Language of document : ECLI:EU:C:2020:319

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 30 aprile 2020 (1)

Causa C815/18

Federatie Nederlandse Vakbeweging

contro

Van den Bosch Transporten BV,

Van den Bosch Transporte GmbH,

Silo-Tank kft

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 96/71/CE – Distacco dei lavoratori nell’ambito della prestazione di servizi – Conducenti impiegati nel trasporto internazionale – Nozione di distacco nel territorio di uno Stato membro – Nozione di contratto collettivo di applicazione generale»






I.      Introduzione

1.        La Van den Bosch Transporten BV (registrata nei Paesi Bassi), la Van den Bosch GmbH (Germania) e la Silo-Tank Kft (Ungheria) sono tre società distinte aventi lo stesso socio. La società olandese ha stipulato diversi contratti di noleggio tanto con la società tedesca che con la società ungherese per il trasporto internazionale di merci su strada. La società tedesca e quella ungherese hanno ingaggiato conducenti per l’esecuzione di tali contratti.

2.        Sembra che tali conducenti iniziassero e terminassero i loro spostamenti a Erp (Paesi Bassi), sede della società olandese Van den Bosch Transporten BV. La Federatie Nederlandse Vakbeweging (federazione dei sindacati dei Paesi Bassi; in prosieguo: la «FNV») ha proposto ricorso contro tutte e tre le società facendo valere che esse hanno agito in violazione della direttiva 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (in prosieguo: la «direttiva sul distacco») (2).

3.        È in detto contesto che lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) sottopone alla Corte diverse questioni, chiedendo, in via preliminare come, ed altresì se, la direttiva sul distacco sia applicabile ai conducenti che effettuano trasporti internazionali su strada.

II.    Contesto normativo

4.        L’articolo 1 della direttiva sul distacco definisce l’ambito di applicazione del suddetto strumento nei seguenti termini:

«1.      La presente direttiva si applica alle imprese stabilite in uno Stato membro che, nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale, distacchino lavoratori, a norma del paragrafo 3, nel territorio di uno Stato membro.

2.      La presente direttiva non si applica alle imprese della marina mercantile con riguardo al personale navigante.

3.      La presente direttiva si applica nella misura in cui le imprese di cui al paragrafo 1 adottino una delle misure transnazionali seguenti:

a)      distacchino un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, nel territorio di uno Stato membro, nell’ambito di un contratto concluso tra l’impresa che lo invia e il destinatario della prestazione di servizi che opera in tale Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia; o

b)      distacchino un lavoratore nel territorio di uno Stato membro, in uno stabilimento o in un’impresa appartenente al gruppo, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia; o

c)      distacchino, in quanto imprese di lavoro temporaneo o in quanto imprese che effettuano la cessione temporanea di lavoratori, un lavoratore presso un’impresa utilizzatrice avente la sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro fra il lavoratore e l’impresa di lavoro temporaneo o l’impresa che lo cede temporaneamente.

(...)».

5.        L’articolo 2 della direttiva sul distacco contiene le seguenti definizioni:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per lavoratore distaccato si intende il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente.

(...)».

6.        L’articolo 3 della direttiva sul distacco riguarda le «[c]ondizioni di lavoro e di occupazione»:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, le imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 1, garantiscano ai lavoratori distaccati nel loro territorio le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie in appresso indicate che, nello Stato membro in cui è fornita la prestazione di lavoro, sono fissate:

‑      da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, e/o

‑      da contratti collettivi o da arbitrati dichiarati di applicazione generale, a norma del paragrafo 8, sempreché vertano sulle attività menzionate in allegato:

a)      periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;

b)      durata minima delle ferie annuali retribuite;

c)      tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario; il presente punto non si applica ai regimi pensionistici integrativi di categoria;

d)      condizioni di cessione temporanea dei lavoratori, in particolare la cessione temporanea di lavoratori da parte di imprese di lavoro temporaneo;

e)      sicurezza, salute e igiene sul lavoro;

f)      provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;

g)      parità di trattamento fra uomo e donna, nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione.

Ai fini della presente direttiva, la nozione di tariffa minima salariale di cui al primo comma, lettera c) è definita dalla legislazione e/o dalle prassi nazionali dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato.

(...)

8.      Per contratti collettivi o arbitrati, dichiarati di applicazione generale, si intendono quelli che devono essere rispettati da tutte le imprese situate nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate.

In mancanza di un sistema di dichiarazione di applicazione generale di contratti collettivi o di arbitrati di cui al primo comma, gli Stati membri possono, se così decidono, avvalersi:

–      dei contratti collettivi o degli arbitrati che sono in genere applicabili a tutte le imprese simili nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate e/o

‑      dei contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il territorio nazionale,

a condizione che la loro applicazione alle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 1 assicuri la parità di trattamento quanto alle materie di cui al paragrafo 1, primo comma del presente articolo, fra tali imprese e le altre imprese di cui al presente comma che si trovano in una situazione analoga.

(...)

10.      La presente direttiva non osta a che gli Stati membri, nel rispetto del trattato, impongano alle imprese nazionali ed a quelle di altri Stati, in pari misura:

(...)

‑      condizioni di lavoro e di occupazione stabilite in contratti collettivi o arbitrati a norma del paragrafo 8 riguardanti attività diverse da quelle contemplate dall’allegato».

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

A.      Fatti e norme nazionali applicabili

7.        La Van den Bosch Transporten BV esercita un’attività di trasporti con sede a Erp, Paesi Bassi. Altre due società, la Van den Bosch GmbH (una società di diritto tedesco) e la Silo-Tank Kft (una società di diritto ungherese) fanno parte dello stesso gruppo societario. Le tre società hanno il medesimo socio.

8.        La Van den Bosch Transporten BV è socia della Vereniging Goederenvervoer Nederland (Associazione dei Paesi Bassi per il trasporto su strada). Detta associazione, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, ha stipulato con la FNV il collectieve arbeidsovereenkomst Goederenvervoer (contratto collettivo di lavoro per il settore trasporto merci; in prosieguo: il «contratto collettivo TM»). Tuttavia, il contratto collettivo TM, non è stato dichiarato di applicazione generale.

9.        L’articolo 44 del contratto collettivo TM, detto «norma sul noleggio», precisa che, in contratti di subappalto eseguiti nell’impresa stabilita nei Paesi Bassi o a partire da essa da imprenditori indipendenti che agiscono in qualità di datori di lavoro, questi ultimi devono prevedere che ai loro lavoratori saranno riconosciute le condizioni minime di lavoro del presente contratto collettivo di lavoro, allorché ciò discenda dalla direttiva 96/71, e ciò anche qualora le parti abbiano scelto di applicare al contratto una legge diversa da quella di uno Stato diverso dai Paesi Bassi. Il datore di lavoro deve altresì informare i lavoratori interessati in merito alle condizioni di lavoro loro applicabili.

10.      Dalla decisione di rinvio risulta che un altro contratto collettivo di lavoro, il collectieve arbeidsovereenkomst Beroepsgoederenvervoer over de weg en verhuur van mobiele kranen (contratto collettivo di lavoro per il trasporto professionale di merci su strada per conto terzi e noleggio di gru mobili; in prosieguo: il «contratto collettivo TPM»), al suo articolo 73, riproduce lo stesso contenuto che figura all’articolo 44 del contratto collettivo TM. Il contratto collettivo TPM è stato dichiarato di applicazione generale nel periodo dal 31 gennaio 2013 al 31 dicembre 2013.

11.      Con decreto ministeriale, alle imprese che rientravano nel contratto collettivo TM è stata concessa esenzione dall’applicazione del contratto collettivo TPM. Dall’ordinanza di rinvio risulta che tale esenzione si applica quindi alla Van den Bosch Transporten BV.

12.      I conducenti provenienti dalla Germania e dall’Ungheria lavorano in forza di contratti di lavoro stipulati, rispettivamente, con la Van den Bosch GmbH e la Silo-Tank. Ai conducenti provenienti dalla Germania e dall’Ungheria non sono state applicate le condizioni di lavoro del contratto collettivo TM.

13.      La Van den Bosch Transporten BV ha stipulato contratti di noleggio con la Van den Bosch GmbH e la Silo-Tank per operazioni di trasporto internazionale.

14.      Stando al giudice del rinvio, i trasporti in questione hanno luogo principalmente fuori dal territorio dei Paesi Bassi. Su richiesta della Corte, la Van den Bosch Transporten BV ha spiegato che i conducenti ungheresi e tedeschi effettuano quasi esclusivamente trasporti transfrontalieri. Fino al 2013 il «servizio attivo» di tali conducenti ha avuto inizio ed è terminato a Erp, Paesi Bassi. Nel 2013 la Van den Bosch GmbH e la Silo-Tank hanno aperto «punti di collegamento» in diversi Stati membri. Erp non funge più da punto di collegamento per i conducenti stranieri. Al contrario, detti conducenti sono inviati, da parte della Van den Bosch GmbH e della Silo-Tank, dal loro domicilio fino al rispettivo punto di collegamento. Le due società sopportano le relative spese.

B.      Procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

15.      Nel procedimento principale la FNV chiede che si intimi alle tre società di rispettare il contratto collettivo TM. A suo giudizio, il paese di lavoro abituale dei conducenti è il Regno dei Paesi Bassi. Pertanto, a detti conducenti deve essere pagata la retribuzione dovuta nei Paesi Bassi. Ciò deriverebbe, secondo la FNV, dall’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (3) o dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 593/2008 (4). La FNV fa valere che, non applicando le condizioni minime garantite nei Paesi Bassi, la Van den Bosch GmbH e la Silo‑Tank commettono un atto illecito nei confronti della FNV e che anche la Van den Bosch Transporten BV è responsabile di questo atto illecito.

16.      Il giudice di primo grado ha dichiarato che le condizioni del contratto collettivo TM erano applicabili ai conducenti tedeschi e ungheresi.

17.      Tuttavia, il giudice di secondo grado ha accolto il ricorso e ha annullato la decisione di primo grado. Per quanto riguarda l’argomento delle tre società convenute in sede di impugnazione, secondo cui l’articolo 44 del contratto collettivo TM sarebbe nullo in quanto l’obbligo che ne deriva costituirebbe una restrizione illecita alla libera circolazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE, il giudice di secondo grado ha considerato che, sebbene non sia dichiarato di applicazione generale, il contratto collettivo TM si applica alla situazione di cui trattasi, a causa del concorso, da un lato, dell’applicabilità generale del contratto collettivo TPM (il cui contenuto è quasi identico a quello del contratto collettivo TM) e, dall’altro lato, dell’esenzione concessa alle imprese vincolate dal contratto collettivo TM. Ne consegue, secondo detto giudice, che la condizione di applicabilità generale, di cui all’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva sul distacco, è stata soddisfatta e l’articolo 44 del contratto collettivo TM non può essere considerato una restrizione illecita alla libera prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

18.      Per contro, il giudice di secondo grado ha concluso, in linea di principio, che, sebbene le operazioni di noleggio di cui trattasi siano state effettuate all’interno o a partire dalla Van den Bosch Transporten BV (società con sede ad Erp), l’altra condizione di applicabilità dell’articolo 44 del contratto collettivo TM non era soddisfatta, poiché la situazione non rientrava nell’ambito di applicazione della direttiva sul distacco. Infatti, tale direttiva non consente un’interpretazione estensiva della nozione di distacco che contempli non solo la situazione di distacco nel territorio di uno Stato membro, ma anche quella di distacco a partire dal territorio di uno Stato membro. Secondo detto giudice, la direttiva sul distacco contempla solo le operazioni realizzate, totalmente o principalmente, a livello nazionale. Posto che tale non era la situazione nella fattispecie, non vi era possibilità di distacco ai sensi della relativa direttiva.

19.      In sostanza, dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), giudice del rinvio nella presente causa adito mediante ricorso per cassazione, la FNV sostiene che il giudice di secondo grado non ha tenuto conto del fatto che la nozione «nel territorio di uno Stato membro» contenuta nella direttiva sul distacco deve essere interpretata nel senso che significa «nel o a partire dal territorio di uno Stato membro» (5). Dal punto di vista della FNV, la direttiva sul distacco si applica quindi ai conducenti che lavorano nell’ambito del trasporto su strada internazionale.

20.      Alla luce dei dubbi relativi all’applicabilità della direttiva sul distacco alla situazione di cui trattasi, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se la direttiva [96/71] debba essere interpretata nel senso che essa si applica anche a un lavoratore impiegato come conducente nel trasporto internazionale su strada, il cui lavoro venga pertanto prestato in più di uno Stato membro.

2.(a)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, ai sensi di quale criterio o di quali presupposti si debba stabilire se un lavoratore impiegato come conducente nel trasporto internazionale su strada venga distaccato “nel territorio di uno Stato membro”, ai sensi dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della [direttiva 96/71], e se detto lavoratore “per un periodo limitato, svolg[a] il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente”, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della [direttiva 96/71].

2.(b)      Se ai fini della risposta alla questione 2(a) sia significativa la circostanza che l’impresa che distacca il lavoratore di cui alla questione 2(a) sia collegata – ad esempio nell’ambito di un gruppo di società – all’impresa presso la quale il lavoratore viene distaccato.

2.(c)      Qualora l’attività del lavoratore di cui alla questione 2(a) consista parzialmente in trasporti di cabotaggio – ossia: trasporti svolti unicamente nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui il lavoratore in parola è abitualmente occupato – se si debba considerare che detto lavoratore, in ogni caso per quella parte delle sue attività, lavori temporaneamente nel territorio del primo Stato membro. In caso affermativo, se a questo riguardo debba valere una soglia minima, ad esempio sotto forma di un periodo minimo al mese in cui ha luogo il cabotaggio di cui trattasi.

3.(a)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, come debba essere interpretata la nozione di “contratti collettivi (…) dichiarati di applicazione generale”, a norma dell’articolo 3, paragrafi 1 e 8, primo comma, della [direttiva 96/71]. Se si configuri una nozione autonoma di diritto dell’Unione e se sia dunque sufficiente che siano sostanzialmente soddisfatte le condizioni fissate all’articolo 3, paragrafo 8, primo comma, della [direttiva 96/71], o se dette disposizioni esigano anche che il contratto collettivo sia dichiarato di applicazione generale in forza del diritto nazionale.

3.(b)      Qualora un contratto collettivo di lavoro non possa essere considerato un contratto collettivo dichiarato di applicazione generale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 8, primo comma, della [direttiva 96/71], se l’articolo 56 TFUE osti a che un’impresa stabilita in uno Stato membro, che distacca un lavoratore nel territorio di un altro Stato membro, venga obbligata per effetto di clausole contrattuali a osservare le disposizioni di siffatto contratto collettivo vigente in quest’ultimo Stato membro».

21.      Hanno presentato osservazioni scritte la FNV, la Van den Bosch Transporten BV, i governi tedesco, francese, ungherese, dei Paesi Bassi e polacco, nonché la Commissione europea. Tutte le suddette parti hanno partecipato all’udienza che ha avuto luogo il 14 gennaio 2020.

IV.    Analisi

22.      Le presenti conclusioni sono articolate nel seguente modo: anzitutto, farò due precisazioni preliminari sulla portata (e i limiti) della presente causa (A). Passerò poi alla questione dell’applicabilità della direttiva sul distacco al settore del trasporto su strada (B). Affronterò dunque questioni più precise relative alle circostanze rilevanti per stabilire se un conducente che lavora nel trasporto su strada debba essere considerato come «distaccato» (C). Infine, chiuderò con alcune osservazioni sulla nozione di «contratti collettivi dichiarati di applicazione generale» (D).

A.      Osservazioni preliminari

23.      Occorre subito chiarire due punti.

24.      In primo luogo, la Van den Bosch Transporten BV ha operato una distinzione tra il regime applicabile ai trasporti prima e dopo il 2013. Essa ha spiegato dettagliatamente la sua modalità operativa attuale, ivi compresa la struttura dei punti di collegamento per i conducenti, allestiti dal gruppo in diversi Stati membri. Ha altresì fornito esempi dei percorsi effettuati dai conducenti, per dimostrare la natura multi-tratta e internazionale dei viaggi effettuati.

25.      Tuttavia, come indicato dal giudice del rinvio e sottolineato dalla FNV in udienza, il procedimento principale verte su alcuni fatti verificatisi nel 2013, nel corso del quale (apparentemente) la maggior parte dei servizi dei conducenti aveva inizio e terminava a Erp.

26.      In secondo luogo, non è stata fornita alcuna informazione supplementare quanto alle modalità concrete con cui venivano realizzate operazioni di trasporto oggetto del procedimento principale. Dalla decisione di rinvio risulta soltanto che i «servizi attivi» di cui trattasi avevano inizio e terminavano a Erp e che la società olandese aveva stipulato contratti di noleggio sia con la società tedesca sia con la società ungherese.

27.      È vero che spetta al giudice nazionale verificare gli elementi di fatto pertinenti. Il motivo per cui essi sono menzionati in questa fase, in via preliminare, è duplice.

28.      Da un lato, indubbiamente, la Corte ha il compito di interpretare il diritto dell’Unione, mentre spetta al giudice nazionale applicarlo al caso concreto (6). Pertanto, non viene assunta alcuna posizione sulla questione se (e quando) nel caso di specie vi sia stato effettivamente un distacco di lavoratori.

29.      Dall’altro, anche il livello di orientamento interpretativo che la Corte è in grado di fornire ragionevolmente dipende dal livello di dettaglio fornito dal giudice del rinvio. Ciò vale, in particolare, per le questioni, come quelle sollevate dal giudice del rinvio nella seconda serie (questioni da 2(a) a 2(c)), la cui valutazione e i cui criteri hanno, in larga misura, natura indicativa e contestuale. Per un giudice (o a maggior ragione per il suo avvocato generale, non dotato delle competenze e della perspicacia del legislatore), è abbastanza difficile redigere un insieme completo di criteri che consentano di stabilire l’effettiva sussistenza di un distacco senza conoscere le circostanze di uno specifico caso. In definitiva, quindi, tali elementi determinano il livello di astrazione con cui nelle presenti conclusioni può essere e sarà fornita la risposta alle questioni sollevate dal giudice del rinvio.

B.      Prima questione: se la direttiva sul distacco si applichi al trasporto su strada

30.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se la direttiva sul distacco si applichi a un conducente di trasporto internazionale su strada che svolge la propria attività in più di uno Stato membro.

31.      La FNV, i governi tedesco, francese e dei Paesi Bassi nonché la Commissione propongono che la risposta sia in senso affermativo. Tuttavia, la Van den Bosch Transporten BV nonché i governi ungherese e polacco sono del parere opposto.

32.      In via preliminare, desidero precisare la portata di tale questione e le considerazioni che seguono. La questione sollevata, e successivamente dibattuta dalle parti, è se la direttiva sul distacco si applichi ai lavoratori che effettuano trasporto su strada. Si tratta di una discussione normativa concernente l’ambito di applicazione di uno strumento legislativo dell’Unione: si deve applicare la direttiva sul distacco a un certo tipo o settore di attività, vale a dire il trasporto su strada? O, al contrario, sulla base di quali disposizioni o presupposti quello specifico settore sarebbe escluso dall’ambito di applicazione della direttiva sul distacco.

33.      Due punti sono particolarmente rilevanti. Da un lato, ponendo così la questione, i conducenti che svolgono attività (internazionale) di trasporto su strada sono considerati come un sottoinsieme logico (del complesso) dei lavoratori che effettuano trasporto su strada. Tuttavia, beninteso, se l’ambito di applicazione della direttiva sul distacco non dovesse includere il trasporto su strada, tale esclusione riguarderebbe non solo i conducenti, ma potenzialmente anche gli altri lavoratori del settore del trasporto su strada. Allo stesso modo, se il trasporto su strada fosse escluso, quale impatto avrebbe ciò su altre modalità di trasporto internazionale?

34.      Dall’altro lato, sia la discussione svoltasi sia gli argomenti presentati dalle parti al riguardo si delineano a due livelli: quello normativo e quello pratico. L’aspetto normativo riguarda la questione se, a livello di strutturazione giuridica di uno strumento e della sua interpretazione, il trasporto su strada rientri nell’ambito della direttiva sul distacco. Tale questione impone di verificare se esistano elementi testuali e contestuali (ivi comprese la genesi e la base giuridica), nonché inerenti alla finalità della direttiva sul distacco, che consentano di concludere che il trasporto su strada è stato escluso dal suo ambito di applicazione.

35.      Vi è poi un aspetto pratico, o pragmatico, del ragionamento: se abbia effettivamente senso dichiarare che i servizi di trasporto internazionale e, in particolare, i conducenti che effettuano tali servizi, rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sul distacco. Ci si chiede se non sia più ragionevole, in considerazione delle difficoltà pratiche che una siffatta dichiarazione comporta, tenuto conto del tipo specifico di lavoro dei conducenti internazionali, escludere dal campo di applicazione della direttiva sul distacco i servizi rientranti in tale settore di attività.

36.      Queste ultime considerazioni sono certamente valide. Tornerò su di esse, come tali, alla fine della presente sezione (5). Tuttavia, a mio avviso, il testo (2), il contesto legislativo e la genesi (3) nonché la finalità (4) della direttiva sul distacco confermano chiaramente che non esiste una siffatta esenzione per categoria dall’ambito di applicazione della direttiva sul distacco collegata al settore. Prima di procedere a tale analisi, inizierò anzitutto con l’argomento essenziale sollevato dal governo ungherese e dal governo polacco riguardante la base giuridica scelta e le conseguenze che occorre trarre da tale base giuridica per l’ambito di applicazione della direttiva sul distacco (1).

1.      Base giuridica

37.      La Polonia e l’Ungheria contestano l’applicabilità della direttiva sul distacco al settore del trasporto su strada, facendo riferimento alla base giuridica sulla quale essa è stata adottata. La direttiva sul distacco è fondata sui precedenti articoli 57, paragrafo 2, e 66 TCE (attualmente articoli 53, paragrafo 1, e 62 TFUE), che sono disposizioni applicabili ai servizi. Per contro, la precedente disposizione in vigore all’epoca, equivalente all’articolo 91 TFUE, che costituisce la base giuridica specifica per i trasporti, non figurava tra le basi giuridiche utilizzate dal legislatore. Lo stesso vale per quanto riguarda la direttiva di modifica (UE) 2018/957 (7).

38.      Ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, TFUE, «[l]a libera circolazione dei servizi, in materia di trasporti, è regolata dalle disposizioni del titolo [del TFUE] relativo ai trasporti». Ciò significa che gli atti dell’Unione volti ad armonizzare le materie riguardanti in particolare i trasporti devono essere fondati sulle rispettive disposizioni del titolo VI del TFUE (articolo 90 e segg.). Tali materie, conformemente all’articolo 91, paragrafo 1, TFUE, sono «a) norme comuni applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri; b) le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato membro; c) le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti; d) ogni altra disposizione utile».

39.      Secondo l’Ungheria, le basi giuridiche scelte dal legislatore dell’Unione per adottare la direttiva sul distacco escluderebbero i trasporti dal suo ambito di applicazione. Secondo una giurisprudenza costante, i trasporti non sono disciplinati dalle disposizioni in materia di servizi. Detto governo sottolinea altresì che la direttiva sui servizi (8), all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), esclude il trasporto dal suo ambito di applicazione (9).

40.      Tale argomento ricorre in alcuni orientamenti di pensiero della dottrina. Alcuni autori osservano, infatti, che non è evidente che la direttiva sul distacco si applichi ai servizi di trasporto, tenuto conto del loro status particolare nell’ambito del Trattato (10). Altri studiosi sembrano supporre che per lo stesso motivo detti servizi non siano esclusi (11).

41.      La questione della base giuridica della direttiva sul distacco è stata recentemente discussa dall’avvocato generale Szpunar nella causa Dobersberger. Egli ha osservato quanto segue: «avrei pensato che l’armonizzazione dei servizi nel settore dei trasporti, anche nel quadro di una più ampia misura di armonizzazione, dovrebbe essere basata sull’articolo 91 TFUE. Invece, la direttiva [sul distacco] si basa unicamente sugli articoli 53, paragrafo 1, e 62 TFUE e non sull’articolo 91 TFUE». Ha poi così concluso: «mentre si può solo ipotizzare il motivo per cui l’articolo 91 TFUE non sia stato incluso come base giuridica per l’adozione della direttiva [sul distacco], i servizi nel settore dei trasporti non sono comunemente esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva [sul distacco]. (…) Appare senz’altro evidente la saggezza giuridica dell’orientamento secondo cui i servizi nel settore dei trasporti sono, in linea di principio, coperti dalla direttiva» (12).

42.      Nella sua sentenza, la Corte non ha preso espressamente posizione in merito. Ha soltanto affermato che «la libera circolazione dei servizi nel settore dei trasporti è disciplinata non dall’articolo 56 TFUE, che riguarda in generale la libera prestazione di servizi, bensì dalla specifica disposizione dell’articolo 58, paragrafo 1, TFUE» (13).

43.      In un siffatto contesto, ci si chiede se il fatto che la disposizione specifica applicabile ai trasporti non sia stata inclusa tra le basi giuridiche della direttiva sul distacco osti a che quest’ultima sia applicata al distacco di lavoratori del settore dei trasporti.

44.      Ritengo di no.

45.      In primo luogo, sul piano strutturale, la tesi secondo cui sarebbe possibile limitare in via interpretativa l’ambito di applicazione di un atto di diritto derivato dell’Unione, nonostante il suo chiaro tenore letterale, facendo riferimento alle disposizioni di diritto primario sulle quali esso diversi anni prima è stato fondato (o meglio, su cui avrebbe dovuto essere presumibilmente fondato, ma così non è stato) mi appare alquanto bizzarra.

46.      Per essere chiaro, la scelta corretta della base giuridica di un atto di diritto derivato riveste ovviamente un’estrema importanza. Ma tale scelta (così come la sua opportunità) deve essere esaminata nell’ambito di un’eventuale impugnazione della validità di tale atto di diritto derivato (14). Vorrei mettere in guardia dall’utilizzo di una simile logica per creare ulteriori esenzioni per categoria, che non sono presenti, e nemmeno accennate, in nessuna parte del testo di un siffatto atto di diritto derivato. Non è affatto una questione di interpretazione giuridica, quanto piuttosto la formula per il caos normativo.

47.      Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte ha già confermato che la base giuridica principale sulla quale è stato adottato un atto di diritto derivato non è necessariamente determinante ai fini dell’interpretazione dell’ambito di applicazione degli atti di diritto derivato. In particolare, ciò è avvenuto in casi in cui le disposizioni del Trattato invocate riguardano un elemento transnazionale, ma l’atto di diritto derivato adottato sulla base delle stesse non contiene, a prima vista, un siffatto requisito. Tra gli esempi significativi di questa categoria figurano diversi atti di diritto secondario dell’Unione adottati ai sensi dell’articolo 114 TFUE (15). Più recentemente, la stessa questione è sorta con riferimento all’insieme delle direttive in materia di procedura derivanti dal programma di Stoccolma e fondate sull’articolo 82, paragrafo 2, TFUE (16).

48.      Il fatto che tali basi del diritto primario menzionino, in un modo o nell’altro, gli elementi transnazionali non è stato considerato un motivo sufficiente per limitare l’ambito di applicazione di atti di diritto derivato adottati sulla loro base, ma che non fa riferimento alcuno a una siffatta condizione di collegamento transnazionale. In tale contesto, la Corte ha rifiutato la «riduzione interpretativa» della sfera di applicazione di tali strumenti che, di per sé, non contenevano una siffatta limitazione. Non vedo perché essa dovrebbe, sulla base di argomentazioni ancora più labili, sottoscrivere la «creazione per via interpretativa di un’eccezione per categoria» per il fatto che non si è fatto riferimento anche ad un articolo del Trattato.

49.      Pertanto, tenuto conto anche dell’interesse alla certezza del diritto dei (normali) destinatari della legislazione dell’Unione, occorre ricordare che ciascuno e tutti gli atti normativi devono essere letti ed interpretati letteralmente. Se uno Stato membro mette in discussione l’ambito di applicazione chiaramente indicato nel testo di un atto, esso ha certamente diritto di impugnarne la validità come ricorrente privilegiato ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

50.      In secondo luogo, e in via accessoria al primo argomento, occorre ricordare che, per stabilire se un atto di diritto derivato si basi su un fondamento giuridico adeguato ai fini della valutazione della sua validità, la Corte opera una distinzione tra, da un lato, lo scopo principale e il contenuto della normativa,(17), e, dall’altro, ulteriori elementi che sono di carattere accessorio e che possono essere interessati in via incidentale.

51.      In tale prospettiva, mi sembra abbastanza chiaro che lo scopo e il contenuto principale della direttiva sul distacco non sia la regolamentazione dei servizi di trasporto. La direttiva sul distacco ha lo scopo di reagire alle conseguenze sociali ed economiche derivanti dal distacco di lavoratori nel quadro della prestazione di servizi (tutti e di qualsiasi tipo essi siano). In linea di principio, tali conseguenze incidono allo stesso modo su tutti i datori di lavoro, indipendentemente dalla natura dei servizi che forniscono (18). Esse sono trasversali e si applicano a tutti i servizi.

52.      A mio avviso, e senza alcuna intenzione di pronunciarmi sulla scelta della base giuridica adeguata, il richiamo alla specifica base giuridica della disciplina dei servizi nel settore dei trasporti si sarebbe reso necessario solo se, indipendentemente dal tipo di atto giuridico dell’Unione, detto atto fosse inteso a disciplinare specificamente la fornitura di servizi nel settore del trasporto su strada. Ma questo non vale certamente per la direttiva sul distacco (19).

53.      I servizi sono forniti in diversi campi o settori. Molti di questi campi potenzialmente coinvolti sono contenuti in altri titoli della parte terza del Trattato FUE. Portando fino alle estreme conseguenze il ragionamento suggerito dai governi ungherese e polacco, ci si chiede se le stesse o simili argomentazioni possano essere dunque fatte valere nei confronti di altri settori specificamente disciplinati altrove dal diritto primario. Se quindi l’applicabilità della direttiva sul distacco sia esclusa anche per i servizi rientranti nel settore della sanità pubblica, dell’energia, del turismo o della cultura, in quanto neppure tali settori specifici e le loro specifiche basi giuridiche sono stati invocati nella direttiva sul distacco.

54.      Per tali motivi, non ritengo che la mancata menzione della base giuridica specifica per i trasporti nella direttiva sul distacco abbia l’effetto di escludere dall’ambito di applicazione di detta direttiva il distacco dei lavoratori nel settore del trasporto su strada. Avendo chiarito in via preliminare questo punto, passerò ora ad affrontare gli argomenti relativi al testo, al contesto e alla finalità della direttiva sul distacco, considerati in particolare nel contesto della genesi legislativa alquanto articolata di detto strumento.

2.      Testo

55.      Sulla base del suo tenore letterale, non vi è nulla nella direttiva sul distacco che escluda i trasporti stradali dal suo ambito di applicazione. La direttiva sul distacco è redatta in termini generali.

56.      Ciò è peraltro confermato dall’esclusione esplicita del personale navigante di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sul distacco dal suo ambito di applicazione, come sottolineato dai governi tedesco, francese e dei Paesi Bassi nonché dalla Commissione (20). Tale esempio dimostra che, se occorre escludere qualcosa dall’ambito di applicazione di un atto altrimenti formulato in maniera generale, detta esclusione può e deve essere formulata chiaramente.

57.      Orbene, il trasporto stradale, o qualsiasi altro tipo di trasporto non rientrante nell’eccezione esplicita di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sul distacco, semplicemente non è stato escluso. A mio avviso, l’analisi potrebbe sicuramente terminare qui. Sono state tuttavia formulate ulteriori obiezioni a tale conclusione sulla base dei lavori preparatori e sulla finalità della direttiva sul distacco.

3.      Contesto normativo

a)      Lintenzione storica del legislatore

58.      La direttiva sul distacco trae origine dalla proposta della Commissione del 1991 (in prosieguo: la «proposta del 1991»). Come hanno ricordato talune parti nell’ambito del presente procedimento, nella sua motivazione si affermava quanto segue: «La combinazione e l’interdipendenza dei [progetti di] articoli 1 e 2 rendono superfluo l’inserimento di una serie di esclusioni come per viaggiatori di commercio, membri del personale viaggiante di un’impresa che svolge servizi di trasporto internazionale per passeggeri o merci su ferrovia, strada, aria, navigazione interna o via mare, nonché funzionari e personale equiparato impiegato da enti amministrativi pubblici» (21).

59.      Tale formulazione della norma implica che si intendeva escludere il trasporto internazionale su strada dall’ambito di applicazione della (all’epoca futura) direttiva. Tuttavia, come indicano in sostanza il governo tedesco e la Commissione, una dichiarazione del Consiglio resa nell’ambito della procedura legislativa aggiunge una sfumatura, in quanto non suggerisce di escludere il trasporto internazionale dall’ambito di applicazione della direttiva sul distacco in qualsiasi circostanza, bensì solamente quando non siano soddisfatte le condizioni generali di applicabilità della direttiva sul distacco.(22)

60.      In udienza, la Commissione ha evidenziato altri documenti legislativi che sembrano attestare il carattere aperto della discussione che ha avuto luogo nel corso del processo legislativo sull’inclusione dei trasporti nell’ambito di applicazione della direttiva sul distacco (23).

61.      Risulta quindi abbastanza chiaramente che nel corso dell’iter legislativo sono state avanzate diverse ipotesi quanto all’ambito di applicazione della futura direttiva. A mio avviso, un giudice potrebbe e dovrebbe prendere conoscenza di quale fosse l’intenzione del legislatore. La sua funzione principale resta tuttavia l’interpretazione della legge che, una volta adottata, gode di vita propria. A tale riguardo dovrebbero essere evidenziati due elementi.

62.      Da un lato, a condizione che il legislatore fosse chiaro in merito agli obiettivi, è giusto supporre che si sarebbe potuto certamente includere un’esenzione per i trasporti su strada nel testo della direttiva. In alternativa, una siffatta intenzione legislativa avrebbe dovuto essere quanto meno indicata all’interno della dichiarazione ufficiale sull’obiettivo e la finalità della misura che, nel diritto dell’Unione, è rappresentata dai considerando. Nulla di simile è invece presente nei due contesti, né nel testo normativo né nei considerando della direttiva sul distacco. Speranze, idee o desideri non hanno valore giuridico vincolante. Il testo adottato lo ha.

63.      D’altro canto, tale constatazione deve certamente valere ancor più nell’ambito del diritto dell’Unione e delle sue procedure legislative. Siffatte procedure legislative coinvolgono molteplici attori (solitamente il Consiglio, il Parlamento e la Commissione), ciascuno dei quali è composto a sua volta da diversi altri attori, e ognuno di essi ha potenzialmente idee differenti quanto a ciò che intendono conseguire. Nell’ambito di un siffatto sistema, solo il testo finale può essere il punto di riferimento, non già i desideri o le idee di uno dei soggetti che nell’iter legislativo si è espresso su quel che riteneva di stare facendo in una particolare fase del processo legislativo.

b)      Successiva evoluzione legislativa

64.      In subordine, sembrerebbe altresì che gli sviluppi legislativi successivi all’adozione della direttiva sul distacco si basino sul presupposto che la direttiva sul distacco si applichi effettivamente al trasporto su strada.

65.      A tal riguardo, alcune delle parti hanno fatto riferimento al regolamento (CE) n. 1072/2009 (24), che stabilisce le norme applicabili, tra l’altro, al cabotaggio e il cui considerando 17 menziona l’applicazione della direttiva sul distacco al cabotaggio (25). Una dichiarazione analoga figura nel considerando 11 del regolamento (CE) n. 1073/2009 (26).

66.      È altresì utile rilevare che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/67/UE menziona tra i requisiti amministrativi e le misure di controllo che gli Stati membri possono imporre per garantire il rispetto delle condizioni relative al distacco, «l’obbligo, durante il periodo di distacco, di tenere o mettere a disposizione e/o di conservare in un luogo accessibile e chiaramente individuato nel suo territorio, come il luogo di lavoro o il cantiere, o, per i lavoratori mobili del settore dei trasporti, la base operativa o il veicolo con il quale il servizio è prestato, copie (...) dei fogli paga, dei cartellini orari (...) e delle prove del pagamento delle retribuzioni» (27).

67.      Il governo francese ha fatto riferimento, tra l’altro, a un documento della Commissione secondo il quale «la posizione della Commissione è sempre stata che [la direttiva sul distacco] è applicabile al settore del trasporto su strada» (28). Prendo atto altresì di uno studio d’impatto pubblicato dalla Commissione, il quale indica che, «[n]el caso della prestazione transfrontaliera di servizi di autotrasporto, si applicano anche le norme [della direttiva sul distacco], nonché quelle della direttiva di applicazione 2014/67/CE» (29)

68.      In tale contesto l’adozione della direttiva 2018/957 che modifica la direttiva sul distacco è stata la successiva evoluzione legislativa (30). Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, la suddetta direttiva di modifica non si applica al settore del trasporto su strada fino all’adozione di un atto legislativo che stabilisca norme specifiche. Ancora una volta, le parti del presente procedimento hanno espresso opinioni divergenti in merito all’incidenza di tale clausola per valutare se la versione attuale della direttiva sul distacco si applichi o meno al trasporto su strada (31).

69.      Inoltre, adottando misure concrete per fissare le norme relative al distacco dei lavoratori nel settore del trasporto su strada, la Commissione ha pubblicato una proposta (in prosieguo: la «proposta del 2017»), il cui considerando 9 indica che «[d]eterminate disposizioni della direttiva [sul distacco] si sono dimostrate difficil[i] da applicare (...)». Il testo esplicativo della proposta del 2017 cita inoltre, tra le «principali norme sociali applicabili ai trasporti su strada», le «disposizioni in materia di distacco dei lavoratori di cui alla direttiva 96/71/CE». Viene altresì precisato che «[t]ali atti giuridici rientrano in un più ampio sforzo volto a migliorare le condizioni di lavoro dei conducenti, garantire una concorrenza leale tra trasportatori e migliorare la sicurezza delle strade europee, nonché a garantire un equilibrio tra la protezione sociale dei conducenti e la libertà dei trasportatori di fornire servizi transfrontalieri» (32). La stessa proposta precisa anche la necessità di far fronte alle difficoltà risultanti dalle «differenze nell’interpretazione e nell’applicazione delle direttive 96/71/CE e 2014/67/UE al settore del trasporto su strada», poiché le attuali «disposizioni in materia di distacco e i requisiti amministrativi non sono adeguati all’elevato grado di mobilità che caratterizza il lavoro dei conducenti nei trasporti internazionali su strada» (33).

70.      Detta proposta ammette quindi più volte che le attuali regole generali sul distacco sono inadatte al settore dei trasporti e che la loro applicazione pone particolari difficoltà, che la proposta del 2017 pertanto dichiara ripetutamente, e riconosce che tali questioni devono essere affrontate (34). Tuttavia, il riconoscimento dell’inadeguatezza della normativa esistente non implica l’inapplicabilità di tale normativa ad un settore. Significa esattamente il contrario: essa è di fatto applicabile, altrimenti non la si potrebbe ritenere problematica.

4.      Obiettivo

71.      Come formulato in sostanza nella proposta del 1991, la direttiva sul distacco non è diretta all’armonizzazione della legislazione del lavoro (35). Tuttavia, come rilevato dalla Corte, essa fornisce talune informazioni in merito al contenuto sostanziale delle norme vincolanti che devono essere applicate (36).

72.      Si può, infatti, considerare tale armonizzazione come un mezzo per perseguire, come rilevato dall’avvocato generale Szpunar con riferimento al considerando 5 della direttiva sul distacco, «un triplice obiettivo, ovvero la promozione della prestazione transnazionale dei servizi, in un clima di concorrenza leale e garantendo il rispetto dei diritti dei lavoratori» (37). Come parimenti rilevato dall’avvocato generale Szpunar, la combinazione di tali obiettivi non conduce necessariamente a un insieme armonioso. Per tali ragioni, egli ha ritenuto che fosse «più coerente considerare la direttiva [sul distacco] come una misura che mira a conciliare gli opposti obiettivi della libera prestazione dei servizi e la tutela dei diritti dei lavoratori» (38).

73.      Trovo altresì talune difficoltà, di fare intellettuale, a comprendere in che modo esattamente la direttiva sul distacco favorisca la «prestazione transnazionale dei servizi» (39). Lo scopo stesso della direttiva sul distacco è semmai quello di limitare la libera prestazione transnazionale dei servizi, ponendo l’accento sui diritti dei lavoratori e su un clima di concorrenza leale, in particolare con riguardo ai paesi in cui i lavoratori sono distaccati.

74.      Tuttavia, per quanto riguarda il caso di specie, non vedo come questi due obiettivi enunciati della direttiva sul distacco possano mettere in discussione la conclusione alquanto semplice, tratta dal testo della direttiva stessa, quanto al suo ambito di applicazione. Infatti, non vi è alcun elemento da cui risulti che la tutela dei minimi «diritti dei lavoratori» o del «clima di concorrenza leale» non è applicabile al trasporto su strada o che imponga di escludere tale settore specifico dall’ambito di applicazione di una direttiva che altrimenti sarebbe di applicazione trasversale.

5.       «È da escludere perché non funziona»

75.      In definitiva, a mio avviso, non vi è nulla nella base giuridica o nella procedura legislativa che consenta di dubitare della conclusione chiara risultante dal testo, dal contesto e dalla finalità della direttiva sul distacco: non esiste alcuna esclusione che riguardi il trasporto su strada. Si presume che la direttiva sul distacco si applichi a tutti i servizi, ivi compreso il trasporto su strada.

76.      Questa è la chiara conclusione normativa. Tuttavia, come già menzionato (40), permane l’argomento relativo all’idoneità della direttiva sul distacco ad essere effettivamente applicata ai conducenti che operano nel trasporto internazionale su strada. Facendo riferimento alla specificità del settore del trasporto su strada, talune parti hanno fatto valere che, a causa della sua elevata mobilità, tale settore semplicemente non si presta ad essere disciplinato dalla normativa della direttiva (41).

77.      Allo stesso modo, la proposta del 2017 ha individuato molteplici difficoltà pratiche (42).

78.      È stato altresì correttamente osservato che la nozione di distacco «rend[e] l’idea di un lavoratore sedentario, che esercita abitualmente la sua attività in uno Stato membro, inviato temporaneamente in un altro Stato membro e che rientra dopo un certo periodo di tempo nel primo Stato membro» (43). Infatti, al pari dell’equipaggio di cabina di un aeromobile, i conducenti di autocarri sono naturalmente «mobil[i] per definizione» e «l’esercizio di attività in più Stati membri costituisce un aspetto normale delle modalità di lavoro» (44). Quindi, anche se è molto più complesso che nei settori stanziali stabilire se si sia verificata una situazione di distacco, ciò non è impossibile.

79.      Riconosco pienamente il carattere mobile (del tutto ovvio) del settore dei trasporti, nonché le difficoltà che sorgono nell’attuazione degli obblighi previsti dalla direttiva sul distacco. Tuttavia, non ritengo che si possa consentire che, a causa di simili aspetti pratici, si modifichi l’ambito di applicazione di uno strumento legislativo dell’Unione così chiaramente definito sul piano normativo.

80.      È vero che le norme e i testi dell’Unione, al pari di qualsiasi legislazione, dovrebbero essere concreti e attuabili. In caso di dubbi di interpretazione, quando sono possibili più opzioni, è certamente bene scegliere quella che sembra funzionare meglio dal punto di vista pratico. A mio avviso, in situazioni estreme, una normativa che sia, o meglio che sia divenuta, totalmente inattuabile e irrealizzabile, dovrebbe essere abrogata (45). Tuttavia, suggerire che qualcosa debba essere giuridicamente escluso in via interpretativa e in contrasto con il chiaro tenore letterale del testo perché incontra difficoltà pratiche, costituirebbe davvero una novità nell’interpretazione del diritto dell’Unione e avrebbe senza dubbio un effetto significativo anche su diversi altri settori dello stesso.

6.      Conclusione intermedia

81.      Alla luce di quanto precede, la mia prima conclusione in via provvisoria è che la direttiva sul distacco deve essere interpretata nel senso che essa si applica a un lavoratore che esercita un’attività di conducente nel settore del trasporto su strada e che, ai sensi di tale direttiva, è distaccato nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui lavora normalmente.

C.      Seconda questione: circostanze pertinenti ai fini della determinazione dello status di «distaccato» nel settore del trasporto su strada

82.      La seconda questione sollevata consta di tre sottoquestioni. In primo luogo, il giudice del rinvio chiede quali siano i criteri di cui avvalersi per determinare se un conducente nel settore del trasporto su strada debba essere considerato distaccato (1). In secondo luogo, egli chiede altresì se, in sostanza, il fatto che l’impresa che distacca il lavoratore sia collegata all’impresa presso la quale tale lavoratore è distaccato abbia importanza ai fini di tale determinazione (2). Infine, il giudice del rinvio chiede altresì se, in caso di cabotaggio, il lavoratore sia comunque considerato distaccato per detta parte del suo lavoro e, in tal caso, se si applichi una regola de minimis (quale la durata minima del cabotaggio) (3).

1.      Criteri che consentono di stabilire lesistenza di un distacco

83.      La prima sottoquestione verte sui criteri che consentono di determinare se un conducente debba essere considerato come distaccato «nel territorio di uno Stato membro», ai sensi dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva sul distacco, e se detto lavoratore «per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva.

84.      Le due disposizioni menzionate dal giudice del rinvio coincidono parzialmente. L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sul distacco definisce la nozione di «lavoratore distaccato». Esso stabilisce che con detta espressione si intende «il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente». L’espressione relativa al soggetto distaccato «nel territorio di uno Stato membro» figura in talune altre disposizioni della direttiva sul distacco. Essa si riferisce generalmente alla stessa nozione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sul distacco. Tuttavia, l’articolo 2, paragrafo 1, della suddetta direttiva fornisce ulteriori precisazioni sulla dimensione territoriale e temporale della nozione di distacco («nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente» e «per un periodo limitato»).

85.      Pertanto, mi soffermerò sulla definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sul distacco. Una volta stabiliti i criteri che consentono di determinare se si sia verificata una situazione descritta all’articolo 2, paragrafo 1, essi forniranno altresì una risposta alla questione se un lavoratore debba essere considerato distaccato «nel territorio di uno Stato membro» ai sensi dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva sul distacco.

86.      Nella sentenza Dobersberger, la Corte ha rilevato che «ai sensi della direttiva [sul distacco] un lavoratore non può essere considerato distaccato nel territorio di uno Stato membro se l’esecuzione del suo lavoro non presenta un legame sufficiente con tale territorio. Tale interpretazione discende dall’architettura generale della direttiva [sul distacco] e, in particolare, dall’articolo 3, paragrafo 2, letto alla luce del considerando 15, che, in caso di prestazioni molto limitate nel territorio in cui i lavoratori interessati sono stati inviati, prevede che le disposizioni di tale direttiva riguardanti i minimi salariali e la durata minima delle ferie annuali retribuite non siano applicabili» (46).

87.      Per quanto riguarda il tipo specifico di attività di cui alla citata sentenza Dobersberger, vale a dire la fornitura di servizi di ristorazione e di pulizia su treni internazionali, la Corte ha concluso che, in mancanza di un «legame sufficiente», i lavoratori che effettuano tali servizi non possono essere considerati come distaccati ai sensi della direttiva sul distacco al momento dell’attraversamento di uno Stato membro perché «svolgono una parte rilevante del loro lavoro nello Stato membro in cui è stabilita l’impresa che li ha adibiti alla fornitura di servizi nei treni internazionali, vale a dire l’insieme delle attività rientranti in tale lavoro, ad eccezione dell’attività di servizio di bordo svolta quando il treno è in marcia, e che iniziano o terminano il loro servizio in tale Stato membro» (47).

88.      E allora come si valuta l’esistenza di un siffatto «legame sufficiente» per quanto riguarda i conducenti nel trasporto internazionale su strada? Le parti che sostengono che il trasporto su strada rientra nell’ambito di applicazione della direttiva sul distacco hanno suggerito diversi criteri che potrebbero essere presi in considerazione in tale contesto.

89.      Il governo tedesco propone un approccio conforme ai criteri applicati nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Roma I sulla determinazione della legge applicabile al contratto di lavoro, mettendo allo stesso tempo in guardia contro una semplice trasposizione di tali criteri nell’ambito di uno strumento diverso come la direttiva sul distacco. L’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Roma I stabilisce che, «[n]ella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo» (48).

90.      Quanto alla necessità di esigere una coerenza nell’interpretazione della direttiva sul distacco e del regolamento Roma I (49), questi due strumenti mirano proprio a determinare (taluni elementi del) diritto da applicare ai diversi aspetti di un rapporto di lavoro. Tuttavia, occorre osservare che l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Roma I riguarda la determinazione della legge che disciplina l’intero rapporto di lavoro in mancanza di scelta della legge nel contratto di lavoro. Per contro, l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sul distacco riguarda lo Stato del distacco, le cui (selezionate) norme imperative di diritto del lavoro, nelle materie precisate all’articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a g), della direttiva sul distacco, devono essere garantite ai lavoratori distaccati.

91.      I due strumenti perseguono quindi obiettivi diversi. La determinazione della «legge applicabile» comporta altresì conseguenze diverse. Soprattutto, come chiaramente precisato esplicitamente dal regolamento Roma I (e in precedenza dalla Convenzione di Roma) (50) al quale fa riferimento la direttiva sul distacco (51), una situazione di distacco non incide sulla legge applicabile al contratto di lavoro. In altri termini, il fatto che il distacco di un lavoratore renda applicabili le elencate norme di lavoro imperative dello Stato ospitante non osta a che il suo rapporto di lavoro sia disciplinato dalla legge determinata sulla base delle norme del regolamento Roma I.

92.      Tuttavia, tali differenze non impediscono di prendere in considerazione, per analogia, criteri simili su un piano più generale di astrazione. Dopo tutto, entrambi gli strumenti sono volti a determinare taluni tipi di legami materiali tra il lavoratore e un determinato Stato membro. Detti legami materiali tenderanno ad essere simili in quanto mirano ad accertare una significativa presenza fisica di una determinata persona in un determinato territorio (52).

93.      L’equivalente dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Roma I nella Convenzione di Roma è stato interpretato dalla Corte nella sentenza Koelzsch (53).  Detta causa riguardava un conducente, domiciliato in Germania e operante nel trasporto internazionale, che contestava l’applicabilità del diritto lussemburghese (quello scelto contrattualmente) al licenziamento da parte del suo datore di lavoro lussemburghese, che era la filiale di una società danese. Egli ha fatto valere che la sua situazione doveva essere disciplinata dalle norme imperative del diritto tedesco, in quanto la Germania era la destinazione prevalente dei carichi trasportati dalla Danimarca, in automezzi stazionati in Germania e immatricolati in Lussemburgo.

94.      La Corte ha concluso che, per determinare «il paese in cui il lavoratore (...) compie abitualmente il suo lavoro», occorre «tener conto di tutti gli elementi che caratterizzano l’attività del lavoratore», e in particolare «il luogo a partire dal quale il lavoratore effettua le sue missioni di trasporto, riceve le istruzioni sulle sue missioni e organizza il suo lavoro, nonché il luogo in cui si trovano gli strumenti lavorativi[,] (...) i luoghi in cui il trasporto è principalmente effettuato, i luoghi di scarico della merce nonché il luogo in cui il lavoratore ritorna dopo le sue missioni» (54).

95.      Analogamente, nell’ambito della determinazione del «luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività», ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 44/2001, la Corte ha precisato che, quando il contratto di lavoro è «eseguito sul territorio di più Stati contraenti e in assenza di un centro effettivo delle attività professionali del lavoratore a partire dal quale avrebbe adempiuto la parte sostanziale delle sue obbligazioni nei confronti del suo datore di lavoro», tale nozione è intesa come «relativa al luogo nel quale, o a partire dal quale, il lavoratore di fatto adempie la parte più importante delle sue obbligazioni nei confronti del datore di lavoro» (55).

96.      Inoltre, alla luce degli obiettivi contrastanti perseguiti dalla direttiva sul distacco (56), i criteri da applicare dovrebbero riflettere la necessità di fornire ai lavoratori distaccati la tutela dovuta alla luce della loro presenza nello Stato membro ospitante. Tuttavia, tali criteri non dovrebbero estendere l’applicazione della regola del distacco a qualsiasi forma di presenza in un determinato Stato membro, poiché ciò comporterebbe un onere indebito per le imprese che distaccano lavoratori.

97.      In presenza di un mosaico di possibili elementi di connessione, il cui elenco può essere particolarmente eterogeneo nel settore del trasporto su strada, occorre necessariamente procedere a un’analisi caso per caso e considerare l’interazione reciproca tra tali elementi. In analoghe «circostanze mobili», l’avvocato generale Saugmandsgaard Øe e la Corte hanno fatto riferimento a «una serie di indizi» (57) o ad un «metodo indiziario» che «consente non soltanto di rispecchiare meglio la realtà dei rapporti giuridici, (...), ma altresì di evitare che [la rispettiva nozione] sia strumentalizzata o contribuisca alla realizzazione di strategie di elusione» (58).

98.      È probabile, ovviamente, che ai due estremi del ventaglio di possibilità vi siano situazioni ben delineate.

99.      Da un lato, concordo con chi sostiene che il mero transito verso uno Stato membro o il semplice trasporto transfrontaliero non costituisce un «distacco» ai sensi della direttiva sul distacco. Una situazione del genere non consente di stabilire un legame sostanzialmente rilevante tra il conducente e lo Stato membro dal quale egli transita. La situazione è analoga per quanto riguarda le cosiddette «operazioni di trasporto bilaterale» nelle quali, in linea di principio, il conducente attraversa la frontiera per consegnare il carico all’estero dopodiché torna indietro.

100. Dall’altro lato, si può immaginare uno scenario in cui il datore di lavoro metta a disposizione di un destinatario dei servizi, situato in un altro Stato membro, un conducente assunto dal medesimo al fine di effettuare, a titolo temporaneo, operazioni di trasporto nazionale o internazionale per detto destinatario. A tale scopo, detto conducente sarà inviato fino alla sede della persona alla quale i servizi sono destinati, dove riceverà istruzioni e caricherà automezzi, per poi effettuare i trasporti da e verso detta sede. Una situazione del genere costituisce, a mio avviso, un distacco nell’accezione della relativa direttiva. Ai fini pratici, il conducente interessato andrebbe trasferito in un altro Stato membro e assegnato, per il periodo di distacco, alla base locale delle operazioni a partire dalla quale effettuerà i trasporti e dove rientrerà al termine di ogni operazione.

101. Tra questi due scenari, possono presentarsi numerose altre situazioni meno definite, che implicano diverse variabili. Si può immaginare un trasporto internazionale con destinazioni plurime che implichi operazioni di carico e scarico in diversi luoghi, con le istruzioni che vengono di volta in volta ricevute dal conducente nel corso dell’operazione di trasporto in diversi luoghi nel territorio dell’Unione.

102. In un siffatto scenario, l’esame al quale si deve procedere deve necessariamente essere tarato sul caso specifico e circostanziato. Determinati indizi possono essere rilevanti in una serie di circostanze e potrebbero non esserlo in altre situazioni di fatto rispetto ad un altro complesso di indizi.

103. A un livello di astrazione alquanto superiore (59), ciò che tuttavia è probabilmente assai significativo è il luogo in cui ha sede l’impresa o la persona alla quale sono forniti i servizi dei lavoratori interessati. In particolare, se tale luogo è anche quello in cui vengono organizzate le operazioni di trasporto e i conducenti ricevono gli incarichi e in cui essi ritornano dopo lo svolgimento del loro lavoro.

104. Tali elementi, sebbene non esaustivi, devono essere presi in considerazione nella loro interazione reciproca. Così, ad esempio, il luogo in cui le istruzioni vengono effettivamente ricevute rivestirà un’importanza minore se esse sono ricevute in modo flessibile per via elettronica e letteralmente «per strada». Tuttavia, se le istruzioni sono ricevute, ad esempio, nel luogo in cui hanno inizio e terminano i trasporti, e detto luogo è la sede del soggetto per conto del quale i trasporti vengono effettuati, in tal caso il luogo sarà rilevante. Parimenti, e considerati isolatamente, l’identità di chi trasmette immediatamente le istruzioni al rispettivo conducente o il luogo di origine di dette istruzioni non dovrebbero rilevare, poiché entrambi i luoghi potrebbero essere situati in un posto diverso da quello in cui il conducente effettivamente si trova, svolge la maggior parte del suo lavoro e fa fronte alle sue spese di vita quotidiana.

105. Alla luce degli elementi che precedono, concludo che la nozione di «lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sul distacco deve essere intesa nel senso di un lavoratore avente un legame sufficiente con detto territorio. L’esistenza di un siffatto legame sufficiente deve essere determinata in funzione dell’insieme degli indizi rilevanti, considerati complessivamente, quali l’ubicazione del destinatario dei servizi di cui trattasi, il luogo in cui le operazioni di trasporto sono organizzate e i conducenti ricevono i rispettivi incarichi, nonché il luogo in cui essi fanno ritorno dopo aver svolto il proprio lavoro.

2.      Rilevanza dei legami infragruppo

106. Ci si chiede se il collegamento fra le imprese interessate incida sulla valutazione dell’esistenza di una situazione di distacco di lavoratori. La direttiva sul distacco prende in considerazione la rilevanza di tali legami per lo scenario di distacco infragruppo descritto all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva medesima.

107. La fattispecie, tuttavia, non riguarda le diverse modalità di distacco a seconda che la situazione rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera a) o lettera b) della direttiva sul distacco. La questione sollevata dal giudice del rinvio è, infatti, molto più ampia ed è incentrata sulla misura in cui i legami infragruppo rilevino ai fini della nozione stessa di distacco di lavoratori ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della relativa direttiva. Ci si chiede se sia importante valutare l’esistenza di un collegamento infragruppo prima ancora di esaminare se abbia avuto luogo un distacco.

108. La FNV e il governo dei Paesi Bassi fanno valere, in sostanza, che l’esistenza di siffatti legami dovrebbe far parte dei criteri da prendere in considerazione nel valutare l’esistenza di una situazione di distacco.

109. Non posso concordare con una tesi così generica. Come già esposto nella precedente sezione delle presenti conclusioni, nel contesto normativo attuale, che non contiene alcuna indicazione quanto ai criteri da adottare, l’esame deve essere necessariamente tarato sul caso specifico. Nell’ambito di tale valutazione, il fatto che un lavoratore sia distaccato presso un’impresa collegata all’impresa che effettua tale distacco non è di per sé determinante. Ovviamente, un lavoratore può essere distaccato esattamente nello stesso modo in un’impresa non collegata in alcun modo all’impresa che lo distacca.

110. Per contro, non si può neppure affermare in termini assoluti che un siffatto collegamento sarebbe sempre, in ogni caso, del tutto irrilevante. È vero che, sul piano pratico, i collegamenti infragruppo rendono, per le imprese interessate, più semplice rispetto a due imprese non collegate trovare l’accordo per una strategia che eviti l’applicazione delle norme sul distacco. Tuttavia, ci si chiede se tale ipotesi debba essere spinta fino a creare effettivamente un «sospetto di elusione» fondato sulla sola circostanza che taluni servizi siano prestati internamente oppure tra società in qualche modo collegate. Non può certamente essere questo il caso.

111. Comunque sia, oltre all’affermazione generica secondo cui le tre società convenute hanno lo stesso socio, gli elementi forniti nel fascicolo non offrono altre indicazioni che consentano di comprendere la ragione per cui il collegamento tra le rispettive società dovrebbe essere rilevante ai fini di una pronuncia in merito a se determinati lavoratori siano stati distaccati.

112. Suggerirei pertanto di lasciare aperta la questione: un collegamento fra le imprese interessate da un determinato distacco, considerato unitamente a tutti gli altri indizi rilevanti, può essere potenzialmente importante per valutare complessivamente se si sia verificata la situazione di distacco. Esso, tuttavia, non è di per sé determinante.

3.      Cabotaggio e regola de minimis

113. Alla luce dei dubbi precedentemente espressi in merito all’applicabilità della direttiva sul distacco al trasporto su strada, con la seguente sottoquestione il giudice del rinvio chiede se il cabotaggio costituisca una situazione in cui il lavoratore possa essere considerato distaccato. In caso affermativo, il giudice chiede se detto distacco sia soggetto a una regola de minimis.

114. Infatti, da un lato, la nozione di cabotaggio riguarda in generale la situazione in cui il trasporto è effettuato tra due punti di uno Stato membro da parte di un’impresa stabilita in un altro Stato membro. L’articolo 2, punto 6, del regolamento n. 1072/2009 definisce i trasporti di cabotaggio come «trasporti nazionali di merci effettuati per conto terzi, a titolo temporaneo, in uno Stato membro ospitante» (60).

115. «[L]e condizioni per l’ammissione di trasportatori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato membro» (61) sono peraltro precisate dall’articolo 8 del regolamento n. 1072/2009 (62). Tale normativa consente, in linea di principio, di effettuare fino a tre trasporti di cabotaggio nello Stato membro ospitante a seguito di un trasporto internazionale in tale Stato, entro il termine di sette giorni a decorrere dalla conclusione di tale operazione di trasporto.

116. Ricordo che il considerando 17 del regolamento n. 1072/2009 enuncia che le disposizioni della direttiva sul distacco si applicano alle imprese di trasporto che effettuano trasporti di cabotaggio.

117. In secondo luogo, per quanto riguarda le regole de minimis, il considerando 14 della direttiva sul distacco enuncia che «(...) il prestatore di servizi deve osservare, a prescindere dalla durata del distacco del lavoratore, un “nocciolo duro” di norme protettive chiaramente definite».

118. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sul distacco, gli Stati membri possono decidere, previa consultazione dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, di non applicare il requisito del salario minimo del paese ospitante se la durata complessiva del distacco è inferiore a 1 mese. Nella presente causa non sono state fornite informazioni circa l’uso di tale possibilità nei Paesi Bassi, pertanto presumo che detto Stato membro non abbia dato attuazione a tale eccezione.

119. Al di fuori dell’eccezione di cui trattasi, come rilevano la Commissione e il governo tedesco, la direttiva sul distacco non subordina l’esistenza dello stesso ad alcuna regola de minimis, quali la lunghezza o la durata minima del trasporto effettuato.

120. In terzo luogo, la correlazione dei due elementi precedenti mi porta a concludere che non sia applicabile alcun limite temporale perché, nel contesto specifico del cabotaggio, possa sorgere una situazione di distacco.

121. Alla luce di tali elementi, la mia ulteriore conclusione intermedia è che l’applicazione della direttiva sul distacco al cabotaggio non è subordinata ad alcuna regola minima relativa alla durata di un siffatto trasporto nello Stato membro ospitante.

D.      Terza questione: contratti collettivi dichiarati di applicazione generale

122. Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede di precisare la nozione di «contratti collettivi (…) dichiarati di applicazione generale», a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, e paragrafo 8, primo comma, della direttiva sul distacco (1). Egli chiede altresì se l’articolo 56 TFUE osti a che un’impresa che distacca un lavoratore nel territorio di un altro Stato membro sia contrattualmente obbligata a conformarsi a un contratto collettivo che non può essere considerato di applicazione generale (2).

1.      Nozione di «contratti collettivi dichiarati di applicazione generale»

123. Viene chiesto se la nozione di «contratti collettivi (…) dichiarati di applicazione generale» di cui alla direttiva sul distacco costituisca una nozione autonoma del diritto dell’Unione, o se invece la valutazione rientri nell’ambito di applicazione del diritto nazionale, fatte salve le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 3, paragrafo 8, primo comma, della direttiva sul distacco.

124. Dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sul distacco risulta che le condizioni di lavoro da accordare ai lavoratori distaccati sono definite non solo nelle rispettive legislazioni degli Stati membri, ma anche in «contratti collettivi (...) dichiarati di applicazione generale (...) sempreché vertano sulle attività menzionate in allegato». Detto allegato riguarda, in definitiva, il settore edilizio. Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 10, della direttiva sul distacco, lo Stato membro può applicare le condizioni di lavoro definite in tali contratti collettivi riguardanti attività diverse dai lavori di costruzione.

125. Dal testo della questione pregiudiziale, nonché dai fatti della presente causa, comprendo che al giudice del rinvio interessa la parte della definizione che riguarda la dichiarazione di applicabilità generale, rispetto agli elementi di cui all’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva sul distacco relativi al rispetto di un accordo «da [parte di] tutte le imprese situate nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate». Mi concentro quindi sulla questione della «dichiarazione di applicabilità generale». È d’altronde questo l’approccio adottato da tutte le parti che hanno preso posizione su tale questione nell’ambito del presente procedimento.

126. Le parti hanno espresso punti di vista diversi sulla questione se la nozione di «contratti collettivi dichiarati di applicazione generale» costituisca una nozione autonoma del diritto dell’Unione o se essa debba essere definita con riferimento al diritto nazionale oppure a una combinazione di entrambi. Esse hanno altresì espresso posizioni divergenti per quanto riguarda le implicazioni della sentenza Rüffert (63).  Prendendo atto del fatto che il contratto collettivo su cui verte detta causa non era stato dichiarato di applicazione generale in base al diritto nazionale, la Corte ha rilevato che, «[p]eraltro, gli atti (...) non contengono alcun elemento che consenta di concludere che il contratto collettivo in parola potrebbe ciò non di meno essere qualificato di applicazione generale ai sensi [(...) della direttiva sul distacco]».

127. Da un lato, per il governo dei Paesi Bassi e la FNV, in assenza di un rinvio al diritto nazionale, la nozione di «contratto dichiarato di applicazione generale» è, in linea di principio, una nozione autonoma del diritto dell’Unione. Il governo dei Paesi Bassi aggiunge che un contratto collettivo dichiarato di applicazione generale in forza del diritto nazionale potrebbe ancora non soddisfare le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva sul distacco. Invece, un contratto collettivo che non sia stato dichiarato tale certamente non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva sul distacco.

128. Per contro, secondo i governi tedesco e polacco, l’applicabilità generale non può essere determinata senza che vi sia un riferimento al diritto nazionale. Per rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva sul distacco, un contratto deve essere dichiarato di applicazione generale nel diritto nazionale ed essere conforme all’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva sul distacco. L’applicabilità generale richiede quindi un atto di diritto interno.

129. Mentre concordo con il governo dei Paesi Bassi e con la FNV per quanto riguarda l’assenza di un esplicito rinvio al diritto nazionale, sono del parere che la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sul distacco rinvii logicamente al diritto nazionale, nella misura in cui esige che l’applicabilità generale sia stata «dichiarata». Come fanno giustamente valere i governi tedesco e polacco, una siffatta dichiarazione richiede che sia adottato a livello nazionale un atto dichiarativo specifico, in base a norme del diritto nazionale relative alle modalità di negoziazione e adozione di siffatti contratti collettivi e a chi debba a ciò procedere. Di per sé, non vedo come una siffatta dichiarazione possa essere rientrare nel diritto dell’Unione, dato che tutte queste norme rientrano manifestamente nell’ambito del diritto nazionale del lavoro.

130. Se il legislatore dell’Unione avesse inteso introdurre la nozione di «contratti collettivi (...) dichiarati di applicazione generale» quale nozione autonoma e indipendente del diritto dell’Unione, avrebbe verosimilmente utilizzato una formulazione diversa, probabilmente senza riferimenti alla «dichiarazione» di applicabilità generale, e avrebbe previsto almeno alcuni criteri sostanziali o procedurali per la valutazione di tale applicabilità generale. Una siffatta nozione autonoma di applicabilità generale avrebbe dovuto essere stabilita in funzione delle caratteristiche intrinseche dei rispettivi contratti. Precisando invece che i contratti collettivi in questione sono quelli dichiarati di applicazione generale, il legislatore dell’Unione ha fatto riferimento, a mio avviso, a un sistema in cui può intervenire una siffatta dichiarazione. In assenza di elementi che possano essere invocati in detto contesto nel diritto dell’Unione, detto sistema deve necessariamente essere un sistema nazionale, nell’ambito dell’organizzazione nazionale del dialogo sociale da condurre tra le rispettive parti interessate.

131. Analogamente, l’articolo 3, paragrafo 8, secondo comma, della direttiva sul distacco fa riferimento a «un sistema di dichiarazione di applicazione generale di contratti collettivi» (64). In forza di tale disposizione, solo in assenza di detto sistema la direttiva sul distacco introduce un criterio sussidiario per gli Stati membri, che consente loro di potersi avvalere dei «contratti collettivi (...) in genere applicabili a tutte le imprese simili nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate e/o» «dei contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il loro territorio nazionale».

132. Tale opzione subordinata non modifica tuttavia la regola principale che si basa su un sistema nazionale di dichiarazione.

133. In effetti, come sottolinea la Commissione, la legislazione dei Paesi Bassi prevede un siffatto sistema. Dal fascicolo risulta che il contratto collettivo di cui trattasi, segnatamente il contratto collettivo TM, deve essere considerato, secondo il diritto nazionale e fatta salva la valutazione del giudice del rinvio, oggetto di una dichiarazione generale in ragione dei collegamenti esistenti tra detto contratto e il contratto collettivo TPM.

134.  In definitiva, la nozione di «contratti collettivi dichiarati di applicazione generale», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sul distacco, deve essere intesa nel senso che essa rinvia al diritto nazionale. In altri termini, la dichiarazione di applicazione generale di un contratto collettivo deve essere valutata con riferimento al diritto nazionale applicabile in materia.

2.       Esistenza di una restrizione dellarticolo 56 TFUE

135. Con la questione 3(b), il giudice del rinvio chiede se l’articolo 56 TFUE osti a che un’impresa stabilita in uno Stato membro che distacca un lavoratore nel territorio di un altro Stato membro sia tenuta contrattualmente a conformarsi alle disposizioni di un contratto collettivo che non può essere considerato di applicazione generale ai sensi della direttiva sul distacco.

136. Tale questione del giudice del rinvio è stata sollevata solo nel caso in cui la risposta alla questione 3(a), conduca alla conclusione che il contratto collettivo di cui trattasi non può essere considerato di applicazione generale ai sensi della direttiva sul distacco. Infatti, in un’ipotesi del genere, l’obbligo di applicare le condizioni di lavoro basilari del contratto collettivo TM non deriverebbero dalla direttiva sul distacco, ma potrebbero ancora derivare dall’articolo 44 del contratto collettivo TM. La domanda è se ciò costituisca una restrizione ai sensi dell’articolo 56 TFUE, come sostiene la Van den Bosch Transporten BV nel procedimento principale.

137. All’uopo sono necessarie diverse precisazioni.

138. Da un lato, la questione se il contratto collettivo TM debba essere considerato di applicazione generale rientra nella sfera del diritto nazionale. La decisione pertanto spetta in definitiva al giudice del rinvio. Il giudice, nella decisione di rinvio, indica che, in forza del diritto nazionale, il contratto collettivo di cui trattasi nel procedimento principale, il contratto collettivo TM, deve essere considerato di applicazione generale.

139. Se ai sensi del diritto nazionale fosse effettivamente così, la questione 3(b), sarebbe ipotetica.

140. Ciò precisato, il giudice del rinvio può ancora giungere ad una conclusione opposta e dedurre che il contratto collettivo TM non può essere considerato di applicazione generale. Ciò renderebbe necessario rispondere alla questione 3(b).

141. D’altro canto, come illustrato nella decisione di rinvio, l’incompatibilità trarrebbe origine dall’applicazione delle condizioni di lavoro basilari definite nel contratto collettivo TM a un’impresa straniera che distacca lavoratori, nonostante detto contratto non possa essere considerato di applicazione generale. Il giudice del rinvio solleva tale questione sebbene l’articolo 44 del contratto collettivo TM sembri rendere vincolante l’applicazione di tali obblighi unicamente «qualora ciò risulti dalla direttiva sul distacco» (65). Ritengo che, ai fini della questione 3(b), detta parte dell’articolo 44 del contratto collettivo TM debba, in realtà, essere letta piuttosto come «anche qualora ciò non risulti dalla direttiva sul distacco».

142.  In tale ottica, la questione 3(b), sarebbe quindi diretta a stabilire se l’articolo 56 TFUE osti a che un’impresa stabilita in uno Stato membro che distacchi un lavoratore nel territorio di un altro Stato membro sia tenuta a rispettare le disposizioni di un contratto collettivo che non può essere considerato di applicazione generale in forza della direttiva sul distacco.

143. Supponendo di aver compreso correttamente tale questione, e tralasciando il problema sconcertante relativo a quale disposizione del diritto nazionale possa fondare la possibilità che un contratto collettivo che non abbia applicazione generale sia comunque dichiarato vincolante per i prestatori di servizi di altri Stati membri, in effetti la risposta a tale questione scaturirebbe dall’analisi delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

144. Concordo con il governo dei Paesi Bassi sul fatto che la situazione descritta nella questione 3(b) costituirebbe quindi una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Essa imporrebbe un onere alle imprese interessate, in quanto esigerebbe il rispetto di obblighi corrispondenti a quelli definiti nella direttiva sul distacco, al di là dell’ambito di applicazione di detto strumento. La questione principale sarebbe allora se una siffatta restrizione possa essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale e se risponda al criterio di proporzionalità.

145. Osservo che l’ordinanza di rinvio non contiene ulteriori informazioni in merito alle eventuali giustificazioni e agli elementi pertinenti ai fini della verifica della proporzionalità.

146. Per quanto riguarda la giustificazione per motivi imperativi di interesse generale, concordo con il governo tedesco e con il governo dei Paesi Bassi nel ritenere che la tutela dei lavoratori (66) e la prevenzione della concorrenza sleale (67) possano essere qualificate come tali. Tali motivi coincidono in effetti con i succitati obiettivi perseguiti dalla direttiva sul distacco (68). Spetta quindi al giudice del rinvio verificare se, oggettivamente, gli autori del contratto collettivo TM, al momento della redazione dell’articolo 44 del medesimo, abbiano perseguito la tutela dei diritti dei lavoratori distaccati o la prevenzione della concorrenza sleale.

147. Come la Corte ha ripetutamente ricordato, una misura, per essere giustificata, deve essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non deve andare oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (69). Tale valutazione spetta, in definitiva, al giudice del rinvio, tenuto conto tuttavia del fatto che, nella direttiva sul distacco e nell’ambito della stessa, il legislatore europeo ha già realizzato un certo equilibrio tra obiettivi concorrenti e alquanto contrapposti attinenti alla direttiva stessa.

V.      Conclusioni

148. Propongo alla Corte di rispondere allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte Suprema dei Paesi Bassi) nei seguenti termini:

1.      La direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, deve essere interpretata nel senso che essa si applica anche ad un lavoratore che esercita un’attività di conducente nel settore del trasporto su strada e che, ai sensi di tale direttiva, è distaccato nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui lavora normalmente.

2.      (a)      La nozione di “lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente” ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 96/71 deve essere intesa nel senso di un lavoratore avente un legame sufficiente con detto territorio. L’esistenza di un siffatto legame sufficiente deve essere determinata in funzione dell’insieme degli indizi rilevanti, considerati complessivamente, quali l’ubicazione del destinatario dei servizi di cui trattasi, il luogo in cui le operazioni di trasporto sono organizzate e i conducenti ricevono i rispettivi incarichi, nonché il luogo in cui essi fanno ritorno dopo aver svolto il proprio lavoro.

2.      (b)      Il collegamento fra le imprese interessate da un determinato distacco, considerato unitamente a tutti gli altri indizi rilevanti, può essere potenzialmente importante per valutare complessivamente se si sia verificata la situazione di distacco. Tuttavia, essa non è di per sé determinante.

2.      (c)      Il cabotaggio rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 96/71/CE. L’applicazione della direttiva 96/71 al cabotaggio non è subordinata ad alcuna regola minima relativa alla durata del trasporto di cabotaggio nello Stato membro ospitante.

3.      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71 deve essere interpretato nel senso che la questione se un contratto collettivo sia stato dichiarato di applicazione generale deve essere valutata con riferimento al diritto nazionale applicabile.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996 (GU 1997, L 18, pag. 1).


3      Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (GU 1980, L 266, pag. 1, versione consolidata (GU 2005, L 334, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Roma»).


4      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6; in prosieguo: il «regolamento Roma I»).


5      Il corsivo è mio.


6      V., ad esempio, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18 (EU:C:2019:982, punto 132).


7      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, recante modifica della direttiva 96/71 (GU 2018, L 173, pag. 16).


8      Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).


9      Con riferimento alla sentenza del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi/Uber Systems Spain (C‑434/15, EU:C:2017:981, punto 44).


10      V., ad esempio, Van Hoek A., Houwerzijl M., Report for the Dutch Social Partners in Transport, Radboud University, Nijmegen, 2008, pag. 88.


11      Per esempio Barnard C., EU Employment Law, Oxford University Press, Oxford, 2012, pag. 234; Van Overbeke F., «Do we need a new conflict-of-laws rule for labour in the European road transport sector? Yes we do», From social competition to social dumping, Intersentia, Cambridge, 2016, pagg. 107 e 108 (nota a piè di pagina n. 2); Lhernould J-P., «Directive (EU) 2018/957 of 28 June 2018 amending Directive 96/71/EC concerning the posting of workers in the framework of the provision of services – What will change in 2020», ERA Forum, vol. 20(2), 2019, pag. 255.


12      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar nella causa Dobersberger (C‑16/18, EU:C:2019:638, paragrafi 34, 35 e 37).


13      Sentenza del 19 dicembre 2019, Dobersberger (C‑16/18, EU:C:2019:1110, punto 24).


14      V., in particolare, sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741), o del 12 luglio 2005, Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449).


15      V., ad esempio, sentenze del 20 maggio 2003, Österreichischer Rundfunk e a. (C‑465/00, C‑138/01 e C‑139/01, EU:C:2003:294, punti da 41 a 43), o del 6 novembre 2003, Lindqvist (C‑101/01, EU:C:2003:596, punti da 40 a 42).


16      V. sentenza del 13 giugno 2019, Moro (C‑646/17, EU:C:2019:489, punti 32 e 33) e le mie conclusioni presentate in tale causa, che esaminano l’argomento in modo approfondito (EU:C:2019:95, in particolare paragrafi da 37 a 54).


17      Sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti 96‑97), e del 12 luglio 2005, Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 41).


18      Con l’esplicita eccezione prevista per le imprese della marina mercantile con riguardo al personale navigante, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sul distacco. A tale proposito, non posso che condividere le considerazioni esposte su questo punto dal Procureur-Generaal Drijber dinanzi al giudice del rinvio nel procedimento principale (conclusioni del 7 settembre 2018, NL:PHR:2018:943, paragrafo 5.3).


19      Confrontare, a contrario, la spiegazione relativa alla base giuridica indicata dalla Commissione nell’attuale proposta di disciplina del distacco specifica per il settore dei trasporti: «Le direttive 96/71/CE e 2014/67/UE sono fondate sull’(attuale) articolo 53, paragrafo 1 del TFUE. Tuttavia, le norme proposte riguardano esclusivamente le situazioni specifiche connesse alla fornitura di servizi di trasporto, di conseguenza è opportuno basarle sull’articolo 91, paragrafo 1, del TFUE». Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda le prescrizioni di applicazione e fissa norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada, COM(2017) 278 final, pag. 3 in fine.


20      V. anche van Hoek A., Houwerzijl M., Report for the Dutch Social Partners in Transport, Radboud University, Nijmegen, 2008, pag. 88, in cui si rileva che l’esplicita esclusione del personale di imprese della marina mercantile «indica che il resto del personale impegnato in trasporti internazionali rientra in linea di principio nell’ambito di applicazione della direttiva, purché siano soddisfatte le altre condizioni» [traduzione libera].


21      COM(91)230 final, SYN 346, del 1º agosto 1991, proposta di direttiva del Consiglio riguardante il distacco dei lavoratori nel quadro della prestazione di servizi, punto 23. Il progetto di articolo 1 disponeva che la direttiva «si applica alle imprese, a prescindere dallo Stato in cui esse hanno sede (...)». Il progetto di articolo 2 elencava le tre ipotesi di distacco. (Il corsivo è mio.)


22      Documento n. 10048/96 del Consiglio, dichiarazioni di iscrizione nel verbale del Consiglio. SOC 264 CODEC 550, dichiarazione n. 3: «Le disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera a) coprono le situazioni di distacco che rispondono alle seguenti condizioni: l’esistenza di una prestazione di servizi transnazionale per conto e sotto la direzione di un’impresa nell’ambito di un contratto concluso tra tale impresa prestatrice e il destinatario richiedente della prestazione di servizi; l’esistenza di un distacco nell’ambito di tale prestazione di servizi. Pertanto, laddove non siano soddisfatte le predette condizioni, le seguenti situazioni non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera a): – il lavoratore che esercita normalmente un’attività nel territorio di due o più Stati membri e che fa parte del personale viaggiante o navigante di un’impresa che effettua per conto proprio e a titolo professionale trasporti internazionali di persone o di merci per ferrovia, su strada, per via aerea o per vie navigabili,; (...)» (Il corsivo è mio).


23      Documento del gruppo Questioni sociali del Consiglio del 29 ottobre 1992, 9790/92, del 10 novembre 1992, pag. 5; documento del gruppo Questioni sociali del Consiglio del 13 luglio 1993, 9570/93, del 3 novembre 1993, pag. 5; documento del gruppo Questioni sociali del Consiglio del 24 settembre 1992, 8255/92, del 9 ottobre 1992, pag. 5.


24      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada (GU 2009, L 300, pag. 72).


25      Definito dall’articolo 2, paragrafo 6, di detto regolamento, in sostanza, come «trasporti nazionali di merci effettuati per conto terzi, a titolo temporaneo, in uno Stato membro ospitante».


26      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006 (GU 2009, L 300, pag. 88).


27      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (GU 2004, L 159, pag. 11). (Il corsivo è mio.)


28      Revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori — Domande frequenti, 8 marzo 2016, aggiornato il 24 ottobre 2017 (MEMO/16/467).


29      Support study for an impact assessment for the revision of the social legislation in road transport Final report Study contract No. MOVE/D3/2016-605 (Studio di supporto alla valutazione di impatto relativa alla revisione della legislazione sociale nell’ambito del trasporto su strada, Relazione finale di studio n. MOVE/D3/2016-605), autori: Gibson G., Tsamis A., Lohr E., Guidorzi E., Levin S., maggio 2017, pag. 7.


30      Cit. supra alla nota 7.


31      Ai fini della presente causa e delle presenti conclusioni, non ritengo necessario avviare la discussione (piuttosto tradizionale nel diritto dell’Unione) sulla questione se una norma contenuta in una nuova versione dello strumento legislativo sia (i) una codificazione di ciò che è sempre esistito, benché solo «implicito» o (ii) una vera e propria modifica, che emani espressamente una nuova regola che si discosta dalla versione precedente dello strumento stesso.


32      COM(2017) 278 final, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda le prescrizioni di applicazione e fissa norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada. pag. 2.


33      Ibidem, pag. 2.


34      Osservo che tali difficoltà sono già state riconosciute nella proposta della Commissione dell’8 marzo 2016, recante modifica della direttiva 96/71/CE, COM (2016) 128.


35      V., altresì, sentenze del 18 dicembre 2007, Laval un Partneri (C‑341/05, EU:C:2007:809, punti 60 e 68), nonché del 12 febbraio 2015, Sähköalojen ammattiliitto (C‑396/13, EU:C:2015:86, punto 31). V. anche pag. 23, punto 27 della proposta COM(1991) 230.


36      Sentenza del 12 febbraio 2015, Sähköalojen ammattiliitto (C‑396/13, EU:C:2015:86, punto 31). V., altresì, sentenza del 19 giugno 2008, Commissione/Lussemburgo (C‑319/06, EU:C:2008:350, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


37      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar nella causa Dobersberger (C‑16/18, EU:C:2019:638, paragrafo 23).


38      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar nella causa Dobersberger (C‑16/18, EU:C:2019:638, paragrafi 23 e 24). V., altresì, sentenze del 18 dicembre 2007, Laval un Partneri (C‑341/05, EU:C:2007:809, punti da 74 a 76), e del 12 febbraio 2015, Sähköalojen ammattiliitto (C‑396/13, EU:C:2015:86, punto 30).


39      A meno che, beninteso, all’origine di questa asserzione vi sia la tacita supposizione che, se non si accettassero talune restrizioni alla libera prestazione dei servizi, non vi sarebbe alcuna libertà. In tal modo, con un’espressione puramente orwelliana, la restrizione è invero libertà.


40      V. supra, paragrafo 35.


41      Opinioni simili sono state espresse da taluni studiosi. V., ad esempio, Lhernould J‑P., «Directive (EU) 2018/957 of 28 June 2018 amending Directive 96/71/EC concerning the posting of workers in the framework of the provision of services – What will change in 2020?», ERA Forum, vol. 20 (2), 2019, pag. 255; Van Overbeke F., «Do we need a new conflict-of-laws rule for labour in the European road transport sector? Yes we do», From Social Competition to social dumping, Intersentia, Cambridge, 2016, pagg. 114, 119 e 127; Even Z., Zwanenburg A., «A Dutch insight into the applicability of the Posted Workers Directive on international road transport. But still: a long and winding road ahead?» (NL), European Employment Law Cases, vol. 2(3), 2017 pag. 157; Laagland F., «Navigeren door het labyrint van grensoverschrijdende detachering – de fundamentele verkeersvrijheden, de Detacheringsrichtlijn en het Internationaal Privaatrecht», Arbeidsrechtelijke Annotaties, vol. 10 (2), 2016, pag. 19.


42      V. la relazione illustrativa alla proposta di cui alla nota 32, pag. 5, e il progetto di considerando 9.


43      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nelle cause riunite CRPNPAC e Vueling Airlines (C‑370/17 e C‑37/18, EU:C:2019:592, paragrafo 131), relative al personale di volo nell’ambito del distacco ai sensi del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, come modificato dal regolamento (CE) n. 1992/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 (GU 2006, L 392, pag. 1).


44      Ibidem


45      V. le mie conclusioni nella causa Lidl (C‑134/15, EU:C:2016:169, paragrafo 90), nonché nella causa Confédération paysanne e a. (C‑528/16, EU:C:2018:20, paragrafo 139).


46      Sentenza del 19 dicembre 2019, Dobersberger (C‑16/18, EU:C:2019:1110, punto 31).


47      Sentenza del 19 dicembre 2019, Dobersberger (C‑16/18, EU:C:2019:1110, punto 33). La nozione di legame sufficiente è altresì menzionata nel progetto dei considerando 11 e 12 della proposta del 2017, nota 32.


48      Il corsivo è aggiunto da me.


49      I considerando da 7 a 11 della direttiva sul distacco fanno più volte riferimento alla Convenzione di Roma, il predecessore giuridico del regolamento Roma I.


50      Considerando 34 del regolamento Roma: «La norma sul contratto individuale di lavoro non dovrebbe pregiudicare l’applicazione delle norme di applicazione necessaria del paese di distacco, prevista dalla direttiva sul distacco».


51      V. considerando 10 della direttiva sul distacco: «considerando che l’articolo 7 di detta convenzione prevede, a determinate condizioni, che parallelamente alla legge dichiarata applicabile, sia dato effetto alle norme di polizia di un’altra legislazione, in particolare di quella dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è temporaneamente distaccato». V. in tal senso l’articolo 8 del regolamento Roma I. L’articolo 8, paragrafo 2, così recita: «Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo».


52      V., per analogia e sulla rilevanza della nozione di «base di servizio» ai sensi del regolamento (CEE) n. 3922/91, del 16 dicembre 1991, concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU 1999, L 373, pag. 4), al fine di determinare la nozione di «luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività» ai sensi del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2000, L 12, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 44/2001»), sentenza del 14 settembre 2017, Nogueira e a. (C‑168/16 e C‑169/16, EU:C:2017:688, punti da 65 a 69).


53      Sentenza del 15 marzo 2011 (C‑29/10, EU:C:2011:151). V. anche sentenza del 15 dicembre 2011, Voogsgeerd (C‑384/10, EU:C:2011:842).


54      Sentenza del 15 marzo 2011, Koelzsch (C‑29/10, EU:C:2011:151, punti 48 e 49). V., altresì sentenza del 12 settembre 2013, Schlecker, (C‑64/12, EU:C:2013:551, punti da 30 a 34 e giurisprudenza ivi citata).


55      Sentenza del 14 settembre 2017, Nogueira e a. (C‑168/16 e C‑169/16, EU:C:2017:688, punti 58 e 59). V., altresì sentenza del 27 febbraio 2002, Weber (C‑37/00, EU:C:2002:122, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


56      V. supra, paragrafi 72 e 73.


57      Conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nelle cause riunite Nogueira e a. (C‑168/16 e C‑169/16, EU:C:2017:312, paragrafi 85 e 95).


58      Sentenza del 14 settembre 2017, Nogueira e a., (C‑168/16 e C‑169/16, EU:C:2017:688, punti 61 e 62).


59      V. supra, paragrafi da 28 a 29.


60      Parimenti, l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento n. 1072/2009 precisa che esso «si applica ai trasporti nazionali di merci su strada effettuati a titolo temporaneo da un trasportatore non residente conformemente alle disposizioni del capo III». V. anche la definizione del cabotaggio contenuta nel regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006 (GU 2009, L 300, pag. 88).


61      Considerando 2 del regolamento n. 1072/2009.


62      Sul numero di punti di carico e scarico possibili ai sensi di tale regolamento, v. sentenza del 12 aprile 2018, Commissione/Danimarca (C‑541/16, EU:C:2018:251).


63      Sentenza del 3 aprile 2008, Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189, punto 26).


64      Il corsivo è mio.


65      Il corsivo è mio.


66      V., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2002, Portugaia Construções (C‑164/99, EU:C:2002:40, punti 28 e 29).


67      Sentenza del 12 ottobre 2004, Wolff & Müller (C‑60/03, EU:C:2004:610, punti 41 e 42).


68      V. supra, paragrafi 72 e 73 delle presenti conclusioni.


69      Sentenza del 12 ottobre 2004, Wolff Müller (C‑60/03, EU:C:2004:610, punto 43).