Language of document : ECLI:EU:C:2019:468

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ‑BORDONA

presentate il 6 giugno 2019 (1)

Causa C233/18

Zubair Haqbin

contro

Federal Agentschap voor de opvang van asielzoekers

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’arbeidshof te Brussel (Corte del lavoro di Bruxelles, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Direttiva 2013/33/UE – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Articolo 20 – Riduzione o revoca delle condizioni materiali di accoglienza – Sanzioni applicabili in caso di gravi violazioni delle regole del centro di accoglienza nonché di comportamenti gravemente violenti – Violenze commesse da un minore non accompagnato – Normativa nazionale che prevede l’esclusione temporanea dal beneficio del sostegno materiale – Compatibilità – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»






I.      Introduzione

1.        Con le sue questioni pregiudiziali, l’arbeidshof te Brussel (Corte del lavoro di Bruxelles, Belgio) chiede alla Corte di precisare il significato delle disposizioni previste all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33/UE (2), in modo da stabilire se, ed eventualmente secondo quali modalità, uno Stato membro possa escludere dalle condizioni materiali di accoglienza un minore non accompagnato per il fatto di aver commesso gravi violazioni delle regole del centro di accoglienza o di aver tenuto comportamenti gravemente violenti.

2.        Il presente rinvio pregiudiziale si colloca nell’ambito di una controversia tra il sig. Zubair Haqbin, un minore non accompagnato di cittadinanza afgana, e la Federaal agentschap voor de opvang van asielzoekers (Agenzia federale per l’accoglienza dei richiedenti asilo, Belgio) (3). Tenuto conto della gravità delle violenze commesse dal sig. Haqbin, la Fedasil ha adottato nei suoi confronti una sanzione, revocandogli temporaneamente le condizioni materiali di accoglienza. Tale sanzione ha implicato l’esclusione non solo dalla struttura di accoglienza, ma anche da tutti i servizi ad essa associati.

3.        Nel solco delle sentenze del 27 settembre 2012, Cimade e GISTI (4), nonché del 27 febbraio 2014, Saciri e a. (5), la Corte è chiamata a precisare le modalità di presa in carico, da parte dello Stato membro ospitante, di un richiedente protezione internazionale (6) quando quest’ultimo è un minore non accompagnato il cui comportamento ha messo in pericolo il personale e gli altri residenti della struttura di accoglienza.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        Conformemente al suo articolo 1, la direttiva 2013/33 ha l’obiettivo di stabilire norme in materia di accoglienza dei richiedenti negli Stati membri.

5.        I considerando 9, 14, 25 e 35 di tale direttiva così recitano:

«(9)      Nell’applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la direttiva rispetti pienamente i principi dell’interesse superiore del minore e dell’unità familiare, conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea[(7)], alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989[(8)] e alla convenzione (…) per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali[(9)], rispettivamente.

(…)

(14)      L’accoglienza di persone portatrici di particolari esigenze di accoglienza dovrebbe essere la prima preoccupazione per le autorità nazionali affinché tale accoglienza sia configurata specificamente per rispondere alle loro speciali esigenze in materia.

(…)

(25)      La possibilità di abuso del sistema di accoglienza dovrebbe essere contrastata specificando le circostanze in cui le condizioni materiali di accoglienza dei richiedenti possono essere ridotte o revocate, pur garantendo nel contempo un livello di vita dignitoso a tutti i richiedenti.

(…)

(35)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla [Carta]. In particolare, la presente direttiva intende assicurare il pieno rispetto della dignità umana nonché promuovere l’applicazione degli articoli 1, 4, 6, 7, 18, 21, 24 e 47 della [Carta] e deve essere attuata di conseguenza».

6.        L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Definizioni», dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

d)      “minore”: il cittadino di un paese terzo o l’apolide d’età inferiore agli anni diciotto;

e)      “minore non accompagnato”: il minore che entri nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile per legge o per prassi dello Stato membro interessato, fino a quando non sia effettivamente affidato a un tale adulto; il termine include il minore che viene abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri;

f)      “condizioni di accoglienza”: il complesso delle misure garantite dagli Stati membri a favore dei richiedenti ai sensi della presente direttiva;

g)      “condizioni materiali di accoglienza”: le condizioni di accoglienza che includono alloggio, vitto e vestiario, forniti in natura o in forma di sussidi economici o buoni, o una combinazione delle tre possibilità, nonché un sussidio per le spese giornaliere;

(…)

i)      “centro di accoglienza”: qualsiasi struttura destinata all’alloggiamento collettivo di richiedenti;

(…)».

7.        L’articolo 17 della direttiva 2013/33, intitolato «Disposizioni generali relative alle condizioni materiali di accoglienza e all’assistenza sanitaria», dispone, al paragrafo 2, quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza assicurino un’adeguata qualità di vita che garantisca il sostentamento dei richiedenti e ne tuteli la salute fisica e mentale.

Gli Stati membri provvedono a che la qualità di vita sia adeguata alla specifica situazione delle persone vulnerabili, ai sensi dell’articolo 21, nonché alla situazione delle persone che si trovano in stato di trattenimento».

8.        L’articolo 20 di tale direttiva, unica disposizione del capo III, intitolato «Riduzione o revoca delle condizioni materiali di accoglienza», è così formulato:

«1.      Gli Stati membri possono ridurre o, in casi eccezionali debitamente motivati, revocare le condizioni materiali di accoglienza qualora il richiedente:

a)      lasci il luogo di residenza determinato dall’autorità competente senza informare tali autorità, oppure, ove richiesto, senza permesso; o

b)      contravvenga all’obbligo di presentarsi alle autorità o alla richiesta di fornire informazioni o di comparire per un colloquio personale concernente la procedura d’asilo durante un periodo di tempo ragionevole stabilito dal diritto nazionale; o

c)      abbia presentato una domanda reiterata quale definita all’articolo 2, lettera q), della direttiva 2013/32/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (10)].

(…)».

2.      Gli Stati membri possono inoltre ridurre le condizioni materiali di accoglienza quando possono accertare che il richiedente, senza un giustificato motivo, non ha presentato la domanda di protezione internazionale non appena ciò era ragionevolmente fattibile dopo il suo arrivo in tale Stato membro.

3.      Gli Stati membri possono ridurre o revocare le condizioni materiali di accoglienza qualora un richiedente abbia occultato risorse finanziarie, beneficiando in tal modo indebitamente delle condizioni materiali di accoglienza.

4.      Gli Stati membri possono prevedere sanzioni applicabili alle gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza nonché ai comportamenti gravemente violenti.

5.      Le decisioni di ridurre o revocare le condizioni materiali di accoglienza o le sanzioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 del presente articolo, sono adottate in modo individuale, obiettivo e imparziale e sono motivate. Le decisioni sono basate sulla particolare situazione della persona interessata, specialmente per quanto concerne le persone contemplate all’articolo 21, tenendo conto del principio di proporzionalità. Gli Stati membri assicurano in qualsiasi circostanza l’accesso all’assistenza sanitaria ai sensi dell’articolo 19 e garantiscono un tenore di vita dignitoso per tutti i richiedenti.

6.      Gli Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza non siano revocate o ridotte prima che sia adottata una decisione ai sensi del paragrafo 5».

9.        Il capo IV della direttiva 2013/33, intitolato «Disposizioni a favore delle persone vulnerabili», contiene, in particolare, gli articoli da 21 a 24.

10.      L’articolo 21 di tale direttiva, intitolato «Principio generale», prevede che, nelle misure nazionali di attuazione della medesima direttiva, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili, in particolare dei minori e dei minori non accompagnati.

11.      L’articolo 22 della direttiva 2013/33, intitolato «Valutazione delle particolari esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili», dispone, al paragrafo 1, terzo comma, e al paragrafo 3, quanto segue:

«Gli Stati membri assicurano che il sostegno fornito ai richiedenti con esigenze di accoglienza particolari ai sensi della presente direttiva tenga conto delle loro esigenze di accoglienza particolari durante l’intera procedura di asilo e provvedono a un appropriato controllo della loro situazione.

(…)

3.      Solo le persone vulnerabili ai sensi dell’articolo 21 possono essere considerate come persone con esigenze di accoglienza particolari e possono pertanto beneficiare del sostegno particolare previsto conformemente alla presente direttiva».

12.      L’articolo 23 di tale direttiva, dedicato ai minori, stabilisce quanto segue:

«1.      L’interesse superiore del minore costituisce un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, delle disposizioni della presente direttiva concernenti i minori. (…)

2.      Nel valutare l’interesse superiore del minore, gli Stati membri tengono debito conto, in particolare, dei seguenti fattori:

(…)

b)      il benessere e lo sviluppo sociale del minore, con particolare riguardo ai trascorsi del minore;

c)      le considerazioni in ordine all’incolumità e alla sicurezza, in particolare se sussiste il rischio che il minore sia vittima della tratta di esseri umani;

(…)».

13.      L’articolo 24 di detta direttiva, dedicato, a sua volta, ai minori non accompagnati, prevede, al paragrafo 2, quanto segue:

«I minori non accompagnati che presentano domanda di protezione internazionale, dal momento in cui entrano nel territorio dello Stato membro in cui la domanda di protezione internazionale è stata presentata o è esaminata sino al momento in cui ne debbono uscire, sono alloggiati:

(…)

c)      in centri di accoglienza che dispongano di specifiche strutture per i minori;

d)      in altri alloggi idonei per i minori.

(…)»

B.      Diritto belga

14.      La wet betreffende de opvang van asielzoekers en van bepaalde andere categorieën van vreemdelingen (legge sull’accoglienza dei richiedenti asilo e di talune altre categorie di stranieri) (11), del 12 gennaio 2007, non era stata ancora oggetto di modifiche volte alla trasposizione della direttiva 2013/33 all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale.

15.      Ai sensi dell’articolo 2, punto 6, della legge sull’accoglienza, il sostegno materiale è definito come l’«aiuto concesso [dalla Fedasil] o dal partner, in seno a una struttura di accoglienza, e consistente in particolare nell’alloggio, nel vitto, nel vestiario, nell’assistenza medica, sociale e psicologica e nella concessione di un sussidio per le spese giornaliere. Essa include altresì l’accesso all’assistenza legale, l’accesso a servizi quali la traduzione simultanea e corsi di formazione, nonché l’accesso a un programma di rimpatrio volontario».

16.      L’articolo 3, primo comma, di tale legge dispone che «[o]gni richiedente asilo ha diritto a un’accoglienza che deve garantirgli un tenore di vita dignitoso».

17.      L’articolo 5 di detta legge precisa che, «[s]alvo (…) [i]l libro III, titolo III, relativo alle misure di ordine pubblico e alle sanzioni, il beneficio del sostegno materiale descritto nella presente legge non potrà in alcun caso essere soppresso».

18.      Il libro III, titolo III, della legge sull’accoglienza, intitolato «Misure di ordine pubblico e sanzioni», dispone, all’articolo 45, quanto segue:

«Il beneficiario dell’accoglienza può essere oggetto di una sanzione in caso di grave violazione del regime e delle regole di funzionamento applicabili alle strutture di accoglienza di cui all’articolo 19. All’atto della scelta della sanzione, si tiene conto della natura e della gravità della violazione nonché delle circostanze concrete in cui è stata commessa.

Possono essere pronunciate soltanto le seguenti sanzioni:

(…)

7°      l’esclusione temporanea dal beneficio del sostegno materiale in una struttura di accoglienza, per una durata massima di un mese.

Le sanzioni sono inflitte dal direttore o dal responsabile della struttura di accoglienza. La sanzione di cui al comma 2, punto 7, deve essere confermata dal direttore generale [della Fedasil] entro un termine di tre giorni lavorativi a decorrere dall’adozione della sanzione da parte del direttore o del responsabile della struttura di accoglienza. In mancanza di conferma entro tale termine, la sanzione dell’esclusione temporanea è automaticamente revocata.

Le sanzioni possono essere ridotte o revocate durante l’esecuzione da parte dell’autorità che le ha inflitte.

La decisione di infliggere una sanzione è adottata in modo obiettivo e imparziale e dev’essere motivata.

Fatta salva la sanzione di cui al comma 2, punto 7, in nessun caso l’attuazione di una sanzione può avere come effetto la completa soppressione del sostegno materiale concesso in forza della presente legge, o la limitazione dell’accesso all’assistenza medica. La sanzione di cui al comma 2, punto 7, comporta per la persona che ne è oggetto l’impossibilità di beneficiare di qualsiasi altra forma di accoglienza, ad eccezione dell’accesso all’assistenza medica, quale previsto agli articoli 24 e 25 della legge.

La sanzione di cui al comma 2, punto 7, può essere pronunciata solo in caso di violazione molto grave del regolamento interno della struttura di accoglienza che metta in pericolo il personale o gli altri residenti della struttura di accoglienza o che faccia sorgere rischi specifici per la sicurezza o per il rispetto dell’ordine pubblico nella struttura di accoglienza.

La persona cui si riferisce la sanzione di esclusione temporanea deve essere sentita prima dell’adozione di quest’ultima.

(…)».

III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

A.      Fatti

19.      Il 23 dicembre 2015 il sig. Haqbin, di cittadinanza afgana, ha presentato una domanda di protezione internazionale presso le autorità belghe in qualità di minore non accompagnato. Egli è stato successivamente accolto nei centri di accoglienza di Sugny e di Broechem (Belgio) e, ai sensi della normativa nazionale applicabile, è stato designato un «tutore» incaricato di rappresentarlo e di assisterlo (12).

20.      Il 18 aprile 2016 il sig. Haqbin ha partecipato ad atti di violenza in cui erano coinvolti residenti di origini etniche diverse all’interno del centro di accoglienza di Broechem. La polizia ha quindi proceduto al suo arresto amministrativo prima di procedere alla sua liberazione il 19 aprile 2016. Lo stesso giorno il direttore di tale centro di accoglienza ha deciso di pronunciare nei confronti del sig. Haqbin la sanzione disciplinare prevista all’articolo 45 della legge sull’accoglienza (13). Tale sanzione implica l’esclusione temporanea del minore non solo dal centro di accoglienza, ma anche da tutti i servizi ad esso associati, come il vitto, il vestiario, le attività e, fatta salva l’assistenza medica urgente, la cessazione dell’assistenza medica, sociale e psicologica.

21.      Tale decisione è stata confermata il 21 aprile 2016 dal direttore generale della Fedasil, conformemente alla normativa nazionale applicabile.

22.      Dalla decisione di rinvio risulta che l’interessato avrebbe quindi dormito nel parco Maximilien di Bruxelles le notti dal 19 al 21 aprile 2016, e successivamente quelle dal 24 aprile al 1º maggio 2016. In tale lasso di tempo, il 25 aprile 2016, il tutore del sig. Haqbin ha proposto dinanzi all’arbeidsrechtbank te Antwerpen (Tribunale del lavoro di Anversa, Belgio) un ricorso al fine di ottenere la sospensione del provvedimento di esclusione (14). Tale domanda è stata respinta in mancanza di estrema urgenza, in quanto il sig. Haqbin non è riuscito a dimostrare che si trovava senza alloggio.

23.      Il 4 maggio 2016 il sig. Haqbin è stato accolto nel centro di accoglienza di Poelcapelle (Belgio).

24.      Il tutore del sig. Haqbin ha quindi contestato le decisioni relative alla sua esclusione dal centro di accoglienza di Broechem dinanzi al Nederlandstalige arbeidsrechtbank Brussel (Tribunale del lavoro di Bruxelles di lingua neerlandese, Belgio) con ricorso recante data del 5 luglio 2016. Tale tutore riteneva che, in tali circostanze, la Fedasil fosse tenuta a concedere l’accoglienza o a prevedere garanzie relative al rispetto della dignità umana durante il periodo di esclusione dell’interessato e ha chiesto il risarcimento di un danno morale nella misura di un euro.

25.      Con sentenza del 21 febbraio 2017, il Nederlandstalige arbeidsrechtbank Brussel (Tribunale del lavoro di lingua neerlandese di Bruxelles) ha respinto tale ricorso in quanto infondato, affermando che il sig. Haqbin chiedeva il risarcimento di un danno la cui concretezza non era stata dimostrata.

26.      Con atto introduttivo del 27 marzo 2017, il tutore ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

B.      La motivazione della decisione di rinvio

27.      In primo luogo, il giudice del rinvio si chiede se, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33, uno Stato membro possa revocare o ridurre le condizioni materiali di accoglienza in caso di gravi violazioni delle regole del centro di accoglienza o di comportamenti gravemente violenti. Detto giudice fa riferimento, a tal riguardo, al parere espresso dal Comitato di contatto istituito per assistere gli Stati membri nella trasposizione della direttiva 2013/33 (15) nonché al parere dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (16). Questi ultimi ritengono che l’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2013/33 stabilisca un elenco tassativo delle ragioni che giustificano la riduzione o la revoca delle condizioni materiali di accoglienza, e che l’articolo 20, paragrafo 4, di tale direttiva si riferisca, di conseguenza, ad altri tipi di sanzioni. Il giudice del rinvio richiama anche il parere reso dal Raad van State (Consiglio di Stato, Belgio), secondo cui tale lettura non sarebbe l’unica possibile, tenuto conto della formulazione e dell’articolazione dell’articolo 20, paragrafi da 4 a 6, di detta direttiva (17).

28.      In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulle azioni che l’autorità nazionale competente deve concretamente intraprendere al fine di garantire, ai sensi dell’articolo 20, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2013/33, un livello di vita dignitoso a tutti i richiedenti, incluso il richiedente escluso temporaneamente da un centro di accoglienza.

29.      Il giudice del rinvio respinge gli argomenti esposti dalla Fedasil secondo i quali le responsabilità gravanti sul tutore sarebbero sufficienti a soddisfare tale obbligo. Basandosi sulle disposizioni nazionali relative alla tutela dei minori stranieri non accompagnati, il giudice del rinvio rileva che il tutore non è tenuto per legge a provvedere egli stesso all’accoglienza del minore non accompagnato ed esclude qualsiasi carenza in capo a quest’ultimo (18).

30.      Per contro, il giudice del rinvio esprime dubbi riguardo alle azioni che l’autorità nazionale competente deve intraprendere. Detto giudice rileva che, in base al preambolo del progetto di legge (19) che ha dato luogo alla legge recante modifica della legge del 12 gennaio 2007 sull’accoglienza dei richiedenti asilo e di talune altre categorie di stranieri, del 6 luglio 2016 (20), un simile obbligo sarebbe soddisfatto quando la Fedasil allega alla sua decisione di esclusione un elenco delle strutture di accoglienza per persone senzatetto alle quali il richiedente potrebbe avere accesso. Solo nel caso in cui fosse dimostrato che il richiedente non può in concreto beneficiare di tali strutture, la Fedasil sarebbe conseguentemente tenuta a trovare, a posteriori, una soluzione alternativa.

31.      Il giudice del rinvio si chiede se una procedura di questo tipo consenta di adempiere l’obbligo previsto all’articolo 20, paragrafo 5, della direttiva 2013/33 oppure se il rispetto di quest’ultimo imponga che l’autorità nazionale competente garantisca l’alloggio prima di disporre l’esclusione del richiedente dalla struttura di accoglienza.

32.      In terzo luogo, per il caso in cui la Corte dichiarasse che le sanzioni di cui all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33 possono assumere la forma di un’esclusione dalle condizioni materiali di accoglienza, il giudice del rinvio si chiede se, alla luce dell’articolo 20, paragrafo 5, degli articoli dal 21 al 23 nonché dell’articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva, sanzioni simili possano essere inflitte a un minore e, in particolare, a un minore non accompagnato. Detto giudice aggiunge che, nello stesso contesto, si pone anche la questione della compatibilità di tali sanzioni inflitte a minori con gli articoli 1, 3, 4 e 24 della Carta, menzionati al considerando 35 della suddetta direttiva (21).

C.      Questioni pregiudiziali

33.      L’arbeidshof te Brussel (Corte del lavoro di Bruxelles) ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, della direttiva [2013/33] debba essere interpretato nel senso che esso stabilisce in modo tassativo i casi nei quali le condizioni materiali di accoglienza possono essere ridotte o revocate, o se dall’articolo 20, paragrafi 4 e 5, [di tale direttiva] discenda che la revoca del diritto alle condizioni materiali di accoglienza può avere luogo anche a titolo di sanzione applicabile alle gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza nonché ai comportamenti gravemente violenti.

2)      Se l’articolo 20, paragrafi 5 e 6, [di tale direttiva], debba essere interpretato nel senso che, prima di adottare una decisione relativa alla riduzione o alla revoca delle condizioni materiali di accoglienza o a sanzioni, gli Stati membri devono adottare le misure necessarie che garantiscono il diritto a un tenore di vita dignitoso durante il periodo di esclusione, o se tali disposizioni possano essere rispettate mediante un sistema in cui, dopo la decisione di riduzione o di revoca della condizione materiale di accoglienza, si verifica se la persona che forma l’oggetto della decisione goda di un tenore di vita dignitoso ed eventualmente si adottano in quel momento misure correttive.

3)      Se l’articolo 20, paragrafi 4, 5 e 6[, della direttiva 2013/33], in combinato disposto con [i suoi] articoli 14, 21, 22, 23 e 24 (…) e con gli articoli 1, 3, 4 e 24 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che una misura o sanzione di esclusione provvisoria (o definitiva) dal diritto a condizioni materiali di accoglienza è possibile, o non è possibile, nei confronti di un minore, segnatamente nei confronti di un minore non accompagnato».

IV.    Analisi

34.      Il giudice del rinvio interroga la Corte sulla portata delle norme di cui all’articolo 20 della direttiva 2013/33 nel caso in cui un richiedente commetta gravi violazioni delle regole di un centro di accoglienza o tenga comportamenti gravemente violenti. Se la prima e la seconda questione pregiudiziale riguardano il trattamento riservato a qualsiasi richiedente, indipendentemente dalla sua età e dalla sua situazione, la terza questione pregiudiziale è più circoscritta e riguarda specificamente la situazione del sig. Haqbin, vale a dire quella di un minore non accompagnato.

35.      Ritengo che tali questioni debbano essere trattate alla luce della sola situazione di un minore non accompagnato. Infatti, il procedimento principale riguarda, in primo luogo, le modalità di accoglienza in uno Stato membro di un minore non accompagnato. La sua situazione richiede una tutela specifica e adeguate modalità di accoglienza, cosicché l’interpretazione dell’articolo 20 della direttiva 2013/33 si fonda sull’articolazione di disposizioni particolari rientranti non solo in tale direttiva, ma anche nella Carta (22).

36.      Propongo quindi di affrontare l’esame di tali questioni concentrando l’attenzione sulla situazione particolare di un minore non accompagnato.

A.      Sulla prima questione pregiudiziale

37.      Con la prima e la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33 osti a una normativa nazionale che consente di escludere dalle condizioni materiali di accoglienza un minore non accompagnato, a motivo del fatto che ha commesso gravi violazioni delle regole del centro di accoglienza in cui era ospitato o che ha tenuto comportamenti gravemente violenti.

38.      Il giudice del rinvio si interroga dunque sulla natura e sulla portata delle «sanzioni applicabili» che lo Stato membro ospitante può adottare sul fondamento dell’articolo 20, paragrafo 4, di tale direttiva.

39.      Per rispondere a tale questione, è necessario esporre i termini e l’economia dell’articolo 20 di detta direttiva nonché la finalità di tale disposizione.

1.      I termini, leconomia e la finalità dellarticolo 20 della direttiva 2013/33

40.      La natura e la portata delle «sanzioni applicabili» di cui all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33 suscitano dubbi in quanto tale articolo è intitolato «Riduzione o revoca delle condizioni materiali di accoglienza» e costituisce l’unico articolo del capo III, recante la stessa formulazione. Tuttavia, la formulazione del paragrafo 4 di tale disposizione si distingue nettamente da quella adottata ai paragrafi precedenti, in quanto il legislatore dell’Unione non ha espressamente previsto che lo Stato membro ospitante possa ridurre o revocare le condizioni materiali di accoglienza. Esso si è limitato a precisare che gli Stati membri «possono prevedere sanzioni applicabili» in caso di gravi violazioni delle regole del centro di accoglienza o di comportamenti gravemente violenti.

41.      Tale formulazione e il margine di discrezionalità che essa implica in capo allo Stato membro ospitante sono giustificati dalla natura delle motivazioni indicate dal legislatore dell’Unione.

42.      Contrariamente alle motivazioni di cui all’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2013/33, le «gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza» e i «comportamenti gravemente violenti» si riferiscono ad atti che possono non solo turbare l’ordine e la sicurezza nella struttura di accoglienza, ma anche costituire un reato. Il legislatore dell’Unione considera quindi atti la cui natura e gravità possono essere valutate solo dalle autorità nazionali competenti, alla luce delle leggi e dei regolamenti dello Stato membro ospitante. Tale legislatore si riferisce parimenti ad atti la cui commissione implicherà, a seconda del sistema giuridico e la legge applicabile in tale Stato, l’adozione di una misura o di una specifica sanzione di natura disciplinare, amministrativa o penale, che può andare oltre la riduzione o la revoca delle condizioni materiali di accoglienza.

43.      Pertanto, contrariamente alle motivazioni di cui all’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2013/33, la motivazione di cui al paragrafo 4 di tale disposizione necessita del riconoscimento, in capo allo Stato membro ospitante, di un margine di manovra. Quest’ultimo gli consente di valutare in quale misura il richiedente che ha commesso una grave violazione delle regole del centro di accoglienza o un atto gravemente violento debba essere sanzionato alla luce della natura e del livello di gravità dell’atto. Tale margine di manovra consente anche allo Stato membro ospitante di tener conto delle circostanze concrete in cui l’atto in questione è stato commesso, nonché dell’età, della situazione e delle esigenze specifiche del suo autore.

44.      Tuttavia, il margine di discrezionalità di cui esso dispone a tal riguardo è soggetto a limiti.

45.      Da un lato, lo Stato membro ospitante deve rispettare i diritti fondamentali, come risulta dal considerando 35 della direttiva 2013/33. Pertanto, l’articolo 20 di tale direttiva deve essere letto e interpretato tenendo conto, in particolare, del rispetto della dignità umana e dei diritti del minore sanciti rispettivamente agli articoli 1 e 24 della Carta.

46.      D’altro lato, lo Stato membro ospitante deve rispettare gli obblighi di cui all’articolo 20, paragrafi 5 e 6, di detta direttiva.

47.      A norma dell’articolo 20, paragrafo 5, della direttiva 2013/33, la decisione recante riduzione o revoca delle condizioni materiali di accoglienza o la sanzione che può essere applicata a causa di gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza o di comportamenti gravemente violenti deve rispondere a vari requisiti sostanziali e formali.

48.      In primo luogo, tale decisione o tale sanzione deve essere adottata in modo obiettivo e imparziale e deve essere motivata.

49.      In secondo luogo, essa deve essere proporzionata e deve essere adottata al termine di un esame individuale, tenendo conto della situazione particolare e delle esigenze specifiche delle persone vulnerabili.

50.      Nel caso in cui l’atto sia stato commesso da un minore non accompagnato, lo Stato membro ospitante è quindi tenuto a considerare l’interesse superiore del minore un criterio fondamentale, come richiesto dall’articolo 23 della direttiva 2013/33 (23) e dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta. In particolare, occorre pertanto tenere debitamente conto del benessere e dello sviluppo sociale del minore nonché delle considerazioni attinenti alla sua incolumità e alla sua sicurezza, in particolare in mancanza della possibile assunzione, da parte di un titolare, dell’esercizio dell’autorità parentale. Esso deve, inoltre, assicurarsi che la sanzione adottata non privi il minore delle garanzie connesse alla tutela dei suoi interessi e al soddisfacimento delle sue esigenze particolari.

51.      Tali disposizioni implicano, pertanto, che, nel caso in cui il comportamento del minore non accompagnato mostri che le condizioni della sua educazione o del suo sviluppo sono compromesse, lo Stato membro ospitante è tenuto a ricorrere ai dispositivi di diritto comune in materia di tutela dell’infanzia, al fine di organizzare una presa in carico adeguata alle sue esigenze. Tale dispositivo mi sembra indispensabile nel caso di un minore non accompagnato, che è una persona particolarmente vulnerabile a causa del suo percorso migratorio talvolta lungo e traumatizzante, nonché della sua situazione precaria, dovuta alla mancanza di un sostegno familiare e di risorse proprie.

52.      Infine, in terzo luogo, l’articolo 20, paragrafo 5, della direttiva 2013/33 precisa che la decisione recante riduzione o revoca delle condizioni materiali di accoglienza o la sanzione applicabile deve assicurare «in qualsiasi circostanza» l’accesso all’assistenza sanitaria e garantire un tenore di vita dignitoso per tutti i richiedenti.

53.      Tale disposizione mira a garantire una presa in carico continua e rispettosa della dignità del richiedente a seguito di una sanzione che lo Stato membro ospitante abbia adottato (24).

54.      Tale presa in carico è giustificata in quanto l’adozione di una simile sanzione non significa che il diritto all’accoglienza sia cessato per legge. Fintanto che il minore è autorizzato a soggiornare nel territorio dello Stato membro ospitante ai fini dell’esame della sua domanda (25) e salvo che disponga di mezzi propri per provvedere alle sue necessità primarie (26), tale Stato deve assicurare condizioni di accoglienza che gli consentano di accedere all’assistenza sanitaria e di condurre una vita dignitosa (27). Anche se il legislatore dell’Unione non precisa le misure che lo Stato membro ospitante è tenuto concretamente ad adottare per garantire un livello di vita dignitoso, tali misure devono comprendere i diritti più elementari nel momento in cui il richiedente non dispone di fonti di reddito, vale a dire la possibilità di alloggiare, nutrirsi e vestirsi (28).

55.      Conformemente al considerando 35 della direttiva 2013/33, il principio di cui all’articolo 20, paragrafo 5, di tale direttiva è imposto dal fatto che tale direttiva rispetta i diritti fondamentali e mira, in particolare, ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana.

56.      Detto principio ha lo scopo di garantire l’effettiva tutela del richiedente nel territorio dello Stato membro ospitante, contribuendo in tal modo a ridurre il rischio di marginalizzazione cui il medesimo è esposto e di «movimenti secondari» dai quali sarebbe tentato (29).

57.      Il rispetto di detto principio consente al richiedente di esercitare il suo diritto di asilo e di partecipare alla procedura d’esame della sua domanda di protezione internazionale, conformemente ai diritti ad esso riconosciuti e agli obblighi ad esso incombenti ai sensi delle direttive 2011/95/UE (30) e 2013/32. Tali diritti sarebbero privi di effetti concreti e tali obblighi privi di effetto utile se non fossero accompagnati da una presa in carico continua dei bisogni più elementari del richiedente. Tale presa in carico consente altresì allo Stato membro ospitante di procedere a un esame diligente della domanda di protezione internazionale, in quanto, nonostante la sanzione adottata, tale Stato è in grado di localizzare il richiedente ai fini della notifica delle diverse convocazioni e riunioni (31).

58.      Il principio sancito all’articolo 20, paragrafo 5, della direttiva 2013/33 è completato dalle norme procedurali previste all’articolo 20, paragrafo 6, di tale direttiva, di cui illustrerò la portata nell’ambito dell’esame della seconda questione pregiudiziale.

59.      Ciò posto, occorre esaminare a questo punto la questione se, ed eventualmente in base a quali modalità, lo Stato membro ospitante possa decidere di revocare le condizioni materiali di accoglienza in circostanze come quelle di cui trattasi.

2.      La natura delle misure applicabili nel contesto dellarticolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33

a)      Il significato e la portata della revoca delle condizioni materiali di accoglienza nel contesto dellarticolo 20, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2013/33

60.      La revoca delle condizioni materiali di accoglienza è un provvedimento che il legislatore dell’Unione disciplina in senso restrittivo all’articolo 20 della direttiva 2013/33, in quanto tale decisione comporta per il richiedente, totalmente dipendente dall’aiuto pubblico, la privazione di un alloggio, del vitto, dell’abbigliamento e dell’indennità giornaliera di cui gode (32).

61.      Il legislatore dell’Unione autorizza lo Stato membro ospitante ad adottare una simile decisione in due casi.

62.      Il primo caso, è quello previsto all’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2013/33 e comprende la situazione in cui esiste un abuso di diritto. La revoca può essere considerata in casi eccezionali e debitamente motivati quando il richiedente si sottrae agli obblighi richiesti ai fini dell’esame della sua domanda di protezione internazionale lasciando il luogo di residenza obbligatoria o non presentandosi alle autorità, o, ancora, quando il richiedente ha presentato una domanda reiterata al solo scopo di beneficiare delle condizioni di accoglienza.

63.      Il secondo caso è quello previsto all’articolo 20, paragrafo 3, della direttiva 2013/33 e riguarda la situazione in cui il richiedente ha occultato le proprie risorse finanziarie e, in realtà, è in grado di provvedere alle proprie esigenze. Tale disposizione deve essere interpretata alla luce dell’articolo 17, paragrafo 3, di detta direttiva, in cui si precisa che lo Stato membro ospitante può subordinare la concessione di tutte le condizioni materiali di accoglienza e dell’assistenza sanitaria, o di parte delle stesse, alla condizione che i richiedenti non dispongano di mezzi sufficienti a garantire loro una qualità della vita adeguata per la loro salute, nonché ad assicurare il loro sostentamento.

64.      Il legislatore dell’Unione ha quindi mostrato prudenza riguardo ai casi in cui lo Stato membro ospitante può revocare le condizioni materiali di accoglienza.

65.      Occorre mostrare la stessa prudenza riguardo all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33, in quanto, contrariamente ai due casi sopra menzionati, il richiedente, a priori, è sempre beneficiario del diritto all’accoglienza e non dispone di risorse per provvedere alle proprie necessità primarie. Tali circostanze impongono quindi di contenere il provvedimento di revoca delle condizioni materiali di accoglienza entro condizioni rigorose, tenendo conto non solo della gravità dell’atto commesso, ma anche dell’età, della situazione e delle esigenze particolari del minore non accompagnato.

b)      Il significato e la portata della revoca delle condizioni materiali di accoglienza nel contesto dellarticolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33

66.      Ogni richiedente ha doveri nei confronti dello Stato membro al quale chiede protezione internazionale. Tali doveri implicano, in particolare, che egli rispetti le leggi e i regolamenti di tale Stato e che ottemperi a qualsiasi misura volta alla salvaguardia della sicurezza e dell’ordine pubblico (33). È quindi legittimo che lo Stato membro ospitante adotti le sue disposizioni al fine di garantire la sicurezza fisica e morale del personale e dei residenti del centro di accoglienza, in particolare quando l’atto commesso ha fatto sorgere rischi specifici per la loro sicurezza e per il rispetto dell’ordine pubblico in tale struttura.

67.      Tale atto implica l’adozione di una sanzione, ma dimostra soprattutto la necessità di organizzare un’assistenza distinta da quella offerta nell’ambito dell’accoglienza, per di più quando tale atto è violento e reiterato. Infatti, a prescindere dalla situazione del minore interessato e dalla gravità dell’atto commesso, la sua minore età giustifica che egli sia protetto.

68.      La riduzione delle condizioni materiali di accoglienza può non essere una misura adeguata alla situazione di tale minore né rispondere alle sue esigenze specifiche (34).

69.      Anche l’adattamento di tali condizioni può non essere una misura adeguata. Il combinato disposto delle disposizioni previste, a tale riguardo, all’articolo 18, paragrafo 9, lettera a) (35), e all’articolo 22, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2013/33 (36) si rivolge anzitutto alle persone la cui vulnerabilità possa accentuarsi in base al loro stato, quali le donne incinte, le persone affette da malattie gravi o da disturbi mentali, o, ancora, le vittime di stupro o della tratta di esseri umani. Tali disposizioni non sono applicabili, a mio avviso, nel caso di un minore non accompagnato di cui si possa supporre, alla luce delle ripetute violenze che ha commesso, che le condizioni della sua educazione o del suo sviluppo siano compromesse.

70.      Ciò premesso, la revoca delle condizioni materiali di accoglienza è una decisione che può imporsi nella misura in cui il minore non accompagnato debba rientrare in un’assistenza che, a causa dei mezzi che essa richiede e degli obiettivi che essa persegue, non può inserirsi nell’ambito del dispositivo di accoglienza previsto dalla direttiva 2013/33.

71.      Pertanto, la decisione di revoca delle condizioni materiali inizialmente concesse può essere ammessa solo laddove sia accompagnata al ricorso ai servizi di assistenza e/o alle autorità giudiziarie responsabili della protezione dell’infanzia. Questi ultimi sono i più idonei a valutare le esigenze specifiche di tale minore, disponendo in particolare misure di assistenza attuate da personale qualificato nell’ambito di un alloggio adeguato.

72.      Tale schema di analisi si applica, a fortiori, nel caso in cui l’atto commesso in violazione delle leggi e dei regolamenti dello Stato membro ospitante costituisca un reato. Infatti, la commissione di un atto delinquenziale o criminale comporta ipso facto il ricorso alle autorità giudiziarie responsabili della protezione dell’infanzia, nonché il collocamento o l’incarcerazione del minore all’interno di una struttura adeguata e, contemporaneamente, la revoca delle condizioni materiali di accoglienza. Tale revoca avviene in tal caso nell’ambito di un procedimento penale in grado di garantire il complesso dei diritti del minore e si accompagna, di conseguenza, a misure di natura educativa e di natura coercitiva giustificate dalla situazione del minore e dalla gravità dell’atto.

B.      Sulla seconda questione pregiudiziale

73.      Con la seconda e la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si interroga sulle azioni che l’autorità nazionale competente deve concretamente intraprendere in base all’articolo 20, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2013/33 al fine di garantire un livello di vita dignitoso al minore non accompagnato escluso temporaneamente da un centro di accoglienza.

74.      In particolare, tale giudice chiede alla Corte a) se l’obbligo di cui all’articolo 20, paragrafo 5, di tale direttiva sia soddisfatto quando l’autorità nazionale competente allega alla sua decisione di esclusione dal centro di accoglienza un elenco delle strutture di accoglienza per persone senzatetto cui il richiedente potrebbe rivolgersi, o b) se, per contro, sia necessario che tale autorità trovi una soluzione di alloggio alternativa prima dell’adozione di siffatta decisione.

75.      La risposta a tale questione si trae dall’articolo 20, paragrafo 6, della direttiva 2013/33, ai sensi del quale «[g]li Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza non siano revocate o ridotte prima che sia adottata una decisione ai sensi del paragrafo 5 [di detta disposizione]» (37), e si impone con riferimento all’economia generale e alla finalità di tale direttiva.

76.      L’articolo 20, paragrafo 6, della direttiva 2013/33 costituisce anzitutto una disposizione di natura procedurale che consente di garantire, a seguito di una sanzione che lo Stato membro ospitante abbia adottato, una presa in carico continua e rispettosa della dignità del richiedente, conformemente ai requisiti di cui all’articolo 20, paragrafo 5, di tale direttiva (38).

77.      Il principio della continuità della presa in carico deriva altresì dal considerando 8 di detta direttiva, in cui si precisa che quest’ultima «dovrebbe applicarsi in tutte le fasi e a tutti i tipi di procedure relative alla domanda di protezione internazionale, in tutti i luoghi e i centri di accoglienza dei richiedenti e purché essi siano autorizzati a soggiornare nel territorio degli Stati membri in qualità di richiedenti».

78.      Tale principio mira non solo a garantire il rispetto dei diritti fondamentali del richiedente, ma anche ad assicurare l’effetto utile della direttiva 2013/33. Come ho già segnalato, i diritti di cui gode il richiedente e gli obblighi ad esso incombenti in forza delle direttive 2011/95 e 2013/32 sarebbero privi di effetti concreti se non fossero accompagnati da una presa in carico delle sue necessità primarie, anche durante un lasso di tempo assai breve, in particolare quando il richiedente è un minore non accompagnato.

79.      La Corte aveva già stabilito tale principio nella sentenza del 27 febbraio 2014, Saciri e a. (39), relativa all’interpretazione dell’articolo 13 della direttiva 2003/9/CE (40). Essa ha dichiarato che «l’economia generale e la finalità della direttiva 2003/9 nonché il rispetto dei diritti fondamentali – e segnatamente delle prescrizioni dell’articolo 1 della [Carta], a norma del quale la dignità umana deve essere rispettata e tutelata – ostano a che un richiedente asilo venga privato, anche solo per un periodo temporaneo, dopo la presentazione di una domanda di asilo, della protezione conferita dalle norme minime dettate dalla citata direttiva» (41).

80.      Tale principio è altresì rinvenibile nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Nella sentenza Winterstein e a. c. Francia (42), che riguardava la legittimità di un procedimento di espulsione avviato contro alcuni nomadi, detta Corte ha dichiarato che le conseguenze dell’espulsione e la vulnerabilità dei ricorrenti devono essere prese in considerazione dalle autorità prima dell’avvio del procedimento di espulsione.

81.      L’articolo 20, paragrafo 6, della direttiva 2013/33 non ammette quindi alcuna soluzione di continuità nell’assistenza del minore, poiché esige che quest’ultimo non sia privato, anche solo per un periodo brevissimo, delle garanzie conferitegli dall’articolo 20, paragrafo 5, di tale direttiva.

82.      Il rispetto di tali precetti significa che lo Stato membro ospitante deve garantire, prima ancora dell’adozione di una decisione di riduzione o di revoca delle condizioni materiali di accoglienza o di una sanzione di cui all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33, la presa in carico delle necessità primarie del richiedente, in modo da garantire il suo sostentamento nonché un livello di vita dignitoso e adeguato per la sua salute, consentendogli, in particolare, di alloggiare, di nutrirsi, di vestirsi e tenendo conto, se del caso, delle sue esigenze particolari.

83.      Nel contesto dell’esclusione di un minore non accompagnato da un centro di accoglienza, l’autorità nazionale competente, prima dell’adozione della decisione di esclusione, deve rivolgersi ai servizi di assistenza e/o alle autorità giudiziarie responsabili della tutela dell’infanzia, in modo che questi ultimi siano in grado di affidare il minore a una struttura adeguata alle sue esigenze e, ove i fatti e la situazione del minore lo giustifichino, di disporre misure di assistenza.

84.      Pertanto, non è sufficiente, come suggerito dalla Fedasil, allegare alla decisione di esclusione un elenco delle strutture di accoglienza per persone senzatetto cui il minore non accompagnato o il suo rappresentante potrebbe rivolgersi.

85.      Una simile procedura non accorda la considerazione imposta dall’interesse superiore del minore. Essa comporta il rischio di una soluzione di continuità nell’assistenza del minore, come mostra il caso di specie. Aspettarsi che quest’ultimo trovi un alloggio in base a un elenco delle strutture di accoglienza, anche con l’aiuto del suo tutore, è una scommessa rischiosa, in quanto se esistono possibilità di alloggio, occorre altresì che tali alloggi siano disponibili e adeguati alla situazione di un minore straniero non accompagnato. Orbene, le strutture di accoglienza per persone senzatetto non consentono di garantire che tale minore sia alloggiato, nutrito e vestito per tutta la durata della sua esclusione e non consentono neppure di soddisfare le esigenze specifiche che la sua età, il suo status e la sua situazione richiedono (43).

86.      L’interpretazione sostenuta dalla Fedasil dinanzi al giudice del rinvio non tiene conto della situazione di precarietà, di vulnerabilità e di indigenza in cui il minore non accompagnato può trovarsi e non garantisce il rispetto dei diritti di cui quest’ultimo beneficia ai sensi della direttiva 2013/33 e della Carta.

87.      Tenuto conto di tutti questi elementi, sono del parere che, nel caso in cui un minore non accompagnato commetta una grave violazione delle regole di un centro di accoglienza o tenga un comportamento gravemente violento che faccia sorgere rischi specifici per il rispetto dell’ordine pubblico in tale centro o per la sicurezza del personale o degli altri residenti di detto centro, l’articolo 20, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2013/33 debba essere interpretato nel senso che l’autorità nazionale competente deve, prima dell’adozione della decisione di esclusione, rivolgersi ai servizi di assistenza e/o alle autorità giudiziarie responsabili della protezione dell’infanzia, in modo da garantire che tale minore beneficerà di un’assistenza continua e adeguata alle esigenze specifiche che la sua età, il suo status e la sua situazione richiedono.

V.      Conclusione

88.      In considerazione delle riflessioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dall’arbeidshof te Brussel (Corte del lavoro di Bruxelles, Belgio) come segue:

In circostanze come quelle di cui trattasi, in cui un minore non accompagnato ha commesso un atto particolarmente violento che fa sorgere rischi specifici per il rispetto dell’ordine pubblico e della sicurezza all’interno di una struttura di accoglienza, l’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che consente di stabilire la revoca delle condizioni materiali di accoglienza, a condizione che tale decisione sia associata al previo ricorso ai servizi di assistenza e/o alle autorità giudiziarie responsabili della protezione dell’infanzia, in modo da garantire che tale minore beneficerà di un’assistenza continua e adeguata alle esigenze specifiche che la sua età, il suo status e la sua situazione richiedono.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96). La Commissione europea ha proposto la rifusione di tale direttiva nella sua proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale [COM (2016) 465 final].


3      In prosieguo: la «Fedasil».


4      C‑179/11, EU:C:2012:594.


5      C‑79/13, EU:C:2014:103.


6      In prosieguo: il «richiedente».


7      In prosieguo: la «Carta».


8      Adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la sua risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989 ed entrata in vigore il 2 settembre 1990.


9      Firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo: la «CEDU».


10      GU 2013, L 180, pag. 60.


11      Belgisch Staatsblad, 7 maggio 2007, pag. 24027; in prosieguo: la «legge sull’accoglienza».


12      Come precisato dal governo belga in udienza, il tutore deve essere considerato quale «rappresentante» ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2013/33.


13      A termini dell’articolo 45, settimo comma, della legge sull’accoglienza, la sanzione dell’esclusione temporanea da un centro di accoglienza può essere irrogata solo in caso di violazione molto grave del regolamento interno della struttura di accoglienza che metta in pericolo il personale o gli altri residenti della struttura di accoglienza o che faccia sorgere rischi specifici per la sicurezza o per il rispetto dell’ordine pubblico nella struttura di accoglienza. Il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio), nella sua sentenza del 27 luglio 2011, n. 135/2011, ha confermato la legittimità di tale disposizione dichiarando che la sanzione prevista non è sproporzionata rispetto all’obiettivo legittimo perseguito dal legislatore nazionale e non riduce in modo significativo il livello di tutela in materia di assistenza sociale (v., in particolare, punti B.18.1 e segg. di tale sentenza). A tal riguardo, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) ha rilevato che, secondo i lavori preparatori di detta normativa, «tale misura estrema [deve essere] adottata solo se è dimostrato che altre misure meno pregiudizievoli per i diritti e le libertà del beneficiario dell’accoglienza (in particolare per quanto riguarda il rispetto della dignità umana) non hanno consentito o non consentono di raggiungere l’obiettivo perseguito, vale a dire assicurare un’accoglienza sicura per tutti i residenti del centro».


14      L’arbeidsrechtbank (Tribunale del lavoro, Belgio) esamina, infatti, contestazioni relative a qualsiasi violazione dei diritti garantiti ai beneficiari dell’accoglienza dai libri II e III della legge sull’accoglienza, conformemente all’articolo 580, paragrafo 8, lettera f), del Gerechtelijk wetboek (codice giudiziario), nonché l’applicazione delle sanzioni amministrative previste da tali libri, conformemente all’articolo 583, primo comma, del codice giudiziario.


15      Contact Committee «Reception Conditions Directive» (2013/33/EC). In occasione di una riunione del 12 settembre 2013, tale comitato di contatto avrebbe affermato che l’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2013/33 stabilisce un elenco tassativo delle ragioni che giustificano la riduzione o la revoca delle condizioni materiali di accoglienza, e che l’articolo 20, paragrafo 4, di tale direttiva riguarda, di conseguenza, altri tipi di sanzioni.


16      In prosieguo: l’«HCR». Commenti dell’HCR sul progetto preliminare di legge che ha dato luogo alla wet tot wijziging van 12 januari 2007 betreffende de opvang van asielzoekers en van bepaalde andere categorieën van vreemdelingen (legge recante modifica della legge del 12 gennaio 2007 sull’accoglienza dei richiedenti asilo e di talune altre categorie di stranieri), del 6 luglio 2016 (Belgisch Staatsbladdel, 5 agosto 2016, pag. 47647), adottata ai fini della trasposizione parziale della direttiva 2013/33, disponibili al seguente indirizzo Internet: https://www.refworld.org/docid/5746b44b4.html, in cui l’HCR condivide la tesi espressa dal suddetto comitato di contatto.


17      Parere del 27 aprile 2016, n. 59.196/4.


18      Gli obblighi incombenti al tutore sono definiti nella Programmawet (legge programmatica), del 24 dicembre 2002 (Belgisch Staatsbladdel, 31 dicembre 2002, pag. 58686). Occorre, in particolare, fare riferimento agli articoli da 9 a 13 contenuti nel titolo XIII, capitolo 6, di tale legge, intitolato «Tutela dei minori stranieri non accompagnati». Tale normativa è completata dalle disposizioni previste, da un lato, dal Koninklijk besluit tot uitvoering van Titel XIII, Hoofdstuk 6 «Voogdij over niet‑begeleide minderjarige vreemdelingen» van de programmawet van 24 december 2002 (regio decreto recante esecuzione del titolo XIII, capo 6, «Tutela dei minori stranieri non accompagnati» della legge programmatica del 24 dicembre 2002), del 22 dicembre 2003 (Belgisch Staatsblad, del 29 gennaio 2004, pag. 5538), nonché, dall’altro, dalle direttive generali per i tutori dei minori stranieri non accompagnati, del 2 dicembre 2013, disponibili al seguente indirizzo Internet: https://justice.belgium.be/sites/default/files/directives_generales_pour_tuteurs_-_02_12_2013.pdf [v., in particolare, paragrafo 2.8, punti da 66) a 73), di tali direttive].


19      Wetsontwerp tot wijziging van de wet van 12 januari 2007 betreffende de opvang van asielzoekers en van bepaalde andere categorieën van vreemdelingen (progetto di legge di modifica della legge del 12 gennaio 2007 sull’accoglienza dei richiedenti asilo e di talune altre categorie di stranieri) della Camera dei rappresentanti del Belgio, del 18 maggio 2016 (Doc 54, 1839/001).


20      Citata nella nota a piè di pagina n. 16.


21      Rilevo che il considerando 35 della direttiva 2013/33 si riferisce agli articoli 1, 4, 6, 7, 18, 21, 24 e 47 della Carta.


22      V., a tal proposito, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 12 aprile 2017, intitolata «La protezione dei minori migranti» [COM(2017) 211 final], nonché la Guida dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (European Asylum Support Office) alle condizioni di accoglienza: norme operative e indicatori, settembre 2016 (disponibile al seguente indirizzo Internet: https://www.easo.europa.eu/sites/default/files/Guidance-on-ReceptionConditions-IT.pdf), e alle condizioni di accoglienza dei minori non accompagnati: norme operative e indicatori, dicembre 2018 (disponibile al seguente indirizzo Internet: https://www.easo.europa.eu/sites/default/files/Guidance-on%20reception-%20conditions-%20for-unaccompanied-children.pdf).


23      V. anche considerando 9, 14 e 22 di tale direttiva.


24      Tale principio risulta dai considerando 11 e 25 della direttiva 2013/33.


25      V., a tal riguardo, il disposto dell’articolo 9 della direttiva 2013/32.


26      V., a tal riguardo, articolo 17, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/33.


27      V., a tal riguardo, sentenza del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punti da 59 a 62), relativa all’interpretazione dell’articolo 14 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98), in cui la Corte ha dichiarato che lo Stato membro interessato è tenuto a farsi carico, nei limiti del possibile, delle necessità primarie di un cittadino di paese terzo affetto da una grave malattia, in attesa di allontanamento, qualora sia privo dei mezzi per provvedere egli stesso al proprio sostentamento.


28      V., a tal riguardo, sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 92), in cui la Corte ha dichiarato che i bisogni più elementari comprendevano, in particolare, quelli di nutrirsi, di lavarsi e di disporre di un alloggio.


29      V., a tal riguardo, considerando 12 della direttiva 2013/33.


30      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).


31      Del resto, è al fine di assicurare un trattamento rapido ed efficace della domanda di protezione internazionale che l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2013/33 consente allo Stato membro ospitante di stabilire il luogo di residenza per il richiedente.


32      Quando le condizioni materiali di accoglienza assumono la forma di un’indennità finanziaria, la revoca comporta la soppressione del versamento di tale indennità.


33      V., a tal riguardo, opinione condivisa dall’HCR nell’ambito dei suoi commenti citati nella nota a piè di pagina n. 16 delle presenti conclusioni (https://www.refworld.org/docid/5746b44b4.html, punto 20).


34      In Belgio, in cui il sostegno materiale comprende vari servizi di portata più ampia di quelli rientranti nelle condizioni materiali di accoglienza definite dalla direttiva 2013/33, tale riduzione può riguardare l’accesso a taluni servizi. L’articolo 45 della legge sull’accoglienza autorizza quindi la Fedasil a limitare l’accesso a taluni servizi oppure a sopprimere o a ridurre temporaneamente l’indennità giornaliera. Tale sanzione riguarda atti di minore gravità rispetto a quelli di cui trattasi.


35      In forza di tale disposizione, lo Stato membro ospitante può, in via eccezionale e in casi debitamente giustificati, stabilire modalità diverse quanto alle condizioni materiali di accoglienza quando è necessario valutare le esigenze specifiche di una persona vulnerabile.


36      In applicazione di tale disposizione, lo Stato membro ospitante è tenuto a procedere a un controllo adeguato della situazione del richiedente e a tener conto delle sue esigenze particolari qualora divengano manifeste in una fase successiva della procedura di asilo al fine di concedergli un’assistenza specifica.


37      Il corsivo è mio.


38      V., in tal senso, sentenza Corte EDU, 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia (CE:ECHR:2011:0121JUD003069609, §§ da 252 a 263), in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che la situazione di un richiedente asilo che «si è trovato per mesi a vivere in strada, senza risorse, senza accesso a trattamenti sanitari, non disponendo di alcun mezzo per provvedere alle sue necessità primarie» ha raggiunto la soglia di gravità richiesta dall’articolo 3 della CEDU.V., altresì, Corte EDU, 18 giugno 2009, Budina c. Russia, (CE:ECHR:2009:0618DEC004560305).


39      C‑79/13, EU:C:2014:103.


40      Direttiva del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU 2003, L 31, pag. 18).


41      Sentenza del 27 febbraio 2014, Saciri e a. (C‑79/13, EU:C:2014:103, punto 35 e giurisprudenza ivi citata), il corsivo è mio.


42      Corte EDU, 17 ottobre 2013 (CE:ECHR:2013:1017JUD002701307, § 161).


43      Come risulta dall’articolo 18 della legge sull’accoglienza, il soggiorno in una struttura di accoglienza d’urgenza non può essere superiore a dieci giorni e devono essere ivi soddisfatte le necessità primarie del beneficiario dell’accoglienza. Queste ultime comprendono tutta l’assistenza necessaria, e in particolare il vitto, l’alloggio, l’accesso ai servizi sanitari e l’assistenza medica.