Language of document : ECLI:EU:T:2018:758

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

8 novembre 2018(*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di decadenza – Marchio dell’Unione europea denominativo SPINNING – Dichiarazione di decadenza parziale – Articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 58, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑718/16,

Mad Dogg Athletics, Inc., con sede a Los Angeles, California (Stati Uniti), rappresentata da J. Steinberg, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da D. Walicka, in qualità di agente,

convenuto,

interveniente dinanzi al Tribunale, già Aerospinning Master Franchising, Ltd., s.r.o., controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:

Aerospinning Master Franchising s.r.o., con sede a Praga (Repubblica ceca), rappresentata da K. Labalestra, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO, del 21 luglio 2016 (procedimento R 2375/2014-5), relativa ad un procedimento di decadenza tra l’Aerospinning Master Franchising e la Mad Dogg Athletics,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, K. Kowalik-Bańczyk e C. Mac Eochaidh (relatore), giudici,

cancelliere: I. Dragan, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 ottobre 2016,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 marzo 2017,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 marzo 2017,

in seguito all’udienza del 15 marzo 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 1o aprile 1996 la ricorrente, Mad Dogg Athletics, Inc., ha presentato domanda di registrazione del marchio denominativo SPINNING (in prosieguo: il «marchio contestato») all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato, a sua volta sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il 3 aprile 2000 il marchio contestato è stato registrato per i prodotti e i servizi di cui alle classi 9, 28 e 41 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 9: «Cassette audio e video»

–        classe 28: «Attrezzatura per esercizi fisici»;

–        classe 41: «Allenamento».

3        L’8 febbraio 2012, l’interveniente, Aerospinning Master Franchising s.r.o., ha presentato una domanda di decadenza parziale del marchio contestato conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 58, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001). Tale domanda riguardava i prodotti compresi nella classe 28 e i servizi compresi nella classe 41.

4        Il 21 luglio 2014, la divisione di annullamento ha dichiarato la ricorrente decaduta dai suoi diritti nella loro integralità.

5        Il 12 settembre 2014 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di annullamento.

6        Con decisione del 21 luglio 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha parzialmente annullato la decisione della divisione di annullamento, nei limiti in cui essa aveva ad oggetto i prodotti di cui alla classe 9, mentre tali prodotti non erano oggetto della domanda di decadenza parziale introdotta dall’interveniente. Sulla base dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, il ricorso è stato respinto quanto al resto. A tale riguardo, in primo luogo, la commissione di ricorso ha indicato, ai punti da 23 a 27 della decisione impugnata, che le cause di decadenza dovevano essere valutate alla data di deposito della domanda di decadenza. In secondo luogo, ai punti da 28 a 33 della decisione impugnata, essa ha stimato che l’asserita trasformazione del marchio contestato in una denominazione abituale dei prodotti e dei servizi di cui trattasi doveva essere esaminata tenendo conto della percezione degli utilizzatori finali cechi. Pertanto, essa ha rifiutato di esaminare prove contrarie prodotte dalla ricorrente e relative alle sue attività dirette a difendere il marchio in Stati membri diversi dalla Repubblica ceca. In terzo luogo, ai punti da 34 a 47 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che le prove che erano state prodotte nel corso del procedimento attestavano che il termine «spinning» era divenuto, in Repubblica ceca, la denominazione abituale di un tipo di «allenamento» e di «attrezzatura per esercizi fisici» utilizzato per tale allenamento. In quarto luogo, ai punti da 48 a 56 della decisione impugnata, essa ha ritenuto che il fatto che il marchio contestato fosse divenuto una denominazione abituale era imputabile ad un’insufficiente attività della ricorrente al fine di tutelare il suo marchio in Repubblica ceca. In quinto luogo, ai punti da 57 a 61 della decisione impugnata, essa ha stimato che numerose decisioni dell’Úřad průmyslového vlastnictví (Ufficio della proprietà industriale, Repubblica ceca) e dei giudici cechi confermavano che la ricorrente non era stata sufficientemente vigile e non aveva compiuto ragionevoli sforzi al fine di tutelare il suo marchio in Repubblica ceca.

 Conclusioni delle parti

7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nei limiti in cui essa ha pronunciato la decadenza del marchio impugnato per i prodotti «attrezzatura per esercizi fisici» di cui alla classe 28 e il servizio «allenamento» di cui alla classe 41;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

8        L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

9        L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

10      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, tre motivi vertenti sulla violazione, in primo luogo, dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in secondo luogo, dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, in terzo luogo, dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali.

11      Il primo motivo di ricorso si basa, in sostanza, su quattro addebiti, relativi, il primo, a errori di diritto circa la data pertinente che doveva essere presa in considerazione per la valutazione della causa di decadenza, il secondo, al territorio di riferimento che doveva essere preso in considerazione per la valutazione della causa di decadenza, il terzo, al pubblico di riferimento che doveva essere preso in considerazione per la valutazione della causa di decadenza e, il quarto, ad una erronea valutazione degli elementi di prova.

 Sul primo addebito del primo motivo di ricorso, relativo ad un errore di diritto circa la data pertinente che doveva essere presa in considerazione per la valutazione della causa di decadenza

12      La ricorrente afferma, in sostanza, che la commissione di ricorso ha violato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 considerando che il momento di riferimento per la valutazione della causa di decadenza fosse il giorno in cui l’interveniente ha presentato la sua domanda di decadenza del marchio contestato. Per la ricorrente, il momento di riferimento per valutare se il marchio contestato si è trasformato in una denominazione abituale non è quello del deposito della domanda di decadenza, ma quello della decisione, che ha autorità di cosa giudicata, conseguente a tale domanda. Secondo la ricorrente, la causa della decadenza dovrebbe sussistere ancora al momento in cui la decisione che pronuncia la decadenza è adottata.

13      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomento.

14      A tale riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 55, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 62, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001) dispone quanto segue:

«Il marchio dell’[Unione europea] è considerato, a decorrere dalla data della domanda di decadenza o della domanda riconvenzionale, privo degli effetti di cui al presente regolamento nella misura in cui il titolare sia dichiarato decaduto dai suoi diritti. Su richiesta di una parte, nella decisione può essere fissata una data anteriore, nella quale è sopravvenuta una delle cause di decadenza».

15      Come ha correttamente stimato la commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, quando la decadenza di un marchio dell’Unione europea è pronunciata, tale decadenza è efficace a partire dalla domanda di decadenza o, su richiesta di parte, a partire da una data anteriore in cui si è verificata una delle cause di tale decadenza.

16      Occorre tuttavia constatare che il legislatore dell’Unione europea non ha previsto che la decadenza possa esplicare i suoi effetti a partire da una data posteriore a quella della domanda di decadenza.

17      Emerge quindi dal testo stesso dell’articolo 55, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 che la decisione di decadenza deve fondarsi su una delle cause di cui all’articolo 51 del regolamento n. 207/2009 che sussista, al più tardi, alla data di deposito della domanda di decadenza. Conseguentemente, e contrariamente a ciò che sostiene la ricorrente, si deduce da tale disposizione che la sussistenza della causa di decadenza deve essere esaminata conformemente al contesto fattuale e giuridico riscontrabile al più tardi a tale data.

18      In secondo luogo, è già stato statuito, per quanto riguarda l’articolo 12, paragrafo 1, della prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), e per quanto riguarda l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], i cui testi sono identici, che, per quanto riguarda la decadenza di un marchio per mancanza di uso effettivo, solo le circostanze anteriori alla presentazione della domanda di decadenza devono essere prese in considerazione, senza pregiudizio tuttavia della considerazione di eventuali circostanze posteriori alla presentazione che possono consentire di confermare o di valutare meglio la portata dell’uso del marchio nel corso del periodo pertinente nonché le reali intenzioni del titolare nel corso dello stesso periodo [ordinanza del 27 gennaio 2004, La Mer Technology, C‑259/02, EU:C:2004:50, punti da 29 a 33, e sentenza del 2 febbraio 2016, Benelli Q.J./UAMI – Demharter (MOTOBI B PESARO), T‑171/13, EU:T:2016:54, punto 87].

19      In primo luogo e contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, tale giurisprudenza, che ha come contesto la decadenza dei diritti del titolare di un marchio per mancanza di uso effettivo dello stesso, può essere trasposta, mutatis mutandis, nell’ambito dell’esame di una domanda di decadenza di un marchio sulla base del rilievo che esso sarebbe divenuto la denominazione abituale di un prodotto o di un servizio nel commercio. Tale soluzione si impone dal momento che la regola enunciata all’articolo 55, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 si applica senza distinguere le cause di decadenza di cui all’articolo 51, paragrafo 1, del medesimo regolamento.

20      In secondo luogo, emerge dal fascicolo che, in contrasto con i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza rammentata al punto 18 supra, la ricorrente non intende, mediante la produzione di elementi posteriori alla domanda di decadenza, confermare o far valutare meglio circostanze precedenti a tale data o anteriori ad essa. Al contrario, essa intende riservarsi la possibilità di dimostrare che la causa di decadenza potrebbe non esistere più in seguito al deposito della domanda di decadenza. Seguire l’argomento della ricorrente equivarrebbe quindi a ignorare il testo dell’articolo 55, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, dal momento che tale disposizione non ha previsto una simile fattispecie.

21      In terzo luogo, la ricorrente sostiene che si dovrebbe tener conto degli sforzi compiuti dal titolare di un marchio in seguito al deposito della domanda di decadenza, nei limiti in cui tali sforzi avrebbero comportato un mutamento della percezione del pubblico di riferimento. In una simile ipotesi, il segno contestato sarebbe pertanto stato considerato, dal pubblico di riferimento, come una denominazione abituale al momento del deposito della domanda di decadenza, ma avrebbe in seguito perso tale natura generica per essere nuovamente valutato come un marchio dal suddetto pubblico al momento dell’adozione della decisione sulla decadenza.

22      Anche ammettendo la possibilità di un simile mutamento di percezione, ciò non consentirebbe di aggirare la regola enunciata all’articolo 55, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 che esige che l’esistenza della causa di decadenza sia esaminata conformemente al contesto fattuale e giuridico sussistente al più tardi il giorno del deposito della domanda di decadenza. In ogni caso, se tale mutamento di percezione fosse dimostrato, sarebbe sempre possibile per la ricorrente domandare, nuovamente, all’EUIPO di registrare il suo marchio.

23      In ultimo luogo, la ricorrente afferma, al punto 8 del ricorso, che essa avrebbe diritto, in ogni fase del procedimento che precede il momento in cui la decisione dell’EUIPO acquisisce l’autorità di cosa giudicata, a comunicare prove relative agli sforzi e alle attività compiuti successivamente alla domanda di decadenza con lo scopo di informare il pubblico sulla natura di marchio del segno denominativo SPINNING o al fine di tutelare tale marchio.

24      Tale argomento non è condivisibile.

25      In primo luogo, il suddetto argomento è in contraddizione con l’affermazione, espressa al punto 7 del ricorso e che rinvia implicitamente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 95, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), ai sensi della quale le parti possono produrre prove solo nel termine fissato dall’EUIPO per presentare osservazioni.

26      In secondo luogo, l’eventuale presa in considerazione di prove che non sono state prodotte nel termine impartito dall’EUIPO, ma che sono prodotte in una fase successiva, può essere accettata, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, solo a complemento degli elementi di prova che sono stati prodotti in tale termine (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, New Yorker SHK Jeans/UAMI, C‑621/11 P, EU:C:2013:484, punto 30, e del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/UAMI e centrotherm Clean Solutions, C‑610/11 P, EU:C:2013:593, punti 113 e 114). Sebbene pertanto tale disposizione ammetta la considerazione di prove tardive ma complementari, essa non autorizza, al contrario, la commissione di ricorso ad ampliare il suo potere discrezionale a nuove prove (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2016, EUIPO/Grau Ferrer, C‑597/14 P, EU:C:2016:579, punti da 25 a 27).

27      L’applicazione di tale giurisprudenza che ammette, condizionatamente, prove prodotte tardivamente non può tuttavia condurre a ignorare il testo e l’effetto utile dell’articolo 55, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009. Prove tardive, in particolare se fanno riferimento a fatti posteriori alla data della domanda di decadenza, possono pertanto essere prese in considerazione solo se, conformemente a quanto è indicato ai punti da 18 a 20 supra, esse confermano o consentono di valutare meglio circostanze anteriori alla data della domanda di decadenza o prevalenti a tale data.

28      Tenuto conto dell’insieme di tali elementi, occorre respingere il primo addebito in quanto infondato.

 Sul secondo addebito del primo motivo di ricorso, relativo ad un errore di diritto circa il territorio di riferimento da considerare per la valutazione della causa di decadenza

29      La ricorrente sostiene, in sostanza, che la commissione di ricorso ha violato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 considerando che il territorio di riferimento per la valutazione della causa di decadenza fosse circoscritto alla Repubblica ceca. Per la ricorrente, limitare tale esame a questo solo Stato membro non sarebbe sufficiente a dichiarare la decadenza del marchio contestato mentre esso godrebbe di notorietà nell’insieme dell’Unione. La decadenza del marchio contestato, secondo la ricorrente, potrebbe essere considerata solo se tale marchio fosse percepito dal pubblico di riferimento come denominazione abituale nell’insieme dell’Unione o, almeno, in gran parte della stessa.

30      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomento.

31      A tale riguardo, occorre rammentare che, in forza del principio del carattere unitario del marchio dell’Unione europea, espresso al considerando 3 del regolamento n. 207/2009 (divenuto considerando 4 del regolamento 2017/1001) e precisato all’articolo 1, paragrafo 2, di tale regolamento (divenuto articolo 1, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), i marchi dell’Unione europea godono di una tutela uniforme e producono i loro effetti su tutto il territorio dell’Unione. Ai sensi di quest’ultima disposizione, il marchio dell’Unione europea può – salvo disposizione contraria del regolamento n. 207/2009 – essere registrato, trasferito, formare oggetto di rinuncia, di decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato, soltanto per l’intera Unione (sentenza del 20 luglio 2017, Ornua, C‑93/16, EU:C:2017:571, punto 26).

32      Peraltro, l’articolo 51, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 58, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), precisa che una decadenza parziale può essere pronunciata per una parte dei prodotti o dei servizi interessati. Sebbene tale disposizione preveda quindi la possibilità di modulare la decadenza da un punto di vista materiale, occorre constatare che il legislatore dell’Unione non ha previsto una simile modulazione sul piano territoriale.

33      Emerge quindi dalle disposizioni menzionate ai punti 31 e 32 supra che una decisione di decadenza ha valenza obbligatoria per tutto il territorio dell’Unione.

34      Pertanto, quando è dimostrato che un marchio dell’Unione europea ha perso ogni carattere distintivo in una parte limitata del territorio dell’Unione, eventualmente in un solo Stato membro, tale constatazione implica necessariamente che esso non è più idoneo, nell’intera Unione, a produrre gli effetti previsti dal regolamento n. 207/2009. Pertanto e contrariamente a quanto fa valere la ricorrente, è sufficiente che la trasformazione di un simile marchio in una denominazione abituale sia constatata anche in un solo Stato membro, affinché la decadenza del diritto del suo titolare sia pronunciata per l’intera Unione.

35      Tale soluzione è, peraltro, conforme agli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 207/2009 e al principio del carattere unitario del marchio dell’Unione europea che li concretizza.

36      Risulta, infatti, dal combinato disposto dei considerando 2, 4 e 6 del regolamento n. 207/2009 (divenuti considerando 3, 5 e 7 del regolamento 2017/1001) che tale regolamento mira a rimuovere l’ostacolo della territorialità dei diritti che le legislazioni degli Stati membri conferiscono ai titolari dei marchi consentendo alle imprese di adattare le loro attività economiche al mercato interno e di esercitarle senza ostacoli. Il marchio dell’Unione europea consente quindi al suo titolare di contraddistinguere i propri prodotti o servizi in modo identico in tutta l’Unione, superando i confini nazionali. Contrariamente, le imprese che non desiderano una tutela dei loro marchi a livello dell’Unione possono scegliere di utilizzare marchi nazionali, senza essere obbligate a registrare i loro marchi come marchi dell’Unione europea. La finalità del sistema dei marchi comunitari consiste dunque, come risulta dal considerando 2 del regolamento n. 207/2009, nell’offrire sul mercato interno condizioni analoghe a quelle di un mercato nazionale (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken, C‑149/11, EU:C:2012:816, punti 40 e 42).

37      A tale riguardo, la ricorrente sostiene che sarebbe necessario, per pronunciare un provvedimento di decadenza, che il marchio in causa fosse divenuto una denominazione abituale a causa dell’attività o dell’inattività del suo titolare nell’insieme dell’Unione o in gran parte della stessa.

38      Tale argomento non può essere accolto. Come sottolineano, in sostanza e correttamente, l’EUIPO e l’interveniente, la tutela a livello europeo di un marchio esige che il suo titolare sia sufficientemente vigile per difendere i suoi diritti e farli valere in tutta l’Unione. Il titolare di un marchio deve, pertanto, essere privato dei suoi diritti se, a causa della sua inattività, il marchio in causa si trasforma, anche in una parte limitata del territorio dell’Unione, eventualmente in un solo Stato membro, in una denominazione abituale.

39      Tale provvedimento di decadenza consente quindi ad altri operatori di utilizzare liberamente il segno registrato. Esso persegue quindi uno scopo di interesse generale, che richiede che segni o indicazioni che sono divenuti generici per designare i prodotti o servizi per i quali un marchio è stato registrato possano essere disponibili o liberamente utilizzati da tutti. Pertanto, l’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 è diretto a garantire il carattere distintivo di un marchio, conformemente alla sua funzione d’origine, e ad evitare che termini generici siano indefinitamente riservati ad una sola impresa a causa della loro registrazione in quanto marchio [v., in tal senso e per analogia, per quanto riguarda l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 89/104, le conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Björnekulla Fruktindustrier, C‑371/02, EU:C:2003:615, punti 53 e 54].

40      Inoltre, pronunciare la decadenza dei diritti del titolare del marchio in causa per l’intero territorio dell’Unione, anche qualora la trasformazione dello stesso in una denominazione abituale è constatata solo in una parte limitata di tale territorio, eventualmente in un solo Stato membro, consente di evitare decisioni contraddittorie dell’EUIPO e dei giudici nazionali che statuiscono in quanto tribunali dei marchi dell’Unione europea, e, conseguentemente, anche in tal caso, che venga compromesso il carattere unitario dei marchi dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 ottobre 2017, Raimund, C‑425/16, EU:C:2017:776, punto 28).

41      Tali considerazioni non sono rimesse in discussione dagli altri argomenti della ricorrente.

42      In primo luogo, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia erroneamente fatto riferimento, al punto 30 della decisione impugnata, alla sentenza del 6 ottobre 2009, PAGO International (C‑301/07, EU:C:2009:611), al fine di sostenere il suo ragionamento.

43      A tale riguardo, la Corte ha già statuito che tale giurisprudenza riguarda l’interpretazione delle disposizioni relative alla tutela estesa accordata ai marchi che godono di notorietà e di rinomanza nell’Unione o nello Stato membro nel quale sono stati registrati. Orbene, tali disposizioni perseguono un obiettivo differente rispetto ai requisiti posti dall’articolo 51 del regolamento n. 207/2009, che possono avere come conseguenza la decadenza del marchio (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2012, Leno Merken, C‑149/11, EU:C:2012:816, punto 53, e del 3 settembre 2015, Iron & Smith, C‑125/14, EU:C:2015:539, punto 21).

44      Sebbene il riferimento alla sentenza del 6 ottobre 2009, PAGO International (C‑301/07, EU:C:2009:611), sia sicuramente erroneo, esso non può, a causa del suo carattere accessorio nel ragionamento della commissione di ricorso, comportare l’annullamento della decisione impugnata. Non è sulla base di tale giurisprudenza, bensì in base al principio del carattere unitario del marchio dell’Unione europea, che la commissione di ricorso ha deciso, al punto 31 della decisione impugnata, di limitare il suo esame al solo territorio ceco.

45      In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia erroneamente stabilito un parallelo tra le condizioni di registrazione di un segno, che vietano, in particolare, che un segno sia registrato quando sussiste un impedimento assoluto alla registrazione in una parte soltanto dell’Unione, e quelle di decadenza dei diritti del titolare di un marchio dell’Unione europea. Per la ricorrente, le condizioni previste dall’articolo 7 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 7 del regolamento 2017/1001) si differenzierebbero considerevolmente da quelle dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.

46      Tale argomento deve essere respinto. Come ha rilevato correttamente la commissione di ricorso al punto 31 della decisione impugnata e come ha rammentato l’EUIPO durante l’udienza, il carattere unitario del marchio dell’Unione europea costituisce il principio giuridico di base sotteso al regolamento n. 207/2009 nel suo complesso. Infatti, tale principio implica in particolare che un marchio dell’Unione europea sia, al momento della registrazione, distintivo nell’insieme dell’Unione e conservi tale carattere distintivo non divenendo, neppure in una parte limitata dell’Unione, eventualmente in un solo Stato membro, la denominazione commerciale abituale dei prodotti e dei servizi per i quali è stato registrato.

47      Peraltro, l’argomento della ricorrente fondato sulla circostanza che l’articolo 52 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 59 del regolamento 2017/1001) rinvia all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 7, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), mentre l’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento non contiene un simile rinvio, non può essere accolto. Da un lato, l’articolo 52 del regolamento n. 207/2009 riguarda l’ipotesi della nullità di un marchio dell’Unione europea e non, come nel caso di specie, quella della decadenza dei diritti del suo titolare. Dall’altro, e come emerge al punto 46 supra, il carattere unitario del marchio dell’Unione europea costituisce il principio giuridico di base sotteso a tutto il regolamento n. 207/2009. È quindi irrilevante che alcune disposizioni di tale regolamento, quale l’articolo 7, paragrafo 2, e non altre, concretizzino esplicitamente tale principio.

48      In terzo luogo, durante l’udienza, la ricorrente ha affermato che sarebbe grave e ingiusto pronunciare la decadenza del titolare di un marchio dell’Unione europea qualora esso fosse divenuto, in un solo Stato membro, la denominazione commerciale abituale di un prodotto o di un servizio per il quale è stato registrato.

49      Su tale punto, il Tribunale rileva che una decisione di decadenza fondata su un simile motivo, dalle conseguenze così gravi per il titolare del marchio in causa, è inerente allo stato del diritto voluto dal legislatore dell’Unione, come emerge in particolare dall’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. Inoltre, il Tribunale non dispone, alla luce dei principi di equilibrio istituzionale e di attribuzione delle competenze, come sanciti all’articolo 13, paragrafo 2, TUE (v. sentenza del 28 luglio 2016, Consiglio/Commissione, C‑660/13, EU:C:2016:616, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata), della competenza per adeguare tale regolamento. Solo un intervento del legislatore dell’Unione potrà quindi modificare tali norme. Peraltro, la ricorrente non ha sollevato alcuna eccezione di illegittimità dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

50      Tenuto conto dell’insieme di tali elementi, si deve statuire che la commissione di ricorso non ha commesso errori di diritto basandosi, al fine di constatare la decadenza del marchio contestato, su elementi di prova limitati alla Repubblica ceca e, pertanto, occorre respingere il secondo addebito in quanto infondato.

 Sul terzo addebito del primo motivo di ricorso, relativo a un errore di diritto quanto al pubblico di riferimento che deve essere preso in considerazione per la valutazione della causa di decadenza

51      A sostegno del terzo addebito del primo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha violato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 considerando, in sostanza, che il pubblico di riferimento per la valutazione della causa di decadenza si limitasse agli utilizzatori finali e che la percezione dei professionisti interessati non dovesse quindi essere presa in considerazione.

52      L’EUIPO e l’interveniente confutano detti argomenti.

53      A tale riguardo, emerge dalla giurisprudenza che la questione se un marchio sia divenuto la denominazione commerciale abituale di un prodotto o servizio per cui è registrato è una questione che deve essere valutata non solo alla luce della percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali, bensì anche – in funzione delle caratteristiche del mercato in questione – alla luce della percezione dei professionisti, come i venditori. Tuttavia, in generale, la percezione dei consumatori o degli utilizzatori finali ha un ruolo determinante. Infatti, in una situazione caratterizzata dalla perdita del carattere distintivo del marchio interessato dal punto di vista degli utilizzatori finali, tale perdita può comportare la decadenza dei diritti conferiti al titolare del marchio di cui trattasi. La circostanza che i venditori siano consapevoli dell’esistenza del citato marchio e dell’origine che esso indica non può, di per sé, escludere tale decadenza [v., in tal senso e per analogia, per quanto riguarda l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25), sentenza del 6 marzo 2014, Backaldrin Österreich The Kornspitz Company, C‑409/12, EU:C:2014:130, punti 28 e 29 e giurisprudenza ivi citata].

54      Emerge da tale giurisprudenza che il pubblico di riferimento, il cui punto di vista deve essere preso in considerazione per valutare se il marchio contestato sia divenuto la denominazione commerciale abituale di un prodotto o servizio per il quale è registrato, deve essere definito alla luce delle caratteristiche del marchio di tale prodotto o di tale servizio (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 29 aprile 2004, Björnekulla Fruktindustrier, C‑371/02, EU:C:2004:275, punto 26; conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Backaldrin Österreich The Kornspitz Company, C‑409/12, EU:C:2013:563, paragrafi 58 e 59).

55      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 32 della decisione impugnata, che solo la percezione degli utilizzatori finali cechi dei prodotti e dei servizi in causa doveva essere esaminata. Secondo la commissione di ricorso, non è stato dimostrato che il mercato dell’«allenamento» e dell’«attrezzatura per esercizi fisici» presentasse caratteristiche che imponessero di prendere in considerazione la percezione dei professionisti attivi su tali mercati.

56      Nel suo ricorso, la ricorrente sostiene che la maggioranza delle sue biciclette da camera sono vendute a operatori professionali di centri fitness, palestre e centri di riabilitazione.

57      In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente ha affermato che, contrariamente agli operatori professionali di centri fitness, palestre e centri di riabilitazione, gli utilizzatori finali acquistano raramente le sue biciclette da camera a causa del loro elevato prezzo d’acquisto. Durante l’udienza, la ricorrente ha parimenti precisato, senza essere contraddetta dalle altre parti, che le sue biciclette da camera erano vendute a clienti professionali nel 95% dei casi.

58      Durante l’udienza, tutte le parti hanno ammesso, in risposta ad un quesito orale del Tribunale, che l’attività sportiva di cui trattasi si praticava su biciclette da camera, in gruppo, generalmente in centri fitness e per lo sport, e seguendo un istruttore sportivo. Il Tribunale osserva, peraltro, che tale descrizione è simile a quella considerata dalla divisione di annullamento e che è stata rammentata dalla commissione di ricorso nella parte «Sintesi dei fatti» della decisione impugnata.

59      Erroneamente quindi la commissione di ricorso ha considerato, al punto 32 della decisione impugnata, che i clienti professionali non facessero parte del pubblico di riferimento per quanto riguarda l’«attrezzatura per esercizi fisici», dato che, generalmente, sono gli operatori professionali di centri fitness, palestre e centri di riabilitazione gli acquirenti di biciclette da camera.

60      È certamente vero, come ha sostenuto l’EUIPO durante l’udienza, che la categoria «attrezzatura per esercizi fisici» non si limita a biciclette da camera e che gli altri prodotti di cui trattasi sono idonei ad essere acquistati da privati. Tuttavia, emerge dal punto 57 supra che, tenuto conto del loro elevato prezzo di acquisto, le biciclette da camera sono, in quanto tali, raramente acquistate dai privati. L’argomento dell’EUIPO non consente quindi di escludere i clienti professionali dal pubblico di riferimento per quanto riguarda l’«attrezzatura per esercizi fisici».

61      Tenuto conto di tali elementi, erroneamente la commissione di ricorso ha escluso dalla sua analisi la percezione dei clienti professionali quanto all’«attrezzatura per esercizi fisici», per valutare se il marchio contestato fosse divenuto la generica denominazione commerciale di «attrezzatura per esercizi fisici», per la quale è stato registrato. Pertanto, la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione nella definizione del pubblico di riferimento per quanto riguarda il mercato dell’«attrezzatura per esercizi fisici», di cui alla classe 28, non tenendo conto della percezione dei clienti professionali che intervengono su tale mercato.

62      Tale conclusione non è inficiata dal fatto che, come ha sostenuto l’interveniente nel corso dell’udienza, la decisione impugnata si riferisce, ai punti 41, da 45 a 47, 49, 53 e 62, alla percezione degli operatori professionali. Occorre constatare che tali menzioni hanno per oggetto solo l’attività sportiva di cui trattasi e non l’«attrezzatura per esercizi fisici». Solo il punto 44 della decisione impugnata evoca esplicitamente la percezione del marchio contestato da parte degli operatori professionali per quanto riguarda biciclette da camera e scarpe, ma tale motivo riguarda solo i venditori di tali articoli sportivi.

63      La decisione impugnata non contiene, al contrario, nessun accenno alla percezione del marchio contestato da parte dei clienti professionali, quali in particolare gli operatori professionali di centri fitness, palestre e centri di riabilitazione che agiscono quali acquirenti di tali prodotti. Orbene, come emerge dai punti 58 e 59 supra, sono i suddetti operatori che, generalmente, acquistano le biciclette da camera e che, in seguito, le mettono a disposizione dei propri clienti per consentire a questi ultimi di praticare l’attività sportiva di cui trattasi.

64      Si deve quindi constatare, da un lato, che tali operatori assumono un ruolo centrale nei mercati dell’«attrezzatura per esercizi fisici» e, dall’altro, che essi esercitano un’influenza determinante nella scelta, da parte degli utilizzatori finali, dei servizi di «allenamento». Mediante la loro conoscenza della funzione di indicazione di origine del marchio contestato, tali operatori consentono così la realizzazione del processo di comunicazione tra i prestatori di tali servizi e gli utilizzatori finali (v., in tal senso e per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Backaldrin Österreich The Kornspitz Company, C‑409/12, EU:C:2013:563, punto 59).

65      Tale errore di valutazione nella definizione del pubblico di riferimento vizia la decisione impugnata nella sua interezza e, pertanto, ne giustifica l’annullamento.

66      Dal momento che la ricorrente ha tuttavia limitato l’oggetto del presente ricorso ai prodotti «attrezzatura per esercizi fisici» di cui alla classe 28, e ai servizi «allenamento», di cui alla classe 41, contraddistinti dal marchio contestato, si devono mantenere gli effetti della decisione impugnata per i prodotti «cassette audio e video», di cui alla classe 9, contraddistinti dal marchio contestato.

67      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono e senza dover neppure esaminare il quarto addebito del presente motivo di ricorso nonché il secondo e terzo motivo di ricorso, occorre accogliere il terzo addebito del primo motivo di ricorso e, pertanto, annullare la decisione impugnata nei limiti in cui essa riguarda i prodotti di cui alla classe 28 e i servizi di cui alla classe 41, contraddistinti dal marchio contestato.

 Sulle spese

68      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

69      Poiché l’EUIPO e l’interveniente sono rimasti soccombenti, occorre, da un lato, condannare l’EUIPO a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima, e, dall’altro, statuire che l’interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 21 luglio 2016 (procedimento R 2375/2014-5) è annullata nei limiti in cui riguarda i prodotti di cui alla classe 28 e i servizi di cui alla classe 41, ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato.

2)      L’EUIPO sopporterà, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Mad Dogg Athletics, Inc.

3)      L’Aerospinning Master Franchising s.r.o. sopporterà le proprie spese.

Gervasoni

Kowalik-Bańczyk

Mac Eochaidh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, l’8 novembre 2018.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.