Language of document : ECLI:EU:C:2020:125

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

27 febbraio 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Direttiva 2000/78/CE – Articoli 2 e 6 – Divieto di qualsiasi discriminazione fondata sull’età – Retribuzione dei dipendenti pubblici – Regime retributivo discriminatorio – Aumento di retribuzione calcolato sulla base di una classificazione discriminatoria anteriore – Nuova discriminazione – Articolo 9 – Risarcimento a causa di una normativa discriminatoria – Termine di decadenza per presentare una domanda di risarcimento – Principi di equivalenza e di effettività»

Nelle cause riunite da C‑773/18 a C‑775/18,

aventi ad oggetto tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgericht Halle (Tribunale amministrativo di Halle, Germania), con decisioni del 15 agosto 2018, pervenute in cancelleria il 10 dicembre 2018, nei procedimenti

TK (C‑773/18),

UL (C‑774/18),

VM (C‑775/18)

contro

Land SachsenAnhalt,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Settima Sezione, T. von Danwitz e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez‑Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Land Sachsen‑Anhalt, da J. Barone, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da C. Valero, B.‑R. Killmann e T. Maxian Rusche, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 2, 6, 9 e 17 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16) e dell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di tre controversie tra TK (C‑773/18), UL (C‑774/18) e VM (C‑775/18), da un lato, e il Land Sachsen‑Anhalt (Land Sassonia‑Anhalt, Germania), dall’altro, in merito a domande di risarcimento danni per una discriminazione in base all’età asseritamente subita al momento del loro inquadramento nel livello in occasione della loro assunzione come giudice o dipendente pubblico di tale Land.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2000/78 «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

4        L’articolo 2 di detta direttiva prevede quanto segue:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.      Ai fini del paragrafo 1:

a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b)      sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i)      tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; (...)

(...)».

5        L’articolo 6 della citata direttiva è formulato nei termini seguenti:

«1.      Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

a)      la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;

b)      la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;

c)      la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento.

2.      Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la fissazione per i regimi professionali di sicurezza sociale di un’età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all’invalidità, compresa la fissazione per tali regimi di età diverse per lavoratori o gruppi o categorie di lavoratori e l’utilizzazione, nell’ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali non costituisca una discriminazione fondata sull’età purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso».

6        L’articolo 9 della medesima direttiva è così formulato:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto nel quale si ritiene si sia verificata la discriminazione, a procedure giudiziarie e/o amministrative, comprese, ove lo ritengano opportuno, le procedure di conciliazione, finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.

(...)

3.      I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le norme nazionali relative ai termini temporali stabiliti per la presentazione di un ricorso per quanto riguarda il principio della parità di trattamento».

7        Ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2000/78:

«Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 2 dicembre 2003 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive».

 Diritto tedesco

8        Ai sensi dell’articolo 1, l’Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz (legge generale sulla parità di trattamento), del 14 agosto 2006 (BGBl. I, pag. 1897; in prosieguo l’«AGG»), ha come obiettivo la prevenzione o l’eliminazione di qualsiasi discriminazione fondata sulla razza, l’origine etnica, il sesso, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’identità sessuale.

9        L’articolo 7, paragrafo 1, dell’AGGcosì recita:

«I lavoratori non devono essere discriminati per nessuno dei motivi di cui all’articolo 1 (...)».

10      L’articolo 15 dell’AGG, intitolato «Indennizzo e risarcimento danni», prevede:

«(1)      In caso di violazione del divieto di discriminazione, il datore di lavoro è tenuto a riparare il danno che ne risulta. Tale norma non si applica qualora il datore di lavoro non sia responsabile della violazione di detto obbligo.

(2)      Per quanto riguarda il danno non patrimoniale, il lavoratore ha diritto a un adeguato risarcimento pecuniario. (...)

(...)

(4)      I diritti di cui ai paragrafi 1 o 2 devono essere fatti valere in forma scritta entro il termine di due mesi, salvo il caso in cui le parti delle contrattazioni collettive abbiano diversamente convenuto. Nell’ipotesi di candidatura ad un posto di lavoro o di promozione professionale, il termine inizia a decorrere dal momento della notifica del rifiuto e negli altri casi di pregiudizio dal momento in cui il lavoratore è venuto a conoscenza della discriminazione.

(...)».

11      Ai sensi dell’articolo 24, le disposizioni dell’AGG si applicano mutatis mutandis, segnatamente, ai dipendenti pubblici e ai giudici.

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

12      La ricorrente nel procedimento principale nella causa C‑773/18 esercita, dal 1° gennaio 2010, la funzione di giudice presso un organo giurisdizionale del Land Sassonia‑Anhalt. I ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑774/18 e C‑775/18 sono dipendenti pubblici di tale Land rispettivamente dal 1° agosto 2006 e dal 1° gennaio 2009.

13      Fino al 31 marzo 2011 incluso, i ricorrenti nei procedimenti principali sono stati retribuiti ai sensi della Bundesbesoldungsgesetz (legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici) del 6 agosto 2002 (BGBl. I, pag. 3020), come modificata dalla legge del 12 luglio 2006 (BGBl. I, pag. 1466) (in prosieguo: la «precedente legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici»). In conformità a tale legge, il livello dello stipendio di base di un dipendente pubblico o di un giudice all’interno di ciascun grado è stato determinato, al momento dell’assunzione, in base all’età del medesimo.

14      Nella sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560), la Corte ha dichiarato che il principio di non discriminazione in base all’età sancito dall’articolo 21 della Carta e concretizzato dalla direttiva 2000/78, più in particolare dall’articolo 2 e dall’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, osta a che, nell’ambito di ciascun grado, il livello dello stipendio base di un agente contrattuale del settore pubblico sia determinato, al momento dell’assunzione di tale agente, in funzione della sua età.

15      Secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, a seguito della pronuncia di tale sentenza, il Land Sassonia‑Anhalt ha adottato lo stesso approccio del Bundesministerium des Innern (Ministero federale dell’Interno, Germania), che ha dato istruzioni alle autorità federali, con due circolari del 27 gennaio 2012 e del 23 marzo 2012, di respingere qualsiasi reclamo presentato dai dipendenti pubblici o dai giudici contro la determinazione della loro retribuzione ai sensi della precedente legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici, per il motivo che la suddetta sentenza era diretta agli agenti contrattuali e non poteva essere trasposta alla situazione dei dipendenti pubblici e dei giudici.

16      Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio emerge inoltre che i giudici amministrativi tedeschi sono stati discordi sulla questione se i principi enunciati nella sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560) fossero trasponibili alle condizioni di retribuzione dei dipendenti pubblici e dei giudici.

17      I ricorrenti nei procedimenti principali hanno presentato, rispettivamente il 16 dicembre 2013 (C‑773/18), il 17 febbraio 2012 (C‑774/18) e il 21 dicembre 2012 (C‑775/18), al Land Sassonia‑Anhalt reclami contro la determinazione della loro retribuzione fino al 31 marzo 2011, adducendo una discriminazione basata sull’età. Essi hanno chiesto, in particolare, il versamento dell’indennizzo ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG.

18      Con sentenze del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005), nonché del 9 settembre 2015, Unland (C‑20/13, EU:C:2015:561), la Corte ha dichiarato che gli articoli 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, ostano ad un provvedimento nazionale in forza del quale, all’interno di ciascun grado, il livello dello stipendio base di un dipendente pubblico o di un giudice è determinato, all’atto dell’assunzione, in funzione della sua età.

19      Con due leggi adottate rispettivamente il 18 dicembre 2015 e l’8 dicembre 2016, il Land Sassonia‑Anhalt ha preceduto ad un aumento di retribuzione applicabile, a partire dal 2008, a tutti i dipendenti pubblici e ai giudici impiegati nel suo servizio. Per il periodo fino al 31 marzo 2011 incluso, il suddetto aumento è stato effettuato secondo una percentuale dello stipendio base che i dipendenti pubblici e i giudici avevano effettivamente percepito, nel corso di ciascun anno pertinente, ai sensi della precedente legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici.

20      Il giudice del rinvio dichiara che tale aumento di retribuzione era destinato ad attuare due sentenze del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania) con le quali aveva dichiarato che la retribuzione dei giudici e dei dipendenti pubblici del Land Sassonia‑Anhalt era inferiore al minimo legale imposto dal Grundgesetz (Legge fondamentale) e aveva ordinato al medesimo di aumentare, a partire dal 2008, la retribuzione dei dipendenti pubblici e dei giudici al suo servizio.

21      Il 24 marzo 2016 (C‑773/18), il 27 giugno 2016 (C‑774/18) e il 24 febbraio 2016 (C‑775/18), i reclami dei ricorrenti nei procedimenti principali sono stati respinti in quanto presentati fuori termine. A tale riguardo, il Land Sassonia‑Anhalt ha ritenuto, in particolare, che i medesimi avrebbero dovuto chiedere il versamento dell’indennizzo previsto dall’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG entro il termine di due mesi previsto dall’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG, che è iniziato a decorrere l’8 settembre 2011, giorno della pronuncia della sentenza nella causa Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560).

22      Il 18 aprile 2016 (C‑773/18), il 22 luglio 2016 (C‑774/18) e il 23 marzo 2016 (C‑775/18), ciascuno dei ricorrenti nei procedimenti principali ha presentato un ricorso dinanzi al giudice del rinvio per ottenere segnatamente la condanna del Land Sassonia‑Anhalt a versare loro l’indennizzo di cui all’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG.

23      Tale giudice si chiede, da un lato, se l’aumento retroattivo delle retribuzioni dei giudici e dei dipendenti pubblici per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 marzo 2011 non contenga una nuova discriminazione in base all’età, dato che tale aumento ammonta a una percentuale dello stipendio base percepito in virtù dell’inquadramento discriminatorio nel livello ai sensi della precedente legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici.

24      Dall’altro lato, il giudice del rinvio si chiede se la pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai, (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560) abbia potuto far decorrere, per i ricorrenti nei procedimenti principali, il termine di due mesi previsto dall’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG per far valere i loro diritti, nella fattispecie mediante la presentazione di reclami. Tenuto conto del fatto che oltre il 60% di siffatti reclami presentati in Sassonia‑Anhalt sono stati respinti per inosservanza di detto termine, tale giudice dubita che i dipendenti pubblici e i giudici che si sono trovati in una situazione come quella dei ricorrenti nei procedimenti principali siano potuti venire a conoscenza, fin dalla pronuncia di tale sentenza, del carattere discriminatorio del calcolo della propria retribuzione.

25      Ciò premesso, il Verwaltungsgericht Halle (Tribunale amministrativo di Halle, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un aumento percentuale apportato a posteriori nell’ambito di un sistema di retribuzione discriminatorio sulla base dell’età costituisca una nuova discriminazione qualora la percentuale di aumento sia uguale per tutti i livelli di un determinato grado di retribuzione e, di conseguenza, cambi sì il divario assoluto, ma non quello relativo tra i soggetti discriminati e quelli non discriminati.

2)      Qualora la risposta alla prima questione sia affermativa, se un tale aumento percentuale per tutti i livelli di età sia giustificato quando l’aumento si fonda sul fatto che la retribuzione originaria è inferiore al minimo previsto dalla Costituzione dello Stato membro.

3)      Se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 9 della direttiva [2000/78], osti a una normativa secondo cui il diritto a indennizzo per retribuzione discriminatoria a motivo dell’età decade dopo due mesi allorché:

–        il termine decorre dalla pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, ECLI:EU:C:2011:560), sebbene l’interessato non rientri nel contratto collettivo degli agenti contrattuali del settore pubblico federale (Bundes‑Angestelltentarifvertrag), bensì la sua situazione personale rifletta quella di cui alla [causa che ha dato luogo alla sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005), o di cui alla causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 settembre 2015, Unland (C‑20/13, ECLI:EU:C:2015:561)];

–        la [sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560),] può essere reperita dai dipendenti pubblici e giudici interessati (lavoratori) solo da fonti pubbliche generali;

–        dopo la pronuncia della suddetta sentenza i datori di lavoro hanno negato la sua trasponibilità ai dipendenti pubblici [o ai giudici] e hanno messo in tal modo in discussione la presenza di una discriminazione fondata sull’età, tesi giuridica comunicata almeno in parte anche all’esterno;

–        la giurisprudenza dei tribunali amministrativi di primo grado emanata entro il suddetto termine e anche in seguito, fino alla pronuncia della sentenza del 19 giugno 2014, Specht (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, ECLI:EU:C:2014:2005), ha prevalentemente negato la presenza di una discriminazione fondata sull’età;

–        entro tale termine non era disponibile una giurisprudenza di organi giurisdizionali [nazionali] superiori, e la prima decisione del massimo grado di giudizio è stata adottata solo dopo la pronuncia [della sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005)];

–        nel rapporto di agenti contrattuali o giudici (rapporto di lavoro) si applicano termini di decadenza solo per il rimborso di determinate spese, e tali termini non sono inferiori ai sei mesi;

–        i diritti al compenso per l’attività lavorativa (retribuzione) sono soggetti a un termine di prescrizione triennale, decorrente dalla fine dell’anno in cui è maturato il diritto e il beneficiario ne viene a conoscenza o avrebbe dovuto averne conoscenza, altrimenti il termine di prescrizione è di dieci anni;

–        i diritti nazionali al compenso per l’attività lavorativa (retribuzione) non stabiliti dalla legge devono essere fatti valere entro breve, ovvero entro l’esercizio finanziario annuale per il quale sono richiesti.

4)      Se influisca sulla risposta alla terza questione il fatto che la situazione giuridica sia incerta o confusa.

5)      Se sia sufficiente per far decorrere un termine di decadenza il fatto che la cerchia di persone svantaggiate sia a conoscenza del diverso trattamento, o se debba essere noto anche il motivo della differenza di trattamento, ossia il criterio di differenziazione».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni prima e seconda

 Sulla ricevibilità

26      Il Land Sassonia‑Anhalt contesta la ricevibilità della prima e della seconda questione pregiudiziale facendo valere che esse non sono rilevanti ai fini della decisione della controversia principale. Poiché, infatti, i procedimenti principali riguardano il versamento di un indennizzo ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG, sarebbe irrilevante la circostanza se i ricorrenti nei procedimenti principali abbiano diritto ad una retribuzione supplementare per una seconda presunta discriminazione.

27      In proposito, occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).

28      Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in modo manifesto che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata).

29      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte, emerge che i ricorrenti nei procedimenti principali sostengono dinanzi al giudice del rinvio che l’aumento retroattivo delle retribuzioni dei giudici e dei pubblici dipendenti per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 marzo 2011 ha dato luogo ad un nuovo termine ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG, in quanto esso comportava una nuova discriminazione fondata sull’età.

30      In tali circostanze, la Corte non può ritenere che l’interpretazione del diritto dell’Unione auspicata sia estranea alla realtà o all’oggetto dei procedimenti principali o che la prima e la seconda questione siano di natura ipotetica.

31      Ne consegue che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.

 Nel merito

32      Con la prima e la seconda questione, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 2 e 6 della direttiva 2000/78 debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una misura che concede a pubblici dipendenti e a giudici, al fine di garantire loro una retribuzione adeguata, un aumento di retribuzione pari ad una percentuale dello stipendio base che essi hanno percepito in precedenza in virtù, in particolare, di un livello dello stipendio base che era stato determinato, per ciascun grado, al momento dell’assunzione, in funzione della loro età.

33      Come risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, il principio della parità di trattamento deve essere inteso, ai sensi di tale direttiva, come l’assenza di qualsiasi discriminazione, diretta o indiretta, per uno dei motivi di cui all’articolo 1 di detta direttiva. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima precisa che sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1 della medesima direttiva, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia trattata un’altra in una situazione analoga.

34      Occorre pertanto valutare, in primo luogo, se un aumento di retribuzione come quello di cui trattasi nei procedimenti principali comporti una disparità di trattamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

35      A tale proposito, è pacifico che l’aumento di retribuzione previsto dalle leggi del 18 dicembre 2015 e dell’8 dicembre 2016 del Land Sassonia-Anhalt è stato concesso ai giudici e ai dipendenti pubblici interessati al fine di permettere loro di percepire una retribuzione adeguata all’importanza delle loro funzioni, come imposta dalla Legge fondamentale, per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011 in percentuale dello stipendio base precedentemente percepito, essendo il livello dello stipendio base stesso stato determinato, per ciascun grado, al momento dell’assunzione di tali giudici e dipendenti pubblici, in base all’età di questi ultimi, in conformità alla precedente legge federale sulla retribuzione dei pubblici dipendenti. Orbene, la Corte ha dichiarato che gli articoli 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 ostano a una misura nazionale in forza della quale, nell’ambito di ciascuna categoria di funzioni, il livello dello stipendio di base di un dipendente pubblico sia determinato, al momento dell’assunzione, in base all’età di quest’ultimo (sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a., da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, UE:C:2014:2005, punto 52).

36      Il giudice nazionale chiede pertanto se comporti una nuova disparità di trattamento in funzione dell’età il fatto che i dipendenti pubblici e i giudici svantaggiati per motivi di età dalla precedente legge federale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici ricevano, in ragione del loro stipendio base inferiore rispetto a quello dei dipendenti pubblici e dei giudici con esperienza equivalente ma assunti in età più avanzata rispetto a loro, un supplemento di stipendio inferiore, in cifre assolute, rispetto a questi ultimi per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 marzo 2011.

37      A tale riguardo, è vero che un aumento di retribuzione fissato ad una percentuale uniforme dello stipendio base di un pubblico dipendente o di un giudice non ha, in quanto tale, un legame intrinseco con l’età e non effettua alcuna differenziazione tra gli interessati se non quella risultante dal sistema di riferimento che determina tale stipendio base.

38      Tuttavia, come sottolinea il giudice del rinvio, poiché il sistema di riferimento è, nella fattispecie, la precedente legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici, che determinava il livello dello stipendio base per ogni grado al momento dell’assunzione di tali giudici e dipendenti pubblici, in funzione dell’età di questi ultimi, risulta che tale nesso ha come conseguenza che l’aumento di retribuzione di cui trattasi nei procedimenti principali, previsto dalle leggi del 18 dicembre 2015 e dell’8 dicembre 2016 del Land Sassonia‑Anhalt, si traduce anch’esso in una differenza di stipendio in funzione dell’età di tali giudici e pubblici dipendenti.

39      Ciò premesso, va constatato che l’aumento della retribuzione di cui trattasi nei procedimenti principali comporta una nuova disparità di trattamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

40      In secondo luogo occorre verificare se tale disparità di trattamento possa essere giustificata alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

41      Il primo comma di tale disposizione precisa che gli Stati membri possono prevedere che una disparità di trattamento in ragione dell’età non costituisca discriminazione qualora essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

42      La Corte ha ripetutamente dichiarato che gli Stati membri possono prevedere misure che contengano disparità di trattamento fondate sull’età, in conformità all’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/78. Essi dispongono di un ampio margine discrezionale non solo nella scelta di perseguire uno scopo determinato fra altri in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzarlo (sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a., da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005, punto 46).

43      Secondo il giudice del rinvio, la disparità di trattamento constatata al punto 39 della presente sentenza deriva dal perseguimento dell’obiettivo, derivante dalla Legge fondamentale, di garantire una retribuzione adeguata ai dipendenti pubblici e ai giudici del Land Sassonia‑Anhalt.

44      A tal proposito l’obiettivo diretto a garantire che i dipendenti pubblici e i giudici di tale Land percepiscano una retribuzione di livello adeguato all’importanza delle funzioni che esercitano deve essere considerato un obiettivo legittimo (v., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 2019, Escribano Vindel, C‑49/18, EU:C:2019:106, punto 66).

45      Occorre inoltre verificare, secondo i termini stessi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, se, nell’ambito dell’ampio margine discrezionale riconosciuto agli Stati membri e ricordato al punto 42 della presente sentenza, i mezzi adottati per il perseguimento di tale obiettivo siano appropriati e necessari.

46      A tale proposito, l’utilizzo di un aumento di retribuzione fissato come percentuale uniforme dello stipendio base appare, in linea generale, appropriato per raggiungere l’obiettivo di garantire che i dipendenti pubblici e i giudici ricevano un livello di retribuzione adeguato all’importanza delle funzioni che esercitano.

47      Per quanto riguarda la questione se tale misura vada al di là di quanto necessario per raggiungere tale legittimo obiettivo, il giudice nazionale si chiede se l’aumento di retribuzione non avrebbe dovuto essere fissato con altre modalità e, in particolare, con riferimento al livello più alto del grado interessato.

48      A tal proposito, occorre ricordare che, ai punti 63, 72 e 86 della sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005), la Corte ha dichiarato, in sostanza, che gli articoli 2 e 6 della direttiva 2000/78 non ostano ad una normativa nazionale volta ad eliminare le discriminazioni fondate sull’età che ha per riferimento, per un periodo transitorio, il regime di retribuzioni precedenti che si basava su una disparità di trattamento in funzione dell’età, nei limiti in cui tale riferimento è necessario per garantire la tutela dei diritti acquisiti e i suoi effetti sono destinati a diminuire e a scomparire nel tempo.

49      In tale contesto, la Corte ha rilevato, al punto 81 di tale sentenza, che il danno che un siffatto regime transitorio potrebbe arrecare ai dipendenti pubblici interessati è particolarmente complesso da determinare, tenuto conto, in particolare, del numero di dipendenti pubblici interessati e della mancanza di un sistema di riferimento valido che consenta un confronto tra i dipendenti avvantaggiati e i dipendenti svantaggiati.

50      La Corte ne ha dedotto, al punto 96 di tale sentenza, per quanto riguarda il periodo precedente l’entrata in vigore della nuova normativa nazionale, che un aumento di retribuzione calcolato con riferimento al livello più alto del grado interessato è destinato ad essere applicato solo in presenza di un sistema di riferimento valido e che tale sistema di riferimento non era rinvenibile nell’ambito della precedente legge federale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, in quanto gli aspetti discriminatori della medesima riguardavano potenzialmente tutti i dipendenti pubblici interessati.

51      Orbene, alla luce di tali elementi giurisprudenziali, occorre considerare che, a condizione che una misura come quella di cui trattasi nei procedimenti principali risponda all’esigenza di garantire la tutela dei diritti acquisiti in un contesto caratterizzato, in particolare, sia da un elevato numero di dipendenti pubblici e di giudici interessati sia dalla mancanza di un valido sistema di riferimento, e non comporti la perpetuazione nel tempo di una disparità di trattamento in funzione dell’età, gli articoli 2 e 6 della direttiva 2000/78 non ostano a che a un siffatto precedente regime retributivo sia collegato un aumento di retribuzione volto a garantire che i dipendenti pubblici e i giudici ricevano, per un breve periodo prima dell’entrata in vigore di una nuova normativa volta ad eliminare le discriminazioni fondate sull’età, un livello di retribuzione adeguato all’importanza delle funzioni che esercitano.

52      In tali circostanze, e fatte salve le verifiche che spettano quindi al giudice del rinvio, non risulta che la misura di cui trattasi nei procedimenti principali vada al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di assicurare una retribuzione adeguata ai dipendenti pubblici e ai giudici del Land Sassonia‑Anhalt, come imposto dalla Legge fondamentale.

53      Ne consegue che occorre rispondere alla prima e alla seconda questione che gli articoli 2 e 6 della direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una misura che concede a dipendenti pubblici e a giudici, al fine di garantire loro una retribuzione adeguata, un aumento di retribuzione pari ad una percentuale dello stipendio base che essi hanno percepito in precedenza in virtù, in particolare, di un livello dello stipendio base che era stato determinato, per ciascun grado, all’atto dell’assunzione, in funzione della loro età, a condizione che una siffatta misura risponda all’esigenza di garantire la tutela dei diritti acquisiti in un contesto caratterizzato, in particolare, sia da un elevato numero di dipendenti pubblici e di giudici interessati, sia dall’assenza di un valido sistema di riferimento e non comporti la perpetuazione nel tempo di una disparità di trattamento in funzione dell’età.

 Sulle questioni dalla terza alla quinta

54      Con le sue questioni dalla terza alla quinta, che devono anch’esse essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9 della direttiva 2000/78 e i principi di equivalenza e di effettività debbano essere interpretati nel senso che ostano a che uno Stato membro fissi il momento d’inizio della decorrenza di un termine di decadenza di due mesi per la presentazione di una domanda di risarcimento del danno derivante da una misura che costituisce una discriminazione in base all’età al giorno della pronuncia di una sentenza della Corte che ha accertato il carattere discriminatorio di una misura analoga, in particolare qualora esista, in tale Stato membro, una controversia in merito alla possibilità di trasporre alla misura in questione i precetti derivanti da tale sentenza.

55      In via preliminare va rilevato che è pacifico che l’AGG recepisce la direttiva 2000/78 nell’ordinamento giuridico tedesco, che l’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG è destinato a contribuire all’adempimento degli obblighi della Repubblica federale di Germania ai sensi dell’articolo 17 di tale direttiva e che detta disposizione dell’AGG prevede, a tale titolo, il risarcimento del danno morale causato da una discriminazione fondata sull’età.

56      Dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che la concessione di tale indennizzo dipende unicamente dalla prova dell’esistenza di una discriminazione, che il danno è valutato, secondo una giurisprudenza nazionale consolidata, su base forfettaria a 100 euro mensili per il periodo durante il quale la discriminazione si è protratta e che i diritti fondati sull’articolo15, paragrafo 2, dell’AGG devono essere fatti valere per iscritto presso il datore di lavoro ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG entro due mesi a decorrere dal momento in cui il dipendente viene a conoscenza della discriminazione.

57      Il momento d’inizio della decorrenza di tale termine è stato fissato, per situazioni come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, conformemente alla giurisprudenza del Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), alla data di pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560).

58      In tali circostanze, è necessario verificare se la durata di tale termine e la fissazione del momento d’inizio della decorrenza di tale termine all’8 settembre 2011 soddisfino i requisiti derivanti dall’articolo 9 della direttiva 2000/78 e i principi di equivalenza e di effettività.

59      Conformemente a tale disposizione, gli Stati membri sono tenuti a garantire segnatamente che le procedure amministrative dirette a far rispettare gli obblighi derivanti dalla direttiva 2000/78 siano accessibili a tutti coloro che si ritengono lesi dall’inosservanza nei loro confronti del principio della parità di trattamento.

60      Da tale disposizione discende quindi che la questione dei termini per avviare un procedimento finalizzato al rispetto degli obblighi derivanti da tale direttiva non è disciplinata dal diritto dell’Unione (sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 24).

61      Secondo una giurisprudenza costante, pertanto, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire tali modalità procedurali, purché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 25).

62      La Corte ha già dichiarato che l’articolo 9 della direttiva 2000/78 non osta ad un termine come quello previsto dall’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG, a condizione che, da un lato, tale termine non sia meno favorevole rispetto a quello relativo a ricorsi simili di natura interna e, dall’altro, il momento d’inizio della decorrenza di tale termine non renda impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 42).

63      Per quanto riguarda la compatibilità dell’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG con il principio di equivalenza, la Corte ha inoltre ritenuto che la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalla violazione del divieto di discriminazione fondata sulla razza o l’origine etnica, sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, è stata introdotta dall’AGG e che quindi, in senso stretto, non esistevano procedure equivalenti prima dell’adozione di tale legge (sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, UE:C:2010:418, punto 30). Orbene, tale constatazione sembra essere confermata dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte.

64      Risulta, peraltro, da tale medesimo fascicolo che i diritti conferiti dall’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG possono essere fatti valere indipendentemente dalla natura pubblica o privata del rapporto di lavoro e dalla questione se tali rapporti siano o meno coperti da un contratto collettivo.

65      Ciò premesso, spetta al giudice del rinvio verificare se i ricorsi di cui alla terza questione pregiudiziale, che sembrano tutti riferirsi a pretese pecuniarie specifiche dei rapporti di lavoro nella pubblica amministrazione, siano analoghi al ricorso per risarcimento danni proposto ai sensi dell’articolo 15 dell’AGG e comportino modalità procedurali più favorevoli, tenuto conto delle peculiarità dei procedimenti di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 29).

66      Il giudice del rinvio è infatti l’unico a disporre di conoscenza diretta delle modalità procedurali di tali ricorsi nell’ambito del diritto del lavoro ed è quindi nella posizione migliore per esaminare tanto l’oggetto quanto gli elementi essenziali dei ricorsi di natura interna con i quali si asserisce che sussista un’analogia (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 28).

67      Ai fini di tale esame, si deve ricordare che il rispetto del principio di equivalenza presuppone che la norma controversa si applichi indifferentemente ai procedimenti fondati sulla violazione del diritto dell’Unione e a quelli fondati sull’inosservanza del diritto interno con analoghi petitum e causa petendi (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2018, Rudigier, C‑518/17, EU:C:2018:757, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

68      Per quanto riguarda il principio di effettività, occorre rilevare che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare segnatamente, se necessario, la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza del 21 dicembre 2016, TDC, C‑327/15, EU:C:2016:974, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

69      Per giurisprudenza costante, la fissazione dei termini di decadenza soddisfa, in linea di principio, l’esigenza di effettività dal momento che essa configura un’applicazione del principio fondamentale della certezza del diritto a tutela sia dell’interessato sia dell’amministrazione di cui trattasi. Infatti, termini del genere non sono tali da rendere, in linea di principio, praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Spetta tuttavia agli Stati membri determinare, per le normative nazionali che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, termini in funzione, segnatamente, della rilevanza che le decisioni da adottare rivestono per gli interessati, della complessità dei procedimenti e della legislazione da applicare, del numero di soggetti che possono essere coinvolti e degli altri interessi pubblici o privati che devono essere presi in considerazione. Nel rispetto di tale condizione, gli Stati membri restano liberi di prevedere termini più o meno lunghi (sentenza del 21 dicembre 2016, CCT, C‑327/15, EU:C:2016:974, paragrafo 98 e giurisprudenza ivi citata).

70      Per quanto riguarda, in particolare, l’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG, che prevede un termine di due mesi per presentare un reclamo al datore di lavoro, la Corte ha dichiarato che non risulta che la durata di tale termine di decadenza sia atta a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punti 38 e 39).

71      Per quanto riguarda il momento d’inizio della decorrenza del termine di decadenza, la Corte ha avuto modo di sottolineare che esso non può essere fissato in modo tale che il lavoratore rischi di non essere in grado di conoscere, entro tale termine, la sussistenza o la rilevanza della discriminazione di cui è stato vittima, circostanza che lo priverebbe della facoltà di far valere i propri diritti (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 40).

72      A questo proposito, la Corte ha affermato che, purché il momento d’inizio della decorrenza del termine previsto dall’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG sia il momento in cui il lavoratore è venuto a conoscenza dell’asserita discriminazione, tale disposizione non è atta a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 41).

73      Infatti, la Corte non considera una difficoltà eccessiva l’imposizione di termini di decadenza che iniziano a decorrere soltanto a partire dalla data alla quale l’interessato sia venuto a conoscenza della discriminazione asserita o, quantomeno, sarebbe dovuto venirne a conoscenza (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2019, Flausch e a., C‑280/18, EU:C:2019:928, punto 55).

74      Orbene, dalla giurisprudenza citata ai punti da 71 a 73 della presente sentenza risulta che, affinché una persona possa essere in grado di conoscere l’esistenza o la portata della discriminazione di cui è vittima, deve poter essere a conoscenza, al contempo, della disparità di trattamento cui è soggetta, del motivo di tale disparità di trattamento e del carattere discriminatorio della disparità di trattamento per tale motivo.

75      Nella fattispecie, nei limiti in cui la precedente legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici prevedeva che il livello di stipendio base di un dipendente pubblico o di un giudice all’interno di ciascun grado di funzione, all’atto dell’assunzione, fosse determinato in base alla sua età, i ricorrenti nei procedimenti principali erano in grado di venire a conoscenza, all’atto dell’assunzione, sia della differenza di stipendio sia del motivo di tale differenza.

76      Per contro, non risulta contestato nei procedimenti principali che i ricorrenti non erano a conoscenza, né erano in grado di venire a conoscenza, al momento della loro assunzione, del carattere discriminatorio della disparità di trattamento cui erano stati sottoposti a causa di tale motivo. Dalle decisioni di rinvio risulta infatti che essi ne sono venuti a conoscenza solo poco prima della presentazione dei loro reclami.

77      Si pone quindi la questione se i ricorrenti nei procedimenti principali fossero in grado di conoscere tale carattere discriminatorio a partire dal giorno della pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560), come sostenuto dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale), per il motivo che i punti di diritto rilevanti sono stati stabiliti in modo sufficientemente chiaro da tale sentenza.

78      A tale riguardo, la Corte ha ritenuto che la natura e la portata dell’obbligo incombente agli Stati membri in forza degli articoli 2, paragrafo 2, e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 rispetto ad una normativa nazionale come la precedente legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici sono state chiarite e precisate a partire dalla pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560) (sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005, punto 104).

79      È pacifico che il Land Sassonia‑Anhalt non ha, all’epoca, informato i suoi dipendenti della pronuncia di tale sentenza, ma che essa era disponibile sul sito Internet della Corte il giorno della pronuncia. Inoltre, dalle decisioni di rinvio si evince chiaramente che detta sentenza è stata diffusa sia presso il grande pubblico, attraverso i media tedeschi, sia presso membri di un sindacato che rappresenta i dipendenti pubblici di tale Land.

80      Il giudice del rinvio precisa che, delle 10 667 domande di versamento di indennizzi ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG presentate alle autorità di detto Land, 7 071 sono state respinte, di cui 6 516 sono state respinte per presentazione tardiva rispetto al termine previsto dall’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG. Pertanto, di siffatte domande, 4 151 sono state presentate entro tale termine, di cui oltre 700 da un sindacato che agisce per conto dei suoi membri.

81      Il giudice del rinvio ricorda che, nel periodo rilevante per i procedimenti principali, i dipendenti pubblici e i giudici al servizio del Land Sassonia‑Anhalt rientravano nell’ambito di applicazione non della normativa in questione nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, UE:C:2011:560), ma della normativa in questione nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005), nonché del 9 settembre 2015, Unland (C‑20/13, EU:C:2015:561).

82      Esso sottolinea che, a seguito della pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10EU:C:2011:560), il Land Sassonia‑Anhalt ha ritenuto, come il Ministero federale dell’Interno nelle sue circolari del 27 gennaio 2012 e del 23 marzo 2012, che i precetti derivanti da tale sentenza non potessero essere trasposti alla situazione dei dipendenti pubblici o dei giudici al proprio servizio, in quanto riguardavano solo quella degli agenti contrattuali.

83      Il giudice del rinvio precisa che tale punto di vista era condiviso, sino alla pronuncia delle sentenze del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005) e del 9 settembre 2015, Unland (C‑20/13, EU:C:2015:561), dalla maggioranza dei giudici amministrativi tedeschi, in quanto il chiarimento apportato dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) è intervenuto solo successivamente alla pronuncia della sentenza del 19 giugno, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005).

84      Pertanto, secondo il giudice del rinvio, gli elementi di diritto rilevanti nei procedimenti principali sono stati chiariti solo gradualmente in sentenze successive della Corte e, sino alla pronuncia delle sentenze del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005, punto 51) nonché del 9 settembre 2015, Unland (C‑20/13, EU:C:2015:561, punti 33 e 34), tali elementi non erano stati accertati in maniera sufficientemente chiara.

85      Infine, dalle decisioni di rinvio emerge che i ricorrenti nei procedimenti principali non sono né rapidamente venuti a conoscenza della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560), né sono stati consapevoli della sua importanza per la propria retribuzione.

86      Risulta chiaramente da tali elementi, segnatamente dalla circostanza che diverse migliaia di dipendenti pubblici e giudici del Land Sassonia‑Anhalt hanno presentato le loro domande entro il termine previsto dall’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG, che il momento d’inizio della decorrenza di tale termine, come fissato nel caso di specie, non rendeva praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG.

87      Per contro, come sembra ritenere il giudice del rinvio, altri elementi tendono a evidenziare che, nelle particolari circostanze descritte dal medesimo, l’esercizio di tali diritti da parte dei dipendenti pubblici e dei giudici del Land Sassonia‑Anhalt è stato reso eccessivamente difficile, poiché il momento d’inizio della decorrenza è stato fissato in modo tale che i medesimi rischiavano di non venire a conoscenza, entro il termine di due mesi, dell’esistenza o della portata della discriminazione di cui erano stati vittime.

88      È stato, infatti, ricordato ai punti da 81 a 84 della presente sentenza che la sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560), non riguardava la normativa nazionale applicabile ai ricorrenti nei procedimenti principali, che il Land Sassonia‑Anhalt e le autorità federali competenti avevano ritenuto, dopo la pronuncia di tale sentenza, che i precetti che ne derivavano non potessero essere trasposti alla situazione dei dipendenti pubblici e dei giudici e che, fino alla pronuncia delle sentenze del 19 giugno 2014 Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005, punto 51), nonché del 9 settembre 2015, Unland (C‑20/13, EU:C:2015:561, punti 33 e 34), la maggioranza dei giudici amministrativi tedeschi condivideva tale opinione.

89      In tali circostanze, il giudice del rinvio sembra ritenere correttamente che, nonostante le precisazioni e i chiarimenti forniti dalla sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560), per quanto riguarda la natura e la portata dell’obbligo incombente agli Stati membri ai sensi degli articoli 2, paragrafo 2, e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, gli elementi di diritto rilevanti ai fini della valutazione della compatibilità delle norme relative alle retribuzioni dei dipendenti pubblici e dei giudici del Land Sassonia‑Anhalt con tali disposizioni non siano stati sufficientemente chiariti, con la pronuncia di tale sentenza, né per le autorità competenti del Land Sassonia‑Anhalt, né per le autorità federali competenti, né per la maggioranza dei giudici amministrativi tedeschi.

90      In tali circostanze, risulta che vi fosse il rischio che i dipendenti pubblici, o addirittura i giudici, del Land Sassonia‑Anhalt non fossero in grado di venire a conoscenza, entro due mesi dalla pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560), dell’esistenza o della portata della discriminazione di cui erano vittime.

91      L’esistenza di un tale rischio sembra essere corroborata sia dal fatto che, secondo gli accertamenti del giudice del rinvio, i ricorrenti nei procedimenti principali non hanno immediatamente compreso l’importanza di tale sentenza per la propria retribuzione, sia dal fatto che oltre il 60% dei reclami presentati da dipendenti pubblici e giudici del Land Sassonia‑Anhalt sono stai respinti in quanto tardivi.

92      Tali elementi consentono pertanto di dubitare del fatto che la fissazione del momento d’inizio della decorrenza del termine previsto all’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG, al giorno della pronuncia della sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560), abbia tenuto sufficientemente conto dei criteri di cui al punto 69 della presente sentenza, in particolare di quelli relativi alla complessità della legislazione da applicare e al numero di persone che potrebbero essere interessate.

93      Spetta tuttavia al giudice del rinvio, che è l’unico a conoscere direttamente dei procedimenti principali, effettuare, tenuto conto di tutte le circostanze di fatto e di diritto pertinenti, le verifiche necessarie per stabilire se il momento d’inizio della decorrenza del termine previsto dall’articolo 15, paragrafo 4, dell’AGG, sia stato fissato in modo tale che l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG da parte dei dipendenti pubblici e dei giudici del Land Sassonia‑Anhalt sia stato reso eccessivamente difficile.

94      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dalla terza alla quinta che il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro fissi il momento d’inizio della decorrenza di un termine di decadenza di due mesi per proporre un ricorso di risarcimento del danno derivante da una misura che costituisce una discriminazione fondata sull’età al giorno della pronuncia di una sentenza della Corte che ha accertato il carattere discriminatorio di una misura analoga, qualora le persone interessate rischino di non essere in grado di venire a conoscenza, entro tale termine, dell’esistenza o della portata della discriminazione di cui sono state vittime. Ciò può avvenire, in particolare, qualora esista, in tale Stato membro, una controversia in merito alla possibilità di trasporre alla misura in questione i precetti derivanti da tale sentenza.

 Sulle spese

95      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

1)      Gli articoli 2 e 6 della direttiva 2000/78/CEdel Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una misura che concede a dipendenti pubblici e a giudici, al fine di garantire loro una retribuzione adeguata, un aumento di retribuzione pari ad una percentuale dello stipendio base che essi hanno percepito in precedenza in virtù, in particolare, di un livello dello stipendio base che era stato determinato, per ciascun grado, all’atto dell’assunzione, in funzione della loro età, a condizione che una siffatta misura risponda all’esigenza di garantire la tutela dei diritti acquisiti in un contesto caratterizzato, in particolare, sia da un elevato numero di dipendenti pubblici e di giudici interessati, sia dall’assenza di un valido sistema di riferimento e non comporti la perpetuazione nel tempo di una disparità di trattamento in funzione dell’età.

2)      Il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro fissi il momento d’inizio della decorrenza di un termine di decadenza di due mesi per proporre un ricorso di risarcimento del danno derivante da una misura che costituisce una discriminazione fondata sull’età al giorno della pronuncia di una sentenza della Corte che ha accertato il carattere discriminatorio di una misura analoga, qualora le persone interessate rischino di non essere in grado di venire a conoscenza, entro tale termine, dell’esistenza o della portata della discriminazione di cui sono state vittime. Ciò può avvenire, in particolare, qualora esista, in tale Stato membro, una controversia in merito alla possibilità di trasporre alla misura in questione i precetti derivanti da tale sentenza.

Firme


*      Lingua processuale : il tedesco.