Language of document : ECLI:EU:C:2001:52

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

DÁMASO RUIZ-JARABO COLOMER

presentate il 23 gennaio 2000 (1)

Causa C-299/99

Philips Electronics NV

contro

Remington Consumer Products Limited

[domanda di pronuncia pregiudiziale

proposta dalla Court of Appeal (Gran Bretagna)]

«Direttiva sui marchi - Segni idonei a costituire un marchio -

Segni costituiti esclusivamente dalla forma di un prodotto»

1.
    Nel presente procedimento, la Corte di giustizia è chiamata a pronunciarsi in merito alla portata dell'esclusione dalla registrazione come marchio di quei «segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico», prevista dall'art. 3, n. 1, lett. e), secondo trattino, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (2).

Fatti all'origine della controversia

2.
    I fatti del procedimento a quo, quali si evincono dall'ordinanza di rinvio e da altri documenti del fascicolo, possono riassumersi come segue.

3.
    Dal 1966 la Philips Electronics NV (in prosieguo: la «Philips») commercializza un rasoio elettrico con tre testine rotanti disposte a forma di triangolo equilatero.

4.
    Nel 1985 la Philips chiedeva la registrazione di un marchio consistente nella rappresentazione grafica della parte superiore di un rasoio elettrico con le caratteristiche anzidette. Tale marchio veniva registrato ai sensi della Legge britannica sui marchi d'impresa del 1938 (Trade Marks Act 1938).

Tenuto conto delle disposizioni dell'allegato 3 della Legge sui marchi d'impresa del 1994 (Trade Marks Act 1994) (3), che ha abrogato la normativa anteriore, attualmente il marchio della Philips spiega effetti come se fosse stato registrato ai sensi della nuova legge.

5.
    Risulta che la Philips abbia ampiamente pubblicizzato nel Regno Unito i propri rasoi elettrici e che tali prodotti godano di ampia notorietà in questo paese. In particolare, il rasoio elettrico a tre testine rotanti è conosciuto come prodotto fabbricato dalla Philips ed è diffusamente riconosciuto come tale.

6.
    Nel 1995 la Remington Consumer Products Limited (in prosieguo: la «Remington») iniziava a produrre ed a mettere in commercio nel Regno Unito il rasoio elettrico modello DT55, con tre testine rotanti disposte a triangolo equilatero, soluzione simile a quella utilizzata dalla Philips.

7.
    Il 4 dicembre 1995 la Philips conveniva in giudizio la Remington, deducendo, tra l'altro, la violazione del proprio diritto di marchio. La Remington agiva in riconvenzione, deducendo l'invalidità della registrazione di tale marchio.

8.
    La High Court of Justice, Chancery Division (Patents Court), investita della causa in primo grado, accoglieva la domanda riconvenzionale e dichiarava la nullità del marchio della Philips, ritenendo che quest'ultimo non fosse idoneo a distinguere i prodotti in questione da quelli delle altre imprese e che non possedesse carattere distintivo. Il detto giudice riteneva altresì che il marchio in questione consistesse unicamente in un segno che in commercio serve per designare la destinazione dei beni, ovvero in una forma necessaria per ottenere un risultato tecnico ed idonea a conferire un valore sostanziale al prodotto. La predetta corte inglese affermava inoltre che, anche nel caso in cui il marchio fosse stato valido, non si sarebbe verificata comunque un'ipotesi di contraffazione di marchio.

La Philips proponeva appello contro tale pronuncia, deducendo la validità del marchio e la violazione del medesimo.

Le questioni pregiudiziali

9.
    Nell'ambito del giudizio di appello, la Court of Appeal decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)    Se esista una categoria di marchi la cui registrazione non sia esclusa dall'art. 3, nn. 1, lett. b)-d), e 3, della direttiva del Consiglio 89/104/CEE (in prosieguo: la “direttiva”), e che lo sia però dall'art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva (per non essere tali marchi adatti a distinguere i prodotti del titolare del marchio da quelli di altre imprese).

2)    Se la forma (o parte della forma) di un prodotto (in rapporto al quale il segno è registrato) sia idonea a distinguere quest'ultimo, ai fini dell'art. 2, soltanto nel caso in cui essa contenga qualche aggiunta arbitraria (consistente in una decorazione senza scopo funzionale).

3)    Qualora un operatore economico sia stato l'unico a immettere sul mercato determinati prodotti, se l'uso su larga scala di un segno, il quale consista in una forma (o in una parte della forma) di detti prodotti e non contenga alcuna aggiunta arbitraria, sia sufficiente ad attribuire al segno medesimo un carattere distintivo ai fini dell'art. 3, n. 3, in circostanze in cui, quale conseguenza di detto uso, una parte sostanziale del commercio e del pubblico interessati:

    a)    associa tale forma del prodotto a quell'operatore, ad esclusione di qualsiasi altra impresa;

    b)    in assenza di contraria indicazione, crede che i prodotti aventi tale forma provengano da detto operatore.

4)    a)    Se sia possibile disattendere la limitazione derivante dall'espressione “segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico” di cui all'art. 3, n. 1, lett. e), secondo trattino, qualora si dimostri che vi sono altre forme che permettono di ottenere il medesimo risultato tecnico, ovvero

    b)    se la forma non possa essere registrata ai sensi della detta disposizione, qualora risulti che le caratteristiche essenziali della forma medesima sono attribuibili esclusivamente ad un risultato tecnico, ovvero

    c)    se vi siano altri criteri appropriati per stabilire se la limitazione debba essere applicata e, in caso affermativo, quali siano tali criteri.

5)    L'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva si applica ai “marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione (...) del prodotto o della prestazione del servizio”. L'art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva si applica all'uso da parte di terzi di “indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione (...) del prodotto o d[ella] prestazione di servizi”. Pertanto, la parola “esclusivamente” appare nell'art. 3, n. 1, lett. c), e risulta omessa nell'art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva. Se - nell'ambito di una corretta interpretazione della direttiva - tale omissione voglia significare che, sebbene un marchio consistente nella forma di prodotti sia validamente registrato, lo stesso non viene violato, ai sensi dell'art. 6, n. 1, lett. b), nel caso in cui:

    a)    l'uso della forma dei prodotti in questione venga e verrebbe assunto come un'indicazione relativa al tipo di prodotto o alla destinazione del medesimo, e

    b)    in assenza di contraria indicazione, una parte sostanziale del commercio e del pubblico interessati creda che il prodotto avente tale forma provenga dal titolare del marchio.

6)    Se il diritto esclusivo garantito dall'art. 5, n. 1, conferisca al titolare il potere di vietare ai terzi l'uso di segni identici o simili nel caso in cui tale uso non sia idoneo a rivelare la provenienza, ovvero se il detto diritto si limiti a vietare l'uso che riveli, in tutto o in parte, la provenienza del prodotto.

7)    Se l'uso della forma di un prodotto, il quale violi assertivamente il diritto di marchio nonché sia e potrebbe essere considerato come un'indicazione relativa al tipo di prodotti o alla destinazione dei medesimi, sia ciononostante idoneo a rivelarne la provenienza, qualora una parte sostanziale del commercio e del pubblico interessati, in assenza di contraria indicazione, creda che i prodotti aventi tale forma provengano dal titolare del marchio».

Esame delle questioni pregiudiziali

Delimitazione dell'oggetto del procedimento a quo

10.
    E' opportuno delimitare, in via preliminare, l'oggetto del procedimento a quo in relazione al diritto comunitario.

Prendo le mosse da una constatazione formulata dal giudice a quo nell'ordinanza di rinvio, secondo la quale il marchio della Philips, agli effetti dell'art. 3, n. 1, lett. e), secondo trattino, della direttiva, altro non sarebbe che una «combinazione di elementi tecnici realizzata per conseguire uno scopo pratico e soddisfacente».

11.
    Come riconosciuto dai difensori della Philips nel corso dell'udienza, la relativa complessità del presente procedimento pregiudiziale è da imputarsi più al modo nel quale sono formulate le questioni sollevate che alle intrinseche difficoltà di interpretazione della direttiva nel caso concreto.

12.
    Tuttavia, mi sembra che dall'ordinanza di rinvio emerga una certa confusione - o, per meglio dire, una certa sovrapposizione - tra la ratio delle cause di nullità assoluta di cui alle lettere b), c) e d) dell'art. 3, n. 1, da un lato, ed il disposto della lett. e), dall'altro.

13.
    Quanto alla lett. b), verrà rifiutata la registrazione ovvero, nel caso che essa abbia avuto luogo, verrà dichiarata la nullità dei marchi privi di carattere distintivo. Non fruiscono della tutela esclusiva concessa ai marchi quei segni che non assolvano la funzione essenziale di differenziare il prodotto e che, pertanto, non permettano di individuarne l'origine, vale a dire il fabbricante.

14.
    Le lettere c) e d) escludono dalla registrazione determinati segni in ragione del loro carattere generico (nel senso che essi servono per designare la specie, la qualità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica o l'epoca di fabbricazione) ovvero per il fatto che siano divenuti di uso comune. Le dette disposizioni, pertanto, contengono una parziale definizione normativa della nozione di carattere distintivo.

15.
    Il legislatore ha riconosciuto l'identità sostanziale di tali tre presupposti di esclusione, avendo esso stabilito, all'art. 3, n. 3, che i medesimi non si applicano se, prima della domanda di registrazione e a seguito dell'uso che è stato fatto del marchio, quest'ultimo ha «acquisito un carattere distintivo».

16.
    Tuttavia, la lett. e) ha un valore giuridico differente. Tale disposizione si applica a segni tridimensionali che corrispondano esclusivamente alla natura stessa del relativo prodotto, alla ricerca di un risultato tecnico od al conseguimento di un valore sostanziale. Tale fattispecie di esclusione non è riferita alla mancanza di carattere distintivo di determinate forme naturali, funzionali od ornamentali - nel qual caso essa servirebbe solo a precisare la portata della lettera b) -, bensì risponde alla legittima preoccupazione di non permettere che i singoli ricorrano al marchio per perpetuare diritti esclusivi su determinate soluzioni tecniche.

17.
    Coerentemente con tale logica, il legislatore non ha incluso la lett. e) tra gli impedimenti alla registrazione che possono «essere sanati» ai sensi dell'art. 3, n. 3. Le forme naturali, funzionali e ornamentali non sono idonee, per espressa volontà del legislatore, ad acquistare carattere distintivo. E' del tutto ozioso porsi - peraltro in contrasto con il sistema della direttiva - la questione se forme con tali caratteristiche posseggano o no un carattere virtualmente distintivo.

18.
    La causa di nullità di cui alla lett. e) è assimilabile, quanto alla portata dei suoi effetti, a quelle previste, ad esempio, dalle lett. f) e g) del medesimo art. 3, n. 1, della direttiva. La lett. f) vieta la registrazione dei marchi contrari all'ordine pubblico, mentre la lett. g) lo stesso prevede in relazione ai segni che possano trarre in inganno il pubblico. Pertanto, se venisse richiesta la registrazione del marchio «Ammazzabambini», diretto a designare farmaci abortivi, sarebbe senza dubbio inconferente verificare il carattere distintivo - del resto sufficientemente probabile - di tale vocabolo. Esso, per il solo fatto di essere contrario all'ordine pubblico, si vedrebbe negata la registrazione.

19.
    A mio avviso, ai fini della soluzione della presente controversia, rileva unicamente il disposto della lett. e), secondo trattino, che esclude dalla registrazione «i segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico».

20.
    Un marchio avente le caratteristiche di quello oggetto di impugnazione nel procedimento a quo, vale a dire costituito dal piano orizzontale superiore di un rasoio elettrico a tre testine rotanti disposte a triangolo, sembra un esempio perfetto di forma meramente funzionale. Infatti, almeno in apparenza, i suoi elementi essenziali assolvono una funzione e sono presenti soltanto in quanto realizzano tale funzione.

21.
    La Philips, che qualifica la forma del proprio prodotto come «minimalista», sembra accettare il fatto che al suo marchio manchi qualsiasi aggiunta arbitraria o capricciosa, sebbene essa alleghi a propria difesa che la forma in questione registrata come marchio riflette soltanto una delle diverse possibilità di ottenere il medesimo risultato tecnico. Come illustrerò più avanti, non credo che questa circostanza debba essere presa in considerazione.

22.
    Nell'ordinanza di rinvio pregiudiziale, il giudice a quo ritiene che le caratteristiche essenziali del marchio della Philips siano da ricondurre all'assolvimento di una determinata funzione.

23.
    In tali circostanze, ritengo che sarebbe opportuno verificare il carattere virtualmente distintivo del marchio della Philips soltanto qualora si arrivasse a riconoscere la tesi secondo cui, ai fini della lett. e), possiedono carattere funzionale soltanto le forme indispensabili per ottenere un risultato tecnico.

24.
    Sulla scorta di tali premesse, reputo appropriato valutare, in primo luogo, la quarta questione pregiudiziale sollevata dal giudice britannico.

La quarta questione pregiudiziale

25.
    Con tale questione il giudice remittente mira a ottenere una precisazione dei criteri utilizzabili per valutare l'esclusione dalla registrazione di quei «segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico», contenuta nell'art. 3, n. 1, lett. e).

26.
    Come ho già anticipato, posto che il giudice remittente ritiene - a mio avviso giustamente - che il marchio della Philips non sia altro che «combinazione di elementi tecnici realizzata per conseguire uno scopo pratico e soddisfacente», la quarta questione pregiudiziale è l'unica rilevante ai fini della soluzione della presente controversia. Infatti, le altre questioni si riferiscono ad aspetti diversi relativi alla sussistenza di carattere distintivo ovvero all'acquisto di tale carattere mediante l'uso, e non occorre analizzarle nell'ambito del presente procedimento.

27.
    Il giudice remittente chiede di sapere, in particolare, se una forma puramente funzionale incorra nell'esclusione prevista dalla lett. e) anche nel caso in cui sia possibile dimostrare che il medesimo risultato tecnico può ottenersi mediante forme diverse.

28.
    Per forma meramente funzionale deve intendersi - come fa il giudice a quo - quella le cui caratteristiche essenziali debbano essere ricondotte al conseguimento di un risultato tecnico. Quanto alle «caratteristiche essenziali», resta inteso che non sfugge al divieto di registrazione una forma che contenga un elemento arbitrario minore dal punto di vista funzionale, quale potrebbe essere il colore.

Pertanto, nulla consente di inferire dalla formulazione dell'art. 3, n. 1, lett. e), che una forma meramente funzionale possa ottenere la registrazione come marchio qualora esista un'altra forma idonea a produrre un risultato tecnico comparabile. E' sufficiente che i segni che compongono il marchio siano costituiti esclusivamente da elementi necessari per ottenere un determinato risultato tecnico.

29.
    Tale interpretazione letterale si impone altrettanto agevolmente in relazione alle altre versioni linguistiche principali della direttiva (4).

Alla medesima conclusione pervengo seguendo una interpretazione teleologica della detta norma.

30.
    Il fine principale del divieto di registrazione delle forme meramente funzionali o che conferiscono al prodotto un valore sostanziale è quello di evitare che il diritto esclusivo e permanente che caratterizza il diritto di marchio possa servire per perpetuare altri diritti che il legislatore ha inteso assoggettare a termini di decadenza. Mi riferisco, in particolare, alla normativa in materia di brevetti e di disegni e modelli industriali (5).

31.
    Se non esistesse l'art. 3, n. 1, lett. e), verrebbe meno il bilanciamento che, in conformità al pubblico interesse, deve esistere tra la giusta ricompensa per lo sforzo innovativo, costituita dalla concessione di una protezione esclusiva, ed il fermento dell'evoluzione industriale, che consiglia di imporre un termine a tale protezione, affinché, una volta trascorso tale termine, il prodotto od il modello in questione sia liberamente disponibile.

32.
    Nella fattispecie prevista dall'art. 3, n. 1, lett. e), secondo trattino, la cui interpretazione è oggetto della presente controversia, è ovvio che il legislatore comunitario ha inteso delimitare l'ambito di protezione del marchio in modo corrispondente al brevetto industriale. Allo stesso modo, occorre distinguere i rispettivi ambiti dei brevetti, da un lato, e dei disegni e modelli, dall'altro. Pertanto, è assai illuminante il fatto che nella direttiva sulla protezione di disegni e modelli (6) venga negato il diritto esclusivo sulle caratteristiche dell'aspetto del prodotto determinate unicamente dalla sua funzione tecnica (art. 7, n. 1). Similmente, la proposta di regolamento in materia di disegni e modelli (7) stabilisce che un disegno o modello comunitario non potrà ricevere protezione in ragione delle caratteristiche del suo aspetto determinate esclusivamente dalla sua funzione tecnica (art. 9, n. 1).

33.
    Il richiamo alla normativa comunitaria in materia di disegni e modelli non solo serve a chiarire la ratio della causa di esclusione contenuta nell'art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva sui marchi, ma permette anche di comprendere l'esatta portata della suddetta causa di esclusione, che è precisamente l'oggetto della quarta questione pregiudiziale proposta.

34.
    Nell'esplicitare tale causa di esclusione, la terminologia della direttiva sui disegni e modelli non coincide interamente con quella utilizzata nella direttiva sui marchi. Tale divergenza non è casuale. Mentre la prima direttiva citata dichiara non tutelabili le caratteristiche esteriori del prodotto «determinate unicamente dalla sua funzione tecnica», la seconda esclude dalla protezione da essa offerta «i segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico». In altre parole, nell'ambito di modelli e disegni, il livello di «funzionalità» deve essere superiore per poter ritenere operante la causa di esclusione; l'elemento considerato deve essere non solo necessario, ma anche indispensabile per ottenere un determinato risultato tecnico: la funzione determina la forma (form follows function) (8). Questo vuol dire che un modello funzionale può in ogni caso essere meritevole di tutela qualora possa dimostrarsi che la medesima funzione tecnica potrebbe essere assolta mediante una diversa forma del prodotto.

35.
    La direttiva sui marchi esclude tutte quelle forme necessarie per (nel senso di idonee a) conseguire un risultato tecnico. Vale a dire, nel momento in cui gli elementi essenziali di una forma sono necessari per assolvere una funzione, la protezione del marchio non può essere concessa, senza che sia necessario chiedersi se tale funzione potrebbe essere realizzata anche mediante altri elementi.

36.
    E' logico che il criterio per valutare il ricorrere di una causa di esclusione di una forma funzionale sia più restrittivo in relazione ai modelli che non rispetto ai marchi; infatti, l'essenza e la portata della tutela offerta dagli uni e dagli altri sono totalmente differenti.

37.
    In primo luogo, il marchio mira a proteggere l'identificazione dell'origine del prodotto e, pertanto, indirettamente, il goodwill che si attribuisce al prodotto, mentre i modelli - come i brevetti - hanno come oggetto di tutela il prodotto, in sé considerato, come fattore economico: il suo valore sostanziale (nel caso dei modelli e disegni) o il valore derivante dalle sue prestazioni tecniche (nel caso dei brevetti). In tal senso, è coerente che il legislatore si preoccupi meno della esatta delimitazione tra modelli e brevetti che di quella che deve esistere tra questi ultimi ed i marchi. Inoltre, in questo modo risulta agevolata la protezione dei disegni e modelli che riuniscono elementi funzionali ed estetici.

38.
    In secondo luogo, mentre il marchio gode di una protezione illimitata nel tempo, i diritti su disegni e modelli - al pari dei diritti di brevetto - hanno carattere temporale. Anche da questo punto di vista risulta congruo utilizzare un criterio più restrittivo per escludere dalla registrazione come marchio forme funzionali od ornamentali rispetto a quello che deve impiegarsi nella classificazione di modelli e disegni, da un lato, e brevetti, dall'altro.

39.
    Accogliendo la tesi della Philips, consistente nell'accettare - per impedire l'esclusione dalla registrazione di un marchio meramente funzionale - la prova che esistono altre forme capaci di conseguire il medesimo risultato tecnico, niente impedirebbe ad un'impresa di registrare come marchi tutte le forme immaginabili che portano a tale risultato e di conquistare così un monopolio perpetuo sopra una determinata soluzione tecnica. Inoltre, così facendo, si obbligherebbe il giudice competente in materia di marchi ad effettuare una complessa valutazione in merito all'equivalenza di rendimento dei diversi processi tecnici.

40.
    In terzo luogo, anche ammettendo che il criterio di valutazione restrittivo della causa di esclusione proposto dalla Philips comporti soltanto un limitato pericolo che il diritto di marchio invada indebitamente l'ambito dei brevetti, non vedo perché l'interesse pubblico debba sopportare un tale rischio, se è vero - come è vero - che esistono altri metodi efficaci a disposizione dei titolari di un prodotto per proteggere l'avviamento della propria impresa, ad esempio mediante l'aggiunta di elementi arbitrari.

41.
    Le principali obiezioni all'interpretazione che propongo sono di carattere storico e sono state espresse, nel corso del procedimento, dalla Commissione e, naturalmente, dalla Philips. Mi limiterò a dire che le loro spiegazioni circa la genesi storica della norma controversa - come mezzo per interpretare la volontà del legislatore - non sono particolarmente utili e, ad ogni modo, non sono idonee a confutare le superiori considerazioni sulle quali si basa il mio ragionamento. Né maggiormente convincente risulta la tesi della Philips secondo cui il riferimento alle «caratteristiche essenziali» di una determinata forma non corrisponde alla terminologia impiegata nella direttiva. Tanto meno la direttiva riprende il criterio propugnato dalla Philips. E' proprio della funzione giurisdizionale completare la norma rispettando la finalità del legislatore.

42.
    In sintesi, concordo con il giudice nazionale che si debba applicare il divieto di registrazione in relazione a quei segni le cui caratteristiche essenziali siano attribuibili soltanto al perseguimento di un risultato tecnico, trattandosi di segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un tale risultato.

Sulle questioni pregiudiziali prima, seconda, terza, quinta, sesta e settima

43.
    Con la prima questione, la Court of Appeal desidera sapere, in sostanza, se esistano marchi che abbiano carattere distintivo - nel senso che non sono esclusi dalla registrazione ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. b), c) e d), della direttiva - od abbiano acquisito tale carattere in seguito all'uso in conformità del n. 3 del medesimo articolo, e che, ciononostante, siano invalidi ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. a), il quale a sua volta rinvia all'art. 2.

44.
    Rispetto alla direttiva, si impone una risposta negativa a tale quesito: infatti, un segno non idoneo a distinguere i prodotti ai quali si riferisce non può logicamente possedere carattere distintivo. Per di più, in senso contrario, non ritengo che la diversa terminologia utilizzata in ciascuna di tali norme («idoneità a distinguere i prodotti», nell'una; «carattere distintivo», nell'altra) e l'innegabile differenza semantica sussistente (tra un presupposto potenziale ed uno reale) servano necessariamente ad affermare che esiste una categoria di segni i quali, per la loro stessa natura, sono inidonei ad acquistare carattere distintivo. Tale sembra essere il pensiero della Corte di giustizia nella sentenza 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (9), laddove ammette che il carattere distintivo del marchio, acquisito a seguito dell'uso che ne è stato fatto, significa che il marchio è atto ad identificare il prodotto al quale esso si riferisce e, quindi, atto a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese.

45.
    Tuttavia, per le ragioni esposte, non ritengo che tale questione sia pertinente ai fini della soluzione della controversia oggetto del procedimento a quo.

46.
    Con la seconda questione, il giudice remittente chiede di sapere se la definizione di marchio di cui all'art. 2 della direttiva richieda - laddove si tratti di applicarla alle forme dei prodotti e posto che la detta norma stabilisce che tali forme devono essere adatte a distinguere i prodotti - che le forme medesime presentino qualche aggiunta arbitraria, ad esempio un elemento decorativo privo di finalità funzionali.

47.
    L'eventuale presenza di elementi funzionali in un marchio tridimensionale deve essere valutata alla luce dell'art. 3, n. 1, lett. e), per il quale faccio rinvio all'analisi sopra condotta in relazione alla quarta questione pregiudiziale. Inoltre, come spiegato in precedenza, tale norma, contrariamente a quanto previsto in relazione ai presupposti stabiliti dalle lett. b), c) e d), non mira a proteggere il carattere distintivo di un marchio. Entro tali limiti, la questione proposta non è pertinente.

Tuttavia, se per «aggiunta arbitraria» si intende qualsiasi elemento le cui caratteristiche essenziali non siano intese a raggiungere un risultato tecnico, si impone una soluzione affermativa del quesito. Soltanto nel caso in cui una determinata forma contenga un'aggiunta di tale tipo sarà opportuno verificarne il carattere distintivo, dando per presupposto che non si tratti di una forma imposta dalla natura stessa del prodotto ovvero di una forma che dia un valore sostanziale al prodotto.

48.
    Con la terza questione pregiudiziale, il giudice di rinvio pone un ulteriore quesito in merito alle conseguenze - stavolta in rapporto all'art. 3, n. 3 - di una forma puramente funzionale ovvero - per usare i termini del giudice remittente - di una forma che non contiene alcuna aggiunta arbitraria.

49.
    Per le stesse ragioni sopra esposte, non occorre neppure valutare la possibilità che un segno tridimensionale meramente funzionale acquisti carattere distintivo in seguito all'uso che ne è stato fatto. Infatti, l'art. 3, n. 3, si riferisce esclusivamente alle lett. b), c) e d) dell'art. 3, n. 1.

50.
    Con la quinta questione, il giudice remittente sollecita chiarimenti in merito al significato del termine «esclusivamente», contenuto nell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva.

51.
    Con la sesta questione, il giudice a quo interroga la Corte di giustizia circa la portata dell'identità tra i segni richiesta dall'art. 5, n. 1, della direttiva.

52.
    Infine, con la settima questione, il giudice britannico chiede che vengano precisati i criteri per valutare l'efficacia distintiva dei prodotti commercializzati in violazione del diritto di marchio.

53.
    Tali tre ultime questioni pregiudiziali affrontano, ciascuna da un'angolazione diversa, il problema del carattere distintivo di un marchio. Come ampiamente illustrato, è sufficiente che le caratteristiche essenziali di un determinato segno mirino al raggiungimento di un risultato tecnico perché la registrazione del segno medesimo come marchio debba essere rifiutata. Nella prospettazione fornita dal giudice di rinvio nel caso di specie, non è conferente analizzare, in via meramente ipotetica, le difficoltà che possono insorgere nel valutare il carattere distintivo di una forma con tali caratteristiche.

Conclusione

54.
    L'art. 3, n. 1, lett. e), secondo trattino, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, va interpretato nel senso che deve considerarsi come un segno costituito esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico qualsiasi forma le cui caratteristiche essenziali siano dirette ad ottenere tale risultato, a prescindere dalla possibilità di raggiungere quest'ultimo utilizzando altre forme. Inoltre, se un segno rientra in tale fattispecie, non occorre esaminare la questione relativa al suo eventuale carattere distintivo.


1: Lingua originale: lo spagnolo.


2: -     GU L 40, pag. 1.


3: -     «Legge per l'istituzione di una nuova disciplina dei marchi registrati e recante l'adeguamento del diritto nazionale alla direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa».


4: -     In francese si parla di «signes constitués exclusivement par la forme du produit nécessaire à l'obtention d'un résultat technique», in inglese di «signs which consist exclusively of the shape of goods which is necessary to obtain a technical result», in italiano di «segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico», mentre in tedesco l'espressione usata è «Zeichen, die ausschliesslich bestehen aus der Form der Ware, die zur Herstellung einer technischen Wirkung erforderlich ist». Il corsivo è mio.


5: -     A titolo esemplificativo, il brevetto europeo, come disciplinato dalla Convenzione del 5 ottobre 1973, protegge le invenzioni suscettibili di applicazioni industriali per un periodo di 20 anni, mentre la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1998, 98/71/CE, sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (GU L 289, pag. 28), prevede un periodo di protezione prorogabile fino a 25 anni (art. 10). Nel medesimo senso si esprime l'art. 13 della proposta modificata di regolamento del Consiglio su disegni e modelli comunitari 13 [COM(00) 660 def.].


6: -     Citata supra, nota 4.


7: -     Ibidem.


8: -     Particolarmente indicativo è il contrasto semantico esistente, nella versione tedesca, tra gli aggettivi «erforderlich» e «bedingt».


9: -     Cause riunite C-108/97 e C-109/97 (Racc. pag. I-2779).