Language of document : ECLI:EU:C:2011:277

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

5 maggio 2011 (*)

«Libera circolazione delle persone – Art. 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Nozione di “avente diritto” – Art. 3, n. 1 – Cittadino che non ha mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione ed ha sempre soggiornato nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza – Rilevanza del possesso della cittadinanza di un altro Stato membro – Situazione puramente interna»

Nel procedimento C‑434/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Supreme Court of the United Kingdom, già House of Lords (Regno Unito), con decisione 5 maggio 2009, pervenuta in cancelleria il 5 novembre 2009, nella causa

Shirley McCarthy

contro

Secretary of State for the Home Department,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. D. Šváby, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. E. Juhász e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 ottobre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la sig.ra McCarthy, dal sig. S. Cox, barrister, e dalla sig.ra K. Lewis, solicitor;

–        per il governo del Regno Unito, dal sig. S. Ossowski, in qualità di agente, assistito dal sig. T. Ward, barrister;

–        per il governo danese, dal sig. C. Vang, in qualità di agente;

–        per il governo estone, dalla sig.ra M. Linntam, in qualità di agente;

–        per l’Irlanda, dai sigg. D. O’Hagan e D. Conlan Smyth, in qualità di agenti, assistiti dal sig. B. Lennon, barrister;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M. de Ree, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dalla sig.ra D. Maidani e dal sig. M. Wilderspin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 novembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 3, n. 1, e 16 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e, per rettifica, GU L 229, pag. 35).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia insorta tra la sig.ra McCarthy ed il Secretary of State for the Home Department (Ministro dell’Interno; in prosieguo: il «Secretary of State»), avente ad oggetto una domanda di autorizzazione di soggiorno da costei presentata.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        I ‘considerando’ primo, secondo e terzo della direttiva 2004/38 enunciano quanto segue:

«(1)      La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal trattato e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso.

(2)      La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno che comprende uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata tale libertà secondo le disposizioni del trattato.

(3)      La cittadinanza dell’Unione dovrebbe costituire lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera circolazione e di soggiorno. È pertanto necessario codificare e rivedere gli strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al fine di semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione».

4        Il capo I della direttiva 2004/38, intitolato «Disposizioni generali», comprende gli artt. 1‑3.

5        L’art. 1, dal titolo «Oggetto», dichiara quanto segue:

«La presente direttiva determina:

a)      le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

b)      il diritto di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

c)      le limitazioni dei suddetti diritti per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica».

6        L’art. 2 della direttiva 2004/38, intitolato «Definizioni», è così formulato:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)      “familiare”:

a)      il coniuge;

b)      il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;

c)      i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o del partner di cui alla lettera b);

d)      gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o del partner di cui alla lettera b);

3)      “Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il [suo] diritto di libera circolazione [e] di soggiorno».

7        L’art. 3 della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», dispone, al n. 1, quanto segue:

«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

8        Il capo III della citata direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno», raggruppa gli artt. 6‑15.

9        L’art. 6 dispone:

«1.      I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità.

2.      Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari in possesso di un passaporto in corso di validità non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnino o raggiungano il cittadino dell’Unione».

10      L’art. 7 della direttiva 2004/38 è formulato come segue:

«1.      Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)      di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)      –      di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi, inclusa una formazione professionale, [e]

      –      di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)      di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2.      Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).

3.      Ai sensi del paragrafo 1, lettera a), il cittadino dell’Unione che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato o autonomo conserva la qualità di lavoratore subordinato o autonomo nei seguenti casi:

(...)

4.      In deroga al paragrafo 1, lettera d), e al paragrafo 2, soltanto il coniuge, il partner che abbia contratto un’unione registrata prevista all’articolo 2, punto 2, lettera b), e i figli a carico godono del diritto di soggiorno in qualità di familiari di un cittadino dell’Unione che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera c). L’articolo 3, paragrafo 2, si applica ai suoi ascendenti diretti e a quelli del coniuge o partner registrato».

11      Nel capo IV della direttiva 2004/38, rubricato «Diritto di soggiorno permanente», l’art. 16, dal titolo «Norma generale per i cittadini dell’Unione e i loro familiari», dispone quanto segue:

«1.      Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III.

2.      Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni assieme al cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante.

(...)

4.      Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi».

12      Il capo V della direttiva 2004/38, dal titolo «Disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente», contiene l’art. 22, intitolato «Campo di applicazione territoriale», il quale dispone quanto segue:

«Il diritto di soggiorno e il diritto di soggiorno permanente si estendono a tutto il territorio dello Stato membro ospitante. Limitazioni territoriali del diritto di soggiorno e del diritto di soggiorno permanente possono essere stabilite dagli Stati membri soltanto nei casi in cui siano previste anche per i propri cittadini».

 Il diritto nazionale

13      In base alla normativa del Regno Unito in materia di immigrazione, i cittadini degli Stati terzi che non dispongano di un’autorizzazione al soggiorno nel territorio di tale Stato in virtù di questa medesima normativa non sono neppure legittimati ad ottenere un’autorizzazione di soggiorno, ai sensi delle disposizioni in questione, in qualità di coniuge di una persona stabilita nel Regno Unito.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

14      La sig.ra McCarthy, cittadina del Regno Unito, possiede anche la cittadinanza irlandese. Essa è nata nel Regno Unito ed ha sempre soggiornato in tale paese, senza aver mai fatto valere di essere un lavoratore subordinato o autonomo oppure una persona che provvede al proprio sostentamento. Essa beneficia di prestazioni sociali.

15      Il 15 novembre 2002 la sig.ra McCarthy ha sposato un cittadino giamaicano che non è titolare di un’autorizzazione di soggiorno nel Regno Unito ai sensi della normativa di tale Stato membro in materia di immigrazione.

16      A seguito del suo matrimonio, la sig.ra McCarthy ha chiesto per la prima volta, ottenendolo, un passaporto irlandese.

17      Il 23 luglio 2004 la sig.ra McCarthy e suo marito hanno chiesto al Secretary of State un’autorizzazione di soggiorno ed un titolo di soggiorno ai sensi del diritto dell’Unione, in qualità, rispettivamente, di cittadina dell’Unione e di coniuge di una cittadina dell’Unione. Il Secretary of State ha respinto le loro domande a motivo del fatto che la sig.ra McCarthy non è una «persona avente titolo» (in sostanza, un lavoratore subordinato o autonomo oppure una persona che provvede al proprio sostentamento) e che, di conseguenza, il sig. McCarthy non è coniuge di una «persona avente titolo».

18      Avverso la decisione presa nei suoi confronti dal Secretary of State la sig.ra McCarthy ha proposto un ricorso dinanzi all’Asylum and Immigration Tribunal (in prosieguo: il «Tribunale»), che tale giudice ha respinto il 17 ottobre 2006. Avendo la High Court of Justice (England & Wales) ordinato il riesame di detto ricorso, il Tribunale ha confermato la propria decisione in data 16 agosto 2007.

19      L’appello proposto dalla sig.ra McCarthy contro la decisione del Tribunale è stato respinto dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division). Contro la decisione emessa da tale corte l’interessata ha proposto un ricorso dinanzi al giudice del rinvio.

20      Quanto al sig. McCarthy, egli non ha proposto alcun ricorso contro la decisione del Secretary of State che lo riguardava, ma ha presentato una nuova domanda, che è stata anch’essa respinta. Contro tale seconda decisione il sig. McCarthy ha successivamente proposto un ricorso dinanzi al Tribunale, il quale ha sospeso il procedimento in attesa di una decisione definitiva sul ricorso della sig.ra McCarthy.

21      È alla luce di tali circostanze che la Supreme Court of the United Kingdom ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se una persona in possesso di doppia cittadinanza, irlandese e del Regno Unito, che ha soggiornato nel Regno Unito per tutta la vita, sia un “avente diritto” ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2004/38 (...).

2)      Se tale persona abbia “soggiornato legalmente” nello Stato membro ospitante agli effetti dell’art. 16 della direttiva 2004/38 (...) nel caso in cui essa non potesse soddisfare le condizioni stabilite dall’art. 7 di quest’ultima».

 Sulle questioni pregiudiziali

22      Come risulta dai punti 14‑19 della presente sentenza, la causa principale riguarda una richiesta di riconoscimento di un diritto di soggiorno ai sensi del diritto dell’Unione presentata dalla sig.ra McCarthy, una cittadina dell’Unione, dinanzi a uno Stato membro del quale essa possiede la cittadinanza e nel quale ha sempre risieduto.

23      Tale domanda mira in realtà a conferire al sig. McCarthy, cittadino di uno Stato terzo, un diritto di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38, in qualità di familiare della sig.ra McCarthy, dal momento che un analogo diritto di soggiorno non gli viene riconosciuto dalla normativa del Regno Unito in materia di immigrazione.

 Sulla prima questione

24      In via preliminare, occorre rilevare che, sebbene formalmente il giudice del rinvio abbia limitato le proprie questioni all’interpretazione degli artt. 3, n. 1, e 16 della direttiva 2004/38, tale circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che esso vi abbia fatto o no riferimento nel formulare le suddette questioni (v. sentenza 8 novembre 2007, causa C‑251/06, ING. AUER, Racc. pag. I‑9689, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata).

25      A questo proposito, occorre constatare che né dalla decisione di rinvio, né dal fascicolo, né dalle osservazioni presentate alla Corte risulta che la sig.ra McCarthy abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione nel territorio degli Stati membri, e ciò tanto a titolo individuale quanto in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione che ha esercitato tale diritto. Allo stesso modo, occorre constatare come la sig.ra McCarthy chieda un diritto di soggiorno ai sensi del diritto dell’Unione malgrado che essa non pretenda di essere un lavoratore subordinato o autonomo oppure una persona che provvede al proprio sostentamento.

26      Pertanto, la prima questione sollevata dal giudice del rinvio deve essere intesa come mirante a stabilire, in sostanza, se l’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 ovvero l’art. 21 TFUE siano applicabili alla situazione di un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro.

 Osservazioni preliminari

27      In via preliminare, occorre rilevare che la cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai Trattati e le disposizioni adottate per la loro applicazione, tenendo presente, peraltro, che la libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno, che è stata per giunta riaffermata all’art. 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenza 7 ottobre 2010, causa C‑162/09, Lassal, Racc. pag. I‑9217, punto 29).

28      Per quanto riguarda la direttiva 2004/38, la Corte ha già avuto occasione di constatare che tale direttiva mira ad agevolare l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, conferito dal Trattato direttamente ai cittadini dell’Unione, e che la finalità di detta direttiva consiste, in particolare, nel rafforzare tale diritto (v. sentenze 25 luglio 2008, causa C‑127/08, Metock e a., Racc. pag. I‑6241, punti 82 e 59, e Lassal, cit., punto 30). 

29      Allo stesso modo, la Corte ha altresì constatato che un principio di diritto internazionale, riaffermato all’art. 3 del Protocollo n. 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 – del quale non può ritenersi che il diritto dell’Unione disconosca la vigenza nei rapporti tra Stati membri – osta a che uno Stato membro neghi ai propri cittadini il diritto di fare ingresso nel suo territorio e di soggiornarvi a qualunque titolo (v. sentenze 4 dicembre 1974, causa 41/74, Van Duyn, Racc. pag. 1337, punto 22, e 27 settembre 2001, causa C‑257/99, Barkoci e Malik, Racc. pag. I‑6557, punto 81), ed ha rilevato inoltre che tale principio osta a che lo Stato membro suddetto espella i propri cittadini dal suo territorio od anche neghi loro il soggiorno in quest’ultimo ovvero lo assoggetti a condizioni (v., in tal senso, sentenze 7 luglio 1992, causa C‑370/90, Singh, Racc. pag. I‑4265, punto 22, e 11 dicembre 2007, causa C‑291/05, Eind, Racc. pag. I‑10719, punto 31). 

 Sull’applicabilità della direttiva 2004/38

30      La prima parte della presente questione, come riformulata dalla Corte, verte sul punto se l’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che quest’ultima si applica ad un cittadino in una situazione quale quella della sig.ra McCarthy, che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga inoltre la cittadinanza di un altro Stato membro.

31      Un’interpretazione letterale, teleologica e sistematica della norma sopra citata porta a risolvere tale questione in senso negativo.

32      Infatti, in primo luogo, ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38, ammesso a beneficiare delle disposizioni di quest’ultima è qualsiasi cittadino dell’Unione che «si rechi» o soggiorni in uno Stato membro «diverso» da quello di cui ha la cittadinanza.

33      In secondo luogo, se è pur vero che, come ricordato al punto 28 della presente sentenza, la direttiva 2004/38 mira ad agevolare e a rafforzare l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, conferito direttamente ad ogni cittadino dell’Unione, resta il fatto che l’oggetto di detta direttiva riguarda, come risulta dal suo art. 1, lett. a), le modalità di esercizio di tale diritto.

34      Considerato che, come rilevato al punto 29 della presente sentenza, il soggiorno di una persona residente nello Stato membro del quale essa ha la cittadinanza non può essere assoggettato a condizioni, la direttiva 2004/38, che si occupa delle modalità di esercizio del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, non può essere destinata a trovare applicazione ad un cittadino dell’Unione che goda di un diritto di soggiorno incondizionato per il fatto che soggiorna nello Stato membro del quale ha la cittadinanza.

35      In terzo luogo, risulta dalla direttiva 2004/38 nel suo complesso che il soggiorno da questa contemplato è correlato all’esercizio della libertà di circolazione delle persone.

36      Infatti, anzitutto, l’art. 1, lett. a), di tale direttiva definisce l’oggetto di quest’ultima mediante riferimento all’esercizio «del» diritto dei cittadini dell’Unione «di libera circolazione e soggiorno» nel territorio degli Stati membri. Tale correlazione tra soggiorno e libera circolazione risulta altresì tanto dal titolo della direttiva suddetta quanto dalla maggior parte dei suoi ‘considerando’, il secondo dei quali, peraltro, si riferisce esclusivamente alla libera circolazione delle persone.

37      Oltre a ciò, i diritti di soggiorno contemplati dalla direttiva 2004/38, vale a dire tanto il diritto di soggiorno previsto dagli artt. 6 e 7 di quest’ultima quanto il diritto di soggiorno permanente di cui al suo art. 16, si riferiscono al soggiorno di un cittadino dell’Unione in «un altro Stato membro» o «nello Stato membro ospitante», e disciplinano dunque la situazione giuridica di un cittadino dell’Unione in uno Stato membro del quale egli non ha la cittadinanza.

38      Infine, se è pur vero che, come ricordato al punto 32 della presente sentenza, l’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 designa come «avente diritto» ammesso a beneficiare di quest’ultima qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi «o» soggiorni in uno Stato membro, dall’art. 22 della medesima direttiva risulta che l’ambito di applicazione territoriale del diritto di soggiorno e del diritto di soggiorno permanente da questa contemplati si estende a tutto il territorio «dello Stato membro ospitante», per quest’ultimo intendendosi, giusta la definizione di cui all’art. 2, punto 3, della direttiva, lo Stato membro nel quale un cittadino dell’Unione si «reca» al fine di esercitare il «suo» diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

39      Pertanto, in un contesto quale quello della causa principale, il cittadino dell’Unione interessato, non avendo mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione ed avendo sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza, non ricade sotto la nozione di «avente diritto» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38, con la conseguenza che questa non è applicabile nei suoi confronti.

40      Su tale constatazione non influisce il fatto che il cittadino suddetto possiede anche la cittadinanza di uno Stato membro diverso da quello nel quale egli soggiorna.

41      Infatti, la circostanza che un cittadino dell’Unione abbia la cittadinanza di più di uno Stato membro non significa per questo che egli abbia esercitato il proprio diritto di libera circolazione.

42      Infine, occorre altresì rilevare che, poiché un cittadino dell’Unione come la sig.ra McCarthy non ricade sotto la nozione di «avente diritto» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38, neppure il suo coniuge può ritenersi incluso in tale nozione, dato che i diritti conferiti dalla detta direttiva ai familiari di un avente diritto non sono diritti originari spettanti a tali familiari, bensì diritti derivati, da essi acquisiti nella loro qualità di membri della famiglia dell’avente diritto (v., riguardo ad atti normativi di diritto dell’Unione antecedenti alla direttiva 2004/38, sentenze 8 luglio 1992, causa C‑243/91, Taghavi, Racc. pag. I‑4401, punto 7, ed Eind, cit., punto 23).

43      Ne consegue che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che quest’ultima non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro.

 Sull’applicabilità dell’art. 21 TFUE

44      La seconda parte della presente questione, come riformulata dalla Corte, mira a stabilire se l’art. 21 TFUE sia applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro.

45      In proposito occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, le norme del Trattato in materia di libera circolazione delle persone e gli atti adottati in esecuzione delle stesse non possono essere applicati a situazioni che non presentino alcun fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione e i cui elementi rilevanti restino in complesso confinati all’interno di un unico Stato membro (v., in tal senso, sentenze 1° aprile 2008, causa C‑212/06, Governo della Comunità francese e Governo vallone, Racc. pag. I‑1683, punto 33, e Metock e a., cit., punto 77). 

46      A questo proposito si deve però osservare che la situazione di un cittadino dell’Unione che, come la sig.ra McCarthy, non abbia esercitato il diritto di libera circolazione non può, per ciò solo, essere assimilata ad una situazione puramente interna (v. sentenza 12 luglio 2005, causa C‑403/03, Schempp, Racc. pag. I‑6421, punto 22).

47      Infatti, la Corte ha più volte evidenziato che lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (v. sentenza 8 marzo 2011, causa C‑34/09, Ruiz Zambrano, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata). La Corte ha inoltre affermato che l’art. 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status suddetto (v. sentenza Ruiz Zambrano, cit., punto 42). 

48      In quanto cittadina di almeno uno Stato membro, una persona come la sig.ra McCarthy gode dello status di cittadino dell’Unione ai sensi dell’art. 20, n. 1, TFUE e può dunque avvalersi, eventualmente anche nei confronti del suo Stato membro d’origine, dei diritti afferenti a tale status, in particolare del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, quale conferito dall’art. 21 TFUE (v. sentenza 10 luglio 2008, causa C‑33/07, Jipa, Racc. pag. I‑5157, punto 17 e la giurisprudenza ivi citata).

49      Tuttavia, nessun elemento della situazione della sig.ra McCarthy, come descritta dal giudice del rinvio, mostra che la misura nazionale in questione nella causa principale produca l’effetto di privare costei del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti correlati al suo status di cittadina dell’Unione ovvero l’effetto di ostacolare l’esercizio del suo diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, ai sensi dell’art. 21 TFUE. Infatti, la mancata presa in considerazione, da parte delle autorità del Regno Unito, della cittadinanza irlandese della sig.ra McCarthy, al fine di riconoscere a quest’ultima un diritto di soggiorno in tale paese, non menoma in alcun modo il suo diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, né d’altronde alcun altro diritto ad essa conferito dal suo status di cittadina dell’Unione.

50      Al riguardo si deve rilevare che, contrariamente alla situazione caratterizzante la causa decisa dalla citata sentenza Ruiz Zambrano, la misura nazionale in questione nell’odierna causa principale non ha come conseguenza che la sig.ra McCarthy si vedrà obbligata a lasciare il territorio dell’Unione. Infatti, come risulta dal punto 29 della presente sentenza, costei gode, in virtù di un principio di diritto internazionale, di un diritto di soggiorno incondizionato nel Regno Unito, in quanto possiede la cittadinanza di tale paese.

51      La presente causa principale si distingue altresì da quella che ha portato alla sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑148/02, Garcia Avello (Racc. pag. I‑11613). Infatti, in tale sentenza la Corte ha statuito che l’applicazione della normativa di uno Stato membro a cittadini di quest’ultimo aventi anche la cittadinanza di un altro Stato membro aveva come conseguenza che tali cittadini dell’Unione portavano cognomi differenti in virtù dei due sistemi giuridici interessati e che tale situazione era tale da generare per loro seri inconvenienti di ordine tanto professionale quanto privato, derivanti, in particolare, dalle difficoltà di fruire, in uno Stato membro di cui essi avevano la cittadinanza, degli effetti giuridici di atti o di documenti redatti con il cognome riconosciuto nell’altro Stato membro del quale possedevano la cittadinanza.

52      Come dichiarato dalla Corte nella sentenza 14 ottobre 2008, causa C‑353/06, Grunkin e Paul (Racc. pag. I‑7639), in un contesto quale quello esaminato nell’ambito della citata sentenza Garcia Avello, ciò che importava era non tanto il fatto che la diversità dei cognomi fosse la conseguenza della doppia cittadinanza degli interessati, bensì la circostanza che tale diversità fosse idonea a generare per i cittadini dell’Unione interessati seri inconvenienti, costituenti un ostacolo alla libera circolazione, il quale poteva essere giustificato soltanto qualora fosse stato fondato su considerazioni oggettive e fosse proporzionato all’obiettivo legittimamente perseguito (v., in tal senso, sentenza Grunkin e Paul, cit., punti 23, 24 e 29).

53      Dunque, nelle cause decise dalle citate sentenze Ruiz Zambrano e Garcia Avello, la misura nazionale in questione aveva come effetto di privare alcuni cittadini dell’Unione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti da tale status ovvero di ostacolare l’esercizio del loro diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

54      Orbene, come ricordato al punto 49 della presente sentenza, nel contesto della presente causa principale, la circostanza che la sig.ra McCarthy possieda, oltre alla cittadinanza del Regno Unito, anche la cittadinanza irlandese non implica l’applicazione di misure di uno Stato membro che abbiano l’effetto di privare costei del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione ovvero l’effetto di ostacolare l’esercizio del suo diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Pertanto, in tale contesto, una circostanza del genere non può, di per sé sola, essere sufficiente per ritenere che la situazione della persona interessata ricada nella sfera di applicazione dell’art. 21 TFUE.

55      Stanti tali premesse, occorre constatare che la situazione di una persona come la sig.ra McCarthy non presenta alcun fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione e che gli elementi rilevanti di tale situazione restano in complesso confinati all’interno di un unico Stato membro.

56      Ne consegue che l’art. 21 TFUE non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro, purché la situazione di tale cittadino non comporti l’applicazione di misure di uno Stato membro che abbiano l’effetto di privare costui del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione ovvero l’effetto di ostacolare l’esercizio del suo diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

57      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la prima questione sollevata dichiarando quanto segue:

–        l’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che quest’ultima non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro;

–        l’art. 21 TFUE non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro, purché la situazione di tale cittadino non comporti l’applicazione di misure di uno Stato membro che abbiano l’effetto di privare costui del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione ovvero l’effetto di ostacolare l’esercizio del suo diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

 Sulla seconda questione

58      Vista la soluzione fornita alla prima questione sottoposta dal giudice del rinvio, non è necessario risolvere la seconda questione.

 Sulle spese

59      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      L’art. 3, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve essere interpretato nel senso che la direttiva suddetta non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro.

2)      L’art. 21 TFUE non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro, purché la situazione di tale cittadino non comporti l’applicazione di misure di uno Stato membro che abbiano l’effetto di privare costui del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione ovvero l’effetto di ostacolare l’esercizio del suo diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.