Language of document : ECLI:EU:C:2019:674

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

5 settembre 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 97, paragrafo 5 – Competenza giurisdizionale – Azione per contraffazione – Competenza dei giudici dello Stato membro sul cui territorio “l’atto di contraffazione è stato commesso” – Pubblicità e offerte di vendita pubblicate su un sito Internet e su piattaforme di reti sociali»

Nella causa C‑172/18,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile), Regno Unito], con decisione del 12 febbraio 2018, pervenuta in cancelleria il 5 marzo 2018, nel procedimento

AMS Neve Ltd,

Barnett Waddingham Trustees,

Mark Crabtree

contro

Heritage Audio SL,

Pedro Rodríguez Arribas,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, M. Ilešič (relatore) e I. Jarukaitis, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 gennaio 2019,

considerate le osservazioni presentate:

–        per l’AMS Neve Ltd, Barnett Waddingham Trustees e M. Crabtree, da M. McGuirk e E. Cronan, solicitors, e J. Moss, barrister;

–        per l’Heritage Audio SL e P. Rodríguez Arribas, da A. Stone e R. Crozier, solicitors, e J. Reid, barrister;

–        per il governo tedesco, inizialmente da T. Henze, M. Hellmann e J. Techert, successivamente da M. Hellmann e J. Techert, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Samnadda, É. Gippini Fournier e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 marzo 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio [dell’Unione europea] (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Tale domanda è stata introdotta nell’ambito di una controversia tra, da un lato, l’AMS Neve Ltd, la Barnett Waddingham Trustees (in prosieguo: la «BW Trustees») e il sig. Mark Crabtree e, dall’altro, la Heritage Audio SL e il sig. Pedro Rodríguez Arribas, relativa a un’azione per contraffazione per la presunta violazione di diritti conferiti, in particolare, da un marchio dell’Unione europea.

 Contesto normativo

3        Il regolamento n. 207/2009, che aveva abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), è stato modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21), che è entrato in vigore il 23 marzo 2016. Esso è stato poi abrogato e sostituito, a decorrere dal 1o ottobre 2017, dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). Tuttavia, tenuto conto della data d’introduzione dell’azione per contraffazione di cui trattasi nel procedimento principale, il presente rinvio pregiudiziale è esaminato alla luce del regolamento n. 207/2009, nella sua versione iniziale.

4        Ai sensi del considerando 17 del regolamento n. 207/2009:

«Va evitato che siano rese sentenze contraddittorie in seguito ad azioni in cui siano implicate le medesime parti, intentate per gli stessi fatti sulla base di un marchio [dell’Unione europea] e di marchi nazionali paralleli (…)».

5        L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento disponeva quanto segue:

«1.      Il marchio [dell’Unione europea] conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)      un segno identico al marchio [dell’Unione europea] per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)      un segno che a motivo della sua identità o somiglianza col marchio [dell’Unione europea] e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio [dell’Unione europea] e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio;

(…)

2.      Possono essere in particolare vietati, a norma del paragrafo 1:

(…)

b)      l’offerta, l’immissione in commercio (…) dei prodotti (…) sotto la copertura del segno;

(…)

d)      l’uso del segno (…) nella pubblicità».

6        L’articolo 94 del regolamento n. 207/2009 era redatto nei seguenti termini:

«1.      Salvo disposizione contraria del presente regolamento, alle procedure concernenti i marchi [dell’Unione europea] e le domande di marchio [dell’Unione europea], nonché alle procedure concernenti le azioni simultanee o successive promosse sulla base di marchi [dell’Unione europea] e di marchi nazionali si applica il regolamento (CE) n. 44/2001 [del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1)].

2.      Per quanto riguarda le procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all’articolo 96:

a)      non si applicano gli articoli 2 e 4, l’articolo 5, punti 1, 3, 4 e 5, e l’articolo 31 del regolamento (CE) n. 44/2001;

(…)».

7        Ai sensi dell’articolo 95, paragrafo 1, di tale regolamento:

«Gli Stati membri designano nei rispettivi territori un numero per quanto possibile ridotto di tribunali nazionali di prima e di seconda istanza, qui di seguito denominati “tribunali dei marchi [dell’Unione europea]”, che svolgeranno le funzioni a essi attribuite dal presente regolamento».

8        L’articolo 96 di detto regolamento così disponeva:

«I tribunali dei marchi [dell’Unione europea] hanno competenza esclusiva:

a)      per tutte le azioni in materia di contraffazione e, qualora siano contemplate dalla legislazione nazionale, per le azioni relative alla minaccia di contraffazione di marchi [dell’Unione europea];

(…)».

9        L’articolo 97 dello stesso regolamento stabiliva quanto segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni del presente regolamento e quelle del regolamento (CE) n. 44/2001 applicabili in virtù dell’articolo 94, le procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all’articolo 96 vengono avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio o, qualora non sia domiciliato in uno degli Stati membri, dello Stato membro in cui ha una stabile organizzazione.

(…)

5.      Le procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all’articolo 96, escluse le azioni di accertamento di non contraffazione di un marchio [dell’Unione europea], possono parimenti essere avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso (…)».

10      Ai sensi dell’articolo 98 del regolamento n. 207/2009:

«1.      Un tribunale dei marchi [dell’Unione europea] la cui competenza si fonda sull’articolo 97, paragrafi da 1 a 4, è competente per:

a)      gli atti di contraffazione commessi o che rischiano di essere commessi sul territorio di qualsiasi Stato membro;

(…)

2.      Un tribunale dei marchi [dell’Unione europea] la cui competenza si fonda sull’articolo 97, paragrafo 5, è competente soltanto per gli atti commessi o che rischiano di esserlo sul territorio dello Stato membro in cui ha sede».

11      L’articolo 109, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 così disponeva:

«Qualora azioni per contraffazione siano proposte per gli stessi fatti e tra le stesse parti davanti a tribunali di Stati membri differenti, aditi rispettivamente sulla base di un marchio [dell’Unione europea] e sulla base di un marchio nazionale:

a)      il tribunale successivamente adito deve, anche d’ufficio, dichiarare la propria incompetenza a favore del primo tribunale adito quando i marchi in causa sono identici e validi per prodotti o servizi identici. Il tribunale che dovrebbe dichiarare la propria incompetenza può sospendere il procedimento qualora venga eccepita l’incompetenza dell’altro tribunale;

b)      il tribunale successivamente adito può sospendere il procedimento quando i marchi in causa sono identici e validi per prodotti o servizi simili, nonché quando i marchi in causa sono simili e validi per prodotti o servizi identici o simili».

12      La formulazione degli articoli 9, da 94 a 98 e 109 del regolamento n. 207/2009 è stata ripresa, sostanzialmente, agli articoli 9, da 122 a 126 e 136 del regolamento 2017/1001. L’articolo 125, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001 corrisponde all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e all’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento n. 40/94.

13      Il regolamento n. 44/2001, cui si riferiscono gli articoli 94 e 97 del regolamento n. 207/2009, è stato sostituito dal regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1). Ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, di quest’ultimo regolamento, esso «si applica solo alle azioni proposte, agli atti pubblici formalmente redatti o registrati e alle transazioni giudiziarie approvate o concluse alla data o successivamente al 10 gennaio 2015».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

14      L’AMS Neve è una società con sede nel Regno Unito che produce e commercializza apparecchiature audio. La BW Trustees, anch’essa con sede nel Regno Unito, è la fiduciaria del regime pensionistico dei dirigenti dell’AMS Neve. Il sig. Mark Crabtree è un amministratore dell’AMS Neve.

15      La Heritage Audio è una società con sede in Spagna che commercializza apparecchiature audio. Il sig. Pedro Rodriguez Arribas, domiciliato in Spagna, è l’amministratore unico della Heritage Audio.

16      Il 15 ottobre 2015 l’AMS Neve, la BW Trustee e il sig. Crabtree hanno presentato contro la Heritage Audio e il sig. Rodriguez Arribas, dinanzi all’Intellectual Property and Enterprise Court (Tribunale della proprietà intellettuale e dell’impresa, Regno Unito), un’azione per contraffazione di un marchio dell’Unione europea di cui la BW Trustee e il sig. Crabtree sono i titolari e per il cui utilizzo l’AMS Neve detiene una licenza esclusiva.

17      La loro azione verte, inoltre, sull’asserita contraffazione di due marchi registrati nel Regno Unito di cui la BW Trustee e il sig. Crabtree sono altresì titolari.

18      Il marchio dell’Unione europea invocato è costituito dal numero 1073 ed è stato registrato per i prodotti della classe 9, ai sensi dell’Accordo di Nizza concernente la classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato. I prodotti contemplati corrispondono in particolare alla seguente descrizione: «apparecchiature per la registrazione, il missaggio e l’elaborazione del suono in studio».

19      Si addebita ai convenuti nel procedimento principale di aver offerto in vendita ai consumatori nel Regno Unito imitazioni di prodotti dell’AMS Neve contraddistinti da, o facenti riferimento a, un segno identico o simile al suddetto marchio dell’Unione europea e a detti marchi nazionali, e di aver pubblicizzato tali prodotti.

20      I ricorrenti nel procedimento principale hanno prodotto alcuni documenti a sostegno della loro azione, inclusi in particolare i contenuti del sito Internet della Heritage Audio e dei profili Facebook e Twitter di quest’ultima, una fattura emessa dalla Heritage Audio a un privato residente nel Regno Unito nonché uno scambio di messaggi di posta elettronica tra la Heritage Audio e una persona stabilita nel Regno Unito concernente eventuali consegne di apparecchiature audio.

21      I ricorrenti nel procedimento principale hanno in particolare fornito stampe di schermate provenienti da tale sito Internet e sulle quali apparirebbero offerte di vendita di apparecchiature audio contraddistinte da un segno identico o simile al suddetto marchio dell’Unione europea. Essi hanno sottolineato il fatto che tali offerte sono redatte in lingua inglese e che una rubrica intitolata «where to buy» («dove acquistare») elenca i distributori con sede in diversi paesi, compreso il Regno Unito. Inoltre, dalle condizioni generali di vendita risulterebbe che la Heritage Audio accetta ordini provenienti da ogni Stato membro dell’Unione europea.

22      I convenuti nel procedimento principale hanno eccepito l’incompetenza del giudice adito.

23      Pur non escludendo che i prodotti della Heritage Audio possano essere stati acquistati, nel Regno Unito, tramite altre società, essi affermano che, da parte loro, non hanno né fatto pubblicità nel Regno Unito, né realizzato vendite in tale Stato membro. Essi inoltre asseriscono di non aver mai designato alcun distributore per il Regno Unito. Infine, sostengono che i contenuti pubblicati sul sito Internet della Heritage Audio e sulle piattaforme alle quali si riferiscono i ricorrenti nel procedimento principale, erano, già nel corso del periodo considerato dall’azione per contraffazione, obsoleti e non dovevano, quindi, essere presi in considerazione.

24      Con sentenza del 18 ottobre 2016, l’Intellectual Property and Enterprise Court (Tribunale della proprietà intellettuale e dell’impresa) ha constatato che esso non aveva competenza per detta azione per contraffazione, nella parte in cui è fondata sul marchio dell’Unione europea in parola.

25      Il suddetto tribunale rileva che i ricorrenti nel procedimento principale hanno fornito indizi che possono dimostrare che il sito Internet della Heritage Audio era rivolto in particolare al Regno Unito. Esso ritiene, inoltre, che i fatti della controversia davanti ad esso pendente gli permettano di constatare che il sig. Rodriguez Arribas è responsabile in solido dei comportamenti illeciti della Heritage Audio e che i giudici del Regno Unito sono competenti nei limiti in cui tale controversia verte sulla protezione dei diritti nazionali di proprietà intellettuale.

26      L’Intellectual Property and Enterprise Court (Tribunale della proprietà intellettuale e dell’impresa) ritiene invece che la suddetta controversia, laddove verte sulla contraffazione del marchio dell’Unione europea, rientri, conformemente all’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, nella competenza dei tribunali dello Stato membro sul cui territorio il convenuto ha il suo domicilio, nel caso di specie il Regno di Spagna. Tale Tribunale precisa che la competenza dei giudici spagnoli deriva altresì dal paragrafo 5 di detto articolo 97, in forza del quale le azioni per contraffazione posso essere presentate anche dinanzi ai tribunali dello Stato membro sul cui territorio l’atto di contraffazione è stato commesso.

27      A tale ultimo riguardo, l’Intellectual Property and Enterprise Court (Tribunale della proprietà intellettuale e dell’impresa) considera che il giudice territorialmente competente per un’azione intentata dal titolare di un marchio rivolta contro un terzo che abbia fatto uso di segni identici o simili a tale marchio nelle pubblicità e nelle offerte di vendita su un sito Internet o su piattaforme delle reti sociali è quello del luogo ove il terzo ha preso la decisione di pubblicizzare e di offrire in vendita detti prodotti su tale sito Internet o su tali piattaforme e ha stabilito le modalità d’attuazione di suddetta decisione.

28      I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto appello avverso tale sentenza dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile), Regno Unito].

29      Il giudice del rinvio ritiene che il giudice di primo grado, nel menzionare nella sua decisione alcune sentenze della Corte, quali quelle del 19 aprile 2012, Wintersteiger (C‑523/10, EU:C:2012:220) e del 5 giugno 2014, Coty Germany (C‑360/12, EU:C:2014:1318), abbia dato un’interpretazione erronea di tali sentenze e della giurisprudenza della Corte in generale.

30      Il giudice del rinvio è del parere che una simile interpretazione condurrebbe, in sostanza, a considerare che lo «Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso», ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, è lo Stato membro sul cui territorio il convenuto ha organizzato il suo sito Internet e i suoi profili delle reti sociali. Orbene, dal tenore letterale, dalla finalità e dal contesto di tale disposizione risulterebbe che il territorio dello Stato membro a cui esso si riferisce è quello in cui risiedono i consumatori o i professionisti a cui sono destinate le pubblicità e le offerte di vendita.

31      Il giudice del rinvio aggiunge che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), nella sua sentenza del 9 novembre 2017, detta «Parfummarken» (I ZR 164/16), ha dichiarato che l’interpretazione dei termini «la legge (…) del paese in cui è stata commessa la violazione», di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II») (GU 2007, L 199, pag. 40), resa nella sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo (C‑24/16 e C‑25/16, EU:C:2017:724), può essere estesa all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Orbene, il giudice del rinvio nutre dei dubbi su tale valutazione del suddetto giudice tedesco.

32      In tali circostanze, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale, precisando nella sua decisione che tale questione verte sull’interpretazione dell’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009:

«Nelle circostanze in cui un’impresa sia stabilita e domiciliata nel territorio di uno Stato membro A e abbia intrapreso iniziative in quel territorio per pubblicizzare e mettere in vendita prodotti coperti da un segno identico a un marchio dell’Unione europea, su un sito web destinato a operatori e consumatori nello Stato membro B:

i)      se un tribunale dei marchi dell’Unione europea dello Stato membro B sia competente a conoscere di un’azione per contraffazione del marchio dell’Unione europea relativa alla pubblicità e alla messa in vendita dei prodotti effettuate sul territorio dello Stato membro B;

ii)      in caso di risposta negativa, di quali altri criteri debba tener conto il suddetto tribunale dei marchi dell’Unione europea per decidere se ha competenza a conoscere di tale azione;

iii)      nei limiti in cui la risposta alla questione ii) richieda al tribunale dei marchi dell’Unione europea di accertare se l’impresa abbia intrapreso iniziative concrete nello Stato membro B, di quali criteri si debba tener conto per stabilire se l’impresa ha intrapreso siffatte iniziative».

 Sulla questione pregiudiziale

33      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 debba essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio dell’Unione europea che si ritiene leso dall’uso senza il suo consenso, da parte di un terzo, di un segno identico a tale marchio nelle pubblicità e nelle offerte di vendita pubblicate per via elettronica per prodotti identici o simili a quelli per cui tale marchio è stato registrato, possa introdurre un’azione per contraffazione contro tale terzo dinanzi a un tribunale dei marchi dell’Unione europea dello Stato membro nel cui territorio si trovano consumatori e professionisti cui si rivolgono tali pubblicità o dette offerte di vendita, nonostante il fatto che suddetto terzo abbia adottato in un altro Stato membro le decisioni e le misure finalizzate alla pubblicazione elettronica.

34      Va innanzitutto ricordato che, nonostante il principio dell’applicazione del regolamento n. 44/2001 – e, partire dal 10 gennaio 2015, del regolamento n. 1215/2012 – alle azioni in giudizio riguardanti un marchio dell’Unione europea, l’articolo 94, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 esclude, per quanto concerne in particolare le azioni per contraffazione di un simile marchio, l’applicazione di alcune disposizioni del regolamento n. 44/2001, come le regole contenute agli articoli 2, 4 e 5, punto 3, di quest’ultimo. A causa di tale esclusione, la competenza dei tribunali dei marchi dell’Unione europea previsti all’articolo 95, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 per le azioni per contraffazione di un marchio dell’Unione europea deriva dalle regole stabilite direttamente dal regolamento n. 207/2009, le quali hanno natura di lex specialis rispetto alle regole enunciate dal regolamento n. 44/2001 (sentenze del 5 giugno 2014, Coty Germany, C‑360/12, EU:C:2014:1318, punti 26 e 27, nonché del 18 maggio 2017, Hummel Holding, C‑617/15, EU:C:2017:390, punto 26).

35      Dall’altro canto, per quanto concerne i marchi nazionali, la direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25) non ha introdotto norme specifiche in materia di competenza giurisdizionale. Lo stesso vale per la direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, p. 1), che ha abrogato e sostituito, a decorrere dal 15 gennaio 2019, la direttiva 2008/95.

36      Conseguentemente, un’azione per contraffazione come quella intentata dai ricorrenti nel procedimento principale il 15 ottobre 2015 rientra, nella parte in cui verte su marchi nazionali, nelle regole di competenza giurisdizionale enunciate dal regolamento n. 1215/2012 e, nella parte in cui verte su un marchio dell’Unione europea, nelle regole di competenza giurisdizionale enunciate dal regolamento n. 207/2009.

37      In virtù dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, quando il convenuto ha il suo domicilio in uno Stato membro, il ricorrente presenta la sua azione dinanzi ai tribunali di quest’ultimo.

38      Ciò premesso, il paragrafo 5 di detto articolo statuisce che il ricorrente può «parimenti» introdurre la sua azione dinanzi ai tribunali dello Stato membro «in cui l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso».

39      L’articolo 98 di detto regolamento precisa, al suo paragrafo 1, che, quando un tribunale dei marchi dell’Unione europea è adito sul fondamento dell’articolo 97, paragrafo 1, di suddetto regolamento, esso dispone della competenza a pronunciarsi sugli atti di contraffazione commessi o che rischiano di essere commessi sul territorio di qualsiasi Stato membro, e, al suo paragrafo 2, che, qualora un simile tribunale è adito sulla base dell’articolo 97, paragrafo 5, del medesimo regolamento, è competente soltanto per gli atti commessi o che rischiano di esserlo sul territorio dello Stato membro in cui ha sede.

40      Da suddetta distinzione risulta che il ricorrente, a seconda che scelga di introdurre l’azione per contraffazione dinanzi al tribunale dei marchi dell’Unione europea del domicilio del convenuto o dinanzi a quello del territorio nel quale l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso, determina la portata dell’ambito di competenza territoriale del tribunale adito. Infatti, quando l’azione per contraffazione si fonda sul paragrafo 1 di tale articolo 97, essa riguarda potenzialmente gli atti di contraffazione commessi su tutto il territorio dell’Unione, mentre, quando si fonda sul paragrafo 5 di suddetto articolo, essa è limitata agli atti di contraffazione commessi o che rischiano di esserlo sul territorio di un solo Stato membro, ossia quello del tribunale adito.

41      La facoltà conferita al ricorrente di scegliere l’una o l’altra base, che deriva dall’impiego del termine «parimenti» di cui all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, non può essere intesa nel senso che il ricorrente può, con riguardo agli stessi atti di contraffazione, cumulare azioni fondate sui paragrafi 1 e 5 di tale articolo, ma esprime soltanto, così come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 31 delle sue conclusioni, il carattere alternativo del foro indicato al suddetto paragrafo 5, rispetto ai fori indicati negli altri paragrafi di suddetto articolo.

42      Prevedendo un simile foro alternativo e delimitando, all’articolo 98, paragrafo 2, di suddetto regolamento n. 207/2009, la competenza territoriale legata a tale foro, il legislatore dell’Unione permette al titolare del marchio dell’Unione europea di intentare, se lo desidera, azioni mirate, ciascuna delle quali verte su un atto di contraffazione commesso sul territorio di un solo Stato membro. Come già rilevato dalla Corte, quando più azioni per contraffazione tra le stesse parti sono relative all’utilizzo dello stesso segno, ma non riguardano lo stesso territorio, esse non hanno il medesimo oggetto e non rientrano pertanto nelle regole in materia di litispendenza (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2017, Merck, C‑231/16, EU:C:2017:771, punto 42). Pertanto, i giudici di differenti Stati membri aditi in simili circostanze non possono pronunciare «sentenze contraddittorie», ai sensi del considerando 17 del regolamento n. 207/2009, quando le azioni che il ricorrente ha intentato riguardano territori distinti.

43      È alla luce di tali elementi che occorre rispondere agli interrogativi del giudice del rinvio concernenti la portata del termine «[territorio dello Stato membro] in cui l’atto di contraffazione è stato commesso», di cui all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

44      Investita di una domanda d’interpretazione dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento n. 40/94, la Corte ha rilevato che il criterio di competenza giurisdizionale espresso da tali termini fa riferimento a un comportamento attivo dell’autore dell’asserita contraffazione (sentenza del 5 giugno 2014, Coty Germany, C‑360/12, EU:C:2014:1318, punto 34).

45      La Corte ne ha dedotto che, in caso di vendita e di consegna di un prodotto contraffatto avvenute sul territorio di uno Stato membro, seguite da una rivendita da parte dell’acquirente in un altro Stato membro sul territorio del quale il venditore iniziale non ha operato in prima persona, tale criterio non consente di stabilire la competenza giurisdizionale del tribunale dei marchi dell’Unione europea di quest’ultimo Stato membro a conoscere di un’azione per contraffazione diretta contro il venditore iniziale. Una simile competenza giurisdizionale sarebbe fondata su un effetto della contraffazione commessa da tale venditore iniziale e non sul presunto atto illecito commesso da quest’ultimo, il che sarebbe in contrasto con i termini «[territorio dello Stato membro in cui] l’atto di contraffazione è stato commesso» (v., in questo senso, sentenza del 5 giugno 2014, Coty Germany, C‑360/12, EU:C:2014:1318, punti 34, 37 e 38).

46      Conformemente a detta giurisprudenza e agli elementi ricordati ai punti da 40 a 42 della presente sentenza, un tribunale dei marchi dell’Unione europea investito di un’azione per contraffazione sul fondamento dell’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, quando si trova ad accertare la sua competenza giurisdizionale a pronunciarsi sull’esistenza di una contraffazione sul territorio dello Stato membro in cui rientra, deve assicurarsi che gli atti addebitati al convenuto siano stati commessi in tale territorio.

47      Quando gli atti contestati al convenuto consistono in pubblicità e in offerte di vendita pubblicate per via elettronica per prodotti rivestiti di un segno identico o simile a un marchio dell’Unione europea senza il consenso del titolare di tale marchio, è necessario considerare, come si evince dal punto 63 della sentenza del 12 luglio 2011, L’Oréal e a. (C‑324/09, EU:C:2011:474), che tali atti, che rientrano nell’articolo 9, paragrafo 2, lettera b) e d), del regolamento n. 207/2009, sono stati commessi sul territorio dove si trovano i consumatori o i professionisti a cui sono destinate dette pubblicità ed offerte di vendita, nonostante il fatto che il convenuto sia stabilito in un altro territorio, che il server della rete elettronica da lui utilizzato si trovi in un altro territorio, o ancora che i prodotti oggetto di suddette pubblicità e offerte si trovino in un altro territorio.

48      In effetti, come risulta dal medesimo punto di suddetta sentenza, si deve evitare che un terzo che rivolge pubblicità e offerte di vendita ai consumatori dell’Unione utilizzando un segno identico o simile a un marchio dell’Unione europea per prodotti identici o simili a quelli per cui tale marchio è stato registrato, possa sottrarsi all’applicazione dell’articolo 9 del regolamento n. 207/2009 e così pregiudicare l’effetto utile di quest’ultimo invocando il fatto che tali pubblicità e offerte sono state messe online al di fuori dell’Unione.

49      Analogamente, si deve evitare che il terzo che si è avvalso di un segno identico o simile a un marchio dell’Unione europea senza il consenso del titolare di tale marchio per prodotti identici o simili a quelli per cui quest’ultimo è stato registrato possa opporsi all’applicazione dell’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e così pregiudicare l’effetto utile di detta disposizione invocando il luogo in cui sono state messe online le sue pubblicità e le sue offerte ai fini d’escludere la competenza giurisdizionale di ogni tribunale diverso da quello di tale luogo e da quello del suo stabilimento.

50      Se i termini «[territorio dello Stato membro] in cui l’atto di contraffazione è stato commesso», di cui all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 dovessero essere interpretati nel senso che essi fanno riferimento allo Stato membro sul cui territorio l’autore di suddetti atti commerciali ha organizzato il suo sito Internet e ha avviato la pubblicazione delle sue pubblicità e delle sue offerte di vendita, ai contraffattori stabiliti all’interno dell’Unione, operanti per via elettronica e che vogliano impedire ai titolari dei marchi dell’Unione europea contraffatti di disporre di un foro alternativo basterebbe far coincidere il territorio del caricamento online con quello di loro stabilimento. In tal modo, il suddetto articolo 97, paragrafo 5, nel caso in cui le pubblicità e le offerte di vendita fossero destinate ai consumatori di altri Stati membri, sarebbe privato di ogni portata alternativa rispetto alla regola di competenza giurisdizionale enunciata al paragrafo 1 del medesimo articolo.

51      Un’interpretazione dei termini «[territorio dello Stato membro] in cui l’atto di contraffazione è stato commesso» nel senso che essi si riferirebbero al luogo dove il convenuto ha preso le decisioni e ha adottato le misure tecniche per l’avvio della pubblicazione su Internet sarebbe a maggior ragione inappropriata poiché, in vari casi, per il ricorrente può rivelarsi eccessivamente difficile, o addirittura impossibile, conoscere suddetto luogo. In effetti, contrariamente alle situazioni in cui una controversia è già pendente, quella nella quale il titolare del marchio dell’Unione europea si trova prima dell’introduzione dell’azione giurisdizionale è caratterizzata dall’impossibilità di costringere il convenuto a divulgare suddetto luogo, in quanto nessun giudice è stato adito in questa fase.

52      Al fine di preservare l’effetto utile del foro alternativo previsto dal legislatore dell’Unione è necessario, conformemente alla giurisprudenza secondo la quale i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono essere interpretati tenendo conto del contesto di tale disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui fa parte (v., in particolare, sentenze del 3 settembre 2014, Deckmyn et Vrijheidsfonds, C‑201/13, EU:C:2014:2132, punto 14, nonché del 18 maggio 2017, Hummel Holding, C‑617/15, EU:C:2017:390, punto 22), interpretare i termini «[territorio dello Stato membro] in cui l’atto di contraffazione è stato commesso» in modo coerente con le altre disposizioni del regolamento n. 207/2009 in materia di contraffazione.

53      Tra tali disposizioni figura, in particolare, l’articolo 9 di detto regolamento, che definisce gli atti di contraffazione ai quali il titolare di un marchio dell’Unione europea può opporsi.

54      Pertanto, l’espressione «atto di contraffazione» deve essere intesa come facente riferimento agli atti, di cui a tale articolo 9, che il ricorrente addebita al convenuto, come, nel caso di specie, gli atti di cui al paragrafo 2, lettere b) e d), di suddetto articolo, consistenti in pubblicità e offerte di vendita con segno identico al marchio in causa, e detti atti devono essere considerati come «commessi» sul territorio in cui hanno acquisito il loro carattere pubblicitario e di offerta di vendita, vale a dire quello in cui il contenuto commerciale è stato effettivamente reso accessibile ai consumatori e ai professionisti ai quali era destinato. La questione se tali pubblicità e offerte di vendita abbiano successivamente avuto come effetto di provocare l’acquisto dei prodotti del convenuto è, invece, irrilevante.

55      Salvo verifica da parte del giudice del rinvio, dal fascicolo di cui dispone la Corte e dalla questione sollevata emerge che i ricorrenti nel procedimento principale, tramite l’azione per contraffazione proposta dinanzi a detto giudice, hanno come obiettivo le pubblicità e le offerte di vendita pubblicate dai convenuti su un sito Internet e su piattaforme di reti sociali solo nei limiti in cui tali pubblicità e offerte sono state destinate a consumatori e/o professionisti nel Regno Unito.

56      Pertanto, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, se dai contenuti del sito Internet e delle piattaforme in oggetto presentati dai ricorrenti nel procedimento principale risulta che le pubblicità e le offerte di vendita che essi contenevano erano destinate a consumatori o professionisti situati nel Regno Unito ed erano ad essi pienamente accessibili, circostanza che è compito del giudice del rinvio verificare in funzione, in particolare, delle precisazioni contenute su tale sito e tali piattaforme quanto alle aree geografiche di consegna dei prodotti in oggetto (sentenza del 12 luglio 2011, L’Oréal e a., C‑324/09, EU:C:2011:474, punti 64 e 65), tali ricorrenti dispongono della facoltà d’introdurre, in base all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, la loro azione per contraffazione dinanzi a un giudice del Regno Unito, per far constatare un pregiudizio al marchio dell’Unione europea in detto Stato membro.

57      Suddetta interpretazione è corroborata dal fatto che i tribunali dei marchi dell’Unione europea dello Stato membro di residenza dei consumatori o professionisti ai quali si rivolgono simili pubblicità o simili offerte di vendita sono particolarmente idonei a valutare se la presunta contraffazione esista. Ai punti 28 e 29 della sentenza del 19 aprile 2012, Wintersteiger (C‑523/10, EU:C:2012:220), la Corte ha già tenuto conto di tale elemento di prossimità, interpretando i termini «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», di cui all’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, nel senso che il titolare di un marchio nazionale può introdurre un’azione per contraffazione dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui il marchio nazionale è registrato, in quanto tali giudici, alla luce dei criteri di valutazione in materia di contraffazione stabiliti nelle sentenze del 23 marzo 2010, Google e Google France (da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159), e del 12 luglio 2011, L’Oréal e a. (C‑324/09, EU:C:2011:474), sono quelli che si trovano nella condizione migliore per valutare se è stato pregiudicato il marchio. Il giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto è particolarmente idoneo a pronunciarsi per ragioni di prossimità alla controversia e di facilità di assunzione delle prove (sentenza del 17 ottobre 2017, Bolagsupplysningen e Ilsjan, C‑194/16, EU:C:2017:766, punto 27 nonché giurisprudenza ivi citata).

58      L’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in qualità di lex specialis per le azioni per contraffazione dei marchi dell’Unione europea, deve certamente ricevere un’interpretazione autonoma rispetto a quella dell’articolo 5, punto 3 del regolamento n. 44/2001 fornita dalla Corte per le azioni per contraffazione di marchi nazionali (sentenza del 5 giugno 2014, Coty Germany, C‑360/12, EU:C:2014:1318, punto 31). Tuttavia, l’interpretazione delle nozioni di «territorio [dello Stato membro in cui] l’atto di contraffazione è stato commesso» e di «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» di cui a tali disposizioni, deve presentare una certa coerenza al fine di ridurre, conformemente all’obiettivo enunciato al considerando 17 del regolamento n. 207/2009, al massimo i casi di litispendenza risultanti dall’introduzione di azioni, in diversi Stati membri, in cui siano implicate le medesime parti e lo stesso territorio, intentate l’una sulla base di un marchio dell’Unione europea e l’altra sulla base di marchi nazionali paralleli (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2017, Merck, C‑231/16, EU:C:2017:771, punti da 30 a 32).

59      Infatti, se la regola di competenza giurisdizionale enunciata all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 dovesse essere interpretata nel senso che tale disposizione non permetta, contrariamente all’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, ai titolari dei marchi dell’Unione europea d’introdurre un’azione per contraffazione dinanzi i giudici dello Stato membro sul cui territorio essi desiderano far constatare la contraffazione, tali titolari sarebbero indotti ad intentare l’azione per contraffazione del marchio dell’Unione europea e quella dei marchi nazionali paralleli dinanzi ai tribunali di diversi Stati membri. Il meccanismo previsto all’articolo 109 del regolamento n. 207/2009 per risolvere i casi di litispendenza rischierebbe, a causa di un simile approccio divergente dall’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 125, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001) e dall’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 (divenuto articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012), d’essere frequentemente attuato, tradendo così l’obiettivo consistente nel ridurre i casi di litispendenza perseguito da tali regolamenti.

60      Occorre, infine, osservare che l’interpretazione elaborata nella presente sentenza non è inficiata da quella risultante dalla sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo (C‑24/16 e C‑25/16, EU:C:2017:724), alla quale il giudice del rinvio ha fatto riferimento nel contesto che è sintetizzato al punto 31 della presente sentenza.

61      Ai punti 108 e 111 della sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo (C‑24/16 e C‑25/16, EU:C:2017:724), la Corte ha interpretato i termini «paese in cui è stata commessa la violazione [del diritto di proprietà intellettuale invocato]», di cui al regolamento n. 864/2007, nel senso che si riferiscono alla normativa del paese in cui l’atto di contraffazione iniziale, che è all’origine della condotta contestata, è stato compiuto o sussiste il rischio che sia compiuto, essendo tale atto iniziale, nell’ambito del commercio elettronico, quello che consiste ad avviare il processo di pubblicazione in linea dell’offerta di vendita.

62      Orbene, tali termini contenuti nell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007 hanno un oggetto e una finalità che si differenziano fondamentalmente da quelli dell’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001.

63      L’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 prevede un foro alternativo di competenza giurisdizionale e mira, così come è stato illustrato al punto 42 della presente sentenza, a permettere al titolare di un marchio dell’Unione europea d’introdurre una o più azioni vertenti, ciascuna, specificatamente sulle azioni per contraffazione commesse sul territorio di un solo Stato membro. Al contrario, l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007 non concerne la determinazione della competenza giurisdizionale, ma verte sulla questione di stabilire come deve essere determinata, in caso di obbligazione extracontrattuale che deriva da una violazione di un diritto di proprietà intellettuale a carattere unitario, la legge applicabile a ogni questione che non sia disciplinata dal relativo strumento dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo, C‑24/16 e C‑25/16, EU:C:2017:724, punto 91).

64      Tale determinazione della legge applicabile può essere necessaria quando un’azione per contraffazione, introdotta dinanzi a un giudice competente a pronunciarsi su atti di contraffazione commessi sul territorio di qualsiasi Stato membro, verte su diversi atti di contraffazione, commessi in differenti Stati membri. Occorre, in tal caso, al fine di evitare che il giudice adito debba applicare una pluralità di leggi, che uno solo di tali atti di contraffazione, vale a dire l’atto di contraffazione iniziale, sia identificato come determinante la legge applicabile alla controversia (sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo, C‑24/16 e C‑25/16, EU:C:2017:724, punti 103 e 104). La necessità di garantire l’applicabilità di un’unica legge non esiste nell’ambito delle norme in materia di competenza giurisdizionale, quali quelle contenute nel regolamento n. 44/2001 e nel regolamento n. 207/2009, che prevedono più fori.

65      In considerazione di tutto quanto precede, occorre rispondere alla questione sollevata che l’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio dell’Unione europea che si ritiene leso dall’uso senza il suo consenso, da parte di un terzo, di un segno identico a tale marchio nelle pubblicità e nelle offerte di vendita pubblicate per via elettronica per prodotti identici o simili a quelli per cui tale marchio è stato registrato, può introdurre un’azione per contraffazione contro tale terzo dinanzi a un tribunale dei marchi dell’Unione europea dello Stato membro sul cui territorio si trovano consumatori o professionisti cui si rivolgono tali pubblicità o dette offerte di vendita, nonostante il fatto che il suddetto terzo abbia adottato le decisioni e le misure finalizzate a tale pubblicazione elettronica in un altro Stato membro.

 Sulle spese

66      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

L’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio [dell’Unione europea], deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio dell’Unione europea che si ritiene leso dall’uso senza il suo consenso, da parte di un terzo, di un segno identico a tale marchio nella pubblicità e nelle offerte di vendita pubblicate per via elettronica per prodotti identici o simili a quelli per cui tale marchio è stato registrato, può introdurre un’azione per contraffazione contro tale terzo dinanzi a un tribunale dei marchi dell’Unione europea dello Stato membro sul cui territorio si trovano consumatori o professionisti cui si rivolgono tali pubblicità o dette offerte di vendita, nonostante il fatto che il suddetto terzo abbia adottato le decisioni e le misure finalizzate a tale pubblicazione elettronica in un altro Stato membro.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.