Language of document : ECLI:EU:T:2003:337

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

11 dicembre 2003 (1)

«Concorrenza - Regolamento (CEE) n. 4056/86 - Accertamenti nei locali di una società diversa da quella cui è destinata la decisione di accertamento - Art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) - Disciplina statale del trasporto marittimo e prassi delle autorità pubbliche - Applicabilità dell'art. 85 del Trattato - Imputabilità del comportamento costitutivo d'infrazione - Ammenda - Applicazione degli orientamenti per il calcolo delle ammende»

Nella causa T-66/99,

Minoan Lines SA, con sede in Heraklion (Grecia), rappresentata dall'avv. I. Soufleros, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. R. Lyal e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. A. Oikonomou, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda diretta a ottenere l'annullamento della decisione della Commissione 9 dicembre 1998, 1999/271/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 85 del Trattato CE (IV/34.466 - Traghetti greci) (GU 1999, L 109, pag. 24),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. J.D. Cooke, presidente, dal sig. R. García-Valdecasas e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 1° luglio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine del ricorso

1.
    La ricorrente, Minoan Lines SA, è una compagnia greca di navigazione traghetti che effettua servizi di trasporto passeggeri e veicoli sulla linea marittima tra Patras (Patrasso) (Grecia) e Ancona.

2.
    A seguito del reclamo presentato nel 1992 da un utente secondo il quale i prezzi dei traghetti fra la Grecia e l'Italia erano molto simili su tutte le linee, la Commissione, in conformità all'art. 16 del regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4056, che determina le modalità di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato ai trasporti marittimi (GU L 378, pag. 4), ha chiesto informazioni a taluni operatori di traghetti. Poi, ai sensi dell'art. 18, n. 3, del detto regolamento, ha eseguito accertamenti presso gli uffici di sei operatori di traghetti, cinque in Grecia e uno in Italia.

3.
    In particolare, il 4 luglio 1994, la Commissione ha adottato la decisione C(94) 1790/5, che imponeva alla società Minoan Lines di sottoporsi a un accertamento (in prosieguo: la «decisione di accertamento»). Il 5 e il 6 luglio 1994 gli agenti della Commissione hanno proceduto all'ispezione dei locali siti in viale Kifissias 64B, Maroussi, in Atene, i quali sono risultati poi appartenere alla società European Trust Agency (in prosieguo: l'«ETA»), una persona giuridica diversa da quella menzionata nella decisione di accertamento. Nel corso dell'accertamento la Commissione ha conseguito copia di un gran numero di documenti considerati in seguito elementi utilizzabili nei confronti delle diverse imprese coinvolte nell'indagine.

4.
    Successivamente sono state rivolte altre richieste di informazioni, ai sensi dell'art. 16 del regolamento n. 4056/86, alla ricorrente e ad altre compagnie di navigazione marittima per ottenere ulteriori ragguagli sui documenti rinvenuti nel corso degli accertamenti.

5.
    Con decisione 21 febbraio 1997 la Commissione ha avviato formale procedimento, inviando una comunicazione di addebiti a nove compagnie, fra cui la ricorrente.

6.
    Il 9 dicembre 1998 la Commissione ha adottato la decisione 1999/271/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 85 del Trattato CE (IV/34.466 - Traghetti greci) (GU 1999, L 109, pag. 24; in prosieguo: la «Decisione»).

7.
    La Decisione comprende le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

1.    Minoan Lines, Anek Lines, Karageorgis Lines, Marlines e Strintzis Lines hanno violato l'articolo 85, paragrafo 1, del trattato CE, concordando i prezzi da applicare ai servizi di traghetto roll-on/roll-off tra Patrasso ed Ancona. Le infrazioni hanno avuto la seguente durata:

a)    nel caso di Minoan Lines e Strintzis Lines, dal 18 luglio 1987 al luglio 1994;

b)    nel caso di Karageorgis Lines, dal 18 luglio 1987 al 27 dicembre 1992;

c)    nel caso di Marlines SA, dal 18 luglio 1987 all'8 dicembre 1989;

d)    nel caso di Anek Lines, dal 6 luglio 1989 al luglio 1994.

2.    Minoan Lines, Anek Lines, Karageorgis Lines, Adriatica di Navigazione SpA, Ventouris Group Enterprises SA e Strintzis Lines hanno violato l'articolo 85, paragrafo 1, del trattato CE, concordando le tariffe per autocarri da applicare sulle linee Patrasso-Bari e Patrasso-Brindisi. Le infrazioni hanno avuto la seguente durata:

a)    nel caso di Minoan Lines, Ventouris Group e Strintzis Lines, dall'8 dicembre 1989 al luglio 1994;

b)    nel caso di Karageorgis Lines, dall'8 dicembre 1989 al 27 dicembre 1992;

c)    nel caso di Anek Lines, dall'8 dicembre 1989 al luglio 1994;

d)    nel caso di Adriatica di Navigazione SpA, dal 30 ottobre 1990 al luglio 1994.

Articolo 2

Per l'infrazione di cui all'articolo 1, sono inflitte rispettivamente le seguenti ammende alle imprese sotto indicate:

-    a Minoan Lines, un'ammenda di 3,26 Mio di EUR,

-    a Strintzis Lines, un'ammenda di 1,5 Mio di EUR,

-    ad Anek Lines, un'ammenda di 1,11 Mio di EUR,

-    a Marlines, un'ammenda di 0,26 Mio di EUR,

-    a Karageorgis Lines, un'ammenda di 1 Mio di EUR,

-    a Ventouris Group Enterprises, un'ammenda di 1,01 Mio di EUR,

-    ad Adriatica di Navigazione SpA, un'ammenda di 0,98 Mio di EUR.

(...)».

8.
    La Decisione è indirizzata a sette imprese: Minoan Lines, con sede in Heraklion, Creta (Grecia) (in prosieguo: la «ricorrente» o la «Minoan»), Strintzis Lines, con sede in Il Pireo (Grecia) (in prosieguo: la «Strintzis»), Anek Lines, con sede in Hania, Creta (in prosieguo: l'«Anek»), Marlines SA, con sede in Il Pireo (in prosieguo: la «Marlines»), Karageorgis Lines, con sede in Il Pireo (in prosieguo: la «Karageorgis»), Ventouris Group Enterprises SA, con sede in Il Pireo (in prosieguo: la «Ventouris Ferries»), e Adriatica di Navigazione SpA, con sede in Venezia (in prosieguo: l'«Adriatica»).

Procedimento e conclusioni delle parti

9.
    Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria del Tribunale il 4 marzo 1999 la ricorrente ha proposto un ricorso diretto ad ottenere l'annullamento della Decisione.

10.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale e, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha chiesto alla Commissione di rispondere per iscritto a un quesito e di produrre taluni documenti. La Commissione ha ottemperato alle richieste nel termine impartito.

11.
    Le parti hanno svolto le loro osservazioni orali e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all'udienza svoltasi il 1° luglio 2002.

12.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare il ricorso ricevibile;

-    annullare la Decisione nella parte relativa alla ricorrente;

-    in subordine, annullare la sanzione inflitta alla ricorrente o quanto meno ridurre la stessa ad un importo equo;

-    condannare la Commissione alle spese.

    

13.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere interamente il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

14.
    La ricorrente deduce tre motivi a sostegno della sua domanda di annullamento della Decisione. Il primo verte sull'illegittimità del controllo effettuato negli uffici dell'ETA. Il secondo, su un'erronea applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE), visto che la Decisione imputa alla ricorrente iniziative e azioni dell'ETA. Il terzo, su un'erronea qualificazione dei fatti di specie come accordi vietati ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Tale ultimo motivo si articola in una prima parte, relativa a un'erronea applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto le imprese in causa non godevano della necessaria autonomia essendo il loro comportamento dettato dal contesto normativo e dalle sollecitazioni delle autorità greche, e in una seconda, relativa a un'erronea qualificazione dei contatti fra le imprese del settore in questione come accordi vietati ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

15.
    A sostegno delle conclusioni presentate in subordine, intese all'annullamento ovvero alla riduzione dell'ammenda inflittale, la ricorrente fa valere un quarto motivo che occorre dividere in quattro parti vertenti su un'erronea valutazione, rispettivamente, della gravità dell'infrazione, della durata della stessa, delle circostanze aggravanti e delle circostanze attenuanti.

I - Sulla domanda di annullamento della Decisione

Sul primo motivo, vertente sull'illegittimità del controllo effettuato negli uffici dell'ETA

Argomenti delle parti

16.
    La ricorrente sostiene che la Decisione si basa in sostanza su documenti acquisiti dalla Commissione illegittimamente, avendoli rinvenuti nel corso di un accertamento negli uffici dell'ETA che era, sì, l'agente della ricorrente per le linee che collegavano la Grecia all'Italia (in prosieguo: le «linee Grecia-Italia»), ma che era una società diversa da quella destinataria della decisione di accertamento, vale a dire la ricorrente medesima.

17.
    In limine la ricorrente tiene a ricordare le circostanze in cui è avvenuto il detto accertamento.

18.
    Essa fa osservare che allorquando, il 5 luglio 1994, gli agenti della Commissione si sono presentati nei locali dell'ETA, ubicati al numero 64B di viale Kifissias, Maroussi, in Atene, e hanno chiesto ai dipendenti di tale società di ammetterli a eseguire l'accertamento, questi ultimi hanno immediatamente fatto loro presente che l'ETA era una persona giuridica indipendente, senza alcun rapporto capofila-controllata con la Minoan della quale è semplicemente l'agente. La ricorrente aggiunge che, malgrado tale indicazione, gli agenti della Commissione, dopo aver telefonato ai loro superiori a Bruxelles, hanno insistito per effettuare l'accertamento e minacciato l'ETA, in caso di rifiuto, delle sanzioni disposte agli artt. 19, n. 1, e 20, n. 1, del regolamento n. 4056/86. Inoltre, secondo la ricorrente, i detti agenti hanno contestualmente richiesto alla Direzione Controllo del mercato e della concorrenza del Ministero ellenico del Commercio, in quanto autorità nazionale competente in materia di concorrenza, di mandare un proprio agente negli uffici dell'ETA per dar corso al procedimento di cui all'art. 26 della legge greca n. 703/77, relativa al controllo dei monopoli e degli oligopoli e alla tutela della concorrenza, il quale, al n. 6, prevede, in caso di rifiuto o di ostacoli al controllo, la possibilità di adire il procuratore competente per ottenere la cooperazione delle autorità di polizia competenti per territorio.

19.
    A detta della ricorrente, è dunque in tali circostanze, e tenuto conto dell'insistenza degli agenti della Commissione, della minaccia di constatazione a mezzo verbale dell'opposizione all'accertamento, con tanto di eventuali sanzioni, e della minaccia dell'intervento della polizia per accedere con la forza agli uffici della loro impresa, che gli impiegati dell'ETA hanno infine accettato l'accertamento.

20.
    La ricorrente fa valere che invano l'ETA, dopo l'accertamento, ha chiesto alla Commissione, con lettera 18 agosto 1994, di restituirle tutti i documenti sequestrati nei suoi uffici nel corso dello stesso, in quanto acquisiti nel contesto di un'azione estranea all'ambito di applicazione personale della decisione di accertamento. La ricorrente riferisce poi delle numerose discussioni che la detta lettera avrebbe provocato in seno alla Commissione e chiede al Tribunale di invitare quest'ultima a produrre, a fondamento del ricorso, le note interne (internal notes) dei giorni 21, 23, 24 e 25 agosto 1994. Di seguito la ricorrente invoca la lettera 30 agosto 1994 con cui la Commissione ha risposto all'ETA di considerare l'accertamento corretto. Essa ricorda che con una seconda lettera 29 gennaio 1995 l'ETA ha confutato gli argomenti della Commissione in ordine alla legittimità dell'accertamento eseguito. La ricorrente trova probabile, sulla base della tavola sinottica contenente l'elenco dei documenti del fascicolo, che sia stata redatta in data 3 febbraio 1995 una seconda nota interna circostanziata della quale non avrebbe potuto prendere visione, ragion per cui essa chiede al Tribunale di invitare altresì la Commissione ad aggiungere tale documento al fascicolo, in modo da consentire al Tribunale medesimo di esaminarlo e alla ricorrente di consultarlo e tutelare meglio i propri interessi.

21.
    La ricorrente espone poi le ragioni per le quali considera che la Minoan e l'ETA siano società diverse e indipendenti sia giuridicamente che economicamente.

22.
    Quanto alla legittimità dell'accertamento, la ricorrente sostiene che sia la decisione di accertamento sia l'accertamento medesimo, nonché il comportamento degli agenti della Commissione che hanno costretto l'ETA ad acconsentire all'ispezione dei propri locali, costituiscono violazioni manifeste degli artt. 189 del Trattato CE (divenuto art. 249 CE) e 18 del regolamento n. 4056/86.

23.
    Al riguardo essa rileva, in primo luogo, che, mentre l'art. 189, quarto comma, del Trattato dispone che «[l]a decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati», nel caso di specie la decisione di accertamento 4 luglio 1994 designa come destinataria non l'ETA, bensì la Minoan. Gli agenti della Commissione avrebbero pertanto proceduto a ispezioni dei locali di una società (l'ETA) sulla base di una decisione e di mandati di accertamento concernenti un'altra società, ossia la ricorrente.

24.
    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che dal combinato disposto dell'art. 18, nn. 1, 2 e 3, e dell'art. 19, n. 1, lett. c), del regolamento n. 4056/86 risulta che i poteri di accertamento di cui all'art. 18, n. 1, relativi al controllo dei libri e degli altri documenti aziendali, nonché all'acquisizione di copie, alla richiesta di spiegazioni orali e all'accesso «a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese», riguardano unicamente le imprese destinatarie della decisione di cui all'art. 18, n. 3, del detto regolamento. Lo stesso varrebbe per quanto attiene alla minaccia d'irrogazione delle sanzioni previste all'art. 19, n. 1, lett. c), del regolamento n. 4056/86 nell'ipotesi in cui le imprese si rifiutino di sottoporsi all'accertamento e i libri e gli altri documenti aziendali richiesti siano presentati in modo incompleto, nonché per la richiesta d'assistenza rivolta all'autorità greca competente ai sensi dell'art. 18, n. 5, del regolamento n. 4056/86.

25.
    La ricorrente contesta inoltre le valutazioni, esposte nel ‘considerando’ 139 della Decisione, sulla cui base la Commissione ha ritenuto l'accertamento legittimo.

26.
    In ordine anzitutto al fatto che l'ETA, nel rappresentare la ricorrente, si presentasse come «Minoan Atene» e che nei suoi locali ateniesi utilizzasse il logo e il marchio della ricorrente, quest'ultima fa osservare che, nella prassi commerciale ed economica odierna, è molto frequente che un'impresa utilizzi il logo e le insegne commerciali di un'altra impresa che le sia legata da vincoli contrattuali stabili come nel caso degli agenti commerciali, dei membri delle reti di distribuzione e dei concessionari in una rete di franchising. In tali ipotesi l'omogeneità della rete imporrebbe il ricorso a un segno distintivo comune, ossia quello del mandante o del concedente della rete di distribuzione o ancora del concedente in franchising. Ebbene, per la ricorrente, tale circostanza non pregiudica minimamente l'autonomia giuridica ed economica dell'impresa che, in forza di una concessione, utilizzi il marchio di un'altra impresa nelle proprie operazioni commerciali. Accettare il punto di vista espresso nella Decisione significherebbe che la Commissione può basarsi su una decisione indirizzata al titolare di una rete di distribuzione per effettuare accertamenti nei locali di tutti i membri della rete nonostante tali membri siano imprese giuridicamente ed economicamente indipendenti, e ciò in palese contrasto con principi e norme fondamentali sia dell'ordinamento giuridico comunitario sia degli ordinamenti nazionali.

27.
    La ricorrente ritiene che tale conclusione non sia infirmata dal fatto che, prima dell'accertamento di cui trattasi, il rappresentante legale dell'ETA, il sig. Sfinias, abbia risposto ad una richiesta d'informazioni della Commissione firmando a nome della Minoan un documento nella cui intestazione l'indirizzo degli uffici dell'ETA compariva sotto il logo e il marchio della Minoan. Essa riconosce che tale risposta è stata effettivamente firmata dal sig. Sfinias, ma sottolinea che costui ha agito su sua precisa istruzione.

28.
    Quanto al fatto che l'indirizzo dell'ETA figurava sotto il logo e sotto il marchio della Minoan, la ricorrente tiene a precisare che tale menzione compariva a pie' di pagina con gli indirizzi dell'«International Lines Head Office» (viale Kifissias 64B) e del «Passengers Office» (viale Vassileos Konstantinou 2) e fa valere che tali indirizzi sono indicati ad uso dei clienti e degli altri interessati perché capiscano di doversi rivolgere per tutto quanto attiene alle linee internazionali, al rilascio dei biglietti e al transito dei passeggeri da Atene agli appositi uffici dell'agente generale della società, competente per le linee internazionali e per le questioni concernenti i passeggeri.

29.
    La ricorrente sostiene peraltro che, per quanto tutte le circostanze sopra descritte abbiano potuto creare confusione nei servizi della Commissione, tale confusione avrebbe comunque dovuto cessare al più tardi quando gli agenti dell'istituzione sono entrati nei locali dell'ETA, considerate le proteste e le reazioni verbali che hanno provocato e le informazioni loro fornite e che essi stessi, del resto, avevano richiesto (contratto di locazione a nome dell'ETA e fogli paga dei dipendenti di tale società).

30.
    Infine, la ricorrente contesta la conclusione della Commissione (‘considerando’ 139 della Decisione) secondo cui, «indipendentemente dall'occupazione e dall'utilizzazione dei locali in questione da parte di ETA, Minoan ha permesso ad ETA di utilizzare i locali come se fossero “locali di Minoan Atene”». Una conclusione siffatta sarebbe arbitraria e non potrebbe essere inferita da nessuna clausola dei contratti tra la Minoan e l'ETA. La ricorrente tiene a precisare che tali locali erano occupati e utilizzati unicamente dall'ETA, che vi esercitava le proprie attività con personale, capitali e organizzazione propri, in particolare in qualità di agente della Minoan, in adempimento di obblighi contrattuali assunti.

31.
    La ricorrente contesta altresì la fondatezza dell'argomento della Commissione secondo cui, quand'anche la Minoan non abbia materialmente (in corpore) svolto attività nei locali in questione, per il fatto che suoi documenti si trovavano in tali locali la Commissione aveva il diritto di ricercare i documenti in causa. La ricorrente ritiene che una tesi del genere sia in palese contrasto tanto con le disposizioni del regolamento n. 4056/86 quanto con principi giuridici fondamentali. Essa la considera, inoltre, estremamente pericolosa perché, sostenendola, la Commissione si arroga il diritto di entrare, sulla base di una decisione d'accertamento indirizzata ad una determinata impresa, nei locali di qualsivoglia altra impresa, pensando di potervi trovare documenti dell'impresa destinataria della decisione di accertamento, e di effettuare ispezioni in tali locali ai sensi della detta decisione.

32.
    La ricorrente aggiunge che una tesi siffatta è in palese contrasto con il principio della legittimità dell'azione delle istituzioni comunitarie e con il principio di tutela contro gli interventi arbitrari dell'autorità pubblica nella sfera privata delle persone fisiche o giuridiche (v. sentenza della Corte 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, punto 19). Del pari, ricorda che la Corte ha ripetutamente riconosciuto che il principio generale dell'osservanza dei diritti della difesa nei procedimenti amministrativi che possono portare all'irrogazione di sanzioni impone di evitare che detti diritti vengano irrimediabilmente compromessi nell'ambito di procedure d'indagine previa, fra cui gli accertamenti (v. sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 15).

33.
    La ricorrente rileva che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi giuridici generali dei quali il giudice comunitario garantisce l'osservanza e che a tale scopo la Corte e il Tribunale si ispirano alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Rileva pure che, ai sensi dell'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea (divenuto, in seguito a modifica, art. 6, n. 2, UE), «l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (...) e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario» e fa osservare che l'art. 9 della Costituzione ellenica, che disciplina l'inviolabilità del domicilio, è unanimemente riferito in sede di interpretazione anche ai locali commerciali, perfino a quelli che appartengono a persone giuridiche di diritto privato come le società. Infine, la ricorrente sostiene che i principi sopra ricordati valgono a fortiori allorché l'accertamento ha ad oggetto i locali di imprese che non sono destinatarie della decisione di accertamento.

34.
    La ricorrente rimprovera agli agenti della Commissione di aver invocato abusivamente e illegittimamente la decisione e i mandati di accertamento e di aver minacciato l'ETA di sanzioni e d'ingresso coattivo nei suoi locali. Essa considera che i detti agenti, qualora avessero avuto motivo di credere necessaria un'ispezione nei locali di tale società, avrebbero dovuto munirsi di una nuova decisione della Commissione che indicasse espressamente l'ETA come destinataria dell'accertamento e che motivasse debitamente le specifiche ragioni per le quali occorreva sottoporla a controllo.

35.
    Ne discenderebbe che la Commissione ha agito in violazione non solo della propria decisione di accertamento e dei mandati pertinenti, ma anche, più in generale, delle disposizioni e dei principi fondamentali del diritto comunitario, in particolare del principio della legittimità dell'azione delle istituzioni comunitarie.

36.
    La Commissione nega di aver effettuato un accertamento illegittimo nei locali dell'ETA e di aver indebitamente utilizzato i documenti rinvenuti in quell'occasione giacché, quando ha proceduto all'accertamento, ha ritenuto che l'ETA facesse funzioni di organo ausiliario integrato nell'impresa della Minoan e che agisse esclusivamente in nome e per conto di quest'ultima e non come operatore indipendente, come indica il ‘considerando’ 137 della Decisione. Essa ha così stimato che l'ETA fosse la «longa manus» della Minoan.

37.
    A tale riguardo essa fa osservare che l'ETA parlava di se stessa come della «Minoan Lines» e lasciava intendere ai terzi che fossero della Minoan gli uffici siti in viale Kifissias 64B, Atene. La Commissione aggiunge che, prima dell'accertamento, il sig. Sfinias aveva risposto a una richiesta di informazioni della Commissione firmando a nome della Minoan un documento su carta intestata recante, sotto il logo e il marchio della Minoan, l'indirizzo degli uffici dell'ETA, senza peraltro menzionare tale impresa.

38.
    La Commissione sostiene che tutte le attività esercitate nei locali ispezionati, o almeno una parte di esse, erano della Minoan, chiunque fosse poi il conduttore dei detti locali. A suo parere, ciò che importa non è il contratto di locazione formale, bensì la situazione reale, come risulta da quanto esposto sopra. Quand'anche la ricorrente non abbia concretamente (in corpore) esercitato attività nei locali di cui trattasi, sarebbe patente che suoi documenti si trovavano colà e che, quindi, la Commissione aveva il diritto, a tal titolo, di ricercare i documenti in causa.

39.
    La Commissione considera che, in tali circostanze, non si può parlare né di prove conseguite illecitamente né di controlli svolti in maniera arbitraria, poiché l'accertamento è stato eseguito in locali in cui erano esercitate attività commerciali di cui almeno una parte, se non la totalità, era della Minoan, vale a dire della società destinataria della decisione di accertamento 4 luglio 1994.

40.
    In ogni caso, anche a supporre che ci sia stato un errore da parte sua sull'identità della società ispezionata, la Commissione fa valere, innanzi tutto, di aver profuso ogni possibile sforzo per appurare chi occupasse i locali siti al n. 64B di viale Kifissias, dove la Minoan, destinataria della decisione di accertamento, esercitava le sue attività ad Atene. Secondariamente, la Commissione giudica semplicistico l'argomento della Minoan secondo cui le precisazioni fornitele avrebbero dissipato ogni dubbio circa le modalità e la sede delle sue attività. La Commissione ricorda che, fino al momento del controllo, non era mai stata fatta menzione di una distinzione tra le due persone giuridiche. Al contrario, l'ETA, che si autodefiniva «Minoan Lines», si presentava come parte integrante della Minoan e si comportava effettivamente come tale. In più, il suo rappresentante, il sig. Sfinias, avrebbe risposto alla corrispondenza indirizzata alla Minoan firmando le sue lettere sotto il logo e il marchio della Minoan e dando il recapito dell'ETA senza fare alcuna allusione a quest'ultima. Considerati tutti questi elementi denotanti l'unità di comportamento della Minoan e dell'ETA, che attenua la distinzione tra di esse, la Commissione sostiene che le «precisazioni» dei dipendenti dell'ETA non erano sufficienti né a far luce subito sulla separata identità di tali due persone giuridiche, né ad impedire l'accertamento, tanto più che la distinzione in discorso avrebbe richiesto una valutazione nel merito a prescindere dalla forma.

Giudizio del Tribunale

41.
    Nell'ambito del motivo in esame la ricorrente contesta, in sostanza, alla Commissione di aver raccolto illegittimamente le prove su cui si fonda la Decisione, giacché le ha reperite nel corso di un accertamento effettuato negli uffici di un'impresa cui non era destinata la decisione di accertamento. La ricorrente fa valere che, in tal modo, la Commissione ha abusato dei suoi poteri di accertamento e ha violato l'art. 189 del Trattato, l'art. 18 del regolamento n. 4056/86 e i principi generali del diritto.

42.
    Per il Tribunale occorre valutare la fondatezza di tale motivo alla luce dei principi che disciplinano i poteri di accertamento della Commissione e delle specifiche circostanze di specie.

A - Poteri di accertamento della Commissione

43.
    Dal sedicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 4056/86 risulta che per il legislatore il detto regolamento doveva prevedere «i poteri di decisione e le sanzioni necessari per assicurare il rispetto dei divieti previsti dall'articolo 85, paragrafo 1, e dell'articolo 86 [del Trattato], nonché delle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3».

44.
    Più precisamente, i poteri di accertamento in loco della Commissione sono esposti all'art. 18 del regolamento n. 4056/86, che recita quanto segue:

«Articolo 18

    Poteri di accertamento della Commissione

1.    Per l'assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese e le associazioni di imprese.

Gli agenti dalla Commissione incaricati a tal fine dispongono dei seguenti poteri:

a)    controllare i libri e gli altri documenti aziendali,

b)    prendere copie e estratti dei libri e degli altri documenti aziendali,

c)    richiedere spiegazioni orali “in loco”,

d)    accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese.

2.    Gli agenti incaricati dalla Commissione di procedere ai suddetti accertamenti esercitano i loro poteri su presentazione di un mandato scritto che precisi l'oggetto e lo scopo dell'accertamento, nonché la sanzione prevista dall'articolo 19, paragrafo 1, lettera c), per l'ipotesi in cui i libri e gli altri documenti aziendali richiesti siano presentati in modo incompleto. La Commissione avvisa in tempo utile prima dell'accertamento l'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio deve essere compiuto l'accertamento, della missione di accertamento e dell'identità dei suddetti agenti.

3.    Le imprese e le associazioni di imprese sono obbligate a sottoporsi agli accertamenti ordinati dalla Commissione mediante decisione. La decisione precisa l'oggetto e lo scopo dell'accertamento, ne fissa la data di inizio ed indice le sanzioni previste dall'articolo 19, paragrafo 1, lettera c), e dall'articolo 20, paragrafo 1, lettera d), nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione.

4.    La Commissione prende le decisioni di cui al paragrafo 3 dopo aver sentito l'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio deve essere effettuato l'accertamento.

5.    Gli agenti dell'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio deve essere effettuato l'accertamento possono, su domanda di tale autorità o della Commissione, prestare assistenza agli agenti della Commissione nell'assolvimento dei loro compiti.

6.    Quando un'impresa si oppone ad un accertamento ordinato a norma del presente articolo, lo Stato membro interessato presta agli agenti incaricati dalla Commissione l'assistenza necessaria per l'esecuzione del loro mandato. A tal fine, gli Stati membri, anteriormente al 1° gennaio 1989 e dopo aver consultato la Commissione, prendono le misure necessarie».

45.
    Poiché il tenore dell'art. 18 del regolamento n. 4056/86 è identico a quello dell'art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204), ed entrambi i detti regolamenti sono stati adottati in base all'art. 87 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 83 CE) al fine di precisare le modalità di applicazione degli artt. 85 del Trattato e 86 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE), la giurisprudenza relativa all'ampiezza dei poteri di accertamento della Commissione ai sensi dell'art. 14 del regolamento n. 17 vale anche nel caso di specie.

46.
    Conformemente all'art. 87, n. 2, lett. a) e b), del Trattato, il regolamento n. 17 ha lo scopo di garantire l'osservanza dei divieti di cui agli artt. 85, n. 1, e 86 del Trattato e di determinare le modalità di applicazione dell'art. 85, n. 3. Esso è perciò inteso ad assicurare la realizzazione dell'obiettivo di cui all'art. 3, lett. f), del Trattato. A tal fine conferisce alla Commissione un ampio potere d'accertamento e di verifica precisando, all'ottavo ‘considerando’, che essa deve disporre, nell'intero ambito del mercato comune, del potere di esigere le informazioni e di procedere agli accertamenti «necessari» per mettere in luce le infrazioni ai suddetti artt. 85 e 86 (sentenze della Corte 26 giugno 1980, causa 136/79, National Panasonic/Commissione, Racc. pag. 2033, punto 20, e 18 maggio 1982, causa 155/79, AM & S/Commissione, Racc. pag. 1575, punto 15). Anche il sedicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 4056/86 recita in tal senso.

47.
    Il giudice comunitario ha parimenti sottolineato l'importanza del rispetto dei diritti fondamentali e, in particolare, dei diritti della difesa in tutti i procedimenti promossi ai sensi delle norme del Trattato in materia di concorrenza e ha precisato nelle sue sentenze in quale modo i diritti della difesa vanno conciliati con i poteri della Commissione nel procedimento amministrativo, come pure nelle fasi preliminari d'indagine e di acquisizione d'informazioni.

48.
    La Corte ha infatti puntualizzato che i diritti della difesa devono essere rispettati dalla Commissione sia nei procedimenti amministrativi che possono portare all'irrogazione di sanzioni, sia nello svolgimento delle procedure d'indagine previa, perché è necessario evitare che i detti diritti vengano irrimediabilmente compromessi nell'ambito di procedure d'indagine previa, fra cui, in particolare, gli accertamenti, che possono essere determinanti per la costituzione delle prove dell'illegittimità di comportamenti di imprese atti a farne sorgere la responsabilità (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 15).

49.
    Per quanto riguarda più precisamente i poteri di accertamento attribuiti alla Commissione dall'art. 14 del regolamento n. 17 e la misura in cui i diritti della difesa limitano la loro ampiezza, la Corte ha riconosciuto che l'esigenza di una tutela contro interventi delle pubbliche autorità nella sfera di attività privata di una persona, fisica o giuridica, che siano arbitrari o eccessivi, rappresenta un principio generale del diritto comunitario (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 19, e sentenza della Corte 22 ottobre 2002, causa C-94/00, Roquette Frères, Racc. pag. I-9011, punto 27). La Corte ha statuito, infatti, che in tutti i sistemi giuridici degli Stati membri gli interventi delle pubbliche autorità nella sfera di attività privata di ogni persona, fisica o giuridica, devono essere fondati sulla legge ed essere giustificati dai motivi che questa contempla; tali ordinamenti prevedono pertanto, pur se con modalità diverse, una tutela contro interventi arbitrari o eccessivi.

50.
    Come la Corte ha statuito, i poteri attribuiti alla Commissione dall'art. 14 del regolamento n. 17 servono a consentirle di espletare il compito, ad essa affidato dal Trattato CE, di garantire l'osservanza delle norme sulla concorrenza nel mercato comune. Dette norme, come risulta dal quarto capoverso del preambolo del Trattato, dall'art. 3, lett. f), e dagli artt. 85 e 86 del Trattato, hanno la funzione di evitare che la concorrenza sia alterata a danno dell'interesse pubblico, delle singole imprese e dei consumatori. L'esercizio di tali poteri contribuisce pertanto al mantenimento del regime di libera concorrenza voluto dal Trattato, la cui osservanza si impone categoricamente alle imprese (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 25).

51.
    Del pari, la Corte ha rilevato che tanto dallo scopo del regolamento n. 17 quanto dall'elenco, all'art. 14 dello stesso, dei poteri attribuiti agli agenti della Commissione emerge che gli accertamenti possono avere una portata molto ampia. Più in particolare, la Corte ha affermato espressamente che «il diritto di accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese riveste particolare importanza in quanto deve consentire alla Commissione di raccogliere le prove delle violazioni delle norme sulla concorrenza nei luoghi in cui queste di regola si trovano, vale a dire nei locali commerciali delle imprese» (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 26).

52.
    La Corte ha tenuto a sottolineare anche l'importanza di salvaguardare l'effetto utile degli accertamenti quali strumento necessario alla Commissione per svolgere le sue funzioni di garante del Trattato in materia di concorrenza, precisando quanto segue (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 27): «[Q]uesto diritto di accesso sarebbe inutile se gli agenti della Commissione dovessero limitarsi a chiedere la produzione di documenti o di fascicoli che già a priori siano in grado di identificare con precisione. Tale diritto implica invece la facoltà di ricercare elementi di informazione diversi ancora ignoti o non completamente identificati. Senza siffatta facoltà sarebbe impossibile per la Commissione acquisire gli elementi d'informazione necessari all'accertamento qualora le fosse opposto un rifiuto di collaborazione o le imprese interessate assumessero un atteggiamento ostruzionistico».

53.
    Va rilevata, tuttavia, l'esistenza di varie garanzie di diritto comunitario offerte alle imprese interessate contro interventi arbitrari o eccessivi delle pubbliche autorità nella sfera delle loro attività private (sentenza Roquette Frères, cit., punto 43).

54.
    L'art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 impone alla Commissione di motivare la decisione con cui ordina un accertamento indicando l'oggetto e lo scopo di quest'ultimo, ciò che, come precisato dalla Corte, è fondamentale non solo per evidenziare la giustificatezza dell'intervento che s'intende effettuare all'interno delle imprese interessate, ma anche per consentire a queste ultime di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione, pur facendo salvi al contempo i loro diritti di difesa (sentenze Hoechst/Commissione, cit., punto 29, e Roquette Frères, cit., punto 47).

55.
    Del pari la Commissione è tenuta ad indicare nella predetta decisione, in maniera il più possibile precisa, l'oggetto della ricerca nonché gli elementi sui quali deve vertere l'accertamento (sentenza National Panasonic/Commissione, cit., punti 26 e 27). Come stabilito dalla Corte, una simile prescrizione è atta a tutelare i diritti della difesa delle imprese interessate, in quanto tali diritti sarebbero gravemente compromessi qualora la Commissione potesse fondarsi, nei confronti delle imprese, su prove che, conseguite durante un accertamento, siano estranee all'oggetto ed allo scopo di questo (sentenze della Corte 17 ottobre 1989, causa 85/87, Dow Benelux/Commissione, Racc. pag. 3137, punto 18, e Roquette Frères, cit., punto 48).

56.
    Inoltre, si deve ricordare che un'impresa nei cui confronti la Commissione ha disposto un accertamento può, in forza dell'art. 173, quarto comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, quarto comma, CE), presentare ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice comunitario. Nel caso in cui la decisione fosse annullata da quest'ultimo, ciò impedirebbe alla Commissione di avvalersi, ai fini del procedimento per infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza, di tutti i documenti o atti probatori ch'essa può essersi procurata in occasione di detto accertamento, sotto pena di esporsi al rischio di annullamento, da parte del giudice comunitario, della decisione relativa all'infrazione nella parte in cui fosse basata su mezzi probatori del genere (v. ordinanze del Presidente della Corte 26 marzo 1987, causa 46/87 R, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 1549, punto 34, e 28 ottobre 1987, causa 85/87 R, Dow Chemical Nederland/Commissione, Racc. pag. 4367, punto 17; sentenza Roquette Frères, cit., punto 49).

57.
    E' alla luce delle considerazioni sopra svolte che occorre valutare la fondatezza del motivo vertente sulla pretesa illegittimità dell'accertamento.

B - Quanto alla fondatezza del motivo

58.
    Preliminare all'esame della fondatezza del motivo in esame è l'esposizione delle circostanze in cui è stato effettuato l'accertamento nella fattispecie.

1. Fatti pertinenti e non contestati dalle parti

59.
    Il 12 ottobre 1992 la Commissione, in forza del regolamento n. 4056/86, a seguito del reclamo presentato da un cittadino secondo il quale i prezzi dei traghetti fra la Grecia e l'Italia erano molto simili su tutte le linee, ha inoltrato una richiesta di informazioni alla Minoan all'indirizzo della sua sede sociale (Agiou Titou 38, Heraklion, Creta).

60.
    Il 20 novembre 1992 la Commissione ha ricevuto una lettera di risposta alla sua richiesta di informazioni, firmata dal sig. Sfinias, su carta intestata della Minoan su cui figuravano, in alto a sinistra, un unico logo commerciale, «Minoan Lines», e, subito al di sotto, un unico indirizzo: «2 Vas. Konstantinou Av. (Stadion); 11635, ATHENS».

61.
    Il 1° marzo 1993 la Commissione ha indirizzato una seconda richiesta di informazioni alla Minoan sempre alla sua sede sociale di Heraklion.

62.
    Il 5 maggio 1993 è stato risposto alla lettera della Commissione 1° marzo 1993 con una lettera firmata anch'essa dal sig. Sfinias, redatta su carta intestata della Minoan, su cui figurava, sempre in altro a sinistra, un unico logo commerciale, «Minoan Lines», ma stavolta senza menzione di alcun indirizzo al di sotto. A pie' di pagina la lettera riportava due indirizzi: «INTERNATIONAL LINES HEAD OFFICES: 64B Kifissias Ave. GR, 151 25, Maroussi, Athens» e, sotto, «PASSENGERS OFFICE: 2 Vassileos Konstantinou Ave. GR, 116 35 Athens».

63.
    Il 5 luglio 1994 taluni agenti della Commissione si sono presentati nei locali di viale Kifissias 64B, Maroussi, Atene, e hanno consegnato alle persone che li avevano ricevuti, poi risultati dipendenti dell'ETA, la decisione di accertamento e i mandati D/06658 e D/06659, del 4 luglio 1994, firmati dal direttore generale della Direzione generale Concorrenza, che abilitavano gli agenti della Commissione all'accertamento.

64.
    Sulla base dei detti documenti gli agenti della Commissione hanno chiesto ai dipendenti della società di consentire l'accertamento. Questi ultimi hanno tuttavia fatto loro presente che si trovavano negli uffici dell'ETA, che essi erano dipendenti dell'ETA e che l'ETA era una persona giuridica indipendente, priva di qualsiasi rapporto con la Minoan che non fosse di agenzia. Gli agenti della Commissione, dopo aver telefonato ai loro superiori a Bruxelles, hanno insistito per effettuare l'accertamento e hanno ricordato ai dipendenti dell'ETA che, in caso di rifiuto, avrebbero potuto essere adottate sanzioni ai sensi degli artt. 19, n. 1, e 20, n. 1, del regolamento n. 4056/86, disposizioni citate entrambe nella decisione di accertamento e riprodotte testualmente nel suo allegato. Inoltre i detti agenti hanno chiesto alla Direzione Controllo del mercato e della concorrenza del Ministero ellenico del Commercio, in quanto autorità nazionale competente in materia di concorrenza, di mandare un proprio agente negli uffici dell'ETA.

65.
    Gli agenti della Commissione non hanno espressamente informato i dipendenti dell'ETA della possibilità di farsi assistere da un avvocato, ma hanno consegnato loro una nota di due pagine esplicativa della natura e delle normali modalità dell'accertamento.

66.
    I dipendenti dell'ETA, dopo aver telefonato al loro direttore, al momento fuori Atene, hanno deciso infine di sottoporsi all'accertamento, facendo presente, però, che intendevano far mettere a verbale il loro disaccordo.

67.
    Gli agenti della Commissione hanno poi iniziato l'accertamento, terminato alla fine del giorno seguente, il 6 luglio 1994.

68.
    Occorre osservare, infine, che, come sottolineato dalla stessa ricorrente (v. sopra, punto 26), l'ETA, in qualità di sua rappresentante, era pienamente autorizzata ad agire e a presentarsi nell'esercizio delle sue attività commerciali come «Minoan Lines Atene», nonché ad adoperare il marchio e il logo della Minoan nell'espletamento delle sue funzioni di agente.

69.
    Ciò considerato, il Tribunale rileva che dal contesto fattuale risulta chiaramente quanto segue:

-    in primo luogo, nello svolgimento e nella gestione delle sue attività di agente e di rappresentante della Minoan, l'ETA era autorizzata a presentarsi al pubblico in genere nonché alla Commissione come Minoan, di modo che la sua identità quale gestore delle attività commerciali di cui trattasi era in pratica completamente assimilata a quella della Minoan;

-    in secondo luogo, il fatto che le lettere della Commissione alla Minoan siano state trasmesse al sig. Sfinias per una risposta diretta alla Commissione indica che sia la Minoan che l'ETA e il sig. Sfinias sapevano fin dall'inizio dell'intervento della Commissione che quest'ultima stava dando seguito a un reclamo; essi hanno anche preso conoscenza della natura del reclamo, dell'oggetto della richiesta di informazioni e del fatto che la Commissione agiva ai sensi del regolamento n. 4056/86, citato nelle lettere suddette; ne consegue che, trasmettendo le lettere al sig. Sfinias per una risposta, la Minoan ha de facto autorizzato non solo quest'ultimo, ma pure l'ETA a presentarsi alla Commissione come la legittima interlocutrice delegata della Minoan nell'ambito dell'indagine in discorso;

-    in terzo luogo, da tutto quanto precede nonché dal fatto che la Minoan aveva delegato l'esercizio delle sue attività commerciali all'ETA discende che gli uffici di viale Kifissias 64B erano, in pratica, il vero centro delle attività commerciali della «Minoan» e, per questo, il luogo in cui si trovavano i libri e i documenti aziendali relativi alle dette attività.

70.
    Ne consegue che i locali di cui trattasi erano della Minoan in quanto destinataria della decisione di accertamento ai sensi dell'art. 18, n. 1, lett. d), del regolamento n. 4056/86.

2. Quanto al rispetto, nella fattispecie, dei principi cui la Commissione deve informare l'esercizio dei suoi poteri di accertamento

71.
    Emerge dal fascicolo che sia i mandati sia la decisione di accertamento presentati dai funzionari della Commissione ai dipendenti dell'ETA soddisfacevano il requisito dell'indicazione dell'oggetto e dello scopo dell'accertamento. Infatti la decisione di accertamento dedica una pagina e mezza dei suoi considerando all'esposizione delle ragioni per le quali la Commissione ritiene che possa sussistere un'intesa sulle tariffe di trasporto di passeggeri, autovetture e autocarri fra le principali compagnie di navigazione marittima sulle linee Grecia-Italia confliggente con l'art. 85, n. 1, del Trattato. Essa indica i tratti salienti del mercato pertinente, le principali compagnie operanti su tale mercato, fra cui la Minoan, le quote di mercato delle compagnie in servizio sulle tre diverse linee e descrive in maniera particolareggiata il tipo di comportamento che a suo avviso può risultare contrario all'art. 85, n. 1, del Trattato. Afferma chiaramente che l'impresa destinataria, ossia la Minoan, è una delle principali compagnie operanti sul mercato di cui trattasi e sottolinea che tale impresa già era a conoscenza dell'ispezione in oggetto.

72.
    In seguito, nel dispositivo della decisione di accertamento, l'art. 1 indica espressamente che lo scopo di quest'ultimo è di determinare se i sistemi di fissazione dei prezzi o delle tariffe applicati dalle compagnie del settore dei trasporti roll-on/roll-off tra la Grecia e l'Italia confliggano con l'art. 85, n. 1, del Trattato. L'art. 1 della decisione di accertamento enuncia anche l'obbligo dell'impresa destinataria di sottoporsi all'accertamento e descrive i poteri conferiti agli agenti della Commissione in occasione del detto accertamento. L'art. 2 si riferisce alla data in cui doveva avvenire l'accertamento. L'art. 3 menziona il destinatario della decisione. E' precisato che la decisione di accertamento è indirizzata alla Minoan. Tre indirizzi figurano come possibili luoghi di ispezione: il primo è Lungomare Poseidon 28, Il Pireo, il secondo, Lungomare Poseidon 24, Il Pireo, e il terzo, viale Kifissias 64B, Maroussi, Atene, luogo in cui gli agenti della Commissione si sono da ultimo recati. Infine, l'art. 4 prevede la possibilità di presentare contro la decisione di accertamento un ricorso dinanzi al Tribunale, sottolineando che tale ricorso non ha effetto sospensivo salvo decisione contraria del Tribunale.

73.
    Per quanto riguarda i mandati di accertamento conferiti agli agenti della Commissione, essi indicano esplicitamente che tali agenti sono abilitati a procedere nel senso e allo scopo esposti nella decisione di accertamento, riportata contestualmente in allegato.

74.
    Risulterebbe dunque con chiarezza dal contenuto di tali atti, da un lato, che la Commissione voleva procurarsi indizi e prove della partecipazione della Minoan alla presunta collusione e, dall'altro, che essa pensava di poterne trovare, tra altri luoghi, nei locali di viale Kifissias 64B, 15125 Maroussi, Atene, locali che essa credeva della Minoan. Al riguardo occorre ricordare che il detto indirizzo era stampato sulla carta da lettera utilizzata dalla Minoan per la sua risposta 5 maggio 1993 alla richiesta d'informazioni della Commissione 1° marzo 1993, a pie' della quale leggesi: «INTERNATIONAL LINES HEAD OFFICES: 64B Kifissias Ave. GR, 151 25, Maroussi, Athens».

75.
    Il Tribunale ritiene che la decisione e i mandati di accertamento contenessero tutti gli elementi adatti a permettere ai dipendenti dell'ETA di giudicare se, considerata la motivazione della detta decisione e alla luce della loro conoscenza in merito alla natura e alla portata delle relazioni tra l'ETA e la Minoan, essi fossero tenuti a permettere o meno l'accertamento della Commissione nei loro locali.

76.
    Occorre perciò concludere che, relativamente alla decisione e ai mandati di accertamento, i requisiti posti dalla giurisprudenza sono stati pienamente soddisfatti per quanto riguarda il titolare dei locali ispezionati, ossia l'ETA, perché in quanto impresa che gestiva gli affari della Minoan sul mercato dei trasporti marittimi roll-on/roll-off sulle linee Grecia-Italia, essa era in grado di valutare la portata dei suoi doveri di collaborazione con gli agenti della Commissione e perché, nel suo caso, i diritti della difesa sono stati pienamente preservati, tenuto conto del grado di motivazione dei detti atti e della menzione esplicita della possibilità di presentare un ricorso contro la decisione di accertamento dinanzi al Tribunale. Il fatto che essa non abbia poi proposto un tale ricorso è solo frutto di una sua scelta e non può infirmare questa conclusione, bensì - piuttosto - confermarla.

77.
    Al riguardo occorre ricordare che l'ETA, sebbene dal punto di vista giuridico fosse un'entità distinta dalla Minoan, nondimeno era, quale sua rappresentante e gestore esclusivo delle attività costituenti oggetto dell'accertamento della Commissione, in tutto e per tutto assimilata alla sua committente, sì da soggiacere al medesimo obbligo di cooperazione incombente a quest'ultima.

78.
    Inoltre, nell'ipotesi in cui sia lecito alla Minoan invocare i diritti della difesa dell'ETA in quanto ente distinto, va osservato che tali diritti non sono mai stati messi in discussione. Invero, né le eventuali differenti attività, né i libri e i documenti aziendali dell'ETA erano oggetto dell'accertamento in discorso.

79.
    La ricorrente rimprovera alla Commissione di aver violato l'art. 189, quarto comma, del Trattato, ai sensi del quale «[l]a decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati», giacché essa ha proceduto ad accertamenti nei locali di una società, l'ETA, sulla base di una decisione e dei mandati di accertamento concernenti un'altra società, la Minoan.

80.
    Orbene, tale argomento non è pertinente. Innanzi tutto, il richiamo all'art. 189 del Trattato non aggiunge nulla all'argomento principale della ricorrente secondo cui l'illegittimità sostanziale consisterebbe in una violazione da parte della Commissione dell'art. 18 del regolamento n. 4056/86 e dei principi generali del diritto, nonché in un abuso dei suoi poteri di accertamento. L'art. 189 del Trattato si limita a enunciare le misure legislative e decisionali a disposizione delle istituzioni ed a precisarne gli effetti giuridici. Secondariamente, l'art. 189 del Trattato, anche a supporre che sia pertinente nella fattispecie, potrebbe solo confermare la tassatività della decisione di accertamento nel senso che essa «è obbligatoria in tutti i suoi elementi» per la Minoan, in quanto destinataria della stessa, e per l'ETA, in quanto rappresentante e interlocutrice designata dalla Minoan ai fini dell'indagine.

81.
    Non si può neppure censurare, nelle circostanze di specie, il fatto che la Commissione abbia ritenuto che la Minoan avesse propri locali all'indirizzo ateniese dove si sono recati i suoi agenti e che, di conseguenza, abbia incluso il detto indirizzo nella sua decisione di accertamento come quello di uno dei centri di attività della Minoan.

82.
    Occorre poi affrontare la questione se, insistendo per procedere all'accertamento, la Commissione non sia andata al di là del lecito.

83.
    Risulta dalla giurisprudenza dinanzi citata che la Commissione deve assicurare nei suoi accertamenti il rispetto del principio della legittimità dell'azione delle istituzioni comunitarie e del principio della tutela contro interventi arbitrari delle pubbliche autorità nella sfera di attività privata di una persona, fisica o giuridica (v. sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 19). Sarebbe sproporzionato e contrario alle disposizioni del regolamento n. 4056/86 e ai principi fondamentali del diritto riconoscere alla Commissione, in generale, il diritto di accedere, in forza di una decisione di accertamento indirizzata a un ente giuridico determinato, ai locali di un ente giuridico terzo con il mero pretesto che questo è strettamente legato al destinatario della decisione di accertamento ovvero che la Commissione pensa di poter rinvenire colà documenti di quest'ultimo, come pure il diritto di effettuare accertamenti in tali locali in base alla detta decisione.

84.
    Orbene, nella fattispecie la ricorrente non può lamentare che la Commissione abbia tentato di ampliare i suoi poteri di accertamento visitando i locali di una società diversa da quella destinataria della decisione. Al contrario, dal fascicolo risulta che la Commissione ha agito con diligenza e nel pieno rispetto del suo dovere di assicurarsi per quanto possibile, prima dell'accertamento, che i locali che intendeva ispezionare appartenessero effettivamente all'ente giuridico sul quale voleva indagare. Occorre ricordare a tale riguardo un preesistente scambio di corrispondenza tra la Commissione e la Minoan nel corso del quale quest'ultima ha risposto a due lettere della Commissione con due lettere firmate dal sig. Sfinias, poi risultato l'amministratore dell'ETA, senza tuttavia fare la minima menzione dell'esistenza dell'ETA o del fatto che la Minoan agisse sul mercato per mezzo di un agente esclusivo.

85.
    Inoltre, come la Commissione ha rilevato nel suo controricorso, senza essere contraddetta dalla ricorrente, si deve osservare che nell'elenco dei membri dell'Unione degli armatori greci di navi passeggeri di cabotaggio compare il sig. Sfinias, colui che ha firmato le due lettere a nome della Minoan, che nel listino dei prezzi pubblicato dalla Minoan è menzionata un'agenzia generale all'indirizzo di viale Kifissias 64B, Atene, e infine che nell'elenco telefonico di Atene è indicato per la società Minoan Lines il recapito al quale la Commissione si è presentata per effettuare l'accertamento.

86.
    Resta da accertare se gli agenti della Commissione, una volta appreso che l'ETA non era la società destinataria della decisione di accertamento di cui disponevano, avrebbero dovuto andarsene e ritornare semmai con una decisione indirizzata all'ETA e debitamente motivata quanto alle ragioni di tale accertamento nell'ambito della presente controversia.

87.
    Occorre rilevare che, considerate le specifiche circostanze suesposte, la Commissione ha potuto sensatamente ritenere che le «precisazioni» dei dipendenti dell'ETA non fossero sufficienti né a far luce subito sulla separata identità di tali due persone giuridiche, né a giustificare la sospensione dell'accertamento, tanto più che, come sottolinea la Commissione, per stabilire se si trattasse o meno della medesima impresa sarebbe stata necessaria una valutazione nel merito, in particolare un'interpretazione della portata dell'ambito di applicazione dell'art. 18 del regolamento n. 4056/86.

88.
    E' giocoforza constatare che, nelle circostanze di specie, la Commissione ha giustamente stimato, perfino dopo aver appreso che i locali siti all'indirizzo visitato appartenevano all'ETA e non alla Minoan, che tali locali dovessero comunque considerarsi utilizzati dalla Minoan per sviluppare le sue attività commerciali e che, quindi, potessero essere assimilati ai locali commerciali dell'impresa destinataria della decisione di accertamento. Si deve rammentare a tal proposito che la Corte ha affermato che il diritto di accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese riveste particolare importanza in quanto deve consentire alla Commissione di raccogliere le prove delle violazioni delle norme sulla concorrenza nei luoghi in cui queste di regola si trovano, vale a dire nei «locali commerciali delle imprese» (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 26). La Commissione poteva perciò tener conto, nell'esercizio dei suoi poteri di accertamento, della logica secondo cui le sue possibilità di rinvenire prove della presunta infrazione aumentano qualora essa indaghi nei locali a partire dai quali la società interessata dall'accertamento svolge abitualmente e de facto la sua attività d'impresa.

89.
    Infine, e comunque, va aggiunto che non c'è stata opposizione definitiva all'accertamento della Commissione.

90.
    Ne discende che nella fattispecie, insistendo per procedere all'accertamento in un caso del genere, la Commissione non ha abusato dei poteri di accertamento riconosciutile dall'art. 18, n. 1, del regolamento n. 4056/86.

3. Quanto al rispetto dei diritti della difesa e alla non eccessiva ingerenza dell'autorità pubblica nella sfera d'attività dell'ETA

91.
    Come ricordato sopra, la giurisprudenza della Corte e del Tribunale mostra che, nonostante occorra preservare l'effetto utile degli accertamenti della Commissione, quest'ultima deve da parte sua assicurare il rispetto dei diritti della difesa delle imprese interessate dall'accertamento ed evitare ogni intervento arbitrario o eccessivo nella loro sfera privata di attività (sentenze Hoechst/Commissione, cit., punto 19; Dow Benelux/Commissione, cit., punto 30; sentenze della Corte 17 ottobre 1989, cause riunite 97/87-99/87, Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, Racc. pag. 3165, punto 16, e del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cosiddetta sentenza «PVC II», Racc. pag. II-931, punto 417).

92.
    Quanto al rispetto dei diritti della difesa, va rilevato che né la ricorrente né l'ente giuridico titolare dei locali ispezionati, ossia l'ETA, hanno ritenuto opportuno presentare un ricorso contro la decisione (di accertamento) sulla cui base l'accertamento ha avuto luogo, benché l'art. 18, n. 3, del regolamento n. 4056/86 preveda espressamente tale possibilità.

93.
    Inoltre, con riguardo alla ricorrente, basta osservare che essa si è avvalsa del suo diritto di chiedere il controllo della legittimità intrinseca dell'accertamento nell'ambito del ricorso di annullamento in oggetto contro la decisione finale adottata dalla Commissione ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

94.
    E' altresì pacifico che la Commissione, siccome i dipendenti dell'ETA non si sono opposti, in definitiva, all'esecuzione del suo accertamento, non si è vista obbligata a chiedere un mandato giudiziario e/o l'assistenza della forza pubblica per procedere all'ispezione. Ne consegue che un accertamento come quello di cui alla fattispecie deve considerarsi effettuato con la collaborazione dell'impresa interessata. Il fatto che sia stata contattata l'autorità ellenica della concorrenza e che uno dei suoi agenti si sia recato nei luoghi dell'accertamento non può contraddire la conclusione precedente, perché tale misura è prevista all'art. 18, n. 5, del regolamento n. 4056/86 per l'ipotesi in cui l'impresa non si opponga all'accertamento. In tali circostanze non può parlarsi di un'eccessiva ingerenza dell'autorità pubblica nella sfera d'attività dell'ETA, giacché non è stato prodotto alcun elemento per sostenere che la Commissione abbia oltrepassato i limiti della collaborazione offerta dai dipendenti dell'ETA (v., in tal senso, sentenza PVC II, cit., punto 422).

C - Conclusione

95.
    Da tutto quanto precede risulta che, nella fattispecie, la Commissione ha agito del tutto legittimamente sia per quanto concerne gli atti di accertamento adottati, sia in relazione alla maniera in cui ha poi svolto l'accertamento, preservando i diritti della difesa delle imprese interessate e rispettando pienamente il principio generale del diritto comunitario che garantisce una tutela contro gli interventi eccessivi o arbitrari delle pubbliche autorità nella sfera delle attività private di una persona, fisica o giuridica.

96.
    Il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto sugli elementi di fatto e di diritto pertinenti all'esame del motivo di cui trattasi e considera, di conseguenza, che non occorra dar seguito alla richiesta di produzione di documenti avanzata dalla ricorrente.

97.
    Il motivo in esame dev'essere pertanto respinto.

Sul secondo motivo, vertente su un'errata imputazione alla ricorrente delle azioni e delle iniziative dell'ETA

Argomenti delle parti

98.
    La ricorrente ritiene ingiustificato che la Commissione le abbia imputato le azioni ed iniziative dell'ETA che, secondo la Decisione, costituiscono infrazioni all'art. 85, n. 1, del Trattato.

99.
    Essa fa valere innanzi tutto che parecchie delle attività addebitate erano iniziative personali assunte dall'ETA senza la sua approvazione, esulanti dai contratti tra loro stipulati, delle quali la Minoan non andrebbe ritenuta responsabile. La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto pretende la Commissione, da tali contratti non risulta che l'ETA agisse secondo le sue istruzioni e sotto il suo controllo. Al contrario, l'ETA godrebbe di una larghissima autonomia, visto che ha una propria rete di uffici collaboratori in tutta la Grecia (Creta esclusa) e che può, sotto la propria responsabilità, nominare agenti in Grecia e all'estero. Ai sensi dei detti contratti non risulterebbe neppure che l'ETA era abilitata a lanciarsi in una cooperazione illegale con altre compagnie e nessun documento indicherebbe che la Minoan le ha richiesto di farlo. La ricorrente afferma che la fissazione per contratto della provvigione degli agenti non dimostra che l'ETA non fosse un'impresa indipendente.

100.
    Successivamente la ricorrente contesta l'affermazione della Commissione (v. Decisione, ‘considerando’ 137) secondo cui l'ETA dovrebbe essere reputata la «longa manus» della Minoan, operante quale sua rappresentante ed intermediaria che agisce esclusivamente per conto della Minoan e non conclude affari per proprio conto. Il fatto che l'ETA sia l'agente della ricorrente non significherebbe necessariamente che tutte le iniziative dell'ETA siano prese per conto della ricorrente, in particolare ove si tratti di iniziative estranee al loro rapporto contrattuale e non ci siano state istruzioni o approvazioni a posteriori delle stesse da parte della ricorrente.

101.
    Essa osserva pure che, a differenza di quanto afferma la Commissione, il sig. Sfinias non fa menzione dell'ETA soltanto quando si rivolge alla sede della Minoan ad Heraklion. Al contrario, tutti i telex citati dalla Commissione indicavano sia nell'intestazione (vale a dire prima della menzione del mittente e del/dei destinatario/i) sia a pie' di pagina (sotto il nome del sig. Sfinias) l'ETA, con il suo numero di telex, quale effettivo mittente. La ricorrente soggiunge che la dicitura «Minoan Lines» o «Minoan Lines Atene» si spiega per ragioni di brevità, per non utilizzare l'espressione «ETA Worldwide General Agents for Minoan Lines».

102.
    La ricorrente sostiene che la Minoan non ha mai invitato il rappresentante legale dell'ETA, sig. Sfinias, a concludere accordi illegittimi, ma ammette che, purché informata, essa non gli impediva nemmeno di discutere con altre società. Essendo persuasa che tali discussioni si svolgessero nel contesto della politica del Ministero della Marina mercantile, non vi avrebbe visto niente di «particolarmente grave».

103.
    A sostegno dell'affermazione secondo cui essa era all'oscuro delle attività dell'ETA, la ricorrente fa valere di non aver mai concentrato la sua attenzione sui contatti e sulle discussioni del sig. Sfinias, bensì sulle proposte di quest'ultimo in materia di politica tariffaria al fine di approvare, respingere o rettificare i prezzi proposti sulla base di vari parametri economici e in funzione di suoi propri criteri. Le dichiarazioni del sig. Sfinias, all'udienza dei giorni 13 e 14 maggio 1997, confermerebbero quanto precede. In particolare, il sig. Sfinias avrebbe affermato:

«La nostra società è tenuta per contratto a creare le migliori condizioni di gestione possibili per le navi della Minoan, mettendo in atto le pratiche e le iniziative che quest'ultima ritiene più opportune, ma valutando essa stessa in quale misura informarne la Minoan. Certo, allorché crediamo fermamente nelle nostre azioni e reputiamo che avranno un risultato positivo per gli interessi in senso lato della nostra mandante, è possibile che non la informiamo subito o che non la informiamo affatto - perché è il risultato che conta - o che l'informiamo a posteriori per chiederne l'approvazione, specie perché sappiamo che, in quanto società dotata di un azionariato popolare molto grande, l'amministrazione della nostra mandante che approverà o respingerà le nostre iniziative risponde personalmente a un considerevole numero di azionisti».

104.
    Inoltre, la ricorrente contesta l'affermazione della Commissione secondo cui i documenti citati alla fine del ‘considerando’ 137 della Decisione provano che essa era al corrente della collusione. Fa valere, al contrario, che si trattava sempre di informazioni da essa ricevute a posteriori.

105.
    Infine, la ricorrente respinge gli argomenti - esposti al ‘considerando’ 138 della Decisione - che hanno indotto la Commissione a concludere che, ai fini della Decisione, l'ETA e la Minoan andavano considerate una sola ed unica entità giuridica ed economica. Essa lamenta che la Commissione le abbia imputato senza eccezioni tutte le azioni e le iniziative dell'ETA.

106.
    La ricorrente nega che tale addebito possa essere giustificato alla luce della giurisprudenza sull'imputazione del comportamento delle controllate alle società capofila (sentenze della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punti 132 e 133, e 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 49), perché tale giurisprudenza si riferisce a controllate e non ad imprese indipendenti che hanno stipulato contratti di cooperazione. Inoltre, le sentenze citate dalla Commissione porrebbero come ulteriore presupposto dell'imputazione che la società controllata, «pur avendo personalità giuridica distinta, non decid[a] in modo autonomo quale dev'essere il suo comportamento sul mercato, ma applic[hi] in sostanza le direttive impartitele dalla società madre». Infine, per procedere a una siffatta imputazione di comportamenti, non basterebbe constatare una possibilità di influenzare i detti comportamenti, ma occorrerebbe provare che tale possibilità sia stata effettivamente sfruttata (v. sentenze AEG/Commissione, cit., punti 50 e segg., e ICI/Commissione, cit., punti 135, 137, 138 e 141).

107.
    Orbene, secondo la ricorrente, nessuna delle condizioni succitate è soddisfatta nella fattispecie, perché l'ETA non è una controllata della Minoan la quale, di conseguenza, non esercita nessuna influenza sugli organi d'amministrazione dell'ETA; l'unico legame tra le due società deriverebbe, infatti, dalla stipulazione dei contratti che definiscono con chiarezza i diritti e gli obblighi di ciascuna parte. Peraltro, anche a supporre che i contratti corrispondenti le abbiano permesso di esercitare una certa influenza, la ricorrente non si sarebbe mai avvalsa di tale possibilità. Infine, nessun elemento del fascicolo alluderebbe al fatto che la Minoan abbia influenzato, con azioni positive concrete, il comportamento dell'ETA o che le abbia impartito istruzioni, direttive o mandati precisi. Al contrario, risulterebbe che la Minoan ignorava completamente talune iniziative ovvero che era la destinataria passiva di informazioni parziali comunicatele dall'ETA a posteriori.

108.
    La ricorrente ne deduce che, in tali circostanze, la conclusione della Commissione secondo cui, «[a]i fini della ... [D]ecisione ETA e Minoan sono considerate una sola e unica entità giuridica ed economica», per giustificare l'imputazione di tutte le azioni e iniziative dell'ETA alla Minoan, è arbitraria, viziata da una carenza manifesta di motivazione e non suffragata né da elementi del fascicolo, né dalla giurisprudenza citata dalla Commissione.

109.
    La Commissione non dubita che l'ETA abbia una personalità giuridica autonoma. Fa valere, tuttavia, che, per giurisprudenza costante, il comportamento di una società dotata di personalità giuridica distinta può essere nondimeno imputato ad un'altra società. Essa sostiene che, nel diritto comunitario della concorrenza, serve un approccio economico e non puramente legale e che, applicando nella fattispecie un approccio del genere, essa ha constatato come le azioni e le iniziative dell'ETA non siano state intraprese in nome e per conto di quest'ultima, bensì in nome e per conto della Minoan.

110.
    Nella fattispecie, dalle clausole dei diversi contratti disciplinanti i rapporti fra l'ETA e la ricorrente nonché dalle dichiarazioni del sig. Sfinias in merito a tali rapporti si evincerebbe che l'ETA disponeva di un potere di rappresentanza molto esteso e che era mandataria abilitata non solo a organizzare la rete di agenti locali e a promuovere la vendita di biglietti per l'estero, ma anche, più in generale, a gestire le navi in esercizio su linee internazionali, a rappresentare la ricorrente e ad attendere a ogni questione e a ogni atto pertinente alle navi che gestiva nonché a promuovere il loro utilizzo in nome e per conto della ricorrente. La Commissione sottolinea che dai detti contratti s'inferisce che l'ETA era contrattualmente obbligata a ricevere direttive della ricorrente [art. IV, punto g), dei contratti di gestione] e a fare sistematicamente tutto il possibile per garantire la cooperazione di quest'ultima con altre compagnie (purché ne avesse fatto domanda) [art. II, punto l), dei contratti di gestione].

111.
        La Commissione aggiunge che, in tale esame, occorre distinguere nettamente tra l'obbligo contrattuale dell'agente di agire per conto del rappresentato secondo le sue istruzioni e sotto il suo controllo e la capacità pratica del rappresentato di esercitare il necessario controllo sul rappresentante. Così, quand'anche la ricorrente non avesse avuto esperienza nel settore della navigazione e, pertanto, non fosse stata in grado di impartire all'ETA istruzioni tecniche o economiche specifiche, l'ETA avrebbe nondimeno adempiuto alle proprie funzioni di rappresentante in conformità agli obblighi contrattuali e di legge, nell'osservanza delle istruzioni e delle abilitazioni fornitele dalla ricorrente.

112.
    La Commissione respinge l'allegazione della ricorrente secondo cui l'ETA disponeva di un'«ampia autonomia», visto che quest'ultima era tenuta per contratto a non rappresentare altri armatori sulle medesime linee. Non emergerebbe dalle affermazioni della ricorrente che l'ETA rappresentasse altre compagnie di navigazione o svolgesse per loro funzioni di agente sul mercato in questione.

113.
    Inoltre, la Commissione fa osservare che non risulta dai contratti - e che la ricorrente non sostiene - che l'ETA assumesse rischi finanziari di sorta relativi alla prestazione di servizi di traghetto roll-on/roll-off (trasporto passeggeri e veicoli) tra la Grecia e l'Italia oppure all'esecuzione dei contratti pertinenti conclusi con terzi. Pertanto, nella fattispecie, l'ETA non andrebbe considerata un'operatrice indipendente, bensì un organo ausiliario integrato nell'impresa della ricorrente. Infatti, dai contratti fra la ricorrente e l'ETA si ricaverebbe che quest'ultima si era impegnata, in quanto agente generale esclusivo della ricorrente, a gestirne le navi e, più ampiamente, ad attendere a tutte le questioni ad esse attinenti dietro pagamento di provvigioni calcolate sulla vendita dei biglietti.

114.
    Infine, la Commissione non ammette l'asserzione della ricorrente secondo cui l'ETA avrebbe sì assunto iniziative «al di fuori dell'ambito contrattuale», ma non per conto della Minoan. Essa precisa che il contratto concluso tra l'ETA e la ricorrente contemplava la gestione delle navi di quest'ultima in servizio sulle linee internazionali e che, in tale contesto, l'enumerazione di talune attività oggetto dei contratti di gestione non era tassativa. Viceversa, dai contratti stipulati tra di esse [art. II, punto n)] si evincerebbe che l'ETA era tenuta, più in generale, ad attendere a ogni questione e a ogni atto concernente le navi che gestiva. Di conseguenza, ogni attività che permettesse di raggiungere l'obiettivo e di dare utile esecuzione ai contratti rientrava senz'altro nel rapporto contrattuale.

Giudizio del Tribunale

A - Considerazioni preliminari

115.
    La questione dell'imputabilità delle attività dell'ETA alla ricorrente è trattata ai ‘considerando’ 136-138 della Decisione.

116.
    Al ‘considerando’ 136 della Decisione la Commissione espone una serie di argomenti per confutare l'affermazione della ricorrente secondo cui parecchie delle attività dell'ETA menzionate nella Decisione non possono esserle imputate perché iniziative personali dell'ETA, al di fuori dell'ambito dei contratti fra di esse e senza approvazione della ricorrente.

117.
    Al ‘considerando’ 138 della Decisione la Commissione respinge l'argomento della ricorrente secondo cui l'ETA aveva un'autonomia tale da non potersi imputare il suo comportamento alla sua proponente e cita, nella nota a pie' di pagina, la giurisprudenza della Corte in materia di imputazione delle attività delle controllate alle loro capofila (sentenze AEG/Commissione, cit., punto 49, e ICI/Commissione, cit., punti 132 e 133). La Commissione conclude, poi, che «[a]i fini della (...) [D]ecisione ETA e Minoan sono considerate una sola ed unica entità giuridica ed economica».

118.
    La ricorrente fa valere, nel ricorso, che la giurisprudenza addotta dalla Commissione non è pertinente nella fattispecie in quanto l'ETA non è una controllata della Minoan. La Commissione, nelle sue memorie, si limita ad indicare le regole da essa ritenute applicabili al caso di specie, citando in particolare la giurisprudenza di cui alla sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite C-40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73-114/73, Suiker Unie e a./Commissione (Racc. pag. 1663) e la comunicazione della Commissione relativa ai contratti di rappresentanza esclusiva stipulati con rappresentanti di commercio (GU 1962, 139, pag. 2921).

119.
    Ebbene, occorre precisare in limine che, nella fattispecie, la Commissione considera l'ETA la «longa manus» della ricorrente, in quanto agente generale di quest'ultima sui mercati rilevanti, e che, in realtà, essa non sostiene che le due società costituiscono un'unica entità giuridica, bensì un'unica entità economica. Anche se i termini adoperati al ‘considerando’ 138 sono ambigui perché sembrano confondere le due nozioni, dalla lettura complessiva dei ‘considerando’ 136-139 della Decisione e dal riferimento, nella nota a pie' di pagina sotto il ‘considerando’ 138, alla giurisprudenza in materia di imputazione delle attività delle controllate alle loro capofila s'inferisce che l'imputazione delle attività dell'ETA alla ricorrente poggia sui principi che disciplinano i rapporti tra l'intermediario e il suo «proponente» e sulla responsabilità di quest'ultimo per le attività del primo, interpretati alla luce della nozione di entità economica unica, generalmente utilizzata per analizzare i comportamenti delle imprese sotto il profilo del diritto della concorrenza. Gli argomenti presentati dalla Commissione nelle sue memorie confermano questa interpretazione.

120.
    Alla luce di tali precisazioni occorre esaminare se a buon diritto nella Decisione si consideri che le attività dell'ETA potessero essere imputate alla ricorrente ai fini dell'applicazione dell'art. 85 del Trattato.

B - Quanto all'imputazione di responsabilità nei rapporti tra committente e agente

121.
    Per giurisprudenza costante, nell'ambito del diritto della concorrenza la nozione d'impresa dev'essere intesa nel senso ch'essa si riferisce ad un'unità economica dal punto di vista dell'oggetto dell'accordo, anche se sotto il profilo giuridico quest'unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche (sentenza della Corte 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm, Racc. pag. 2999, punto 11, e sentenza del Tribunale 29 giugno 2000, causa T-234/95, DSG/Commissione, Racc. pag. II-2603, punto 124).

122.
    E' stato altresì statuito che un'entità economica siffatta è costituita da un'organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali, che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione di un'infrazione di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato. Giustamente, quindi, allorché un gruppo di società costituisce una sola ed unica impresa, la Commissione imputa la responsabilità di una violazione commessa da tale impresa e infligge un'ammenda alla società responsabile dell'azione del gruppo nell'ambito dell'infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-11/89, Shell/Commissione, Racc. pag. II-757, punto 311).

123.
    La Corte ha sottolineato che, ai fini dell'applicazione delle norme sulla concorrenza, la formale separazione tra due società, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non è decisiva, poiché ciò che rileva è l'unità o meno del loro comportamento sul mercato (v., in tal senso, sentenza ICI/Commissione, cit., punto 140).

124.
    Può dunque risultare necessario determinare se due società aventi personalità giuridica distinta costituiscano, o facciano parte di, una sola ed unica impresa o entità economica che tiene sul mercato un unico comportamento.

125.
    La giurisprudenza mostra che ciò accade non solo nei rapporti capofila-controllata, ma anche, in determinate circostanze, nei rapporti tra una società e il suo rappresentante di commercio o tra un committente e il suo commissionario. Infatti, ove si tratti di applicare gli artt. 85 e 86 del Trattato, accertare se un committente e il suo intermediario o «rappresentante di commercio» costituiscano un'unità economica - essendo il secondo un organo ausiliario facente parte dell'impresa del primo - è importante per stabilire se un comportamento rientri nell'ambito di applicazione di uno dei due articoli. Così, è stato affermato che, «quando svolge attività a vantaggio del committente, un (...) intermediario può (...) essere considerato, in linea di massima, come un organo ausiliario facente parte dell'impresa del committente, tenuto a seguire le istruzioni di questi, e tale da formare con detta impresa, alla stessa stregua di un dipendente ad esso legato da un rapporto di lavoro subordinato, una sola entità economica» (sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., punto 480).

126.
    Nel caso di società che intrattengono un rapporto di tipo verticale, quale quello intercorrente tra un committente e il suo agente o intermediario, due elementi sono stati adottati come principali parametri per determinare l'esistenza di un'unità economica: l'assunzione o meno, da parte dell'intermediario, di un rischio economico e l'esclusività o meno dei servizi che fornisce.

127.
    Quanto all'assunzione del rischio economico, la Corte ha statuito, nella sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit. (punto 482), che un intermediario non può essere considerato organo ausiliario facente parte dell'impresa del committente qualora in virtù del loro accordo gli siano attribuite o lasciate funzioni analoghe, sul piano economico, a quelle di un operatore indipendente, in quanto tale accordo prevede che l'intermediario assuma a proprio carico rischi finanziari inerenti alla vendita di prodotti o all'esecuzione dei contratti stipulati con terzi.

128.
    Quanto all'esclusività dei servizi forniti dall'intermediario, la Corte ha affermato che non depone a favore dell'idea di unità economica il fatto che, oltre a svolgere attività per conto del committente, l'intermediario effettui, quale operatore indipendente, operazioni di notevole entità sul mercato del prodotto o del servizio di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., punto 544).

129.
    Nella fattispecie, dai documenti del fascicolo si ricava che i criteri stabiliti dalla giurisprudenza per considerare che un commissionario e il suo committente formino un'unica entità economica sono soddisfatti, perché l'ETA agiva sul mercato solamente in nome e per conto della Minoan e non assumeva i rischi finanziari connessi alla sua attività economica. Infine, dal fascicolo emerge anche che le due società erano avvertite dai terzi e sul mercato rilevante come facenti parte di una sola ed unica entità economica: la Minoan.

130.
    A tali conclusioni si perviene, in particolare, a seguito dell'esame dei contratti di gestione tra la ricorrente e l'ETA.

C - Quanto ai contratti di gestione

131.
    Il contratto di gestione di navi concluso tra la ricorrente e l'ETA il 27 giugno 1993, che riproduce i termini dei contratti precedenti, enuncia, nell'art. II, gli obblighi assunti dal gestore ETA. Questo articolo recita:

«Per raggiungere l'obiettivo di cui sopra e in esecuzione del presente contratto, il gestore assume i seguenti obblighi:

a)    Predispone un'ampia rete di uffici collaboratori organizzati in tutta la Grecia (tranne che a Creta, dove il lavoro d'agenzia è stato organizzato dal proprietario, benché con supporto contabile del centro informatico del gestore); il gestore può designare sotto la sua responsabilità agenti sia in Grecia che all'estero, da un lato, per fornire i servizi portuali alla predetta nave del proprietario nei porti di rilascio e di scalo e per tutto il lavoro di emissione e rilascio dei biglietti e delle polizze di carico e, dall'altro, per fornire servizi portuali e altri servizi durante il trasporto di passeggeri e veicoli.

b)    Mette a disposizione esclusiva del proprietario, e solo del proprietario, la sua rete di vendite e s'impegna a non rappresentare altri proprietari sulla linea Ancona-Corfù-Cefalonia-Il Pireo-Paros-Heraklion.

c)    Provvede alla tempestiva riscossione e al versamento al proprietario degli introiti relativi ai noli, in tutte le loro forme e provenienti da qualsiasi agente, nel territorio nazionale o all'estero; detti introiti sono versati entro un mese dalla percorrenza del tragitto corrispondente.

    Si sottolinea che i proventi netti dei noli sono depositati in banca a nome e per conto del proprietario, che ha un diritto esclusivo al contempo sui proventi realizzati all'estero, in valuta straniera, e su quelli realizzati nel territorio nazionale, in dracme.

    In entrambi i casi i depositi vanno effettuati presso una banca indicata dal proprietario.

d)    Assicura l'organizzazione di un servizio speciale di controllo e di una contabilità generale al fine di garantire un corretto svolgimento dei lavori, dall'emissione e dal rilascio di biglietti, polizze di carico, eccetera, fino alla quadratura dei conti, in modo da soddisfare pienamente gli interessi del proprietario, cui una volta al mese consegna, a fini di controllo, le liquidazioni dei biglietti e delle polizze.

e)    Tiene un servizio organizzato di prenotazioni (CRO) sia in Grecia che ad Ancona in Italia; tale servizio è aperto alla clientela del proprietario, intendendo sia passeggeri che veicoli (autocarri e autovetture), diretti all'estero oppure in Grecia; s'incarica altresì di tutti i servizi doganali o portuali nonché dell'autorizzazione al transito per Ancona-Corfù-Cefalonia-Il Pireo-Paros-Heraklion.

f)    Organizza uffici per la prestazione di servizi di agenzie portuali nei porti di Ancona, Corfù, Cefalonia, Il Pireo e Paros, curando di soddisfare le necessità correnti e di rispondere a tutte le esigenze del buon funzionamento della nave.

g)    Rappresenta il proprietario nel territorio nazionale e all'estero di fronte alle autorità portuali e altre autorità pubbliche con cui intrattiene le migliori relazioni possibili per rispondere in modo normale e costante ai bisogni della nave.

h)    Fa tutto il necessario per l'imbarco e lo sbarco dei passeggeri e dei veicoli nonché per il carico e lo scarico delle merci, con pagamento di spese di trasporto o d'utilizzo della nave.

i)    S'incarica di tutti i bisogni della nave, e vi risponde fattivamente, nei porti di Ancona, Corfù, Cefalonia, Il Pireo e Paros.

j)    Rappresenta anche (se il proprietario gliene faccia richiesta per la medesima linea o per un'altra linea Grecia-Italia-Grecia) altre navi del proprietario, a condizioni e secondo modalità da precisare con apposito contratto.

k)    Designa sotto la sua responsabilità agenti (portuali e non) sia in Grecia che all'estero; assicura al proprietario il rispetto da parte di tutti gli agenti all'estero e nel territorio nazionale degli obblighi derivanti dalla gestione dei noli della nave e s'impegna a porre fine alle attività di detti agenti ove sussistano ragioni gravi nonché, beninteso, se il proprietario gliene faccia richiesta scritta.

l)    Fa tutto il necessario (se il proprietario glielo richieda) per assicurare la collaborazione con altre società, agendo sempre per conto del proprietario e preservandone gli interessi mercé una collaborazione sistematica con lui; partecipa, a spese del proprietario, alle fiere e ai convegni turistici e marittimi nei paesi e nei porti di rilascio e di scalo delle navi (per informarsi sugli sviluppi generali del trasporto e del procacciamento di noli) e s'incarica dell'organizzazione occasionale, all'estero e in Grecia, di congressi e seminari di agenti generali stranieri e di altri produttori idonei, sotto la supervisione dell'amministrazione del proprietario, ad attuare la politica generale e la pianificazione d'esercizio, al fine di tutelare e promuovere la società Minoan Lines.

    Si osservi che i proventi dei noli percepiti negli uffici di Creta o sull'imbarcazione sono addebitati al proprietario con compensazione a ogni rendiconto.

m)    Provvede al procacciamento di ogni sorta di noli nei trasporti nazionali o verso l'estero; cura ogni questione e operazione concernente la nave che gestisce; si accolla e liquida le operazioni di riscossione e di pagamento relative alla nave sia all'estero che nel territorio nazionale; controlla i conti degli agenti in Grecia e all'estero nonché i movimenti sui conti-debito in valuta straniera della nave».

132.
    In primo luogo, risulta dal contenuto di tale articolo II che la Commissione ha giustamente ritenuto che il rapporto contrattuale tra l'ETA e la ricorrente soddisfacesse il requisito di esclusività della rappresentanza. E' inoltre pacifico che l'ETA di fatto non rappresentava nessun'altra società, almeno sulle linee marittime considerate nella Decisione. La circostanza che l'ETA abbia concluso un accordo con la Strintzis per rappresentarne le navi, conformemente al partenariato che quest'ultima società e la ricorrente avevano deciso di realizzare, non può infirmare tale conclusione. Si aggiunga che la ricorrente non ha contestato l'affermazione della Commissione secondo cui la detta collaborazione non è stata messa in atto.

133.
    In secondo luogo, il detto articolo contrattuale conferma la tesi della Commissione secondo cui l'ETA agiva per conto della ricorrente senza assumere alcun rischio economico, visto che la sua remunerazione era basata sul numero di biglietti che vendeva. A tale riguardo occorre sottolineare che la ricorrente non ha risposto all'argomento della Commissione, prospettato nel controricorso, secondo cui dai contratti non emerge che l'ETA assumesse rischi finanziari di sorta inerenti alla prestazione di servizi di trasporto roll-on/roll-off fra la Grecia e l'Italia ovvero all'esecuzione dei pertinenti contratti con terzi.

134.
    Inoltre, come la Commissione ha sottolineato al ‘considerando’ 137 della Decisione, tutte le prove documentali evidenziano che il sig. Sfinias, rappresentante legale e amministratore dell'ETA, ha rappresentato la ricorrente firmando a suo nome tutti i telex e i fax indirizzati alle altre società. Tali documenti dimostrano che il sig. Sfinias faceva menzione dell'ETA nella sua corrispondenza solo allorquando si rivolgeva alla ricorrente nella sua qualità di agente.

135.
    Parimenti, le altre società, nel rispondere a loro volta ai fax o ai telex inviati dal sig. Sfinias, non si rivolgevano all'ETA, bensì alla «Minoan» o alla «Minoan Atene», benché indirizzassero i documenti per la Minoan al sig. Sfinias, al numero di telex dell'ETA. Inoltre, risulta dal contenuto dei telex e dei fax che, secondo le compagnie di navigazione in concorrenza con la ricorrente, le dichiarazioni del sig. Sfinias corrispondevano sicuramente al punto di vista di quest'ultima, circostanza che non sorprende, atteso che lo stesso sig. Sfinias aveva alimentato tale convincimento indicando la Minoan come mittente della posta che egli inviava dagli uffici dell'ETA.

136.
    Pertanto, il fatto che nei telex di cui trattasi la sigla ETA figurasse sempre (all'inizio o alla fine del documento) non rileva nella fattispecie per determinare mittente e destinatario effettivi della posta, contrariamente a quanto afferma la ricorrente. Infatti, la sigla ETA sui telex ai quali la ricorrente si riferisce è stampigliata automaticamente dagli apparecchi telex e indica soltanto il titolare della linea telefonica. Il fatto che le altre imprese partecipanti all'infrazione considerassero il numero di telex dell'ETA come il numero di contatto della Minoan mostra chiaramente che, per tali imprese, l'ETA non era che un organo della Minoan. Ciò mette in evidenza come le altre compagnie di navigazione fossero persuase che l'ETA agisse per conto della ricorrente e con la sua autorizzazione, il che suffraga la conclusione che l'ETA ha operato sul mercato come un ausiliario facente parte dell'impresa della ricorrente.

137.
    Infine, questa conclusione è corroborata dal fatto che la risposta 20 novembre 1992 a una richiesta d'informazioni rivolta alla ricorrente dalla Commissione è stata data su carta da lettera recante come recapito della Minoan un indirizzo poi risultato essere quello dell'ETA e che la detta lettera era firmata dal sig. Sfinias sotto il logo della Minoan e non indicava che il firmatario non era un dirigente dell'impresa, bensì il suo agente. In tal modo la ricorrente ha confermato che l'ETA era solo un organo ausiliario cui ordinava di rispondere alle richieste d'informazioni rivoltele dalla Commissione all'indirizzo che quest'ultima reputava essere quello della Minoan e che, invece, era dell'ETA. Prova ne è, peraltro, il fatto che la ricorrente, nella sua lettera di risposta alla Commissione, non fa cenno alla circostanza che era un'altra società a rispondere alle richieste d'informazioni, né alle ragioni per le quali una società che non era la destinataria della lettera della Commissione aveva risposto a quest'ultima. L'argomento della ricorrente secondo cui essa ha ordinato di rispondere al sig. Sfinias a causa della tecnicità delle informazioni richieste non può essere accolto, in quanto ciò non impediva che la ricorrente rispondesse personalmente. La ricorrente, ove avesse avuto difficoltà a comprendere i quesiti della Commissione o a reperire i dati per una risposta, avrebbe potuto rispondere comunque personalmente alla richiesta d'informazioni dopo essersi fatta fornire dall'ETA le indicazioni necessarie.

138.
    Risulta da quanto precede che giustamente la Commissione ha ritenuto che l'ETA dovesse essere qualificata come la «longa manus» della ricorrente e che le due società facessero parte di un'unica entità economica ai fini dell'applicazione del diritto della concorrenza e dell'imputazione alla ricorrente delle attività dell'ETA prese in considerazione nella Decisione.

139.
    Contro questa conclusione la ricorrente non può eccepire un asserito errore di valutazione delle attività dell'ETA, né sostenere di non aver dato la sua autorizzazione o approvazione all'ETA perché intraprendesse una cooperazione illegale.

140.
    Anzitutto, dalle clausole dell'art. II del contratto di gestione di navi si ricava che l'ETA disponeva di un ampio potere di rappresentanza e che era abilitata a gestire le navi della ricorrente sulle linee internazionali e obbligata a provvedere a ogni questione concernente tali imbarcazioni, il che comprendeva, certamente, la determinazione delle tariffe della ricorrente sulle linee internazionali. Come ha sottolineato la ricorrente medesima, l'ETA, in quanto sua agente generale, era competente per le questioni inerenti alle linee internazionali e ai passeggeri. Ne consegue che la materia oggetto degli accordi illegittimi cui si riferisce la Decisione, ossia la determinazione delle tariffe internazionali, rientrava senz'altro nel mandato ricevuto dall'ETA e nell'ambito del suo rapporto contrattuale con la ricorrente.

141.
    La ricorrente invoca la lettera dell'ETA 14 settembre 1993 per cercare di dimostrare che un certo numero di attività di tale società esulavano dal rapporto contrattuale tra le due imprese e ne deduce che tali attività non possono esserle validamente imputate. Nella detta lettera l'ETA distingueva i servizi erogati in esecuzione del contratto dalle prestazioni extracontrattuali. Importante è, tuttavia, che le dette prestazioni erano in tutto e per tutto fornite per la ricorrente e a suo nome. Orbene, fra tali prestazioni vanno segnalati i «servizi che essa avrebbe fornito alla ricorrente» - come li chiama l'autore della lettera -, quali «la pace tariffaria, che essa era riuscita a instaurare con una ventina di società» e «la tariffa più conveniente che essa era sempre riuscita a fissare per la Minoan». Di conseguenza, la detta lettera conferma che l'ETA agiva sempre per conto della ricorrente, specie in ordine agli accordi illegittimi sulle tariffe.

142.
    Va poi rilevato che gli argomenti vertenti sulla mancata conoscenza e approvazione delle attività dell'ETA sono contraddetti dalle prove acquisite nel fascicolo. L'argomento secondo cui la ricorrente era all'oscuro delle collusioni è smentito dal telex 21 maggio 1992, menzionato al ‘considerando’ 30 della Decisione, e dai telex 25 febbraio e 27 maggio 1992, i quali mostrano chiaramente che la ricorrente era informata delle consultazioni dell'ETA con altre società sulle tariffe. Anche se, come sostiene la ricorrente, il telex 25 febbraio 1992 non prova che essa avesse ordinato all'ETA di aprire trattative sulle tariffe, resta nondimeno che essa era al corrente di tali negoziati.

143.
    Per quanto riguarda il telex 21 maggio 1992, è sufficiente ricordare i termini con cui il suo autore, l'ETA, si rivolge alla ricorrente:

«Vi informiamo che è indetta una conferenza di rappresentanti delle compagnie di navigazione operanti sulla linea Patrasso-Ancona, per discutere i progetti di nuove tariffe per il 1993.

Questi i principali punti all'ordine del giorno:

-    prezzario per la linea di Trieste

-    prezzario per i veicoli da campeggio

-    sconti comitive

-    revisione dei prezzi della ristorazione 1992/93

-    politica per il passaggio a una categoria superiore (upgrading)

-    commissioni delle agenzie di viaggio e degli agenti centrali.

Vi informeremo dei futuri sviluppi».

144.
    Quanto, poi, al telex 27 maggio 1992, l'ETA ha informato la ricorrente dello svolgimento della riunione nei seguenti termini:

«Vi riferiamo in merito alle proposte da noi avanzate nella riunione delle quattro compagnie di navigazione, che, con piccole differenze per quanto riguarda Karageorgis e Strintzis, sono state accettate. Anek si riserva di prendere posizione e risponderà entro dieci giorni.

-    Aumento generale del 3% rispetto alla tariffa 1992 in marchi tedeschi.

-    Il listino prezzi in dracme sarà stilato in base all'attuale tasso di conversione del marco in dracme, mentre i listini in altre divise europee saranno redatti in base al tasso di cambio della dracma in tali divise.

-    Aumento del 6% per la tariffa “ponte”.

-    Aumenti del 30% per i veicoli della categoria 4 e del 50% per i veicoli della categoria 5 (tali aumenti interessano in particolare la società Minoan per la nave Erotokritos).

-    Integrazione, nel prezzo del biglietto, delle tasse portuali, che passano da 15 a 18 DEM (a causa del pagamento della commissione), per scongiurare i problemi presentatisi a Igumenitsa.

-    Adeguamento immediato della tariffa per i ristoranti da 2 600 a 3 000 dracme.

-    Aumento immediato del 5% della tariffa per gli autocarri sulla linea di Ancona.

-    Aumento immediato del 20% della tariffa per gli autocarri sulla linea di Trieste rispetto alla tariffa in vigore sulla linea di Ancona (solo del 15% per le società Karageorgis e Strintzis).

-    Abolizione immediata dello sconto del 20% sulla tariffa passeggeri annunciato dall'Anek per la sua nave Kydon II.

-    Fissazione della tariffa passeggeri e autovetture sulla linea di Trieste per il 1993 al 20% in più della tariffa in vigore sulla linea di Ancona (proposta della Minoan; le società Karageorgis e Strintzis propongono il 15%).

-    Sconti per comitive: nessuna variazione rispetto al 1992.

-    Alta stagione:    Italia-Grecia: 26 giugno-14 agosto 1993

                Grecia-Italia: 29 luglio-9 settembre 1993.

Vogliate esaminare e approvare le suesposte decisioni prese per Vostro conto.

Vi terremo informati di ogni nuovo sviluppo non appena avremo notizie».

145.
    Questi due documenti evidenziano che l'ETA usava informare la ricorrente e che, dunque, quest'ultima era regolarmente messa al corrente delle attività dell'ETA considerate nella Decisione, le quali erano per essa manifestamente vantaggiose. Lo conferma anche, per esempio, il telex 24 novembre 1993 con cui l'ETA ha informato la ricorrente della conclusione di un accordo sulla tariffa per gli autocarri nei seguenti termini: «(...) nella riunione odierna abbiamo raggiunto un accordo». La Commissione poteva inferire dal tenore del telex che la ricorrente sapeva che si sarebbe tenuta la riunione, visto che nessuna spiegazione è offerta al riguardo e che essa non si è opposta né allo svolgimento della riunione medesima, né alla stipula dell'accordo. Infine, e peraltro, si deve ricordare che la ricorrente ha riconosciuto di aver avuto notizia almeno di alcuni di tali contatti, sottolineando di non esservisi opposta perché pensava che fossero basati sulla normativa ellenica e che dunque non avessero alcunché di «particolarmente grave».

146.
    Quanto, poi, all'argomento della ricorrente vertente sulla mancata approvazione da parte sua degli atti dell'ETA, ciò che impedirebbe qualsiasi imputazione di responsabilità, è sufficiente ricordare che nel telex 27 maggio 1992, il cui contenuto è esposto sopra, l'ETA ha chiesto alla ricorrente di approvare gli atti conclusi per suo conto. La ricorrente non può avvalersi del fatto che nella Decisione non è indicato che essa abbia effettivamente concesso la sua approvazione, perché in siffatte circostanze tocca alla ricorrente provare di essersi opposta a tali contatti ovvero di aver ordinato all'ETA di recedere dall'accordo controverso, e tale prova non è stata fornita. In realtà, dal fascicolo risulta che solo a seguito degli accertamenti della Commissione la ricorrente ha espressamente avvertito l'ETA di evitare ogni azione non del tutto legittima e tale da esporre la ricorrente a sanzioni.

147.
    Da tali considerazioni discende che la determinazione delle tariffe e delle condizioni applicabili sulle navi della ricorrente in servizio sulle linee internazionali rientrava nella sfera delle attività del suo agente ETA, che la ricorrente era regolarmente informata delle attività del suo agente, compresi i contatti con le altre società relativamente ai quali l'agente cercava di ottenere un'autorizzazione previa o ex post e, infine, che la ricorrente aveva la possibilità e la facoltà d'impedire al suo agente d'intraprendere determinate azioni, benché di tale facoltà essa si sia avvalsa solo dopo gli accertamenti della Commissione.

D - Conclusione

148.
    Dall'esame dei telex scambiati tra l'ETA e la ricorrente e tra l'ETA e le altre società partecipanti all'infrazione, dalle risposte della ricorrente alle richieste d'informazioni della Commissione e dalle altre circostanze esaminate sopra risulta che l'ETA operava sul mercato nei confronti di terzi, clienti, subagenti e concorrenti della ricorrente come organo ausiliario di quest'ultima e che tali due società costituivano pertanto una sola ed unica entità economica o impresa ai fini dell'applicazione dell'art. 85 del Trattato. Di conseguenza, la Commissione era legittimata ad imputare alla ricorrente i comportamenti contrari all'art. 85 del Trattato sanzionati nella Decisione e in cui l'ETA ha svolto un ruolo importante.

149.
    Non inficia tale conclusione il fatto, invocato dalla ricorrente, che le due società avessero interessi divergenti, come mostrerebbe il telex inviatole dall'ETA il 26 maggio 1994 in cui si rimproverava alla Minoan, che continuava ad accordare crediti al suo ufficio di Heraklion, di mettere in tal modo in pericolo l'iniziativa intrapresa dall'ETA allo scopo di concludere un accordo sulla linea per l'Italia. La circostanza che le due società avessero interessi differenti, o addirittura contrapposti, in merito alle commissioni percepite dall'ETA sulle vendite dei biglietti, attiene ai rapporti interni tra le due società e non toglie che nelle relazioni con i terzi l'ETA agisse sempre, relativamente agli accordi in causa, in nome e per conto della ricorrente. Come sottolineato dalla Commissione, ai fini dell'applicazione dell'art. 85 del Trattato l'esistenza di un'entità economica unica non è messa in discussione dalle contrapposizioni nell'ambito di quest'ultima sull'importo della remunerazione o su vari aspetti della cooperazione.

150.
    Da tutto quanto precede discende che le censure della ricorrente relative all'errata applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, per esserle state a torto imputate le iniziative ed azioni dell'ETA, sono infondate.

151.
    Ne consegue che il secondo motivo dev'essere interamente respinto.

Sul terzo motivo, dedotto in subordine e vertente su un'errata qualificazione dei fatti di specie come accordi vietati ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato

A - Quanto alla prima parte, relativa a un'errata applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto le imprese non disponevano della necessaria autonomia, essendo il loro comportamento dettato dal contesto legislativo e dalle sollecitazioni delle autorità elleniche

Argomenti delle parti

152.
    La ricorrente fa presente le circostanze giuridiche e geopolitiche molto particolari in cui si collocano i fatti di specie da essa ritenuti determinanti per spiegare il comportamento delle imprese implicate.

153.
    In primo luogo, la ricorrente sottolinea l'importanza vitale per la Grecia della rotta marittima tra la Grecia e l'Italia, in quanto unico collegamento diretto con i paesi dell'Unione europea, e sostiene che, per tale ragione, i servizi di trasporto erogati sulle linee Grecia-Italia sono d'interesse pubblico per le autorità elleniche. Infatti, la garanzia del funzionamento di tali linee, su base permanente e regolare, avrebbe costituito e costituirebbe ancora una priorità per il governo ellenico, come risulterebbe, peraltro, dalla lettera 17 marzo 1995, inviata alla Commissione dal Rappresentante permanente aggiunto della Grecia presso le Comunità europee.

154.
    In secondo luogo, la ricorrente espone i tratti essenziali della legislazione nazionale applicabile alla Marina mercantile in Grecia e della politica seguita dal Ministero ellenico della Marina mercantile.

155.
    Così, essa ricorda che il trasporto marittimo in Grecia è regolamentato dal codice di diritto pubblico della navigazione, dal codice di diritto privato della navigazione e da altre normative particolari contenenti disposizioni relative alla concorrenza sleale nei trasporti marittimi, fra cui in particolare la legge n. 4195/1929. Ai sensi di tali disposizioni, l'attività delle società di trasporto marittimo sarebbe soggetta a una disciplina legislativa e regolamentare molto rigida, comprendente il divieto di ogni forma di concorrenza sleale. Infine, la ricorrente tiene a sottolineare che la legge n. 4195/1929 relativa alla concorrenza sleale concerne il comportamento delle società marittime non soltanto sulle linee nazionali, ma anche su quelle internazionali.

156.
    La ricorrente illustra poi i tratti principali della politica seguita dal Ministero della Marina mercantile a suo avviso pertinenti alla comprensione del comportamento delle imprese nel caso di specie. Essa sostiene che il detto Ministero prende tutte le misure necessarie in base alla legislazione precitata avvalendosi di tutti i poteri che questa gli conferisce. Tali misure includerebbero in particolare: a) la concessione di «licenze d'esercizio» per le linee nazionali, compresa la parte nazionale dei tragitti internazionali; b) la ratifica di tariffe uniformi e obbligatorie per i collegamenti nazionali o per la parte nazionale dei collegamenti internazionali, come il segmento Patrasso-Igumenitsa-Corfù, con inevitabili ripercussioni sulle tariffe applicabili alla parte internazionale del tragitto; c) l'approvazione annuale dei collegamenti con decisione ministeriale a discrezione del ministro competente, la quale, allorché accordata, obbligherebbe le società a rispettare i collegamenti approvati, con conseguente ripartizione periodica dei mercati da parte dello Stato; d) il controllo del disarmo dei battelli, per assicurare i collegamenti obbligatori succitati, che potrebbe addirittura portare a vietare il disarmo medesimo; l'eventuale superamento della durata consentita del disarmo sarebbe passibile di ammende; e) l'obbligo di trattative tra le società marittime per programmare e coordinare i collegamenti prima che il Ministero della Marina mercantile approvi i ruolini di marcia per l'anno seguente, nell'ambito di nuovi negoziati tra tale Ministero e le società.

157.
    Quanto, più in particolare, alla linee Grecia-Italia, l'importanza vitale di queste linee di trasporto per la Grecia e la necessità di favorire lo sviluppo del turismo verso tale paese avrebbero indotto tutti i governi ellenici a volerne garantire il funzionamento senza ostacoli, su base regolare e permanente, con servizi della miglior qualità e del minor costo possibili.

158.
    La ricorrente afferma che tale contesto legislativo e tale politica del Ministero della Marina mercantile hanno creato un clima che non solo favoriva, ma imponeva anche, in sostanza, contatti, concertazioni e negoziati circa i parametri fondamentali della politica commerciale tra le compagnie di navigazione. La ricorrente espone la maniera in cui, de facto, il Ministero della Marina mercantile fissava le tariffe per le linee nazionali.

159.
    La ricorrente sostiene che, tenuto conto di tale prassi, le compagnie dovevano accordarsi non solo sui collegamenti, ma anche sulle tariffe applicabili sulle linee nazionali, per poi presentare una proposta al Ministero in vista dell'approvazione delle dette tariffe. Ciò spiegherebbe i contatti, le concertazioni, gli scambi d'informazioni e gli «accordi» sulle tariffe fino eventualmente ad adeguamenti delle stesse dovuti all'inflazione e alle costanti fluttuazioni del tasso di cambio della dracma greca rispetto alle valute straniere. In tale ambito gli scambi d'informazioni tra le compagnie di navigazione sarebbero quasi naturali e ineluttabili, comprese le informazioni sulle tariffe per il tragitto complessivo che, nel caso della linea Patrasso-Igumenitsa-Corfù-Italia, concernevano sia il segmento puramente nazionale (Patrasso-Igumenitsa-Corfù) che quello internazionale della linea, perché anche gli altri parametri per la fissazione delle tariffe nazionali sono determinati in funzione non della parte nazionale delle linee, bensì della linea intera, conformemente - del resto - alla normale logica economica.

160.
    L'esattezza delle affermazioni che precedono sarebbe confermata dal contenuto della lettera 17 marzo 1995 del Rappresentante permanente aggiunto della Grecia presso le Comunità europee, sig. Vassilakis, alla Commissione, da cui risulterebbe che la fissazione amministrativa delle tariffe per la parte nazionale delle linee corrispondenti è un fattore che incide sulle tariffe della parte internazionale delle linee Grecia-Italia, in quanto i detti prezzi soddisfano una funzione analoga a quella dei prezzi indicativi. Un secondo fattore sarebbe costituito, ai termini di tale lettera, dagli inviti che il Ministero della Marina mercantile rivolge alle compagnie di navigazione a mantenere basse le tariffe per la parte internazionale delle linee e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione. Il terzo fattore menzionato nella detta lettera sarebbe rappresentato dalla legislazione greca in materia di concorrenza sleale, in particolare dalla legge n. 4195/1929, che vieta ogni ribasso delle tariffe sulle linee internazionali ad un livello irrisorio e sproporzionato rispetto alle esigenze di sicurezza e di comfort dei passeggeri, nonché ogni riduzione dei prezzi rispetto alle tariffe generalmente applicate nel porto, permettendo al Ministero della Marina mercantile di imporre tariffe massime e minime. Infine, la ricorrente fa valere che il Ministero della Marina mercantile può sempre incitare le compagnie di navigazione a evitare «guerre dei prezzi», per non essere costretto ad intervenire e a far uso dei poteri riconosciutigli dalla legge n. 4195/1929.

161.
    Peraltro, la ricorrente si riferisce più precisamente al modo in cui la Decisione (‘considerando’ 98-108) evoca il ruolo svolto dalle autorità pubbliche elleniche. Essa critica il fatto che la Decisione si limiti a esporre gli argomenti delle imprese a tale proposito senza esaminare il merito. La Decisione sarebbe viziata da un errore grave per quanto riguarda la valutazione delle circostanze di fatto, perché la Commissione avrebbe dovuto dare particolare importanza al concorso simultaneo della totalità dei parametri pertinenti, ossia al carattere d'interesse generale dei servizi di trasporto erogati sulle linee Grecia-Italia, alla fissazione di tariffe uniformi e obbligatorie per le linee internazionali o per la parte nazionale delle stesse, alla limitazione degli aumenti tariffari sulle linee internazionali, al divieto di concorrenza sleale sui prezzi di cui alla legge n. 4195/1929, ai costi fissi della limitazione del disarmo delle imbarcazioni a due mesi, salvo casi di forza maggiore, nonché all'obbligo di impiegare equipaggi composti esclusivamente da cittadini greci, o comunitari protetti dalle rigidissime disposizioni della legislazione ellenica relativa alla gente di mare, all'obbligo di riservare uno spazio minimo agli autocarri adibiti al trasporto di prodotti deperibili, come frutta e verdura fresche, obbligo che si traduce, specie in alta stagione, nel mancato guadagno ricavabile se lo stesso spazio fosse destinato al trasporto di autovetture, che comporterebbero la presenza di un maggior numero di passeggeri e dunque introiti supplementari [v. punto 18, lett. d), del memorandum riservato del 6 ottobre 1994, indirizzato dalla Minoan alla Commissione delle Comunità europee]. Orbene, se avesse valutato correttamente la lettera della Rappresentanza permanente, la Commissione avrebbe dovuto concludere che il cumulo di tutti i parametri, espressamente citati in tale lettera, ha un impatto decisivo sull'autonomia delle compagnie di navigazione greche nella pianificazione e nella formazione della loro politica di prezzi.

162.
    La ricorrente fa valere che, tenuto conto di tale contesto, l'art. 85, n. 1, del Trattato non è applicabile nella fattispecie, perché l'«effetto congiunto» succitato era la conseguenza di misure legislative e regolamentari che, prese nel loro insieme, limitano in maniera decisiva l'autonomia delle compagnie di navigazione, in particolare nella predisposizione delle proprie tariffe sulla parte internazionale delle linee Grecia-Italia. A tale riguardo la ricorrente invoca in particolare la citata sentenza Suiker Unie e a./Commissione, e la sentenza della Corte 1° ottobre 1987, causa 311/85, Vlaamse Reisbureaus (Racc. pag. 3801), dove la Corte avrebbe riconosciuto che talune regolamentazioni statali, segnatamente le disposizioni in materia di concorrenza sleale, potevano restringere di fatto la libertà d'impresa degli operatori ad esse soggetti.

163.
    La ricorrente aggiunge che un'altra conseguenza importante dell'effetto congiunto delle disposizioni succitate è costituito dalle distorsioni di concorrenza che provoca, atteso che solo alcune compagnie in servizio sulle linee Grecia-Italia sono soggette a tale contesto normativo, e cioè quelle le cui navi battono bandiera greca e devono perciò disporre della prescritta licenza, concessa - come nel caso delle imbarcazioni della Minoan - a condizioni molto onerose. Al contrario, le altre compagnie di navigazione attive sulle linee Grecia-Italia non sarebbero soggette al detto contesto normativo e sarebbero perciò assolutamente libere di programmare la loro attività commerciale in funzione soltanto degli utili.

164.
    La ricorrente, nell'ipotesi in cui il Tribunale consideri che essa abbia partecipato direttamente ai contatti e ai negoziati in causa, fa valere che il suo comportamento tendeva semplicemente a conformarsi o a far credere di conformarsi al contesto normativo vigente in Grecia, caratterizzato dall'imposizione alle imprese di obblighi di fare, come l'obbligo di concordare itinerari e tariffe nazionali, e di non fare, come l'obbligo di evitare ogni forma di concorrenza sleale sui prezzi. La ricorrente fa osservare che il mancato rispetto del contesto legislativo e regolamentare era passibile di una serie d'interventi statali, come l'imposizione da parte del Ministero della Marina mercantile di tariffe massime e minime in caso di concorrenza sleale e di pesanti sanzioni, laddove il mancato rispetto degli «accordi» di cui alla Decisione non poteva essere sanzionato poiché le imprese interessate non avevano convenuto meccanismi coercitivi.

165.
    Infine, la ricorrente nega che tale tendenza ad adeguarsi alla disciplina della concorrenza sleale possa essere ritenuta restrittiva della concorrenza ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

166.
    La ricorrente conclude, perciò, che il suo comportamento nella fattispecie non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 85 del Trattato e che, comunque, ove pure taluni aspetti accessori di esso vi rientrino, l'infrazione commessa non è grave, visto il contesto giuridico e economico in cui s'inserisce nonché l'effetto congiunto dei vari parametri che hanno avuto un'influenza decisiva sul suo comportamento.

167.
    La Commissione respinge l'argomento della ricorrente secondo cui il contesto legislativo e regolamentare derivante dalla politica del Ministero ellenico della Marina mercantile ha sortito l'effetto congiunto di limitare l'autonomia delle imprese contemplate nella Decisione.

168.
    Quanto, in primo luogo, alle disposizioni legislative e regolamentari relative al funzionamento della Marina mercantile in Grecia, la Commissione contesta talune affermazioni della ricorrente circa la loro portata e la loro influenza sul traffico internazionale e ritiene necessarie alcune importanti precisazioni.

169.
    Anzitutto fa notare che la concessione di una licenza, la fissazione di tariffe obbligatorie, l'approvazione annua dei tragitti e il controllo del disarmo delle imbarcazioni da parte del Ministero ellenico della Marina mercantile riguardano le linee nazionali e non quelle internazionali.

170.
    In seguito, la Commissione fa valere che né la conclusione, tra le imprese censurate, di accordi diretti a fissare le tariffe per le linee nazionali, né lo svolgimento di consultazioni e lo scambio d'informazioni riservate tra le società in causa in merito alle linee nazionali sono previsti per legge e che, comunque, tale pratica, quand'anche favorita nei fatti dal Ministero ellenico della Marina mercantile, concerneva soltanto le linee nazionali.

171.
    La Commissione si riferisce, peraltro, alla natura dei servizi di trasporto forniti sulle linee Grecia-Italia e alla loro qualificazione come «servizi d'interesse pubblico». Essa dubita che si possa ritenere che la lettera 17 marzo 1995 del Rappresentante permanente aggiunto della Grecia presso le Comunità europee dimostri che i servizi di trasporto erogati sulle linee Grecia-Italia vadano qualificati come «servizi d'interesse pubblico». Siccome, con un'affermazione del genere, la ricorrente pretenderebbe di essere considerata un'impresa «incaricat[a] della gestione di servizi di interesse economico generale» e, di conseguenza, di essere soggetta alle regole della concorrenza solo nella misura in cui l'applicazione delle stesse non le impedisca, né in diritto né in fatto, di svolgere il compito affidatole, la Commissione fa valere che, nella fattispecie, le condizioni per l'applicazione della nozione di «imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale» non sono soddisfatte. Secondo la Commissione tale nozione dev'essere interpretata in senso stretto, perché è pertinente a una disposizione che permette, in determinate circostanze, di derogare alle regole del Trattato.

172.
    Inoltre, la Commissione contesta l'argomento secondo cui il concorso cumulativo dei parametri menzionati, che avrebbero asseritamente influito sulle tariffe applicabili al tragitto nazionale delle linee Grecia-Italia, ha limitato l'autonomia delle imprese nel pianificare e determinare la loro politica tariffaria. La Commissione aggiunge che, quand'anche i parametri suddetti abbiano davvero inciso sulla determinazione delle tariffe in discorso, la loro influenza sarebbe comunque indiretta e parziale e non potrebbe far ritenere che, nella fattispecie, le società non avessero un certo margine di autonomia nella definizione della loro politica tariffaria. Essa invoca, al riguardo, la giurisprudenza secondo la quale gli artt. 85 e 86 del Trattato si applicano nel caso in cui risulti che la normativa nazionale lascia sussistere la possibilità che la concorrenza sia ostacolata, ristretta o falsata dal comportamento autonomo delle imprese (sentenza della Corte 11 novembre 1997, cause riunite C-359/95 P e C-379/95 P, Commissione e Francia/Ladbroke Racing, Racc. pag. I-6265, punto 34).

173.
    Ne discenderebbe che, perché a un dato comportamento non si applichi l'art. 85, n. 1, del Trattato, la giurisprudenza richiede che siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) che esista une disposizione regolamentare vincolante atta ad incidere sulla concorrenza nel mercato comune e sugli scambi tra gli Stati membri; b) che tale disposizione non sia connessa a un comportamento di imprese che rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato; c) che le imprese semplicemente osservino la detta disposizione.

174.
    Orbene, secondo la Commissione, nella fattispecie le succitate condizioni non sono soddisfatte.

175.
    A suo parere, è provato che le imprese citate nella Decisione, fra cui la ricorrente, che determinavano in autonomia la propria politica commerciale, solevano stipulare tra di loro accordi vietati aventi ad oggetto la fissazione delle tariffe applicabili alle linee internazionali, indipendentemente dall'osservanza della legge e delle sollecitazioni del Ministero ellenico della Marina mercantile.

Giudizio del Tribunale

176.
    Emerge dalla giurisprudenza che gli artt. 85 e 86 del Trattato riguardano soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di loro propria iniziativa (v., in tal senso, sentenze della Corte 20 marzo 1985, causa 41/83, Italia/Commissione, Racc. pag. 873, punti 18-20; 19 marzo 1991, causa C-202/88, Francia/Commissione, Racc. pag. I-1223, punto 55; 13 dicembre 1991, causa C-18/88, GB-INNO-BM, Racc. pag. I-5941, punto 20, e Commissione e Francia/Ladbroke Racing, cit., punto 33). Se un comportamento anticoncorrenziale viene imposto alle imprese da una normativa nazionale, o se quest'ultima crea un contesto giuridico che di per sé elimina ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, gli artt. 85 e 86 non trovano applicazione. In una situazione del genere la restrizione della concorrenza non trova origine, come queste norme implicano, in comportamenti autonomi delle imprese (sentenza Commissione e Francia/Ladbroke Racing, cit., punto 33; sentenze del Tribunale 7 ottobre 1999, causa T-228/97, Irish Sugar/Commissione, Racc. pag. II-2969, punto 130, e 30 marzo 2000, causa T-513/93, Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, Racc. pag. II-1807, punto 58).

177.
    Gli artt. 85 e 86 del Trattato possono invece applicarsi nel caso in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità che la concorrenza sia ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese (sentenze della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 126, e Commissione e Francia/Ladbroke Racing, cit., punto 34; sentenze del Tribunale Irish Sugar/Commissione, cit., punto 130, e Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, cit., punto 59).

178.
    Va inoltre ricordato che la possibilità di escludere un determinato comportamento anticoncorrenziale dall'ambito di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, per il fatto che esso è stato imposto alle imprese dalla normativa nazionale esistente o che quest'ultima ha eliminato ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, è stata applicata in modo restrittivo dai giudici comunitari (sentenze Van Landewyck e a./Commissione, cit., punti 130 e 133; Italia/Commissione, cit., punto 19; sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82-242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione, Racc. pag. 3831, punti 27-29; sentenze del Tribunale 18 settembre 1996, causa T-387/94, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-961, punti 60 e 65, e Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, cit., punto 60).

179.
    Così, se non sussiste alcuna disposizione regolamentare vincolante che prescriva un comportamento anticoncorrenziale, la Commissione non può concludere nel senso di una carenza d'autonomia degli operatori le cui azioni sono messe in discussione, salvo che emerga, in base a indizi obiettivi, pertinenti e concordanti, che il detto comportamento è stato loro imposto unilateralmente dalle autorità nazionali che hanno esercitato pressioni insostenibili come la minaccia di adottare misure statali che potevano far subire loro notevoli perdite (sentenza Asia Motor France e a./Commissione, cit., punto 65).

180.
    Nella fattispecie la ricorrente sostiene che il contesto legislativo e regolamentare vigente in Grecia nonché la politica del Ministero ellenico della Marina mercantile hanno limitato in modo determinante l'autonomia delle compagnie di navigazione marittima, in particolare nella fissazione delle tariffe applicabili sulle linee nazionali come sulla parte internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia. Ne risulterebbe che le compagnie di navigazione si sono viste costrette a intrattenere fra loro contatti, concertazioni e trattative circa i parametri fondamentali della loro politica commerciale, per esempio i prezzi.

181.
    Si deve pertanto determinare se i comportamenti censurati nella fattispecie trovino origine nella normativa nazionale o nella prassi delle autorità nazionali elleniche oppure, viceversa, almeno in parte, nella volontà della ricorrente e delle altre imprese partecipanti all'accordo. Occorre quindi esaminare se il contesto legislativo e regolamentare nonché la politica del Ministero ellenico della Marina mercantile producano l'effetto congiunto di eliminare l'autonomia delle imprese nell'adozione della loro politica tariffaria sulle linee Grecia-Italia e, dunque, di cancellare qualsiasi possibilità di concorrenza fra di loro.

182.
    La marina mercantile in Grecia è disciplinata dal codice di diritto pubblico della navigazione, dal codice di diritto privato della navigazione e da altre normative particolari contenenti disposizioni relative alla concorrenza sleale nei trasporti marittimi, fra cui in particolare la legge n. 4195/1929 sulla concorrenza sleale e la legge n. 703/1977 sulla libera concorrenza, entrata in vigore il 1° gennaio 1979 in vista dell'adesione della Republica ellenica alle Comunità europee.

183.
    Esercitando i poteri che gli conferisce la normativa sopra menzionata, il Ministero ellenico della Marina mercantile adotta, in particolare, le seguenti misure: a) la concessione di «licenze di esercizio» per le linee nazionali, compresa la parte nazionale dei tragitti internazionali; b) la ratifica di tariffe uniformi e obbligatorie per i collegamenti nazionali o per la parte nazionale dei collegamenti internazionali, come il segmento Patrasso-Igumenitsa-Corfù; c) l'approvazione annuale dei collegamenti; d) il controllo del disarmo dei battelli, per assicurare i collegamenti obbligatori succitati; e) l'obbligo di trattative tra le compagnie di navigazione per programmare e coordinare i collegamenti prima che il Ministero ellenico della Marina mercantile approvi i ruolini di marcia per l'anno seguente, nell'ambito di nuovi negoziati tra il Ministero medesimo e le società.

184.
    E' pacifico tra le parti che la concessione di licenze di esercizio, la fissazione di tariffe obbligatorie, l'approvazione annua dei tragitti e il controllo del disarmo delle navi da parte del Ministero ellenico della Marina mercantile riguardano le linee nazionali e non quelle internazionali. Inoltre, la Commissione ha precisato nelle sue memorie, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che l'obbligo di effettuare tragitti regolari, connesso alla licenza di esercizio, concerne soltanto le navi battenti bandiera greca operanti esclusivamente su linee nazionali oppure su linee internazionali, ma in tale ultimo caso solo per quanto riguarda la parte nazionale dei tragitti. Parimenti, la Commissione ha segnalato, senza essere smentita sul punto, che le imprese erano libere di servire linee internazionali comprendenti o meno una parte nazionale o addirittura solo linee nazionali. Pertanto, un'impresa che avesse scelto di operare su linee internazionali senza tragitto nazionale non aveva bisogno di ottenere una licenza d'esercizio, né di rispettare gli impegni correlati.

185.
    Del pari, ai fini della fissazione delle tariffe per le linee nazionali, il Ministero della Marina mercantile chiedeva alle compagnie di navigazione di fargli proposte globali per ogni linea nazionale, giustificando gli importi proposti in base ai costi di esercizio, all'inflazione, alla redditività delle linee, alla frequenza dei viaggi, eccetera. In seguito, sulla scorta delle tariffe suggerite, della loro giustificazione e di altri criteri più generali relativi alla politica governativa globale, il Ministero approvava o modificava le proposte, su parere della Commissione per i prezzi e le entrate del Ministero ellenico delle Finanze, approvazione o modifica che avveniva, in concreto, fissando le tariffe in questione. La fissazione amministrativa delle tariffe per la parte nazionale dei collegamenti corrispondenti inciderebbe dunque sulle tariffe della parte internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia, in quanto le dette tariffe espletano una funzione analoga a quella dei prezzi indicativi.

186.
    La normativa ellenica in materia di concorrenza sleale e in particolare l'art. 2 della legge n. 4195/1929 vieta, «sulle linee per l'estero, ogni ribasso delle tariffe di trasporto di passeggeri e di merci che, operato a fini di concorrenza sleale, porti i prezzi a livelli irrisori e sproporzionati rispetto ad una remunerazione ragionevole e giusta dei servizi forniti e alle esigenze di sicurezza e di comfort dei passeggeri, o a livelli inferiori a quelli generalmente applicati nel porto di cui trattasi». L'art. 4 della legge n. 4195/1929 dispone quanto segue: «Allorché la libertà di fissazione delle tariffe sulle linee per l'estero determina una concorrenza sleale, il Ministero della Marina (Direzione della Marina mercantile) può, oltre ad applicare le disposizioni degli articoli precedenti, fissare, previo parere del Consiglio della Marina mercantile, tariffe massime o minime per il trasporto di passeggeri e di merci per i collegamenti effettuati tra i porti greci e quelli stranieri mediante battelli che trasportano passeggeri greci. E' vietato superare le dette tariffe; i contravventori sono passibili delle sanzioni di cui all'art. 3».

187.
    E' stato asserito, inoltre, che il Ministero della Marina mercantile incitava le compagnie di navigazione a mantenere basse le tariffe applicabili alla parte internazionale delle linee e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione, nonché a evitare ogni forma di «guerra dei prezzi» tra di esse, per non essere costretto a intervenire e a far uso dei poteri conferitigli dalla legge n. 4195/1929.

188.
    Nella lettera 23 dicembre 1994, citata al ‘considerando’ 101 della Decisione, che rispondeva alla lettera della Commissione 28 ottobre 1994, il Ministero della Marina mercantile si è così espresso:

«(...)

Per quanto concerne il memorandum presentato dalla Strintzis Lines, non ho rilievi particolari se non una precisazione, e cioè che il Ministero non si intromette nella politica di fissazione delle tariffe praticata dalle società per i collegamenti internazionali. Noi interveniamo solamente nella fissazione dei prezzi per i collegamenti tra porti greci.

Come Vi ho già chiarito nella riunione di settembre, la Grecia considera il corridoio marittimo tra i porti della sua costa occidentale e i porti della costa orientale italiana di capitale importanza e per il nostro paese e per la Comunità, poiché si tratta dell'unico collegamento diretto importante tra la Grecia e il resto dell'Unione europea.

E' quindi consono al nostro interesse nazionale e all'interesse comunitario che le navi operino tutto l'anno tra la Grecia e l'Italia, per facilitare le nostre importazioni e le nostre esportazioni nonché il traffico dei passeggeri. D'altro canto, comprenderete che è nel nostro interesse che le tariffe siano competitive, ma nello stesso tempo tali da mantenere bassi i costi di trasporto, affinché le nostre importazioni e le nostre esportazioni restino concorrenziali sui mercati europei.

Per venire alla specifica domanda postami, devo dire di non aver ravvisato nel memorandum della Strintzis nulla che possa indurmi a tale conclusione.

Sono sicuro che c'è un malinteso. E' impensabile e assolutamente fuori questione che il Ministero minacci di revocare licenze per collegamenti tra porti nazionali ove talune società si rifiutino di mettersi d'accordo sui prezzi per i collegamenti internazionali.

Come risulterà dalla legislazione pertinente qui allegata, perché il Ministero accordi la licenza d'esercizio per i collegamenti interni vanno adempiuti determinati obblighi (servizi tutto l'anno, frequenza dei tragitti, eccetera); se tali obblighi non sono rispettati, il Ministero può revocare la licenza. In più, le tariffe sono fissate ad intervalli periodici con decisione ministeriale. Tale legislazione specifica interessa le navi delle società provviste di licenze per la parte nazionale del tragitto tra la Grecia e l'Italia (Patrasso-Igumenitsa-Corfù) (...)».

189.
    Del pari, con lettera 17 marzo 1995, citata al ‘considerando’ 103 della Decisione, che rispondeva a una lettera della Commissione 13 gennaio 1995, il Rappresentante permanente aggiunto della Repubblica ellenica presso le Comunità europee si è così espresso:

«1. Il governo ellenico attribuisce grande importanza a uno sviluppo senza attriti della navigazione marittima tra i porti della Grecia occidentale (principalmente Patrasso, Igumenitsa e Corfù) e i porti italiani di Ancona, Bari, Brindisi e Trieste.

(...)

I collegamenti regolari e ininterrotti, durante tutto l'anno, dai porti greci verso quelli italiani e viceversa sono un fattore di decisiva importanza per facilitare e assicurare lo sviluppo delle importazioni e delle esportazioni greche che, per estensione, interessa pure il commercio comunitario nel suo insieme.

L'interesse del governo ellenico, e più in particolare del Ministero della Marina mercantile, incaricato di elaborare la politica nazionale dei trasporti marittimi, è dunque orientato a preservare il normale funzionamento della linea Grecia-Italia.

Per questo qualifichiamo i servizi prestati su tale linea come servizi di pubblico interesse per il nostro Paese. In tali circostanze, comprenderete perché sia preoccupazione primaria del governo ellenico fare in modo che la linea sia redditizia evitando in tutti i modi una guerra dei prezzi che rischierebbe di ostacolare il regolare andamento delle nostre esportazioni ed importazioni, come pure il normale trasporto di veicoli e passeggeri. Ripetiamo: la nostra maggiore preoccupazione è di assicurare la circolazione su tale rotta marittima per tutto l'anno e di evitare che il flusso si esaurisca a causa di una guerra dei prezzi.

2. In base a tali constatazioni e alle posizioni assunte in conseguenza, le direzioni competenti del Ministero della Marina mercantile hanno preso decisioni finalizzate a risolvere nella maniera più conveniente possibile il problema del normale trasporto dei veicoli nei vari periodi dell'anno. Sono state dunque adottate misure per riservare sempre un certo numero di posti sulle navi di trasporto passeggeri e veicoli agli autocarri destinati al trasporto merci e perché la stiva delle imbarcazioni non sia riempita soltanto da autovetture, soprattutto nei mesi estivi in cui il traffico passeggeri è più intenso. E' stato reso così possibile mantenere il flusso delle merci e assicurare un normale approvvigionamento dei mercati.

Si è curato pure di rispettare assai rigorosamente i ruolini di marcia delle navi, per evitare i ritardi, ma anche per poter risolvere problemi come quello dell'allestimento di adeguati siti d'accoglienza delle stesse nei porti di destinazione, al fine di garantire la loro sicurezza e migliorare il servizio dei passeggeri e dei veicoli trasportati.

3. Quanto ai noli applicati dagli armatori, precisiamo che il coinvolgimento del Ministero della Marina mercantile, quale amministrazione responsabile del controllo della navigazione, per quanto attiene ai prezzi sui collegamenti costieri, si limita alla fissazione dei prezzi per le sole operazioni di cabotaggio interno. Precisiamo che, sulle linee internazionali, pure nel caso in cui il tragitto preveda scali nei porti greci (per esempio Patrasso-Corfù-Ancona), anche se il tratto compreso tra i porti greci è soggetto a una tariffa autorizzata, i prezzi sul tragitto tra la Grecia e l'Italia sono fissati liberamente dalle società che operano su quella rotta. In tale ipotesi, è vero che il prezzo totale del biglietto a destinazione finale Italia dipende - indirettamente e parzialmente, va da sé - dalla tariffa decisa dallo Stato per la parte del trasporto interna alla Grecia.

    

Peraltro, per quanto riguarda le tariffe dei viaggi per l'estero, che sono - come abbiamo detto - libere, il Ministero della Marina mercantile invita le compagnie di navigazione a mantenere le tariffe basse e competitive e a contenere in ogni caso gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione. E' infatti d'interesse nazionale che le nostre esportazioni si mantengano a un livello concorrenziale e che le nostre importazioni rimangano il più possibile convenienti. Per il resto, le società determinano liberamente le loro tariffe tenendo conto dei propri interessi commerciali ed economici.

Tale libertà è limitata dalla legislazione ellenica qualora conduca a una concorrenza sleale. Per l'esattezza, la legge n. 4195/1929 (di cui si allega copia) mira a evitare la concorrenza sleale tra armatori che operano su linee tra la Grecia e l'estero vietando in particolare tariffe irrisorie, partenze simultanee dallo stesso porto di due o più navi che servono la medesima linea e la mancata prestazione del servizio annunciato (tranne che in caso di forza maggiore - art. 3). In caso di concorrenza sleale il Ministero ellenico della Marina mercantile può fissare tariffe massime e minime (art. 4). In tale ambito esso incita informalmente le società a mantenere basse le loro tariffe e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione.

4. Le osservazioni sopra svolte mi sono parse necessarie per mostrare che la rotta Patrasso-Italia, creata per iniziativa privata senza alcun aiuto dello Stato, deve continuare a funzionare senza soluzione di continuità affinché le navi che vi operano prestino servizi di pubblico interesse, quali li consideriamo per il nostro paese, dato che questo collegamento via mare è l'unico legame diretto con i paesi dell'Unione europea.

5. Infine, osservo che il contesto giuridico della concessione e della revoca delle licenze d'esercizio, le quali, sia detto, si applicano soltanto ai collegamenti interni alla Grecia, prevede la possibilità che, ove una società non adempia agli obblighi indicati nella licenza concessale (per esempio, assicurare impeccabilmente i collegamenti annunciati, osservare ogni anno il periodo di disarmo, rispettare la frequenza dei viaggi), il Ministero della Marina mercantile revochi la detta licenza».

190.
    Pur sottolineando che il buon funzionamento e la regolarità delle linee di navigazione tra la Grecia e l'Italia hanno importanza nazionale, le due lettere delle autorità elleniche sopra citate confermano che né la normativa vigente in Grecia né la politica attuata dalle autorità elleniche impongono la conclusione di accordi diretti a fissare le tariffe sulle linee internazionali.

191.
    Certo, dalle precisazioni fornite alla Commissione dalle autorità elleniche risulta che una delle loro maggiori preoccupazioni era di assicurare la regolarità dei collegamenti marittimi con l'Italia tutto l'anno e che esse temevano gli effetti deleteri di atti di concorrenza sleale, per esempio di un'eventuale guerra dei prezzi. E' pacifico anche che, per evitare atti del genere, la legge conferisce al Ministero della Marina mercantile il potere di fissare tariffe massime e minime. Resta, nondimeno, che nessuna concertazione sui prezzi sarebbe legittima, neppure in un caso come quello di specie, perché ogni impresa rimarrebbe libera di decidere autonomamente i suoi prezzi, nei limiti delle tariffe massime e minime consentite. Peraltro, le precisazioni contenute nelle lettere esaminate sopra confermano che i prezzi sulle linee marittime tra la Grecia e l'Italia sono fissati liberamente dalle società che vi operano. Inoltre, da tali dichiarazioni risulta pure, innegabilmente, che, al fine di assicurare la competitività delle esportazioni greche e la ragionevolezza dei prezzi delle importazioni in Grecia, il Ministero della Marina mercantile ha incitato le compagnie di navigazione non già a concordare aumenti dei prezzi, bensì unicamente a mantenere tali prezzi bassi e concorrenziali e a contenere, in ogni caso, gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione.

192.
    Ne consegue che ciascuna delle compagnie di navigazione operanti sulle dette linee godeva notoriamente di autonomia nella determinazione della sua politica di prezzi e che, pertanto, tali compagnie sono sempre state soggette alle norme in materia di concorrenza. Le lettere predette mettono in evidenza il fatto che, per le autorità elleniche, la piena applicazione delle norme sulla concorrenza e, dunque, del divieto di accordi sui prezzi sancito dall'art. 85, n. 1, del Trattato non impediva alle compagnie di navigazione, né in diritto né in fatto, di svolgere il compito loro affidato dal governo ellenico. Di conseguenza, il fatto che, nella lettera 17 marzo 1995, il Rappresentante permanente della Repubblica ellenica qualifichi il collegamento tra la Grecia e l'Italia «servizio d'interesse pubblico» è irrilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 85 del Trattato. Per ragioni identiche non occorre verificare se a giusto titolo la Commissione contesti l'argomento secondo cui le imprese interessate dalla Decisione vanno considerate in diritto comunitario «imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale» ai sensi dell'art. 90, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 86, n. 2, CE).

193.
    Le informazioni contenute nelle lettere di cui trattasi confermano che la ricorrente non può invocare un asserito concorso cumulativo di parametri che avrebbe influito sulle tariffe applicabili alla parte internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia e che avrebbe avuto l'effetto di limitare l'autonomia delle imprese nel pianificare e determinare la loro politica tariffaria. Esse confermano che il Ministero ellenico della Marina mercantile s'ingeriva nella politica di determinazione delle tariffe applicate dalle compagnie sulle linee internazionali solo incitandole informalmente a mantenere tali tariffe a livelli poco elevati e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione. Stante tale atteggiamento delle autorità elleniche, era evidentemente possibile che sul mercato la concorrenza fosse ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese.

194.
    Si aggiunga che la legge n. 4195/1929 non vieta di ridurre le tariffe per le linee internazionali. Detta legge, intesa ad evitare ogni concorrenza sleale tra gli armatori operanti sulle linee che collegano porti greci a porti stranieri, anche se vieta in particolare l'abbassamento delle tariffe a livelli irrisori, la partenza simultanea dal medesimo porto di due o più navi che effettuano il medesimo tragitto e la mancata esecuzione di viaggi annunciati tranne che in caso di forza maggiore (art. 2), non priva le imprese censurate di «qualunque margine di autonomia». Viceversa, essa conferma che in via di principio ciascuna impresa è libera di determinare come crede la propria politica tariffaria, purché non compia atti di concorrenza sleale. Il divieto di atti di concorrenza sleale non può essere affatto interpretato nel senso che le imprese di cui trattasi siano tenute a concludere accordi aventi ad oggetto la fissazione delle tariffe applicabili sulle linee internazionali. Non essendovi alcuna norma vincolante che prescriva un comportamento anticoncorrenziale, la ricorrente può far valere di essere priva d'autonomia solo invocando indizi obiettivi, pertinenti e concordanti attestanti che il detto comportamento le è stato unilateralmente imposto dalle autorità elleniche che hanno esercitato pressioni insostenibili, come ad esempio, la minaccia di adottare misure statali che potevano farle subire notevoli perdite.

195.
    Ebbene, le indicazioni contenute nelle summenzionate lettere delle autorità elleniche dimostrano che queste ultime non hanno adottato alcuna misura né seguito alcuna prassi qualificabili come «pressione insostenibile» sulle compagnie di navigazione affinché esse concludessero accordi sulle tariffe. Di conseguenza, la ricorrente non può asserire che le imprese di cui trattasi fossero prive di qualunque margine di autonomia nella definizione della loro politica tariffaria e che il comportamento anticoncorrenziale loro addebitato dalla Commissione fosse stato prescritto loro dalla normativa nazionale in vigore o dalla politica seguita dalle autorità elleniche.

196.
    Quanto all'incitazione del Ministero della Marina mercantile a mantenere basse le tariffe sulle linee internazionali e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione, la lettera del detto Ministero fa sì riferimento a un'«incitazione» informale, ma non allude minimamente a un'«imposizione unilaterale» da parte sua. Le compagnie di navigazione potevano, quindi, contestare detta incitazione informale, senza esporsi per questo alla minaccia dell'adozione di qualsivoglia provvedimento statale. Del resto, il Ministero ellenico esclude categoricamente di poter minacciare la revoca delle licenze d'esercizio per le linee nazionali ove le società non si mettano d'accordo sui prezzi per le linee internazionali, come emergerebbe dalla sua lettera 23 dicembre 1994.

197.
    Quanto al parametro costituito dalla facoltà del Ministero ellenico della Marina mercantile, ai sensi della legge n. 4195/1929, di fissare, in caso di concorrenza sleale, tariffe massime e minime al fine di evitare una guerra dei prezzi, si deve rilevare che la detta legge non priva le imprese censurate di «qualunque margine di autonomia», bensì conferisce loro una certa libertà di determinare la loro politica tariffaria a condizione di non commettere atti di concorrenza sleale. Infatti, in base all'art. 4 della legge n. 4195/1929, il Ministero della Marina mercantile può fissare i limiti minimi e massimi delle tariffe di cui trattasi solo qualora la libertà di cui le imprese godono nel determinare autonomamente le tariffe relative alle linee per l'estero sfoci in atti di concorrenza sleale.

198.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere la prima parte del motivo in esame.

B - Quanto alla seconda parte, relativa a un'errata qualificazione dei contatti tra le imprese incriminate come accordi illeciti ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato

Argomenti delle parti

199.
    La ricorrente contesta la qualificazione giuridica data dalla Commissione ai contatti intercorsi fra le imprese in causa. Essa fa valere che, sebbene gli autori dei documenti invocati dalla Commissione impieghino spesso i termini «accordo», «concordato» o «siamo d'accordo», non si tratterebbe tuttavia né di «accordi» in senso stretto, né di accordi ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, perché non avevano in nessun caso efficacia obbligatoria e non erano accompagnati da meccanismi coercitivi. Tali «accordi» sarebbero diretti, piuttosto, a confermare l'esistenza di un contesto comportamentale generale che, a parere della ricorrente, era comunque imposto alle imprese dalla regolamentazione applicabile alla navigazione marittima e dalla politica del Ministero della Marina mercantile. Orbene, la ricorrente tiene a precisare che ogni compagnia di navigazione decideva sotto la propria esclusiva responsabilità se discostarsi o meno da tale contesto, in funzione delle proprie scelte e delle proprie valutazioni generali circa le relative conseguenze. Poiché solo le autorità statali competenti potevano eventualmente sanzionare un comportamento non conforme a detto contesto, sussisteva il rischio, secondo la ricorrente, che le altre compagnie denunciassero alle dette autorità tale comportamento oppure che lo tenessero esse stesse, il che avrebbe probabilmente comportato una guerra commerciale a causa del circolo vizioso derivante da cali a catena dei prezzi, suscettibile di provocare l'intervento delle autorità di controllo, vale a dire del Ministero della Marina mercantile, tradizionalmente contrario a tali pratiche.

200.
    La ricorrente tiene a precisare l'oggetto e la portata degli «accordi» summenzionati. Sottolinea che essi vertevano soltanto sulle tariffe pubblicate per le linee internazionali. In particolare, tali accordi non avrebbero riguardato l'organizzazione della rete commerciale, le commissioni degli agenti e degli uffici di viaggio, la politica creditizia delle società nei confronti dei propri clienti, la politica pubblicitaria, i prezzi dei servizi e dei beni offerti sulle navi (cibo, bevande, duty free eccetera), i metodi di surclassamento, gli sconti ad hoc sulle tariffe pubblicate, visto che ben difficilmente le altre compagnie e il Ministero ellenico della Marina mercantile ne venivano a conoscenza, nonché gli sconti sulle tariffe applicate agli autocarri, non essendo queste tariffe pubblicate. Infine, la ricorrente sostiene che tali fattori fondamentali affievolivano ulteriormente gli «accordi» sulle tariffe, la cui portata era in ogni caso limitata.

201.
    La ricorrente aggiunge che di fatto gli «accordi» di cui alla Decisione non erano applicati. Essa afferma di essersi sforzata di utilizzare per quanto possibile i modesti margini di manovra che le erano offerti nella fissazione delle proprie tariffe e, a tal fine, di avere applicato, soprattutto sulle linee Grecia-Italia, sconti significativi sulle tariffe pubblicate, allorché le circostanze economiche glielo permettevano e nell'ambito di accordi specifici con i propri clienti, conclusi direttamente o con l'intermediazione dei suoi agenti, evitando tuttavia ogni forma di pubblicità per non essere esposta a denunce da parte delle proprie concorrenti o a pressioni dirette o indirette dell'autorità di controllo, vale a dire del Ministero della Marina mercantile.

202.
    La ricorrente si riferisce più in particolare alle varie «infrazioni» menzionate nella Decisione, anno per anno, facendo valere una serie di considerazioni finalizzate a dimostrare che la Commissione è incorsa in un errore di qualificazione dei fatti nel ritenere ingiustamente che ad essi si applicasse l'art. 85, n. 1, del Trattato.

203.
    La Commissione sostiene che le prove da essa illustrate nel dettaglio ai ‘considerando’ 8-42 della Decisione dimostrano che il comportamento delle imprese censurate, fra cui la ricorrente, rientra senz'altro nella nozione di «accordo tra imprese» definita all'art. 85, n. 1, del Trattato (v. ‘considerando’ 97-174 della Decisione).

Giudizio del Tribunale

A - Considerazioni generali

204.
    Innanzi tutto occorre ricordare che, come è stato affermato in sede di esame del motivo precedente, nella fattispecie la ricorrente non può invocare il contesto legislativo e regolamentare in vigore in Grecia per la Marina mercantile per tentare di sottrarre i comportamenti cui si riferisce la Decisione all'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

205.
    Si deve dunque verificare se giustamente la Commissione abbia qualificato i detti comportamenti come accordi vietati da detta disposizione.

206.
    Gli elementi probatori relativi all'esistenza e alla portata degli accordi sulle tariffe internazionali tra le imprese censurate sono illustrati in maniera particolareggiata ai ‘considerando’ 8-42 della Decisione. Occorre notare, in primo luogo, che dal ‘considerando’ 169 della Decisione risulta che la stessa esistenza dei contatti, delle discussioni e delle riunioni individuati nei suddetti ‘considerando’ della Decisione sarebbe stata riconosciuta dalla ricorrente la quale, come le altre imprese coinvolte, non avrebbe contestato nel procedimento amministrativo i fatti esposti nella comunicazione degli addebiti della Commissione, ciò che ha giustificato una riduzione sostanziale dell'ammenda irrogata.

207.
    Si deve poi rilevare che la qualificazione di tali comportamenti come accordi ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato non può essere messa in discussione dall'asserzione secondo cui gli accordi non avevano efficacia obbligatoria e non erano corredati di meccanismi coercitivi ai fini della loro applicazione. Infatti, perché sussista un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-347/94, Mayr-Melnhof/Commissione, Racc. pag. II-1751, punto 65, e giurisprudenza ivi citata). Come ricorda la Commissione, perfino un «gentlemen's agreement» costituisce un accordo ex art. 85, n. 1, del Trattato (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-141/89, Tréfileurope/Commissione, Racc. pag. II-791, punti 95 e 96, e giurisprudenza ivi citata).

208.
    Lo stesso dicasi quanto all'argomento della ricorrente secondo cui gli accordi non erano di fatto applicati. La circostanza che un accordo avente ad oggetto la limitazione della concorrenza non sia stato applicato o seguito non basta, infatti, secondo una giurisprudenza costante, a far ritenere che esso non incorra nel divieto di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato, poiché la partecipazione a trattative dirette a limitare la concorrenza integra già un'infrazione, anche quando i termini dell'accordo non siano eseguiti (v., in tal senso, sentenza Mayr-Melnhof/Commissione, cit., punto 135). Occorre inoltre osservare che, nel determinare l'importo dell'ammenda, la Commissione ha ammesso che l'infrazione ha avuto solo un effetto reale limitato sul mercato e ha accolto l'argomento delle imprese interessate secondo cui esse non hanno dato piena attuazione a tutti gli accordi specifici sui prezzi (‘considerando’ 148 della Decisione). Pertanto, l'argomento prospettato dalla ricorrente per dimostrare che gli accordi non rientravano nell'art. 85, n. 1, del Trattato, relativo all'asserito fatto che essi non erano in pratica applicati, dev'essere respinto, senza dover verificare se, come sostiene la Commissione, la ricorrente li abbia davvero e largamente messi in atto.

209.
    Infine, la circostanza che le compagnie di navigazione di cui trattasi si facessero una certa concorrenza relativamente ad altri parametri, quali gli sconti, la politica creditizia, i servizi forniti a bordo delle navi eccetera, è irrilevante per la questione se l'art. 85, n. 1, del Trattato sia applicabile ai fatti di specie, perché è evidente che la detta concorrenza era condizionata e dunque limitata dall'accordo sul livello delle tariffe pubblicate o sull'obiettivo da raggiungere mercé le riduzioni e gli sconti. Di conseguenza, il fatto che le società censurate si facessero concorrenza relativamente a parametri diversi da quelli tariffari rileva solo in sede di fissazione dell'importo dell'ammenda. Orbene, come la Commissione ha sottolineato, dai ‘considerando’ 148 e 162 della Decisione risulta che la detta istituzione ha tenuto conto di tale circostanza nello stimare la gravità dell'infrazione, nel valutare le circostanze attenuanti e, in definitiva, nel ridurre l'ammenda.

210.
    Tutto ciò considerato, la parte di motivo esaminata dev'essere respinta.

211.
    La conclusione che precede non è infirmata dalle numerose considerazioni svolte dalla ricorrente per spiegare o rendere meno rigorosa l'ottica in cui, a suo parere, devono essere compresi e interpretati i comportamenti segnalati nella Decisione. Questi, se è vero che con le sue considerazioni la Minoan non ne contesta in maniera esplicita l'effettività, vanno tuttavia verificati, in quanto la ricorrente intende rimettere in discussione la qualificazione dei fatti come intesa vietata e, dunque, le prove raccolte dalla Commissione a suo carico.

212.
    L'esame delle considerazioni sopra svolte implica un'analisi approfondita delle prove addotte nella Decisione (‘considerando’ 8-42).

B - Quanto alla prova dell'intesa sanzionata nella fattispecie

213.
    Dal dispositivo della Decisione risulta che la Commissione ha sanzionato due infrazioni: da un lato, la ricorrente, l'Anek, la Karageorgis, la Marlines e la Strintzis avrebbero violato l'art. 85, n. 1, del Trattato concordando i prezzi da applicare ai servizi di traghetto roll-on/roll-off tra Patrasso ed Ancona; dall'altro, la ricorrente, l'Anek, la Karageorgis, l'Adriatica, la Ventouris Ferries e la Strintzis avrebbero violato l'art. 85, n. 1, del Trattato concordando le tariffe per autocarri da applicare sulle linee Patrasso-Bari e Patrasso-Brindisi.

214.
    Nella fattispecie, risulta con tutta evidenza dal tenore dei brani dei documenti acquisiti al fascicolo e riprodotti nella Decisione che tra le compagnie di navigazione marittima operanti sulla linea Patrasso-Ancona si è formato un concorso di volontà sull'attuazione di una politica comune dei prezzi per i diversi servizi forniti almeno dal luglio 1987.

215.
    Tali documenti dimostrano che le dette compagnie hanno intrapreso trattative dirette e regolari per fissare le tariffe «passeggeri» e «noli», trattative che avevano luogo ogni anno, ai fini della definizione dei prezzi per l'anno successivo, e, quando necessario, per ovviare ai problemi sorti nel corso dell'anno.

216.
    Un concorso di volontà siffatto costituisce un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, come interpretato dal giudice comunitario, dato che, perché sussista un accordo ai sensi di tale disposizione, è sufficiente che le imprese considerate abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 112; Van Landewyck e a./Commissione, cit., punto 86; 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punto 130; sentenze del Tribunale Tréfileurope/Commissione, cit., punto 95, e 15 marzo 2000, cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-491, punto 958).

217.
    A tale riguardo occorre esaminare la portata letterale dei seguenti brani di alcuni documenti del fascicolo.

218.
    In un telex inviato all'Anek il 15 marzo 1989 la ricorrente si è così espressa:

«[L]a politica dei prezzi per il 1988, come stabilito di comune accordo con gli altri interessati, è stata decisa il 18 luglio 1987. Si tratta infatti della prassi normale.

(...)

Ci dispiace che il vostro rifiuto di accettare nella loro totalità le proposte da noi avanzate nel nostro precedente [messaggio] renda impossibile, almeno per il momento, la conclusione di un più ampio accordo che sarebbe estremamente vantaggioso per le nostre società (...). Ci riferiamo naturalmente al vostro rifiuto della nostra proposta di definire una politica tariffaria comune nella rotta Patrasso-Ancona; Vi preghiamo di prendere conoscenza della nostra posizione illustrata oltre, in risposta alla vostra dichiarazione di non poter accettare la tariffa del 1989 per gli autocarri e che le tariffe per il 1990 non possono essere definite immediatamente.

Negli ultimi tre mesi sono stati concordati tra tutti gli armatori due adeguamenti tariffari per gli autocarri sulla linea Patrasso-Ancona, pari in totale al 40%, e ciò non ha causato alcuna agitazione o difficoltà con i conducenti».

219.
    In un telex inviato il 22 ottobre 1991 all'Anek la ricorrente ha scritto:

«Notiamo che intendete applicare sulla linea Patrasso-Trieste la stessa tariffa che abbiamo tutti concordato di applicare sulla linea Patrasso-Ancona.

Comprenderete che l'oscura formulazione del testo ci preoccupa molto, poiché prospetta il crollo dell'equilibrio tariffario che siamo riusciti, con notevole difficoltà, ad instaurare per quanto riguarda i collegamenti con tutti i porti italiani.

Vi ricordiamo che con uno sforzo congiunto, al quale ha contribuito anche la vostra compagnia, abbiamo riorganizzato al meglio le tariffe e fissato tariffe differenziali in base alle distanze in miglia marittime con i porti di Brindisi, Bari e Ancona.

Precisiamo che, già all'epoca delle navi bulgare Trapezitsa e Tsarevits (che erano rappresentate dal vostro agente, sig. Kallitsis), era stato istituito di comune accordo un regolamento tariffario analogo, altresì per il porto di Trieste.

Vi preghiamo pertanto di difendere, com'è vostro dovere, l'accordo concluso tra le 11 compagnie che assicurano i collegamenti tra la Grecia e l'Italia con 36 navi, poiché, date le forti differenze che minacciano di riemergere, l'attuale accordo corre il rischio di dissolversi.

Vi proponiamo di aumentare del 20% la tariffa del collegamento Patrasso-Trieste rispetto a quella della linea Patrasso-Ancona (conformemente, del resto, alle tariffe applicate in passato), in modo da riprodurre esattamente le tariffe differenziali esistenti tra Ancona e i porti meridionali.

Le nostre società sono costrette ad avvertirvi che, se insistete nell'applicare la stessa tariffa per le partenze da Trieste e da Ancona per la Grecia, l'accordo per una politica comune dei prezzi sulla linea di Ancona cesserà e ciascuna compagnia deciderà la propria politica».

220.
    Infine, in un telex indirizzato il 5 settembre 1990 all'Anek, alla Karageorgis e alla Minoan, la Strintzis avrebbe dichiarato che una delle condizioni d'applicazione dell'aumento proposto era un «aumento proporzionale delle tariffe nei collegamenti con Bari e Brindisi», aggiungendo che «è necessario, tuttavia, raggiungere un accordo di principio tra le nostre quattro compagnie».

221.
    Tali documenti, corroborati da tutti gli altri citati nella Decisione, dimostrano chiaramente l'esistenza di un'intesa sui prezzi applicabili alla linea Patrasso-Ancona.

222.
    Allo stesso modo, la Commissione disponeva di alcuni documenti comprovanti l'esistenza di comportamenti analoghi vietati ex art. 85, n. 1, del Trattato relativi alle tariffe per le linee Patrasso-Bari e Patrasso-Brindisi. Si tratta, in particolare, del listino dei prezzi da applicare sulle varie linee a partire dal 10 dicembre 1989, riportato in un telex 8 dicembre 1989, nonché del telex 24 novembre 1993, che si riferisce alla riunione del medesimo giorno, alla quale avrebbero partecipato imprese operanti sulle varie linee. Confermano questa valutazione altri documenti che menzionano avvenimenti intercorsi tra tali due date: un fax del 30 ottobre 1990, un telex del 22 ottobre 1991, un documento datato 25 febbraio 1992, inviato dall'ETA alla Minoan, e un telex del 7 gennaio 1993.

223.
    Ne discende che giustamente la Commissione ha ritenuto di disporre di prove sufficienti a dimostrare l'esistenza delle due infrazioni sanzionate: da un lato, gli accordi sui prezzi dei servizi di traghetto roll-on/roll-off tra Patrasso ed Ancona e, dall'altro, un accordo sui prezzi da applicare sulle linee Patrasso-Bari e Patrasso-Brindisi per quanto riguarda il trasporto degli autocarri.

224.
    Alla forza probatoria dei documenti in parola occorre aggiungere che né la loro esistenza né la loro autenticità sono state messe in discussione dalle imprese censurate. Infatti, almeno l'Anek e la Strintzis sembrano aver ammesso espressamente la realtà dei fatti e le altre società coinvolte sembrano non metterla in dubbio (‘considerando’ 169 della Decisione).

225.
    Occorre esaminare le prove della partecipazione della ricorrente alle dette infrazioni.

C - Quanto alle prove addotte dalla Commissione contro la ricorrente

1. Prove relative agli anni 1987, 1988 e 1989 (‘considerando’ 9-12 della Decisione)

226.
    Secondo la ricorrente, la posizione delle altre società nei confronti dell'Anek dovrebbe essere valutata alla luce del fatto che, nel regime in vigore, una prassi diretta e conclamata di applicazione di prezzi pubblicati e di prezzi nettamente inferiori per gli autocarri sarebbe stata contraria al tempo stesso alla legislazione greca - in particolare all'art. 2 della legge n. 4195/1929 - e alla politica dichiarata del Ministero della Marina mercantile, che era manifestamente ostile a ogni guerra sui prezzi tra le compagnie di navigazione. La ricorrente fa osservare che il comportamento dell'Anek si spiega con il fatto che essa utilizzava per la prima volta battelli sulle linee internazionali e che non era sufficientemente informata dell'incidenza della legislazione vigente in Grecia e dell'impatto della politica del Ministero della Marina mercantile sul comportamento delle compagnie greche operanti sulla parte internazionale delle linee Grecia-Italia.

227.
    Per quanto riguarda gli adeguamenti tariffari di cui al ‘considerando’ 11 della Decisione, realizzati nello spazio di tre mesi sulla linea Patrasso-Ancona per un totale del 40%, la ricorrente sostiene che la dichiarazione di cui è questione aveva l'unico scopo d'impressionare l'Anek e non corrispondeva affatto al vero. Essa aggiunge che, in ogni caso, tali adeguamenti non erano dettati da fini di lucro, bensì da fattori come l'inflazione, l'aumento del prezzo dei combustibili, dovuto principalmente all'impennata del dollaro statunitense, e la svalutazione della dracma greca rispetto ad altre divise, in particolare alla lira italiana.

228.
    Il Tribunale ritiene che dalla descrizione dei fatti esposti ai ‘considerando’ 9-12 della Decisione, non contestata dalla ricorrente, e in particolare dagli elementi probatori ivi citati, risulti che la ricorrente ha tentato di persuadere l'Anek, con un telex del 15 marzo 1989, a prendere parte all'accordo stipulato il 18 luglio 1987 e che, a fronte delle esitazioni dell'Anek, le altre imprese, cioè la ricorrente nonché la Karageorgis, la Marlines e la Strintzis, hanno deciso di applicare collettivamente dal 26 giugno 1989 le stesse tariffe praticate dall'Anek per gli autocarri (v. il telex 22 giugno 1989, il quale dimostra, inoltre, che la ricorrente ha notificato all'Anek tale decisione).

229.
    Ne consegue che la Commissione era legittimata a ritenere che il contenuto di detti telex dimostrasse non solo che un accordo sussisteva, ma anche che la ricorrente vi aveva svolto un ruolo di primo piano. La ricorrente non può dunque sostenere di aver voluto informare l'Anek dell'incidenza della normativa vigente in Grecia e dell'impatto della politica del Ministero della Marina mercantile sul comportamento delle compagnie greche operanti sulla parte internazionale delle linee Grecia-Italia. Essa non può asserire neppure che un accordo del genere fosse necessario a scongiurare una situazione di concorrenza sleale o di prezzi irrisori e sproporzionati contraria alla politica del Ministero della Marina mercantile, che si opponeva a ogni guerra commerciale tra le società. La prova del fatto che non fosse questione di guerre commerciali si evince dalle affermazioni della ricorrente nel telex 15 marzo 1989 indirizzato all'Anek, in cui essa indica che nel corso dei tre mesi precedenti le altre compagnie operanti sulla linea Patrasso-Ancona avevano convenuto due adeguamenti delle tariffe nella misura totale del 40% senza che ciò causasse difficoltà con i camionisti.

2. Prove relative all'anno 1990 (‘considerando’ 13-20 della Decisione)

230.
    La ricorrente sostiene che le trattative e gli «accordi» di cui ai ‘considerando’ 13-20 della Decisione s'iscrivono anch'essi nella tattica di ogni società di mostrarsi rispettosa della normativa nazionale al fine di non provocare l'intervento del Ministero della Marina mercantile. La ricorrente fa osservare, inoltre, che le tariffe applicabili ai passeggeri e alle autovetture sono in ogni caso pubblicate e aggiunge che le tariffe di riferimento per gli autocarri, utilizzate da ogni società per praticare gli sconti, che non sono pubblicate, erano facilmente accessibili alle concorrenti data la trasparenza del mercato.

231.
    Quanto al ‘considerando’ 16 della Decisione, la ricorrente afferma che l'invio del fax della Strintzis l'8 dicembre 1989 era successivo alle trattative obbligatorie tra le società, che avevano luogo alla fine di ogni anno legale, e sottolinea che i prezzi indicati in tali tabelle concernevano il mero segmento nazionale dei percorsi, di cui il Ministero della Marina mercantile fissa il prezzo in via amministrativa fino al 90% del totale, come nel caso delle linee a destinazione Bari e Brindisi. Per la ricorrente, la firma dei rappresentanti delle società in causa non dev'essere considerata un «accordo» scritto formale. Detta firma si spiegherebbe con il fatto che i documenti in discorso, che menzionavano le differenze ragionevoli a seconda delle società sulla linea a destinazione Ancona e sulle linee a destinazione Bari e Brindisi, sono stati portati all'attenzione della Ventouris Ferries, che effettuava i collegamenti con i porti meridionali. La firma significava semplicemente che la società in questione accettava il principio di un rapporto ragionevole tra la distanza in miglia marittime dei percorsi e le tariffe applicate. Il riferimento a un prezzo «ideale» per ciascuna categoria di autocarri, sia per la linea a destinazione Ancona, sia per quella a destinazione Bari o Brindisi, sarebbe stato giudicato utile per disporre di una base di calcolo più o meno certa della fluttuazione delle tariffe per ciascuna categoria di autocarri a seconda della distanza in miglia marittime, al fine di evitare ogni concorrenza sleale che, come è stato indicato, era vietata dalla legislazione in vigore e contraria alla politica del Ministero della Marina mercantile. In altre parole, la fissazione di prezzi «ideali» per le diverse categorie di autocarri sarebbe valsa a fornire un modello di calcolo delle variazioni delle tariffe in funzione della distanza in miglia marittime dei tragitti e non già ad applicare un prezzo definito per ciascuna linea e per ciascuna categoria di autocarri. E' così che si spiegherebbe, per un verso, la firma delle due tariffe da parte del sig. Sfinias, rappresentante legale dell'ETA, malgrado la ricorrente non avesse navi sulle linee a destinazione Bari o Brindisi e, per l'altro, il fatto che le due tariffe siano state cofirmate dalla Ventouris Ferries, operativa unicamente sulle linee a destinazione Bari e Brindisi.

232.
    La ricorrente ritiene inesatta l'affermazione secondo cui il telex 11 aprile 1990 inviato dall'Anek alle società Karageorgis, Minoan e Strintzis «ricorda la politica tariffaria comune in vigore nel 1990» (v. ‘considerando’ 17 della Decisione), perché tale telex menziona semplicemente un «accordo» su taluni parametri precisi della politica tariffaria che, comunque, erano facilmente accessibili alle concorrenti, come «le tariffe per i passeggeri, le autovetture e gli autocarri», mentre non riguarda le commissioni degli agenti né gli sconti per le comitive. Il tenore del testo non permetterebbe di concludere per una politica tariffaria comune «in vigore», come indica la Decisione.

233.
    Quanto ai ‘considerando’ 18-21 della Decisione, che riguardano le trattative finalizzate all'aumento comune delle tariffe per gli autocarri, la ricorrente fa osservare che, come mostrano il telex della Strintzis del 5 settembre 1990 e quello della Karageorgis del 10 ottobre 1990, all'epoca si è avuta un'impennata dei prezzi dei combustibili che ha portato all'adeguamento da parte del Ministero della Marina mercantile delle tariffe per la parte nazionale della linea, vale a dire per il segmento Patrasso-Igumenitsa-Corfù. Secondo la ricorrente, le quattro società menzionate nei telex succitati si erano probabilmente interrogate sulla necessità di un adeguamento della tariffe per la restante parte della linea, cioè per il tratto Corfù-Ancona, al fine di attenuare le conseguenze negative dell'aumento del costo del trasporto e di permettere alle compagnie di sfruttare le loro imbarcazioni sulla linea anche durante i mesi invernali, in cui il traffico turistico è inesistente. Essa ricorda a tale riguardo come la concessione delle «licenze d'esercizio» da parte del Ministero della Marina mercantile obblighi ad assicurare un servizio regolare tutto l'anno, pena la revoca della licenza stessa in caso di inosservanza di tali condizioni nonché altre sanzioni amministrative e penali ai sensi della legislazione vigente.

234.
    Infine, la ricorrente sostiene che i telex e i documenti citati nella Decisione relativamente all'anno 1990 dimostrano che l'aumento dei prezzi in questione, quale effettivamente annunciato da un certo numero di società, non rispondeva a un fine di lucro, bensì era imposto dalla semplice logica economica conseguente al cospicuo aumento del costo della prestazione dei servizi di trasporto.

235.
    Il Tribunale ha statuito, analizzando la prima parte del motivo in esame, che occorre respingere l'argomento relativo all'asserita mancanza di autonomia delle compagnie di navigazione interessate nel determinare la loro politica commerciale. A suo giudizio, era peraltro provato che gli accordi non erano imposti dalla normativa nazionale vigente e che il Ministero ellenico della Marina mercantile non si è per nulla ingerito nelle concertazioni relative alle tariffe applicabili alle linee internazionali. Di conseguenza, la ricorrente non può sostenere che i negoziati cui questi punti si riferiscono facciano parte della tattica di ciascuna società consistente nel mostrarsi rispettosa della normativa al fine di non provocare l'intervento del Ministero della Marina mercantile. Essa non può neppure richiamarsi ad asserite trattative obbligatorie imposte dalle autorità elleniche e relative alle tariffe internazionali. Infine, dal momento che la ricorrente non nega di aver partecipato alle trattative e ai contatti di cui ai documenti citati ai ‘considerando’ 13-20 della Decisione, non occorre esaminare gli altri argomenti vertenti su una presunta trasparenza del mercato che avrebbe permesso alle concorrenti di conoscere in ogni caso le tariffe per i passeggeri e per le autovetture.

236.
    Quanto al fax della Strintzis 8 dicembre 1989 (‘considerando’ 16 della Decisione), indirizzato alla ricorrente nonché all'Anek, alla Karageorgis e alla Mediterranean Lines e al quale erano allegati «listini o tabelle dei prezzi» da applicare per gli autocarri dal 10 dicembre 1989 sulle linee Patrasso-Ancona e Patrasso-Bari/Brindisi, la ricorrente non può sostenere che esso non provi un accordo sui prezzi. La spiegazione alternativa attinente a un'asserita necessità di scongiurare una situazione di concorrenza sleale non può evidentemente essere accolta. L'argomento della ricorrente secondo cui l'indicazione di prezzi «ideali» per le varie categorie di autocarri sarebbe valsa a fornire un modello di calcolo delle variazioni delle tariffe in funzione della lunghezza in miglia marittime dei tragitti, e non già ad applicare un prezzo definito per ciascuna linea e per ciascuna categoria di autocarri, va disatteso, perché non spiega affatto le ragioni per le quali le imprese hanno ritenuto necessario firmare il documento di cui trattasi, avente asseritamente il solo scopo di fornire un punto di riferimento.

3. Prove relative all'anno 1991

237.
    La ricorrente fa osservare che l'aumento delle tariffe del 10%, ricordato al ‘considerando’ 21, era reso necessario dal tasso d'inflazione, in quell'epoca molto elevato in Grecia - pari al 25% nel 1990 - e sottolinea che, in ogni caso, il tasso di aumento dei prezzi era inferiore al tasso d'inflazione.

238.
    In seguito, riferendosi al telex 22 ottobre 1991, tiene a sottolineare che la proposta dell'Anek di fissare per la linea Patrasso-Trieste tariffe uguali a quelle applicate alla linea Patrasso-Ancona integrava una prassi di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2, lett. a), della legge n. 4195/1929. Ne conseguirebbe che gli «accordi» menzionati dalla Commissione non costituivano null'altro che un riconoscimento di principio della regola del rapporto di proporzionalità tra la distanza in miglia marittime dei tragitti e le tariffe, nonché un enunciato della necessità di evitare ogni forma di concorrenza sleale.

239.
    La ricorrente si riferisce poi al telex dell'Anek 18 novembre 1991 (‘considerando’ 23 della Decisione) e sottolinea che la prima giustificazione addotta dall'Anek per non applicare alla rotta Patrasso-Trieste tariffe superiori a quelle per la rotta Patrasso-Ancona è che «l'anno [precedente] una delle quattro società [aveva] operato con una nave sulla linea Ancona-Il Pireo-Heraklion senza consultare l'Anek e senza neppure informarla delle nuove tariffe, malgrado le linee, partendo dal porto di Ancona, fossero particolarmente concorrenziali», un brano, questo, del telex che la ricorrente accusa la Commissione di aver passato sotto silenzio nella Decisione. Orbene, tale brano mostrerebbe che l'atteggiamento dell'Anek era equiparabile a una «rappresaglia», contro l'esercizio di detta nave, nei confronti di quattro imprese, fra cui la ricorrente. La risposta dell'Anek confermerebbe, inoltre, che un'eventuale dichiarazione di guerra aperta sui prezzi avrebbe avuto conseguenze particolarmente gravi per tutte le imprese perché, essendo contraria alla politica più volte proclamata dal Ministero della Marina mercantile, avrebbe comportato per forza di cose l'intervento di quest'ultimo in forma di fissazione amministrativa dei prezzi massimi e minimi a norma dell'art. 4 della legge n. 4195/1929.

240.
    Il Tribunale reputa, tuttavia, concludenti anche le prove relative all'anno 1991, menzionate ai ‘considerando’ 21-23 della Decisione. L'esistenza di un accordo avente ad oggetto la compilazione di un listino dei prezzi comune sulla linea Patrasso-Ancona emerge con particolare chiarezza dal tenore della lettera 10 agosto 1990 inviata dalla Karageorgis alla ricorrente, nonché all'Anek e alla Strintzis, in cui si può leggere (‘considerando’ 21 della Decisione): «In seguito all'accordo raggiunto tra le quattro società per aumentare le tariffe di un ulteriore 5% oltre il primo aumento del 5%, vi trasmettiamo in allegato il nuovo listino dei prezzi dopo l'aumento complessivo del 10%».

241.
    Parimenti, nel telex inviato dalla ricorrente, dalla Karageorgis e dalla Strintzis il 22 ottobre 1991 all'Anek, si legge (‘considerando’ 22 della Decisione): «Vi ricordiamo che con uno sforzo congiunto, al quale ha contribuito anche la vostra compagnia, abbiamo riorganizzato al meglio le tariffe e fissato tariffe differenziali in base alle distanze in miglia marittime con i porti di Brindisi, Bari e Ancona (...). Vi preghiamo pertanto di difendere, com'è vostro dovere, l'accordo concluso tra le 11 compagnie che assicurano i collegamenti tra la Grecia e l'Italia con 36 navi di linea Grecia-Italia, poiché, date le forti differenze che minacciano di riemergere, l'attuale accordo corre il rischio di dissolversi (...). Le nostre società sono costrette ad avvertirvi che, se insistete nell'applicare la stessa tariffa per le partenze da Trieste e da Ancona per la Grecia, l'accordo per una politica comune dei prezzi sulla linea di Ancona cesserà e ciascuna compagnia deciderà la propria politica».

242.
    Stanti prove dirette così chiare, e tenuto conto delle considerazioni esposte in sede di esame della prima parte del terzo motivo, occorre respingere gli argomenti della ricorrente.

4. Prove relative all'anno 1992 (‘considerando’ 24-29 della Decisione)

243.
    La ricorrente fa osservare che, quanto alle tariffe applicabili ai passeggeri e alle autovetture, la loro uniformità si spiega con il fatto di essere pubblicate negli opuscoli stampati a cura delle società. A tale riguardo, essa aggiunge che la natura oligopolistica del mercato, combinata alla politica dichiarata del Ministero della Marina mercantile di ammettere unicamente gli aumenti di tariffe inferiori al tasso d'inflazione e di evitare ogni concorrenza sleale sui prezzi, conduceva con precisione matematica a una convergenza dei prezzi pubblicati e, pertanto, nessuna società aveva interesse a pubblicare tariffe differenti a pena di perdere subito eventuali clienti, qualora i suoi prezzi fossero stati più alti, o di essere immediatamente seguita dalle altre società, qualora i prezzi fossero stati inferiori. Nel caso della società Calberson, di cui al ‘considerando’ 27 della Decisione, il telex dell'ETA si spiegherebbe perché la società Calberson aveva scelto di contattare ciascuna compagnia dichiarando falsamente che le altre le avevano offerto una riduzione la quale, contraria ad ogni logica economica, costituiva un atto manifesto di concorrenza sleale sui prezzi, come tale vietata dalla legislazione. In tali circostanze, secondo la ricorrente, le compagnie hanno reagito cercando di appurare se le proprie concorrenti avessero davvero offerto riduzioni così irrealistiche.

244.
    Riguardo al documento 25 febbraio 1992 (‘considerando’ 28 della Decisione), relativo alla linea di Ortona e non di Otranto, come recita la Decisione, la ricorrente sostiene che esso non prova un «accordo» in senso stretto concernente le tariffe differenziali sulle diverse linee tra le società che le servono. Quanto, più in particolare, alla tabella dei prezzi figurante alla fine di tale documento, la ricorrente fa valere che questa, ove si riferisce alla «tariffa attuale», si limita ad una prospettazione semplificata dei prezzi per i vari porti, fornita dal suo agente, ossia l'ETA, allo scopo di una «migliore comprensione», cioè per dare alla ricorrente uno strumento approssimativo di confronto. Tale tabella non può costituire una prova attestante che i prezzi in questione siano stati in concreto applicati dalle varie società. Per quanto attiene all'adeguamento delle tariffe per i veicoli sulle rotte Grecia-Italia-Grecia, la ricorrente fa osservare che la menzione, al ‘considerando’ 29 della Decisione, del telex 7 gennaio 1993 conduce a conclusioni errate circa il contenuto effettivo di tale telex dal momento che, come mostra il complessivo tenore del testo, l'«ultimo adeguamento» menzionato concerneva il tasso di cambio dracma greca/lira italiana e non già l'aumento dei prezzi nelle due divise. Di conseguenza, tale menzione - relativa unicamente al tasso di cambio, modificato del 15% a sfavore della dracma greca - non lascerebbe inferire l'esistenza nel 1992 di un accordo in forza del quale le società dovessero praticare i medesimi prezzi.

245.
    La ricorrente fa notare, infine, che i ‘considerando’ 24-29 della Decisione non permettono di affermare ch'essa avesse concluso accordi con qualsivoglia società per le rotte di Bari e di Brindisi per l'anno 1992.

246.
    Come rileva la Commissione, non può essere accolto l'argomento secondo cui l'effettiva concorrenza non avveniva al livello delle tariffe pubblicate, bensì a quello delle riduzioni di prezzo. Siccome l'esistenza di accordi sui prezzi è stata provata, l'asserita circostanza che le società censurate si facessero concorrenza su parametri diversi dalle tariffe non comporterebbe la disapplicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato. I brani dei documenti riprodotti ai ‘considerando’ 24 e 25 della Decisione dimostrano che la ricorrente e le imprese Strintzis, Karageorgis e Anek hanno avuto, nel luglio e nell'ottobre 1991, abboccamenti nel corso dei quali sono stati stipulati accordi sulla politica tariffaria che dette imprese avrebbero attuato nel 1992. Come indicato al ‘considerando’ 28 della Decisione, il documento datato 25 febbraio 1992 con cui l'ETA informa la sede della Minoan degli «ultimi sviluppi relativi alle rotte italiane» costituisce un chiaro indizio nel senso che l'accordo per mantenere tariffe differenziali sulle varie rotte tra la Grecia e l'Italia avrebbe continuato ad essere applicato nel 1992. Infine, gli elementi menzionati ai ‘considerando’ 27-29 della Decisione, in particolare i telex 7 gennaio 1992 e 7 gennaio 1993, confermano che la ricorrente ha svolto un ruolo di primo piano nella collusione controversa.

247.
    In ultimo luogo, occorre ricordare il telex 7 gennaio 1993, inviato dalla Minoan all'Anek, alla Karageorgis e alla Strintzis, il quale mostra che le due intese imputate alla ricorrente (rispettivamente, sulle rotte tra Patrasso e Ancona e tra Patrasso e Bari e Brindisi) sono continuate nel 1992:

«Vi facciamo presente che sono passati due anni dall'ultimo adeguamento delle tariffe per i veicoli.

Ciò impone un nuovo adeguamento delle tariffe espresse in dracme o una riduzione di quelle in lire.

Come potete vedere, le due tariffe già differiscono del 15% l'una dall'altra.

E' per questo che proponiamo un adeguamento delle tariffe in dracme del 15% (v. tabella allegata) con effetto dal 1° febbraio 1993.

La nostra decisione di giungere ad un accordo con voi sull'adeguamento delle tariffe senza consultare prima le società che operano sulle altre linee italiane è dovuta al desiderio di evitare gli interminabili litigi che si produrrebbero se ci imbarcassimo in una tale consultazione.

Riteniamo che l'accordo raggiunto tra di noi sarà considerato positivamente dalle altre compagnie. In caso contrario, stimiamo che la perdita di traffico a favore dei porti che praticano tariffe più basse non sarà superiore al 15% corrispondente all'adeguamento delle nostre tariffe.

Al riguardo proponiamo che le tariffe della categoria 5, che comprende i veicoli da 12 a 15 metri, si applichino ormai ai veicoli da 12 a 16,5 metri (atteso che la maggior parte dei veicoli frigoriferi, e progressivamente tutti, sono o saranno lunghi 16,5 metri) e che l'aumento sia pari al 5% in lire italiane (da 910 000 a 950 000 lire italiane) e dal 15% al 23% in dracme. (...)».

248.
    Stanti prove dirette così chiare della partecipazione della ricorrente alle intese, occorre respingere gli argomenti da essa prospettati.

5. Prove relative all'anno 1993

249.
    La ricorrente sostiene che le proposte che l'ETA avrebbe avanzato durante la conferenza del 21 maggio 1992, citate in un telex 27 maggio 1992, erano in realtà soltanto discussioni (v. i distinguo operati dalle società Karageorgis e Strintzis, nonché una riserva dell'Anek) che non vincolavano la ricorrente, come risulterebbe dal fatto che nel telex in questione l'ETA le chiedeva di valutare e di approvare tali proposte. Quanto alla riunione del 4 agosto 1992, di cui al ‘considerando’ 31 della Decisione, relativa al problema dei biglietti «no-show» (biglietti invito spediti a credito dagli agenti a persone di loro conoscenza che poi non si presentavano alla partenza e si rifiutavano di pagare i biglietti non utilizzati, mentre le cabine erano state, però, prenotate), la ricorrente sostiene che non ha dato risultati concreti, giacché le altre società erano poco inclini ad accettare l'approccio risolutivo del fenomeno da essa proposto. Fa valere che la mera informazione in merito da parte dell'ETA non può costituire una violazione dell'art. 85 del Trattato.

250.
    Per quanto attiene più precisamente al telex 6 novembre 1992, inviato dall'ETA alle altre compagnie in servizio sulla linea di Ancona, la ricorrente insiste sul fatto che tale telex è stato inviato dall'ETA di propria iniziativa, a sua insaputa e senza la sua approvazione.

251.
    Riguardo alle tariffe per gli autocarri menzionate ai ‘considerando’ 36 e 37 della Decisione, la ricorrente precisa che, contrariamente a quanto pretende la Commissione, l'adeguamento si riferisce soltanto al tasso di cambio dracma greca/lira italiana e non all'aumento simultaneo delle tariffe nelle due divise, visto che l'adeguamento del 15% in discorso corrisponde perfettamente alla svalutazione della dracma rispetto alla lira italiana. Quanto alla riunione del 24 novembre 1993 e, in particolare, all'espressione «rottura del precedente accordo», la ricorrente fa valere che non è detto cosa questo accordo prevedesse, né quando fosse stato concluso, né quanto tempo fosse durato, né su quale argomento vertesse. Infatti, «il precedente accordo» non sarebbe nient'altro che una dichiarazione non vincolante, da parte di diverse società, di osservare il principio di proporzionalità tra la distanza in miglia marittime dei tragitti e le tariffe e di combattere ogni concorrenza sleale sui prezzi. La ricorrente sottolinea che nel telex 7 gennaio 1993, di cui al ‘considerando’ 36 della Decisione, l'allusione al desiderio di evitare «interminabili litigi» con le società in servizio sulle altre linee italiane dimostra che non c'era nessuna base d'accordo neppure su punti quali un ragionevole adeguamento all'evoluzione dei tassi di cambio.

252.
    Il Tribunale ritiene che i documenti citati ai ‘considerando’ 30-37 della Decisione, sopra menzionati, costituiscano indizi obiettivi e concordanti della persistenza nel corso del 1993 dell'intesa tra gli armatori in servizio sulle linee Patrasso-Ancona e Patrasso/Bari e Brindisi. Inoltre, parecchi documenti costituiscono indizi della volontà della ricorrente e di altre compagnie operanti sulla linea Patrasso-Ancona d'invitare le compagnie attive sulle altre linee ad aderire al movimento di adeguamento dei prezzi deciso per la linea Patrasso-Ancona.

253.
    Così, ad esempio, nel telex 7 gennaio 1993 inviato dalla Minoan alla Strintzis, all'Anek e alla Karageorgis al fine di proporre una revisione delle tariffe per i veicoli sulle linee Grecia-Italia-Grecia, lo scrivente faceva notare che «sono passati due anni dall'ultimo adeguamento delle tariffe per i veicoli». Se ne deve dedurre che, nel periodo tra la riunione del 25 ottobre 1990 e il 7 gennaio 1993, i membri dell'intesa non hanno adeguato le tariffe entrate in vigore il 5 novembre 1990 e che le tariffe fissate per il 1991 sono rimaste in applicazione anche l'anno seguente.

254.
    Conferma l'idea di una prosecuzione dell'intesa anche il telex 24 novembre 1993, in cui lo scrivente si esprime come segue: «Siamo molto soddisfatti del risultato, poiché abbiamo iniziato la riunione con il problema della rottura del precedente accordo a causa dell'opposizione delle compagnie Kosma-Giannatou e Ventouris A. e, dopo aver recuperato a poco a poco la situazione e essere passati per le proposte del 5-10% (posizioni di Strintzis, Ventouris Ferries e Adriatica), siamo infine giunti alla percentuale summenzionata». Quest'affermazione dimostra che nel corso di quell'anno si sono svolte trattative nell'ambito delle quali sono emerse differenze tra le imprese, talune delle quali avevano partecipato altresì al vecchio accordo (Ventouris Ferries, Adriatica, eccetera). La locuzione avverbiale «a poco a poco» dimostra che nel corso dell'anno vi è stata una serie di negoziati tra le imprese, compresa la ricorrente, e ciò finisce col dimostrare la continuazione della partecipazione di quest'ultima durante il periodo compreso tra il gennaio e il novembre 1993.

255.
    Stanti prove dirette così chiare della prosecuzione delle intese e della partecipazione ad esse della ricorrente nel 1993, gli argomenti della ricorrente non possono essere accolti.

6. Prove relative all'anno 1994

256.
    La ricorrente sostiene che l'accordo evocato dall'ETA nel telex inviatole il 24 novembre 1993 non era nient'altro che una dichiarazione non vincolante che ammetteva la necessità di una ragionevole proporzione tra la distanza espressa in miglia marittime dei tragitti e le tariffe e di evitare ogni concorrenza sleale mercé prezzi irrisori, come quelli praticati dalle società di linea dette meridionali. Per quanto concerne l'«accordo sull'adeguamento delle tariffe per gli “autoveicoli” del 15%», menzionato in tale telex, la ricorrente dubita che un accordo del genere sia stato effettivamente concluso e ancor più che sia stato rispettato nella prassi. Il suo agente, l'ETA, avrebbe adoperato nel telex la detta espressione per attribuirsi un successo significativo conseguito grazie agli sforzi personali del suo rappresentante legale, sig. Sfinias. La ricorrente aggiunge che l'obiettivo di tale telex era probabilmente di convincerla ad approvare un aumento del 15% che avrebbe fatto altresì aumentare le entrate dell'ETA a titolo di commissione. Essa osserva pure che la proposta dell'ETA d'introdurre una nuova tariffa che invogliasse al pagamento in contanti prevedendo in tal caso una riduzione del 30% non è stata accolta e non ha portato risultati, perché la situazione si è normalizzata già all'inizio del mese di luglio 1994, allorché tutti gli interessati si sono convinti che, contrariamente alle aspettative, la dracma non si sarebbe svalutata grazie soprattutto alle misure di governo adottate per sostenere la moneta. In ogni caso, la ricorrente ritiene errato addebitarle tale iniziativa, considerarla un'infrazione e, più in generale, concludere nel senso dell'esistenza di un accordo per stabilire tariffe comuni applicabili agli autocarri nel 1994. Infine, la ricorrente avrebbe continuato perfino nel 1994 a concedere riduzioni importanti ai suoi clienti, sulla base di accordi particolari.

257.
    Ai ‘considerando’ 38-42 della Decisione la Commissione espone le prove che l'hanno indotta a concludere che nel 1994 l'intesa continuava, almeno fino alla data degli accertamenti.

258.
    Al ‘considerando’ 38 della Decisione la Commissione si basa sul telex 24 novembre 1993 dell'ETA alla ricorrente per dimostrare che nel 1994 l'intesa continuava, in quanto l'accordo doveva decorrere dal 16 dicembre 1993. Tale telex indicherebbe altresì che quattordici compagnie erano rappresentate alla riunione del medesimo giorno. Poi, la Decisione dà atto di un telex del 13 maggio 1994 della ricorrente all'Anek e alla Strintzis, il quale indicava che un nuovo tipo di rimorchio stava diventando comune sulla linea di Ancona e proponeva d'introdurre una nuova categoria di prezzi e una data di applicazione comune. A tale telex ne sono seguiti altri del 25 maggio e del 3 giugno 1994 sullo stesso argomento, con cui si sollecitava un accordo. La Decisione menziona inoltre un telex del 26 maggio 1994 dell'ETA alla sede della Minoan e il fatto che gli accertamenti della Commissione presso le imprese sono avvenuti nel luglio 1994. Infine, la Commissione stima al ‘considerando’ 42 della Decisione che non vi siano prove che le compagnie hanno continuato le loro pratiche collusive dopo tale data.

259.
    Il telex 24 novembre 1993, inviato dall'ETA alla sede della Minoan, mostra che in quello stesso giorno ha avuto luogo una riunione cui hanno partecipato quattordici compagnie di navigazione. Secondo la Decisione (‘considerando’ 37), tale riunione aveva lo scopo di adeguare i prezzi da praticare nel 1994 sulle linee tra Patrasso e Ancona, Brindisi e Bari. L'autore del telex scrive:

«Siamo lieti d'informarvi che nella riunione odierna abbiamo raggiunto un accordo su un adeguamento delle tariffe per gli autoveicoli del 15% circa (...) da applicare immediatamente a partire dal 16 dicembre 1993.

Siamo molto soddisfatti del risultato, poiché abbiamo iniziato la riunione con il problema della rottura del precedente accordo a causa dell'opposizione delle compagnie Kosma-Giannatou e Ventouris A. e, dopo aver recuperato a poco a poco la situazione e essere passati per le proposte del 5-10% (posizioni di Strintzis, Ventouris Ferries e Adriatica), siamo infine giunti alla percentuale summenzionata.

(...)».

260.
    Questo documento dimostra che la ricorrente ha aderito a un accordo con talune compagnie circa il comportamento da tenere sul mercato a partire dal 16 dicembre 1993 e, dunque, nel 1994.

261.
    Del pari, i telex 13 maggio 1994, 25 maggio 1994 e 3 giugno 1994 costituiscono indizi obiettivi e concordanti della prosecuzione nel corso del 1994 dell'intesa tra gli armatori operanti sulla linea Patrasso-Ancona e della partecipazione principale della ricorrente tramite il suo agente esclusivo.

262.
    Stanti prove dirette così chiare della partecipazione della ricorrente all'intesa nel 1994 sino al momento dell'accertamento della Commissione effettuato nel mese di luglio, gli argomenti della ricorrente devono essere respinti.

263.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere la seconda parte del motivo in esame e dichiarare il terzo motivo interamente infondato.

II - Sulla domanda di annullamento o di riduzione dell'ammenda

264.
    A sostegno della domanda diretta all'annullamento ovvero alla riduzione dell'ammenda inflitta, la ricorrente deduce un motivo vertente sulla violazione dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86 e degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

A - Quanto alla prima parte, relativa a un'errata valutazione della gravità dell'infrazione

Argomenti delle parti

265.
    La ricorrente sostiene, in primo luogo, che, qualificando l'infrazione addebitatale come grave (‘considerando’ 150 della Decisione), la Commissione si pone in contraddizione con gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell'art. 65, n. 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), applicabili altresì alle ammende inflitte ai sensi dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86. Essa considera che le condizioni che permetterebbero di qualificare l'infrazione come grave non sono soddisfatte nella fattispecie, poiché le restrizioni addebitate non sono state applicate in maniera stretta e non erano idonee a produrre effetti su parti estese del mercato comune, circostanza riconosciuta dalla stessa Decisione (‘considerando’ 148 e 149). Di conseguenza, in sede di determinazione dell'importo di base dell'ammenda, l'infrazione addebitata alle imprese implicate avrebbe dovuto, nel peggiore dei casi, essere qualificata come poco grave, visto che tale categoria di infrazioni include le restrizioni intese a limitare gli scambi il cui impatto sul mercato resta però circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale, ma relativamente angusta, del mercato comunitario. Ne discende, secondo la ricorrente, che l'importo di base dell'ammenda non dovrebbe superare quello previsto per la categoria delle infrazioni poco gravi, vale a dire 1 milione di ECU.

266.
    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la distinzione tra i diversi vettori operata dala Commissione in sede di calcolo dell'ammenda, ossia tra i grandi, i medi e i piccoli (‘considerando’ 151 e 152 della Decisione), sia arbitraria e porti a collocare la ricorrente in una situazione di sfavore rispetto alle sue concorrenti. Essa stima, in più, di non poter essere considerata a livello europeo una grande compagnia di navigazione marittima, né un punto di riferimento per tutte le sue concorrenti. Fa valere, infine, che, per fissare l'importo dell'ammenda, il parametro più ragionevole è quello della quota di mercato detenuta da ciascuna impresa sull'insieme delle linee Grecia-Italia (mercato dei servizi), perché esso renderebbe conto altresì dell'effettiva capacità di ciascuna impresa di «causare un danno rilevante» all'intero mercato, come recita la Decisione al ‘considerando’ 151.

267.
    La Commissione afferma che le intese che rientrano nelle categorie descritte all'art. 85, n. 1, del Trattato, fra cui gli accordi delle imprese sui prezzi, sono considerate particolarmente gravi, come testimonia il fatto che il detto articolo le menziona esplicitamente a titolo di esempio di azioni configuranti infrazioni. Essa ricorda, inoltre, che, per giurisprudenza costante, un accordo sui prezzi restringe, per sua natura, la concorrenza (v., in tal senso, sentenza Chemiefarma/Commissione, cit., punto 133). Infine, un'infrazione commessa nell'ambito di un cartello cui partecipa la maggior parte dei produttori attivi sul mercato in questione, ipotesi che si sarebbe verificata nella fattispecie, integrerebbe un'infrazione grave.

268.
    La Commissione fa osservare altresì che gli orientamenti classificano anch'essi, in via di principio, i cartelli come infrazioni molto gravi. Essa precisa, tuttavia, ai ‘considerando’ 146-150 della Decisione, di aver tenuto conto, nel caso di specie, degli elementi addotti dalla ricorrente (v., in particolare, ‘considerando’ 148), ma anche dei fattori relativi alla modesta incidenza degli accordi sul mercato e al segmento limitato del mercato da essi interessato. Essa sarebbe giunta alla conclusione che si tratti nella fattispecie di un'infrazione grave e non di un'infrazione molto grave.

269.
    Infine, la Commissione fa valere che, per fissare l'importo delle ammende, occorre tenere conto, come prevedono gli orientamenti, di tutti gli elementi idonei ad influire sulla valutazione della gravità delle infrazioni, tra cui le dimensioni delle imprese che hanno partecipato alla pratica vietata. Siccome sussistono notevoli differenze di dimensioni tra le imprese, nella fattispecie le loro dimensioni costituirebbero la base adatta a permettere di valutare il peso e l'importanza di ciascuna di esse sul mercato nonché l'incidenza reale del loro comportamento sulla concorrenza.

Giudizio del Tribunale

1. Considerazioni generali

270.
    Nella fattispecie è pacifico che la Commissione ha determinato l'ammenda inflitta alla ricorrente conformemente al metodo generale per il calcolo dell'ammontare delle ammende enunciato negli orientamenti, i quali sono altresì applicabili alle ammende inflitte ai sensi dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86. Va osservato anche che la ricorrente non contesta l'applicabilità nel caso di specie dei detti orientamenti.

271.
    Ai termini dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86, «[l]a Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille ad un massimo di un milione di [euro], con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al 10% del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato alla infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza (...) commettano un'infrazione alle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, (...), del trattato». Il medesimo articolo stabilisce che, «[p]er determinare l'ammontare dell'ammenda, occorr[e] tener conto, oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata».

272.
    Orbene, gli orientamenti dispongono, al punto 1, primo comma, che, per il calcolo delle ammende, l'importo di base sia determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, i soli criteri indicati all'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86.

273.
    Secondo gli orientamenti, la Commissione assume come punto di partenza, nel calcolo delle ammende, un importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione. La valutazione della gravità dell'infrazione deve prendere in considerazione la natura dell'infrazione, l'impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l'estensione del mercato geografico rilevante (punto 1 A, primo comma). In tale contesto le infrazioni sono classificate in tre categorie, ossia le «infrazioni poco gravi», per le quali l'ammontare delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 000 e EUR 1 milione, le «infrazioni gravi», per le quali l'ammontare delle ammende applicabili può variare tra EUR 1 milione e 20 milioni, e le «infrazioni molto gravi» per le quali l'ammontare delle ammende applicabili supera EUR 20 milioni (punto 1 A, primo-terzo trattino).

274.
    Successivamente, nell'ambito del trattamento differenziato da applicare alle imprese, gli orientamenti stabiliscono che, nell'ambito di ciascuna delle categorie succitate, ed in particolare per le categorie di infrazioni «gravi» e «molto gravi», la gamma delle sanzioni previste consente di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse (punto 1 A, terzo comma). E', inoltre, necessario valutare l'effettiva capacità economica degli autori dell'infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto comma). In più, si può tenere conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni dispongono quasi sempre d'infrastrutture sufficienti per avere le conoscenze giuridico-economiche che consentano loro di essere maggiormente consapevoli del carattere di infrazione del loro comportamento e delle conseguenze che ne derivano sotto il profilo del diritto della concorrenza (punto 1 A, quinto comma).

275.
    Nell'ambito di ciascuna delle tre categorie definite sopra, al fine di tenere conto del peso specifico, e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese che commettono il medesimo tipo d'infrazione, può essere opportuno ponderare, nei casi in cui sono coinvolte più imprese, come i cartelli, l'ammontare predeterminato e adattare di conseguenza l'importo di base generale secondo la caratteristica specifica di ogni impresa (punto 1 A, sesto comma).

276.
    Quanto al fattore relativo alla durata dell'infrazione, gli orientamenti stabiliscono una distinzione tra le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a un anno), per le quali l'importo di base stabilito per la gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in generale per periodi da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato fino al 50% del suo valore, e le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo capoverso, primo-terzo trattino).

277.
    In seguito, gli orientamenti riportano, a titolo di esempio, un elenco di circostanze aggravanti e attenuanti che possono essere prese in considerazione per aumentare o diminuire l'importo di base, riferendosi poi alla comunicazione 18 luglio 1996 sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende (GU C 207, pag. 4).

278.
    Come osservazione generale, gli orientamenti precisano che l'ammenda calcolata secondo lo schema di cui sopra (importo di base più o meno le percentuali di maggiorazione e di riduzione) non può in alcun caso superare il 10% del volume d'affari mondiale delle imprese, come disposto dall'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86 [punto 5, lett. a)]. Inoltre gli orientamenti prevedono che, dopo avere effettuato i calcoli di cui sopra, occorrerà prendere in considerazione, a seconda delle circostanze, taluni elementi obiettivi quali il contesto economico specifico, il vantaggio economico o finanziario realizzato dagli autori dell'infrazione, le caratteristiche delle imprese in questione nonché la loro capacità contributiva reale in un contesto sociale particolare, adeguando di conseguenza, in fine, gli importi delle ammende [punto 5, lett. b)].

279.
    Ne consegue che, secondo il metodo descritto negli orientamenti, il calcolo delle ammende viene effettuato in funzione dei due criteri citati all'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86, vale a dire la gravità dell'infrazione e la sua durata, nel rispetto del limite massimo in relazione al volume d'affari di ciascuna impresa, stabilito con la medesima disposizione. Di conseguenza, gli orientamenti non trascendono il contesto giuridico delle sanzioni come definito dalla detta disposizione (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punti 231 e 232).

2. Quanto alla fondatezza della parte di motivo in esame

280.
    Come si è appena ricordato, negli orientamenti i cartelli sono classificati, in linea di principio, come infrazioni molto gravi, una qualificazione che s'inserisce perfettamente nella giurisprudenza della Corte e del Tribunale secondo cui tale tipo d'infrazione rientra tra le restrizioni della concorrenza più gravi, in particolare allorché l'intesa concerne la fissazione dei prezzi.

281.
    Orbene, nel caso di specie e nella situazione della ricorrente, dai ‘considerando’ 147-150 della Decisione risulta che, pur rilevando (‘considerando’ 147 della Decisione) che «[u]n accordo mediante il quale il prezzo del trasporto di passeggeri e merci per traghetto roll-on roll-off sia stato concordato da alcuni dei più importanti operatori di traghetti nel mercato di riferimento costitui[va], per sua natura, una violazione molto grave delle disposizioni comunitarie», in realtà la Commissione ha considerato soltanto grave l'infrazione di cui trattasi (‘considerando’ 150 della Decisione). Essa è pervenuta a questa diminuzione del livello di gravità dopo aver osservato che «[l]'infrazione [aveva] avuto un effetto reale limitato sul mercato» e che, siccome il governo ellenico «durante il periodo dell'infrazione [aveva] incoraggiato le imprese a contenere gli aumenti tariffari nei limiti dell'inflazione», «[l]e tariffe [erano] state mantenute ad un livello tra i più bassi del mercato comune per il trasporto marittimo da uno Stato membro ad un altro» (‘considerando’ 148 della Decisione). Per di più, la Commissione ha tenuto conto del fatto che l'infrazione «[aveva] (...) prodotto i suoi effetti in una parte limitata del mercato comune, vale a dire su tre delle linee adriatiche», un mercato ritenuto ancora modesto rispetto ad altri mercati dell'Unione europea (‘considerando’ 149 della Decisione).

282.
    Ne consegue che correttamente la Commissione ha qualificato grave l'infrazione nella Decisione.

283.
    Quanto all'argomento vertente sulle dimensioni delle imprese, dai ‘considerando’ 151 e 152 della Decisione risulta che la Commissione ha ritenuto appropriato nella fattispecie tener conto della capacità effettiva dei trasgressori di causare un danno rilevante e ha voluto fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantire all'ammenda stessa un effetto sufficientemente dissuasivo. Così, ha stimato opportuno infliggere alle imprese più grandi ammende più elevate di quelle di cui sono passibili le imprese piccole a motivo della notevole differenza di dimensioni. La tabella 1 (‘considerando’ 151 della Decisione) contiene un confronto delle dimensioni delle imprese interessate dalla Decisione. Essa mostra che la ricorrente è il principale vettore sul mercato, seguita tra i grandi operatori solamente dall'Anek, e che le sue dimensioni sono pari quasi al doppio di quelle dei vettori medi e al decuplo di quelle dei piccoli. Tale confronto è fatto sulla base del fatturato del 1993 per i servizi roll-on e roll-off sulle linee adriatiche, anno di riferimento che consente alla Commissione di valutare il peso e l'importanza sul mercato di cui trattasi e quindi l'effetto reale del comportamento anticoncorrenziale di ciascuna impresa. Il ‘considerando’ 152 della Decisone mostra che è in base al detto confronto che le ammende inflitte ai vettori medi in funzione della gravità dell'infrazione sono pari al 65% delle ammende imposte ai vettori di grandi dimensioni, fra cui la ricorrente.

284.
    Orbene, risulta dalla giurisprudenza che la Commissione può infliggere ammende più gravi a un'impresa i cui atti sul mercato, considerata l'importanza del posto che vi occupa, hanno un impatto maggiore di quelli di altre imprese che hanno commesso la medesima infrazione, senza pur tuttavia violare il principio della parità di trattamento. Siffatto modo di calcolare l'importo dell'ammenda risponde altresì alla necessità che quest'ultima sia sufficientemente dissuasiva (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 ottobre 1996, cause riunite da T-24/93 a T-26/93 e T-28/93, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. II-1201, punto 235).

285.
    Inoltre, le dimensioni delle imprese che hanno preso parte alla pratica vietata rientra fra gli elementi di riferimento previsti dagli orientamenti per determinare l'importo dell'ammenda. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la distinzione tra grandi vettori, vettori di medie dimensioni e piccoli vettori fatta ai fini della determinazione dell'ammenda ai ‘considerando’ 151 e 152 della Decisione rispetta pienamente la lettera e gli obiettivi degli orientamenti. Inoltre, la ricorrente non contesta le percentuali utilizzate per il confronto di cui al ‘considerando’ 151 della Decisione, né il fatto che nel caso di specie le dimensioni delle imprese coinvolte erano molto diverse tra loro. Pertanto, l'argomento vertente sull'aver la Commissione commesso un errore nel distinguere tra i vari vettori va disatteso e la ricorrente non può rimproverare alla Commissione di aver reputato che le dimensioni costituissero una base adeguata per valutare il peso e l'importanza di ciascuna impresa sul mercato nonché l'incidenza reale del suo comportamento sulla concorrenza.

286.
    La parte di motivo in esame dev'essere perciò respinta.

B - Quanto alla seconda parte, relativa a un'errata valutazione della durata dell'infrazione

Argomenti delle parti

287.
    La ricorrente fa valere che ciò che la Decisione qualifica come «accordo» è in realtà una prassi di negoziazioni tra le società in servizio sulle rotte Grecia-Italia che risale a parecchi decenni prima e che si è semplicemente protratta dopo il 1° luglio 1987, data dell'entrata in vigore del regolamento n. 4056/86. Essa contesta alla Commissione di non aver considerato l'esistenza di una tale prassi nei decenni anteriori come una circostanza attenuante, bensì, al contrario, di aver qualificato la prosecuzione e l'applicazione di tale «prassi abituale» come una circostanza aggravante particolarmente seria. Infatti la Commissione, per un verso, avrebbe considerato «lunga» la detta «prassi abituale» (‘considerando’ 155 della Decisione) e, per l'altro, si sarebbe mostrata estremamente severa nell'imporre alla ricorrente per ogni anno di durata dell'infrazione la più alta delle maggiorazioni consentite (10%), nonostante gli orientamenti prevedano, per le infrazioni di lunga durata (superiore a cinque anni), una maggiorazione massima del 10% (v. orientamenti, punto 1 B, primo capoverso, terzo trattino). Così, l'ammenda inflitta alla ricorrente sarebbe stata maggiorata in misura notevolissima, pari al 70% (v. ‘considerando’ 156 della Decisione) partendo da un importo di base già elevato (2 milioni di ECU), di modo che l'importo di base totale dell'ammenda sarebbe stato portato indebitamente a 3,4 milioni di ECU (‘considerando’ 158 della Decisione).

288.
    La Commissione fa rilevare che la ricorrente non mette in discussione il terminus a quo (1° luglio 1987), né il terminus ad quem (luglio 1994) dell'accordo e ricorda che, come prevedono gli orientamenti, le infrazioni di durata superiore a cinque anni sono considerate infrazioni di lunga durata. Inoltre, la Commissione fa valere di poter infliggere una maggiorazione massima del 10% per ogni anno che ha costituito oggetto dell'infrazione e stima di aver agito, nella fattispecie, nel rispetto di tali limiti.

Giudizio del Tribunale

289.
    Risulta dagli orientamenti che un importo corrispondente alla durata dell'infrazione per ciascuna impresa può essere calcolato e addizionato all'importo di base generale (quello calcolato in funzione della gravità) e che, a tal fine, la Commissione deve distinguere tre tipi di infrazioni: di breve durata (infrazioni in genere inferiori a un anno), di media durata (in genere da uno a cinque anni) e di lunga durata (in genere oltre i cinque anni).

290.
    Non è prevista alcuna maggiorazione per le infrazioni di breve durata. Al contrario, per quelle di media durata, la Commissione può applicare una maggiorazione fino al 50% dell'importo di base generale (calcolato in funzione della gravità dell'infrazione). Quanto alle infrazioni di lunga durata, tale importo addizionale può essere fissato per ciascun anno al 10% dell'importo stabilito in funzione della gravità dell'infrazione. Gli orientamenti indicano che in tal modo la Commissione ha voluto rendere molto più consistente, rispetto alla prassi anteriore, la maggiorazione delle ammende per le infrazioni di lunga durata, allo scopo di sanzionare realmente le restrizioni che hanno arrecato un pregiudizio durevole ai consumatori.

291.
    Dal ‘considerando’ 153 della Decisione emerge che la Commissione ha stimato che, per quanto riguarda la Strintzis e la ricorrente, l'infrazione risalga almeno al 18 luglio 1987 e sia durata fino al luglio 1994 (data degli accertamenti della Commissione). La Commissione conclude che la durata dell'infrazione è stata «lunga» per la ricorrente, la Strintzis e la Karageorgis (‘considerando’ 155 della Decisione). Essa ha considerato che tali elementi giustificavano «una maggiorazione delle ammende di 10% per ogni anno di durata dell'infrazione», nel caso della ricorrente e della Strintzis, vale a dire una maggiorazione del 70% (‘considerando’ 156 della Decisione). La tabella 2 indica le percentuali di maggiorazione applicate alle varie compagnie.

292.
    Occorre notare che la ricorrente non ha contestato la data d'inizio dell'asserita infrazione, ossia il 1° luglio 1987 - essa sottolinea, in realtà, che gli accordi addirittura preesistevano a tale data - né quella della sua cessazione (luglio 1994), né dunque il fatto che l'infrazione è durata sette anni. Pertanto, e poiché gli orientamenti prevedono che le infrazioni di durata superiore ai cinque anni siano da considerare lunghe e giustifichino una maggiorazione fino al 10% per ciascun anno dell'importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione, la ricorrente non può dedurre l'inosservanza dei criteri stabiliti negli orientamenti.

293.
    L'argomento della ricorrente consistente nel contestare alla Commissione di aver stimato che l'infrazione fosse di lunga durata anziché applicare una circostanza attenuante, visto che si trattava di una prassi di negoziati risalente a parecchi decenni prima, non può essere accolto. La data considerata come dies a quo del periodo dell'infrazione nella Decisione è un elemento che rientra unicamente nella valutazione della Commissione, operata sulla scorta delle prove di cui essa dispone per fondare le sue conclusioni circa l'esistenza e la portata di un'infrazione. Perciò, contrariamente a quanto assume la ricorrente, il fatto che i comportamenti sanzionati siano iniziati effettivamente in una data di molto anteriore a quella indicata nella Decisione non può affatto configurare una circostanza attenuante.

294.
    Infine, occorre ricordare che, sebbene gli argomenti della ricorrente vertenti sulla consuetudine dei contatti tra gli operatori che servono le linee marittime in Grecia, asseritamente sollecitati in tal senso dalle autorità elleniche, non possano valere a dimostrare che i detti contatti non rientrassero nel divieto degli accordi restrittivi della concorrenza sancito dall'art. 85, n. 1, del Trattato, essi sono stati tuttavia valutati come circostanze attenuanti. Infatti, al ‘considerando’ 163 della Decisione, la Commissione ha ammesso che «[l]a prassi corrente - non imposta direttamente dalla normativa - di fissare le tariffe nazionali greche mediante consultazioni di tutti gli operatori nazionali (nel cui ambito ci si attendeva che presentassero una risposta comune) e la successiva decisione del Ministero della Marina mercantile potrebbero aver indotto le compagnie greche che operano anche sulle linee nazionali a dubitare che la consultazione per la fissazione dei prezzi sulle linee internazionali costituisse realmente un'infrazione». In base a queste considerazioni la Commissione ha ridotto le ammende del 15% per tutte le compagnie (‘considerando’ 163 della Decisione).

295.
    Pertanto, anche la parte di motivo in esame va respinta.

C - Quanto alla terza parte, relativa a un'errata valutazione delle circostanze aggravanti

Argomenti delle parti

296.
    La ricorrente lamenta che le circostanze aggravanti che la Decisione ha addotto contro di essa nei ‘considerando’ 159-161 siano infondate, inesatte, di parte e parziali. Essa afferma che la Decisione viola i principi fondamentali di proporzionalità, di non discriminazione e di buona amministrazione.

297.
    In primo luogo, essa nega di aver istigato all'intesa, ricordando che il suo comportamento integrava una «prassi abituale», anteriore di parecchi decenni, come riconosce la Decisione. Aggiunge al riguardo di aver, dal 1981 alla metà del 1987, servito le linee Grecia-Italia con un'unica nave, in quanto tali linee erano dominate da altre compagnie, quali la Karageorgis, la Strintzis, la HLM, l'Adriatica e la Ventouris Ferries, che disponevano di un maggior numero d'imbarcazioni.

298.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il telex 15 marzo 1989 non è sufficiente a farla considerare l'«istigatrice» di un'«intesa», tenuto conto della preesistenza della «prassi abituale».

299.
    In terzo luogo, a torto la Decisione contesterebbe alla ricorrente di aver «organizzato (...) riunioni “con le compagnie partecipanti all'infrazione”». Infatti, con i suoi telex 21 maggio 1992 e 24 novembre 1993, sui quali poggia l'accusa della Commissione (v. ‘considerando’ 30, 37 e 38 della Decisione), l'ETA si limiterebbe a informare a posteriori la Minoan di una riunione che era già stata decisa (telex 21 maggio 1992) e di un altro incontro già svoltosi (telex 24 novembre 1993). Pertanto, la ricorrente non potrebbe aver «organizzato» (per riprendere la formulazione letterale della Decisione) le due riunioni in questione, in ordine alle quali essa è stata semplicemente informata ex post. Infine, l'«organizzazione» delle dette riunioni, poiché non può essere imputata all'ETA, non potrebbe a fortiori neppure essere imputata alla ricorrente.

300.
    In quarto luogo, la ricorrente contesta di aver «controllato le operazioni del cartello». L'informazione di parte, parziale, incompleta e, in ogni caso, a posteriori che ha ricevuto dall'ETA non le avrebbe permesso di «controllare» le operazioni del cartello in questione. A tale riguardo, la ricorrente reputa particolarmente eloquente il telex 24 novembre 1993 inviatole dall'ETA che, a suo parere, deliberatamente esagera, volendo il sig. Sfinias attribuirsi un importante successo.

301.
    In quinto luogo, la ricorrente nega di aver «cercato di estendere l'ambito di collaborazione delle compagnie» e contesta l'interpretazione dei singoli telex cui la Commissione si riferisce nell'esame di tale circostanza aggravante.

302.
    In sesto luogo, la ricorrente nega di aver tentato di «intralciare gli accertamenti della Commissione». Essa sostiene che ingiustamente la Decisione indica che la «Minoan propose che ogni compagnia differenziasse i suoi prezzi dell'1% per quattro categorie di cabine», perché a far ciò non era la ricorrente bensì l'ETA. Al riguardo, essa precisa di non aver impartito né direttive né istruzioni e di non essere stata informata di tale azione né di averla approvata.

303.
    La ricorrente ne conclude che a torto e con severità smodata la Decisione aumenta del 10% l'importo di base dell'ammenda considerandola istigatrice del cartello.

304.
    La ricorrente lamenta, poi, una violazione del principio di uguaglianza nella valutazione da parte della Commissione delle circostanze aggravanti.

305.
    La ricorrente sostiene che altre società implicate hanno intrapreso azioni ed iniziative analoghe a quelle dell'ETA che la Commissione le imputa. Di conseguenza, definendo la ricorrente «istigatrice del cartello», la Decisione violerebbe il principio della parità di trattamento poiché la collocherebbe in una posizione deteriore rispetto alle sue concorrenti.

306.
    La ricorrente compara innanzi tutto la propria situazione con quella della Strintzis. Fa valere che risulta chiaramente da una lettura d'insieme dei ‘considerando’ 13, 14, 16, 18, 19, 24, 25 e 35 della Decisione che tale compagnia ha contribuito agli avvenimenti almeno in un ruolo simile, se non più importante, a quello svolto dall'ETA ed imputato alla Minoan, senza che tuttavia le sue iniziative siano state considerate circostanze aggravanti, diversamente da quanto deciso per la ricorrente. In tal modo la Commissione avrebbe manifestamente violato il principio della parità di trattamento. In seguito, la ricorrente critica la Commissione per aver ignorato nella Decisione che anche la Strintzis eserciva una nave sulla linea a destinazione Brindisi negli anni 1989, 1990 e 1991 e per averla accusata di essere l'«istigatrice» dell'estensione della collaborazione alle società operanti sulle linee meridionali malgrado essa non sia mai stata presente su tali linee, a differenza della Strintzis, alla quale una tale circostanza aggravante non viene imputata. Inoltre, essa si riferisce al trattamento riservato alla Karageorgis alla quale, ai ‘considerando’ 18, 21 e 33 della Decisione, sono contestate iniziative analoghe senza che la Commissione le ritenga circostanze aggravanti.

307.
    La Commissione contesta l'allegazione della ricorrente secondo cui la Decisione la definisce ingiustamente creatrice del cartello e ha violato il principio della parità di trattamento nonché il principio di proporzionalità nel determinare le circostanze aggravanti. Essa rinvia ai ‘considerando’ 159-161 della Decisione, in cui sarebbero esposte numerose prove sia del ruolo di primo piano svolto dalla ricorrente nella costituzione del cartello e nei successivi atti di questo, sia dei suoi tentativi di intralciare le indagini della Commissione.

308.
    Peraltro, la Commissione sostiene di aver tenuto conto nella determinazione delle ammende del comportamento globale delle imprese censurate e del ruolo di ciascuna di esse, come prescritto dalla giurisprudenza. Essa fa valere che, alla luce degli elementi disponibili, la ricorrente ha chiaramente intrapreso più iniziative delle altre società implicate non solamente avanzando proposte, ma anche organizzando incontri, informando le altre società delle sue risposte alla richiesta d'informazioni della Commissione nonché cercando d'intralciare gli accertamenti della Commissione.

Giudizio del Tribunale

309.
    Risulta dagli orientamenti (punto 2) che la Commissione può aumentare l'importo di base dell'ammenda inflitta per tener conto delle circostanze aggravanti. Gli orientamenti elencano possibili circostanze aggravanti come la recidività delle imprese in un'infrazione della stessa indole, il rifiuto di qualunque cooperazione o perfino tentativi di ostruzionismo durante lo svolgimento dell'indagine, il fatto che l'impresa considerata abbia organizzato l'infrazione o istigato a commetterla oppure abbia preso misure di ritorsione contro altre imprese per far «rispettare» le decisioni o pratiche configuranti infrazioni eventualmente attuate. Gli orientamenti danno altresì atto della necessità che la Commissione all'occorrenza maggiori gli importi di base delle ammende per superare l'importo degli utili illeciti realizzati grazie all'infrazione, quando la stima di tali utili sia obiettivamente possibile.

310.
    La Commissione ha indicato ai ‘considerando’ 159-161 della Decisione le circostanze aggravanti da essa individuate contro ciascuna delle imprese destinatarie.

1. Quanto al ruolo d'istigatrice dell'intesa

311.
    Quanto alla ricorrente, la Commissione ha ritenuto opportuno (‘considerando’ 159 della Decisione) maggiorare del 25% l'importo della sua ammenda a causa del suo ruolo d'istigatrice dell'intesa.

312.
    La Commissione è pervenuta a tale conclusione dopo aver considerato una serie di circostanze.

313.
    In primo luogo, a suo parere la ricorrente ha tentato di convincere l'Anek ad aderire all'intesa. E' sufficiente a provarlo il telex della Minoan 15 marzo 1989.

314.
    In secondo luogo, la Commissione ha considerato che la ricorrente ha discusso con la Ventouris Ferries la politica tariffaria di quest'ultima sulla linea di Ortona (v. documento dell'ETA 25 febbraio 1992) e ha organizzato e diretto riunioni con le compagnie partecipanti all'infrazione (v. telex dell'ETA 21 maggio 1992 e 24 novembre 1993).

315.
    Occorre sottolineare che a buon diritto la Decisione rimprovera alla ricorrente di aver organizzato e diretto le riunioni con le compagnie partecipanti all'infrazione (v. telex dell'ETA 21 maggio 1992 e 24 novembre 1993).

316.
    Così, quanto alla riunione del 21 maggio 1992, risulta effettivamente dal telex inviato il medesimo giorno dall'ETA alla ricorrente che quest'ultima è stata informata che «[doveva] essere indetta una conferenza di rappresentanti delle compagnie di navigazione operanti sulla linea Patrasso-Ancona, per discutere i progetti di nuove tariffe per il 1993», nonché dell'ordine del giorno di tale riunione. Del pari, da un telex 27 maggio 1992 emerge che l'ETA ha informato la ricorrente delle proposte da essa avanzate nel corso della riunione delle compagnie di navigazione del 21 maggio 1992 e che sarebbero state complessivamente accettate.

317.
    Per quanto riguarda la riunione del 24 novembre 1993, in un telex dello stesso giorno dell'ETA alla sede della ricorrente si dichiara quanto segue:

«Siamo lieti d'informarvi che nella riunione odierna abbiamo raggiunto un accordo su un adeguamento delle tariffe per gli autoveicoli del 15% circa (...) da applicare immediatamente a partire dal 16 dicembre 1993.

Siamo molto soddisfatti del risultato, poiché abbiamo iniziato la riunione con il problema della rottura del precedente accordo a causa dell'opposizione delle compagnie Kosma-Giannatou e Ventouris A. e, dopo aver recuperato a poco a poco la situazione e essere passati per le proposte del 5-10% (posizioni di Strintzis, Ventouris Ferries e Adriatica), siamo infine giunti alla percentuale summenzionata.

(...)».

318.
    Questo documento dimostra che il 24 novembre 1993 si è tenuta una riunione cui hanno partecipato quattordici compagnie di navigazione allo scopo di adeguare i prezzi da praticare nel 1994 sulle linee tra Patrasso e Ancona, Brindisi e Bari. Esso evidenzia che l'agente della ricorrente ha svolto un ruolo importante nello sviluppo delle trattative.

319.
    In terzo luogo, la Commissione ha tenuto conto del fatto che la ricorrente non soltanto ha controllato le attività dell'intesa, ma ha anche cercato di estendere l'ambito di collaborazione delle compagnie (v. telex 15 marzo 1989, 7 gennaio 1992, 25 febbraio 1992, 7 gennaio 1993, 24 settembre 1993 e 26 maggio 1994).

320.
    I telex 15 marzo 1989, 25 febbraio 1992 e 24 settembre 1993 sono stati esaminati sopra e il carattere probatorio delle circostanze ritenute aggravanti dalla Commissione nei confronti della ricorrente è stato considerato dimostrato.

321.
    Per quanto concerne il telex 7 gennaio 1992 inviato dalla ricorrente all'Anek, alla Strintzis e alla Karageorgis, come citato al ‘considerando’ 27 della Decisione senza contestazioni da parte della ricorrente, esso mette in guardia queste compagnie contro vari importatori di autoveicoli che «cercano d'indurre le nostre compagnie ad entrare in concorrenza sulle tariffe (...). Esso così prosegue: [V]i proponiamo di continuare una politica comune evitando di avventurarci su una strada rischiosa». La ricorrente avrebbe proposto un prezzo comune a tutte le compagnie e chiesto il loro accordo «per poter rispondere alla società Calberson che (...) [era] entrata in contatto con tutte le compagnie».

322.
    Quanto al telex 7 gennaio 1993, si tratta di un documento indirizzato dalla ricorrente alla Strintzis, all'Anek e alla Karageorgis per proporre un adeguamento delle tariffe per i «veicoli» sulle linee Grecia-Italia, nel quale si dichiara quanto segue:

«La nostra decisione di giungere ad un accordo con voi sull'adeguamento delle tariffe senza consultare prima le società che operano sulle altre linee italiane è dovuta al desiderio di evitare gli interminabili litigi che si produrrebbero se ci imbarcassimo in una tale consultazione. Riteniamo che l'accordo raggiunto tra di noi sarà considerato positivamente dalle altre compagnie. In caso contrario, stimiamo che la perdita di traffico a favore dei porti che praticano le tariffe più basse non sarà superiore al 15% corrispondente all'adeguamento delle nostre tariffe. (...) Attendiamo il vostro accordo».

323.
    Risulta da questo telex che la ricorrente ha deciso di negoziare direttamente con le sue principali concorrenti sulla linea Patrasso-Ancona, e cioè la Strintzis, l'Anek e la Karageorgis, e di lasciare in sospeso le trattative con le compagnie operanti sulle altre linee, il che dimostra l'importanza del ruolo della ricorrente nel funzionamento e nello sviluppo delle intese. Infine, l'allusione alla necessità di procedere all'adeguamento «senza consultare prima le società che operano sulle altre linee italiane», figurante nello stesso telex, dev'essere intesa nel senso che essa illustra l'intenzione della ricorrente di dimostrare le effettive possibilità di pervenire a un adeguamento dei prezzi e, dunque, come un'esortazione alle altre compagnie operanti sulla linea Patrasso-Ancona ad adottarlo. Pertanto, a differenza di quanto sostiene la ricorrente, tale affermazione costituisce senz'altro una prova del suo tentativo «di estendere l'ambito di collaborazione delle compagnie».

324.
    Quanto al telex 26 maggio 1994, inviato dall'ETA alla sede della ricorrente, in esso si legge:

«A seguito delle condizioni che si sono sviluppate sul mercato in ragione dei tassi d'interesse molto elevati sui patti di riscatto, sul brevissimo termine e sui finanziamenti, nessuno paga in contanti, ma tutti con assegni a scadenza.

Per fronteggiare tale fenomeno abbiamo dato istruzioni all'ufficio del Pireo nel senso di limitare i crediti.

Sapete che la nostra clientela ha reagito denunciandoci a voi e cercando una soluzione tramite il rilascio dei biglietti da parte dell'intermediario di Heraklion, sede in cui voi continuate ad accordare i crediti.

Abbiamo preso un'iniziativa per ottenere che siano applicate nuove tariffe sulle linee per l'Italia, differenziate a seconda che il pagamento sia effettuato in contanti o con un assegno a due mesi.

Il problema è che dobbiamo ottenere il consenso di sedici compagnie. Tuttavia, siamo ottimisti. (...)».

325.
    Tale documento allude a una problematica particolare consistente nella prassi sempre più diffusa dei clienti delle compagnie di pagare con assegni a scadenza e non in contanti, nonché ad un'iniziativa per ottenere che fossero applicate nuove tariffe sulle linee per l'Italia, differenziate a seconda che il pagamento fosse effettuato in contanti o con un assegno a due mesi. L'espressione «[a]bbiamo preso un'iniziativa» dimostra il ruolo assunto dall'agente della ricorrente come capofila delle iniziative ovvero d'istigatore, benché il documento non precisi a sufficienza quali altre compagnie fossero state interessate dalle iniziative dell'ETA.

326.
    Da tali considerazioni risulta che la Commissione ha dimostrato adeguatamente che la ricorrente ha svolto un ruolo importante nello sviluppo dei fatti sanzionati e correttamente qualificati come intesa.

327.
    Infine, vanno disattesi gli argomenti svolti dalla ricorrente riguardo al valore delle prove documentali dirette. In primo luogo, il fatto che prima del 1987 il traghettamento sulle linee Grecia-Italia fosse dominato da altre società, quali la Karageorgis, la Strintzis, la HLM, l'Adriatica o la Ventouris Ferries, si rivela irrilevante dato che l'infrazione accertata dalla Commissione è iniziata solo nel 1987. In secondo luogo, che fosse prassi corrente in Grecia fissare le tariffe nazionali previa consultazione di tutti gli operatori nazionali è senza importanza ai fini della dimostrazione del ruolo realmente svolto dalla ricorrente. Tale affermazione andrebbe compresa piuttosto nel senso inverso di quello voluto dalla ricorrente se risultasse vero che questa figurava tra le principali imprese operanti sulle linee nazionali greche.

328.
    Gli argomenti relativi all'errata ascrizione dei comportamenti dell'ETA alla ricorrente non possono essere accolti, come si è visto sopra in sede di esame del secondo motivo.

329.
    Di conseguenza, la ricorrente non può validamente criticare il fatto che la Commissione abbia ritenuto che essa fosse l'istigatrice dell'intesa e che il suo ruolo fosse molto rilevante rispetto a quello delle altre imprese, incluse la Strintzis e la Karageorgis.

330.
    Infine, la ricorrente non può neppure sostenere che la Commissione abbia violato il principio della parità di trattamento nel determinare l'importo delle ammende.

331.
    Innanzi tutto, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, non è vero che la Commissione abbia completamente ignorato che anche altre imprese, e cioè la Strintzis e la Karageorgis, avevano assunto diverse iniziative nell'ambito dell'accordo di fissazione dei prezzi. E' sufficiente rilevare che tali due imprese non figurano tra quelle che hanno fruito (‘considerando’ 164 della Decisione) di una riduzione delle ammende nella misura del 15% per aver svolto esclusivamente un ruolo di «imitazione gregaria» nell'infrazione.

332.
    Successivamente, essendo stato dimostrato il ruolo principale avuto dalla ricorrente nell'infrazione, occorre respingere l'argomento vertente sul fatto che la Decisione le addebita di aver cercato di estendere la collaborazione alle compagnie operanti sulle linee meridionali malgrado essa non sia mai stata presente su tali linee, a differenza della Strintzis, la quale avrebbe anch'essa esercito una nave sulla linea di Brindisi negli anni 1989, 1990 e 1991. Va precisato a tale riguardo che la Commissione non le ha addebitato sic et simpliciter l'aver cercato la collaborazione delle compagnie operanti sulle linee meridionali, ma ha tenuto conto, più in generale, del fatto che parecchi documenti comprovavano che la ricorrente aveva cercato più volte, in contesti e su linee differenti e in momenti differenti, di ampliare la collaborazione delle imprese.

333.
    La ricorrente non può neppure sostenere di essere stata discriminata nella valutazione delle circostanze aggravanti rispetto alla Karageorgis. I ‘considerando’ 18, 21 e 33 della Decisione richiamati dalla ricorrente, anche se mettono in evidenza che la Karageorgis ha partecipato all'intesa e che vi ha partecipato in maniera attiva rispondendo ai telex della ricorrente per confermare il proprio accordo alle nuove tariffe, non dimostrano affatto ch'essa abbia istigato e promosso iniziative come ha fatto la ricorrente.

334.
    Infine, occorre rilevare con la Commissione che, anche ammettendo che la Strintzis e la Karageorgis abbiano svolto anch'esse un ruolo di primo piano nelle intese e che a torto, quindi, la Commissione non abbia inflitto loro la medesima maggiorazione dell'ammenda, l'osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri (sentenza Mayr-Melnhof/Commissione, cit., punti 334 e 335).

2. Quanto al tentativo di ostacolare gli accertamenti della Commissione

335.
    Risulta dai ‘considerando’ 160 e 161 della Decisione che la Commissione ha maggiorato del 10% l'ammenda della ricorrente perché quest'ultima avrebbe tentato di ostacolare i suoi accertamenti. Dopo che le parti hanno ricevuto dalla Commissione la richiesta di informazioni, la ricorrente avrebbe proposto, nel novembre 1992, che ciascuna compagnia applicasse prezzi differenziati riducendo la sua tariffa dell'1% per quattro categorie di cabine, il che costituirebbe, secondo la Commissione, un tentativo di intralciare i suoi accertamenti.

336.
    Al ‘considerando’ 34 della Decisione, la Commissione espone che nel novembre 1992 la ricorrente, dopo aver ricevuto una richiesta d'informazioni della Commissione stessa riguardo ai prezzi praticati sulle linee tra la Grecia e l'Italia, ha inviato un telex all'Anek, alla Karageorgis e alla Strintzis in cui afferma: «Data la situazione delicata provocata dalla richiesta della Commissione di conoscere le nostre tariffe sulle linee che collegano la Grecia e l'Italia e in seguito a scambi di opinione verbali, proponiamo quanto segue: delle 17 categorie del nostro listino la categoria “ponte” non dovrebbe essere presa in considerazione, poiché rispetto a questa desideriamo che nessuno di noi offra un prezzo più basso; per quanto riguarda le altre 16, ogni compagnia dovrebbe prendere quattro categorie (scelte dal sig. Sakellis) [Strintzis] e ridurne la tariffa dell'1%». Si legge pure che la ricorrente ha inviato all'Anek una copia della sua risposta alla suddetta richiesta di informazioni.

337.
    Detto ‘considerando’ della Decisione menziona un telex inviato il 6 novembre 1992 dalla Minoan all'Anek, alla Karageorgis e alla Strintzis e firmato dal sig. Sfinias (allegato 31 al controricorso), la cui esistenza e rispondenza al vero non sono messe in discussione dalla ricorrente. Quest'ultima sostiene, tuttavia, che la proposta di cui trattasi non era sua, bensì dell'ETA, e precisa di non aver impartito direttive o istruzioni e di non essere stata informata di tale azione, né di averla approvata. Il contenuto del detto telex dimostra chiaramente che a buon diritto la Commissione ha stimato che la ricorrente si è adoperata per ostacolare le indagini della Commissione.

338.
    Del pari, la ricorrente non nega di avere informato le altre società delle sue risposte alla richiesta d'informazioni della Commissione, iniziativa che, nel caso di specie e in particolare alla luce del telex 6 novembre 1992, poteva essere interpretata come finalizzata ad intralciare gli accertamenti della Commissione.

339.
    Tutto ciò considerato, occorre respingere interamente la terza parte del motivo in esame.

D - Quanto alla quarta parte, relativa a un'errata valutazione delle circostanze attenuanti

Argomenti delle parti

340.
    La ricorrente rimprovera alla Commissione di averle riconosciuto unicamente le circostanze attenuanti di cui ai ‘considerando’ 162, 163 e 169 della Decisione, mentre essa ritiene di poter legittimamente far valere tutte le circostanze attenuanti elencate negli orientamenti.

341.
    Più precisamente, essa sostiene di aver svolto un ruolo passivo, dal momento che non le può essere imputata nessuna delle iniziative dell'ETA, e di non aver in realtà applicato gli accordi, come riconosce la Decisione. La ricorrente fa valere inoltre che, subito dopo gli accertamenti del 5 e del 6 luglio 1994, ha indirizzato all'ETA istruzioni e avvertimenti rigorosissimi relativi al suo operato. Essa sarebbe stata convinta che il suo comportamento non fosse illegittimo e che mirasse, anzi, a conformarsi al contesto legislativo e regolamentare nonché alla politica del Ministero della Marina mercantile, il che andrebbe al di là dell'esistenza di un dubbio ragionevole sull'illegittimità della pratica restrittiva della concorrenza. Essa sostiene che ogni infrazione che potrebbe eventualmente esserle addebitata si spiega non già con la negligenza, bensì semplicemente con la completa ignoranza dell'illegittimità del suo comportamento. Infine, la ricorrente asserisce di avere collaborato fattivamente con la Commissione fin dall'inizio e di aver fornito tutte le informazioni e precisazioni necessarie su tutti gli aspetti del caso oggetto delle indagini di detta istituzione.

342.
    In definitiva, il mancato riconoscimento di tali circostanze attenuanti costituirebbe un'infrazione al principio di proporzionalità e una discriminazione rispetto alle altre imprese che hanno beneficiato di un maggior numero di circostanze attenuanti. In particolare, essa sostiene che l'Anek non ha contribuito affatto a far luce sul caso, dato che molto prima dell'invio del memorandum dell'Anek alla Commissione la ricorrente (come altre società) aveva riferito e illustrato alla detta istituzione tutte le trattative fra le società e si era messa a sua disposizione per ogni ulteriore informazione.

343.
    La ricorrente ne conclude che, stando così le cose, il tasso di riduzione dell'ammenda che le è stata applicato (35%) è particolarmente basso in confronto a quello applicato alla Marlines, all'Adriatica e alla Ventouris (45%) e all'Anek (70%) e in considerazione del fatto che tale riduzione è stata in sostanza annullata dal precedente aumento del 35% dell'importo di base applicato nei suoi confronti per asserite circostanze aggravanti.

344.
    La Commissione contesta le affermazioni della ricorrente secondo cui anche altre circostanze attenuanti giocano in suo favore e ricorda che le circostanze attenuanti di cui ha tenuto conto sono illustrate in maniera particolareggiata ai ‘considerando’ 162-169 della Decisione.

Giudizio del Tribunale

345.
    Dagli orientamenti (punto 3) risulta che la Commissione può ridurre l'importo di base tenendo conto, segnatamente, delle seguenti circostanze attenuanti: ruolo esclusivamente passivo o emulativo dell'impresa nella realizzazione dell'infrazione; non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite; cessazione delle attività illecite sin dai primi interventi della Commissione (in particolare nella fase degli accertamenti); esistenza di un dubbio ragionevole dell'impresa circa il carattere d'infrazione del comportamento restrittivo della concorrenza; infrazioni commesse per negligenza e non intenzionalmente; nonché collaborazione effettiva dell'impresa nel corso del procedimento, al di là del campo di applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende.

346.
    Dai ‘considerando’ 162-164 della Decisione emerge che la Commissione ha tenuto conto di parecchie circostanze attenuanti a favore delle imprese destinatarie.

347.
    In primo luogo (‘considerando’ 163 della Decisione), la Commissione ha considerato che la prassi corrente di fissare le tariffe nazionali in Grecia previa consultazione di tutti gli operatori nazionali e la successiva decisione del Ministero della Marina mercantile possono aver indotto le compagnie greche che operano anche sulle linee nazionali a dubitare che la consultazione per la fissazione dei prezzi sulle linee internazionali costituisse realmente un'infrazione. Queste considerazioni hanno giustificato una riduzione delle ammende del 15% per tutte le compagnie.

348.
    In secondo luogo (‘considerando’ 164 della Decisione), la Commissione ha tenuto conto del fatto che le compagnie Marlines, Adriatica, Anek e Ventouris Ferries hanno avuto nell'infrazione un ruolo consistente esclusivamente in un'«imitazione gregaria» e ha ritenuto che tale circostanza giustificasse una riduzione delle ammende del 15% per tutt'e quattro le compagnie.

349.
    Da ultimo, occorre ricordare che al ‘considerando’ 169 della Decisione la Commissione ha rilevato che è stata applicata una riduzione del 20% delle ammende a tutte le compagnie, compresa la ricorrente, poiché esse non hanno contestato i fatti esposti nella comunicazione degli addebiti della Commissione. Tale riduzione è stata pari al 45% per l'Anek la quale, in più, prima che la Commissione inviasse la comunicazione degli addebiti, aveva prodotto documenti che hanno confermato in notevolissima misura la sussistenza dell'infrazione di cui trattasi.

350.
    La ricorrente non può lamentare che la Commissione non le abbia riconosciuto tutte le circostanze attenuanti elencate negli orientamenti.

351.
    Innanzi tutto, come è stato osservato, infondatamente essa asserisce di aver svolto un ruolo passivo, visto che i comportamenti dell'ETA le sono stati imputati a buon diritto.

352.
    Secondariamente, riguardo alla mancata applicazione degli accordi, è sufficiente ricordare che tale circostanza è stata presa in considerazione dalla Commissione nel valutare la gravità dell'infrazione, cioè nel determinare l'importo di base principale indicato espressamente al ‘considerando’ 162 della Decisione.

353.
    Essa non può neppure rimproverare alla Commissione di non aver applicato un'ulteriore diminuzione a titolo di un'asserita ignoranza assoluta dell'illegittimità del proprio comportamento, dal momento che la confusione creata dal contesto legislativo e dalla politica delle autorità elleniche in materia di traffico interno è stata debitamente presa in considerazione e che le imprese hanno fruito di una riduzione del 15% (‘considerando’ 163 della Decisione).

354.
    Per quanto concerne l'asserita collaborazione fattiva con la Commissione fin dall'inizio e l'aver fornito tutte le informazioni e precisazioni necessarie su ogni aspetto del caso, la Commissione non può essere fondatamente criticata per non aver riconosciuto più esplicitamente siffatta cooperazione, in quanto essa ha accordato altresì una riduzione del 20% per mancata contestazione della materialità dei fatti.

355.
    Infine, la ricorrente non può sostenere che è stata discriminata rispetto all'Anek e che meritava la medesima riduzione accordata a quest'ultima. Spetta alla sola Commissione decidere in quale misura la collaborazione delle imprese le sia stata utile nello svolgimento dei suoi compiti. La ricorrente non nega che l'Anek ha prodotto documenti specifici attestanti ch'essa ammetteva espressamente i fatti. Una collaborazione di questa misura non può essere messa sullo stesso piano della mera mancata contestazione dei fatti esposti nella comunicazione degli addebiti. Orbene, occorre ricordare che la ricorrente ha comunque fruito della riduzione del 20% per non aver contestato la materialità dei fatti.

III - Sulla domanda diretta a far modificare, aumentandolo, l'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente

356.
    La Commissione fa notare che nel ricorso la ricorrente mette più volte in dubbio i fatti su cui poggia la Decisione e chiede che il Tribunale, nell'esercizio della sua competenza anche di merito ex art. 229 CE, aumenti del 20% l'ammenda inflitta alla ricorrente (cioè la privi del beneficio della riduzione del 20% di cui ha fruito grazie alla sua collaborazione).

357.
    Tuttavia, questa domanda non può essere accolta. Infatti, il Tribunale ha statuito nella sentenza 28 febbraio 2002, causa T-354/94, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (Racc. pag. II-843), su rinvio della Corte a seguito d'impugnazione, che «il rischio che un'impresa che si è avvalsa di una riduzione dell'ammenda come corrispettivo della propria cooperazione presenti successivamente ricorso d'annullamento contro la decisione che ha constatato l'infrazione alle regole della concorrenza e ha sanzionato l'impresa responsabile a tale titolo, e risulti vittoriosa dinanzi al Tribunale di primo grado o dinanzi alla Corte in sede di impugnazione, è una conseguenza normale dell'esperimento dei mezzi di ricorso previsti dal Trattato e dallo Statuto [della Corte di giustizia]. Pertanto, il mero fatto che l'impresa che ha cooperato con la Commissione e fruito di una riduzione dell'ammenda a tale titolo sia risultata vittoriosa non può giustificare una nuova valutazione della portata della riduzione concessale» (punto 85).

358.
    Di conseguenza, il solo fatto che l'impresa che ha collaborato con la Commissione non contestando la materialità dei fatti e ha fruito per questo di una riduzione dell'importo dell'ammenda inflittale abbia adito il Tribunale per sentirsi dichiarare vittoriosa non può giustificare una nuova valutazione dell'entità della riduzione che le è stata concessa.

359.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere la quarta parte del motivo in esame.

360.
    Ne deriva che il ricorso dev'essere interamente respinto.

Sulle spese

361.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Cooke
García-Valdecasas
Lindh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'11 dicembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh

Indice

    Fatti all'origine del ricorso

II - 2

    Procedimento e conclusioni delle parti

II - 4

    In diritto

II - 5

        I - Sulla domanda di annullamento della Decisione

II - 5

            Sul primo motivo, vertente sull'illegittimità del controllo effettuato negli uffici dell'ETA

II - 5

                Argomenti delle parti

II - 5

                Giudizio del Tribunale

II - 11

                    A - Poteri di accertamento della Commissione

II - 11

                    B - Quanto alla fondatezza del motivo

II - 15

                    1. Fatti pertinenti e non contestati dalle parti

II - 15

                    2. Quanto al rispetto, nella fattispecie, dei principi cui la Commissione deve informare l'esercizio dei suoi poteri di accertamento

II - 17

                    3. Quanto al rispetto dei diritti della difesa e alla non eccessiva ingerenza dell'autorità pubblica nella sfera d'attività dell'ETA

II - 21

                    C - Conclusione

II - 22

            Sul secondo motivo, vertente su un'errata imputazione alla ricorrente delle azioni e delle iniziative dell'ETA

II - 23

                Argomenti delle parti

II - 23

                Giudizio del Tribunale

II - 27

                    A - Considerazioni preliminari

II - 27

                    B - Quanto all'imputazione di responsabilità nei rapporti tra committente e agente

II - 28

                    C - Quanto ai contratti di gestione

II - 29

                    D - Conclusione

II - 36

            Sul terzo motivo, dedotto in subordine e vertente su un'errata qualificazione dei fatti di specie come accordi vietati ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato

II - 37

                A - Quanto alla prima parte, relativa a un'errata applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto le imprese non disponevano della necessaria autonomia, essendo il loro comportamento dettato dal contesto legislativo e dalle sollecitazioni delle autorità elleniche

II - 37

                    Argomenti delle parti

II - 37

                    Giudizio del Tribunale

II - 43

                B - Quanto alla seconda parte, relativa a un'errata qualificazione dei contatti tra le imprese incriminate come accordi illeciti ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato

II - 51

                    Argomenti delle parti

II - 51

                    Giudizio del Tribunale

II - 52

                    A - Considerazioni generali

II - 52

                    B - Quanto alla prova dell'intesa sanzionata nella fattispecie

II - 54

                    C - Quanto alle prove addotte dalla Commissione contro la ricorrente

II - 57

                    1. Prove relative agli anni 1987, 1988 e 1989 (‘considerando’ 9-12 della Decisione)

II - 57

                    2. Prove relative all'anno 1990 (‘considerando’ 13-20 della Decisione)

II - 58

                    3. Prove relative all'anno 1991

II - 60

                    4. Prove relative all'anno 1992 (‘considerando’ 24-29 della Decisione)

II - 61

                    5. Prove relative all'anno 1993

II - 64

                    6. Prove relative all'anno 1994

II - 65

        II - Sulla domanda di annullamento o di riduzione dell'ammenda

II - 67

            A - Quanto alla prima parte, relativa a un'errata valutazione della gravità dell'infrazione

II - 67

                Argomenti delle parti

II - 67

                Giudizio del Tribunale

II - 69

                    1. Considerazioni generali

II - 69

                    2. Quanto alla fondatezza della parte di motivo in esame

II - 71

            B - Quanto alla seconda parte, relativa a un'errata valutazione della durata dell'infrazione

II - 72

                Argomenti delle parti

II - 72

                Giudizio del Tribunale

II - 73

            C - Quanto alla terza parte, relativa a un'errata valutazione delle circostanze aggravanti

II - 75

                Argomenti delle parti

II - 75

                Giudizio del Tribunale

II - 77

                    1. Quanto al ruolo d'istigatrice dell'intesa

II - 77

                    2. Quanto al tentativo di ostacolare gli accertamenti della Commissione

II - 81

            D - Quanto alla quarta parte, relativa a un'errata valutazione delle circostanze attenuanti

II - 82

                Argomenti delle parti

II - 82

                Giudizio del Tribunale

II - 83

        III - Sulla domanda diretta a far modificare, aumentandolo, l'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente

II - 85

    Sulle spese

II - 86


1: Lingua processuale: il greco.