Language of document : ECLI:EU:C:2020:495

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

25 giugno 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Politica di asilo e di immigrazione – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 6 – Accesso alla procedura – Presentazione di una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande – Presentazione di una domanda ad altre autorità preposte a ricevere tali domande, ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale – Nozione di “altre autorità” – Articolo 26 – Trattenimento – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Direttiva 2013/33/UE – Articolo 8 – Trattenimento del richiedente – Motivi del trattenimento – Decisione di trattenimento di un richiedente a motivo della mancanza di posti per alloggiarlo in un centro di accoglienza umanitaria»

Nella causa C‑36/20 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana, Spagna), con decisione del 20 gennaio 2020, pervenuta in cancelleria il 25 gennaio 2020, nel procedimento riguardante

VL,

con l’intervento di:

Ministerio Fiscal,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras, presidente di sezione, S. Rodin, D. Šváby (relatore), K. Jürimäe e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M.M. Ferreira, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per VL, da M.T. Macías Reyes, abogada;

–        per il Ministerio Fiscal, da T. García García;

–        per il governo spagnolo, da S. Centeno Huerta, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e I. Galindo Martín, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 aprile 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, e dell’articolo 26 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), nonché dell’articolo 8 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento relativo al trattenimento di VL e alla domanda di protezione internazionale formulata da quest’ultimo in tale occasione.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2008/115/CE

3        Il considerando 9 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98), così recita:

«In conformità della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato [(GU 2005, L 326, pag. 13)], il soggiorno di un cittadino di un paese terzo che abbia chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato irregolare nel territorio di tale Stato membro finché non sia entrata in vigore una decisione negativa in merito alla sua domanda d’asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiorno quale richiedente asilo».

4        L’articolo 2 della direttiva 2008/115, intitolato «Ambito di applicazione», al suo paragrafo 1, così dispone:

«La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare».

5        L’articolo 6 di tale direttiva, che ha ad oggetto la «[d]ecisione di rimpatrio», al suo paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5».

6        L’articolo 15 di detta direttiva, intitolato «Trattenimento», che figura al capo IV della stessa, a sua volta intitolato «Trattenimento ai fini dell’allontanamento», al suo paragrafo 1, così recita:

«Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:

a)      sussiste un rischio di fuga o

b)      il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio».

 Direttiva 2013/32

7        I considerando 8, 12, 18, 20 e da 25 a 28 della direttiva 2013/32 così recitano:

«(8)      Nella riunione del 10-11 dicembre 2009 il Consiglio europeo ha adottato il programma di Stoccolma, ribadendo l’impegno per il raggiungimento dell’obiettivo di istituire, entro il 2012, uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, e fondato su norme elevate in materia di protezione e su procedure eque ed efficaci. Secondo il programma di Stoccolma, le persone che necessitano di protezione internazionale devono avere un accesso garantito a procedure di asilo giuridicamente sicure ed efficaci ed è essenziale che agli interessati sia riservato un trattamento di pari livello quanto alle disposizioni procedurali e alla determinazione dello status indipendentemente dallo Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale. L’obiettivo consiste nell’assicurare che casi analoghi siano trattati allo stesso modo, giungendo allo stesso risultato.

(...)

(12)      Obiettivo principale della presente direttiva è sviluppare ulteriormente le norme relative alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, così da istituire una procedura comune di asilo nell’Unione.

(...)

(18)      È nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo.

(...)

(20)      In circostanze ben definite per le quali una domanda potrebbe essere infondata o vi sono gravi preoccupazioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura di esame, introducendo in particolare termini più brevi, ma ragionevoli, in talune fasi procedurali, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo e un accesso effettivo del richiedente ai principi fondamentali e alle garanzie previsti dalla presente direttiva.

(...)

(25)      Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell’articolo 1 della convenzione di Ginevra ovvero persone ammissibili alla protezione sussidiaria, è opportuno che ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura. Inoltre, è opportuno che la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale contempli di norma per il richiedente almeno: il diritto di rimanere in attesa della decisione dell’autorità accertante; la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione nei colloqui con le autorità; la possibilità di comunicare con un rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e con altre organizzazioni che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale; il diritto a un’appropriata notifica della decisione e della relativa motivazione in fatto e in diritto; la possibilità di consultare un avvocato o altro consulente legale; il diritto di essere informato circa la sua posizione giuridica nei momenti decisivi del procedimento, in una lingua che capisce o è ragionevole supporre possa capire; e, in caso di decisione negativa, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

(26)      Al fine di garantire l’effettivo accesso alla procedura di esame, è opportuno che i pubblici ufficiali che per primi vengono a contatto con i richiedenti protezione internazionale, in particolare i pubblici ufficiali incaricati della sorveglianza delle frontiere terrestri o marittime o delle verifiche di frontiera, ricevano le pertinenti informazioni e la formazione necessaria per riconoscere e trattare le domande di protezione internazionale tenendo debitamente conto, tra l’altro, dei pertinenti orientamenti elaborati dall’[Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO)]. Essi dovrebbero essere in grado di dare ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi presenti sul territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, e che manifestano l’intenzione di presentare una domanda di protezione internazionale, le pertinenti informazioni sulle modalità e sulle sedi per presentare l’istanza. Ove tali persone si trovino nelle acque territoriali di uno Stato membro, è opportuno che siano sbarcate sulla terra ferma e che ne sia esaminata la domanda ai sensi della presente direttiva.

(27)      Considerato che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti protezione internazionale, essi dovrebbero adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente alla presente direttiva e alla direttiva [2013/33]. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero registrare il fatto che tali persone sono richiedenti protezione internazionale.

(28)      Per agevolare l’accesso alla procedura di esame ai valichi di frontiera e nei centri di trattenimento, è opportuno che siano rese disponibili informazioni sulla possibilità di chiedere protezione internazionale. È opportuno poi che sia garantita, con appositi servizi di interpretazione, la comunicazione di base necessaria per consentire alle autorità competenti di comprendere se le persone interessate dichiarino l’intenzione di chiedere protezione internazionale».

8        L’articolo 1 della direttiva 2013/32, intitolato «Obiettivo», è così formulato:

«Obiettivo della presente direttiva è stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9)]».

9        L’articolo 2 della direttiva 2013/32, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

b)      “domanda di protezione internazionale” o “domanda”: una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione non contemplato nell’ambito di applicazione della direttiva [2011/95] e che possa essere richiesto con domanda separata;

c)      “richiedente”: il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

(...)

f)      “autorità accertante”: qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente ad esaminare le domande di protezione internazionale e a prendere una decisione di primo grado al riguardo;

(...)».

10      L’articolo 3 della direttiva 2013/32, intitolato «Ambito di applicazione», al suo paragrafo 1 così recita:

«La presente direttiva si applica a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca della protezione internazionale».

11      L’articolo 4 di tale direttiva, intitolato «Autorità responsabili», al suo paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un’autorità che sarà competente per l’esame adeguato delle domande a norma della presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché tale autorità disponga di mezzi appropriati, in particolare di personale competente in numero sufficiente, per assolvere ai suoi compiti ai sensi della presente direttiva».

12      L’articolo 6 di detta direttiva, che s’intitola «Accesso alla procedura», è redatto come segue:

«1.      Quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, la registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima. Qualora il richiedente non presenti la propria domanda, gli Stati membri possono applicare di conseguenza l’articolo 28.

3.      Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato.

4.      In deroga al paragrafo 3, una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

5.      Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all’atto pratico rispettare il termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono stabilire che tale termine sia prorogato di dieci giorni lavorativi».

13      L’articolo 8 della medesima direttiva, intitolato «Informazione e consulenza nei centri di trattenimento e ai valichi di frontiera», al suo paragrafo 1, così dispone:

«Qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali centri di trattenimento e ai valichi di frontiera gli Stati membri garantiscono servizi di interpretazione nella misura necessaria per agevolare l’accesso alla procedura di asilo».

14      L’articolo 26 della direttiva 2013/32, relativo al «[t]rattenimento», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente. I motivi e le condizioni del trattenimento e le garanzie per i richiedenti trattenuti sono conformi alla direttiva [2013/33].

2.      Qualora un richiedente sia trattenuto, gli Stati membri provvedono affinché sia possibile un rapido controllo giurisdizionale a norma della direttiva [2013/33]».

15      L’articolo 38 di tale direttiva, intitolato «Concetto di paese terzo sicuro», al suo paragrafo 1, così recita:

«Gli Stati membri possono applicare il concetto di paese terzo sicuro solo se le autorità competenti hanno accertato che nel paese terzo in questione una persona richiedente protezione internazionale riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri:

(...)

b)      non sussiste il rischio di danno grave definito nella direttiva [2011/95];

(...)».

 Direttiva 2013/33

16      I considerando 15 e 20 della direttiva 2013/33 così recitano:

«(15)            Il trattenimento dei richiedenti dovrebbe essere regolato in conformità al principio fondamentale per cui nessuno può essere trattenuto per il solo fatto di chiedere protezione internazionale, in particolare in conformità agli obblighi giuridici internazionali degli Stati membri, e all’articolo 31 della convenzione di Ginevra. I richiedenti possono essere trattenuti soltanto nelle circostanze eccezionali definite molto chiaramente nella presente direttiva e in base ai principi di necessità e proporzionalità per quanto riguarda sia le modalità che le finalità di tale trattenimento. Il richiedente in stato di trattenimento dovrebbe godere effettivamente delle necessarie garanzie procedurali, quali il diritto a un ricorso giudiziario dinanzi a un’autorità giurisdizionale nazionale.

(...)

(20)      Al fine di meglio garantire l’integrità fisica e psicologica dei richiedenti, è opportuno che il ricorso al trattenimento sia l’ultima risorsa e possa essere applicato solo dopo che tutte le misure non detentive alternative al trattenimento sono state debitamente prese in considerazione. Ogni eventuale misura alternativa al trattenimento deve rispettare i diritti umani fondamentali dei richiedenti».

17      Secondo l’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni»:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      “domanda di protezione internazionale»: la domanda di protezione internazionale quale definita all’articolo 2, lettera h), della direttiva [2011/95];

b)      “richiedente”: il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

(...)».

18      L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», al suo paragrafo 1, così recita:

«La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese la frontiera, le acque territoriali o le zone di transito, purché siano autorizzati a soggiornare in tale territorio in qualità di richiedenti, nonché ai familiari, se inclusi nella domanda di protezione internazionale ai sensi del diritto nazionale».

19      Conformemente all’articolo 8 di tale direttiva, relativo al «[t]rattenimento»:

«1.      Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente ai sensi della direttiva [2013/32].

2.      Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive.

3.      Un richiedente può essere trattenuto soltanto:

a)      per determinarne o verificarne l’identità o la cittadinanza;

b)      per determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero ottenersi senza il trattenimento, in particolare se sussiste il rischio di fuga del richiedente;

c)      per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio;

d)      quando la persona è trattenuta nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva [2008/115], al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento e lo Stato membro interessato può comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che la persona in questione abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio;

e)      quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico;

f)      conformemente all’articolo 28 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide [(GU 2013, L 180, pag. 31)].

I motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale.

(...)».

20      L’articolo 9 della direttiva 2013/33, intitolato «Garanzie per i richiedenti trattenuti», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Un richiedente è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile ed è mantenuto in stato di trattenimento soltanto fintantoché sussistono i motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 3».

21      L’articolo 17 di tale direttiva, che s’intitola «Disposizioni generali relative alle condizioni materiali di accoglienza e all’assistenza sanitaria», così dispone, al suo paragrafo 1:

«Gli Stati membri provvedono a che i richiedenti abbiano accesso alle condizioni materiali d’accoglienza nel momento in cui manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale».

22      L’articolo 18 della suddetta direttiva, che s’intitola «Modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza», al suo paragrafo 9, così dispone:

«In casi debitamente giustificati gli Stati membri possono stabilire in via eccezionale modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza diverse da quelle previste nel presente articolo, per un periodo ragionevole e di durata più breve possibile, qualora:

(...)

b)      le capacità di alloggio normalmente disponibili siano temporaneamente esaurite.

Siffatte diverse condizioni soddisfano comunque le esigenze essenziali».

 Diritto spagnolo

23      L’articolo 58 della Ley Orgánica 4/2000 sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su integración social (legge organica 4/2000 sui diritti e le libertà degli stranieri in Spagna e sulla loro integrazione sociale), dell’11 gennaio 2000 (BOE n. 10, del 12 gennaio 2000, pag. 1139), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge organica n. 4/2000»), verte sull’allontanamento degli stranieri in situazione irregolare.

24      L’articolo 58 della legge organica 4/2000 prevede, al suo paragrafo 3, una procedura semplificata per l’allontanamento degli stranieri che tentano di entrare illegalmente in Spagna. Esso stabilisce, al suo paragrafo 4, che le persone menzionate al paragrafo 3 non possono essere allontanate fino a quando un’eventuale domanda di protezione internazionale non sia stata dichiarata irricevibile e dispone, al suo paragrafo 6, che, qualora l’allontanamento non sia possibile entro 72 ore, occorre chiedere il trattenimento alle autorità giudiziarie.

25      L’articolo 61 della legge organica 4/2000 prevede misure provvisorie nell’ambito dei procedimenti di allontanamento. L’articolo 62 di tale legge riguarda il trattenimento e il suo articolo 64, paragrafo 5, prevede la sospensione delle decisioni di allontanamento fino a quando una domanda di protezione internazionale non sia stata dichiarata irricevibile.

26      Gli articoli 2 e 3 della Ley 12/2009 reguladora del derecho de asilo y de la protección subsidiaria (legge 12/2009 che disciplina il diritto di asilo e la protezione sussidiaria), del 30 ottobre 2009 (BOE n. 263, del 31 ottobre 2009, pag. 90860), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, definiscono, rispettivamente, il diritto di asilo e lo status di rifugiato. Secondo l’articolo 5 di tale legge, la concessione della protezione sussidiaria implica che la persona interessata non sia allontanata. Infine, l’articolo 30 di detta legge prevede l’accesso ai servizi sociali e di accoglienza per i richiedenti protezione internazionale che ne hanno bisogno.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

27      Il 12 dicembre 2019 alle ore 19:05, un’imbarcazione a bordo della quale si trovavano 45 uomini di origine subsahariana, tra cui VL, cittadino del Mali, è stata intercettata dal Salvamento Marítimo (soccorso marittimo, Spagna) nei pressi delle coste spagnole. La nave del soccorso marittimo ha imbarcato tali 45 cittadini di paesi terzi e li ha sbarcati sulla banchina a sud dell’isola di Gran Canaria (Spagna) alle ore 21:30.

28      Dopo aver ricevuto le prime cure, detti cittadini sono stati consegnati alla Brigada Local de Extranjería y Fronteras (brigata locale per gli stranieri e le frontiere) della Comisaría de Policía Nacional de Maspalomas (commissariato di polizia nazionale di Maspalomas, Spagna). Il 13 dicembre 2019, alle ore 00:30, essi sono stati trasferiti alla Jefatura Superior de Policía de Canarias (prefettura superiore di polizia delle Canarie, Spagna).

29      Con decisione del 13 dicembre 2019, la Subdelegación del Gobierno en Las Palmas (rappresentanza del governo a Las Palmas, Spagna) ha disposto l’allontanamento di tali cittadini. Poiché tale decisione non poteva essere eseguita entro il termine di 72 ore previsto all’articolo 58, paragrafo 6, della legge organica n. 4/2000, è stata presentata al Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana, Spagna) una domanda di collocazione in un centro di trattenimento.

30      Dalla decisione di rinvio risulta che, nell’ambito di un’indagine preliminare, il 14 dicembre 2019 tale giudice ha adottato tre decisioni nel procedimento principale.

31      Con la prima decisione, detto giudice ha concesso a VL il diritto di rendere una dichiarazione essendo informato dei suoi diritti, assistito da un avvocato e da un interprete di lingua bambara, lingua che dichiarava di parlare e di comprendere. In tale dichiarazione, per la quale è stato redatto un verbale, VL manifestava la sua intenzione di chiedere la protezione internazionale poiché temeva persecuzioni a causa della sua razza o della sua appartenenza ad un gruppo sociale. Egli sottolineava, in particolare, che, a causa della guerra che infuriava in Mali, un ritorno in tale paese lo avrebbe esposto al rischio di esservi ucciso.

32      Non essendo considerato, nel diritto spagnolo, come autorità accertante, ai sensi dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 2013/32, il Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé di Tirajana), con una seconda decisione, ha comunicato, da un lato, alla Brigada Provincial de Extranjería y Fronteras (brigata provinciale per gli stranieri e le frontiere) e, dall’altro, all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), la dichiarazione tramite la quale VL aveva manifestato la sua intenzione di chiedere la protezione internazionale. In tale decisione si chiedeva altresì alla rappresentanza del governo alle Canarie, alla brigata provinciale per gli stranieri e le frontiere nonché al Ministerio de Trabajo, Migraciones y Seguridad Social (Ministero del Lavoro, dell’Immigrazione e della Previdenza sociale, Spagna) di trovare un posto in un centro di accoglienza umanitaria per VL e altri 25 richiedenti protezione internazionale.

33      Constatando che, in mancanza di sufficienti disponibilità, solo 12 richiedenti su 26 potevano beneficiare di un posto in un centro di accoglienza umanitaria, il Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé di Tirajana), con una terza decisione, ha disposto il collocamento degli altri quattordici richiedenti, tra cui VL, in un centro di trattenimento per gli stranieri e che la loro domanda di protezione internazionale fosse trattata all’interno di tale centro di trattenimento.

34      Il giudice del rinvio precisa che, prima che VL fosse trasferito in un centro di trattenimento, un funzionario della brigata provinciale per gli stranieri e le frontiere gli aveva comunicato che era stato fissato un appuntamento per il colloquio relativo alla sua domanda di protezione internazionale.

35      L’avvocato di VL ha proposto un ricorso per la riforma della decisione di trattenimento di VL, per il motivo che tale decisione sarebbe incompatibile con le direttive 2013/32 e 2013/33.

36      In tali circostanze, il Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      L’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva [2013/32] prevede l’ipotesi in cui la domanda di protezione internazionale sia presentata ad altre autorità che, in virtù del diritto nazionale, non sono competenti per la loro registrazione, nel qual caso gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Se tale disposizione debba essere interpretata nel senso di considerare i giudici istruttori, competenti a pronunciarsi sul trattenimento o meno di cittadini stranieri a norma del diritto nazionale spagnolo, come una delle “altre autorità” che non sono competenti per la registrazione della domanda di protezione internazionale, ma dinanzi alle quali i richiedenti possono dichiarare la loro volontà di introdurre una siffatta domanda.

2)      Se, qualora sia considerata una di tali autorità, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [2013/32] debba essere interpretato nel senso che il giudice istruttore è tenuto a indicare ai richiedenti i luoghi e le modalità con cui possono presentare le domande di protezione internazionale, e che, nell’ipotesi di introduzione di una siffatta domanda, detto giudice deve trasmettere gli atti all’organo competente a norma del diritto nazionale per la registrazione e il trattamento della domanda di protezione internazionale, nonché all’autorità amministrativa competente affinché siano concesse al richiedente le misure di accoglienza di cui all’articolo 17 della direttiva [2013/33].

3)      Se l’articolo 26 della direttiva [2013/32] e l’articolo 8 della direttiva [2013/33] debbano essere interpretati nel senso che non occorre disporre il trattenimento del cittadino di un paese terzo, salvo che sussistano i requisiti di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2013/33], in quanto il richiedente è tutelato dal principio di non respingimento dal momento in cui ha manifestato la propria volontà dinanzi al giudice istruttore».

 Sul procedimento d’urgenza

37      Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

38      A sostegno della sua domanda, esso ha indicato, in particolare, che VL era privato della libertà a seguito del suo collocamento in un centro di trattenimento e che era oggetto di una decisione di allontanamento che poteva essere eseguita in qualsiasi momento.

39      A tale riguardo, occorre constatare, da un lato, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione delle direttive 2013/32 e 2013/33, che rientrano nel titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e, dall’altro, che il collocamento di un cittadino di un paese terzo in un centro di trattenimento, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga nel corso della procedura di esame della sua domanda di protezione internazionale o ai fini del suo allontanamento, costituisce una misura privativa della libertà tale da giustificare l’avvio del procedimento pregiudiziale d’urgenza (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2016, Mirza, C‑695/15 PPU, EU:C:2016:188, punti 31 e 35, nonché ordinanza del 5 luglio 2018, C e a., C‑269/18 PPU, EU:C:2018:544, punti 35 e 37).

40      Inoltre, il presupposto relativo all’urgenza di ottenere una risposta della Corte nel più breve tempo possibile deve essere valutato quale si presenta alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere che il rinvio pregiudiziale sia trattato con procedimento d’urgenza (sentenze del 17 marzo 2016, Mirza, C‑695/15 PPU, EU:C:2016:188, punto 34, nonché del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 99).

41      Alla luce di tali considerazioni, il 6 febbraio 2020, la Quarta Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento pregiudiziale d’urgenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

42      Nelle sue osservazioni scritte, il governo spagnolo ha concluso per l’incompetenza della Corte a conoscere della presente domanda di pronuncia pregiudiziale per il motivo che il giudice del rinvio, sulla base del diritto spagnolo, è competente a pronunciarsi soltanto sul trattenimento di un cittadino di un paese terzo al fine di eseguire una decisione di respingimento e non a trattare le domande di protezione internazionale. In tali circostanze, le questioni sollevate dal giudice del rinvio non avrebbero alcun nesso con l’oggetto della controversia.

43      Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire, essendo tali questioni assistite da una presunzione di rilevanza. Ne consegue che il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [v., recentemente, sentenza del 26 marzo 2020, A.P. (Misure di sospensione condizionale), C‑2/19, EU:C:2020:237, punti 25 e 26].

44      A tale riguardo, occorre constatare che l’affermazione del governo spagnolo secondo cui il giudice del rinvio non è, nel diritto spagnolo, un’autorità competente a trattare le domande di protezione internazionale non esclude che tale giudice possa essere considerato come un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32. Pertanto, la valutazione di tale argomento rientra nell’esame del merito delle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, cosicché non si può giungere alla conclusione che dette questioni non abbiano alcun nesso con l’oggetto della controversia principale.

45      Risulta quindi che detto elemento non è tale da sovvertire la presunzione di rilevanza che si riconnette alle questioni sollevate in via pregiudiziale dal giudice del rinvio e che può essere superata solo in casi eccezionali (sentenza del 7 settembre 1999, Beck e Bergdorf, C‑355/97, EU:C:1999:391, punto 22).

46      Inoltre, occorre sottolineare che, successivamente alla proposizione della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte è venuta a conoscenza dell’esecuzione della decisione di allontanamento pronunciata nei confronti di VL. In tali circostanze, la Corte ha inviato al giudice del rinvio, in applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del regolamento di procedura, una richiesta di chiarimenti al fine di sapere se il procedimento principale fosse divenuto privo di oggetto.

47      Nella sua risposta, pervenuta alla Corte il 23 aprile 2020, il Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana) ha indicato, da un lato, di aver ricevuto, il 21 gennaio 2020, all’indomani della proposizione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, informazioni che lasciavano supporre che la decisione di allontanamento di VL fosse stata eseguita e, dall’altro, che, indipendentemente da tale esecuzione, la controversia principale conservasse il suo oggetto nei limiti in cui esso sarebbe stato tenuto a statuire, sulla base delle risposte della Corte alle questioni sollevate, in merito alla legittimità della sua decisione precedente che ha comportato la privazione di libertà subita da VL durante il periodo dal 14 dicembre 2019 al 21 gennaio 2020, data del suo allontanamento, e che l’esito della controversia principale potrebbe, eventualmente, portare quest’ultimo a intentare un’azione di risarcimento del danno.

48      A tale riguardo, sia dal dettato sia dall’impianto sistematico dell’articolo 267 TFUE emerge che il procedimento pregiudiziale presuppone, in particolare, che dinanzi ai giudici nazionali sia effettivamente pendente una controversia, dovendo la pronuncia pregiudiziale richiesta essere «necessaria» al fine di consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa della quale è investito. Infatti, la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti da 44 a 46, e giurisprudenza ivi citata).

49      Pertanto, il rigetto di una domanda formulata da un giudice nazionale è possibile solo se risulti che con il procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, in contrasto con il suo scopo, si intenda in realtà indurre la Corte a pronunciarsi per il tramite di una controversia fittizia oppure sia manifesto che il diritto dell’Unione non può essere applicato, né direttamente né indirettamente, alle circostanze del caso di specie (sentenza del 28 novembre 2018, Amt Azienda Trasporti e Mobilità e a., C‑328/17, EU:C:2018:958, punto 34).

50      Nella presente causa, il giudice del rinvio ha indicato che una risposta della Corte alle questioni pregiudiziali sollevate continua ad essere necessaria al fine di statuire sulla legittimità della privazione della libertà subita da VL. Orbene, poiché il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che sono chiamati a dirimere, una siffatta indicazione del giudice del rinvio vincola, in linea di principio, la Corte (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Pohotovosť, C‑470/12, EU:C:2014:101, punto 32), tanto più che le circostanze eccezionali menzionate al punto precedente non si verificano.

51      La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è, quindi, ricevibile.

 Sulla prima questione

52      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare ai fini del suo respingimento rientra nel novero delle «altre autorità», contemplate da tale disposizione, preposte a ricevere domande di protezione internazionale ma non competenti, a norma del diritto nazionale, per la registrazione.

53      Come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto non solo dei termini della medesima, ma anche del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi [sentenze del 18 gennaio 1984, Ekro, 327/82, EU:C:1984:11, punto 11, e del 7 novembre 2019, K.H.K. (Sequestro conservativo su conti bancari), C‑555/18, EU:C:2019:937, punto 38].

54      A tale riguardo, l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2013/32 prevede che, quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, detta registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda. Quanto all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva, esso precisa che, se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

55      Come risulta dall’espressione «autorità competente a norma del diritto nazionale», che figura all’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2013/32, quest’ultima lascia agli Stati membri il compito di designare l’autorità competente a registrare le domande di protezione internazionale.

56      Per contro, e come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, facendo riferimento alla nozione di «altre autorità preposte a ricevere tali domande [di protezione internazionale], ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale», l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva non rinvia assolutamente al diritto nazionale e non impone quindi agli Stati membri di designare tali «altre autorità».

57      A tale riguardo, dal tenore letterale di tale disposizione risulta chiaramente che il legislatore dell’Unione ha inteso accogliere una concezione ampia delle autorità che, senza essere competenti a registrare domande di protezione internazionale, possono tuttavia ricevere queste stesse domande. Infatti, la scelta dell’aggettivo «altre» dimostra la volontà di optare per una definizione aperta del perimetro delle autorità che possono ricevere domande di protezione internazionale.

58      L’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, di tale direttiva conferma peraltro detta accezione estensiva imponendo a tutte le autorità che siano soltanto «preposte» a ricevere domande di protezione internazionale di riceverle effettivamente quando sono presentate.

59      Pertanto, giacché è plausibile che un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità giurisdizionale chiamata a pronunciarsi su una domanda di trattenimento presentata dalle autorità nazionali, in particolare ai fini del suo respingimento, si deve ritenere che la nozione di «altre autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, includa un siffatto giudice.

60      Peraltro, non si può trarre argomento dal fatto che l’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2013/32 menzioni, nell’ambito delle autorità che possono ricevere le domande di protezione internazionale, soltanto la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento. Essendo, infatti, tale elencazione introdotta dalla locuzione «quali», non può essere esaustiva.

61      Inoltre, il fatto che l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32 non indichi la natura, giurisdizionale o amministrativa, che tali «altre autorità» devono rivestire costituisce proprio, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, un indizio della volontà del legislatore dell’Unione di ricomprendere, con la scelta di tale nozione, una pluralità di autorità, eventualmente giurisdizionali, e di non limitarsi alle sole autorità amministrative.

62      Infine, tale interpretazione letterale dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 è avvalorata da un’interpretazione contestuale.

63      Da un lato, infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 60 e 61 delle sue conclusioni, occorre ricordare che uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2013/32 è quello di garantire un accesso effettivo, ossia un accesso più facile possibile, alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, come risulta in particolare dai considerando 8, 20, 25 e 26 di tale direttiva. Al fine di garantire un siffatto accesso, l’articolo 6, paragrafo 2, di detta direttiva menziona l’obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’«effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima».

64      Dall’altro lato, tale interpretazione discende altresì dal considerando 25 della medesima direttiva, secondo cui un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare dovrebbe disporre di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura.

65      Come sostenuto dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, in procedimenti assai rapidi, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, nei quali, da un lato, la decisione di allontanamento è emanata entro le 24 ore successive all’arrivo del cittadino di un paese terzo in situazione irregolare e, dall’altro, tale cittadino è ascoltato da un giudice istruttore il giorno successivo, detta audizione, che si svolge in presenza di un avvocato e di un interprete che parla una lingua compresa dall’interessato, costituisce il momento opportuno per presentare una domanda di protezione internazionale. Detta audizione può anche rappresentare, in funzione delle circostanze, la prima occasione di avvalersi del diritto di presentare una siffatta domanda.

66      Nel caso di specie, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che VL non è stato informato della possibilità di chiedere protezione internazionale prima di essere ascoltato dal giudice istruttore. Pertanto, la circostanza, evocata dal governo spagnolo e dal Ministerio Fiscal (pubblico ministero, Spagna), che l’interessato poteva presentare successivamente la propria domanda nel centro di trattenimento non è una ragione valida per ritenere che egli non dovesse essere autorizzato a farlo presso il giudice istruttore competente a statuire sul suo trattenimento.

67      Ne consegue che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, vietare a un’autorità giurisdizionale, quale il Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana), di ricevere domande di protezione internazionale ostacolerebbe la realizzazione dell’obiettivo di garantire l’accesso effettivo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, menzionato al punto 63 della presente sentenza.

68      Occorre quindi rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare ai fini del suo respingimento rientra nel novero delle «altre autorità» contemplate da tale disposizione, preposte a ricevere domande di protezione internazionale, ma non competenti, a norma del diritto nazionale, per la registrazione.

 Sulla seconda questione

69      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, secondo e terzo comma, della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che un giudice istruttore, nella sua qualità di «altra autorità», ai sensi di tale disposizione, deve, da un lato, informare i cittadini di paesi terzi in situazione irregolare delle modalità di inoltro di una domanda di protezione internazionale e, dall’altro, qualora un cittadino abbia manifestato la propria intenzione di presentare una siffatta domanda, trasmettere il fascicolo all’autorità competente ai fini della registrazione di detta domanda affinché tale cittadino possa beneficiare delle condizioni materiali di accoglienza e dell’assistenza sanitaria previste all’articolo 17 della direttiva 2013/33.

70      Al fine di rispondere alla prima parte della questione, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2013/32, gli Stati membri garantiscono che le «altre autorità» di cui a tale disposizione, preposte a ricevere le domande di protezione internazionale, abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale.

71      Nei limiti in cui dalla risposta alla prima questione risulta che un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare ai fini del suo respingimento rientra nel novero delle «altre autorità» contemplate all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, ne deriva che tale giudice istruttore è altresì tenuto, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, di tale direttiva, a fornire ai richiedenti protezione internazionale informazioni sulle modalità concrete di inoltro di una domanda di protezione internazionale.

72      Tale interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2013/32 è avvalorata dall’articolo 6, paragrafo 2, della stessa, che obbliga gli Stati membri a provvedere affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima.

73      Orbene, e benché tali disposizioni attestino che il legislatore dell’Unione abbia inteso preservare l’effettività del diritto dei cittadini di paesi terzi in situazione irregolare di chiedere il beneficio della protezione internazionale, una siffatta effettività sarebbe vanificata se, in ogni fase della procedura, un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo e terzo comma, della direttiva 2013/32, potesse astenersi dall’informare il cittadino interessato della possibilità di chiedere la protezione internazionale con il pretesto che quest’ultimo probabilmente ha dovuto ricevere siffatte informazioni precentemente o può riceverle successivamente.

74      Pertanto, informando un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare quanto alle modalità concrete di inoltro di una domanda di protezione internazionale, un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di tale cittadino ai fini del suo respingimento agisce, come richiesto dal considerando 18 della direttiva 2013/32, nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo.

75      Il governo spagnolo ritiene, tuttavia, che un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, non possa, di propria iniziativa, informare un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare della possibilità di chiedere protezione internazionale.

76      Occorre rilevare al riguardo che il considerando 28 di tale direttiva enuncia che, per agevolare l’accesso alla procedura di esame ai valichi di frontiera e nei centri di trattenimento, è opportuno che siano rese disponibili informazioni sulla possibilità di chiedere protezione internazionale. Quanto all’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva, esso impone agli Stati membri, qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, di fornire loro informazioni sulla possibilità di farlo.

77      Nei limiti in cui l’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2013/32 prevede quindi che le «altre autorità preposte a ricevere domande di protezione internazionale» che intervengono sia a monte sia a valle del giudice istruttore debbano essere in grado di fornire ai richiedenti informazioni sulle modalità di inoltro di una domanda di protezione internazionale, occorre ritenere che l’obbligo di mettere a disposizione dei cittadini di paesi terzi in situazione irregolare informazioni sulla possibilità di chiedere protezione internazionale si imponga anche a un giudice istruttore, come quello di cui al procedimento principale, come a qualsiasi altra autorità preposta a ricevere tali domande.

78      Pertanto, un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare ai fini del suo respingimento si conforma alle prescrizioni dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo e terzo comma, nonché dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 allorché prende l’iniziativa di informare tale cittadino del diritto di cui dispone di chiedere protezione internazionale.

79      Al fine di rispondere alla seconda parte della questione, occorre ricordare che il considerando 27 della direttiva 2013/32 enuncia, in particolare, che i cittadini di paesi terzi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale dovrebbero adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente a tale direttiva e alla direttiva 2013/33. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero registrare quanto prima il fatto che tali persone sono richiedenti protezione internazionale.

80      Orbene, nell’ipotesi in cui una domanda di protezione internazionale sia stata presentata dinanzi a un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, tale disposizione fissa allo Stato membro interessato, ai fini della registrazione di tale domanda, un termine di sei giorni lavorativi dopo la sua presentazione.

81      Affinché tale termine particolarmente breve possa essere rispettato, è indispensabile, segnatamente al fine di garantire l’efficacia e la rapidità della procedura di esame delle domande di protezione internazionale, che tale autorità comunichi il fascicolo in suo possesso all’autorità competente per la registrazione della domanda a norma del diritto nazionale.

82      In assenza di una siffatta comunicazione, l’obiettivo stesso della direttiva 2013/32, in particolare quello dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima, che consiste nel garantire un accesso effettivo, facile e rapido alla procedura di protezione internazionale, sarebbe seriamente compromesso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni.

83      Occorre quindi rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, secondo e terzo comma, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che un giudice istruttore, in qualità di «altra autorità», ai sensi di tale disposizione, deve, da un lato, informare i cittadini di paesi terzi in situazione irregolare delle modalità di inoltro di una domanda di protezione internazionale e, dall’altro, qualora un cittadino abbia manifestato la volontà di presentare una siffatta domanda, trasmettere il fascicolo all’autorità competente ai fini della registrazione di detta domanda affinché tale cittadino possa beneficiare delle condizioni materiali di accoglienza e dell’assistenza sanitaria previste all’articolo 17 della direttiva 2013/33.

 Sulla terza questione

84      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 26 della direttiva 2013/32 e l’articolo 8 della direttiva 2013/33 debbano essere interpretati nel senso che un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare che abbia manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale dinanzi a un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, possa essere trattenuto soltanto per i motivi previsti all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33.

85      A tale riguardo, occorre rilevare che sia l’articolo 26, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 sia l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2013/33 dispongono che gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo fatto di essere un richiedente protezione internazionale.

86      Occorre quindi determinare, in un primo tempo, se un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare che abbia manifestato la volontà di richiedere protezione internazionale costituisca un richiedente protezione internazionale, ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2013/32.

87      Anzitutto, occorre rilevare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 78 delle sue conclusioni, che l’articolo 6 della direttiva 2013/32 distingue tra la presentazione della domanda, da un lato, e l’inoltro della stessa, dall’altro.

88      A tale riguardo, dal tenore letterale della direttiva 2013/32 risulta chiaramente che quest’ultima collega, ripetutamente, la qualità di richiedente protezione internazionale al fatto di aver «presentato» una domanda. Infatti, l’articolo 2, lettera c), di tale direttiva definisce il «richiedente» come il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia «presentato» una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva. L’articolo 2, lettera b), di detta direttiva definisce la «domanda» come la domanda «rivolta» allo Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide. Lo stesso vale per l’articolo 2, lettera b), della direttiva 2013/33, che definisce il «richiedente» come il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia «presentato» una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva, nonché per l’articolo 2, lettera a), di tale direttiva, secondo cui la «domanda di protezione internazionale» corrisponde alla richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria.

89      Tale ampia concezione della nozione di «richiedente protezione internazionale» risulta altresì dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, da cui discende che tale direttiva si applica a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio degli Stati membri, nonché dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/33, dal quale si desume che essa si applica a tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che presentano una domanda di protezione internazionale.

90      Peraltro, l’articolo 6, paragrafo 1, primo e secondo comma, della direttiva 2013/32 impone agli Stati membri di registrare la domanda di protezione internazionale entro tre giorni lavorativi o entro sei giorni lavorativi dopo la sua «presentazione», a seconda che detta domanda sia stata presentata all’autorità competente a norma del diritto nazionale per procedere alla sua registrazione o a un’altra autorità preposta a ricevere tale domanda senza tuttavia essere competente, a norma del diritto nazionale, per la sua registrazione. Quanto all’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva, esso impone altresì agli Stati membri l’obbligo di provvedere affinché chiunque abbia «presentato» una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di «inoltrarla» quanto prima.

91      Infine, occorre ancora rilevare che il considerando 27 di detta direttiva enuncia che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti protezione internazionale e che, a tale titolo, dovrebbero adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente alle direttive 2013/32 e 2013/33. La seconda frase di detto considerando precisa, inoltre, che, a tal fine, gli Stati membri dovrebbero registrare quanto prima il fatto che tali persone sono richiedenti protezione internazionale.

92      Da tutti questi elementi discende che un cittadino di un paese terzo acquisisce la qualità di richiedente protezione internazionale, ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2013/32, a partire dal momento in cui «presenta» una siffatta domanda.

93      Orbene, mentre la registrazione della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro interessato, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, primo e secondo comma, di tale direttiva, e l’inoltro di tale domanda richiede, in linea di principio, che il richiedente protezione internazionale compili un modulo previsto a tal fine, conformemente all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, di detta direttiva, l’azione di «presentare» una domanda di protezione internazionale non presuppone alcuna formalità amministrativa, in quanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 82 delle sue conclusioni, dette formalità devono essere rispettate al momento dell’«inoltro» della domanda.

94      Ne consegue, da un lato, che l’acquisizione della qualità di richiedente protezione internazionale non può essere subordinata né alla registrazione né all’inoltro della domanda e, dall’altro, che il fatto che un cittadino di un paese terzo manifesti la volontà di chiedere la protezione internazionale dinanzi a un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, come un giudice istruttore, è sufficiente a conferirgli la qualità di richiedente protezione internazionale e, pertanto, a far scattare il termine di sei giorni lavorativi entro il quale lo Stato membro interessato deve registrare detta domanda.

95      Occorre quindi, in un secondo momento, valutare se un richiedente protezione internazionale possa essere trattenuto per un motivo diverso da quelli previsti all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33.

96      Occorre subito rilevare che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con il considerando 9 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che tale direttiva non è applicabile a un cittadino di un paese terzo che abbia inoltrato una domanda di protezione internazionale, ai sensi della direttiva 2013/32, e ciò durante il periodo che intercorre tra l’inoltrodi tale domanda e l’adozione della decisione dell’autorità di primo grado che si pronuncia su tale domanda o, eventualmente, fino all’esito del ricorso che sia stato proposto avverso tale decisione (v., per analogia, sentenza del 30 maggio 2013, Arslan, C‑534/11, EU:C:2013:343, punto 49).

97      Peraltro, la protezione insita nel diritto a un ricorso effettivo nonché nel principio di non respingimento deve essere garantita riconoscendo al richiedente protezione internazionale il diritto a un ricorso effettivo che sia automaticamente sospensivo, quantomeno dinanzi a un’autorità giurisdizionale, avverso una decisione di rimpatrio e un’eventuale decisione di allontanamento, ai sensi della direttiva 2008/115. Spetta agli Stati membri garantire la piena efficacia del ricorso contro la decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale tramite la sospensione di tutti gli effetti della decisione di rimpatrio durante il termine previsto ai fini della proposizione del ricorso medesimo e, in caso di sua proposizione, sino alla relativa decisione [v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (Effetto sospensivo dell’appello), C‑175/17, EU:C:2018:776, punto 33 e giurisprudenza ivi citata].

98      Nei limiti in cui, come constatato al punto 94 della presente sentenza, un cittadino di un paese terzo che abbia manifestato, dinanzi a un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, la volontà di chiedere la protezione internazionale beneficia della qualità di richiedente protezione internazionale, la sua situazione non può rientrare, in tale fase, nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/115.

99      Ne consegue che, nel caso di specie, e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 106 delle sue conclusioni, sebbene le condizioni di trattenimento di VL fossero disciplinate dalla direttiva 2008/115 fino alla data in cui egli ha presentato la sua domanda di protezione internazionale, l’articolo 26, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2013/33 sono divenuti applicabili nei suoi confronti a partire da tale data (v., per analogia, sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punti 210 e 213).

100    Orbene, dal combinato disposto di queste due ultime disposizioni risulta che gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo fatto di essere un richiedente protezione internazionale e che i motivi e le condizioni del trattenimento nonché le garanzie per i richiedenti trattenuti devono essere conformi alla direttiva 2013/33.

101    A tale riguardo, gli articoli 8 e 9 della direttiva in parola, letti in combinato disposto con i considerando 15 e 20 della stessa, limitano notevolmente il potere conferito agli Stati membri di procedere a un trattenimento (v., in tal senso, sentenze del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punti 61 e 62, nonché del 14 settembre 2017, K., C‑18/16, EU:C:2017:680, punti 44 e 45).

102    Pertanto, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva, un richiedente protezione internazionale può essere trattenuto solo qualora, in esito a una valutazione caso per caso, ciò si riveli necessario e non possano essere efficacemente applicate altre misure meno coercitive. Ne consegue che le autorità nazionali possono trattenere un richiedente protezione internazionale solo dopo aver verificato, caso per caso, se un siffatto trattenimento sia proporzionato ai fini da esso perseguiti (sentenze del 14 settembre 2017, K., C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 48, nonché del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 258).

103    Vero è che, conformemente all’articolo 8, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2013/33, i motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale.

104    Tuttavia, da una giurisprudenza costante della Corte discende che l’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, di tale direttiva enumera esaustivamente i vari motivi tali da giustificare il trattenimento e che ognuno dei suddetti motivi risponde a una necessità specifica ed ha carattere autonomo (sentenze del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 59; del 14 settembre 2017, K., C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 42, e del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 250).

105    Inoltre, tenuto conto dell’importanza del diritto alla libertà sancito all’articolo 6 della Carta e della gravità dell’ingerenza che una siffatta misura di trattenimento costituisce rispetto al suddetto diritto, le limitazioni all’esercizio dello stesso devono operare entro i limiti dello stretto necessario (sentenze del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 56, e del 14 settembre 2017, K., C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 40).

106    Orbene, il motivo dedotto nel procedimento principale per giustificare il trattenimento di VL, ossia il fatto che sarebbe stato impossibile trovare per quest’ultimo un alloggio in un centro di accoglienza umanitaria, non corrisponde ad alcuno dei sei motivi di trattenimento menzionati all’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2013/33.

107    Un siffatto motivo di trattenimento è, di conseguenza, contrario alle prescrizioni dell’articolo 8, paragrafi da 1 a 3, di tale direttiva, in quanto pregiudica il contenuto essenziale delle condizioni materiali di accoglienza che devono essere riconosciute a un richiedente protezione internazionale nel corso dell’esame della sua domanda di protezione internazionale e non rispetta né i principi né l’obiettivo di detta direttiva (v., per analogia, sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 252).

108    Vero è che l’articolo 18, paragrafo 9, lettera b), della direttiva 2013/33 prevede che, in casi debitamente giustificati gli Stati membri possono stabilire in via eccezionale modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza diverse da quelle previste in detto articolo, per un periodo ragionevole e di durata più breve possibile qualora, in particolare, le capacità di alloggio normalmente disponibili siano temporaneamente esaurite. Tuttavia, il trattenimento, quale misura privativa della libertà, non può essere considerato una modalità materiale di accoglienza diversa, ai sensi di tale disposizione.

109    Inoltre, l’articolo 8, paragrafo 3, lettera d), della medesima direttiva consente di trattenere un richiedente protezione internazionale nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115, al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, soltanto qualora lo Stato membro interessato possa comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che il richiedente abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che lo stesso abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio.

110    Orbene, per quanto riguarda, in primo luogo, la possibilità di accedere alla procedura di asilo, nel caso di specie, e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 109 delle sue conclusioni, dalle affermazioni del giudice del rinvio, che si fonda al riguardo sul verbale di trattenimento e su talune informazioni sui diritti e sugli elementi essenziali relativi ai mezzi di ricorso avverso la decisione di trattenimento, emerge che VL, fino alla sua audizione da parte del giudice istruttore, non era stato informato della possibilità di presentare una domanda di protezione internazionale. Pertanto, tale audizione sembra aver costituito l’unica occasione per VL di chiedere la protezione internazionale prima di essere inviato in un centro di trattenimento per gli stranieri. È quindi irrilevante, come ricordato al punto 66 della presente sentenza, che, come fa valere il governo spagnolo, tale persona avrebbe avuto la possibilità di presentare successivamente una siffatta domanda in tale centro.

111    In secondo luogo, non risulta né dalla decisione di rinvio né dal fascicolo a disposizione della Corte che vi fossero, nel caso di specie, fondati motivi per ritenere che il richiedente avesse presentato la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare l’esecuzione della decisione di rimpatrio o impedire che si proceda al suo allontanamento.

112    Infine, occorre ricordare che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/33 dispone che un richiedente protezione internazionale è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile e fintantoché sussistono i motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della medesima direttiva (sentenza del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 62).

113    In tali circostanze, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 26 della direttiva 2013/32 e l’articolo 8 della direttiva 2013/33 devono essere interpretati nel senso che un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare che abbia manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale dinanzi a un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, non può essere trattenuto per un motivo diverso da quelli previsti all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33.

 Sulle spese

114    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, deve essere interpretato nel senso che un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare ai fini del suo respingimento rientra nel novero delle «altre autorità» contemplate da tale disposizione, preposte a ricevere domande di protezione internazionale, ma non competenti, a norma del diritto nazionale, per la registrazione.

2)      L’articolo 6, paragrafo 1, secondo e terzo comma, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che un giudice istruttore, in qualità di «altra autorità», ai sensi di tale disposizione, deve, da un lato, informare i cittadini di paesi terzi in situazione irregolare delle modalità di inoltro di una domanda di protezione internazionale e, dall’altro, qualora un cittadino abbia manifestato la volontà di presentare una siffatta domanda, trasmettere il fascicolo all’autorità competente ai fini della registrazione di detta domanda affinché tale cittadino possa beneficiare delle condizioni materiali di accoglienza e dell’assistenza sanitaria previste all’articolo 17 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.

3)      L’articolo 26 della direttiva 2013/32 e l’articolo 8 della direttiva 2013/33 devono essere interpretati nel senso che un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare che abbia manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale dinanzi a un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, non può essere trattenuto per un motivo diverso da quelli previsti all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.