Language of document : ECLI:EU:C:2016:281

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 20 aprile 2016 (1)

Causa C‑135/15

Repubblica ellenica

contro

Grigorios Nikiforidis

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania)]

Rinvio pregiudiziale ‑ Cooperazione giudiziaria in materia civile ‑ Legge applicabile al contratto di lavoro – Regolamento (CE) n. 593/2008 (Roma I) – Articolo 28 – Ambito di applicazione ratione temporis – Articolo 9, paragrafo 3 ‑ Norme di applicazione necessaria straniere ‑ Disposizione di uno Stato membro che opera una riduzione delle retribuzioni dei lavoratori del settore pubblico in ragione della crisi finanziaria





 Introduzione

1.        La problematica delle norme di applicazione necessaria straniere rappresenta uno di quegli argomenti che da molti anni ispirano la dottrina del diritto internazionale privato in quasi tutto il mondo. È difficile anche solo conoscere il numero di monografie e di altri studi scientifici dedicati a tale argomento. Allo stesso tempo, la quantità delle cause giudiziarie, inclusi anche procedimenti arbitrali, nelle quali tale questione è stata direttamente esaminata, è relativamente scarsa.

2.        Il 19 giugno 1980 gli Stati membri dell’allora Comunità economica europea hanno firmato la Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (2). Il suo articolo 7, paragrafo 1, relativo alle disposizioni imperative straniere, ha rappresentato una disposizione, non solo innovativa, ma anche quella che ha sollevato maggiori discussioni.

3.        La convenzione è entrata in vigore il 1° aprile 1991. Il 1° agosto 2004 è entrato in vigore il primo protocollo, sul fondamento del quale alla Corte di giustizia è stata attribuita la competenza di interpretare le disposizioni della citata convenzione.

4.        La presente causa offre l’opportunità alla Corte di chiarire alcuni tra i dubbi connessi alla problematica delle norme di applicazione necessaria straniere sullo sfondo della disposizione che ha sostituito l’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma, vale a dire, l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I. Tale argomento, che continua a costituire fonte di accesi dibattiti nella dottrina del diritto internazionale privato, compare sul ruolo della Corte soltanto 36 anni dopo la firma della Convenzione di Roma. Ciò fa venire in mente il detto: «Meglio tardi che mai!»

 Contesto normativo

 Convenzione di Roma

5.        L’articolo 7 della Convenzione di Roma, intitolato «Disposizioni imperative e legge del contratto», dispone quanto segue:

«1. Nell’applicazione, in forza della presente convenzione, della legge di un paese determinato potrà essere data efficacia alle norme imperative di un altro paese con il quale la situazione presenti uno stretto legame, se e nella misura in cui, secondo il diritto di quest’ultimo paese, le norme stesse siano applicabili quale che sia la legge regolatrice del contratto. Ai fini di decidere se debba essere data efficacia a queste norme imperative, si terrà conto della loro natura e del loro oggetto nonché delle conseguenze che deriverebbero dalla loro applicazione o non applicazione.

2. La presente convenzione non può impedire l’applicazione delle norme in vigore nel paese del giudice, le quali disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto».

6.        Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma ogni Stato contraente potrà, al momento della firma, della ratifica, dell’accettazione o dell’approvazione, riservarsi il diritto di non applicare l’articolo 7, paragrafo 1.

7.        La Convenzione di Roma è stata sostituita dal regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (3).

 Diritto dell’Unione

8.        L’articolo 9 del regolamento Roma I, intitolato «Norme di applicazione necessaria», dispone quanto segue:

«Le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento.

2. Le disposizioni del presente regolamento non ostano all’applicazione delle norme di applicazione necessaria della legge del foro.

3. Può essere data efficacia anche alle norme di applicazione necessaria del paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti, nella misura in cui tali norme di applicazione necessaria rendono illecito l’adempimento del contratto. Per decidere se vada data efficacia a queste norme, si deve tenere conto della loro natura e della loro finalità nonché delle conseguenze derivanti dal fatto che siano applicate, o meno».

9.        L’articolo 28 del regolamento Roma I, intitolato «Applicazione nel tempo», stabilisce quanto segue:

«Il presente regolamento si applica ai contratti conclusi a decorrere dal 17 dicembre 2009».

 Diritto tedesco

10.       L’articolo 34 delle disposizioni preliminari al codice civile [Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch (EGBGB)], annullato con effetto dal 17 dicembre 2009, dispone quanto segue:

«La presente sottosezione non pregiudica l’applicazione delle norme di diritto tedesco le quali disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto».

11.      Alla luce della giurisprudenza e della dottrina tedesche, questa disposizione non esclude l’applicazione di norme di applicazione necessaria di un paese terzo, o almeno la possibilità di tener conto di tali norme come circostanze di fatto in sede di applicazione delle disposizioni di legge in materia, che contengono nozioni indeterminate («ausfüllungsbedürftige Rechtsnormen»).

12.      L’articolo 241, paragrafo 2, del codice civile tedesco [Bürgerliches Gesetzbuch (BGB)] dispone quanto segue:

«In base al suo contenuto, il rapporto obbligatorio può imporre a ciascuna parte il rispetto dei diritti, dei beni e degli interessi dell’altra parte».

 Procedimento principale

13.      Il ricorrente nel procedimento principale, il sig. Grigorios Nikiforidis, è un insegnante impiegato presso una scuola elementare gestita dalla Repubblica ellenica, situata in Germania, a Norimberga.

14.      All’inizio del 2010, nell’ambito della crisi del debito, il parlamento greco ha adottato le leggi n. 3833/2010 e n. 3845/2010 (4) dirette alla riduzione della spesa pubblica. Siffatte leggi hanno operato una riduzione delle retribuzioni dei dipendenti del settore pubblico, compresi gli insegnanti impiegati presso le scuole pubbliche.

15.      Richiamandosi alle summenzionate leggi, la Repubblica ellenica ha ridotto la retribuzione del sig. Nikiforidis.

16.      Il sig. Nikiforidis ha proposto ricorso dinanzi ai giudici tedeschi contro il suo datore di lavoro, la Repubblica ellenica, rappresentata dal Ministero dell’Istruzione e dei Culti, in merito alla liquidazione della retribuzione per il lavoro svolto nel periodo dall’ottobre 2010 al dicembre 2012.

17.      Con sentenza del 30 marzo 2012, l’Arbeitsgericht Nürnberg (Tribunale del lavoro di Norimberga) ha respinto il ricorso, facendo richiamo all’immunità dello Stato ellenico. Con sentenza del 25 settembre 2013 il Landesarbeitsgericht Nürnberg (Tribunale del lavoro di secondo grado di Norimberga) ha annullato la citata sentenza e si è pronunciato a favore del sig. Nikiforidis. Avverso la decisione del Landesarbeitsgericht la Repubblica ellenica ha proposto ricorso per cassazione (Revision) dinanzi al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro).

18.      Nel procedimento di cassazione (Revision) il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha stabilito che il rapporto di lavoro tra le parti è di diritto privato e non rientra nella portata dell’immunità dello Stato ellenico. Esso ha inoltre confermato la competenza dei giudici tedeschi, sulla base degli articoli 18, paragrafo 1, e 19, punto 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (5).

19.      Inoltre, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha stabilito che il rapporto di lavoro è disciplinato dal diritto tedesco, ai sensi del quale la riduzione della retribuzione richiede una modifica del contratto di lavoro (Änderungsvertrag) o un preavviso di modifica (Änderungskündigung). Risulta pertanto di fondamentale importanza ai fini della decisione della controversia stabilire se al rapporto di lavoro tra le parti il giudice del rinvio possa applicare le disposizioni delle leggi elleniche n. 3833/2010 e n. 3845/2010 o in qualunque altro modo dare efficacia a tali norme.

 Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

20.      Alla luce di quanto precede, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il regolamento Roma I si applichi a rapporti di lavoro ai sensi dell’articolo 28 esclusivamente quando il rapporto giuridico si fonda su un contratto di lavoro concluso dopo il 16 dicembre 2009, o se un consenso successivo delle parti contraenti volto a proseguire il rapporto di lavoro, con modifiche o invariato, determini l’applicabilità del regolamento.

2)      Se l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I escluda solamente l’applicazione diretta delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo in cui gli obblighi derivanti dal contratto non devono essere o non sono stati eseguiti, o se esso impedisca anche di tener conto in modo indiretto di tali norme nella legge del paese che disciplina il contratto.

3)      Se il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, rilevi, sotto il profilo giuridico, ai fini della decisione dei giudici nazionali in merito all’applicazione diretta o indiretta delle norme di applicazione necessaria di un altro Stato membro».

21.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 20 marzo 2015.

22.      Osservazioni scritte sono state presentate dai governi tedesco, ellenico e del Regno Unito nonché dalla Commissione europea. Le stesse parti, nonché il sig. Nikiforidis, hanno partecipato all’udienza tenutasi il 1° febbraio 2016.

 Analisi

23.      Con la presente decisione di rinvio pregiudiziale il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha sollevato varie questioni connesse alla problematica delle norme di applicazione necessaria straniere. Tale argomento è noto al diritto internazionale privato e, al contempo, costituisce oggetto di numerose polemiche, soprattutto in dottrina.

24.      Le difficoltà nella comprensione della tematica di tali norme sono dovute, in gran parte, al fatto che la stessa è stata disciplinata in modo diverso nella Convenzione di Roma, nel diritto internazionale privato degli Stati membri e nel regolamento Roma I.

25.      A differenza dell’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma, l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I subordina l’attribuzione di efficacia alle norme straniere a specifici, rigorosi presupposti. Un siffatto effetto è riservato alle norme del paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti. Inoltre, è consentito dare efficacia alle norme in parola solo nella misura in cui tali norme di applicazione necessaria rendano illecito l’adempimento del contratto. A parere del giudice del rinvio, nella presente causa il primo dei presupposti non è soddisfatto. Il giudice del rinvio non si è, invece, pronunciato in merito al fatto se nel caso di specie fosse soddisfatto il secondo dei presupposti.

26.      Il giudice del rinvio rileva che la possibilità di tener conto delle disposizioni relative alla riduzione delle retribuzioni, contenute nelle leggi elleniche n. 3833/2010 e n. 3845/2010, in sede di definizione degli obblighi delle parti di un contratto di lavoro che è disciplinato dal diritto tedesco, assume fondamentale importanza per la decisione della controversia. Esso rileva inoltre che le disposizioni in questione, aventi carattere vincolante e la cui osservanza rappresenta un elemento essenziale della tutela degli interessi economici della Grecia, costituiscono, senza dubbio, norme di applicazione necessaria ai sensi del diritto internazionale privato.

27.      Tuttavia, il suddetto giudice si pone la domanda, se il regolamento Roma I si applichi, ratione temporis, in sede di individuazione della legge applicabile ad un rapporto giuridico costituito sul fondamento di un contratto di lavoro concluso prima del 17 dicembre 2009 (6) (prima questione pregiudiziale).

28.      Il giudice del rinvio si chiede poi se, nel caso dell’accertamento dell’applicabilità, ratione temporis, del regolamento Roma I al presente procedimento, l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento in questione escluda la prassi, seguita finora dai giudici tedeschi, consistente non nell’applicazione diretta, ma soltanto nella presa in considerazione in modo indiretto delle norme straniere, in sede di applicazione della legge che disciplina il contratto (seconda questione pregiudiziale).

29.      Inoltre, il giudice del rinvio solleva la questione se, nell’adottare la decisione circa la presa in considerazione delle norme di applicazione necessaria di un altro Stato membro, rilevi il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE (terza questione pregiudiziale).

30.      Nella parte successiva delle conclusioni esaminerò tali questioni nel suesposto ordine.

 Ambito di applicazione ratione temporis del regolamento Roma I (prima questione pregiudiziale)

31.      Nel sollevare la questione relativa all’ambito di applicazione ratione temporis del regolamento Roma I, il giudice del rinvio chiede se nella presente controversia, riguardante un contratto di lavoro concluso prima del 17 dicembre 2009, si debbano applicare le disposizioni di tale regolamento o le disposizioni precedenti, applicabili prima dell’entrata in vigore di quest’ultimo.

32.      Vorrei rilevare che il legislatore ha espressamente regolamentato l’ambito temporale di applicazione del regolamento Roma I nei confronti dei rapporti giuridici già esistenti, disponendo all’articolo 28 che il regolamento si applica ai «contratti conclusi a decorrere dal 17 dicembre 2009» (7).

33.      L’adozione da parte del legislatore di una chiara soluzione intertemporale esclude la possibilità di ricorrere ai principi generali e, in particolare, al principio di applicazione immediata di una norma nuova agli effetti futuri delle situazioni sorte sotto l’impero della vecchia legge (8).

34.      In deroga al suddetto principio generale, la soluzione adottata all’articolo 28 «congela» il regime giuridico che disciplina un determinato contratto alla data della sua conclusione (9).

35.      Al fine di operare un’interpretazione dell’articolo 28 si deve anzitutto esaminare se, ricollegando l’ambito di applicazione del regolamento Roma I al fatto della conclusione di un contratto, tale disposizione introduca una nozione di «conclusione del contratto» autonoma per il diritto dell’Unione, o se essa compia un rinvio alle pertinenti disposizioni nazionali.

36.      Ritengo che le interpretazioni sistematica e teleologica dell’articolo 28 depongono chiaramente in senso sfavorevole all’interpretazione della nozione di «conclusione del contratto» quale concetto autonomo.

37.      È vero che le nozioni utilizzate negli atti del diritto dell’Unione dovrebbero, in linea di principio, essere interpretate in modo autonomo. Ciò vale anche per i termini impiegati nelle disposizioni di diritto internazionale privato dell’Unione (10).

38.      Il suddetto principio non va, tuttavia, a mio parere, applicato all’interpretazione della nozione di «conclusione del contratto» ai sensi dell’articolo 28 del regolamento Roma I.

39.      Come giustamente rilevato dal governo del Regno Unito e dalla Commissione, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento Roma I, la legge applicabile in sede di accertamento dell’esistenza e della validità del contratto è la legge che sarebbe applicabile ad un determinato contratto in virtù del regolamento se tale contratto fosse valido.

40.      Ritengo che per stabilire il momento della conclusione del contratto ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 del regolamento, occorre applicare le disposizioni della legge la quale disciplinerebbe tale contratto in conformità al regolamento (11).

41.      A favore di tale soluzione depongono, innanzitutto, ragioni pratiche. La conclusione di un contratto costituisce un atto inscindibilmente connesso al sistema giuridico al quale è soggetto un determinato contratto. Nel diritto dell’Unione non esiste nessuna norma che disciplina la materia della conclusione del contratto (12). Sarebbe pertanto difficile creare un concetto autonomo di conclusione del contratto.

42.      Anche se si creasse tale concetto, la sua applicazione incontrerebbe comunque notevoli problemi pratici. Non si saprebbe come procedere nell’ipotesi in cui, ai sensi della nozione autonoma, il contratto fosse stato concluso mentre, ai sensi della legge regolatrice del contratto, esso non si fosse perfezionato. Analoghi dubbi sorgerebbero nel caso si verificasse la situazione opposta.

43.      È possibile, teoricamente, immaginare una soluzione, secondo la quale ci si potrebbe basare sulla nozione autonoma di «momento della conclusione del contratto», a condizione che prima venisse accertato che il contratto sia stato validamente concluso ai sensi della legge che regola il contratto stesso. Ritengo, tuttavia, che anche una soluzione del genere sarebbe troppo complicata e poco pratica. Non si può, infatti, valutare il momento della conclusione di un contratto in modo avulso dalla legge regolatrice che decide quale tipo di comportamento dei soggetti giuridici integri una valida conclusione del contratto.

44.      A favore della soluzione da me proposta depongono anche ragioni teleologiche. Con l’armonizzazione delle norme di diritto internazionale privato il legislatore dell’Unione mirava, tra l’altro, a rafforzare la certezza del diritto nell’ambito della determinazione della legge applicabile (13). Qualora la nozione di «conclusione del contratto» ai sensi dell’articolo 28 fosse intesa in modo autonomo, avulso dalla legge che regola altri aspetti connessi alla conclusione e alla validità del contratto, tale soluzione ridurrebbe, indubbiamente, la certezza del diritto.

45.      Pertanto, non ho dubbi che il momento della conclusione del contratto, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento Roma I, deve essere valutato secondo la lex causae.

46.      Nella presente causa, il dubbio se il contratto di lavoro tra le parti della controversia sia stato concluso a decorrere dal 17 dicembre 2009 e se, quindi, il rapporto contrattuale rientri nell’ambito di applicazione del regolamento Roma I, deve essere risolto in base alla legge regolatrice di siffatto contratto. Come risulta dagli accertamenti del giudice del rinvio, nel caso di specie tale è la legge tedesca.

47.      La suddetta legge è, tra l’altro, determinante per stabilire se a decorrere dal 17 dicembre 2009 abbia avuto luogo una modifica del contratto di lavoro stipulato tra le parti in causa, che potrebbe essere considerata come conclusione di un nuovo contratto. In tal caso il contratto in questione sarebbe sottoposto alle norme di diritto internazionale privato contenute nel regolamento Roma I (14).

48.      Tenendo conto delle circostanze descritte nell’ordinanza del giudice del rinvio, ciò sembra poco probabile. Il rapporto di lavoro tra le parti è stato costituito il 16 settembre 1996 e, a decorrere dal 17 dicembre 2009 fino alla controversa riduzione unilaterale della retribuzione, il contratto di lavoro non aveva subito modifiche.

49.      Vorrei tuttavia rilevare che la soluzione da me proposta può dare adito a dubbi in relazione ai rapporti giuridici contrattuali a lungo termine. Ciò vale, ad esempio, per i contratti come il contratto di locazione o il contratto di lavoro, come quello costituente oggetto della causa principale. Questo tipo di rapporti giuridici può durare anche diversi decenni. Sorge la domanda, se l’intenzione del legislatore dell’Unione fosse veramente quella di assoggettare, dopo addirittura così tanti anni dall’entrata in vigore del regolamento Roma I, quel tipo di rapporti giuridici alle norme di diritto internazionale privato applicabili in precedenza.

50.      La soluzione del conflitto di leggi, che esclude i contratti esistenti dall’ambito di applicazione della nuova normativa e li sottopone all’ulteriore applicazione della legge precedente, viene relativamente spesso adottata in diritto privato ed esaminata dalla dottrina, in particolare, sotto il profilo dei suoi effetti sulle obbligazioni a lungo termine. Nella dottrina polacca del diritto privato intertemporale, sviluppata sullo sfondo della legge del 1964 – Disposizioni preliminari al codice civile (ustawa z 1964 r. – Przepisy wprowadzające kodeks cywilny) (15), è stato espresso il parere secondo il quale una siffatta soluzione non potrebbe essere applicata automaticamente e, in particolare, non dovrebbe includere le obbligazioni a lungo termine (16). Alla luce della tesi prevalente nella dottrina contemporanea polacca, in caso di rapporti obbligatori a lungo termine, vale a dire, quelli in cui la prestazione ha carattere continuativo o periodico, si dovrebbe prediligere l’applicazione della legge nuova. Siffatto approccio permette di evitare che una notevole quantità di relazioni giuridiche venga disciplinata, per un periodo di tempo troppo lungo, da sistemi giuridici differenti (17).

51.      Sembra che, in considerazione dell’esplicita formulazione dell’articolo 28 del regolamento Roma I, non sia possibile sostenere la tesi della necessaria applicazione di tale regolamento ai rapporti giuridici contrattuali a lungo termine qualora essi siano stati costituiti prima del 17 dicembre 2009. Ritenere che tali rapporti giuridici siano soggetti al regolamento Roma I sarebbe possibile soltanto qualora le modifiche al contratto apportate dopo tale data potessero essere qualificate, alla luce della legge regolatrice, come conclusione di un nuovo contratto. L’accertamento della sussistenza di tali circostanze nella causa che ci occupa deve essere lasciato al giudice del rinvio.

52.      Sulla base delle considerazioni che precedono, sostengo che il momento della conclusione del contratto ai sensi dell’articolo 28 del regolamento Roma I deve essere stabilito secondo la legge che sarebbe applicabile a un determinato contratto qualora tale regolamento fosse applicabile.

 Competenza della Corte ad interpretare gli articoli 7, paragrafo 1, e 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma

53.      Nel caso in cui il giudice del rinvio dovesse ritenere che il contratto in esame non rientri nell’ambito di applicazione del regolamento Roma I, esso sarebbe soggetto al sistema di norme di diritto internazionale privato stabilite dalla Convenzione di Roma (18).

54.      Pertanto, è necessario esaminare se, al fine di fornire al giudice del rinvio una soluzione utile, la Corte non debba operare un’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma, il quale disciplinava la materia dell’applicazione delle norme di applicazione necessaria straniere, prima che siffatta convenzione fosse sostituita dal regolamento Roma I.

55.      Nonostante la Convenzione di Roma non sia un atto del diritto dell’Unione, ai sensi degli articoli 1 e 2, lettera a), del primo protocollo di tale convenzione, la Corte è competente a pronunciarsi sulla sua interpretazione, tra l’altro, su domanda di una delle corti supreme federali tedesche.

56.      Dal momento che, alla luce di detto protocollo, la Corte è competente ad interpretare la Convenzione di Roma su domanda del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), a mio parere, essa è altresì competente ad operare un’interpretazione della convenzione sulla base della presente domanda di pronuncia pregiudiziale concernente il regolamento Roma I. Nella sua giurisprudenza, la Corte si riserva espressamente il diritto di estendere l’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, a condizione che venga preservata la sostanza della questione pregiudiziale (19). Nella presente causa, tenere conto dell’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma non modificherebbe la sostanza della seconda questione pregiudiziale riguardante l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, dal momento che le citate disposizioni disciplinano la stessa materia.

57.      In primo luogo occorre tuttavia rilevare che il giudice del rinvio, essendo consapevole dei dubbi circa l’ambito di applicazione ratione temporis del regolamento Roma I, non ha sollevato la questione relativa all’interpretazione della Convenzione di Roma. Nel caso di inapplicabilità del regolamento Roma I, la questione dell’applicazione delle norme di applicazione necessaria straniere alla presente controversia deve essere risolta, come del resto rilevato dallo stesso giudice del rinvio, sulla base del diritto internazionale privato nazionale.

58.      La Repubblica federale di Germania si è riservata, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma, il diritto di non applicare l’articolo 7, paragrafo 1. Come ha giustamente rilevato il governo tedesco nelle proprie osservazioni scritte, in ragione della suddetta riserva, l’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma non può applicarsi al procedimento principale pendente dinanzi al giudice tedesco.

59.      Ci si potrebbe invero chiedere, come osservato dalla Commissione in udienza, se il fatto stesso che la Germania abbia espresso la riserva ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma, escluda la possibilità di continuare ad applicare la prassi dei giudici tedeschi la quale, sulla base del diritto internazionale privato nazionale, consente di tenere indirettamente conto delle norme di applicazione necessaria straniere.

60.      La risposta a tale questione richiederebbe, tuttavia, l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della convenzione in parola. Si tratterebbe, quindi, di stabilire quale sia la portata della riserva di disapplicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, espressa sulla base della citata disposizione. A mio parere, la Corte non dovrebbe esaminare tale problema, in quanto l’estensione delle questioni pregiudiziali all’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma modificherebbe la sostanza della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Indipendentemente da ciò, vorrei osservare, anticipando, in qualche modo, le mie successive considerazioni, che la risposta da me proposta alla seconda questione pregiudiziale può contribuire a chiarire anche i dubbi sui quali ha richiamato l’attenzione la Commissione.

61.      Per le ragioni prima esposte, ritengo che nella presente causa la Corte non debba interpretare l’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma in riferimento all’esclusione dell’applicazione del suo articolo 7, paragrafo 1.

 Interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I (seconda questione pregiudiziale)

 Osservazioni introduttive

62.      La seconda questione pregiudiziale sottoposta alla Corte nella presente causa riguarda l’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I. Siffatta disposizione disciplina la problematica relativa all’applicazione delle norme di applicazione necessaria appartenenti all’ordinamento di un paese terzo. Si tratta, quindi, delle norme che non costituiscono disposizioni né della legge regolatrice del contratto (lex causae), né della legge del giudice adito (lex fori).

63.      Dal contenuto della decisione di rinvio pregiudiziale è possibile arguire che la risposta a siffatta domanda avrebbe rilevanza per il giudice del rinvio soltanto qualora, in base ai criteri determinati nella risposta alla prima questione, tale giudice stabilisse che nel procedimento principale si applica ratione temporis il regolamento Roma I.

64.      Sembra, tuttavia, che la problematica sollevata con questa domanda si inserisca in un contesto più ampio e il suo esame sia utile per la decisione della causa pendente dinanzi al giudice del rinvio anche sullo sfondo della legge vigente prima dell’entrata in vigore di tale regolamento.

 Nozione di norme di applicazione necessaria

65.      La nozione di norme di applicazione necessaria compare nella dottrina del diritto internazionale privato e nella giurisprudenza di molti paesi (20). Si tratta delle disposizioni che sono dirette ad attuare i particolari interessi di un determinato Stato e che, in considerazione del loro obiettivo, sono applicabili indipendentemente dalla legge alla quale sia soggetto il rapporto giuridico volta a volta in esame. In altre parole, tali norme determinano esse stesse l’ambito della loro applicazione, il quale non può essere limitato nemmeno nel caso in cui le norme di diritto internazionale privato indichino un’altra legge come applicabile all’esame di un determinato rapporto giuridico.

66.      L’esistenza di questo tipo di norme è la conseguenza della crescente ingerenza dello Stato nei rapporti di diritto privato. L’assoggettamento di alcuni rapporti giuridici, nella loro integralità, ad una legge straniera stava diventando inaccettabile dal punto di vista dell’attuazione, da parte di un determinato Stato, dei suoi interessi politici, sociali ed economici. L’obbiettivo degli Stati, infatti, è quello di perseguire, per quanto possibile, gli interessi alla cui tutela sono funzionali tali norme, indipendentemente da quale legge, secondo le norme di diritto internazionale privato, disciplini il rapporto giuridico oggetto di esame. Questo fenomeno è stato rilevato e descritto dai giuristi già a partire dalla metà del secolo scorso (21).

67.      Della problematica delle norme di applicazione necessaria si è tenuto conto nell’articolo 7 della Convenzione di Roma che è stata conclusa tra i paesi dell’allora Comunità economica europea. Tale disposizione, molto innovativa per quei tempi, ha plasmato il modo di intendere le norme di applicazione necessaria da parte della dottrina e della giurisprudenza, e ciò non soltanto negli Stati europei. La stragrande maggioranza delle codificazioni moderne del diritto internazionale privato dei singoli Stati disciplina, sia pure in modi diversi, la materia delle norme di applicazione necessaria (22).

 Norme di applicazione necessaria e ordine pubblico

68.      Da un esame più attento della genesi delle norme di applicazione necessaria risalta un nesso molto forte con l’idea di tutela dell’ordine pubblico. A tal riguardo è sufficiente richiamarsi alla constatazione di Frederich von Savigny, che l’ordine pubblico di uno Stato è tutelato, indipendentemente dalla clausola generale dell’ordine pubblico che corregge gli effetti dell’applicazione di una determinata legge regolatrice, anche dalle norme specifiche «di carattere imperativo, fortemente positivo» (von Gesetze positiver streng, zwingender Natur) (23). Il collegamento tra le norme di applicazione necessaria e l’ordine pubblico è confermata dal considerando 37 del regolamento Roma I, il quale dispone che «[c]onsiderazioni di pubblico interesse giustificano, in circostanze eccezionali, che i giudici degli Stati membri possano applicare deroghe basate sull’ordine pubblico e sulle norme di applicazione necessaria» (il corsivo è mio).

69.      Benché entrambi i tipi di strumenti giuridici traggano le loro origini dalla tutela dell’ordine pubblico, l’influenza che esercitano non è la stessa. La clausola dell’ordine pubblico, espressa, ad esempio, all’articolo 21 del regolamento Roma I, si fonda sull’idea dell’esclusione dell’applicazione della legge straniera, qualora ciò implichi una manifesta violazione dell’ordine pubblico del foro. Essa serve, quindi, ad eliminare alcuni effetti dell’applicazione di una legge straniera, indesiderati dal punto di vista dell’esigenza di tutelare l’ordine pubblico.

70.      A loro volta, le norme di applicazione necessaria tutelano l’ordine pubblico in un altro modo. Esse influiscono direttamente su un determinato rapporto giuridico. Configurano il suo contenuto, indipendentemente dalle regolamentazioni della legge straniera che disciplina il rapporto giuridico in questione.

 Norme di applicazione necessaria nel diritto dell’Unione

71.      Il legislatore dell’Unione ha definito, all’articolo 9 del regolamento Roma I, le norme di applicazione necessaria come «disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo tale regolamento». Una siffatta definizione è ispirata all’espressione formulata dalla Corte nella sentenza Arblade e a., in cui la Corte ha esaminato le norme del diritto del lavoro belga le quali, alla luce della legge belga, erano considerate come «lois de police et de sûreté» (24).

72.      Come già prima accennato, le norme di applicazione necessaria sono esse stesse a determinare l’ambito della loro applicazione, indipendentemente dalla legge alla quale sia soggetto il rapporto giuridico oggetto di esame. Occorre rilevare che, il più delle volte, l’ambito di applicazione di tali norme non risulta direttamente dal loro contenuto. In merito alla loro applicazione decide, volta per volta, il giudice chiamato a pronunciarsi in una determinata causa. Adottando la decisione circa la loro applicazione, il giudice deve esaminare il concreto contesto fattuale e in quell’occasione operare una valutazione delle ragioni e degli obiettivi che una determinata norma esprime. È il giudice stesso che si deve dare le risposte alle domande, se l’intenzione del legislatore che ha stabilito una siffatta norma fosse realmente quella di riconoscere a tale norma il carattere di applicazione necessaria, e se davvero gli interessi politici, sociali o economici dello Stato che ha sancito la norma in questione giustifichino la scelta di consentire a siffatta norma di influenzare il rapporto giuridico sottoposto all’esame, benché le norme di diritto internazionale privato indichino, come applicabile a tale rapporto giuridico, la legge di un altro Stato.

73.      Per questo motivo, non è possibile creare a priori un catalogo delle leggi privilegiate. Il legislatore dell’Unione e la dottrina possono soltanto descrivere il fenomeno stesso delle «norme di applicazione necessaria», mentre la decisione di concedere il carattere «necessario» ad una singola norma spetta al giudice adito.

74.      A mio avviso, l’analisi effettuata dal giudice ha carattere funzionale. Il giudice valuta se in un concreto contesto fattuale la pronuncia di un’equa decisione richieda la considerazione dei legittimi e giustificati interessi dello Stato la cui legge non è applicabile a un dato rapporto giuridico. Si può quindi affermare che lo stesso concetto delle norme di attuazione necessaria offre al giudice l’opportunità di pronunciare una decisione che possa essere equa e che, al contempo, tenga conto della necessità di bilanciare gli interessi concorrenti dei paesi coinvolti.

 Origine delle norme di applicazione necessaria

75.      La maggior parte delle norme di diritto internazionale privato dei singoli Stati differenziano l’ammissibilità ed i presupposti di applicazione delle norme di applicazione necessaria a seconda dello Stato che le ha stabilite.

76.      Qualora tali norme siano state stabilite dalla legge dello Stato che disciplina un dato rapporto giuridico (lex causae), la questione dell’ammissibilità della loro applicazione non si pone affatto. Peraltro, non rileva, se la lex causae corrisponda alla legge del giudice adito (lex fori). Di fatto, tali norme fanno comunque parte del sistema giuridico sul fondamento del quale deve essere adottata la decisione.

77.      Meno controversa è la questione dell’ammissibilità di tali norme qualora esse siano state stabilite dallo Stato del giudice adito (lex fori), e il rapporto giuridico in esame sia regolato dalla legge di un altro Stato. La questione è stata disciplinata, ad esempio, all’articolo 7, paragrafo 2, della Convenzione di Roma e all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento Roma I. In tal caso, si parte giustamente dal presupposto che i giudici di un determinato Stato sono responsabili in modo particolare della salvaguardia degli interessi politici, sociali ed economici di tale Stato. Inoltre, i giudici sono i più adatti a determinare la portata della tutela di tali interessi e ad operare le valutazioni delle ragioni e degli obiettivi espressi da una data norma.

78.      La più controversa è, ovviamente, la questione che forma oggetto della seconda domanda del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) nella presente causa, ossia, il problema dell’applicazione delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo. Tale problematica, soprattutto dopo l’adozione dell’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma, è stata oggetto di numerosi studi della dottrina in quasi tutti gli Stati membri. Ho persino l’impressione che l’interesse della dottrina nei confronti di tale argomento fosse significativamente sproporzionato rispetto al suo significato pratico, di fatto limitato.

79.      L’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma è stato una disposizione molto innovativa all’epoca della sua adozione (25). Da un lato, esso ha costituito fonte di ispirazione per molti legislatori nazionali, e non soltanto negli Stati membri. Dall’altro, però, ha formato oggetto di polemiche. Si sosteneva, tra l’altro, che l’applicazione delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo implicasse l’attribuzione, in capo alle autorità che applicavano la legge, di un’eccessiva libertà di decisione. Veniva rilevato che il bilanciamento degli interessi risultanti dalle norme provenienti dalla lex causae, dalla lex fori e dalla legge di un paese terzo costituiva un compito molto complicato, anche in ragione del fatto che i presupposti di applicazione delle norme di applicazione necessaria erano, alla luce dell’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma, poco precisi. Ciò comprometteva la sicurezza degli scambi e l’esigenza della prevedibilità delle decisioni. Di conseguenza, l’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma aveva previsto per gli Stati, parti della suddetta convenzione, la possibilità di esprimere riserve in merito al diritto a disapplicare l’articolo 7, paragrafo 1. Di tale riserva si sono avvalsi l’Irlanda, la Germania, la Lituania, il Lussemburgo, il Portogallo, la Slovenia e il Regno Unito.

80.      I fautori dell’articolo 7, paragrafo 1, sostenevano, innanzitutto, che la concessione dell’efficacia ad alcune disposizioni imperative di un paese terzo offre l’opportunità di pronunciare un’equa decisione che tenga conto degli interessi legittimi di un altro paese (26). Ciò permette di rimuovere gli eventuali ostacoli relativi al riconoscimento o all’esecuzione di una pronuncia in un altro Stato. La possibilità di tenere conto delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo rafforza l’uniformità internazionale delle decisioni, in quanto, indipendentemente dallo Stato al quale appartengano i giudici investiti della causa, viene istituito uno strumento in grado di rendere uniforme la soluzione (27). In questo modo, si limita il fenomeno del forum shopping. Infine, la possibilità di tenere conto delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo promuove la cooperazione e la solidarietà internazionale, il che sembra indispensabile in un’epoca di interdipendenza tra gli Stati (28).

 Norme di applicazione necessaria di un paese terzo nel regolamento Roma I

–       Osservazioni introduttive

81.      Le polemiche sull’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma hanno trovato la loro espressione nei lavori preparatori relativi al regolamento Roma I (29). La disposizione concernente l’ammissibilità dell’attribuzione di efficacia alle norme di applicazione necessaria straniere ha formato oggetto di un dibattito nell’ambito del Consiglio (30). In definitiva si è deciso per una formulazione della suddetta disposizione tale da suggerire che l’ammissibilità di un’atribuzione di efficacia alle norme di applicazione necessaria di un paese terzo sia ridotta rispetto all’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma.

82.      Le principali limitazioni riguardano due questioni. In primo luogo, può essere data efficacia alle norme del paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti. In secondo luogo, ciò è consentito soltanto nella misura in cui tali norme di applicazione necessaria rendono illecito l’adempimento del contratto.

83.      La disposizione dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I potrebbe ancora dar luogo ad altri dubbi interpretativi. Essi riguardano, ad esempio, la questione di quale sia l’ambito in cui il diritto dell’Unione possa vietare l’applicazione delle norme di applicazione necessaria concrete, limitare tale applicazione o imporla. Occorre infatti, ricordare che, contrariamente all’articolo 7 della Convenzione di Roma, l’articolo 9, paragrafo 1, contiene una definizione delle norme di applicazione necessaria, il che non può non avere incidenza sulla competenza della Corte. Inoltre, non è chiaro quali siano le conseguenze connesse al fatto che, relativamente alle norme di applicazione necessaria della legge del foro, l’articolo 9, paragrafo 2, disciplina la loro applicazione mentre, per quanto riguarda lo stesso tipo di norme di un paese terzo, l’articolo 9, paragrafo 3, stabilisce che ad esse può essere data efficacia. Considerato tuttavia che siffatte questioni non formano oggetto del presente procedimento, non procederò al loro esame.

84.      Il dubbio espresso dal giudice del rinvio nella seconda questione riguarda, in sostanza, un problema. Trattasi, in effetti, di chiarire la questione se il giudice possa tenere conto in modo indiretto delle norme di un paese terzo, ossia, nella fattispecie, delle norme elleniche, nell’ipotesi in cui i presupposti previsti dall’articolo 9, paragrafo 3, non siano rispettati. Il giudice del rinvio spiega che, a suo parere, l’adempimento dell’obbligazione contrattuale di cui trattasi nel procedimento principale non viene effettuato in Grecia, ma in Germania.

85.      Potrei passare direttamente all’esame di tale questione, sennonché la risposta alla domanda del giudice del rinvio richiede di essere analizzata in un contesto più ampio.

–       Limitazioni alla facoltà di applicare le norme di applicazione necessaria di un paese terzo alla luce dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I

86.      Nelle loro osservazioni presentate nel presente procedimento, i governi tedesco e del Regno Unito nonché la Commissione hanno proposto un’interpretazione restrittiva dei presupposti che condizionano il ricorso all’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I. A loro parere, la facoltà di tenere conto di questo tipo di norme di un paese terzo è attualmente notevolmente ridotta rispetto a quella prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma. Ciò concerne anzitutto le limitazioni che ho menzionato al paragrafo 82 delle presenti conclusioni. L’accoglimento di tale tesi implicherebbe che, da un lato, la facoltà di applicare le norme di applicazione necessaria della legge del foro sarebbe quasi illimitata e, dall’altro, la presa in considerazione delle stesse norme di un paese terzo sarebbe ammissibile soltanto in situazioni rigorosamente definite.

87.      A mio avviso, tale soluzione non è compatibile né con l’obiettivo del regolamento Roma I, né con la funzione che dovrebbe essere svolta dalla facoltà di tenere conto delle norme di applicazione necessaria.

88.      In primo luogo, come ho indicato in precedenza (31), l’analisi che precede la decisione sul punto se in una determinata procedura si debba tenere conto di una concreta norma di applicazione necessaria, ha carattere funzionale. Il giudice che adotta tale decisione valuta le ragioni e gli obiettivi che una singola norma esprime nonché esamina le conseguenze che tale norma potrebbe implicare sul rapporto giuridico in esame. Ciò è funzionale alla pronuncia di un’equa decisione che tenga conto degli interessi legittimi di un altro Stato. In molti casi, può trattarsi anche degli interessi di un altro Stato membro. È difficile non notare come tale possibilità favorisca la fiducia reciproca tra gli Stati membri, intesa in senso ampio (32). Non si può nemmeno escludere che in alcune situazioni, la presa in considerazione di una norma di applicazione necessaria di un paese terzo risulti nell’interesse dello Stato del giudice adito (33). Tale Stato può avere un legittimo interesse a esigere che i giudici di altri Stati tengano conto anche delle sue norme di applicazione necessaria.

89.      In secondo luogo, l’instaurazione di una tale disparità di trattamento tra le norme di applicazione necessaria dello Stato del foro e di un paese terzo favorisce il fenomeno del forum shopping. Nei casi in cui il ricorrente dispone della possibilità di operare una scelta circa l’avvio di un procedimento dinanzi a giudici di paesi diversi, esso può, in tal modo, decidere se tenere, o meno, conto di determinate norme di applicazione necessaria. Anche nel caso del procedimento principale nella presente causa è possibile ipotizzare che qualora il procedimento, in merito allo stesso oggetto della controversia, pendesse dinanzi ad un giudice ellenico, siffatto giudice, senza dubbio, avrebbe applicato le proprie norme di applicazione necessaria sulla base dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento Roma I.

90.      In terzo luogo, infine, non mi convincono gli argomenti secondo i quali tenere conto delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo violi la sicurezza degli scambi ed implichi l’imprevedibilità delle decisioni. Siffatta obiezione potrebbe benissimo essere sollevata anche rispetto all’applicazione della clausola di ordine pubblico (articolo 21 regolamento Roma I) o delle norme di applicazione necessaria dello Stato del foro (articolo 9, paragrafo 2, del regolamento Roma I). Anche in questi casi abbiamo a che fare con una forma di ingerenza nell’ambito di applicazione della legge regolatrice. Una siffatta ingerenza è giustificata dalla necessità di rispettare i valori fondamentali di un determinato ordinamento giuridico o dalla tutela dei principali interessi di uno dato Stato. In ogni caso, e indipendentemente dal fatto se si tratti di applicazione dell’articolo 21, dell’articolo 9, paragrafo 2, o dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, questo tipo di ingerenza deve avere carattere eccezionale e si deve fondare sulle ragioni di interesse pubblico particolarmente importanti.

91.      Per i suesposti motivi ritengo che nell’interpretare l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, la nozione di «paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti», non può essere intesa in modo eccessivamente restrittivo (34). Innanzitutto, non si può fare ricorso all’interpretazione analogica rispetto a quella adottata nel caso dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I, il quale anche utilizza il termine «luogo di esecuzione dell’obbligazione» come fondamento della competenza del giudice in materia civile e commerciale (35). Gli obiettivi delle due disposizioni sono completamente diversi. Nel caso del regolamento Bruxelles I si tratta di determinare un luogo specifico in uno Stato membro il cui giudice sarà territorialmente competente. Tale luogo deve essere caratterizzato da un nesso con l’esecuzione del contratto talmente forte da giustificare, in ragione della corretta organizzazione del procedimento giudiziario, la competenza territoriale di un giudice, la quale, peraltro, deroga alla competenza generale risultante dall’articolo 2 del regolamento Bruxelles I. La nozione del luogo di esecuzione dell’obbligazione alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I deve, quindi, essere interpretata restrittivamente.

92.       Lo stesso non si può dire per quanto riguarda l’interpretazione della nozione di «paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti» sulla base dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I. Nell’interpretare tale disposizione (36) lo scopo non è quello di stabilire un luogo concreto che determini la competenza territoriale, ma quello di individuare lo Stato sul territorio del quale gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti. In questo caso, quindi, non si tratta soltanto dell’esecuzione materiale (effettiva), ad opera di una parte del contratto, di un’operazione, in un specifico luogo geografico, ma anche del legame con la sfera di potestà d’imperio di un determinato Stato e con il suo ordinamento giuridico.

93.      Così come non si tratta soltanto dell’esecuzione di un’obbligazione consistente nell’adempimento della «prestazione caratteristica» (37) di un dato rapporto contrattuale. Al fine di determinare i presupposti di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I si può prendere in considerazione l’adempimento di un qualsiasi obbligo risultante dal contratto.

94.      Inoltre, non è necessario che debba trattarsi soltanto di un’obbligazione che è stata definita dirittamente dalle parti nel contratto (38). La legge alla quale è soggetto un determinato contratto può configurare o integrare gli obblighi delle parti in modo differente rispetto a quanto concordato dalle parti direttamente nel contratto.

95.      Per le ragioni suesposte, a mio avviso, non è del tutto scontato che nel procedimento principale nella presente causa il luogo di esecuzione dell’obbligazione sia esclusivamente la Germania. Dal momento che si tratta di un rapporto di lavoro, di cui una parte è lo Stato ellenico che, nell’ambito delle proprie funzioni pubbliche, adempie all’obbligo di fornire servizi educativi, finanziati dal bilancio dello Stato, il riconoscimento che il luogo di esecuzione dell’obbligazione sia anche la Grecia non può essere a priori respinto. Nulla osta a che, in relazione ad alcuni rapporti contrattuali, il luogo di esecuzione delle obbligazioni derivanti da tali rapporti sia individuato, alla luce dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, in più di uno Stato (39).

96.      Orbene, poiché il giudice del rinvio ha stabilito che il luogo di esecuzione del contratto è esclusivamente la Germania, e non ha sollevato direttamente la questione dell’interpretazione, sotto tale aspetto, dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, propongo alla Corte di esaminare soltanto l’argomento che costituisce oggetto della seconda questione.

–       Applicazione e considerazione sostanziale delle norme di applicazione necessaria straniere

97.      Siffatta questione si basa sul presupposto che un conto è applicare le norme di applicazione necessaria, altra cosa è invece la considerazione sostanziale delle norme di applicazione necessaria straniere («materiell-rechtliche Berücksichtigung ausländischer Eingriffsnormen»). A tal riguardo il giudice del rinvio indica la giurisprudenza e la dottrina tedesche che, in sede di applicazione del diritto tedesco quale lex causae, consentono di considerare le norme di applicazione necessaria straniere come elemento di fatto (40). Il giudice del rinvio sostiene che, nella fattispecie che costituisce oggetto del procedimento principale, egli potrebbe tenere conto della normativa ellenica sulla base dell’articolo 241, paragrafo 2, del BGB (punto 13) (41).

98.      Non occorre che nel presente procedimento vengano esaminate diverse motivazioni dottrinali che legittimano la considerazione sostanziale delle norme di applicazione necessaria. Di fondamentale importanza sembra essere soltanto una questione, la cui soluzione può essere rilevante per il giudice del rinvio.

99.      Secondo il punto di vista presentato dalla Commissione, l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I esclude del tutto la possibilità di tenere conto delle norme di applicazione necessaria straniere mediante l’utilizzo di strumenti diversi dalla summenzionata disposizione. Anche in riferimento all’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione di Roma, la Commissione è del parere che lo Stato, esprimendo la riserva ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma, si priva da solo della base giuridica per poter tenere conto delle norme di applicazione necessaria.

100. L’accoglimento di un siffatto punto di vista significa, come del resto ha confermato la Commissione in udienza, che, anche qualora il giudice del rinvio dovesse ritenere che alla causa si applica, ratione temporis, la Convenzione di Roma, ciononostante egli non potrebbe richiamarsi alla prassi finora seguita dai giudici tedeschi, consistente nella considerazione sostanziale delle norme di applicazione necessaria straniere.

101. È vero che la differenza pratica tra l’applicazione e la considerazione sostanziale di una norma di applicazione necessaria straniera è quasi impercettibile. La differenza emerge soltanto in relazione alla giustificazione dottrinale di tale distinzione. In questo senso, posso capire le preoccupazioni della Commissione circa il fatto che l’ammissibilità della considerazione sostanziale di una norma di applicazione necessaria straniera potrebbe avere come conseguenza l’elusione delle limitazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 3, regolamento Roma I o l’elusione delle riserve formulate ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Roma. Tuttavia, a mio avviso, l’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, proposta dalla Commissione, alla luce della quale sarebbe esclusa qualsiasi altra modalità di presa in considerazione delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo, è eccessivamente restrittiva.

102. In primo luogo, ritengo che il regolamento Roma I, in quanto normativa contenente le norme di diritto internazionale privato, serve per individuare la legge applicabile ad un determinato rapporto contrattuale (lex causae). Qualora in sede di applicazione della legge designata e sulla base di tale legge venga tenuto conto di una norma di applicazione necessaria straniera, in tal caso avremmo a che fare con l’applicazione della sola lex causae. Una siffatta presa in considerazione della norma di applicazione necessaria si colloca quindi al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento Roma I (42).

103. Il regolamento Roma I serve ad individuare la legge applicabile ad un rapporto contrattuale e, eventualmente, costituisce il fondamento per operare una «modifica» di tale indicazione, ad esempio, sulla base della clausola dell’ordine pubblico o dell’istituto delle norme di applicazione necessaria. L’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I diventerà rilevante nel caso in cui il giudice decida di tenere conto di una norma di applicazione necessaria straniera, indipendentemente dal contenuto della lex causae. In altre parole, si tratta di esercitare una certa ingerenza nell’ambito di applicazione della lex causae, prendendo in considerazione una norma proveniente da un altro ordinamento giuridico.

104. La summenzionata situazione non si verifica, qualora la presa in considerazione di una norma di applicazione necessaria straniera venga operata in sede di applicazione della lex causae (43).

105. In secondo luogo, l’accoglimento della posizione della Commissione significherebbe che il regolamento Roma I non serve soltanto all’individuazione della legge applicabile ad un rapporto contrattuale ma può, altresì, incidere sull’applicazione stessa della legge designata. In quale altro modo si potrebbe spiegare il fatto che, secondo la Commissione, la prassi finora seguita dai giudici tedeschi, consistente nella considerazione sostanziale delle norme di applicazione necessaria straniere in sede di applicazione delle disposizioni tedesche, sia incompatibile con l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I?

106. Ogni sistema giuridico include disposizioni che contengono locuzioni indeterminate. Può trattarsi, ad esempio, di «buon costume», «buona fede», «interessi legittimi delle parti» o «regole di convivenza civile». Esse sono intese a garantire ai giudici un’adeguata libertà decisionale. Non ho dubbi riguardo al fatto che, in sede di applicazione di siffatte disposizioni, si possa tenere conto, quale elemento di fatto, delle norme giuridiche in vigore in altri paesi. Ciò vale soprattutto per le regolamentazioni giuridiche che derivano dalla necessità di salvaguardare gli interessi oggettivamente legittimi e che sono adeguatamente connesse al rapporto contrattuale oggetto della valutazione. Non ho alcun dubbio che in tali situazioni abbiamo a che fare con l’applicazione della legge regolatrice di un determinato contratto. In altre parole, non si tratta di una deroga all’applicazione della lex causae.

107. Per le ragioni suesposte, l’accoglimento della posizione della Commissione creerebbe problemi in materia di competenza giurisdizionale. Il regolamento Roma I è stato adottato sul fondamento del Trattato, per promuovere la «compatibilità delle regole applicabili (…) ai conflitti di leggi» (già articolo 65 CE, in combinato disposto con l’articolo 61, lettera c), CE). Esso non dovrebbe, pertanto, interferire con la prassi di applicazione della legge designata come applicabile, soprattutto quando si tratta di disposizioni di legge, prevalentemente di diritto privato, che lasciano alle autorità giudiziarie un certo ambito di discrezionalità.

108. In terzo luogo, infine, l’esclusione della possibilità di tenere conto delle norme di applicazione necessaria straniere in sede di applicazione della lex causae, contribuirebbe ad intensificare il fenomeno del forum shopping (44).

109. Riassumendo questa parte delle conclusioni, vorrei rilevare che l’ammissibilità di tenere conto delle norme di applicazione necessaria straniere, e ciò indipendentemente dal fatto se si tratti della loro applicazione o considerazione sostanziale, non implica un’automaticità. Il giudice adito dispone di un’ampia libertà decisionale, la cui funzione è quella di agevolarlo nella pronuncia di un’equa decisione che tenga conto degli interessi legittimi delle parti nonché degli interessi degli Stati la cui legge influisce su un determinato rapporto giuridico.

110. Non si può escludere che, nel caso di specie, il giudice del rinvio non tenga conto della legislazione ellenica nella sua integralità e ritenga equa solo una parziale riduzione della retribuzione del sig. Nikiforidis. Il suddetto giudice può anche ritenere, come ha fatto il giudice di secondo grado nel presente procedimento (Landesarbeitsgericht), che alla presa in considerazione della normativa ellenica ostino i principi fondamentali del diritto del lavoro tedesco.

111. In ogni caso, l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I non limita né l’ambito di applicazione ratione materiae, né le modalità di applicazione della legge tedesca, quale legge regolatrice del contratto di lavoro.

 Conclusione relativa alla seconda questione pregiudiziale

112. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di fornire al giudice nazionale la seguente riposta alla seconda questione pregiudiziale: l’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I non esclude la considerazione sostanziale indiretta delle norme di applicazione necessaria straniere qualora ciò sia consentito dalla legge del paese che disciplina il contratto.

 Rilevanza del principio di leale cooperazione (articolo 4, paragrafo 3, TUE) nell’ipotesi della presa in considerazione delle norme di applicazione necessaria di un altro Stato membro (terza questione pregiudiziale)

113. Nella decisione di rinvio pregiudiziale, il giudice tedesco ha rilevato che le leggi n. 3833/2010 e n. 3845/2010 sono funzionali all’attuazione degli obblighi della Repubblica ellenica risultanti dalle disposizioni del Trattato FUE sulla politica economica e, in particolare, dell’obbligo di evitare disavanzi pubblici eccessivi, istituito all’articolo 126, paragrafo 1, TFUE. Con riferimento alla crisi finanziaria in Grecia e agli aiuti concessi dagli Stati membri della zona euro, tale obbligo è stato concretizzato dal Consiglio dell’Unione europea nella decisione 2010/320/UE (45). Tale decisione prevede che la Grecia adotti una serie di misure dirette a correggere la situazione di disavanzo eccessivo.

114. Di conseguenza, occorre esaminare se il principio di leale cooperazione tra gli Stati membri stabilito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE esiga di dare efficacia alle suddette leggi elleniche.

115. Vorrei rilevare che l’obbligo di leale cooperazione tra gli Stati membri stabilito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE rappresenta, indubbiamente, uno dei principi fondamentali del sistema del diritto dell’Unione.

116. Nell’applicare tale principio occorre, tuttavia, tener conto del suo ambito di applicazione. Siffatto principio vincola le autorità, inclusi gli organi giurisdizionali, di uno Stato membro esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

117. Vorrei rilevare che l’applicazione del regolamento Roma I si limita all’individuazione della legge applicabile a un determinato contratto. La decisione del merito della controversia non è invece adottata sulla base del regolamento Roma I, ma sulla base della legge applicabile (lex causae).

118. Nel contesto in esame, a mio parere è irrilevante se la legge che regola il contratto di lavoro sia stata indicata dalle norme di diritto internazionale privato dell’Unione. In altre parole, ai fini della risposta alla terza questione non rileva, in linea di massima, se l’applicabilità della legge tedesca al contratto in esame risulti dal regolamento Roma I o dalle norme di diritto internazionale privato tedesche che attuano la Convenzione di Roma.

119. Il giudice del rinvio è stato chiamato a pronunciarsi sulla controversia riguardante il contratto di lavoro disciplinato dalla legge tedesca.

120. A tal proposito vale la pena di ricordare che il diritto dell’Unione fa parte degli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Pertanto, qualora un giudice di uno Stato membro statuisca su una controversia, le norme di applicazione necessaria, che traggono la loro origine dal diritto dell’Unione, verranno applicate sulla base dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento Roma I (46). Tali norme appartengono, infatti, al sistema giuridico applicabile nel luogo in cui ha sede il giudice investito della causa (lex fori) (47).

121. L’elemento fondamentale che conferma un eventuale collegamento tra il procedimento principale e l’applicazione del diritto dell’Unione è rappresentato dalla questione della presa in considerazione delle leggi elleniche n. 3833/2010 e n. 3845/2010.

122. In primo luogo, vorrei sottolineare che la decisione 2010/320, in attuazione della quale sono state adottate entrambe le leggi elleniche, è indirizzata alla Grecia, e non alla Germania. Essa non può quindi, nemmeno alla luce dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, imporre al giudice tedesco di disapplicare le disposizioni della legge tedesca regolatrice del rapporto di lavoro che costituisce oggetto della controversia.

123. In secondo luogo, come ha giustamente rilevato la Commissione, l’obbligo di ridurre le retribuzioni delle persone impiegate nel settore pubblico, ad eccezione di alcuni elementi aggiuntivi della retribuzione (48), non deriva direttamente dalle disposizioni della decisione 2010/320.

124. In terzo luogo, come risulta dalla decisione di rinvio pregiudiziale, le disposizioni del diritto del lavoro tedesco non ostano alla riduzione delle retribuzioni dei lavoratori impiegati presso le istituzioni pubbliche elleniche in Germania, ma soltanto impongono al datore di lavoro di rispettare alcune condizioni relative alla modifica del contratto o al preavviso di modifica del medesimo.

125. Di conseguenza, ritengo che dal principio di leale cooperazione, stabilito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, non è possibile dedurre l’obbligo di dare efficacia alle norme di un altro Stato membro, nemmeno qualora queste ultime dovessero servire all’assolvimento, da parte dello Stato in questione, degli obblighi nei confronti dell’Unione. Ciò vale tanto per il caso in cui il giudice consideri la possibilità di tenere conto di siffatte norme quale elemento del contesto fattuale in sede di applicazione della lex causae, quanto per il caso in cui lo stesso giudice proceda all’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I.

126. Occorre tuttavia rilevare che l’articolo 9, paragrafo 3, in fine, del regolamento Roma I, prevede esplicitamente che per decidere se vada data efficacia a queste norme, si deve tenere conto della loro natura e della loro finalità nonché delle conseguenze derivanti dal fatto che siano applicate, o meno. Ciò significa, a mio parere, che nel decidere se, eventualmente, dare efficacia a tali norme sulla base dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, il giudice dovrebbe tener conto del fatto che le norme in parola sono state adottate da un altro Stato membro al fine di assolvere gli obblighi scaturenti dall’appartenenza all’Unione. Tuttavia, ciò non è determinante per la decisione definitiva che verrà adottata nel merito dal giudice adito.

 Conclusione

127. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni sottoposte dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) nel modo seguente:

1)      Il momento della conclusione del contratto ai sensi dell’articolo 28 del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) deve essere stabilito sulla base della legge che sarebbe applicabile al contratto, se tale regolamento fosse applicabile.

2)      L’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I non esclude la considerazione sostanziale indiretta delle norme di applicazione necessaria di un paese terzo, qualora ciò sia consentito dalla legge dello paese che disciplina il contratto stesso.

3)      Alla luce dell’obbligo di leale cooperazione stabilito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, il giudice di uno Stato membro, nel decidere se, eventualmente, dare efficacia alle norme di applicazione necessaria straniere sulla base dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, deve tener conto del fatto che le suddette norme sono state adottate da un altro Stato membro al fine di assolvere gli obblighi scaturenti dall’appartenenza all’Unione. Tuttavia, ciò non è determinante per la decisione definitiva che verrà adottata nel merito dal giudice adito.


1 –      Lingua originale: il polacco.


2 GU L 266, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Roma».


3 GU L 177, pag. 6; rettifica GU 2009, L 309, pag. 87; in prosieguo: il «regolamento Roma I».


4 Leggi n. 3833/2010, recante misure urgenti per il superamento della crisi finanziaria nazionale (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, parte I, gazzetta n. 40, del 15 marzo 2010), e n. 3845/2010, relativa alle misure per l’applicazione del meccanismo di sostegno all’economia greca da parte degli Stati membri della zona euro e del Fondo monetario internazionale (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, parte I, gazzetta n. 65, del 6 maggio 2010).


5 GU 2001, L 12, pag. 1 – rettifiche GU 2007, L 174, pag. 28, e GU 2009, L 311, pag. 35; in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I».


6 L’articolo 28 di tale regolamento dispone che esso si applica ai contratti conclusi a decorrere dal 17 dicembre 2009.


7 Una norma simile era stata prevista all’articolo 17 della Convenzione di Roma.


8 V. sentenze Licata/Comitato economico e sociale (270/84, EU:C:1986:304, punto 31); Pokrzeptowicz‑Meyer (C‑162/00, EU:C:2002:57, punto 50), e Bruno e a. (C‑395/08 e C‑396/08, EU:C:2010:329, punto 53).


9 In conformità al principio di applicazione immediata, le norme nuove sarebbero applicabili agli effetti giuridici futuri risultanti da un siffatto contratto. Vedi sentenza Pokrzeptowicz‑Meyer (C‑162/00, EU:C:2002:57, punto 52).


10 V. Ancel, M.E., «Le Règlement Rome I à l’épreuve du temps», La justice civile européenne en marche, Douchy‑Oudot, M., Guinchard, E. (a cura di), Dalloz 2012, pag. 60.


11 V. Calliess, G.P., Hofmann, H., «Article 28, Application in Time», Rome Regulations, Calliess, G.P. (a cura di), II ed., Wolters Kluwer 2015, pag. 438.


12 In tale contesto occorre segnalare i risultati dei lavori condotti dal mondo accademico sul diritto privato europeo. Alla problematica della conclusione del contratto si riferiscono, ad esempio, gli articoli da 4:101 a 4:110 del progetto «Principles of the Existing EC Contract Law (Acquis Principles)», v. Research Group on the Existing EC Private Law (Acquis Group), Principles of the Existing EC Contract Law (Acquis Principles), Contract II – General Provisions, Delivery of Goods, Package Travel and Payement Services, Sellier, Monaco di Baviera, 2009, pagg. da 181 a 221. La nozione del contratto è stata definita nel libro secondo, agli articoli da II‑1 a 101 del progetto «Draft Common Frame of Reference», v. Von Bar, C., Clive, E., Schulte Nölke, H. (a cura di), Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR) – Outline Edition [elaborato da: Study Group on a European Civil Code and the Research Group on Existing EC Private Law (Acquis Group)], Sellier, Monaco di Baviera, 2009, pag. 181.


13 Vedi considerando 6 del regolamento Roma I.


14 Ad esempio, il governo del Regno Unito rileva che la legge britannica stabilisce una presunzione legale di continuità del contratto di lavoro, ma la giurisprudenza consente di dichiarare la novazione di tale contratto in caso di una fondamentale modifica unilaterale delle condizioni da parte del datore di lavoro.


15 Dz.U. (gazzetta ufficiale polacca) del 1964, N. 16, posizione 94.


16 V. Gwiazdomorski, J., «Międzyczasowe prawo prywatne», Nowe Prawo, 1962, nn. 6 e 7, pag. 761.


17 –      V. Pietrzykowski, T., «Obowiązywanie i stosowanie prawa cywilnego w czasie», System prawa prywatnego, vol. 1, Prawo cywilne – część ogólna, red. M. Safjan, Varsavia, CH Beck, Instytut Nauk Prawnych PAN, 2012, pag. 769.


18 Ai sensi dell’articolo 17 della Convenzione di Roma, tale convenzione si applica ai contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore in un determinato Stato, e quindi nei confronti della Germania dopo il 1° aprile 1991. Dall’ordinanza del giudice del rinvio risulta che il rapporto giuridico alla base della controversia è stato costituito nel 1996.


19 La giurisprudenza della Corte in materia di competenze esercitate in ambito pregiudiziale, sia ai sensi dell’articolo 267 TFUE, sia sulla base dei protocolli della convenzione tra gli Stati membri, pone alcuni limiti alla modifica della domanda di pronuncia pregiudiziale. Una modifica della questione pregiudiziale effettuata dalla Corte d’ufficio non può portare alla modifica della sostanza di tale questione, in quanto ciò pregiudicherebbe il diritto delle parti interessate a presentare le loro osservazioni. V. sentenze Phytheron International (C‑352/95, EU:C:1997:170, punto 14), e Leathertex (C‑420/97, EU:C:1999:483, punto 22).


20 Nelle presente conclusioni, che sono state redatte in lingua polacca, uso sostanzialmente la nozione di «norme di applicazione necessaria» («przepisy wymuszające swoje zastosowanie»). Siffatto termine viene talvolta usato, in alternativa, con il termine «norme imperative» («przepisy imperatywne»). In quest’ultimo significato del termine, le «norme imperative» non possono essere tuttavia confuse con la nozione di norme all’applicazione delle quali non è permesso derogare convenzionalmente (ad esempio, articolo 3, paragrafo 3, del regolamento Roma I).


21 A tal riguardo, di particolare importanza è il contributo di Franceskakis, P., il quale ha utilizzato la nozione di «lois d’application immédiate» in: «Quelques précisions sur les lois d’application immédiate et leurs rapports avec les règles de conflits de lois», Revue critique de droit international privé, 1966, pagg. 1 e segg.


22 V., ad esempio, articolo 8 della legge polacca sul diritto internazionale privato del 2011; articolo 1.11, paragrafo 2, del codice civile lituano del 2000; articolo 20 della legge belga sul diritto internazionale privato del 2004; articolo 17 della legge italiana sul diritto internazionale privato del 1995; articolo 7, del libro 10, del codice civile olandese del 1992; articoli 3 e 25 della legge ceca sul diritto internazionale privato del 2012. Tra i paesi al di fuori dell’Unione occorre menzionare, innanzitutto, gli articoli 18 e 19 della legge svizzera sul diritto internazionale privato del 1987.


23 V. F.C. von Savigny, System des heutigen Römischen Rechts. Achter Band, Berlin, 1849, 36 I 276.


24 –      V. sentenza Arblade e a. (C‑369/96 e C‑376/96, EU:C:1999:575, punto 30). V. Nuyts, A,, «Les lois de police et dispositions impératives dans le Règlement Rome I», Revue de droit commercial belge, n. 6, 2009.


25 Sull’argomento relativo ai lavori per la Convenzione di Roma v. Popiołek, W., «Convenzione CEE sul diritto delle obbligazioni», Państwo i Prawo 9/1982, pagg. Da 105 a 115; Fuchs, B., «Statut kontraktowy a przepisy wymuszające swoje zastosowanie»,,Wydawnictwo Uniwersytetu Śląskiego, Katowice, 2003, pagg. 126 e segg.


26 Wojewoda, M., «Mandatory Rules in Private International Law», Maastricht Journal of European and Comparative Law (7) 2000, n. 2, pag. 212.


27 Bonomi, A., «Le regime des règles impératives et des lois de police dans le Règlement “Rome I” sur la loi applicable aux contrats», Bonomi, A., Cashin Ritaine, E. (a cura di), Le nouveau règlement européen «Rome I» relatif à la loi applicable aux obligations contractuelles, Ginevra, 2008, pag. 235.


28 V. Zachariasiewicz, M.A., «Przepisy wymuszające swoje zastosowanie», System prawa prywatnego, vol. 20A, Prawo prywatne międzynarodowe, red. M. Pazdan, Varsavia, CH Beck, Instytut Nauk Prawnych PAN 2014, pag. 455.


29 Tali contrasti non sono stati, in alcun modo, confermati dalla prassi applicativa dell’articolo 7, paragrafo 1, nei paesi che non avevano espresso la riserva ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della Convenzione di Roma; v. M.A. Zachariasiewicz, «Rozwój nauki prawa prywatnego międzynarodowego», System prawa prywatnego, vol. 20A, Prawo prywatne międzynarodowe, red. M. Pazdan, Varsavia, CH Beck, Instytut Nauk Prawnych PAN 2014, pag. 81.


30 V. su tale argomento M. Hellner, «Third Country Overriding Mandatory Rules in the Rome I Regulation: Old Wine in New Bottles? », Journal of Private International Law, 2009, n. 5 (3), pagg. da 451 a 454; M. McParland, The Rome I Regulation on the Law Applicable to Contractual Obligations, Oxford University Press 2015, pagg. da 697 a 705.


31 V. paragrafo 74 delle presenti conclusioni.


32 V. Bonomi, A., Cashin Ritaine, E., op.cit. (nota 27), pag. 235.


33 In tale contesto, vale la pena di richiamare l’attenzione sulla giurisprudenza dei giudici britannici [ad esempio, sentenza Foster v Driscoll (1929) 1 KB 470], la quale si basa sul presupposto che l’omessa considerazione delle norme di applicazione necessara straniere può, a volte, portare ad una violazione dell’ordine pubblico dello Stato del foro fondato sul «comity of nations». V. McParland, M., op.cit. (nota 30), pagg. 711, 715 e 716; J. Harris, «Mandatory Rules and Public policy under the Rome I Regulation», Ferrari, F., Leible, S. (a cura di), Rome I Regulation, The Law Applicable to Contractual Obligations in Europe, Sellier, Monaco di Baviera, 2009, pagg. 298 e segg.


34 Così M. Schmidt-Kessel, «Article 9», F. Ferrari (a cura di), Rome I Regulation, Sellier, Monaco di Baviera, 2015, pag. 350. Ritengo inoltre che la stessa ampia interpretazione deve essere applicata ad un altro presupposto risultante dall’articolo 9, paragrafo 3, ossia, che tali disposizioni si applicano nella misura in cui esse «rendono illecito l’adempimento del contratto». V. Schmidt‑Kessel, M., loc.cit.; Harris, J., op.cit. (nota 33), pag. 322; Hellner, M., op.cit. (nota 30), pag. 461.


35 –      V. Nuyts, A., op.cit. (nota 24), pagg. 563 e 564.


36 –      Non ho dubbi che l’interpretazione di tale nozione deve avere carattere autonomo – v. J. Harris, op.cit., (nota 33), pag. 315; V. Marazopoulou, «Overriding Mandatory Provisions of Article 9 § 3 of the Rome I Regulation», Revue Hellénique de Droit International, 2/2011, pag. 787.


37 –      La nozione di prestazione caratteristica si basa, ad esempio, sull’articolo 4 del regolamento Roma I, il quale serve ad individuare la legge applicabile al contratto nel caso in cui le parti non abbiano operato la scelta del diritto ai sensi dell’articolo 3 di tale regolamento.


38 –      M. McParland, op.cit. (nota 30), pag. 706; M. Hellner, op.cit. (nota 30), pag. 466.


39 –      Così M. Renner, «Rome I Article 9, Overriding Mandatory Provisions», Rome Regulations, op.cit. (nota 11), pag. 258; M.A. Zachariasiewicz, op.cit. (nota 28), pag. 459; A. Nuyts, op.cit. (nota 24), pag. 564.


40 –      La possibilità di tenere conto delle norme di applicazione necessaria in sede di applicazione della lex causae viene indicata anche dalla dottrina polacca – v. W. Popiołek, Wykonanie zobowiązania umownego a prawo miejsca wykonania: zagadnienie kolizynoprawne, Katowice, 1989, pagg. 163 e seg.; M. Mataczyński, Przepisy wymuszające swoje zastosowanie w prawie prywatnym międzynarodowym, Zakamycze, 2005, pagg. 181 e segg.


41 –      Sulla base della Schuldstatuttheorie. Su tale argomento v. J. Harris, op.cit. (nota 33), pag. 302.


42 –      V., in tal senso, Martiny, D., «Art. 9 Rom I‑VO», Münchener Kommentar zum BGB, C.H. Beck, 6a. ed., Monaco di Baviera, 2015, vol. n. 114‑114b; Remien, O., «Art. 9 ROM I‑VO», BGB Kommentar, Prütting, H., Wegen, G., Weinreich, G. (a cura di), 2015, vol. n. 45. Gli autori dei citati commentari segnalano, tuttavia, l’esistenza di un parere discorde nella dottrina tedesca, secondo il quale la considerazione sostanziale delle norme straniere rientra nell’ambito della nozione di «dare efficacia» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento Roma I, e quindi è soggetta alle limitazioni derivanti da tale disposizione.


43 –      Così M. Renner, op.cit., (nota 39), pag. 261; M. Schmidt‑Kessel, op.cit. (nota 34), pag. 353; V. Marazopoulou, op.cit. (nota 36), pag. 792.


44 –       Vedi paragrafo 89 delle presenti conclusioni.


45 –      Decisione del Consiglio, dell’8 giugno 2010, indirizzata alla Grecia allo scopo di rafforzare e approfondire la sorveglianza della disciplina di bilancio e che intima alla Grecia di adottare misure per la riduzione del disavanzo ritenute necessarie a correggere la situazione di disavanzo eccessivo (GU L 145, pag. 6).


46 –      M. Schmidt‑Kessel, op.cit. (nota 34), pag. 329; Sánchez Lorenzo, S., «Choice of Law and Overriding Mandatory Rules in International Contracts after Rome I», Yearbook of Private International Law, Vol. 12, 2010, pag. 78.


47 –      Nel regolamento Roma I è stata inoltre introdotta una disposizione volta a garantire l’applicazione del diritto dell’Unione in caso della scelta della legge di un paese terzo (articolo 3, paragrafo 4).


48 –      L’articolo 2, lettera f), prevede che la Grecia, entro la fine del mese di giugno 2010, procede alla riduzione delle gratifiche e indennità versate ai funzionari pubblici in occasione dei periodi pasquale, estivo e natalizio.