Language of document : ECLI:EU:C:2014:322

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MACIEJ SZPUNAR


presentate il 14 maggio 2014 (1)

Causa C‑205/13

Hauck GmbH & Co. KG

contro

Stokke A/S,

Stokke Nederland BV,

Peter Opsvik

e

Peter Opsvik A/S

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi)]

«Marchi – Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità – Segno tridimensionale costituito dalla forma del prodotto – Direttiva 89/104/CEE – Articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino – Segno costituito esclusivamente dalla forma imposta dalla natura del prodotto – Articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino – Segno costituito esclusivamente dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto – Sedia per bambini Tripp Trapp»





I –    Introduzione

1.        La problematica dei marchi consistenti nella riproduzione del prodotto stesso non è una problematica nuova nel diritto della proprietà intellettuale. Dai documenti elaborati nell’ambito dell’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI) risulta che tribunali francesi, già alla metà del diciannovesimo secolo, hanno autorizzato la possibilità di tutela dei marchi che rappresentano la forma o il condizionamento del prodotto stesso, ad esempio nel 1858 fu oggetto di tutela il marchio consistente nella forma di una tavoletta di cioccolato (2).

2.        Non è soggetto a dubbi il fatto che la problematica della registrazione di un tipo siffatto di marchi è caratterizzata dalla sua sostanziale specificità. Essa risulta dal fatto che la differenza tra il marchio e l’oggetto indicato dal marchio tende a scomparire: l’oggetto si presenta quale segno in rapporto con se stesso. Nel contesto normativo dei marchi commerciali, ciò si ricollega al rischio che l’esclusività risultante dalla registrazione del marchio venga estesa ad alcune caratteristiche del prodotto espresse attraverso la sua forma, il che può di conseguenza condurre alla limitazione della possibilità di immissione sul mercato di prodotti concorrenti.

3.        La summenzionata circostanza è stata presa in considerazione nel diritto dell’Unione concernente i marchi. È stata infatti adottata una disposizione speciale riguardante i marchi che rappresentano la forma del prodotto. Nel periodo che interessa il contesto fattuale della causa in esame, la relativa disposizione è stata inserita all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 89/104 (3).

4.        La questione sollevata dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte Suprema dei Paesi Bassi) nel rinvio pregiudiziale riguarda la domanda di annullamento del diritto alla registrazione del marchio tridimensionale che rappresenta la sedia per bambini Tripp Trapp. La presente causa costituisce per la Corte l’occasione di procedere per la prima volta all’interpretazione della portata di due impedimenti alla registrazione formulati nel disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 89/104, il quale vieta la registrazione del segno costituito esclusivamente dalla forma «imposta dalla natura stessa del prodotto» (primo trattino di tale disposizione) o dalla forma «che dà un valore sostanziale al prodotto» (terzo trattino).

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 89/104, intitolato «Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità», così dispone:

«Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

e)      i segni costituiti esclusivamente:

–        dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto;

–        dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico;

–        dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto;

(…)».

B –    Convenzione del Benelux

6.        Il diritto dei marchi è disciplinato nei Paesi Bassi dal Benelux – Verdrag inzake de intellectuele eigendom (merken en tekeningen of modellen) (Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale), firmata all’Aja il 25 febbraio 2005 (in prosieguo: la «Convenzione del Benelux»). L’articolo 2.1 di tale Convenzione, rubricato «Segni suscettibili di costituire un marchio di impresa», dispone quanto segue:

«(…)

2.      Tuttavia non possono essere registrati come marchi d’impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto o dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico».

III – Procedimento principale

7.        Agli inizi degli anni ’70 del XX secolo, Peter Opsvik ha creato il progetto di sedia per bambini Tripp Trapp. Tale progetto è stato a più riprese premiato ed esposto nei musei.

8.        Nel 1972 il gruppo Stokke, al quale appartengono le due società convenute nel procedimento principale, cioè la società norvegese Stokke A/S e la società olandese Stokke Nederland BV, ha immesso sul mercato la sedia per bambini Tripp Trapp. I diritti di propiretà intellettuale relativamente alla forma in oggetto spettano parimenti ai due restanti convenuti, Peter Opsvik e la società norvegese Peter Opsvik A/S.

9.        L’8 maggio 1998 la Stokke A/S ha chiesto la registrazione, presso l’Ufficio per la proprietà intellettuale dei paesi del Benelux, di un marchio tridimensionale che rappresenta la forma della sedia Tripp Trapp. La domanda riguardava «sedie, incluse le sedie per bambini», appartenenti alla classe 20 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei beni e dei servizi ai fini della registrazione di marchi, come riveduto e modificato. Il marchio summenzionato, registrato col n. 0639972 (in prosieguo: il «marchio Tripp Trapp»), concerne la forma rappresentata di seguito:

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10.      La società tedesca Hauck GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «società Hauck») esercita la sua attività nel settore della produzione e distribuzione di articoli per bambini, compresi due modelli di sedie per bambini indicate con i nomi «Alpha» e «Beta».

11.      La Stokke A/S, la Stokke Nederland BV, Peter Opsvik e la Peter Opsvik A/S (in prosieguo, congiuntamente: «Stokke e Opsvik») hanno introdotto presso il Rechtbank ’s‑Gravenhage un ricorso contro la società Hauck, facendo valere che la vendita delle sedie «Alpha» e «Beta» viola il loro diritto d’autore nonché il diritto alla registrazione del marchio Tripp Trapp.

12.      La società Hauck ha presentato una domanda riconvenzionale, chiedendo, tra l’altro, l’annullamento della registrazione del marchio Tripp Trapp.

13.      Con sentenza del 4 ottobre 2000 il Rechtbank ’s‑Gravenhage ha statuito a favore di Stokke e Opsvik in merito alla domanda fondata sulla violazione dei diritti d’autore. Quanto al resto, il suddetto giudice ha ritenuto fondata la domanda contenuta nella domanda riconvenzionale della società Hauck ed ha annullato la registrazione del marchio Tripp Trapp.

14.      Nel procedimento d’appello, il Gerechtshof ’s‑Gravenhage ha parzialmente riformato la sentenza summenzionata, tra l’altro per quanto riguarda la domanda di risarcimento dei danni in conseguenza della violazione dei diritti d’autore. In merito all’annullamento della registrazione del marchio, la sentenza in questione è stata confermata.

15.      Come risulta dall’ordinanza del giudice del rinvio, Stokke e Opsvik hanno fatto valere in appello che il valore principale della sedia Tripp Trapp non risulta tanto dal carattere attrattivo della sedia, quanto dalla sua funzionalità. Hanno anche fatto valere che la forma coperta dal marchio Tripp Trapp non è imposta esclusivamente dalla natura del prodotto, qualora si prenda in considerazione la varietà delle forme delle sedie per bambini. La società Hauck ha tuttavia affermato che la forma attraente della sedia Tripp Trapp ha un’influenza rilevante sul valore del prodotto e, inoltre, tale forma costituisce una forma in larga misura funzionale e quindi determinata dalla natura del prodotto.

16.      Nella sua decisione il Gerechtshof ’s‑Gravenhage ha dichiarato, tra l’altro, che la forma in oggetto è molto attraente e conferisce un valore sostanziale alla sedia Tripp Trapp. Tale sedia – proprio grazie alla sua forma – è particolarmente adatta all’impiego come sedia per bambini. La sedia è sicura, solida e confortevole, pertanto la sua forma deve essere considerata «pedagogica» ed «ergonomica». Pertanto la forma della sedia Tripp Trapp è determinata dalla natura di un dato prodotto. Il consumatore acquista dunque tale sedia in considerazione del suo valore estetico ed al contempo pratico. Occorre muovere dal presupposto che i consumatori ricercano caratteristiche siffatte nei prodotti dei concorrenti. Un marchio che – come nel caso del marchio Tripp Trapp – sia costituito esclusivamente da una forma le cui proprietà sostanziali risultano dalla natura di un dato prodotto e che conferisce a quest’ultimo un rilevante valore, risponde ai presupposti di invalidità di cui all’articolo 2.1, paragrafo 2, della Convenzione del Benelux. Non è rilevante in proposito che le suindicate caratteristiche possano essere ottenute anche ricorrendo ad altre forme.

17.      Avverso la decisione del Gerechtshof ’s‑Gravenhage, entrambe le parti del procedimento hanno proposto ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad.

IV – Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

18.      Date tali circostanze, lo Hoge Raad ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       a)     Se l’impedimento alla registrazione o il motivo di nullità, di cui all’articolo 3, paragrafo 1, [primo trattino], lettera e), della direttiva [89/104], nella versione codificata dalla direttiva [2008/95], conformemente al quale i marchi in forma tridimensionale non possono essere costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, riguardi una forma essenziale per la funzione del prodotto, oppure se l’impedimento si configuri già in presenza di una o più caratteristiche d’uso essenziali di un prodotto, che il consumatore potrebbe cercare nei prodotti concorrenti.

b)      Come debba interpretarsi tale disposizione, qualora nessuna delle due modalità di interpretazione proposte sia corretta.

2)      a)     Se l’impedimento alla registrazione o il motivo di nullità di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), [terzo trattino], della direttiva [89/104], nella versione codificata dalla direttiva [2008/95], a norma della quale i marchi in forma tridimensionale non possono essere costituiti esclusivamente dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto, riguardi il motivo (o i motivi) sul cui fondamento il pubblico rilevante decide di acquistare il prodotto.

b)      Se la nozione di “forma che dà un valore sostanziale al prodotto” (4), ai sensi di tale disposizione, prenda in considerazione esclusivamente la forma che deve essere considerata come il valore principale o determinante rispetto ad altri valori (come, ad esempio, quanto alle sedie per bambini: la sicurezza, il confort e la solidità della realizzazione), oppure se la “forma che dà un valore sostanziale al prodotto” sussista anche se il prodotto, oltre alla forma, possiede altri valori definibili come sostanziali.

c)      Se, ai fini della risposta alla seconda questione, lettere a) e b), sia decisivo il punto di vista della maggior parte del pubblico rilevante, o se il giudice possa dichiarare che è già sufficiente il punto di vista di una parte del pubblico al fine di considerare “sostanziale”, ai sensi della citata disposizione, il valore di cui si tratta.

d)       Qualora sia corretta la seconda delle risposte proposte alla seconda questione, lettera c), quale requisito occorre stabilire circa l’ampiezza della parte rilevante del pubblico.

3)      Se il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva [89/104], nella versione codificata dalla direttiva [2008/95], debba essere interpretato nel senso che l’impedimento alla registrazione da esso menzionato sussista anche quando il marchio dato dalla forma è costituito da un segno al quale sia applicabile il [primo trattino] ed il quale soddisfi inoltre i presupposti di cui al [terzo trattino] della disposizione in parola».

19.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 18 aprile 2013.

20.      Hanno presentato osservazioni scritte le parti nel procedimento principale, i governi tedesco, italiano e polacco, il governo del Regno Unito e il governo portoghese nonché la Commissione europea.

21.      Tali parti, ad eccezione dei governi italiano e portoghese, hanno ugualmente partecipato alla fase orale, che si è svolta il 26 febbraio 2014.

V –    Analisi

22.      Come ho già ricordato, la direttiva 89/104, oltre ad impedimenti generali alla registrazione di un marchio o a motivi di nullità, introduce all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), disposizioni speciali che riguardano esclusivamente i segni costituiti dalla forma di un dato prodotto (5).

23.      Il fatto che ricorra uno dei tre presupposti menzionati nel disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), è un impedimento alla registrazione del marchio. Tali presupposti sono di carattere assoluto nel senso che – a differenza degli impedimenti alla registrazione formulati all’articolo 3, paragrafo 1, lettere b), c) e d), della direttiva – la loro applicazione non può essere esclusa per il fatto che il marchio in questione acquisirà il cosiddetto «carattere distintivo derivato» a seguito dell’uso che ne è stato fatto (articolo 3, paragrafo 3, della direttiva) (6).

24.      La Corte ha già interpretato a più riprese il criterio formulato all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva. Tale criterio riguarda l’inammissibilità della registrazione per segni costituiti esclusivamente «dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico» (7). Viceversa, quanto alla presente causa, la Corte non ha interpretato il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), in rapporto ai criteri formulati dal primo nonché dal terzo trattino. La domanda del giudice nazionale concerne anche l’eventuale possibilità di applicazione cumulativa di entrambi i criteri.

A –    Ratio legis dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva

25.      La Corte è del parere che i vari motivi d’impedimento alla registrazione o di nullità elencati all’articolo 3 della direttiva vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sottostante a ciascuno di essi (8).

26.      Alla luce della giurisprudenza della Corte concernente l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), secondo trattino, della direttiva, l’interesse generale sottostante al fondamento della disposizione in oggetto consiste nel fatto di evitare la monopolizzazione di talune caratteristiche sostanziali del prodotto risultanti dalla sua forma.

27.      Ad avviso della Corte, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), secondo trattino, intende pertanto evitare una situazione in cui la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che possono essere ricercate dall’utilizzatore nei prodotti dei concorrenti. In tal modo la disposizione in parola intende evitare che la tutela del marchio finisca per ostacolare alla concorrenza la libera offerta di prodotti che incorporano dette soluzioni tecniche o dette caratteristiche utilitarie (9).

28.      Non ho dubbi sul fatto che l’obiettivo descritto supra è sottostante a tutti e tre gli impedimenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva. Tutti e tre gli impedimenti mirano a mantenere di pubblico dominio le caratteristiche sostanziali di un determinato prodotto che si riflettono nella sua forma.

29.      Tale obiettivo ha, del resto, una sua profonda giustificazione che riguarda i presupposti assiologici del diritto alla tutela dei marchi.

30.      Un marchio – in quanto bene immateriale – possiede una capacità di evocare nei consumatori determinate associazioni tra il prodotto (o il servizio) ed un dato segno (10). Grazie a tale circostanza, il consumatore può collegare un determinato marchio con l’origine di prodotti dagli standard permanenti di qualità. Il marchio garantisce l’uniformità delle caratteristiche dei prodotti acquistati e riduce in tal modo, in primo luogo, il rischio connesso al limitato accesso alle informazioni nonché, in secondo luogo, i costi di ricerca del prodotto adeguato. Di conseguenza il sistema dei marchi rafforza la trasparenza del mercato, equilibrando la sproporzione tra le complicate condizioni di commercializzazione e la limitata conoscenza del consumatore riguardo a tali condizioni (11).

31.      In considerazione della sua funzione economica, il sistema di tutela dei marchi costituisce un elemento indispensabile per la configurazione di una concorrenza leale in base al prezzo ed alla qualità dei prodotti (12). Si deve con ciò rilevare che l’esclusività nell’utilizzazione di un dato bene immateriale, quale caratteristica di tutti i diritti di proprietà intellettuale, nel contesto dei marchi non conduce di regola ad una limitazione della concorrenza. L’esclusività nel ricorso ad un segno determinato (marchio) non limita la libera offerta di prodotti da parte dei concorrenti. Essi possono liberamente attingere dalla massa di segni (marchi) potenziali il cui numero è veramente illimitato.

32.      Tuttavia, in alcune situazioni, l’esistenza di diritti esclusivi di marchio può condurre ad una perturbazione della concorrenza.

33.      Il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva mira ad evitare che la registrazione di una forma – attraverso la rivendicazione dell’esclusività per caratteristiche fondamentali del prodotto essenzialmente dal punto di vista di un’effettiva concorrenza sul mercato in questione – conduca all’utilizzazione di una superiorità sleale sul piano della concorrenza. Ciò porterebbe a rimettere in discussione l’obiettivo dell’esistenza del sistema di tutela dei marchi.

34.      Un esempio di utilizzazione siffatta del sistema di tutela dei marchi – benché non l’unico – è il cumulo della tutela basata sulla registrazione del marchio con la tutela in base ad altri diritti di proprietà intellettuale. Vorrei espressamente far notare pertanto che un cumulo del genere è, in linea di principio, consentito nel diritto dell’Unione. Ad esempio, la registrazione di un modello industriale non esclude che il diritto alla tutela sia accordato a quella stessa forma tridimensionale come marchio, qualora ovviamente siano soddisfatti i presupposti per la registrazione del marchio (13).

35.      Si deve tuttavia ricordare che lo scopo del sistema di tutela dei marchi, che mira a creare le basi di una concorrenza leale attraverso il rafforzamento della trasparenza del mercato, si differenzia dai principi che sono alla base di alcuni altri tipi di diritti di proprietà intellettuale, i quali sono al servizio – in sintesi – del sostegno all’innovazione ed alla creatività.

36.      Questa divergenza di obiettivi chiarisce perché la tutela risultante dalla registrazione del marchio è a tempo indeterminato, mentre il legislatore ha limitato nel tempo la tutela degli altri diritti di proprietà intellettuale. Tale limitazione è il risultato della ponderazione, da un lato, dell’interesse pubblico consistente nella protezione dell’innovazione e della creatività nonché, dall’altro, dell’interesse economico che poggia sulla possibilità di fruire delle acquisizioni intellettuali di altre persone allo scopo di sostenere l’ulteriore sviluppo socioeconomico.

37.      La fruizione del diritto dei marchi al fine di estendere l’esclusività su beni immateriali, oggetto di protezione sul fondamento di altri diritti di proprietà intellettuale, potrebbe – dopo la scadenza di tali diritti – condurre alla violazione del contemperamento di interessi che il legislatore ha stabilito, tra l’altro, attraverso la limitazione del periodo di tutela dei suddetti diritti.

38.      La questione dibattuta è disciplinata in modo diverso nei singoli ordinamenti giuridici (14). Il legislatore dell’Unione ha risolto il problema nel senso di fissare criteri normativi che possono costituire impedimenti assoluti alla registrazione di un segno consistente nella forma del prodotto.

39.      Tali criteri, formulati all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva, prevengono dunque il ricorso al diritto dei marchi per uno scopo non conforme ai suoi principi. Essi sono al servizio di una concorrenza leale rendendo impossibile la monopolizzazione delle caratteristiche sostanziali di un dato prodotto, essenziali sotto il profilo di un’effettiva concorrenza sul mercato in questione. In particolare, essi servono anche a garantire il bilanciamento degli interessi che sono stati definiti dal legislatore attraverso la limitazione temporale della protezione a titolo di alcuni altri diritti di proprietà intellettuale.

40.      A sostegno del concetto di fondo di cui supra, passo all’analisi delle questioni proposte dal giudice del rinvio.

B –    Interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva (prima questione)

41.      Con la prima questione, il giudice del rinvio ricerca l’interpretazione della nozione «forma imposta dalla natura stessa del prodotto».

42.      Relativamente al contesto della suddetta questione, dall’ordinanza dello Hoge Raad emerge che le caratteristiche della forma della sedia per bambini in oggetto sono, almeno parzialmente, determinate dalle sue proprietà d’uso, ed in particolare la sicurezza, la comodità e la solidità. Tale sedia possiede anche delle funzionalità «pedagogiche ed ergonomiche».

43.      Stokke i Opsvik fanno valere nel procedimento principale che le proprietà della sedia per bambini in oggetto non sono sufficienti per applicare gli impedimenti alla registrazione riguardanti la forma imposta dalla natura del prodotto [articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino]. A loro avviso, l’impedimento in parola concerne prodotti che hanno una forma determinata e che non possiedono forme intercambiabili.

44.      Come ho già ricordato, la Corte non ha avuto sinora l’occasione di pronunciarsi in merito all’interpretazione del disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino (15).

45.      Vorrei anzitutto sottolineare che esistono due posizioni riguardo al modo di interpretare tale disposizione, le quali si rispecchierebbero sia nella letteratura in materia, sia nelle osservazioni delle parti del procedimento.

46.      La prima, restrittiva posizione parte dal presupposto che la nozione di «forma imposta dalla natura stessa del prodotto» riguarda una forma che è inseparabile dalla natura di un dato prodotto e quindi non lascia alcuna libertà per un apporto individuale da parte del fabbricante (16). Siffatta interpretazione limita la portata dell’applicazione della condizione per la registrazione di cui trattasi ai prodotti che non possiedono forme alternative e, quindi, ai prodotti naturali (un esempio classico di applicazione di tale condizione è l’esclusione della possibilità di registrazione «della forma banana per le banane») nonché ai prodotti le cui caratteristiche di forma sono regolamentate (quali, ad esempio, il pallone per il gioco del rugby).

47.      Tale posizione sembra prevalere nella prassi amministrativa dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli (UAMI) concernente il marchio comunitario (17).

48.      Alla luce della seconda posizione, che poggia su un’interpretazione estensiva, l’impedimento di cui trattasi comprende – rispetto a tutti i prodotti – la forma maggiormente ammessa, che esprime nel modo più fedele possibile la sostanza di un dato prodotto (18). Trattasi di segni che costituiscono un tipico esempio di una data categoria semantica, in altre parole di segni che si riferiscono a percezioni dei consumatori in merito alle caratteristiche essenziali di un dato prodotto. Il divieto di registrazione riguarderebbe esclusivamente le caratteristiche (generiche) di un dato prodotto risultanti dalla sua funzione. Il divieto non riguarderebbe invece le caratteristiche particolari del prodotto in questione nonché quelle che risultano dal concreto impiego del prodotto stesso (19).

49.      Alla luce di tale seconda posizione, non dovrebbe essere ammessa la registrazione di una forma costituita esclusivamente dalle caratteristiche abitualmente ammesse per un dato prodotto, come – per utilizzare gli esempi cui ricorre il governo britannico nella fase orale nonché richiamati a più riprese in dottrina – la forma di un parallelepipedo per il mattone, la forma di un recipiente fornito di becco, coperchio e manico per una teiera o anche i denti ordinati in forma di forchetta per una forchetta.

50.      Nel mio convincimento, la prima posizione, restrittiva, benché lecita attraverso l’interpretazione linguistica della disposizione di cui trattasi, non è pertinente alla luce della sua ratio legis.

51.      Anzitutto, la prima posizione può condurre a rimettere in questione la sostanza del presupposto formulato all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva. È in effetti difficile immaginarsi un legislatore razionale il quale avrebbe previsto un impedimento alla registrazione dalla portata così stretta da essere in realtà limitata alle forme create dalla natura o fissate uniformemente per via normativa. Con un’interpretazione così restrittiva, il menzionato criterio appare superfluo, ed una forma del genere né possiede manifestamente una capacità distintiva, né può acquisirla in seguito all’uso. La sua registrazione sarebbe comunque esclusa alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c) della direttiva, mentre l’articolo 3, paragrafo 3, mai troverebbe applicazione in rapporto a queste ultime.

52.      Inoltre la proposta di un’interpretazione a tal punto restrittiva della disposizione in esame non ne rimetterebbe in discussione solo la portata normativa. Un’interpretazione siffatta sarebbe anche in contrasto col postulato secondo cui i tre criteri formulati all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva perseguono un comune obiettivo (20).

53.      Prima di passare alla conclusione riguardo all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, vorrei riferirmi alla giurisprudenza della Corte concernente il secondo trattino di tale disposizione. Ricordo che la disposizione in parola vieta la registrazione delle «forme necessarie per ottenere un risultato tecnico». Nella sentenza in occasione della causa Philips la Corte ha dichiarato che il suddetto presupposto si riferisce alle forme le cui caratteristiche essenziali (il corsivo è mio) svolgono una funzione tecnica. L’istituzione dell’esclusività, inerente alla tutela del marchio, non può ostare alla possibilità per i concorrenti di offrire prodotti incorporanti la medesima funzione tecnica. Non può neppure costituire un ostacolo che limiterebbe la possibilità per i concorrenti di scegliere una soluzione idonea ad ottenere una determinata funzione tecnica. Qualora le caratteristiche funzionali essenziali della forma di un prodotto siano attribuibili esclusivamente al risultato tecnico, il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), secondo trattino esclude la registrazione di un segno costituito da detta forma, anche se il risultato tecnico di cui trattasi può essere conseguito tramite altre forme (21).

54.      A mio avviso, la soluzione di cui supra – tenuto conto della convergenza dei principi sottostanti alla base dei tre criteri di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva – è applicabile anche nel caso di un criterio che esclude la registrazione di un segno costituito esclusivamente dalla «forma imposta dalla natura stessa del prodotto».

55.      Dato quanto precede, condivido l’opinione che il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva escluda la registrazione di una forma di cui tutte le caratteristiche essenziali risultano dalla natura di un dato prodotto, e quindi sono predeterminate dalla funzione d’uso assicurata da tale prodotto.

56.      A mio parere, occorre in tal caso prendere in considerazione la seguente circostanza. Proprio talune caratteristiche della forma hanno una rilevanza particolarmente essenziale per la funzione assicurata da un determinato prodotto. Esse possono essere anche caratteristiche di forma tali che riesce difficile qualificarle come necessarie al raggiungimento di un «risultato tecnico» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), secondo trattino, della direttiva.

57.      Poiché si tratta nel presente caso di quelle caratteristiche che hanno rilevanza essenziale per la funzione di un dato prodotto, esse sono anche senza dubbio le caratteristiche che può cercare il consumatore nei prodotti concorrenti. Da un punto di vista economico, trattasi di caratteristiche di forma che non dispongono di un appropriato equivalente sostitutivo (caratteristica ottimale di sostituzione).

58.      Riservare caratteristiche siffatte a favore di un solo operatore economico renderebbe difficile ad imprese concorrenti la loro attribuzione alla forma dei prodotti che sarebbe del pari adatta all’uso. Ciò condurrebbe al fatto che il titolare del marchio otterrebbe un vantaggio rilevante che eserciterebbe un’influenza negativa sulla struttura della concorrenza nel mercato in questione.

59.      Alla luce delle considerazioni di cui supra, non ho dubbi che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, esclude manifestamente la registrazione di forme le cui caratteristiche essenziali risultano dalla funzione di un dato prodotto. Potrebbe trattarsi in tal caso, ad esempio, di gambe fissate ad un piano orizzontale per un tavolo, o anche di una soletta ortopedica insieme ad una correggia a forma di lettera «V» per delle infradito. La disposizione in esame può avere tuttavia una grande rilevanza anche per valutare l’ammissibilità della registrazione di segni costituiti da forme di prodotti più complessi, ad esempio la forma dello scafo di un veliero e le eliche di un aereo.

60.      Si deve qui prendere in considerazione anche la circostanza che, in rapporto agli impedimenti alla registrazione formulati all’articolo 3, paragrafo 1, lettere b), c) e d) della direttiva, il legislatore ha la possibilità di acquisizione, per un determinato segno, di una capacità distintiva derivata in seguito al suo uso ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva.

61.      Invece, l’attuazione dell’impedimento alla registrazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva non può essere esclusa fondandosi sull’articolo 3, paragrafo 3, della medesima. Il fatto di richiamarsi al suddetto impedimento significa pertanto che la registrazione di una data forma è assolutamente esclusa. Siffatta presunzione è conforme all’obiettivo della disposizione in parola, laddove essa è diretta a che le caratteristiche essenziali della forma, importanti per la funzione di un dato prodotto, non possano essere monopolizzate grazie alla dimostrazione di una capacità distintiva derivata.

62.      Nell’interpretare l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva, occorre inoltre tener conto della circostanza – che sopravviene anche nel caso del presupposto formulato nel secondo trattino – che la registrazione del marchio riproducente la forma di un prodotto può rendere impossibile non solo l’utilizzazione di una data forma, ma anche quella di forme simili. Nel caso della registrazione di un segno la cui forma è costituita esclusivamente dalle caratteristiche imposte dalla natura di un dato prodotto, numerose forme alternative potrebbero rivelarsi inaccessibili ai concorrenti (22).

63.      Il suddetto argomento ha una particolare rilevanza relativamente alle forme di prodotti di uso corrente per i quali l’invenzione creatrice è limitata dalla necessità di ottenere un risultato funzionale. Una circostanza del genere giustifica l’inammissibilità della registrazione di quelle forme le cui proprietà fondamentali sono determinate esclusivamente dalla funzione utilitaria di un dato prodotto.

64.      Viceversa, a mio avviso, l’impedimento alla registrazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino non è applicabile alle forme che, oltre alle suddette (generiche) proprietà funzionali, contengono altre caratteristiche essenziali. Queste caratteristiche non possono tuttavia risultare direttamente dalla funzione di un dato prodotto, ma devono essere unicamente l’espressione dell’applicazione concreta della funzione stessa. Siffatta applicazione concreta può essere, ad esempio, l’impugnatura di uno spazzolino da denti con la forma di una figura fiabesca o anche la cassa di risonanza di una chitarra disegnata in maniera divergente da come ci si immagina abitualmente la forma di tale strumento.

65.      Alla luce delle precedenti considerazioni, occorre, a mio avviso, rispondere alla prima questione, lettera a), posta dal giudice del rinvio nella maniera seguente: il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva riguarda la forma di cui tutte le caratteristiche essenziali sono imposte dalla natura di un dato prodotto, mentre è irrilevante la circostanza che questo prodotto possa assumere altre forme alternative.

66.      Alla luce della suddetta interpretazione, non occorre rispondere alla questione 1, lettera b).

C –    Interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva (seconda questione)

67.      Nella seconda questione, il giudice del rinvio solleva una serie di questioni connesse con l’interpretazione dell’impedimento alla registrazione del marchio concernente la «forma che dà un valore sostanziale al prodotto».

68.      Come risulta dall’ordinanza del giudice del rinvio, Stokke i Opsvik rimettono in questione nel procedimento principale la constatazione del Gerechtshof ’s‑Gravenhage, alla luce della quale la forma considerata soggiace all’impedimento alla registrazione tenendo conto della circostanza che essa è molto attraente e conferisce un valore sostanziale alla sedia per bambini Tripp Trapp. In particolare, essi affermano che i consumatori acquistano Tripp Trapp anzitutto in considerazione del fatto che la sedia è solida, sicura, funzionale ed ergonomica. Inoltre il «design» di tale sedia, anche se influisce sul suo valore, non è la causa fondamentale del suo acquisto.

69.      Vorrei preliminarmente notare che il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva non è formulato in maniera trasparente (23). Lo dimostra il fatto che sussistano differenze di interpretazione per questa disposizione.

70.      Ho l’impressione che tutte le soluzioni dottrinali e giurisprudenziali circa il modo di interpretare il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, poggino su premesse teleologiche simili. Esse muovono dal presupposto che il fine principale del divieto di registrazione delle forme che conferiscono un valore sostanziale al prodotto è la delimitazione della tutela dei marchi nonché di quella di altri beni immateriali (consistenti nella tutela a titolo del diritto dei modelli industriali o anche del diritto d’autore). Nel procedere all’interpretazione della disposizione in questione, occorre quindi tendere all’esclusione di una situazione in cui il diritto di marchio potrebbe essere utilizzato esclusivamente per fini la cui realizzazione è al servizio di altri diritti di proprietà intellettuale (24).

71.      L’adozione di simili premesse teleologiche non conduce tuttavia ad un’interpretazione uniforme dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva.

72.      È possibile segnalare al riguardo il delinearsi di due tendenze giurisprudenziali. Da un lato, si tratta prima di tutto della giurisprudenza dei giudici tedeschi e, dall’altro, della giurisprudenza delle commissioni di ricorso dell’UAMI nonché del Tribunale dell’Unione europea.

73.      Alla luce della giurisprudenza del Bundesgerichtshof (25) (Corte Suprema federale tedesca) nonché della dottrina tedesca (26), la disposizione in esame esclude la registrazione delle forme qualora il valore estetico del prodotto manifestato attraverso la sua forma sia così importante che la funzione principale del marchio, cioè l’indicazione di una determinata origine, perde la sua importanza. Se viceversa – dalla prospettiva del giro d’affari – la forma estetica non costituisce in via esclusiva un dato prodotto, ma solo un «elemento» della sua totalità, la cui funzione d’uso o la cui destinazione risulta da altre proprietà, è allora ammessa la registrazione di una forma siffatta.

74.      Secondo l’interpretazione rappresentata, l’impedimento alla registrazione sub iudice riguarda prima di tutto le opere d’arte e l’arte applicata nonché i prodotti che assolvono una funzione esclusivamente decorativa. Invece essa non esclude la registrazione di forme di prodotti i quali, oltre alla funzione decorativa, possiedono anche un’altra funzione utilitaria, come ad esempio una sedia o una poltrona (27).

75.      In un’altra direzione è orientata la prassi giurisprudenziale dell’UAMI, confermata dalla sentenza del Tribunale nella causa Bang & Olufsen/UAMI (Raffigurazione di un altoparlante) (28).

76.      Secondo tale sentenza, la constatazione che la forma dà un valore sostanziale al prodotto non esclude che un valore sostanziale possa essere conferito a tale prodotto anche da altre proprietà, cioè – come nel caso di un altoparlante – dalle sue qualità tecniche. In altre parole, giusto il mero fatto che il disegno di un determinato prodotto sia un elemento molto importante dal punto di vista del consumatore dimostra che la forma dà al prodotto un valore sostanziale. È irrilevante al riguardo che il consumatore prenda in considerazione anche altre caratteristiche di quel dato prodotto (29). Un’interpretazione siffatta risulta essere applicata in maniera conseguente nella prassi UAMI (30).

77.      Alla luce della prima linea giurisprudenziale, rappresentata anzitutto dalla giurisprudenza dei giudici tedeschi, il criterio stabilito al terzo trattino è applicabile solo in quelle situazioni in cui i valori estetici di una determinata forma sono talmente importanti che la funzione principale del marchio perde di rilevanza. Ciò accade quando il valore economico di un dato prodotto poggia esclusivamente sul design, come nel caso di un’opera d’arte applicata o di taluni prodotti manufatti da collezione.

78.      Siffatto punto di vista suscita i miei dubbi. Condivido naturalmente il fatto che la forma di un’opera d’arte, compresa un’opera d’arte applicata, non può, in considerazione della sua propria natura, soddisfare la funzione di un marchio relativamente a tale opera. Tuttavia la circostanza che una data forma costituisca esclusivamente un oggetto estetico e perciò non possa funzionare quale marchio non è, a mio avviso, l’unica situazione coperta dall’ipotesi di cui alla disposizione in esame. Mi risulta quindi difficile condividere la premessa fondamentale della posizione menzionata secondo la quale la nozione «forma che dà un valore sostanziale al prodotto» è limitata ai casi in cui il valore economico del prodotto è incluso esclusivamente nella sua forma estetica.

79.      A mio parere l’interpretazione della disposizione in parola dovrebbe tendere ad attribuirle un significato conforme all’obiettivo generale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva. Tale disposizione mira a che la tutela del marchio non venga utilizzata per uno scopo diverso da quello per cui è stata istituita, ed in particolare a che non sia utilizzata per ottenere uno sleale vantaggio di mercato non risultante da una concorrenza basata sulla qualità e sul prezzo.

80.      Secondo la mia comprensione, il presupposto formulato all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva ha per scopo l’esclusione della monopolizzazione delle caratteristiche esterne di un dato prodotto le quali non adempiono alcuna funzione tecnica o utilitaria, ma al tempo stesso aumentano il carattere attrattivo del prodotto ed esercitano una grande influenza sulle preferenze dei consumatori.

81.      Secondo una siffatta interpretazione, il campo di applicazione del presupposto di cui al terzo trattino della disposizione in parola non è limitato alle opere d’arte o d’arte applicata. Esso riguarda anche tutti gli altri oggetti d’uso per i quali il design è uno degli elementi essenziali che decidono della loro attrattività e, pertanto, del successo del rispettivo prodotto sul mercato.

82.      Non mi riferisco in proposito unicamente a talune categorie di prodotti che – in generale – vengono acquistate a causa della loro forma estetica, come accade per la bigiotteria o le posate decorate.

83.      La disposizione di cui si discute riguarda, a mio avviso, anche quei prodotti che non sono generalmente considerati come oggetti che assicurano una funzione ornamentale, ma in rapporto ai quali l’estetica della forma svolge un ruolo essenziale su un certo definito segmento di mercato, come si verifica per i mobili di design.

84.      Vero è che nessuno acquista un altoparlante unicamente per disporlo in un angolo quale oggetto decorativo per l’interno del locale. Nondimeno, su un certo segmento di mercato, la forma degli altoparlanti decide senza alcun dubbio del loro carattere attrattivo.

85.      L’interpretazione da me proposta della disposizione in questione prende in considerazione il fatto che un determinato prodotto può soddisfare molteplici funzioni. Non soggiace infatti a dubbio che, al di fuori della sua funzione d’uso originaria (ad esempio, un altoparlante quale apparecchio per ascoltare la musica), un prodotto può soddisfare anche altre esigenze del consumatore. È concepibile che il valore sostanziale di un prodotto non derivi solo dalle caratteristiche che servono ad attuare la sua funzione d’uso, ma anche dai suoi valori estetici (ad esempio, un altoparlante può soddisfare anche una funzione decorativa). La circostanza che un dato prodotto, oltre alla funzione estetica, adempia anche una funzione d’uso non deve, secondo il mio convincimento, escludere la possibilità di applicare l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva. Questo è, a mio avviso, il caso di determinati prodotti di design per i quali le qualità estetiche della forma costituiscono il principale o quantomeno uno dei motivi principali che inducono il consumatore a decidere l’acquisto.

86.      Un esame a parte è necessario invece per la questione relativa alle circostanze fattuali da prendere in considerazione per dimostrare che la forma in questione di un prodotto attribuisce a quest’ultimo un «valore sostanziale» [seconda questione, lettere a), c) e d)].

87.      La questione del giudice del rinvio riguarda prima di tutto la necessità eventuale di tener conto del modo in cui la forma in questione è percepita dal pubblico rilevante.

88.      Vorrei far notare, in primo luogo, che gli impedimenti alla registrazione formulati all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva possono – semplificando – essere divisi in due gruppi. Anzitutto, vi sono quegli impedimenti che considerano l’inammissibilità della registrazione dal punto di vista del consumatore, nella misura in cui riguardano segni non rispondenti al criterio della capacità distintiva i quali non possono servire al pubblico come indicatori quanto all’origine del prodotto o possono indurlo in errore [lettere b) e g)]. In secondo luogo, trattasi di quegli impedimenti che sono diretti anche a tutelare le imprese concorrenti, avendo per scopo di mantenere taluni segni di dominio pubblico [lettere c) ed e)].

89.      Procedendo all’analisi di un dato segno sotto il profilo della conformità al suddetto primo gruppo di impedimenti, la percezione del segno da parte del pubblico rilevante deve necessariamente essere presa in considerazione (31). A sua volta, nel caso del secondo gruppo di impedimenti, occorre valutare la maniera di percepire un dato segno in una più ampia prospettiva. Si deve prendere in considerazione sia la maniera di percepire un dato segno da parte del pubblico rilevante, sia gli effetti economici che potranno risultare dal fatto di riservare il medesimo segno a favore di una sola impresa. In altre parole, occorre valutare se la registrazione del segno non influisca negativamente sulla possibilità di introdurre prodotti concorrenti sul mercato.

90.      Interpretando una disposizione analoga all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva, la Corte ha dichiarato che la percezione del segno da parte del consumatore medio non è un elemento decisivo e può tutt’al più costituire un utile elemento di valutazione per l’autorità competente quando essa provvede ad individuare le caratteristiche essenziali del segno (32).

91.      Ritengo che un simile ragionamento debba trovare applicazione in un caso di interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva.

92.      Non escludo che, in caso di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva, la percezione presunta da parte del consumatore può avere una rilevanza maggiore che in caso di applicazione del secondo trattino della disposizione in parola. Diversamente dal caso delle forme necessarie ad ottenere un risultato (secondo trattino), la valutazione se la forma in parola dia un valore sostanziale al prodotto (terzo trattino), ad esempio grazie alle caratteristiche estetiche della forma, implica la necessità di prendere in considerazione il punto di vista del consumatore medio.

93.      Tuttavia – come ho rilevato al paragrafo 89 delle presenti conclusioni –, la percezione della forma in questione da parte di un consumatore non è un criterio decisivo di valutazione. Essa costituisce una delle numerose constatazioni fattuali, in linea di principio oggettive, le quali possono dimostrare che le caratteristiche estetiche di una data forma esercitano sul carattere attrattivo del prodotto una così grande influenza che il fatto di riservarle a favore di un solo imprenditore perturberebbe le condizioni della concorrenza sul mercato in questione. Altre circostanze del genere sono ad esempio: la natura della categoria dei prodotti in questione, il valore artistico di una data forma, la sua diversità da altre forme abitualmente in uso sul mercato in questione, la rilevante differenza di prezzo in rapporto a prodotti concorrenti aventi caratteristiche simili, l’elaborazione da parte del produttore di una strategia promozionale che sottolinei le principali caratteristiche estetiche di un dato prodotto (33).

94.      Viste le considerazioni precedenti, ritengo che, per rispondere alla seconda questione, lettera b) sollevata dal giudice del rinvio, occorre considerare che la nozione di forma «che dà un valore sostanziale al prodotto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva si riferisce alla forma le cui caratteristiche estetiche costituiscono uno dei principali elementi che decidono del valore di mercato di un dato prodotto, essendo al contempo uno dei motivi della decisione di acquisto da parte del consumatore. Tale interpretazione non esclude che il prodotto possieda altre caratteristiche rilevanti per il consumatore.

95.      Invece, riguardo agli interrogativi di cui alla seconda questione, lettere a), c) e d), occorre constatare che l’opinione del consumatore medio è una delle circostanze, tra le altre, che è necessario prendere in considerazione nell’analizzare l’applicazione dell’impedimento alla registrazione in esame, accanto a circostanze quali la natura della categoria di prodotti in questione, il valore artistico di una data forma, la sua diversità da altre forme abitualmente in uso sul mercato in questione, la rilevante differenza di prezzo in rapporto a prodotti concorrenti, una strategia promozionale che sottolinei le principali caratteristiche estetiche di un dato prodotto. Nessuna di siffatte circostanze è di per sé decisiva.

D –    Possibilità di un’applicazione cumulativa dei criteri formulati all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo e terzo trattino, della direttiva (terza questione)

96.      Con la terza questione il giudice del rinvio valuta la possibilità di un’applicazione cumulativa dei due diversi impedimenti alla registrazione previsti all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo e terzo trattino.

97.      Come risulta dall’ordinanza del giudice del rinvio, la questione di cui trattasi concerne l’ammissibilità della registrazione di un segno che rappresenta una forma tridimensionale, di cui alcune caratteristiche danno un valore sostanziale ad un dato prodotto (terzo trattino), mentre le rimanenti sono imposte dalla natura del prodotto (primo trattino).

98.      Le opinioni delle parti del procedimento sulla questione dell’ammissibilità di un cumulo siffatto sono divergenti (34).

99.      Sono convinto che la risposta alla questione così posta risulta in una certa misura dalla struttura normativa del disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva, il quale contiene tre criteri alternativi di cui ognuno istituisce un autonomo impedimento alla registrazione. Una struttura siffatta della disposizione pare escludere la sua applicazione ad una situazione in cui ciascuno dei tre criteri non fosse integralmente soddisfatto.

100. Tale posizione è giustificata anche da un’interpretazione letterale. Conformemente al tenore letterale della disposizione in parola, ognuno dei tre criteri alternativi figuranti all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva riguarda segni che sono costituiti «esclusivamente» da forme descritte nel singolo trattino.

101. Se, d’altro canto, si prende in considerazione l’interpretazione teleologica del disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva, tale disposizione, come già ricordato, persegue un unico obiettivo di interesse generale. Ciascuno dei tre criteri formulati nei vari trattini è diretto ad impedire una situazione in cui l’esclusività sul segno in questione condurrebbe a monopolizzare le caratteristiche essenziali del prodotto che si riflettono nella forma di quest’ultimo.

102. L’interpretazione da me proposta dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), significa che l’applicazione del criterio di cui al primo trattino non esclude che il prodotto in questione possa rivestire forme diverse, mentre l’applicazione del criterio di cui al terzo trattino non esclude che, oltre ad una funzione estetica, il prodotto adempia anche altre funzioni rilevanti per il consumatore.

103. Alla luce di un’interpretazione siffatta dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva, l’applicazione cumulativa dei criteri in questione non mi pare necessaria al conseguimento dello scopo cui mira la disposizione in parola.

104. Nella presente causa, qualora il giudice nazionale ritenesse che la forma della sedia Tripp Trapp dia un valore sostanziale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva e soddisfi pienamente, quindi, le condizioni per l’applicazione del suddetto criterio, sarebbe irrilevante che tale forma risponda anche ad altre caratteristiche, quali la sicurezza o i requisiti ergonomici, i quali potrebbero inoltre essere valutati sotto il profilo del criterio di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva.

105. L’interpretazione così proposta dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva non esclude pertanto analisi parallele delle medesime circostanze sotto il profilo dell’adempimento di uno o più criteri di cui al singolo trattino. L’impedimento alla registrazione o il motivo di nullità sono possibili solo a condizione che almeno uno di tali presupposti risulti integralmente adempiuto.

106. Da ultimo, intenderei però sollevare una riserva nei confronti della suddetta proposta di interpretazione della disposizione in esame.

107. Vorrei precisamente far notare che si dovrebbe ammettere l’applicazione cumulativa dei criteri figuranti all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva nell’ipotesi di segni che siano percepiti dai consumatori solo come una riunione di forme diverse. Mi riferisco qui a segni consistenti nella composizione di più oggetti diversi, come ad esempio il segno che rappresenta la struttura di una stazione di riferimento di idrocarburi o la configurazione di un negozio di commercio al dettaglio (35), e che quindi di fatto non rappresentano la forma del prodotto, ma riflettono materialmente le circostanze in cui è prestato un dato servizio.

108. A mio parere – purché si consideri che segni «compositi» del genere possono realizzare la funzione del marchio –, occorrerebbe anche valutare l’ammissibilità di un cumulo di criteri in occasione dell’applicazione ad essi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva.

109. Tale questione esce però dalla portata della presente causa.

110. Sulla base dei motivi esposti, occorre, a mio parere, rispondere alla terza questione nel senso che un medesimo segno può essere analizzato parallelamente sotto il profilo dei criteri figuranti all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo e terzo trattino, mentre l’impedimento alla registrazione o il motivo di nullità sussistono solo quando le condizioni di applicazione sono integralmente soddisfatte almeno per uno di tali criteri.

VI – Conclusioni

111. Avendo riguardo alle precedenti considerazioni, propongo che la Corte risponda alle questioni sollevate dallo Hoge Raad der Nederlanden nella maniera seguente:

1)      La nozione di forma «risultante dalla natura stessa del prodotto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della Prima direttiva del Consiglio 89/104/CEE, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, riguarda la forma di cui tutte le caratteristiche essenziali sono imposte dalla natura di un dato prodotto. È irrilevante la circostanza che questo prodotto possa anche assumere altre forme alternative.

2)      La nozione di forma «che dà un valore sostanziale al prodotto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della direttiva si riferisce alla forma le cui caratteristiche estetiche costituiscono uno dei principali elementi che decidono del valore di mercato del prodotto in questione, essendo al contempo uno dei motivi della decisione di acquisto da parte del consumatore. Tale interpretazione non esclude che il prodotto possieda altre caratteristiche rilevanti per il consumatore.

L’opinione del consumatore medio è una delle circostanze, tra le altre, che è necessario prendere in considerazione nell’analizzare l’applicazione dell’impedimento alla registrazione in esame, accanto a circostanze quali la natura della categoria di prodotti in questione, il valore artistico di una data forma, la sua diversità da altre forme abitualmente in uso sul mercato in questione, la rilevante differenza di prezzo in rapporto a prodotti concorrenti, una strategia promozionale che sottolinei le principali caratteristiche estetiche di un dato prodotto. Nessuna di siffatte circostanze è di per sé decisiva.

3)      Un medesimo segno può essere analizzato parallelamente sotto il profilo dei criteri figuranti all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo e terzo trattino, mentre l’impedimento alla registrazione o il motivo di nullità sussistono solo quando le condizioni di applicazione sono integralmente soddisfatte almeno per uno di tali criteri.


1 –      Lingua originale: il polacco.


2 –      V. i lavori della 17a sessione del comitato permanente dell’OMPI in materia di marchi, modelli industriali nonché indicazioni geografiche, riguardante i nuovi tipi di marchi (accessibili sulla pagina http://www.wipo.int/policy/fr/sct/). Codesta dottrina ha posto in rilievo che la registrazione non dovrebbe suscitare dubbi, ad eccezione delle forme che «risultano dalla natura stessa dell’oggetto» o sono condizionate da esigenze produttive. Si è pure rilevata la possibilità di cumulo con la tutela sul fondamento della legge del 1806 sui modelli industriali; v. E. Pouillet, Traité des marques de fabrique et de la concurrence déloyale en tous genres, Paris, Marchal e Billard 1875, pagg. 38-41. Nella Polonia tra le due guerre, l’articolo 107 della legge del 5 febbraio 1924 sulla tutela delle invenzioni, dei modelli e dei marchi ha espressamente autorizzato la possibilità di registrazione di marchi costituiti da forme plastiche.


3 –      Prima direttiva del Consiglio 89/104/CEE, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»). Tale direttiva è stata sostituita in un periodo successivo dalla direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25). Tuttavia – considerato il contesto fattuale della causa sub iudice – trova applicazione la direttiva 89/104. In entrambi gli atti normativi il disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), il cui tenore letterale è identico, disciplina la problematica dei marchi risultanti dalla forma del prodotto.


4 –      Occorre notare a questo punto che sussiste una differenza certa tra il citato frammento della disposizione nella lingua processuale, il quale si riferisce ad una «forma che dà un valore sostanziale ad un prodotto» (analogamente nelle lingue tedesca, spagnola, inglese, francese e a.) ed il testo di tale disposizione nella lingua polacca, il quale parla di «forma che accresce sostanzialmente il valore del prodotto». Siffatta differenza non conduce, a mio avviso, a divergenze nella comprensione del significato della disposizione.


5 –      Tale nozione comprende le forme tri- o bidimensionali nonché i segni grafici (figurativi) che rappresentano la forma di un prodotto; v. sentenza Philips, C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 76. Identica disposizione è stata inserita all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1), e precedentemente all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (CE) del Consiglio n. 40/94, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1).


6 –      Sentenze Philips, EU:C:2002:377, punto 75, e Benetton Group, C‑371/06, EU:C:2007:542, punti da 25 a 27.


7 –      Sentenze Philips, EU:C:2002:377; Lego Juris/UAMI, C‑48/09 P, EU:C:2010:516; ed anche sentenze del Tribunale: Yoshida Metal Industry /UAMI – Pi-Design e a.. (Raffigurazione di una superficie triangolare, coperta da dischi neri), T‑331/10, EU:T:2012:220; Yoshida Metal Industry/UAMI – Pi-Design e a. (Raffigurazione di una superficie triangolare, coperta da dischi neri), T‑416/10, EU:T:2012:222, e, Reddig/UAMI – Morleys (Manico di coltello), T‑164/11, EU:T:2012:443.


8 –      Sentenze Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punti da 25 a 27, e Philips, EU:C:2002:377, punto 77.


9 –      Sentenze Windsurfing Chiemsee, EU:C:1999:230, punto 25, e Philips, EU:C:2002:377, punti da 78 a 79.


10 – V.R. Skubisz, Prawo z rejestracji znaku towarowego i jego ochrona. Studium z zakresu prawa polskiego na tle prawno-porównawczym [Il diritto derivato della registrazione del marchio e la sua tutela. Analisi del diritto polacco secondo un approccio comparatista], Lublino 1988, pagg. 15‑18, 235-236; E. Wojcieszko-Głuszko, Pojęcie znaku towarowego [La nozione del marchio], in: System prawa prywatnego [Il sistema del diritto privato], volume 14b – Prawo własności przemysłowej [Il diritto della proprietà industriale], Varsavia, CH Beck, Instytut Nauk Prawnych PAN 2012, pagg. 427‑428.


11 –      V.W.M. Landes, R.A. Posner, The Economic Structure of Intellectual Property Law, Cambridge, Harvard University Press 2003, pagg. 166‑168; A. Griffiths, An Economic Perspective on Trade Mark Law, Cheltenham, Elgar Publishing 2011, pagg. 47‑53, 157.


12 –      V., per analogia, sentenze Lego Juris/UAMI, EU:C:2010:516, punto 38; Pi-Design e a./UAMI e UAMI/Yoshida Metal Industry, da C‑337/12 P a C‑340/12 P, EU:C:2014:129, punto 42.


13 –      Ciò risulta, tra l’altro, dall’articolo 16 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 98/71/CE, del 13 ottobre 1998, sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (GU L 289, pag. 28). V. J. Szwaja, E. Wojcieszko-Głuszko, I.B. Mika, Kumulacja i kolizja praw własności przemysłowej (na przykładzie wzorów przemysłowych i znaków towarowych) [Cumulo e collisione dei diritti di proprietà intellettuale – esempio dei modelli industriali e dei marchi], Kwartalnik Prawa Prywatnego, 2001, fascicolo 2, pag. 343.


14 –      Nel diritto federale degli Stati Uniti d’America, si riferisce a tale problema la cosiddetta «concezione della funzionalità» («functionality doctrine») elaborata per via giurisprudenziale e successivamente codificata dalla legge; v. A. Horton, Designs, shapes and colours: a comparison of trade mark law in the United Kingdom and the United States, European intellectual property review, 1989, Vol. 11, pag. 311.


15 –      Quanto all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 40/94, v. sentenza del Tribunale Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone), T‑122/99, EU:T:2000:39, punto 55.


16 –      Nella presente causa una posizione siffatta risulta dalle osservazioni di Stokke i Opsvik nel procedimento principale ed anche dalle osservazioni dei governi italiano e portoghese nonché della Commissione.


17 –      V. raccomandazioni relative ai procedimenti dinanzi all’UAMI, confermate da ultimo con la decisione del presidente dell’UAMI n. EX-13‑5, del 4 dicembre 2013 (in prosieguo: le «raccomandazioni dell’UAMI», parte B, capitolo 4 (Impedimenti assoluti alla registrazione), punto 2.5.2. V. anche Folliard -Monguiral, D. Rogers, The protection of shapes by the Community trade mark, European intellectual property review, 2003, Vol. 25, pag. 173.


18 –      Una posizione siffatta si riflette nelle osservazioni della società Hauck, ed anche – con determinate eccezioni – dei governi tedesco e polacco nonché del governo del Regno Unito.


19 –      V. H. Fezer, MarkenG § 3, in: H. Fezer (a cura di), Markenrecht, 4a edizione, Monaco, Beck 2009, Rn 663; G. Eisenführ, Art. 7, in: G. Eisenführ, D. Schennen (a cura di), Gemeinschaftsmarkenverordnung, 3a edizione, Colonia, Wolters Kluwer 2010, Rn 197, nonché A. Firth, E. Gredley, S. Maniatis, Shapes as trade marks: public policy, functional considerations and consumer perception, European intellectual property review, 2001, Vol. 23, pag. 92.


20 –      Nella presente causa la Commissione muove dalla premessa – a mio parere errata – che l’impedimento alla registrazione di cui al primo trattino della disposizione in esame è di natura diversa dai presupposti fissati nei due rimanenti trattini, cioè il secondo e il terzo. Secondo la Commissione, il presupposto in parola non riguarda la monopolizzazione di talune caratteristiche essenziali del prodotto, ma mira a prevenire la creazione di un «monopolio naturale» in rapporto al prodotto in quanto tale e quindi una situazione in cui la riserva, a favore di un unico soggetto, dell’unica forma possibile del prodotto escluderebbe qualsiasi concorrenza.


21 – Sentenza Philips, EU:C:2002:377, punti 79 e 83.


22 –      V., relativamente all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), ii), del regolamento n. 40/94, sentenza Lego Juris/UAMI, EU:C:2010:516, punto 56.


23 –      Ad esempio, gli autori dello studio redatto su incarico della Commissione dall’Istituto Max Planck per il diritto di proprietà intellettuale ed il diritto della concorrenza indicano che la ratio legis di tale disposizione non è chiara e suggerisce la sua abrogazione o modifica; v. Study of the overall functioning of the European trade mark system, Monaco 2011, punti 2.32‑2.33 a pagg. 72‑73 (accessibile alla pagina http://ec.europa.eu/internal_market/indprop/tm/index_en.htm). La proposta di rifusione della direttiva, attualmente nella fase del procedimento legislativo, parte tuttavia dal principio di mantenere la disposizione senza modificarne il tenore letterale [(COM(2013) 162, del 23 marzo 2013)].


24 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Philips, C‑299/99, EU:C:2001:52, punti 30 e 31.


25 –      V. sentenza del 24 maggio 2007, «Fronthaube» (I ZB 37/04), BGH GRUR 2008, 71, punto 23. Il Bundesgerichtshof si è qui riferito ad una giurisprudenza degli anni ’50: sentenze del 22 gennaio 1952 «Hummelfiguren» (I ZR 68/51), BGHZ 5, 1, nonché del 9 dicembre 1958, «Rosenthal-Vase» (I ZR 112/57), BGHZ 29, 62, 64.


26 –      V. H. Fezer, op.cit. (nota 19), Rn 696, Eisenführ, op. cit. (nota 19), Rn 201.


27 –      V., ad esempio, sentenza del Bundespatentgericht (Tribunale federale dei brevetti tedesco) dell’8 giugno 2011, «Barcelona – Sessel» (26 W (pat) 93/08), concernente la cosiddetta sedia di Barcellona progettata dal celebre architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe. Il giudice tedesco ha statuito che la forma interessata non soddisfa il presupposto di nullità concernente la forma che dà un valore sostanziale al prodotto in quanto la sua prima destinazione e funzione d’uso è la funzione di mobile che serve da sedile («Sitzmöbel»), che, oltre ai profili estetici, deve soddisfare requisiti ergonomici.


28 –      Sentenza Bang & Olufsen/UAMI (Raffigurazione di un altoparlante), T‑508/08, EU:T:2011:575. Tale sentenza riguardava un ricorso avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 10 settembre 2008 (caso R 497/2005‑1).


29 –      V., quanto all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), iii), del regolamento n. 40/94, sentenza Bang & Olufsen/UAMI (Raffigurazione di un altoparlante), EU: T:2011:575, punti 73 e 77. Una posizione simile e più ampia che non si limita ai manufatti aventi esclusivamente una funzione decorativa è sostenuta anche in dottrina: v. Folliard-Monguiral, Rogers, op. cit., (nota 17), pag. 175; Firth, Gredley, Maniatis, op. cit. (nota 19), pag. 94.


30 –      V. le decisioni delle commissioni di ricorso UAMI concernenti la forma della sedia «Alu-Chair» progettata dagli architetti americani Charles e Ray Eames (decisione del 14 dicembre 2010 nel caso R 486/2010‑2) nonché di una bottiglia in forma di diamante concepita dal designer egiziano Karim Rashid (decisione del 23 maggio 2013 nel caso R 1313/2012‑1), nonché le raccomandazioni dell’UAMI, parte B, cap. 4, punto 2.5.4.


31 –      Sentenze Koninklijke KPN Nederland, C‑363/99, EU:C:2004:86, punti 34 e 56, nonché Deutsche SiSi‑Werke/UAMI, C‑173/04 P, EU:C:2006:20, punti da 60 a 63.


32 –      V., relativamente all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), ii, del regolamento n. 40/94, sentenza Lego Juris/UAMI, C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punto 76. V. anche, circa il punto iii) del medesimo articolo, sentenza Bang & Olufsen/UAMI (Raffigurazione di un altoparlante), EU:T:2011:575, punto 72.


33 –      V., in tal senso, le circostanze prese in considerazione dal Tribunale, relativamente all’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), iii), del regolamento n. 40/94, nella sentenza Bang & Olufsen/UAMI (Raffigurazione di un altoparlante), EU:T:2011:575, punti 74 e 75.


34 –      La società Hauck, i governi polacco e del Regno Unito suggeriscono una risposta che ammette tale cumulo, mentre le rimanenti parti del procedimento escludono siffatta possibilità.


35 –      V., quanto alla configurazione di un negozio, sentenza della Cour de cassation francese dell’11 gennaio 2000, n. 97‑19.604, nonché causa Apple (C‑421/13, pendente).