Language of document : ECLI:EU:C:2015:460

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 9 luglio 2015 (1)

Causa C‑157/14

Neptune Distribution

contro

Ministre de l’Économie et des Finances

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«Rinvio pregiudiziale per l’interpretazione e l’esame di validità – Tutela del consumatore – Regolamento (CE) n. 1924/2006 – Indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari – Acque minerali naturali – Base di calcolo del “valore equivalente di sale” della quantità di sodio presente in un prodotto alimentare – Calcolo del solo contenuto di cloruro di sodio (sale da tavola) oppure della quantità totale di sodio – Direttive 2000/13/CE e 2009/54/CE – Etichettatura dei prodotti alimentari e relativa pubblicità – Commercializzazione di acque minerali naturali – Divieto di usare la menzione “a basso contenuto di sale” – Articolo 6 TUE – Articoli 11 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Libertà di espressione e d’informazione – Libertà d’impresa»





I –    Introduzione

1.        La presente causa fa seguito a un ricorso in sede contenziosa, proposto in Francia, dalla Neptune Distribution, per ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione amministrativa che le ha ingiunto di rimuovere varie menzioni dall’etichettatura e dalla pubblicità delle acque minerali naturali che la stessa commercializza – menzioni che tendono a far credere ai consumatori che tali acque abbiano un basso contenuto di sale o di sodio – nonché, dall’altro, della decisione ministeriale che ha respinto il ricorso gerarchico che la suddetta società aveva proposto avverso la prima decisione. Il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), investito di un ricorso nell’ambito di tale controversia, sottopone alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale basata su due diversi fondamenti.

2.        In primo luogo, il giudice del rinvio chiede un’interpretazione dell’allegato del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (2), questione questa che è inedita (3).

3.        Tale allegato contiene, in particolare, alcune disposizioni che prevedono che le indicazioni nutrizionali secondo cui un prodotto alimentare è «a basso contenuto di sodio/sale» o «a bassissimo contenuto di sodio/sale» siano consentite solo se il prodotto contiene non più di una data quantità di sodio o del «valore equivalente di sale» di tale quantità. Si chiede alla Corte di chiarire se quest’ultima nozione debba intendersi nel senso che, nel calcolo del predetto valore equivalente di sale, si debba prendere in considerazione solo il contenuto di cloruro di sodio, comunemente noto come sale da tavola, oppure il contenuto totale di sodio (4) presente in un prodotto alimentare, senza fare in quest’ultimo caso alcuna distinzione in funzione della forma in cui si presenta tale minerale.

4.        Tuttavia, la questione che si pone in via preliminare, a tal riguardo, sarà di stabilire se le citate disposizioni del regolamento n. 1924/2006 siano davvero applicabili qualora i «prodotti alimentari» interessati siano acque minerali naturali, come nel procedimento principale. Mi sembra che ciò non valga per quanto riguarda la prima di dette indicazioni nutrizionali, dal momento che esiste una normativa specifica del diritto dell’Unione applicabile in via prioritaria alla commercializzazione di tali acque.

5.        In secondo luogo, il Conseil d’État chiede alla Corte di pronunciarsi sulla validità delle disposizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (5), e delle disposizioni di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (6), nonché dell’allegato III di quest’ultima, lette alla luce dell’allegato del suddetto regolamento n. 1924/2006. Preciso fin d’ora che nutro seri dubbi circa l’adeguatezza della domanda così formulata.

6.        Tale questione è sottoposta dal giudice del rinvio in quanto la Neptune Distribution sostiene che, dal momento che le proibiscono di mettere in evidenza una caratteristica della composizione dei propri prodotti che sarebbe tuttavia esatta, le suddette disposizioni del diritto derivato dell’Unione violerebbero sia la libertà di espressione e d’informazione sia la libertà d’impresa, garantite dal combinato disposto di cui agli articoli 11, paragrafo 1, e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e all’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, nonché dall’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Tuttavia, mi sembra infondato invocare tali libertà fondamentali in un settore molto tecnico e specifico come quello disciplinato dalle disposizioni di cui trattasi.

II – Il contesto normativo

7.        È opportuno precisare, in via preliminare, che il regolamento (UE) n. 1169/2011, il quale, in particolare, modifica il regolamento n. 1924/2006 e abroga la direttiva 2000/13 (7), è in vigore, salvo disposizioni contrarie, dal 13 dicembre 2014, ma non è applicabile alla controversia principale ratione temporis, ai sensi degli articoli 54 e 55 dello stesso.

A –    Il regolamento n. 1924/2006

8.        L’articolo 1, paragrafi 1 e 5, del regolamento n. 1924/2006, rubricato «Oggetto e ambito di applicazione», enuncia, da un lato, che tale strumento «armonizza le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri concernenti le indicazioni nutrizionali e sulla salute, al fine di garantire l’efficace funzionamento del mercato interno e al tempo stesso un elevato livello di tutela dei consumatori» e, dall’altro, che esso «si applica fatte salve [talune] disposizioni comunitarie», fra cui quelle della direttiva 80/777, che è stata sostituita dalla direttiva 2009/54 (8).

9.        L’articolo 2, paragrafo 2, punti 4 e 5, di tale regolamento dispone che bisogna intendere per:

«4)       “indicazione nutrizionale”: qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche dovute

(...)

b)      [in particolare] alle sostanze nutritive o di altro tipo che:

i)      contiene,

ii)      contiene in proporzioni ridotte o accresciute, o

iii)      non contiene;

5)      “indicazioni sulla salute”: qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra una categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute».

10.      L’articolo 8, paragrafo 1, di tale regolamento stabilisce che «[l]e indicazioni nutrizionali sono consentite solo se elencate nell’allegato e conformi alle condizioni stabilite dal presente regolamento».

11.      L’allegato del regolamento n. 1924/2006, rubricato «Indicazioni nutrizionali e relative condizioni di applicazione», definisce i limiti al di sotto dei quali sono consentite le seguenti indicazioni:

«A BASSO CONTENUTO DI SODIO/SALE

L’indicazione che un alimento è a basso contenuto di sodio/sale e ogni altra indicazione che può avere lo stesso significato per il consumatore sono consentite solo se il prodotto contiene non più di 0,12 g di sodio, o un valore equivalente di sale, per 100 g o 100 ml. Per le acque diverse dalle acque minerali naturali che rientrano nel campo di applicazione della direttiva [2009/54], questo valore non deve superare 2 mg di sodio per 100 ml.

A BASSISSIMO CONTENUTO DI SODIO/SALE

L’indicazione che un alimento è a bassissimo contenuto di sodio/sale e ogni altra indicazione che può avere lo stesso significato per il consumatore sono consentite solo se il prodotto contiene non più di 0,04 g di sodio, o un valore equivalente di sale, per 100 g o 100 ml. Tale indicazione non è utilizzata per le acque minerali naturali o per altre acque».

B –    La direttiva 2000/13

12.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2000/13, relativa all’etichettatura, alla presentazione e alla pubblicità dei prodotti alimentari:

«1.       L’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono:

a)      essere tali da indurre in errore l’acquirente, specialmente:

i)      per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare (…) le qualità, la composizione (...);

ii)      attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;

iii)      suggerendogli che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;

b)      fatte salve le disposizioni comunitarie applicabili alle acque minerali naturali e ai prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare, attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà.

(...)

3.      I divieti o le limitazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 valgono anche per:

a)      la presentazione dei prodotti alimentari (…)

b)      la pubblicità [(9)]».

C –    La direttiva 2009/54

13.      Il considerando 8 della direttiva 2009/54, relativa alla commercializzazione delle acque minerali naturali, dispone che tali acque «sono soggette, per quanto riguarda l’etichettatura, alle norme generali fissate dalla direttiva [2000/13]. La presente direttiva può quindi limitarsi ad adottare i completamenti e le deroghe che è opportuno apportare a dette norme generali».

14.      L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva così dispone:

«1.       È vietato l’uso, sia sulle confezioni o etichette, sia nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, di indicazioni (…) che:

a)      per quanto riguarda le acque minerali naturali, evochino caratteristiche non possedute dalle acque (...);

(...)

2.       Sono vietate tutte le indicazioni che attribuiscono a un’acqua minerale naturale proprietà per la prevenzione, la cura o la guarigione di una malattia umana.

Sono tuttavia autorizzate le menzioni di cui all’allegato III a condizione che siano rispettati i criteri corrispondenti ivi fissati o, qualora non ve ne siano, i criteri fissati dalle legislazioni nazionali e purché siano state stabilite sulla base di analisi fisico-chimiche e, se necessario, di esami farmacologici, fisiologici e clinici effettuati secondo metodi scientificamente sperimentati, conformemente alle disposizioni dell’allegato I, parte I, punto 2.

Gli Stati membri possono (…) autorizzare altre menzioni purché non siano in contrasto con i principi di cui al primo comma e siano compatibili con i principi di cui al secondo comma».

15.      Nell’allegato III della direttiva 2009/54, rubricato «Menzioni e criteri previsti all’articolo 9, paragrafo 2», la menzione «indicata per le diete povere di sodio» è associata al seguente criterio: «tenore di sodio inferiore a 20 mg/l».

III – La controversia principale, le questioni pregiudiziali e il procedimento dinanzi alla Corte.

16.      Con provvedimento del 5 febbraio 2009, la direction régionale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes d’Auvergne [direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi dell’Alvernia] (Francia) ha ingiunto alla società Neptune Distribution, che si occupa della vendita e della distribuzione delle acque minerali naturali frizzanti «Saint Yorre» e «Vichy Célestins», di rimuovere dalle etichette e dalla pubblicità delle suddette acque le menzioni seguenti:

–        «Il sodio della St Yorre è sostanzialmente bicarbonato di sodio. La St Yorre contiene soltanto lo 0,53 g di sale (o cloruro di sodio) per litro, ossia meno che in un litro di latte!!!» e

–        «Non bisogna confondere sale e sodio – il sodio della Vichy Célestins è sostanzialmente quello apportato dal bicarbonato di sodio. In particolare, non va confuso con il sale da tavola (cloruro di sodio). La Vichy Célestins contiene solo lo 0,39 g di sale per litro, ossia da 2 a 3 volte meno che in un litro di latte!», nonché,

–        in via generale, qualsiasi menzione volta a far credere che le acque di cui trattasi hanno un basso o bassissimo contenuto di sale o di sodio.

17.      Con decisione del 25 agosto 2009, il Ministre de l’Économie, de l’Industrie et de l’Emploi (Ministro francese dell’Economia, dell’Industria e del Lavoro) ha respinto il ricorso gerarchico presentato dalla Neptune Distribution avverso la suddetta ingiunzione.

18.      Con sentenza del 27 maggio 2010 il Tribunal administratif di Clermont‑Ferrand (Tribunale amministrativo di Clermont-Ferrand) ha respinto il ricorso contenzioso della Neptune Distribution volto ad annullare per eccesso di potere sia l’ingiunzione del 5 febbraio 2009 sia la conseguente decisione ministeriale. La Cour administrative d’appel de Lyon (Corte d’appello amministrativa di Lione) ha confermato tale decisione con sentenza del 9 giugno 2011. La Neptune Distribution ha impugnato tale sentenza dinanzi al Conseil d’État.

19.      Tenuto conto dei motivi aventi ad oggetto disposizioni del diritto dell’Unione che sono stati sollevati nell’ambito di tale impugnazione, con decisione del 26 marzo 2014, depositata presso la cancelleria della Corte il 4 aprile 2014, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la base di calcolo dell’“equivalente di sale” della quantità di sodio presente in un prodotto alimentare, ai sensi dell’allegato al regolamento (CE) n. 1924/2006, sia costituita unicamente dalla quantità di sodio che, associata a ioni di cloruro, forma cloruro di sodio, ovvero sale da tavola, oppure comprenda la quantità complessiva di sodio contenuto nel prodotto, in qualunque forma.

2)      Nel secondo caso, se le disposizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE e all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54/CE, in combinato disposto con l’allegato III alla suddetta direttiva, lette alla luce del rapporto di equivalenza stabilito tra il sodio e il sale nell’allegato al regolamento (CE) n. 1924/2006, vietando a un distributore di acqua minerale di far figurare sulle sue etichette e sui suoi messaggi pubblicitari qualsiasi indicazione relativa al basso contenuto di sale che potrebbe essere quello del suo prodotto, peraltro ricco di bicarbonato di sodio, in quanto tale indicazione potrebbe indurre l’acquirente in errore circa il contenuto complessivo di sodio dell’acqua, violino l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, [TUE], in combinato disposto con l’articolo 11, paragrafo 1 (libertà di espressione e di informazione) e l’articolo 16 (libertà di impresa) della [Carta], nonché l’articolo 10 della [CEDU]».

20.      La Neptune Distribution, i governi francese, ellenico ed italiano nonché il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza tenutasi il 26 febbraio 2015 soltanto il governo italiano non è stato rappresentato.

IV – Analisi

A –    Sull’interpretazione dell’allegato del regolamento n. 1924/2006 (prima questione)

21.      La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte, innanzitutto, sull’interpretazione di una nozione, ossia il «valore equivalente di sale» della quantità di sodio presente in un prodotto alimentare, che figura nell’allegato del regolamento n. 1924/2006, nell’ambito delle suddette indicazioni nutrizionali «a basso contenuto di sodio/sale» e «a bassissimo contenuto di sodio/sale» (10). Si chiede per la prima volta alla Corte se detta nozione vada interpretata nel senso che tale atto prende come base di calcolo del «valore equivalente di sale» soltanto la quantità di sodio che – per associazione con ioni di cloruro – può costituire il cloruro di sodio (cosiddetto «sale da tavola»), oppure la quantità totale di sodio – in qualunque forma – contenuta nell’alimento interessato.

22.      A sostegno della prima delle suddette opzioni, favorita dalla Neptune Distribution, il giudice del rinvio rileva che, «nella misura in cui di solito il sodio si trova in natura solo se associato ad altri elementi chimici», sarebbe possibile ritenere che il suddetto allegato imponga di prendere in considerazione soltanto la quantità di sodio che forma il cloruro di sodio (11). Egli osserva altresì che, se invece la Corte accogliesse la seconda opzione, come sostenuto dall’amministrazione francese, un’acqua ricca di bicarbonato di sodio potrebbe non essere qualificata come «a basso contenuto di sodio/sale», ai sensi dell’allegato del regolamento n. 1924/2006, anche qualora avesse un contenuto basso o bassissimo di cloruro di sodio (12).

23.      Ciò premesso, ritengo, in via preliminare, che si debba risolvere la questione dell’applicabilità, nel caso di specie, delle disposizioni del regolamento n. 1924/2006 e, in particolare, di quelle contenute nel suo allegato. Ritengo, al pari dei governi francese ed ellenico, che la direttiva 2009/54 istituisca un regime specifico per le menzioni che possono figurare sulle etichette e nella pubblicità di acque minerali naturali, da cui discende, a mio avviso, che l’utilizzo di indicazioni nutrizionali o sulla salute previste dal regolamento n. 1924/2006 è generalmente escluso per questa particolare categoria di prodotti alimentari (13). La Neptune Distribution e la Commissione sostengono, invece, che il regolamento n. 1924/2006 e la direttiva 2009/54 abbiano un carattere complementare per quanto riguarda le menzioni che possono essere utilizzate per le acque minerali naturali, ma detta tesi non mi convince pienamente, tenuto conto della formulazione e dell’articolazione degli atti del diritto dell’Unione pertinenti al caso di specie.

24.      Infatti, l’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1924/2006, che ha ad oggetto le indicazioni nutrizionali e sulla salute (14) sui prodotti alimentari in generale, esclude espressamente che detto regolamento si applichi in deroga alle disposizioni della direttiva 80/777, relativa alla commercializzazione delle acque minerali naturali, cui è stata sostituita la direttiva 2009/54 a decorrere dal 16 luglio 2009 (15).

25.      Inoltre, l’allegato di detto regolamento limita alle sole acque «diverse dalle acque minerali naturali che rientrano nel campo di applicazione della [direttiva 2009/54]» l’indicazione nutrizionale secondo cui un prodotto alimentare è «a basso contenuto di sodio/sale» di cui tale allegato consente l’utilizzo nel rispetto di talune condizioni. Mi sembra chiaro che qui il legislatore dell’Unione abbia voluto distinguere le acque minerali naturali, dal momento che costituiscono una categoria particolare di prodotti alimentari, rispetto alla quale la direttiva 2009/54 si applica in via prioritaria, se non esclusiva, nel settore coperto dalle disposizioni di quest’ultima (16).

26.      È vero che l’allegato del regolamento n. 1924/2006 contiene un divieto di utilizzare l’indicazione nutrizionale secondo cui un prodotto alimentare è «a bassissimo contenuto di sodio/sale» che vale sia per le acque minerali naturali sia per le altre acque. Ciò nondimeno, si tratta, a mio avviso, di un chiarimento che riguarda un tipo di menzione che non è affatto disciplinata dalla direttiva 2009/54. Tale disposizione speciale dell’allegato del suddetto regolamento può dunque applicarsi alle acque minerali naturali, che rientrano, per il resto, nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/54. Tuttavia, essa pone un divieto di utilizzare la suddetta indicazione, con riferimento alle acque minerali naturali e alle altre acque, che ha un carattere assoluto in quanto, come indica l’ultimo periodo di tale disposizione, il divieto opera indipendentemente dal criterio del «valore equivalente di sale» del sodio. Pertanto, la sua applicazione in una situazione come quella di cui al procedimento principale non dipende dall’interpretazione di detto criterio.

27.      Invece, per quanto riguarda la suddetta indicazione nutrizionale «a basso contenuto di sodio/sale», l’allegato del regolamento n. 1924/2006, che ne consente l’utilizzo, poteva entrare in conflitto sostanziale con l’allegato III alla direttiva 2009/54 che disciplina l’utilizzo della menzione «indicata per le diete povere di sodio», conflitto di norme che è stato risolto in favore di tale direttiva.

28.      Ne discende, a mio avviso, che le uniche indicazioni che possono permettere di dare atto della bassa quantità di sodio presente in un’acqua minerale naturale sono quelle previste dalla direttiva 2009/54, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, di tale direttiva, letto in combinato disposto con l’allegato III di quest’ultima. Orbene, la nozione di «valore equivalente di sale» di cui si chiede l’interpretazione nella prima questione pregiudiziale figura soltanto nel regolamento n. 1924/2006 e non nella suddetta direttiva (17), e neppure nella direttiva 2000/13 (18).

29.      Tuttavia preciso, ad ogni buon conto, che, per quanto riguarda l’interpretazione della nozione di «valore equivalente di sale» ai sensi dell’allegato di detto regolamento, condivido il punto di vista espresso dai governi francese, ellenico ed italiano nonché dalla Commissione (19), secondo cui la quantità totale di sodio presente in un prodotto alimentare è l’unica base rilevante per calcolare il «valore equivalente di sale» del sodio che detto alimento contiene.

30.      Infatti, il regolamento n. 1924/2006 e il suo allegato non operano alcuna distinzione fra le varie fonti del sodio presenti in un prodotto alimentare. In particolare, non fanno differenze in funzione dell’eventuale associazione del sodio con ioni di bicarbonato o ioni di cloruro. Nelle indicazioni nutrizionali di cui si tratta, il suddetto allegato stabilisce invece una correlazione diretta fra il contenuto massimo di «sodio» ammesso, indipendentemente dalla forma del sodio, e il «valore equivalente di sale» di detto contenuto di riferimento (20).

31.      Seguendo la medesima logica, il legislatore dell’Unione ha inteso evitare confusioni fra la nozione di sodio e quella di sale (o di cloruro di sodio) per quanto riguarda, in particolare, la commercializzazione delle acque minerali naturali, disciplinata dalla direttiva 2009/54 (21), e l’informazione sugli alimenti ai consumatori che rientra ormai nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1169/2011 (22).

32.      Tali argomenti di ordine letterale sono corroborati da considerazioni di ordine teleologico. Infatti, come ricordano il governo francese e la Commissione, il regolamento n. 1924/2006 ha lo scopo di assicurare sia la veridicità delle indicazioni nutrizionali e sulla salute, sia un elevato livello di tutela dei consumatori in questo settore (23). Orbene, a mio avviso, detti obiettivi possono essere pienamente raggiunti soltanto se, ai fini delle indicazioni nutrizionali autorizzate ai sensi del combinato disposto dell’articolo 8 di detto regolamento e del suo allegato, si tiene conto del contenuto totale di sodio presente in un prodotto alimentare e non soltanto di una parte di esso, sotto forma di cloruro di sodio.

33.      Infine, il Consiglio sottolinea correttamente che «il fatto di prendere in considerazione l’apporto globale di sodio, di qualsiasi origine, corrisponde ad una lunga prassi scientifica in seno agli organismi internazionali nel settore alimentare» (24). Il Parlamento aggiunge che, «con riguardo all’obiettivo di ridurre l’apporto di sodio, i documenti dell’OMS stabiliscono esplicitamente un’equivalenza fra il sale da tavola (cloruro di sodio) e le altre fonti di sodio, ivi compreso, fra gli altri, il bicarbonato di sodio» (25).

34.      Ritengo, pertanto, che la nozione di «valore equivalente di sale» ai sensi dell’allegato del regolamento n. 1924/2006 debba essere interpretata nel senso che si riferisce alla quantità totale di sodio contenuta in un prodotto alimentare, in qualsiasi forma, e non solamente al sodio che può essere associato a ioni di cloruro (cloruro di sodio, cosiddetto «sale da tavola»).

B –    Sulla valutazione della validità delle disposizioni della direttiva 2000/13 e della direttiva 2009/54 (seconda questione)

1.      Sul contenuto e sulla portata della questione sollevata

35.      La seconda questione pregiudiziale è proposta in via subordinata. Essa è formulata solo per l’ipotesi in cui, rispondendo alla prima questione, la Corte affermasse che si deve tener conto della quantità totale di sodio contenuta in un prodotto alimentare, indipendentemente dalla forma di detto minerale, per calcolare il contenuto del «valore equivalente di sale» del tasso massimo di sodio consentito per poter utilizzare le indicazioni nutrizionali «a basso contenuto di sodio/sale» e «a bassissimo contenuto di sodio/sale» previste dal regolamento n. 1924/2006.

36.      In sostanza, tale questione ha ad oggetto l’esame della validità di numerose disposizioni del diritto derivato dell’Unione, rispetto alle quali il giudice del rinvio dubita della compatibilità, da un lato, con l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, che ha attribuito valore vincolante alla Carta, dall’altro, con gli articoli 11, paragrafo 1, e 16 della Carta, relativi rispettivamente alla libertà di espressione e d’informazione ed alla libertà d’impresa (26), nonché con l’articolo 10 della CEDU, parimenti relativo alla libertà di espressione (27).

37.      Il giudice del rinvio indica che, nel caso in cui fosse accertato che, ai fini del calcolo del «valore equivalente di sale», si debba tenere conto di tutte le forme di sodio presenti in un prodotto alimentare, le disposizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13 e quelle di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54, in combinato disposto con l’allegato III di quest’ultima direttiva, «lette alla luce del rapporto di equivalenza stabilito tra il sodio e il sale nell’allegato del regolamento n. 1924/2006» (28), potrebbero comportare un’eccessiva restrizione delle suddette libertà.

38.      A tal riguardo, soltanto la Neptune Distribution sostiene che le disposizioni del diritto derivato dell’Unione, che sono altresì indicate nella seconda questione pregiudiziale, sono contrarie alle libertà fondamentali tutelate dagli articoli 11, 16 e 52 della Carta e dall’articolo 10 della CEDU in quanto, secondo l’interpretazione fornita dalla Cour administrative d’appel di Lione, dette disposizioni impediscono alla suddetta società di mettere in evidenza qualità del proprio prodotto tramite indicazioni sulla composizione dello stesso che sarebbero invece esatte (29). I governi francese, ellenico ed italiano nonché il Parlamento, il Consiglio e la Commissione ritengono, invece, che le disposizioni delle direttive 2000/13 e 2009/54 non violino l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, in combinato disposto con gli articoli 11, paragrafo 1, e 16 della Carta, e, quindi, che la validità di tali disposizioni non sia pregiudicata.

39.      Innanzitutto, mi interrogo sulla funzionalità della domanda di esame della validità così formulata dal giudice del rinvio. Infatti, mi sembra irragionevole ritenere che un’eventuale invalidità di tali disposizioni della direttiva 2000/13 e della direttiva 2009/54, che opera una rifusione della direttiva 80/777, possa derivare dal fatto che le disposizioni di un altro atto, cioè il regolamento n. 1924/2006, come interpretato dalla Corte, non operano una distinzione, nel caso di specie, per quanto riguarda la forma del sodio che deve essere presa in considerazione ai fini della quantità di tale nutriente in un prodotto alimentare. Mi sembra un caso eccezionale che la questione della validità di un atto del diritto dell’Unione sia, come nel caso di specie, sollevata in un contesto in cui l’eventuale incompatibilità con la Carta discenderebbe dall’effetto congiunto delle disposizioni di vari atti legislativi distinti. Inoltre, ricordo che la valutazione della validità di un atto cui la Corte procede nell’ambito di un rinvio pregiudiziale deve normalmente essere fondata sulla situazione, in fatto e in diritto, esistente al momento dell’adozione di tale atto (30).

40.      Peraltro, come rilevano il governo francese e il Consiglio, considerato l’oggetto della controversia principale (31), la portata della seconda questione pregiudiziale è definita in modo errato. Sarebbe, a mio avviso, opportuno circoscrivere l’esame di validità sottoposto alla Corte alle disposizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, e all’allegato III della direttiva 2009/54, la cui applicazione congiunta è l’unica che possa essere pertinente nel caso di specie (32). Poiché non sussiste alcun requisito particolare per quanto riguarda le menzioni relative alla composizione di sodio di un prodotto alimentare nell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13, che contiene soltanto norme «di carattere generale ed orizzontale» (33), la validità di quest’ultima disposizione non può essere inficiata dalle considerazioni esposte dal giudice del rinvio.

41.      Ritengo, quindi, che sia opportuno riformulare la seconda questione pregiudiziale. In ogni caso, ritengo che l’invalidità di atti di diritto derivato dell’Unione dedotta dalla Neptune Distribution in base ad un’asserita incompatibilità con alcune disposizioni della Carta non possa essere ammessa in un contesto come quello in questione (34), e ciò, in particolare, per i motivi che seguono.

2.      Sulla giustificazione e sulla proporzionalità delle restrizioni in questione

42.      Non vi è alcun dubbio che le disposizioni della direttiva 2009/54 in esame costituiscano una restrizione dei diritti fondamentali sanciti dagli articoli 11 e 16 della Carta, poiché limitano la possibilità, per le società che commercializzano acque minerali naturali, di decidere liberamente il contenuto delle indicazioni che utilizzano nei loro messaggi commerciali relativi a tali prodotti.

43.      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, la libertà d’impresa garantita dall’articolo 16 della Carta non costituisce una prerogativa assoluta ed il suo esercizio può, quindi, essere legittimamente limitato dal legislatore dell’Unione (35). Lo stesso vale per la libertà di espressione e d’informazione tutelata dall’articolo 11 della Carta (36). Tuttavia, dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta emerge, da un lato, che «[e]ventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà» e, dall’altro, che, «[n]el rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

44.      In primo luogo, mi sembra che, nel caso di specie, le restrizioni giuridiche che risultano dall’applicazione delle disposizioni qui considerate non incidano sul contenuto essenziale della libertà di espressione e d’informazione e della libertà d’impresa riconosciute, rispettivamente, agli articoli 11 e 16 della Carta. Se tali disposizioni hanno lo scopo di regolare e delimitare l’utilizzo di dette libertà, in particolare per quanto riguarda le menzioni relative al contenuto di sodio nell’etichettatura e nella pubblicità delle acque minerali, esse non sono tuttavia tali da «pregiudicare la stessa sostanza» di dette libertà (37), dal momento che le persone a cui tali norme sono applicabili conservano la facoltà di esprimersi e d’informare i consumatori nonché il diritto di esercitare la propria attività imprenditoriale nell’ambito che è definito in modo moderato dal diritto dell’Unione.

45.      In secondo luogo, ricordo che il principio di proporzionalità esige, secondo la giurisprudenza della Corte, che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (38).

46.      Per quanto riguarda le finalità delle disposizioni della direttiva 2009/54, rilevo, al pari dei governi e delle istituzioni che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, che le restrizioni che esse introducono rispondono all’«obiettivo prioritario di proteggere la salute del consumatore, evitare che i consumatori siano ingannati e assicurare la lealtà delle operazioni commerciali» (39). Orbene, la «protezione della salute umana» e la «protezione dei consumatori» ad un «livello elevato» sono obiettivi legittimi di interesse generale che l’Unione si prefigge di conseguire, come risulta da numerose disposizioni del Trattato FUE e dalla Carta (40).

47.      Per quanto riguarda la protezione della salute dei consumatori, il nesso fra tale obiettivo, sancito dall’articolo 35 della Carta, e l’adozione della direttiva 2009/54 emerge con tutta evidenza dalla formulazione delle disposizioni di quest’ultima, in particolare dal suddetto considerando 5, e dall’articolo 9, paragrafo 2, della stessa.

48.      A tal riguardo, il governo francese e la Commissione sottolineano che la menzione di un basso contenuto di sale (cloruro di sodio) nell’etichettatura e/o nella pubblicità di acque minerale naturali potrebbe essere percepita dagli acquirenti come un vantaggio nutrizionale, mentre invece una menzione siffatta omette di considerare il contenuto totale di sodio, malgrado i pareri scientifici che raccomandano di ridurre il consumo di sodio per motivi medici (41). La Neptune Distribution contesta invece il fatto che le norme del diritto derivato in questione non facciano alcuna distinzione fra, da un lato, il cloruro di sodio il cui consumo eccessivo sarebbe notoriamente nocivo per la salute e, dall’altro, il bicarbonato di sodio presente in alcune acque minerali. Dal canto suo, il giudice del rinvio ritiene che «sussista un serio dubbio circa l’equivalenza, in termini di rischi per la salute delle persone che soffrono di ipertensione e, più in generale, dei consumatori europei, fra il consumo di acque ricche di bicarbonato di sodio e di acque ricche di cloruro di sodio», in particolare alla luce di diversi pareri pronunciati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) (42).

49.      Ritengo, da un lato, che allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non sia possibile prendere una posizione definitiva quanto al carattere nocivo o meno, in particolare con riferimento all’ipertensione arteriosa, di un consumo abbondante di sodio sotto forma di bicarbonato o di cloruro (43). Pertanto, in forza del principio di precauzione (44), di cui il legislatore dell’Unione è obbligato a tenere conto (45), mi sembra appropriato vietare ai distributori di acque minerali naturali di far uso di un’indicazione che faccia leva su un basso contenuto di sale (cloruro di sodio), ma ometta l’apporto globale di sodio che può derivare dalla presenza, eventualmente abbondante, di bicarbonato di sodio in tali acque. Ritengo altresì che sia necessario non autorizzare detti distributori a indicare, come vorrebbe la Neptune Distribution, la differenza che esisterebbe fra le diverse forme di apporto di sodio nelle menzioni relative ai loro prodotti, poiché un’indicazione siffatta potrebbe indurre in errore i consumatori circa i possibili benefici per la loro salute derivanti dal consumo di sodio sotto forme diverse dal sale da tavola (46).

50.      D’altro lato, dalla sentenza Deutsches Weintor (47) emerge che, ancorché un’indicazione sia di per sé esatta, il suo divieto è legittimo qualora la stessa risulti incompleta. In tale causa la Corte, investita di una richiesta di esame della validità di disposizioni del regolamento n. 1924/2006, segnatamente alla luce dell’articolo 16 della Carta, ha ritenuto compatibili con l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE le suddette disposizioni che vietavano senza eccezioni a un produttore o a un distributore di vini di utilizzare un’indicazione sulla salute come quella di cui si trattava del procedimento principale (48), tenuto conto del suo carattere incompleto, anche se la stessa poteva essere veritiera (49). Il legislatore dell’Unione ha quindi potuto correttamente ritenere che fosse necessario evitare l’impiego d’indicazioni eventualmente esatte, ma comunque ambigue, che privassero i consumatori della possibilità di gestire il proprio consumo in modo informato, nella suddetta causa in relazione alle bevande alcoliche e nella presente causa in relazione al sodio contenuto nelle acque minerali naturali.

51.      Per quanto riguarda l’informazione dei consumatori sulle caratteristiche essenziali di prodotti come le acque minerali naturali, rilevo innanzitutto che il rispetto di tale obiettivo di interesse generale è, nel caso di specie, strettamente connesso a quello precedentemente invocato, relativo alla protezione della salute umana, e che, quindi, alcune delle suesposte considerazioni possono essere ugualmente pertinenti a tal riguardo. Si deve peraltro precisare che la libertà di espressione e d’informazione garantita dall’articolo 11 della Carta ricomprende le informazioni a carattere commerciale, segnatamente a fini pubblicitari, come previsto per l’articolo 10 della CEDU (50).

52.      Nella presente causa si può notare che, mentre le parti che hanno presentato osservazioni alla Corte adducono un argomento comune fondato sulla necessità di proteggere i consumatori tramite informazioni precise ed esatte, esse tuttavia, basandosi su questo stesso presupposto, formulano proposte di risposta diametralmente opposte (51). A mio avviso, considerate le posizioni adottate da alcuni dei suddetti organismi internazionali (52), è effettivamente necessario che i distributori di acque minerali naturali forniscano un’informazione nel contempo chiara e completa per quanto riguarda la quantità totale di sodio contenuta nelle stesse, cosicché un consumatore mediamente informato possa effettuare una scelta pienamente consapevole tra tutti i prodotti simili che gli sono offerti (53), fatto che implica che non vi sia alcuna confusione in proposito, neppure in caso di eventuale veridicità dell’informazione fornita (54).

53.      Per quanto concerne, infine, l’adeguatezza dei mezzi utilizzati dal legislatore dell’Unione per conseguire i due obiettivi suddetti, la Neptune Distribution sostiene che le restrizioni alle libertà d’informazione e d’impresa che risultano dalle disposizioni oggetto della seconda questione pregiudiziale sarebbero sproporzionate rispetto a tali obiettivi.

54.      Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, «si deve riconoscere al legislatore comunitario un ampio potere discrezionale in un settore come quello del caso di specie, che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse», fatto da cui deriva che «il controllo giurisdizionale di legalità di questi atti non può che essere limitato» e che «solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura» (55).

55.      In particolare, quanto alla valutazione degli elementi di fatto, di ordine scientifico e tecnico, altamente complessi per determinare la natura e l’ampiezza delle misure che il legislatore dell’Unione adotta in un tale contesto, è pacifico che il giudice dell’Unione non può sostituire la sua valutazione di tali elementi a quella delle istituzioni cui il Trattato CE ha assegnato in via esclusiva tale compito (56). Dalla giurisprudenza emerge altresì che «il margine di valutazione discrezionale di cui dispongono le autorità competenti per stabilire dove si trovi il giusto equilibrio tra la libertà di espressione e gli obiettivi di interesse generale [di cui sopra] è variabile per ciascuno degli scopi che giustificano la limitazione di tale diritto e secondo la natura delle attività considerate», e mi sembra che la discrezionalità lasciata dalla Corte sia più ampia per quanto riguarda, segnatamente, l’uso commerciale – e quindi lucrativo – della libertà di espressione, soprattutto in messaggi a carattere pubblicitario (57).

56.      Nel caso di specie, ritengo che, considerato l’ampio margine di valutazione discrezionale dei dati scientifici e tecnici che deve essere riconosciuto al legislatore dell’Unione in tale materia e dell’obbligo di quest’ultimo di tenere conto del suddetto principio di precauzione (58), egli abbia potuto ragionevolmente ritenere che gli obiettivi legittimamente perseguiti dalle disposizioni della direttiva 2009/54 in questione non potessero essere raggiunti attraverso misure meno restrittive nei confronti delle libertà qui invocate, nell’ambito di una comunicazione di natura commerciale, dalla Neptune Distribution.

57.      Inoltre, al pari del governo francese, del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, rilevo che la restrizione di tali libertà è in realtà moderata, dal momento che i distributori di acque minerali naturali rimangono liberi di informare i consumatori sulla composizione di dette acque e, segnatamente, sul loro basso contenuto di sodio, facendo uso, nella loro etichettatura o nella loro pubblicità, delle menzioni che sono espressamente autorizzate dal legislatore dell’Unione, ossia quelle contenute nell’allegato III della direttiva 2009/54, o di menzioni eventualmente ammesse dai legislatori degli Stati membri (59).

58.      Tenuto conto di tutti questi elementi, ritengo che, adottando le disposizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, e all’allegato III della direttiva 2009/54, il legislatore dell’Unione non abbia oltrepassato i limiti imposti dal rispetto del principio di proporzionalità con riguardo agli articoli 11, 16 e 52, paragrafo 1, della Carta.

V –    Conclusione

59.      Sulla base delle precedenti considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Conseil d’État (Francia) nel seguente modo:

1)      La disposizione di cui all’allegato del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, concernente le condizioni per l’uso dell’indicazione nutrizionale «a basso contenuto di sodio/sale» non è applicabile alle acque minerali naturali. Detto allegato proibisce, invece, espressamente l’utilizzo dell’indicazione «a bassissimo contenuto di sodio/sale» per le acque minerali naturali.

2)      Le disposizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, e all’allegato III della direttiva 2009/54/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali, sono valide.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      GU L 404, pag. 9, e rettifica in GU 2007, L 12, pag. 3.


3 –      Mentre la Corte si è già pronunciata sull’interpretazione di numerose disposizioni del regolamento n. 1924/2006, essa non è invece mai stata chiamata a statuire in merito al suddetto allegato.


4 –      Sodio che appare nell’elenco delle «sostanze nutritive» di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006.


5 –      GU L 109, pag. 29.


6 –      GU L 164, pag. 45. Tale direttiva, applicabile a decorrere dal 16 luglio 2009, ha rifuso e abrogato la direttiva 80/777/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento della legislazione degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (GU L 229, pag. 1).


7 –      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304, pag. 18).


8 –      V. nota 6 delle presenti conclusioni.


9 –      L’articolo R. 112‑7 del code de la consommation (codice del consumo) traspone nel diritto francese l’articolo 2 della direttiva 2000/13. Nella sua versione in vigore dal 25 novembre 2005 al 13 dicembre 2014, esso disponeva, al primo comma, che «[l]’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da confondere l’acquirente o il consumatore, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare (…) le qualità, la composizione» e, al quarto comma, che «[i] divieti o le limitazioni di cui sopra valgono anche per la pubblicità e la presentazione dei prodotti alimentari».


10 –      V. paragrafo 11 delle presenti conclusioni. Queste due indicazioni sono consentite soltanto se il prodotto contiene non più di una data quantità di sodio (rispettivamente, lo «0,12 g» e lo «0,04 g» di sodio «per 100 g o 100 ml») oppure il valore equivalente di sale di tale quantità di sodio.


11 –      La Neptune Distribution sostiene che un altro metodo di calcolo del valore equivalente di sale sarebbe inadeguato, giacché nelle acque minerali naturali il sodio sarebbe sostanzialmente associato al bicarbonato e solo una bassa quantità di sodio si assocerebbe ai cloruri per formare sale.


12 –      La conseguenza pratica di quest’ultima interpretazione sarebbe che il distributore di un’acqua minerale naturale a basso contenuto di cloruro di sodio ma ricca di bicarbonato di sodio non potrebbe far uso di una menzione relativa al basso contenuto di sale (o di cloruro di sodio) del proprio prodotto, poiché una menzione siffatta, anche supponendo che fosse corretta, sarebbe tale da creare confusione nella mente degli acquirenti circa il contenuto totale di sodio di tale acqua.


13 –      Il governo francese sottolinea che, nel procedimento principale, sia i giudici di primo grado sia i giudici di appello hanno ritenuto che la decisione che ha proibito le menzioni controverse fosse fondata erroneamente sul regolamento n. 1924/2006, ma che quest’ultima potesse essere giustificata ai sensi della direttiva 80/777, divenuta direttiva 2009/54. Esso osserva che il giudice del rinvio non rimette in discussione tale analisi, ma solleva comunque la sua prima questione poiché ritiene che le disposizioni che a suo avviso sono applicabili al caso di specie – ossia l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/13 nonché l’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/54 ed il suo allegato III – debbano essere lette alla luce della nozione di «valore equivalente di sale» che figura nell’allegato del regolamento n. 1924/2006 (v. paragrafo 37 delle presenti conclusioni).


14 –      Come definite all’articolo 2, paragrafo 2, quarto e quinto comma, di detto regolamento. Sulle differenze fra queste due categorie di indicazioni e l’articolazione fra le relative disposizioni, v., segnatamente, sentenza Ehrmann (C‑609/12, EU:C:2014:252, punti 25 e seguenti).


15 –      Il governo ellenico ritiene che non si possa in alcun modo sostenere che la nozione di indicazione nutrizionale, ai sensi del regolamento n. 1924/2006, sia diversa da quella di etichettatura di cui alla direttiva 2009/54, poiché si tratta, in definitiva, della tutela degli stessi interessi giuridici, ossia tanto la protezione della salute e dei consumatori, quanto la tutela della libera circolazione delle merci e di una sana concorrenza.


16 –      Un trattamento specifico è riservato alle acque minerali naturali anche nella direttiva 2000/13 [v. articolo 2, paragrafo 1, lettera b)], nonché nel regolamento n. 1169/2011 che sostituisce detta direttiva (v. i rinvii a favore delle disposizioni del diritto dell’Unione relative alle acque minerali naturali che figurano negli articoli 7 e 29 e nell’allegato V di detto regolamento).


17 –      Per un’applicazione coordinata delle suddette disposizioni della direttiva 2009/54, la menzione «indicata per le diete povere di sodio» può essere utilizzata per le acque minerali naturali «con un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l», criterio che non fa riferimento a un eventuale valore equivalente di sale. Osservo che detta menzione, il cui significato è perfettamente esplicito per un consumatore medio, si collega non solo a un valore relativo dell’apporto di sodio ma, con riferimento alla dieta in questione, ad un valore assoluto di detto apporto.


18 –      Ciò si spiega anche con il dato chimico secondo cui le acque minerali naturali non contengono sale (cloruro di sodio) in quanto tale. Come hanno sottolineato il governo francese e il Consiglio, esse possono contenere gli elementi minerali che sono il sodio, il bicarbonato ed il cloruro soltanto in forma separata, e non i composti che questi ultimi possono formare, come il bicarbonato di sodio o il cloruro di sodio, in quanto gli ioni di ognuno di detti elementi si trovano disciolti in tali liquidi.


19 –      Il Parlamento e il Consiglio hanno preso posizione soltanto circa la risposta da fornire alla seconda questione pregiudiziale. Tuttavia, alcuni elementi contenuti nelle loro osservazioni forniscono un chiarimento utile anche per la prima questione pregiudiziale.


20 –      V. nota 10 delle presenti conclusioni.


21 –      Ricordo che tale direttiva fa riferimento unicamente al «sodio» presente in dette acque (v. allegato III).


22 –      Ai sensi del considerando 37 del regolamento n. 1169/2011, «[affinché] il consumatore finale comprenda facilmente le informazioni fornite sulle etichette», è «opportuno che l’etichetta rechi il termine “sale” invece del termine corrispondente della sostanza nutritiva “sodio”». Inoltre, il punto 11 del suo allegato I precisa, per quanto riguarda la «dichiarazione nutrizionale» imposta da tale regolamento, che «il contenuto equivalente di sale [deve essere] calcolato mediante la formula: sale = sodio × 2,5» e il documento della Commissione intitolato «Domande e risposte sull’applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011», del 31 gennaio 2013, aggiunge che a tal riguardo si deve prendere in considerazione la «quantità totale di sodio contenuta nell’alimento» (v. punto 3.25).


23 –      V., segnatamente, i considerando 1, 2, 9 e 10 nonché l’articolo 1, paragrafo 1, del suddetto regolamento, oltre al punto 6 della motivazione della proposta [COM(2003) 424 definitivo] che ha condotto all’adozione dello stesso.


24 –      Il Consiglio menziona, in particolare, le linee guida del Codex Alimentarius – organismo congiunto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) –, le prime «riguardanti l’etichettatura nutrizionale» (CAC/GL 2‑1985, come modificate nel 2013) e, le seconde, «per l’utilizzo delle indicazioni nutrizionali e sulla salute» (CAC/GL 23‑1997, come modificate nel 2004). Osservo che il considerando 7 del regolamento n. 1924/2006 fa espresso riferimento a queste ultime.


25 –      Il Parlamento cita, segnatamente, un documento dell’OMS intitolato «Réduire les apports en sel au niveau des populations, Rapport du forum et de la réunion technique OMS 5‑7 ottobre 2006, Parigi, Francia» (accessibile al seguente indirizzo Internet: http://apps.who.int/iris/handle/10665/43712), il quale precisa che, «[a]i sensi (…) della presente relazione, (…) il termine sale si applica indifferentemente all’apporto di sodio o di cloruro di sodio. Il termine riduzione degli apporti alimentari di sale indica la riduzione dell’apporto totale di sodio proveniente da tutte le fonti alimentari» (pag. 3, sottolineato nell’originale).


26 –      Sul contenuto di tale libertà, v. «spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali» (GU 2007, C 303, pag. 17), che – ai sensi degli articoli 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e 52, paragrafo 7, della Carta – devono essere prese in considerazione per l’interpretazione di quest’ultima.


27 –      Dall’articolo 52, paragrafo 3, della Carta emerge che, laddove la stessa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione, senza, tuttavia, che tale principio precluda che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa. Preciso che detta disposizione rileva per quanto concerne l’articolo 11 della Carta, il cui contenuto corrisponde a quello dell’articolo 10 della CEDU, e non, invece, per quanto riguarda il suo articolo 16, che non ha norme corrispondenti nella CEDU.


28 –      Il giudice del rinvio spiega tale «rapporto di equivalenza» rilevando che, al fine di definire le soglie al di sotto delle quali le indicazioni «basso [o] bassissimo contenuto di sodio/sale» sono consentite, l’allegato del regolamento n. 1924/2006 si riferisce, indifferentemente, al contenuto di sodio di un alimento o al suo «valore equivalente di sale».


29 –      Dal momento che un’acqua minerale naturale non può contenere cloruro di sodio (sale), ma soltanto ioni di cloruro o ioni di sodio presenti in modo indipendente gli uni dagli altri (v. nota 18 della presenti conclusioni), ritengo che le menzioni in questione nel procedimento principale non siano esatte.


30 –      V. sentenza SAM Schiffahrt e Stapf (C‑248/95 e C‑249-95, EU:C:1997:337, punto 46).


31 –      Detto governo evidenzia correttamente che i dubbi del giudice del rinvio riguardano solo la validità del divieto di menzionare il basso contenuto di sale o di cloruro di sodio di un’acqua minerale naturale ricca di bicarbonato di sodio, e non la validità del divieto generale di un’etichettatura che possa indurre in errore il consumatore, o che attribuisca a un prodotto alimentare effetti o proprietà di cui è privo.


32 –      Ritengo che il paragrafo 1 e il primo comma del paragrafo 2 del suddetto articolo 9 siano erroneamente citati dal giudice del rinvio, dal momento che è soltanto il secondo comma di detto paragrafo 2 che rinvia all’allegato III della direttiva 2009/54, il quale contiene solo le menzioni autorizzate e i loro criteri di applicazione, che in realtà costituiscono l’oggetto della seconda questione pregiudiziale.


33 –      V. considerando 4 e 5 della direttiva 2000/13. Ai sensi del considerando 8 della 2009/54, quest’ultima apporta «i completamenti e le deroghe» necessari rispetto alle «norme generali» di cui alla direttiva 2000/13.


34 –      A titolo di paragone, nella sentenza Digital Rights Ireland e a. (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238), le ragioni delle ingerenze che avevano portato la Corte a dichiarare invalida la direttiva in questione in detta causa, per difetto di proporzionalità, erano ben più importanti.


35 –      V., segnatamente, conclusioni dell’avvocato generale Mazák nella causa Deutsches Weintor (C‑544/10, EU:C:2012:189, paragrafo 66 e seguenti) nonché sentenza Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).


36 –      V. sentenze Schmidberger (C‑112/00, EU:C:2003:333, punto 79) e Damgaard (C‑421/07, EU:C:2009:222, punto 26). Le suddette spiegazioni relative all’articolo 11 della Carta precisano che le restrizioni giuridiche apportate al diritto alla libertà di espressione garantito da quest’ultima devono rispettare le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della CEDU.


37 –      V., segnatamente, sentenze Karlsson e a. (C‑292/97, EU:C:2000:202, punti 45 e seguenti); Deutsches Weintor (C‑544/10, EU:C:2012:526, punti 54 e 57) nonché Digital Rights Ireland e a. (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238, punti 39 e 40).


38 –      V., segnatamente, sentenza Schaible (C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).


39 –      V. considerando 5 della direttiva 2009/54.


40 –      Sulla scia degli articoli 9 TFUE e 12 TFUE (recanti disposizioni di applicazione generale) e dell’articolo 114, paragrafo 3, TFUE (relativo al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri), gli articoli 168, paragrafo 1, TFUE e 169, paragrafo 1, TFUE confermano che «[n]ella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana» nonché un «livello elevato di protezione dei consumatori», disposizioni il cui contenuto è stato elevato al rango di «principi» rispettivamente dagli articoli 35 e 38 della Carta (v. le suddette «spiegazioni relative alla Carta»).


41 –      Il governo francese sostiene che i risultati della ricerca internazionale raccolti da diverse autorità sanitarie, in particolare l’OMS, giungono a stabilire un nesso diretto fra un consumo eccessivo di sodio e i rischi di ipertensione arteriosa nonché le patologie cardiovascolari e renali associate a tale rischio.


42 –      Secondo la decisione di rinvio, dai documenti del fascicolo nazionale e, in particolare, da un parere dell’EFSA del 21 aprile 2005 emergerebbe che l’aumento della pressione arteriosa è il principale effetto indesiderato individuato in relazione a un accresciuto apporto di sodio. Sebbene il sodio sia il principale responsabile, anche gli ioni di cloruro avrebbero un ruolo nell’aumento della pressione arteriosa connesso a un consumo considerevole di sale. Numerosi studi tenderebbero a dimostrare che una dieta ricca di bicarbonato di sodio non abbia lo stesso effetto indesiderato di una dieta a elevato contenuto di cloruro di sodio per le persone che soffrono di ipertensione. In un parere pubblicato nel giugno 2011, l’EFSA si sarebbe rifiutata di ricomprendere, nell’elenco delle indicazioni sanitarie autorizzate previsto dall’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006, l’indicazione secondo cui il bicarbonato di sodio non ha effetti indesiderati sulla pressione arteriosa, in quanto lo studio prodotto a sostegno di tale indicazione non presentava garanzie metodologiche sufficienti, ma, secondo il giudice del rinvio, detta circostanza di per sé sola non consente neppure di affermare che il bicarbonato di sodio debba essere considerato idoneo a indurre o aggravare l’ipertensione arteriosa allo stesso modo e nelle stesse percentuali del cloruro di sodio.


43 –      Il contenuto dell’articolo prodotto dalla Neptune Distribution (Helwig, J.-J., «À l’instar du chlorure de sodium, le bicarbonate de sodium doit il être considéré comme pouvant induire ou aggraver l’hypertension artérielle?», Médecine et nutrition, 2008, volume 44, n. 1, pagg. da 29 a 37) mi sembra non decisivo al riguardo, dal momento che non è dimostrato né che tale pubblicazione provenga da un’autorità scientifica riconosciuta, né che essa sia il riflesso del consenso medico attuale. Del resto, il suo stesso autore indica che detto articolo «non ha la pretesa di risolvere [la] questione [posta nel suo titolo] quanto piuttosto di fare il punto, nel modo più obiettivo possibile, sui dati sperimentali generati in tale settore (…) durante gli ultimi due decenni».


44 –      Emerge da tale principio, come interpretato dalla Corte, che, «quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi», essendo sufficiente che «persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse» (sentenza Acino/Commissione, C‑269/13 P, EU:C:2014:255, punti 57 e 58 nonché la giurisprudenza ivi citata), segnatamente alla luce dei «dati scientifici disponibili più affidabili e [dei] risultati più recenti della ricerca internazionale» (sentenza Afton Chemical, C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 60).


45 –      V., segnatamente, sentenza Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 68 e la giurisprudenza ivi citata).


46 –      Il governo francese osserva correttamente che una menzione che evidenzi il basso contenuto di sale (cloruro di sodio) di un’acqua minerale naturale, peraltro molto ricca di bicarbonato di sodio, è idonea ad occultare il significativo apporto di sodio di un’acqua del genere e può promuovere un consumo eccessivo di tale acqua che può portare al superamento della razione quotidiana di sodio raccomandata dall’OMS.


47 –      C‑544/10, EU:C:2012:526.


48 –      La Corte ha affermato che la nozione di «indicazioni sulla salute» ai sensi di detto regolamento, le quali sono normalmente vietate per le bevande alcoliche, comprende un’indicazione come «facilmente digeribile», accompagnata dalla menzione del contenuto ridotto di acidi, sostanze considerate negative da un gran numero di consumatori (ibidem, punto 41).


49 –      La Corte ha rilevato che l’indicazione controversa, ammettendo che possa essere considerata sostanzialmente esatta, risulta tuttavia incompleta, e quindi ambigua e fuorviante, nella parte in cui segnala il carattere digeribile del vino interessato, mentre tace sulla circostanza che i pericoli inerenti al consumo di bevande alcoliche non sono comunque affatto esclusi e neppure limitati per il buon decorso della digestione (ibidem, punti 50 e seguenti). Analogamente, nella sentenza Teekanne (C‑195/14, EU:C:2015:361, punti da 36 a 41), la Corte ha sottolineato che l’etichettatura di un prodotto alimentare, considerata complessivamente, può essere tale da indurre in errore il consumatore medio nonostante il fatto che l’elenco degli ingredienti che essa contiene sia esatto.


50 –      V., segnatamente, sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑380/03, EU:C:2006:772, punto 155) e Damgaard (C‑421/07, EU:C:2009:222, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza della Corte EDU, Hachette Filipacchi Presse Automobile e Dupuy c. Francia (n. 13353/09, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata, 5 marzo 2009).


51 –      Così, la Neptune Distribution sostiene che la diffusione di un’informazione asseritamente esatta (v. le mie riserve espresse nella nota 29 delle presenti conclusioni) relativa alla composizione di un’acqua minerale naturale ricca di bicarbonato di sodio ma a basso contenuto di sodio contribuirebbe alla protezione dei consumatori, aiutandoli a scegliere correttamente gli elementi della loro dieta, mentre il governo francese sostiene che le restrizioni previste dalle direttive 2000/13 e 2009/54 con riguardo a menzioni come quelle oggetto del procedimento principale sono adeguate e necessarie per consentire ai consumatori di effettuare una scelta che corrisponda meglio alle loro necessità nutrizionali.


52 –      Segnatamente, pareri dell’OMS e dell’EFSA citati alle note 25 e 42 delle presenti conclusioni.


53 –      Anche se il regolamento n. 1169/2011 non è applicabile al caso di specie (v. paragrafo 7 delle presenti conclusioni), penso sia utile sottolineare che la preoccupazione di informare al meglio i consumatori, per consentire loro di «effettuare scelte consapevoli» in relazione ai propri alimenti, appare più volte in questo regolamento, in particolare per quanto riguarda gli elementi nutrizionali come il sodio (v., segnatamente, i considerando 3, 4, 10, 34, 36 e 37 nonché gli articoli 3, paragrafo 1, e 4). V. anche Libro bianco della Commissione, intitolato «Une stratégie européenne pour les problèmes de santé liés à la nutrition, la surcharge pondérale et l’obésité» [COM(2007) 279 definitivo, pagg. 5 e seguenti].


54 –      V. paragrafo 50 delle presenti conclusioni e, per analogia, sentenza Corte EDU, Markt intern Verlag GmbH e Klaus Beermann c. Germania (20 novembre 1989, n. 10572/83, seria A n. 165, punto 35).


55 –      V., segnatamente, sentenze Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 52); Germania/Parlamento e Consiglio (C‑380/03, EU:C:2006:772, punto 145 e la giurisprudenza ivi citata), nonché Etimine (C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 125 e la giurisprudenza ivi citata); il corsivo è mio.


56 –      V. sentenze Nickel Institute (C‑14/10, EU:C:2011:503, punto 60) nonché Etimine (C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).


57 –      V., segnatamente, sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑380/03, EU:C:2006:772, punto 155) e Damgaard (C‑421/07, EU:C:2009:222, punto 27), nonché le mie conclusioni nella causa Novo Nordisk (C‑249/09, EU:C:2010:616, paragrafi 46 e seguenti). Anche la Corte EDU esercita il suo potere di controllo in modo ponderato e concede un margine di valutazione discrezionale la cui ampiezza varia in funzione degli usi fatti della libertà di espressione e del loro contesto, posto che il margine di valutazione concesso è ovviamente più ampio nel settore commerciale (v., segnatamente, Corte EDU, Ahmed e altri c. Regno Unito, n. 22954/93, CEDU 1998‑VI, § 61, nonché Remusko c. Polonia, n. 1562/10, § 64 e la giurisprudenza ivi citata, del 16 luglio 2013).


58 –      V. paragrafo 49 delle presenti conclusioni.


59 –      Al riguardo, il Consiglio e la Commissione sottolineano che le menzioni previste nel suddetto allegato III permettono di informare il consumatore per quanto riguarda sia il grado generale di mineralizzazione di un’acqua minerale naturale (v., ad esempio, la menzione «ricca in sali minerali») sia gli elementi caratteristici dell’acqua (v., ad esempio, le menzioni «contenente bicarbonato», «clorurata» e «sodica») o per quanto riguarda l’idoneità dell’acqua nell’ambito di un particolare regime dietetico (con la menzione «indicata per le diete povere di sodio», che è a mio avviso più appropriata, a condizione che l’acqua minerale naturale in questione abbia un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l come richiesto da tale disposizione). Essi aggiungono, correttamente, che il fatto che nessuno degli Stati membri si sia avvalso della facoltà – prevista dall’articolo 9, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva 2009/54 – di autorizzare menzioni ulteriori rispetto a quelle elencate all’allegato III è un indice concreto del fatto che la regolamentazione criticata sia di per sé idonea ad assicurare l’utile informazione del consumatore da parte dei distributori di acque minerali naturali. Inoltre, il Parlamento europeo evidenzia, correttamente, che detta facoltà costituisce un elemento di flessibilità che conferma che il regime giuridico attuato dal legislatore dell’Unione soddisfa il principio di proporzionalità.