsi della presunta infrazione disciplinare e la decisione di aprire il procedimento disciplinare.

La ragionevolezza della durata del procedimento dev’essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascuna causa e, in particolare, della rilevanza della lite per l’interessato, della complessità della causa nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti. Nessun fattore particolare è determinante. Occorre esaminare ciascuno di essi separatamente, quindi valutare il loro effetto cumulativo. Alcuni esempi di ritardi imputabili all’autorità che ha il potere di nomina possono non apparire irragionevoli se considerati isolatamente, ma esserlo se valutati congiuntamente. Le esigenze in materia di diligenza procedurale non vanno tuttavia oltre quelle compatibili con il principio di buona amministrazione.

Quando, a causa di decisioni prese dall’autorità che ha il potere di nomina, un procedimento ha superato quella che normalmente si considererebbe una durata ragionevole, è a tale autorità che spetta dimostrare l’esistenza di circostanze particolari idonee a giustificare tale ritardo.

(v. punti 390-395)

Riferimento:

Corte: 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewerbe/Commissione (Racc. pag. I‑8417, punto 29 e giurisprudenza ivi citata), e 5 maggio 1983, causa 207/81, Ditterich/Commissione (Racc. pag. 1359, punto 26)

Tribunale di primo grado: 10 giugno 2004, causa T‑307/01, François/Commissione (Racc. pag. II‑1669, punto 47)

Tribunale della funzione pubblica: 8 novembre 2007, causa F‑40/05, Andreasen/Commissione (Racc. FP pagg. I‑A‑1‑337 e II‑A‑1‑1859, punto 194 e giurisprudenza ivi citata, che forma oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑17/08 P)