Language of document : ECLI:EU:C:2020:25

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

22 gennaio 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 17, paragrafo 1, lettera a) – Diritto di soggiorno permanente – Acquisizione prima del decorso di un periodo ininterrotto di cinque anni di soggiorno – Lavoratore che, al momento in cui cessa la propria attività, ha raggiunto l’età per far valere i suoi diritti a una pensione di vecchiaia»

Nella causa C‑32/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria), con decisione del 19 dicembre 2018, pervenuta in cancelleria il 18 gennaio 2019, nel procedimento

AT

contro

Pensionsversicherungsanstalt,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da I. Jarukaitis, presidente della Decima Sezione, E. Regan (relatore), presidente della Quinta Sezione, ed E. Juhász, giudice,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Pensionsversicherungsanstalt, da J. Milchram, A. Ehm e T. Mödlagl, Rechtsanwälte;

–        per il governo austriaco, da J. Schmoll e G. Hesse, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, H. Shev, H. Eklinger e J. Lundberg, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da B.‑R. Killmann, J. Tomkin ed E. Montaguti, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra AT e il Pensionsversicherungsanstalt (ufficio delle pensioni, Austria), relativamente al rifiuto di quest’ultimo di attribuire ad AT, al fine di integrare la pensione di vecchiaia, l’integrazione compensativa prevista dalla normativa austriaca.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Regolamento (CEE) n. 1251/70

3        L’articolo 2 del regolamento (CEE) n. 1251/70 della Commissione, del 29 giugno 1970, relativo al diritto dei lavoratori di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego (GU 1970, L 142, pag. 24), al suo paragrafo 1 disponeva quanto segue:

«Ha diritto di rimanere a titolo permanente nel territorio di uno Stato membro:

a)      il lavoratore che, al momento in cui cessa la propria attività, ha raggiunto l’età riconosciuta valida dalla legislazione di questo Stato agli effetti dei diritti alla pensione di vecchiaia ed ha ivi occupato un impiego almeno durante gli ultimi dodici mesi e risieduto ininterrottamente da più di tre anni;

(…)».

 Direttiva 75/34/CEE

4        L’articolo 2 della direttiva 75/34/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1974, relativa al diritto di un cittadino di uno Stato membro di rimanere sul territorio di un altro Stato membro dopo avervi svolto un’attività non salariata (GU 1975, L 14, pag. 10), al suo paragrafo 1 così prevedeva:

«Ciascuno Stato membro riconosce il diritto di rimanere a titolo permanente sul proprio territorio:

a)      a colui che, al momento in cui cessa la propria attività, ha raggiunto l’età prevista dalla legislazione di questo Stato agli effetti del diritto alla pensione di vecchiaia, ed ha ivi svolto un’attività almeno durante gli ultimi dodici mesi e risieduto ininterrottamente da più di tre anni;

se la legislazione di questo Stato membro non riconosce il diritto alla pensione di vecchiaia a talune categorie di lavoratori non salariati, il requisito dell’età è considerato soddisfatto con il compimento del 65° anno di età;

(…)».

 Direttiva 2004/38

5        I considerando 10 e da 17 a 19 della direttiva 2004/38 sono formulati come segue:

«(10)      Occorre tuttavia evitare che coloro che esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo iniziale di soggiorno. Pertanto il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe essere subordinato a condizioni.

(…)

(17)      Un diritto di un soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione che hanno scelto di trasferirsi a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante rafforzerebbe il senso di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione e costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale, che è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione. Occorre quindi istituire un diritto di soggiorno permanente per tutti i cittadini dell’Unione ed i loro familiari che abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante per un periodo ininterrotto di cinque anni conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva e senza diventare oggetto di una misura di allontanamento.

(18)      Per costituire un autentico mezzo di integrazione nella società dello Stato membro ospitante in cui il cittadino dell’Unione soggiorna, il diritto di soggiorno permanente non dovrebbe, una volta ottenuto, essere sottoposto ad alcuna condizione.

(19)      Occorre preservare alcuni vantaggi propri dei cittadini dell’Unione che siano lavoratori subordinati o autonomi e dei loro familiari, che permettono loro di acquisire un diritto di soggiorno permanente prima di aver soggiornato cinque anni nello Stato membro ospitante, in quanto costituiscono diritti acquisiti conferiti dal [regolamento n. 1251/70] e dalla [direttiva 75/34]».

6        Il capo III della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto di soggiorno», contiene gli articoli da 6 a 15 della medesima.

7        L’articolo 6 di tale direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno sino a tre mesi», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità».

8        L’articolo 7 di detta direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)      di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)      –      di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale,

–        di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)      di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c)».

9        L’articolo 14 della medesima direttiva, intitolato «Mantenimento del diritto di soggiorno», così recita:

«1.      I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui all’articolo 6 finché non diventano un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

2.      I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli articoli 7, 12 e 13 finché soddisfano le condizioni fissate negli stessi.

In casi specifici, qualora vi sia un dubbio ragionevole che il cittadino dell’Unione o i suoi familiari non soddisf[ino] le condizioni stabilite negli articoli 7, 12 e 13, gli Stati membri possono effettuare una verifica in tal senso. Tale verifica non è effettuata sistematicamente».

10      Il capo IV della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto di soggiorno permanente», contiene, in particolare, una sezione I, intitolata «Acquisizione», in cui figurano gli articoli 16 e 17 di tale direttiva.

11      L’articolo 16 della direttiva in questione, rubricato «Norma generale per i cittadini dell’Unione e i loro familiari», al suo paragrafo 1 così recita:

«Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III».

12      L’articolo 17 della medesima direttiva, intitolato «Deroghe a favore dei lavoratori che hanno cessato la loro attività nello Stato membro ospitante e dei loro familiari», al suo paragrafo 1 dispone quanto segue:

«In deroga all’articolo 16, ha diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante prima della maturazione di un periodo continuativo di cinque anni di soggiorno:

a)      il lavoratore subordinato o autonomo il quale, nel momento in cui cessa l’attività, ha raggiunto l’età prevista dalla legislazione dello Stato membro ospitante ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione di vecchiaia, o il lavoratore subordinato il quale cessa di svolgere un’attività subordinata a seguito di pensionamento anticipato, a condizione che vi abbia svolto la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e vi abbia soggiornato in via continuativa per oltre tre anni.

(…)».

 Diritto austriaco

13      L’articolo 53a del Niederlassungs- und Aufenthaltsgesetz (legge relativa allo stabilimento e al soggiorno, BGBl. I, 100/2005), nella sua versione applicabile al procedimento principale, ai suoi paragrafi 1 e 3 dispone quanto segue:

«1)      I cittadini [dello Spazio economico europeo (SEE)], a cui spetta il diritto di soggiorno ai sensi del diritto dell’Unione (articoli 51 e 52), acquisiscono dopo cinque anni di soggiorno legale e continuativo nel territorio federale, indipendentemente dalla sussistenza delle altre condizioni di cui agli articoli 51 o 52, il diritto di soggiorno permanente. Su domanda deve essere loro rilasciato, senza ritardo e dopo aver verificato la durata del soggiorno, un attestato di soggiorno permanente.

(…)

3)      In deroga al paragrafo 1, i cittadini del SEE acquisiscono, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, punto 1), il diritto di soggiorno permanente prima della maturazione del periodo di cinque anni se:

1.      nel momento in cui cessano l’attività hanno raggiunto l’età normale di pensionamento oppure sono lavoratori subordinati, i quali cessano di svolgere la loro attività a seguito di pensionamento anticipato, a condizione che abbiano svolto la loro attività nel territorio federale almeno negli ultimi dodici mesi e che abbiano soggiornato in via continuativa nel territorio federale per almeno tre anni;

2.      hanno soggiornato in modo continuativo nel territorio federale per almeno due anni e cessano di svolgere l’attività professionale a causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente. Non si applica, tuttavia, alcuna condizione relativa alla durata del soggiorno ove tale incapacità sia stata causata da un infortunio sul lavoro o da una malattia professionale che dà all’interessato diritto a una pensione interamente o parzialmente a carico di un istituto previdenziale austriaco; oppure

3.      dopo aver trascorso tre anni d’attività e di soggiorno continuativi nel territorio federale, svolgono un’attività in un altro Stato membro dell’Unione europea, mantenendo la loro residenza nel territorio federale e facendovi ritorno, in linea di principio, almeno una volta alla settimana.

Ai fini dell’acquisizione del diritto previsto ai punti 1 e 2, i periodi di servizio maturati nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea sono considerati compiuti nel territorio federale (…)».

14      L’articolo 292 dell’Allgemeines Sozialversicherungsgesetz (legge generale sulla previdenza sociale), al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Qualora la pensione, aumentata dei redditi netti derivanti al suo percettore da altre fonti e degli importi da prendere in considerazione ai sensi dell’articolo 294, non raggiunga l’importo di riferimento applicabile al percettore in questione (articolo 293), tale percettore di pensione ha diritto a un’integrazione compensativa della pensione, secondo le previsioni della presente sezione, a condizione che egli soggiorni legalmente e regolarmente nel territorio dello Stato».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      Il ricorrente nel procedimento principale, nato il 28 gennaio 1950 e cittadino rumeno, soggiorna in Austria ininterrottamente dal 21 agosto 2013 e ha raggiunto, il 28 gennaio 2015, l’età normale di pensionamento.

16      Dal 1o ottobre 2013 fino al suo effettivo pensionamento, il 31 agosto 2015, il ricorrente nel procedimento principale ha lavorato dodici ore alla settimana in una tabaccheria. Dal 1o aprile 2016 al 1o febbraio 2017, data che segna il suo ritiro definitivo dalla vita attiva, egli ha nuovamente lavorato in tale tabaccheria per una durata inferiore alle 20 ore settimanali che il suo contratto di lavoro prevedeva, al fine di ottenere un attestato di iscrizione come lavoratore subordinato, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, punto 1, della legge relativa allo stabilimento e al soggiorno, attestato rilasciatogli dall’amministrazione austriaca il 10 agosto 2016.

17      Il ricorrente nel procedimento principale percepisce una pensione di vecchiaia austriaca pari a EUR 26,73 mensili, che viene ad aggiungersi a una pensione di vecchiaia rumena pari a EUR 204 mensili.

18      Il 14 febbraio 2017 il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto di beneficiare, a decorrere dal 1o marzo 2017, dell’integrazione compensativa di cui all’articolo 292 della legge generale sulla previdenza sociale, al fine di integrare la sua pensione di vecchiaia. A sostegno della sua domanda egli deduceva il fatto di godere, in Austria, del diritto di soggiorno permanente in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38.

19      L’ufficio delle pensioni ha respinto tale domanda, fondandosi sull’illegittimità del soggiorno in Austria del ricorrente nel procedimento principale.

20      Il Landesgericht Graz (Tribunale del Land, Graz, Austria) ha respinto il ricorso proposto dal ricorrente nel procedimento principale contro la decisione dell’ufficio delle pensioni. Tale giudice ha ritenuto che le condizioni previste all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38, vale a dire lo svolgimento di un’attività nello Stato membro ospitante almeno negli ultimi dodici mesi nonché un soggiorno in via continuativa in tale Stato membro da tre anni, si applichino anche nel caso in cui il lavoratore cessi la propria attività in quanto ha raggiunto l’età normale di pensionamento. Orbene, l’attore non soddisferebbe tali condizioni.

21      L’Oberlandesgericht Graz (Tribunale superiore del Land, Graz, Austria) ha respinto l’appello interposto dal ricorrente nel procedimento principale contro la decisione del Landesgericht Graz (Tribunale del Land, Graz), confermando l’interpretazione fornita da quest’ultimo giudice all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva suddetta.

22      L’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria), dinanzi al quale il ricorrente nel procedimento principale ha proposto impugnazione, precisa che non è controverso che il ricorrente nel procedimento principale, in quanto cittadino dell’Unione economicamente inattivo, in ogni caso dopo la fine del suo secondo rapporto di lavoro, non disponga di risorse sufficienti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere a) e b), della medesima direttiva. Tale giudice aggiunge che il suddetto ricorrente, alla data di riferimento ai sensi del diritto austriaco, vale a dire il 1o marzo 2017, non aveva ancora soggiornato in Austria per un periodo ininterrotto di cinque anni.

23      Pertanto, al fine di risolvere la controversia di cui è investito, il giudice del rinvio si chiede se le condizioni di durata previste all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), ultima parte di frase, della direttiva 2004/38 siano applicabili anche ai lavoratori subordinati o autonomi che, al momento in cui cessano la loro attività, abbiano già raggiunto l’età normale di pensionamento nello Stato ospitante.

24      A tale riguardo, il giudice del rinvio indica che la questione di stabilire in quale momento si debba ritenere che il ricorrente nel procedimento principale ha cessato la sua attività non incide sulla risoluzione della controversia principale, in quanto, qualunque sia il momento considerato, le condizioni cumulative di cui all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva non sarebbero soddisfatte. Infatti, da un lato, quando il ricorrente, il 31 agosto 2015, ha cessato per la prima volta la sua attività in Austria dopo aver raggiunto l’età normale di pensionamento, egli aveva sì svolto un’attività negli ultimi dodici mesi, ma non soggiornava ancora da tre anni in tale Stato membro in via continuativa. Dall’altro, quando la sua seconda attività è terminata il 1o febbraio 2017, egli soggiornava in tale Stato membro da più di tre anni, ma questa seconda attività era durata solo dieci mesi prima del suo ritiro definitivo dalla vita attiva.

25      In simili circostanze, l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva [2004/38] debba essere interpretato nel senso che il lavoratore subordinato il quale, nel momento in cui cessa l’attività, abbia raggiunto l’età prevista dalla legislazione dello Stato di svolgimento dell’attività lavorativa ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione di vecchiaia, deve, per ottenere il diritto di soggiorno permanente prima della maturazione del periodo di cinque anni di soggiorno, aver svolto la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e aver soggiornato in via continuativa nello Stato di svolgimento dell’attività lavorativa per oltre tre anni.

2)      Nell’ipotesi di risposta negativa alla prima questione: se, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), prima alternativa, della direttiva 2004/38, spetti un diritto di soggiorno permanente al lavoratore subordinato che intraprenda l’attività lavorativa in un altro Stato membro in un momento in cui sia prevedibile che egli potrà svolgere tale attività solo per un periodo relativamente breve prima di raggiungere l’età pensionabile legalmente prevista e che, avendo un reddito basso, dopo aver cessato l’attività dovrà in ogni caso ricorrere alle prestazioni di assistenza sociale dello Stato membro ospitante».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

26      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che, ai fini dell’ottenimento di un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante prima del decorso di un periodo ininterrotto di cinque anni di soggiorno, le condizioni relative al fatto di avervi svolto la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e di soggiornarvi in via continuativa da più di tre anni si applichino a un lavoratore che, al momento in cui cessa la sua attività, ha raggiunto l’età prevista dalla legislazione di tale Stato membro per farvi valere i suoi diritti a una pensione di vecchiaia.

27      In primo luogo, per quanto riguarda il tenore letterale di tale disposizione, occorre constatare che essa riguarda, ai fini del riconoscimento di un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante, due circostanze relative al momento in cui un lavoratore subordinato o autonomo cessa la sua attività, vale a dire, da un lato, quella in cui esso ha raggiunto l’età prevista dalla normativa nazionale pertinente per far valere i suoi diritti a una pensione di vecchiaia e, dall’altro, quella in cui tale cessazione di attività fa seguito a un collocamento a riposo anticipato.

28      Orbene, mentre il giudice del rinvio si interroga, ai fini dell’applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38, sull’eventuale distinzione da operare tra queste due circostanze, nei termini di tale disposizione nulla indica che occorrerebbe limitare l’applicabilità delle condizioni relative al periodo di svolgimento dell’attività nonché alla durata del soggiorno alle sole situazioni in cui la cessazione di attività fa seguito a un collocamento a riposo anticipato.

29      Infatti, dalla struttura di tale disposizione emerge che le condizioni ivi enunciate nell’ultima parte di frase, che è introdotta dalla locuzione «a condizione che», valgono sia per una che per l’altra delle circostanze disciplinate da detta disposizione. Tali condizioni devono quindi essere soddisfatte da un lavoratore che, al momento in cui cessa la sua attività, abbia raggiunto l’età prevista dalla legislazione dello Stato membro ospitante per far valere i propri diritti a una pensione di vecchiaia.

30      In secondo luogo, tale interpretazione è avvalorata dall’impianto sistematico della direttiva 2004/38. A tale titolo, occorre constatare, anzitutto, che il considerando 19 della medesima direttiva enuncia che determinati vantaggi specifici dei cittadini dell’Unione che svolgono un’attività subordinata o autonoma e dei loro familiari, che possono consentire a tali persone di acquisire un diritto di soggiorno permanente prima di aver soggiornato cinque anni nello Stato membro ospitante, dovrebbero essere mantenuti in quanto diritti acquisiti, conferiti dal regolamento n. 1251/70 e dalla direttiva 75/34.

31      Orbene, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1251/70 disponeva che aveva diritto di rimanere a titolo permanente nel territorio di uno Stato membro il lavoratore che, al momento in cui cessava la propria attività, aveva raggiunto l’età riconosciuta valida dalla legislazione di questo Stato agli effetti dei diritti alla pensione di vecchiaia ed aveva ivi occupato un impiego almeno negli ultimi dodici mesi e risieduto ininterrottamente da più di tre anni. Quanto all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 75/34, esso prevedeva una regola analoga a favore dei lavoratori autonomi.

32      Di conseguenza, sebbene, conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38, il legislatore dell’Unione abbia esteso il beneficio della deroga che tale disposizione prevede ai lavoratori che cessano di svolgere un’attività subordinata a seguito di un collocamento a riposo anticipato, non se ne può dedurre che esso abbia tuttavia inteso dispensare gli altri lavoratori dalle condizioni, richiamate dalla suddetta disposizione, già loro imposte in forza del regolamento n. 1251/70 o della direttiva 75/34.

33      Inoltre, va ricordato che la direttiva 2004/38 ha previsto un sistema graduale per quanto riguarda il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, che, riprendendo sostanzialmente le fasi e le condizioni previste nei diversi strumenti del diritto dell’Unione e nella giurisprudenza anteriori a tale direttiva, sfocia nel diritto di soggiorno permanente (sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero, C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

34      Per prima cosa, infatti, per i soggiorni fino a tre mesi, l’articolo 6 della suddetta direttiva limita le condizioni o le formalità del diritto di soggiorno al requisito del possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità e l’articolo 14, paragrafo 1, della stessa direttiva mantiene fermo tale diritto finché il cittadino dell’Unione e i suoi familiari non divengano un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante (sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero, C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

35      Inoltre, per un soggiorno di durata superiore a tre mesi, il beneficio del diritto di soggiorno è subordinato alle condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, della medesima, tale diritto viene mantenuto soltanto nei limiti in cui il cittadino dell’Unione e i suoi familiari soddisfino tali condizioni. In particolare, dal considerando 10 di tale direttiva risulta che dette condizioni sono dirette, segnatamente, a evitare che queste persone diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante (sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero, C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

36      Infine, dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva in esame risulta che i cittadini dell’Unione acquisiscono il diritto di soggiorno permanente dopo aver soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nel territorio dello Stato membro ospitante e che tale diritto non è soggetto alle condizioni menzionate al punto precedente. Come rilevato al considerando 18 della direttiva in parola, il diritto di soggiorno permanente, una volta ottenuto, non deve essere sottoposto ad alcun’altra condizione, e ciò affinché esso possa costituire un autentico mezzo di integrazione nella società di detto Stato (sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero, C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

37      A tale riguardo, occorre osservare che, sebbene, come è stato ricordato al punto 31 della presente sentenza, il diritto di soggiorno permanente dei lavoratori che hanno cessato la loro attività nello Stato membro ospitante, prima della direttiva 2004/38, fosse oggetto di disposizioni specifiche del diritto dell’Unione, un simile diritto è ora disciplinato dall’articolo 17, paragrafo 1, di tale direttiva, dato che quest’ultima disposizione, conformemente al suo tenore letterale, ha carattere derogatorio rispetto all’articolo 16 della suddetta direttiva.

38      Pertanto, le disposizioni relative all’ottenimento, nello Stato membro ospitante, di un diritto di soggiorno permanente da parte dei lavoratori che, al momento in cui cessano la loro attività, hanno raggiunto l’età prevista dalla legislazione di tale Stato membro per far valere i loro diritti a una pensione di vecchiaia, quali figurano all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38, si inseriscono nel sistema graduale istituito da tale direttiva e vi costituiscono, poiché l’ottenimento di un diritto di soggiorno permanente in detto Stato membro è previsto prima che sia trascorso un periodo ininterrotto di cinque anni di soggiorno, un regime più favorevole a vantaggio di tale categoria di cittadini dell’Unione. Del resto, in quanto disposizioni derogatorie, esse devono essere oggetto di un’interpretazione restrittiva (v., per analogia, sentenza dell’11 giugno 2015, Zh. e O., C‑554/13, EU:C:2015:377, punto 42).

39      Ne consegue che, ai fini dell’ottenimento di un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante, tali lavoratori devono soddisfare le condizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38, relative allo svolgimento di un’attività nello Stato membro ospitante almeno negli ultimi dodici mesi, nonché al soggiorno in via continuativa da più di tre anni in tale Stato membro. Infatti, interpretare tale disposizione nel senso che il solo fatto che un lavoratore abbia raggiunto, nel momento in cui cessa la sua attività, l’età prevista dalla normativa dello Stato membro ospitante per far valere i propri diritti a una pensione di vecchiaia sia sufficiente a conferirgli il diritto a un soggiorno permanente in tale Stato membro, senza altro requisito relativo a un periodo di soggiorno in detto Stato membro precedente alla cessazione di tale attività, equivarrebbe a disattendere il sistema graduale previsto da tale direttiva.

40      In terzo luogo, un’interpretazione che non imponga ai lavoratori che, al momento in cui cessano la loro attività, abbiano raggiunto l’età prevista dalla legislazione dello Stato membro per far valere i loro diritti a una pensione di vecchiaia il rispetto delle condizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38, ai fini dell’ottenimento di un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante, prima che sia trascorso un periodo ininterrotto di cinque anni, si porrebbe in contrasto con gli obiettivi di tale direttiva.

41      A tale riguardo, come sottolineato dal considerando 17 della direttiva 2004/38, il diritto di soggiorno permanente costituisce un elemento essenziale di promozione della coesione sociale ed è stato previsto da tale direttiva per rafforzare il senso di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione, sicché il legislatore dell’Unione ha subordinato l’ottenimento del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale direttiva all’integrazione del cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante (sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero, C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

42      Come già statuito dalla Corte, l’integrazione, sottesa all’acquisizione del diritto di soggiorno permanente previsto dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, è fondata non solo su elementi spaziali e temporali, ma anche su elementi qualitativi, relativi al grado di integrazione nello Stato membro ospitante (sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero, C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

43      Di conseguenza, alla luce della finalità perseguita dalla direttiva 2004/38, un diritto di soggiorno permanente sulla base dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva può essere conferito al lavoratore che, nel momento in cui cessa la sua attività, abbia raggiunto l’età prevista dalla legislazione dello Stato membro per far valere i suoi diritti a una pensione di vecchiaia solo se la sua integrazione nello Stato membro ospitante può essere dimostrata mediante le condizioni previste da tale disposizione (v., per analogia, sentenza del 9 gennaio 2003, Givane e a., C‑257/00, EU:C:2003:8, punto 29).

44      Alla luce di quanto suesposto, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che, ai fini dell’ottenimento di un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante prima del decorso di un periodo ininterrotto di cinque anni di soggiorno, le condizioni relative al fatto di avervi svolto la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e di avervi soggiornato in via continuativa per oltre tre anni si applicano a un lavoratore che, al momento in cui cessa la sua attività, ha raggiunto l’età prevista dalla legislazione di tale Stato membro per far valere i suoi diritti a una pensione di vecchiaia.

 Sulla seconda questione

45      Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

46      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

L’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve essere interpretato nel senso che, ai fini dell’ottenimento di un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante prima del decorso di un periodo ininterrotto di cinque anni di soggiorno, le condizioni relative al fatto di avervi svolto la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e di avervi soggiornato in via continuativa per oltre tre anni si applicano a un lavoratore che, al momento in cui cessa la sua attività, ha raggiunto l’età prevista dalla legislazione di tale Stato membro per far valere i suoi diritti a una pensione di vecchiaia.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.