Language of document : ECLI:EU:C:2018:141

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

1o marzo 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato interno – Normativa nazionale che riserva ai soli veterinari il diritto di vendere al dettaglio e utilizzare i prodotti biologici, gli antiparassitari nonché i medicinali veterinari – Libertà di stabilimento – Requisito secondo il quale il capitale degli stabilimenti di distribuzione al dettaglio di medicinali veterinari deve essere detenuto esclusivamente da veterinari – Tutela della sanità pubblica – Proporzionalità»

Nella causa C‑297/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Curtea de Apel Bucureşti (Corte d’appello di Bucarest, Romania), con decisione del 1o marzo 2016, pervenuta in cancelleria il 25 maggio 2016, nel procedimento

Colegiul Medicilor Veterinari din România (CMVRO)

contro

Autoritatea Națională Sanitară Veterinară și pentru Siguranța Alimentelor,

con l’intervento di:

Asociaţia Naţională a Distribuitorilor de Produse de Uz Veterinar din România,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, J. Malenovský (relatore), M. Safjan, D. Šváby e M. Vilaras, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: I. Illéssy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 giugno 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Colegiul Medicilor Veterinari din România (CMVRO), da R.-I. Ciocaniu, avocat;

–        per l’Asociaţia Naţională a Distribuitorilor de Produse de Uz Veterinar din România, da L. Gabor e C. V. Toma, avocat;

–        per il governo rumeno, da R.-H. Radu, A. Wellman e L. Liţu, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da L. Nicolae, H. Tserepa-Lacombe e L. Malferrari, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 settembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), nonché dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Colegiul Medicilor Veterinari din România (CMVRO) (Ordine rumeno dei veterinari) e l’Autoritatea Națională Sanitară Veterinară și pentru Siguranța Alimentelor (Autorità nazionale sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare, Romania; in prosieguo: l’«Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare»), sostenuta dall’Asociația Națională a Distribuitorilor de Produse de Uz Veterinar din România (Associazione nazionale dei distributori di prodotti ad uso veterinario della Romania; in prosieguo: l’«Associazione dei distributori di prodotti ad uso veterinario»), riguardo ad una domanda di annullamento di un decreto, adottato dall’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare, la cui adozione avrebbe, secondo il CMVRO, comportato la soppressione dell’obbligo secondo cui il capitale sociale degli stabilimenti che vendono al dettaglio medicinali veterinari dev’essere detenuto esclusivamente da veterinari.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 2006/123

3        Il considerando 22 della direttiva 2006/123 così recita:

«L’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito della presente direttiva dovrebbe comprendere i servizi sanitari e farmaceutici forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute, laddove tali attività sono riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono forniti».

4        L’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva, dal titolo «Ambito di applicazione», dispone quanto segue:

«La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

(…)

f)      i servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata;

(…)».

5        L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Relazione con le altre disposizioni del diritto comunitario», recita come segue:

«1.      Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche.

(…)

3.      Gli Stati membri applicano le disposizioni della presente direttiva nel rispetto delle norme del trattato che disciplinano il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi».

6        Il capo III della direttiva 2006/123 è intitolato «Libertà di stabilimento dei prestatori». Nella sezione 2 in esso contenuta, intitolata «Requisiti vietati o soggetti a valutazione», figurano gli articoli 14 e 15 di tale direttiva.

7        L’articolo 15 di tale direttiva, rubricato «Requisiti da valutare», è formulato come segue:

«1.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

2.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti:

(…)

c)      obblighi relativi alla detenzione del capitale di una società;

d)      requisiti diversi da quelli relativi alle questioni disciplinate dalla direttiva 2005/36/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, sul riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22)] o da quelli previsti in altre norme comunitarie, che riservano l’accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività;

(…)

3.      Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti:

a)      non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale;

b)      necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato.

(…)».

 Direttiva 2001/82/CE

8        L’articolo 66, paragrafo 1, della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU 2001, L 311, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) n. 596/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009 (GU 2009, L 188, pag. 14) (in prosieguo: la «direttiva 2001/82»), così dispone:

«Gli Stati membri prendono tutte le opportune misure affinché le vendite al dettaglio di medicinali veterinari siano effettuate soltanto da persone a ciò autorizzate dalla legislazione dello Stato membro interessato».

9        L’articolo 67 della medesima direttiva così dispone:

«Fatte salve le norme comunitarie o nazionali più severe riguardanti la fornitura dei medicinali veterinari e per tutelare la salute dell’uomo e degli animali, è richiesta una prescrizione per fornire al pubblico i seguenti medicinali veterinari:

(…)».

10      Ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 1, di detta direttiva:

«Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie affinché solo le persone autorizzate dalla rispettiva normativa nazionale vigente detengano o posseggano medicinali veterinari o sostanze in grado di venire impiegate come medicinali veterinari aventi proprietà anabolizzanti, antiinfettive, antiparassitarie, antinfiammatorie, ormonali o psicotrope».

11      L’articolo 69, primo comma, della medesima direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri assicurano che i proprietari o i responsabili di animali destinati alla produzione di alimenti possano giustificare l’acquisto, la detenzione o la somministrazione di medicinali veterinari a tali animali per un periodo di cinque anni a partire dalla loro somministrazione, anche quando l’animale è abbattuto durante tale periodo di cinque anni».

 Direttiva 2005/36

12      L’articolo 38, paragrafo 3, della direttiva 2005/36, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»), prevede quanto segue:

«La formazione di veterinario garantisce l’acquisizione da parte del professionista interessato delle conoscenze e abilità seguenti:

a)      adeguate conoscenze delle scienze sulle quali si fondano le attività di veterinario e della pertinente legislazione dell’Unione;

(…)».

 Diritto rumeno

 La legge n. 160/1998

13      L’articolo 2, paragrafo 1, della legea nr. 160/1998 pentru organizarea şi exercitarea profesiunii de medic veterinar (legge n. 160/1998 relativa all’organizzazione e all’esercizio della professione di veterinario; Monitorul Oficial al României, parte I, n. 289 del 6 agosto 1998, ripubblicata nel Monitorul Oficial al României, parte I, n. 433 del 23 maggio 2005) (in prosieguo: la «legge n. 160/1998»), così dispone:

«La professione di medico veterinario è esercitata in Romania da qualsiasi soggetto, cittadino rumeno, titolare di diploma di laurea in medicina veterinaria riconosciuto secondo la legge, nonché dai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, (…) titolari di diplomi di laurea in medicina veterinaria, certificati o altri titoli attestanti tale qualifica prevista dalla legge, rilasciati da un istituto di istruzione di tali Stati».

14      L’articolo 4 della legge suddetta prevede quanto segue:

«La professione di veterinario beneficia dell’esclusiva nei settori seguenti:

(…)

i)      il commercio al dettaglio e l’uso di prodotti biologici, di prodotti antiparassitari ad uso speciale e di medicinali a uso veterinario

(…)».

15      Ai sensi del successivo articolo 16:

«1)      La qualità di membro [del CMVRO] può essere acquisita da ogni veterinario avente la cittadinanza rumena o degli Stati membri dell’Unione europea (…) il quale:

a.      Eserciti legalmente la professione di veterinario in Romania, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 2;

b.      non si trovi in uno dei casi di indegnità previsti dalla normativa in vigore;

c.      sia idoneo dal punto di vista medico all’esercizio della professione di veterinario.

2)      La qualità di membro [del CMVRO] è obbligatoria per l’esercizio della professione di veterinario».

16      L’articolo 39 della medesima legge prevede quanto segue:

«Sono fissate per regolamento, elaborato dal [CMVRO] in collaborazione con l’[Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare], le attribuzioni e le competenze dei veterinari indipendenti, nonché il compimento di talune mansioni pubbliche».

 Lo statuto dei veterinari

17      L’articolo 1 dello statuto dei veterinari, adottato con la decisione n. 3/2013 dell’Ordine dei veterinari (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 676 del 16 settembre 2014; in prosieguo: lo «statuto dei veterinari»), dispone quanto segue:

«Ai fini del presente statuto si intende per:

(…)

m)      «Registro unico dei gabinetti veterinari aventi o meno la personalità giuridica – documento pubblico e ufficiale gestito dall’Ufficio di presidenza del [CMVRO] contenente quanto segue:

(…)

–        farmacie veterinarie e punti farmaceutici veterinari, qualora il loro capitale sia detenuto esclusivamente da medici veterinari o sia in altro modo costituito conformemente a quanto previsto dalle successive modifiche legislative;

(…)».

18      L’articolo 37, paragrafo 1, dello statuto dei veterinari prevede quanto segue:

«Nella vendita al dettaglio di medicinali veterinari, i medici veterinari abilitati sono organizzati esclusivamente come persone giuridiche (…) e svolgono la loro attività nelle seguenti strutture veterinarie autorizzate:

a)      punti farmaceutici veterinari;

b)      farmacie veterinarie.

(…)».

19      Ai sensi dell’articolo 38, paragrafi 3 e 4, dello stesso regolamento:

«(3)      I medicinali, i prodotti antiparassitari ad uso veterinario e i prodotti biologici ad uso veterinario sono utilizzati e somministrati esclusivamente da veterinari, titolari o dipendenti di studi medico- veterinari a fini di terapia o consultazione (…)

(4)      In deroga al paragrafo 3, i proprietari di animali possono somministrare medicinali veterinari prescritti e consigliati da un veterinario che possieda un certificato valido che attesti il suo diritto all’esercizio della professione, fatta tuttavia esclusione per le forme iniettabili».

 Le norme sanitarie veterinarie

20      L’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare ha adottato l’ordinul nr. 83/2014 pentru aprobarea Normei sanitare veterinare privind condiţiile de organizare şi funcţionare a unităţilor farmaceutice veterinare, precum şi procedura de înregistrare sanitară veterinară/autorizare sanitară veterinară a unităţilor şi activităţilor din domeniul farmaceutic veterinar (Decreto n. 83/2014 di approvazione delle norme sanitarie veterinarie riguardanti le condizioni di organizzazione e di funzionamento delle farmacie veterinarie nonché la procedura di registrazione medico-veterinaria o di autorizzazione medico-veterinaria degli enti e delle attività che rientrano nel settore farmaceutico veterinario; Monitorul Oficial al României, parte I, n. 541 del 22 luglio 2014), come modificato e successivamente integrato (in prosieguo: le «norme sanitarie veterinarie»).

21      L’articolo 1, delle norme sanitarie veterinarie così prevede:

«Le presenti norme sanitarie veterinarie fissano le condizioni di organizzazione e funzionamento delle farmacie veterinarie, nonché la procedura di registrazione medico-veterinaria oppure di autorizzazione medico-veterinaria degli enti e delle attività nel settore farmaceutico veterinario».

22      L’articolo 3 di tali norme così dispone:

«Ai fini delle presenti norme sanitarie veterinarie, si intende per:

a)      farmacia veterinaria – stabilimento farmaceutico veterinario che detiene e vende al dettaglio medicinali veterinari, (…) e altri prodotti ad uso veterinario (…)

(…)

h)      punto farmaceutico veterinario – stabilimento farmaceutico veterinario la cui attività consiste nel commercio al dettaglio dei soli medicinali veterinari rilasciati senza prescrizione medica, e altri prodotti ad uso veterinario (…)

(…)».

23      L’articolo 11 di tali norme dispone quanto segue:

«Il personale specializzato della farmacia veterinaria è composto da:

a)      personale con studi superiori specialistici nell’ambito della medicina veterinaria;

b)      personale con studi secondari specialistici nell’ambito della medicina veterinaria, della medicina umana, della farmacia, della chimica, della biologia;

c)      personale amministrativo».

24      L’articolo 12, paragrafi 2 e 3, delle stesse norme così dispone:

«(2)      La gestione di una farmacia veterinaria presuppone la presenza di un medico veterinario titolare dell’attestato per l’esercizio della professione emesso dal [CMVRO].

(3)      L’immissione in commercio dei medicinali veterinari della farmacia veterinaria si effettua, soltanto al dettaglio, da parte del personale di cui all’articolo 11, lettere a) e b)».

25      L’articolo 23 delle norme sanitarie veterinarie prevede l’applicazione, ai punti farmaceutici veterinari, di norme analoghe a quelle enunciate agli articoli 11 e 12, paragrafo 2, delle stesse.

 Il decreto n. 31/2015

26      Con il decreto n. 31/2015 del 26 marzo 2015, recante modifica e integrazione delle norme sanitarie veterinarie approvate con il decreto n. 83/2014 dell’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare (Monitorul Oficial al României n. 235, del 7 aprile 2015; in prosieguo: il «decreto n. 31/2015»), l’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare ha abrogato l’articolo 43, lettera j), e l’articolo 51, lettera g), di dette norme.

27      Tali articoli prevedevano, in sostanza, che per ottenere l’autorizzazione medico‑veterinaria alla gestione, rispettivamente, delle farmacie veterinarie e dei punti farmaceutici veterinari, il rappresentante legale dell’ente doveva depositare, presso l’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare competente, un fascicolo contenente una copia del certificato di iscrizione al registro unico dei gabinetti veterinari aventi o meno personalità giuridica.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

28      IL CMVRO ha proposto un ricorso dinanzi al giudice del rinvio diretto all’annullamento del decreto n. 31/2015.

29      A sostegno del suo ricorso tale Ordine afferma in particolare che il decreto suddetto viola l’articolo 4, lettera i), della legge n. 160/1998 che istituirebbe la competenza esclusiva della professione di veterinario in materia di commercio al dettaglio e utilizzo di prodotti biologici, di prodotti antiparassitari a uso speciale e di medicinali ad uso veterinario. Infatti, tale esclusiva implicherebbe un potere decisionale in capo ai medici veterinari, potere che potrebbe essere effettivo soltanto qualora il capitale sociale delle farmacie e dei punti farmaceutici veterinari fosse detenuto esclusivamente, o almeno a maggioranza reale, da veterinari autorizzati. Sarebbe, del resto, per questo motivo che lo statuto dei veterinari prevede che soltanto le farmacie o i punti farmaceutici il cui azionariato sia costituito esclusivamente da veterinari possano essere iscritti nel registro unico dei gabinetti veterinari. Orbene, dato che l’obbligo di presentare un certificato di iscrizione a tale registro è stato soppresso dal decreto n. 31/2015 dell’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare, l’osservanza di tale requisito relativo alla detenzione del capitale sociale non sarebbe più garantita.

30      Per parte sua, l’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare sostiene che l’abrogazione dell’obbligo di presentare un certificato di iscrizione al registro unico dei gabinetti veterinari era necessaria, in quanto tali disposizioni non erano conformi alla direttiva 2006/123 e in quanto, secondo una nota del Consiliul Concurenţei (Consiglio della concorrenza, Romania), esse erano idonee a restringere la concorrenza sul mercato del commercio al dettaglio dei prodotti veterinari.

31      L’Associazione dei distributori di prodotti ad uso veterinario, intervenuta a sostegno dell’Autorità sanitaria veterinaria e per la sicurezza alimentare, contesta, per parte sua, l’interpretazione dell’articolo 4, lettera i), della legge n. 160/1998, suggerita dal CMVRO, secondo cui la competenza esclusiva di cui gode la professione di veterinario rispetto all’uso di taluni prodotti non viola il diritto dei consumatori di acquistare e detenere medicinali veterinari che gli articoli 67 e 69 della direttiva 2001/82 riconoscerebbero a favore dei proprietari e dei detentori di animali.

32      Il giudice del rinvio rileva che la Commissione europea aveva inviato alla Romania una domanda di informazioni relativa ad eventuali violazioni del diritto dell’Unione dovute alla sua normativa nazionale applicabile alle farmacie veterinarie e, in particolare, ai requisiti relativi alla detenzione del capitale sociale. Inoltre, tale giudice ritiene che, sebbene la Corte si sia già pronunciata in merito a professioni o attività che presentano somiglianze con la professione di veterinario o con l’attività consistente nel commercializzare e nell’utilizzare medicinali veterinari, la situazione dei veterinari presenti talune peculiarità che potrebbero giustificare una soluzione diversa.

33      In tale contesto, la Curtea de Apel Bucureşti (Corte d’appello di Bucarest, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto dell’Unione europea osti a una normativa nazionale che prevede a favore del medico veterinario un’esclusiva nella vendita al dettaglio e nell’utilizzo di prodotti biologici, di antiparassitari per usi speciali e di medicinali veterinari.

2)      Qualora siffatta esclusiva sia compatibile con il diritto dell’Unione europea, se quest’ultimo osti a che una tale esclusiva riguardi anche le strutture nelle quali avviene la relativa vendita, nel senso che tali strutture debbano essere detenute prevalentemente o esclusivamente da uno o più medici veterinari».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

34      L’Associazione dei distributori di prodotti ad uso veterinario sostiene che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile poiché il testo delle questioni presentate non menziona la o le disposizioni del diritto dell’Unione di cui verrebbe richiesta l’interpretazione.

35      Al riguardo, occorre ricordare che, tra i requisiti menzionati all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve soddisfare, figura, al punto c), quello secondo cui essa deve contenere un’esposizione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi riguardo all’interpretazione o alla validità di talune disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il nesso da esso istituito tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia principale.

36      Nella fattispecie, il giudice del rinvio indica che, sebbene la giurisprudenza della Corte si sia già pronunciata con riferimento ad attività che presentano talune somiglianze con l’attività di commercializzazione e di utilizzo dei medicinali veterinari, la controversia che esso è chiamato a risolvere presenta talune peculiarità che non consentono di applicare, tale e quale, la giurisprudenza della Corte che ha precisato le implicazioni della libertà di stabilimento rispetto a tali attività. Di conseguenza, con riferimento al procedimento principale, tale giudice considera necessario adire la Corte, dato che uno dei motivi di annullamento dinanzi ad esso dedotti potrebbe essere accolto soltanto se l’esclusiva, a favore dei veterinari, sul commercio al dettaglio e sull’utilizzo dei prodotti biologici, dei prodotti antiparassitari a uso speciale nonché dei medicinali ad uso veterinario non contrasta con il principio della libertà di stabilimento.

37      Poiché il giudice del rinvio ha in tal modo sufficientemente esposto i motivi che lo hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione di determinate disposizioni del diritto dell’Unione nonché il nesso da esso istituito tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale dev’essere dichiarata ricevibile.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

38      Va anzitutto osservato che, nel procedimento principale, il giudice del rinvio si trova ad applicare una normativa nazionale avente ad oggetto l’esercizio stabile di attività di commercio al dettaglio e di utilizzo di prodotti biologici veterinari, di prodotti antiparassitari a uso speciale e di medicinali a uso veterinario, esercizio che può, in linea di principio, rientrare nell’ambito d’applicazione del capo 3 della direttiva 2006/123, relativo alla libertà di stabilimento.

39      È vero che deriva dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera f) della direttiva 2006/123 che i «servizi sanitari» sono espressamente esclusi dall’ambito d’applicazione di tale direttiva. Tuttavia, a termini del considerando 22 di quest’ultima, i servizi rientranti in tale deroga sono quelli «forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute», il che implica che essi siano forniti ad esseri umani.

40      Orbene, anche se le attività di commercio al dettaglio e di utilizzo di prodotti biologici veterinari, di prodotti antiparassitari ad uso speciale e di medicinali ad uso veterinario rientrano effettivamente nel settore sanitario, esse non costituiscono però servizi sanitari prestati ad esseri umani.

41      In tali circostanze, tali attività non rientrano nella deroga prevista all’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva suddetta.

42      Inoltre, poiché il giudice del rinvio ha fatto ampio riferimento, nella sua domanda, alla direttiva 2001/82 che stabilisce diversi principi relativi alla distribuzione dei medicinali veterinari, è necessario esaminare se siffatti principi ostino all’applicazione della direttiva 2006/123 in una situazione come quella di cui al procedimento principale.

43      Al riguardo, va sottolineato che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, se le disposizioni di quest’ultima confliggono con una disposizione di un altro atto dell’Unione che disciplina aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, la disposizione di quest’altro atto dell’Unione prevale e si applica a tali settori o professioni specifiche.

44      Tuttavia, anche se la direttiva 2001/82 disciplina taluni aspetti della distribuzione dei medicinali veterinari per proteggere la sanità pubblica, non si può tuttavia ritenere che essa disciplini le condizioni in cui gli Stati membri devono autorizzare persone che non possiedono la qualifica di veterinario a praticare il commercio al dettaglio delle diverse sostanze veterinarie di cui al procedimento principale, a utilizzare tali sostanze e quindi a somministrarle.

45      Vero è che talune regole a disciplina di tali attività sono enunciate all’articolo 66, paragrafo 1, e l’articolo 68, paragrafo 1, di tale direttiva. Tuttavia, all’articolo 66, paragrafo 1, di quest’ultima prevede che gli Stati membri debbano riservare l’esercizio dell’attività di commercio al dettaglio dei medicinali veterinari alle sole persone ad esso autorizzate dalla normativa nazionale, pur lasciando liberi gli stessi Stati di fissare le condizioni che presiedono a siffatta autorizzazione. Ne consegue che tale articolo conferisce agli Stati membri la competenza a definire i presupposti d’accesso alle attività suddette.

46      Quanto all’articolo 68, paragrafo 1, della direttiva 2001/82, esso prevede che gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure utili affinché soltanto le persone autorizzate posseggano o abbiano nella propria disponibilità un medicinale veterinario o una sostanza che possa essere utilizzata come tale e presenti proprietà antiparassitarie, senza precisare neanch’esso quali siano tali «persone autorizzate».

47      In tal contesto, va inoltre disattesa l’interpretazione della direttiva 2001/82 sostenuta dall’Associazione dei distributori di prodotti ad uso veterinario, secondo cui dagli articoli 67 e 69 di tale direttiva si potrebbe dedurre il diritto in capo ai proprietari di animali di somministrare essi stessi ai loro animali i medicinali veterinari che sono stati prescritti loro.

48      Infatti, è sufficiente osservare al riguardo che, da un lato, sebbene l’articolo 67 della direttiva 2001/82 tenda a fungere da cornice alla disciplina della consegna dei medicinali al pubblico, lo stesso articolo indica che esso si applica fatte salve le norme nazionali più rigorose a tutela della salute umana. D’altra parte, anche se l’articolo 69 di tale direttiva impone ai proprietari di animali di essere in grado di giustificare l’uso di qualsiasi medicinale veterinario per un periodo di cinque anni, tale disposizione non precisa tuttavia che i proprietari di animali dispongono del diritto di somministrare essi stessi tali medicinali.

49      Ne consegue che le due questioni presentate, che si limitano a menzionare «il diritto dell’Unione» senza fare riferimento a sue precise disposizioni, devono essere esaminate soltanto alla luce della direttiva 2006/123 e, più precisamente, dell’articolo 15 della stessa.

 Sulla prima questione

50      La prima questione va intesa nel senso che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 della direttiva 2006/123 debba essere interpretato dichiarando che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i veterinari beneficino di un diritto di esclusiva sulla commercializzazione al dettaglio e l’utilizzazione di prodotti biologici veterinari, antiparassitari per usi speciali e medicinali veterinari.

51      Va anzitutto ricordato che, in conformità all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, gli Stati membri devono, in primo luogo, esaminare se il loro sistema giuridico preveda uno dei requisiti di cui al paragrafo 2 di tale articolo, poi, in caso affermativo, vegliare a che tale requisito sia compatibile con le condizioni previste al paragrafo 3 dell’articolo stesso e, infine, eventualmente, adeguare le proprie disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle compatibili con dette condizioni.

52      Tra i «requisiti da valutare» menzionati all’articolo 15, paragrafo 2, di tale direttiva, figura, al punto d) di tale disposizione, quello che riserva l’accesso a un’attività a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività in questione.

53      Nella fattispecie, va constatato che una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale riserva l’esercizio delle attività di commercio al dettaglio e di utilizzo di taluni prodotti veterinari ai soli veterinari e prevede pertanto un requisito del tipo di quelli contemplati all’articolo 15, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2006/123.

54      Di conseguenza, un requisito siffatto deve soddisfare le tre condizioni esposte all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva suddetta, cioè essere non discriminatorio, necessario e proporzionato alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale.

55      Per quanto riguarda, anzitutto, la prima delle tre condizioni suddette, non vi è nulla del fascicolo sottoposto alla Corte che indichi che il requisito previsto al punto 53 della presente sentenza sia direttamente o indirettamente discriminatorio, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2006/123.

56      Riguardo alla seconda di tali condizioni, poi, va precisato che il governo rumeno ha indicato che tale requisito è inteso a garantire la tutela della sanità pubblica.

57      Orbene, deriva da una costante giurisprudenza della Corte che la tutela della sanità pubblica figura tra i motivi imperativi di interesse pubblico riconosciuti dal diritto dell’Unione e che tale motivo può giustificare l’adozione, da parte di uno Stato membro, di provvedimenti diretti a garantire un approvvigionamento della popolazione sicuro e di qualità in medicinali (v., in tal senso, segnatamente sentenza del 5 dicembre 2013, Venturini e a., da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punti 41 e 42).

58      Infine, per quanto riguarda la terza condizione di cui all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, essa presuppone il ricorrere di tre elementi, cioè che il requisito deve essere idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito, non eccedere quanto è necessario per raggiungerlo e non poter essere sostituito da una misura meno vincolante che consenta di ottenere lo stesso risultato.

59      Rispetto al primo elemento, occorre ricordare, sul piano generale, il carattere del tutto particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per via dei loro effetti terapeutici (sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a., C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 31).

60      Di conseguenza, la Corte ha ammesso, in particolare, che un requisito diretto riservare il commercio dei medicinali a taluni professionisti possa essere giustificato con le garanzie che questi ultimi devono offrire e con le informazioni che essi devono essere in grado di dare al consumatore (v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2009, Commissione/Italia, C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 58).

61      Sebbene la Corte si sia pronunciata in tal senso nel settore dei medicinali per uso umano, si deve sottolineare, segnatamente, che talune malattie animali sono trasmissibili all’uomo e che i prodotti alimentari d’origine animale sono idonei a mettere in pericolo la salute degli esseri umani, se provengono da animali malati o portatori di batteri resistenti ai trattamenti, nonché qualora contengano residui di medicinali utilizzati per il trattamento degli animali. Orbene, se le sostanze veterinarie vengono somministrate con modalità oppure in quantitativi scorretti, la loro efficacia terapeutica può venir meno oppure la loro utilizzazione eccessiva può, in particolare, comportare la presenza di residui siffatti nei prodotti alimentari d’origine animale nonché, eventualmente, nel lungo periodo, la resistenza al trattamento di taluni batteri presenti nella catena alimentare.

62      Ne consegue che le considerazioni svolte in merito al commercio dei medicinali per uso umano esposte al punto precedente della presente sentenza sono in linea di principio trasponibili al settore del commercio di medicinali ad uso veterinario e prodotti simili. Nondimeno, nei limiti in cui tali medicinali non producono che effetti indiretti sulla salute umana, l’ampiezza del margine discrezionale di cui gli Stati membri dispongono in tale secondo settore non deve necessariamente essere la stessa di quella che vale in materia di commercio dei medicinali per uso umano.

63      Conseguentemente, l’esclusiva del commercio e dell’utilizzo di talune sostanze veterinarie concessa ai veterinari in quanto questi ultimi dispongono delle conoscenze e delle qualità professionali per somministrare essi stessi secondo modalità e in quantitativi corretti tali sostanze, o per istruire al riguardo correttamente altre persone interessate, costituisce un provvedimento idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo di tutela della sanità pubblica individuato al punto 57 della presente sentenza.

64      Per quanto riguarda il secondo elemento di tale terza condizione, cioè che il requisito di cui trattasi non deve eccedere quanto necessario per conseguire detto obiettivo, si deve ricordare che la tutela della sanità pubblica occupa il primo posto tra i beni degli interessi protetti dal Trattato UE e che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale essi intendono garantire tale tutela nonché il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché tale livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità a tal riguardo (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2008, Commissione/Germania, C‑141/07, EU:C:2008:492, punto 51).

65      L’esistenza di tale margine si impone a maggior ragione in quanto, qualora sussistano incertezze relative all’esistenza o l’importanza di rischi per la salute delle persone, gli Stati membri devono avere la possibilità di adottare misure di protezione senza dover attendere che la realtà di tali rischi sia pienamente dimostrata. In particolare, gli Stati membri devono poter adottare qualunque misura atta a ridurre, per quanto possibile, i rischi per la salute, compresi i rischi per la fornitura di medicinali sicura e di qualità alla popolazione (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2013, Venturini e a., da С‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punto 60).

66      Orbene, risulta dalle disposizioni citate dal giudice del rinvio che tale Stato membro ha appunto operato una distinzione tra i prodotti veterinari in funzione della gravità del rischio per la salute incorso. Infatti, anche se tale normativa non consente ai proprietari di animali la somministrazione dei medicinali prescritti in forma iniettabile che, con tutta evidenza, presenta rischi supplementari, essa riconosce loro, per contro, la facoltà di somministrare essi stessi siffatti medicinali in forme non iniettabili.

67      Peraltro, nulla nel fascicolo sottoposto alla Corte indica che, adottando la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, lo Stato membro interessato abbia superato il margine discrezionale che gli dev’essere riconosciuto in tale ambito.

68      Per quanto riguarda, infine, il terzo elemento della terza condizione di cui all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, relativo all’assenza di misure meno vincolanti che consentano di raggiungere lo stesso obiettivo, la Commissione sostiene che l’obiettivo di tutela della sanità pubblica avrebbe potuto essere raggiunto in modo altrettanto efficace mediante un provvedimento che consentisse la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi da parte di altri professionisti debitamente qualificati, come farmacisti o altre persone dotate di una formazione professionale avanzata nel settore farmaceutico.

69      Tuttavia, anche se tali altri professionisti possono effettivamente disporre di conoscenze molto approfondite quanto alle proprietà delle diverse componenti dei medicinali veterinari, nulla indica che essi abbiano una formazione particolare in materia di salute animale.

70      Non risulta quindi con evidenza che la misura proposta dalla Commissione sia idonea a garantire lo stesso risultato di quella prevista da una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

71      Quanto alla circostanza, del pari richiamata dalla Commissione, che la vendita di taluni medicinali veterinari sia soggetta a prescrizione medica, beninteso già indicante la modalità di somministrazione e la posologia di tali medicinali, tenuto conto del margine discrezionale di cui gli Stati membri dispongono, questi ultimi possono ritenere che, di per sé, una prescrizione medica non sia sufficiente per escludere il rischio che i medicinali così prescritti siano somministrati secondo modalità o in quantitativi scorretti (v., per analogia, sentenza del 16 dicembre 2010, Commissione/Francia, C‑89/09, EU:C:2010:772, punto 60).

72      In tal contesto, va constatato che il requisito posto da una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale risulta conforme alla terza condizione prevista all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

73      Dall’insieme delle considerazioni che precedono deriva che occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 15 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che preveda, a favore dei veterinari, l’esclusiva del commercio al dettaglio e dell’utilizzo dei prodotti biologici, dei prodotti antiparassitari ad uso speciale e di medicinali ad uso veterinario.

 Sulla seconda questione

74      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 15 della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, secondo cui il capitale sociale degli stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari dev’essere detenuto esclusivamente o, quantomeno, in misura maggioritaria da uno o più veterinari.

75      Ciò posto, come la Commissione ha giustamente sottolineato le disposizioni di diritto nazionale citate dal giudice del rinvio prevedono soltanto che la totalità del capitale degli stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari sia detenuta esclusivamente da veterinari, mentre non vi è menzionata nessuna ipotesi di detenzione meramente maggioritaria.

76      In tal contesto, occorre rispondere a tale questione soltanto nella misura in cui riguarda la compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che impone una detenzione esclusiva, da parte di uno o più veterinari, del capitale degli stabilimenti che esercitano il commercio al dettaglio dei medicinali veterinari.

77      Per risolvere tale questione, va osservato che l’articolo 15, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123 menziona, tra i requisiti da valutarsi, quelli relativi alla detenzione del capitale sociale. Pertanto, una normativa nazionale che preveda siffatto requisito relativo alla qualità dei detentori delle quote sociali dello stabilimento interessato può essere considerata compatibile con tale articolo 15 soltanto se soddisfa le tre condizioni enunciate al suo paragrafo 3.

78      Nella fattispecie, anzitutto, è pacifico che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale soddisfa la prima di tali condizioni attinente all’assenza di discriminazione in base alla nazionalità.

79      Per quanto riguarda, poi, la seconda condizione, attinente alla necessità del requisito di cui trattasi, risulta che, adottando siffatta normativa, il legislatore rumeno ha inteso segnatamente garantire che la gestione del commercio al dettaglio dei medicinali veterinari sia efficacemente controllata da veterinari.

80      Orbene, come risulta dalla risposta fornita alla prima questione, tale obiettivo deve essere considerato rientrante in quello, più ampio, della tutela della sanità pubblica, che costituisce un motivo imperativo di interesse generale.

81      Per quanto riguarda, infine la terza condizione relativa alla proporzionalità di tale requisito, quest’ultima richiede, in primo luogo, che la normativa di cui trattasi sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito.

82      Al riguardo, tenuto conto del margine discrezionale di cui uno Stato membro dispone, come ricordato al punto 64 della presente sentenza, quest’ultimo può ritenere che sussista un rischio che, qualora soggetti che non siano veterinari si trovino in una posizione che consente loro di esercitare un’influenza sulla gestione degli stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari, essi adottino strategie economiche idonee a pregiudicare l’obiettivo di sicurezza e di qualità dell’approvvigionamento in medicinali dei detentori di animali, nonché l’autonomia dei veterinari che intervengono nell’ambito di tali stabilimenti, in particolare essendo indotti a smaltire medicinali il cui immagazzinamento non sia più redditizio oppure procedendo a riduzioni delle spese di funzionamento (v., per analogia, sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a., C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 40).

83      Orbene, una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, implicando che la gestione degli stabilimenti in questione sia effettuata in condizioni che garantiscano ai veterinari la detenzione esclusiva del capitale di tali stabilimenti, è idonea a ridurre siffatto rischio e a garantire quindi la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue.

84      Infatti, i veterinari che sono detentori del capitale di uno stabilimento che commercializza al dettaglio medicinali veterinari, sono soggetti, contrariamente agli operatori economici non veterinari, a norme deontologiche dirette a moderare tale ricerca di utili, in modo che il loro interesse connesso alla realizzazione di utili possa risultare temperato dalla responsabilità che incombe loro, dato che un’eventuale violazione delle regole legali o deontologiche mette a repentaglio non soltanto il valore dei loro investimenti, ma anche la loro esistenza professionale (v., per analogia, sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a., C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punto 37).

85      In secondo e in terzo luogo, perché possa essere considerato proporzionato, il requisito secondo cui il capitale di uno stabilimento che commercializza al dettaglio medicinali veterinari deve essere esclusivamente detenuto da veterinari deve inoltre non eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo previsto e non poter essere sostituito da altre misure meno vincolanti che consentano di raggiungere lo stesso risultato.

86      Orbene, anche se, come risulta dalla giurisprudenza della Corte citata al punto 82 della presente sentenza, uno Stato membro può legittimamente impedire che operatori economici non veterinari siano in una posizione che consente loro di esercitare un’influenza determinante sulla gestione di stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari, l’obiettivo richiamato allo stesso punto della presente sentenza non può giustificare che tali operatori siano del tutto esclusi dalla detenzione del capitale di tali stabilimenti, in quanto non è escluso che un controllo effettivo su questi stabilimenti possa essere esercitato da veterinari anche nell’ipotesi in cui questi ultimi non detengano la totalità del capitale di detti stabilimenti, nella misura in cui la detenzione da parte di non veterinari di una quota limitata di tale capitale non necessariamente impedirebbe un controllo siffatto. Pertanto, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo da essa perseguito.

87      Tale considerazione non può essere rimessa in discussione dal precetto che scaturisce dalla sentenza del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:2009:315), in cui la Corte ha considerato compatibile con la libertà di stabilimento e con la libertà di circolazione dei capitali una normativa nazionale che ostava non soltanto a che non farmacisti detenessero, in società di gestione di farmacie, partecipazioni rilevanti idonee a conferire loro una sicura influenza sulla gestione di queste ultime, ma anche a che investitori non farmacisti, provenienti da altri Stati membri, acquisissero, in tali società, partecipazioni di minore rilevanza, inidonee a conferire un’influenza siffatta.

88      Infatti, anche se, come risulta dal punto 62 della presente sentenza, in linea di principio, le considerazioni valide per il settore dei medicinali ad uso umano possono essere trasposte all’ambito del commercio di medicinali ad uso veterinario, il margine discrezionale che deve essere riconosciuto agli Stati membri al fine di garantire la qualità dell’approvvigionamento in medicinali veterinari e l’indipendenza dei veterinari che operano negli stabilimenti che commercializzano tali medicinali è più ristretto di quello di cui essi possono beneficiare in taluni altri settori più strettamente connessi alla tutela della salute umana e non può, pertanto, estendersi fino ad escludere qualsiasi partecipazione dei non veterinari al capitale di tali stabilimenti.

89      Di conseguenza, alla seconda questione occorre rispondere dichiarando che l’articolo 15 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale il capitale sociale degli stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari dev’essere detenuto esclusivamente da uno o più veterinari.

 Sulle spese

90      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che preveda, a favore dei veterinari, l’esclusiva del commercio al dettaglio e dell’utilizzo dei prodotti biologici, dei prodotti antiparassitari ad uso speciale e dei medicinali ad uso veterinario.

2)      L’articolo 15 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale il capitale sociale degli stabilimenti che commercializzano al dettaglio medicinali veterinari dev’essere detenuto esclusivamente da uno o più veterinari.

Firme


*      Lingua processuale: il rumeno.