Language of document : ECLI:EU:C:2015:793

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

3 dicembre 2015 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 1/2005 – Articolo 1, paragrafo 5 – Protezione degli animali durante il trasporto – Trasporto di cani randagi da uno Stato membro ad un altro effettuato da un’associazione di protezione degli animali – Nozione di “attività economica” – Direttiva 90/425/CEE – Articolo 12 – Nozione di “operatore che effettua scambi intracomunitari”»

Nella causa C‑301/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), con decisione del 9 aprile 2014, pervenuta in cancelleria il 24 giugno 2014, nel procedimento

Pfotenhilfe-Ungarn e.V.

contro

Ministerium für Energiewende, Landwirtschaft, Umwelt und ländliche Räume des Landes Schleswig-Holstein,

con l’intervento di:

Vertreter des Bundesinteresses beim Bundesverwaltungsgericht,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, J. Malenovský, M. Safjan, A. Prechal (relatore) e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 giugno 2015,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Pfotenhilfe-Ungarn e.V., da K. Leondarakis, Rechtsanwalt;

–        per il Ministerium für Energiewende, Landwirtschaft, Umwelt und ländliche Räume des Landes Schleswig-Holstein, da W. Ewer, Rechtsanwalt;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Urbani Neri, avvocato dello Stato;

–        per il governo austriaco, da G. Eberhard, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da B. Eggers e H. Kranenborg, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 settembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97 (GU 2005, L 3, pag. 1), nonché dell’articolo 12 della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29), come modificata dalla direttiva 92/60/CEE del Consiglio, del 30 giugno 1992 (GU L 268, pag. 75; in prosieguo: la «direttiva 90/425»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Pfotenhilfe-Ungarn e.V. (in prosieguo: la «Pfotenhilfe-Ungarn»), un’associazione per la protezione degli animali, e il Ministerium für Energiewende, Landwirtschaft, Umwelt und ländliche Räume des Landes Schleswig-Holstein (Ministero per la Transizione energetica, l’Agricoltura, l’Ambiente e le Zone rurali del Land Schleswig Holstein; in prosieguo: il «Ministero») in merito alla decisione di quest’ultimo di sottoporre la Pfotenhilfe-Ungarn agli obblighi di dichiarazione e di registrazione previsti dalla normativa nazionale in materia di salute degli animali, a seguito di un trasporto transfrontaliero di cani effettuato da tale associazione.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Il regolamento n. 1/2005

3        I considerando 2, 12 e 21 del regolamento n. 1/2005 sono così formulati:

«(2)      Ai sensi della direttiva 91/628 [del Consiglio, del 19 novembre 1991, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e recante modifica delle direttive 90/425 e 91/496/CEE (GU L 340, pag. 17), come modificata dal regolamento (CE) n. 806/2003, del 14 aprile 2003 (GU L 122, pag. 1; in prosieguo: la “direttiva 91/628”)], il Consiglio ha adottato regole nell’ambito del trasporto di animali per eliminare gli ostacoli tecnici agli scambi di animali vivi e consentire il buon funzionamento delle organizzazioni di mercato, assicurando nel contempo un livello soddisfacente di protezione degli animali in questione.

(...)

(12)      Il trasporto a fini commerciali non si limita ai trasporti che implicano uno scambio immediato di denaro, di beni o di servizi. Il trasporto a fini commerciali include segnatamente i trasporti che determinano o mirano a produrre direttamente o indirettamente un profitto.

(...)

(21)      Gli equidi registrati, come definiti all’articolo 2, lettera c), della direttiva 90/426/CEE [del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa alle condizioni di polizia sanitaria che disciplinano i movimenti di equidi e le importazioni di equidi in provenienza dai paesi terzi (GU L 224, pag. 42), come modificata dalla direttiva 2004/68/CE (GU L 139, pag. 320),] sono spesso trasportati per scopi non commerciali e tali trasporti devono essere effettuati conformemente agli obiettivi complessivi del presente regolamento. Vista la natura di tali movimenti, sembra opportuno derogare a talune disposizioni quando equidi registrati sono trasportati per competizioni, gare, eventi cultuali o riproduzione. (...)».

4        L’articolo 1, paragrafi 1 e 5, di tale regolamento così dispone:

«1.      Il presente regolamento si applica al trasporto di animali vertebrati vivi all’interno della Comunità, compresi i controlli specifici che i funzionari competenti devono effettuare sulle partite che entrano nel territorio doganale della Comunità o che ne escono.

(...)

5.      Il presente regolamento non si applica al trasporto di animali che non sia in relazione con un’attività economica (...)».

5        L’articolo 33 di detto regolamento è formulato nei seguenti termini:

«La direttiva [91/628] (...) [è abrogata] a decorrere dal 5 gennaio 2007. I riferimenti alla direttiva (...) [abrogata] s’intendono fatti al presente regolamento».

 La direttiva 90/425

6        I considerando dal secondo al quinto della direttiva 90/425 hanno il seguente tenore:

«considerando che un funzionamento armonioso delle organizzazioni comuni di mercato per gli animali ed i prodotti di origine animale implica l’eliminazione di tutti gli ostacoli veterinari e zootecnici allo sviluppo degli scambi intracomunitari degli animali e prodotti considerati; che, a tal fine, la libera circolazione degli animali e dei prodotti agricoli costituisce un elemento fondamentale delle organizzazioni comuni di mercato e deve consentire uno sviluppo razionale della produzione agricola, nonché l’impiego ottimale dei fattori di produzione;

considerando che nel settore veterinario le frontiere sono attualmente utilizzate per controlli intesi a garantire la protezione della salute pubblica e della salute animale;

considerando che l’obiettivo finale è quello di limitare i controlli veterinari [al] luogo di partenza; che la realizzazione di questo obiettivo implica un’armonizzazione delle esigenze essenziali relative alla protezione della salute animale;

considerando che, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, è opportuno, in attesa di realizzare l’obiettivo predetto, dare rilievo ai controlli da effettuare alla partenza e all’organizzazione dei controlli che possono essere eseguiti nel luogo di destinazione; che questa soluzione induce ad abbandonare la possibilità di effettuare i controlli veterinari alle frontiere interne della Comunità e che in tale contesto è giustificato il mantenimento di un certificato sanitario o di un documento di identificazione previsti dalla normativa comunitaria;

(...)».

7        L’articolo 1 della direttiva 90/425 così prevede:

«Gli Stati membri provvedono affinché i controlli veterinari da effettuare sugli animali vivi e sui prodotti disciplinati dalle direttive riportate nell’allegato A o su quelli di cui all’articolo 21, primo comma, e destinati agli scambi, non siano più effettuati alle frontiere, fatto salvo l’articolo 7, ma si svolgano conformemente alle disposizioni della presente direttiva.

(...)

La presente direttiva non si applica ai controlli veterinari relativi agli spostamenti tra Stati membri di animali da compagnia, privi di qualsiasi carattere commerciale, accompagnati da una persona fisica e responsabile degli animali durante lo spostamento».

8        Ai sensi dell’articolo 2, punto 3, di tale direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

3)      scambi: scambi tra Stati membri ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2 del trattato [CEE];

(...)».

9        L’articolo 12 della direttiva in parole così prevede:

«Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli operatori che effettuano scambi intracomunitari di animali e/o di prodotti di cui all’articolo 1:

a)      siano tenuti, su richiesta dell’autorità competente, a una registrazione preliminare in un registro ufficiale;

b)      tengano un registro in cui sono iscritte le forniture e, per i destinatari di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), punto iii), la destinazione ulteriore degli animali o dei prodotti.

Tale registro deve essere conservato per un periodo che sarà stabilito dall’autorità nazionale competente, per essere presentato, su sua richiesta, all’autorità competente».

10      L’allegato A della direttiva 90/425 elenca, in particolare, le direttive che prevedono controlli veterinari da effettuare su animali vivi e che dovranno essere svolti conformemente alle disposizioni di tale direttiva. Fra i testi citati figura la direttiva 91/628.

 Il regolamento (CE) n. 998/2003

11      Il regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio (GU L 146, pag. 1) è stato abrogato dal regolamento (UE) n. 576/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia (GU L 178, pag. 1). Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti relativi al procedimento principale, si applica loro il regolamento n. 998/2003. L’articolo 1 di tale regolamento era così formulato:

«Il presente regolamento fissa le condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia, nonché le regole relative al controllo di tali movimenti».

12      L’articolo 2, primo comma, del suddetto regolamento prevedeva quanto segue:

«Il presente regolamento si applica ai movimenti tra Stati membri o in provenienza da paesi terzi degli animali da compagnia delle specie elencate nell’allegato I».

13      L’articolo 3, lettera a), del medesimo regolamento disponeva come segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)       “animali da compagnia”: gli animali delle specie elencate nell’allegato I accompagnati dal loro proprietario o da una persona fisica che ne assume la responsabilità per conto del proprietario durante il movimento e non destinati alla vendita o al trasferimento di proprietà;

(...)».

14      Tra le specie di animali menzionate all’allegato I del regolamento n. 998/2003 figuravano, nella parte A, i cani.

 Diritto tedesco

15      L’articolo 4 del regolamento in materia di prevenzione delle epizoozie nell’ambito del mercato interno (Binnenmarkt-Tierseuchenschutzverordnung; in prosieguo: il «regolamento in materia di prevenzione delle epizoozie»), recante attuazione in particolare dell’articolo 12, lettera a), della direttiva 90/425, è così formulato:

«Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale intenda,

1.      introdurre o importare animali o beni figuranti all’allegato 1, nell’ambito intracomunitario, oppure

2.      traportare ungulati domestici nell’ambito di un trasporto intracomunitario o di un’importazione, è tenuto a dichiararlo alle autorità competenti prima di iniziare l’attività in questione. Ne sono esentate le imprese che necessitano di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1 o paragrafo 3, o dell’articolo 14 del regolamento in materia di prevenzione contro le malattie dei pesci (Fischseuchen‑Verordnung) e le imprese registrate o autorizzate in un altro Stato membro per un’attività ai sensi della prima frase della presente disposizione. Le autorità competenti iscrivono le imprese dichiarate in un registro, attribuendogli un numero di registrazione».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16      La Pfotenhilfe-Ungarn è un’associazione registrata e riconosciuta di pubblica utilità, ai sensi del diritto tributario nazionale, il cui scopo è sia di promuovere la protezione degli animali sia di proteggerli attivamente. Essa propone, tra le altre cose, attraverso la sua pagina Internet, la sistemazione di cani randagi che sono stati, per la maggior parte, raccolti in seno ad associazioni di protezione degli animali in Ungheria. Quando una persona vuole accogliere un cane, la Pfotenhilfe-Ungarn stipula un «contratto di protezione» con il quale tale persona s’impegna a rispettare il benessere del cane e a pagare una somma solitamente di EUR 270 . Una volta stipulato il contratto, i cani sono trasportati in Germania da membri della Pfotenhilfe-Ungarn, dove vengono consegnati alle persone che hanno accettato di accoglierli. Non c’è, però, trasferimento di proprietà dei cani in capo a tali persone e, in caso di violazione del «contratto di protezione», la Pfotenhilfe-Ungarn può esercitare il diritto di riconsegna. Con questa procedura, essa avrebbe sistemato oltre 2 000 cani tra il 2007 e il 2012.

17      Il 29 dicembre 2009 la Pfotenhilfe-Ungarn ha trasportato 39 cani dall’Ungheria alla Germania. Poiché sussistevano dubbi quanto alle condizioni di salute e allo stato delle vaccinazioni di uno dei cani trasportati, il Ministero, tramite una circolare, ha ordinato alle autorità veterinarie locali di procedere a un controllo di tutti gli animali che facevano parte del trasporto.

18      Al riguardo, il Ministero ha ritenuto che la Pfotenhilfe-Ungarn non potesse appellarsi alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti non commerciali di animali da compagnia, di cui al regolamento n. 998/2003, sostenendo che il trasporto e la sistemazione di animali da essa organizzati costituivano un’attività economica. Conseguentemente, sarebbero state applicabili le disposizioni del regolamento n. 1/2005, cosicché la Pfotenhilfe-Ungarn avrebbe dovuto rispettare gli obblighi di dichiarazione e di registrazione previsti dalla normativa nazionale in materia di salute degli animali, e, in particolare, dall’articolo 4 del regolamento in materia di prevenzione delle epizoozie.

19      Il ricorso proposto dalla Pfotenhilfe-Ungarn avverso tale decisione del Ministero è stato respinto dal Verwaltungsgericht (tribunale amministrativo). L’Oberverwaltungsgericht (tribunale amministrativo superiore) ha respinto, a sua volta, l’appello della Pfotenhilfe-Ungarn contro tale pronuncia. La Pfotenhilfe-Ungarn ha pertanto proposto ricorso per «Revision» di tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, ossia il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale).

20      Il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, se l’applicazione del regolamento n. 1/2005 alla controversia di cui è investito sia esclusa, dal momento che ai termini dell’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento, esso «non si applica al trasporto di animali che non sia in relazione con un’attività economica». In particolare, il giudice del rinvio s’interroga sulla portata da dare alla nozione di «attività economica» di cui a tale disposizione e sulla pertinenza dell’esistenza di un profitto o di uno scopo lucrativo a tal riguardo, segnatamente alla luce dei considerando 12 e 21 di tale regolamento.

21      In secondo luogo, il giudice del rinvio desidera sapere i criteri per i quali una persona può essere qualificata come «operatore che effettua scambi intracomunitari», ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 90/425 («Unternehmer» nella versione in lingua tedesca di tale direttiva). Secondo tale giudice, è indubbio che la Pfotenhilfe-Ungarn effettua scambi intracomunitari, ai sensi di tale disposizione. Non sarebbe, invece, sicuro se tale associazione possa essere qualificata come «impresa» («Unternehmen» nella versione in lingua tedesca), dato che la giurisprudenza della Corte impone, al riguardo, l’esercizio di un’attività economica.

22      Date tali circostanze, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se costituisca trasporto di animali non collegato ad un’attività economica, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005, il trasporto effettuato da un’associazione per la protezione degli animali riconosciuta come soggetto di pubblica utilità e diretto ad affidare a terzi cani randagi dietro pagamento di un compenso (una somma modica – “Schutzgebühr”)

a)      inferiore o appena sufficiente a coprire le spese sostenute dall’associazione per l’animale, il trasporto e l’affidamento; o

b)      superiore alle suddette spese, fermo restando che il profitto conseguito viene impiegato per finanziare le spese rimaste scoperte per l’affidamento di altri cani randagi, le spese per tali cani o altri programmi di protezione degli animali.

2)      Se debba essere considerata un operatore che effettua scambi intracomunitari ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 90/425, un’associazione per la protezione degli animali riconosciuta come soggetto di pubblica utilità che trasferisca cani randagi in Germania e li affida a terzi dietro pagamento di un modico compenso (“Schutzgebühr”)

a)      inferiore o appena sufficiente a coprire le spese sostenute dall’associazione per l’animale, il trasporto e l’affidamento; o

b)      superiore alle suddette spese, fermo restando che il profitto conseguito è impiegato per finanziare le spese rimaste scoperte per l’affidamento di altri cani randagi, le spese per tali cani o altri programmi di protezione degli animali».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

23      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «attività economica», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005, debba essere interpretata nel senso che essa comprende un’attività, quale quella controversa nel procedimento principale, relativa al trasporto di cani randagi, da uno Stato membro a un altro, effettuato da un’associazione di pubblica utilità, al fine di affidare tali cani alle persone che si sono impegnate ad accoglierli pagando una somma che copre in linea di massima le spese sostenute a tal fine da detta associazione.

24      A tal proposito, occorre innanzitutto rilevare che il regolamento n. 1/2005 non precisa la portata della nozione di «attività economica». Orbene, in mancanza di definizione di una simile nozione nel diritto dell’Unione, essa va interpretata alla luce in particolare del suo contesto e degli scopi perseguiti dal legislatore dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Szatmári Malom, C‑135/13, EU:C:2014:327, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

25      Per quanto riguarda, in primo luogo, il contesto nel quale tale nozione s’inserisce, occorre rilevare che, secondo l’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005, quest’ultimo «non si applica al trasporto di animali che non sia in relazione con un’attività economica». Tale disposizione non fa distinzione tra le attività economiche miranti a realizzare un vantaggio finanziario e quelle prive di scopo lucrativo.

26      Tuttavia, il considerando 12 del regolamento n. 1/2005 enuncia che il trasporto a fini commerciali non si limita ai trasporti che implicano uno scambio immediato di denaro, di beni o di servizi e che esso include segnatamente i trasporti che determinano o mirano a produrre direttamente o indirettamente un profitto. Contrariamente a quanto sostiene la Pfotenhilfe-Ungarn nelle sue osservazioni scritte, però, non si può dedurre da tale considerando che un’attività economica necessiti dell’esistenza o dell’intento di realizzare un profitto.

27      Infatti, discende dal considerando 21 di tale regolamento che non è escluso che anche trasporti a fini non commerciali, in certi casi, possano essere considerati rientrare in un’attività economica, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005. Come precisato da tale considerando, gli equidi registrati sono spesso trasportati per scopi non commerciali, in particolare per partecipare a gare o a eventi culturali. Tali trasporti, benché di natura non commerciale, in linea di principio, devono essere effettuati nel rispetto delle disposizioni di tale regolamento.

28      Occorre altresì riferirsi al contesto in cui s’inserisce in senso più ampio l’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005.

29      Tale regolamento trova la sua base giuridica nell’articolo 37 CE (divenuto articolo 43 TFUE) e rientra quindi nella politica del mercato interno. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’importazione di merci o la prestazione di servizi retribuita deve essere considerata come attività economica ai sensi del Trattato (v., in tal senso, sentenze Schindler, C‑275/92, EU:C:1994:119, punto 19; Meca-Medina e Majcen/Commissione, C‑519/04 P, EU:C:2006:492, punti 22 e 23, nonché Olympique Lyonnais, C‑325/08, EU:C:2010:143, punti 27 e 28). Il fattore decisivo che consente di considerare un’attività come avente carattere economico è il fatto che essa non dev’essere prestata senza corrispettivo (v., in tal senso, sentenza Jundt, C‑281/06, EU:C:2007:816, punto 32).

30      Per contro, affinché un’attività possa essere qualificata come «economica», non occorre che essa sia esercitata a scopo lucrativo (v., in tal senso, sentenze Smits e Peerbooms, C‑157/99, EU:C:2001:404, punti 50 e 52, nonché Jundt, C‑281/06, EU:C:2007:816, punto 33).

31      Ne risulta che un’attività, quale quella controversa nel procedimento principale, di regolare trasporto di un consistente numero di cani, esercitata da un’associazione di pubblica utilità, per indirizzare tali animali verso privati che se li vedono affidati in base a un contratto che prevede segnatamente il pagamento di una somma di denaro a tale associazione, è effettuata nell’ambito di un’attività economica, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005, anche se detta associazione non vuole né riceve alcun profitto.

32      Tale affermazione non può essere confutata asserendo che la piena proprietà dei cani non può essere trasmessa alle persone alle quali essi sono affidati. Ad ogni modo, attività quali quelle della Pfotenhilfe-Ungarn possono essere considerate una prestazione di servizi per tali persone e, pertanto, «attività economiche», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005.

33      In secondo luogo, tale interpretazione è confortata dagli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 1/2005, vale a dire la protezione degli animali durante il trasporto, che è l’obiettivo principale di tale regolamento, così come l’eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi di animali vivi e il buon funzionamento delle organizzazioni di mercato, evocati al considerando 2 del medesimo (v., in tal senso, sentenza Danske Svineproducenter, C‑316/10, EU:C:2011:863, punto 44).

34      Alla luce di tali obiettivi, la nozione di «attività economica» non può essere interpretata restrittivamente. Limitare la portata del regolamento n. 1/2005 ad attività economiche esercitate a scopo di lucro rischierebbe, in particolare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 53 delle sue conclusioni, di pregiudicare il principale obiettivo di tale regolamento, quale ricordato al precedente punto della presente sentenza.

35      Ne consegue che la nozione di «attività economica», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2005, deve essere interpretata nel senso che essa comprende un’attività, quale quella controversa nel procedimento principale, relativa al trasporto di cani randagi, da uno Stato membro a un altro, effettuato da un’associazione di pubblica utilità, al fine di affidare tali cani alle persone che si sono impegnate ad accoglierli pagando una somma che copre in linea di massima le spese sostenute a tal fine da detta associazione.

 Sulla seconda questione

36      Con la seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere se la nozione di «operatore che effettua scambi intracomunitari», ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 90/425, debba essere interpretata nel senso che essa riguarda segnatamente un’associazione di pubblica utilità che trasporta cani randagi da uno Stato membro a un altro, allo scopo di affidarli alle persone che si sono impegnate ad accoglierli, pagando una somma che copre in linea di massima le spese sostenute a tal fine da detta associazione.

37      Occorre verificare, in un primo momento, se la direttiva 90/425 si applichi a un caso come quello di cui al procedimento principale.

38      In base al suo articolo 1, quarto comma, tale direttiva non si applica ai controlli veterinari relativi agli spostamenti tra Stati membri di animali da compagnia, privi di qualsiasi carattere commerciale, accompagnati da una persona fisica e responsabile degli animali durante lo spostamento. Tali spostamenti sono disciplinati dal regolamento n. 998/2003, purché gli animali accompagnino il loro proprietario o una persona fisica che ne assume la responsabilità per conto del proprietario durante lo spostamento e non siano destinati alla vendita o al trasferimento di proprietà.

39      A tale riguardo, occorre constatare che la deroga prevista dall’articolo 1, quarto comma, della direttiva 90/425 precisa che l’animale da compagnia deve essere accompagnato da una persona fisica che ne ha la responsabilità durante lo spostamento. Il trasporto effettuato sotto la responsabilità di una persona giuridica non è pertanto preso in considerazione ai fini di tale deroga. Spetta al giudice nazionale procedere alle verifiche necessarie al riguardo.

40      In ogni caso, detta deroga riguarda unicamente gli spostamenti tra Stati membri di animali da compagnia, privi di qualsiasi carattere commerciale. Anche se un’associazione riconosciuta di pubblica utilità come la Pfotenhilfe-Ungarn, non persegue scopo di lucro o commerciale, sussiste, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, un certo grado di somiglianza tra l’attività consistente nel sistemare dei cani presso persone che si sono impegnate ad accoglierli pagando un determinato importo e l’attività di vendita di cani in un negozio di animali. Il primo tipo di attività non può, pertanto essere considerato privo di qualsiasi carattere commerciale, ai sensi dell’articolo 1, quarto comma, della direttiva 90/425.

41      Di conseguenza, la controversia principale rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 90/425.

42      Quindi, e in un secondo momento, occorre esaminare se un’associazione riconosciuta di pubblica utilità, come la Pfotenhilfe-Ungarn, possa essere considerata un «operatore che effettua scambi intracomunitari» di animali, ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 90/425.

43      Si evince dalla decisione di rinvio che il giudice del rinvio, facendo riferimento alla versione in lingua tedesca della nozione di «operatore» («Unternehmer»), si chiede se tale nozione si confonda con quella di «impresa» («Unternehmen»), cosicché, secondo tale giudice, solamente le persone che esercitano un’attività economica potrebbero essere qualificate come «operatori».

44      È vero che alcune versioni linguistiche della direttiva 90/425 usano un termine che suggerisce l’esercizio di un’attività economica, se non, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, uno scopo di lucro, in particolare le versioni in lingua tedesca, inglese, neerlandese e svedese, che impiegano rispettivamente i termini «Unternehmer», «dealers», «handelaars» e «handlare». Tuttavia, altre versioni linguistiche di tale direttiva, quali, in particolare, quella spagnola («agentes»), danese («erhvervsdrivende»), francese («opérateurs»), italiana («operatori»), portoghese («operadores») e rumena («operatorii») utilizzano un termine di portata più neutra e generale.

45      Ciò posto, la nozione di operatore non è un requisito distinto, giacché il criterio pertinente per l’applicabilità dell’articolo 12 della direttiva 90/425 si ricollega alle attività svolte dall’operatore, ossia gli «scambi intracomunitari».

46      Per quanto riguarda quest’ultima nozione, si evince dall’articolo 2, punto 3, della direttiva 90/425 che si tratta di scambi tra Stati membri, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, TFUE. Secondo quest’ultima disposizione, contenuta nel titolo II sulla libera circolazione delle merci, l’unione doganale si estende a tutti gli scambi di merci.

47      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, per «merci» bisogna intendere, ai sensi di tale disposizione, i prodotti valutabili in denaro che, in quanto tali, possono costituire oggetto di transazioni commerciali (sentenza Commissione/Italia, 7/68, EU:C:1968:51, pag. 561). Tale definizione include gli animali (v., in tal senso, sentenza Commissione/Belgio, C‑100/08, EU:C:2009:537, punto 83). Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, le disposizioni del Trattato FUE riguardanti la libera circolazione delle merci sono applicabili a prescindere dal fatto che le merci oltrepassino le frontiere nazionali a fini di vendita o di rivendita ovvero per uso o consumo personale (v., in tal senso, sentenza Schumacher, 215/87, EU:C:1989:111, punto 22).

48      Di conseguenza, il carattere lucrativo dell’attività svolta dall’operatore non è determinante affinché essa possa essere qualificata come «scambi intracomunitari», ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 90/425.

49      Infine, secondo i suoi considerando da 2 a 4, tale direttiva tende, nel contesto della realizzazione del mercato interno, a eliminare gli ostacoli allo sviluppo degli scambi intracomunitari di animali limitando in particolare i controlli veterinari al luogo di partenza, il che implica un’armonizzazione delle esigenze essenziali relative alla protezione della salute pubblica e della salute animale.

50      Occorre, così, interpretare l’articolo 12 della direttiva 90/425, secondo il quale tutti gli operatori che effettuano scambi intracomunitari degli animali da essa presi in considerazione sono tenuti, su richiesta dell’autorità competente, a una registrazione preliminare in un registro ufficiale e a tenere un registro in cui sono iscritte le forniture, alla luce di tale obiettivo. Il registro ufficiale degli operatori e il registro delle forniture consentono all’autorità competente, sia dello Stato membro d’origine sia dello Stato membro di destinazione, di svolgere controlli veterinari regolari e controlli veterinari a campione necessari per il raggiungimento degli obiettivi di tale direttiva.

51      In una situazione quale quella controversa nel procedimento principale, nella quale parecchi cani randagi, i quali, come rilevato dalla Pfotenhilfe-Ungarn e dalla Commissione europea all’udienza dinanzi alla Corte, di solito hanno condizioni di salute meno buone degli altri cani, sono stati trasportati in gruppo da uno Stato membro a un altro, l’obiettivo perseguito dalla direttiva 90/425 di eliminare gli ostacoli allo sviluppo degli scambi intracomunitari e di armonizzare le norme in materia di protezione della salute pubblica e della salute animale non potrebbe essere conseguito se l’articolo 12 di tale direttiva non si applicasse a una situazione del genere.

52      Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione sollevata dichiarando che la nozione di «operatore che effettua scambi intracomunitari», ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 90/425, deve essere interpretata nel senso che essa riguarda segnatamente un’associazione di pubblica utilità che trasporta cani randagi da uno Stato membro a un altro, allo scopo di affidarli alle persone che si sono impegnate ad accoglierli, pagando una somma che copre in linea di massima le spese sostenute a tal fine da detta associazione.

 Sulle spese

53      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      La nozione di «attività economica», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97, deve essere interpretata nel senso che essa comprende un’attività, quale quella controversa nel procedimento principale, relativa al trasporto di cani randagi, da uno Stato membro a un altro, effettuato da un’associazione di pubblica utilità, al fine di affidare tali cani alle persone che si sono impegnate ad accoglierli pagando una somma che copre in linea di massima le spese sostenute a tal fine da detta associazione.

2)      La nozione di «operatore che effettua scambi intracomunitari», ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, come modificata dalla direttiva 92/60/CEE del Consiglio, del 30 giugno 1992, deve essere interpretata nel senso che essa riguarda segnatamente un’associazione di pubblica utilità che trasporta cani randagi da uno Stato membro a un altro, allo scopo di affidarli alle persone che si sono impegnate ad accoglierli pagando una somma che copre in linea di massima le spese sostenute a tal fine da detta associazione.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.