Language of document : ECLI:EU:C:2020:172

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 5 marzo 2020(1)

Causa C66/18

Commissione europea

contro

Ungheria

«Procedimento per inadempimento – Articolo 258 TFUE – Competenza della Corte di giustizia – Violazione da parte di uno Stato membro degli obblighi nell’ambito dall’accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) – Libera prestazione di servizi – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 16 – Articolo 56 TFUE – Libertà di stabilimento – Articolo 49 TFUE – Servizi nell’ambito dell’istruzione – Insegnamento superiore – Prestatori di servizi di paesi terzi – Requisiti di legge per la fornitura di servizi nell’ambito dell’istruzione in uno Stato membro – Requisito di un accordo internazionale con lo Stato di origine – Requisito di un’effettiva attività di insegnamento nello Stato di origine – Applicabilità della Carta dei diritti fondamentali – Articolo 13 – Libertà delle scienze – Articolo 14, paragrafo 3 – Libertà di creare istituti di insegnamento»






I.      Introduzione

1.        Il presente procedimento per inadempimento riguarda due modifiche della legge ungherese del 2017 sull’istruzione superiore. Ai sensi di tale legge, per gli istituti d’insegnamento superiore di paesi non membri del SEE, l’accesso ad un’attività in Ungheria o l’esercizio della medesima sono subordinati alla dimostrazione della conclusione di un accordo internazionale tra l’Ungheria e il loro paese d’origine; nel caso di Stati federali, tale accordo deve obbligatoriamente essere concluso dal governo centrale. Inoltre, l’attività di tutti gli istituti di insegnamento superiore esteri è subordinata alla condizione che la formazione di insegnamento superiore sia fornita anche nel rispettivo paese d’origine.

2.        Secondo i critici, l’unico obiettivo che il governo ungherese intende perseguire con questa legge è quello di impedire all’Università dell’Europa Centrale (CEU) di operare in Ungheria. Per questo motivo, nel dibattito pubblico si è talvolta fatto riferimento ad una «lex CEU».

3.        La CEU è stata fondata nel 1991 attraverso un’iniziativa il cui obiettivo dichiarato era promuovere il dibattito critico nella formazione di nuovi soggetti deputati all’adozione di decisioni negli Stati dell’Europa centrale e orientale, ai quali in precedenza il pluralismo era precluso. La CEU è un’università costituita secondo la legislazione dello Stato di New York, che dispone di un’autorizzazione di esercizio (cosiddetta «Absolute Charter»), rilasciata da tale Stato. I principali finanziatori sono le fondazioni «Open Society» dell’uomo d’affari americano di origine ungherese George Soros, controverso in alcuni ambienti (2). In ragione dei suoi obiettivi specifici, la CEU non ha mai svolto attività di insegnamento o di ricerca negli Stati Uniti.

4.        Tra i sei istituti d’insegnamento superiore esteri che svolgevano in Ungheria attività soggette ad autorizzazione al momento della modifica della legge sull’istruzione superiore, la CEU era l’unica a non essere in grado di soddisfare i nuovi requisiti, in ragione del suo specifico modello. Essa ha quindi cessato l’attività in Ungheria e aperto un nuovo campus a Vienna nel novembre 2019.

5.        In questo contesto, la Commissione considera le nuove disposizioni non solo come una restrizione alla libera circolazione dei servizi, ma anche, in particolare, come una violazione della libertà delle scienze, sancita dalla Carta europea dei diritti fondamentali.

6.        Inoltre, poiché uno dei due nuovi requisiti è applicabile solo agli istituti di insegnamento superiore di paesi non membri del SEE, il procedimento assume un’ulteriore dimensione specifica. In effetti, la Commissione contesta in sostanza all’Ungheria una violazione della normativa dell’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, in prosieguo: l’«OMC»), segnatamente del GATS. Nel presente procedimento la Corte è chiamata quindi a decidere anche in quale misura il procedimento per inadempimento possa fungere da strumento per assicurare l’attuazione del diritto commerciale internazionale e aumentarne l’efficacia.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Decisione del Consiglio 94/800 relativa alla conclusione degli accordi dei negoziati multilaterali dellUruguay Round

7.        Con la decisione 94/800/CE, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza (3), degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994), il Consiglio ha approvato l’accordo che istituisce l’OMC (Organizzazione mondiale del commercio), nonché gli accordi di cui agli allegati da 1 a 3 di detto accordo, che includono l’accordo generale sugli scambi di servizi (General Agreement on Trade in Services, in prosieguo: il «GATS»).

8.        L’articolo I del GATS dispone quanto segue:

«(1)      Il presente accordo si applica a provvedimenti adottati dai membri che incidono sugli scambi di servizi.

(2)      Ai fini del presente accordo, per scambio di servizi s’intende la fornitura di un servizio:

a)       dal territorio di un membro al territorio di un altro membro;

b)       nel territorio di un membro ad un consumatore di servizi di un qualsiasi altro membro;

c)       da parte di un prestatore di servizi di un membro, attraverso la presenza commerciale nel territorio di un qualsiasi altro membro;

d)       da parte di un prestatore di servizi di un membro, attraverso la presenza di persone fisiche nel territorio di un qualsiasi altro membro.

(…)».

9.        L’articolo XIV del GATS, intitolato «Eccezioni generali», dispone quanto segue:

«Fermo restando l’obbligo di non applicare i provvedimenti in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni dissimulate agli scambi di servizi, nulla di quanto contenuto nel presente accordo è inteso ad impedire l’adozione o l’applicazione da parte dei membri di misure:

a)       necessarie a salvaguardare la morale pubblica o a mantenere l’ordine pubblico (4); (…)

c)      necessarie per garantire l’osservanza di leggi e regolamenti che non siano incompatibili con le disposizioni del presente articolo, ivi compresi quelli relativi:

i)       alla prevenzione di pratiche ingannevoli e fraudolente o al trattamento degli effetti di un’inadempienza rispetto a contratti di servizi; (…)

iii)       alla sicurezza; (…)».

10.      L’articolo XVI del GATS è contenuto nella Parte III dell’accordo, intitolata «Impegni specifici». Al titolo «Accesso al mercato», tale disposizione stabilisce:

«(1)       Per quanto concerne l’accesso al mercato (…), ciascun membro accorderà ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro membro un trattamento non meno favorevole di quello previsto a norma dei termini, delle limitazioni e delle condizioni concordate e specificate nel suo elenco (…)».

(2)      In settori oggetto di impegni in materia di accesso al mercato, le misure che un membro dovrà astenersi dal tenere in essere o dall’adottare, (…) sono le seguenti:

a)      limitazioni al numero di prestatori di servizi, sotto forma di contingenti numerici, monopoli, concessioni di diritti di esclusiva, o imposizione di una verifica della necessità economica;

b)      limitazioni al valore complessivo delle transazioni o dell’attivo nel settore dei servizi sotto forma di contingenti numerici o di imposizione di una verifica della necessità economica;

c)      limitazioni al numero complessivo di imprese di servizi o alla produzione totale di servizi espressa in termini di unità numeriche definite, sotto forma di contingenti o di imposizione di una verifica della necessità economica;

d)      limitazioni al numero totale di persone fisiche che possono essere impiegate in un particolare settore o da un prestatore di servizi, e che sono necessarie e direttamente collegate alla fornitura di un servizio specifico, sotto forma di contingenti numerici o di imposizione di una verifica della necessità economica;

e)      misure che limitano o impongono forme specifiche di personalità giuridica o joint venture con le quali un fornitore di servizi può svolgere la sua attività; o

f)      limitazioni alla partecipazione di capitale estero in termini di limite percentuale massimo alle partecipazioni straniere o di valore totale di investimenti stranieri singoli o complessivi».

11.      L’articolo XVII del GATS, intitolato «Trattamento nazionale» dispone:

«(1)      Nei settori inseriti nel suo elenco e ferme restando eventuali condizioni e requisiti indicati nello stesso, ciascun membro accorda ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro membro un trattamento non meno favorevole di quello accordato ad analoghi servizi e fornitori di servizi nazionali, per quanto riguarda tutte le misure concernenti la fornitura di servizi».

(…)

(3)       Un trattamento formalmente identico o formalmente diverso è considerato meno favorevole qualora esso modifichi le condizioni della concorrenza a favore di servizi o fornitori di servizi del membro rispetto ad analoghi servizi o [fornitori] di servizi di un altro membro».

12.      L’articolo XX del GATS statuisce:

«(1)      Ciascun membro indica in un elenco gli impegni specifici assunti ai sensi della Parte III del presente accordo. Per quanto concerne i settori nei quali vengono assunti gli impegni, ciascun elenco deve specificare:

a)      termini, limitazioni e condizioni dell’accesso al mercato;

b)      condizioni e requisiti per il trattamento nazionale; (…)

(2)       Eventuali misure incompatibili con gli articoli XVI e XVII sono inserite nella colonna relativa all’articolo XVI. In tal caso la voce inserita sarà considerata una condizione o un requisito anche per l’articolo XVII.

(3)       Elenchi di impegni specifici sono allegati al presente accordo e formano parte integrante dello stesso».

2.      Decisione 2019/485 del Consiglio relativa alla conclusione degli accordi pertinenti a norma dellarticolo XXI dellaccordo generale sul commercio e sui servizi

13.      Con decisione (UE) 2019/485 del Consiglio del 5 marzo 2019 relativa alla conclusione degli accordi pertinenti a norma dell’articolo XXI dell’accordo generale sul commercio e sui servizi con l’Argentina, l’Australia, il Brasile, il Canada, la Cina, la Colombia, la Corea, Cuba, l’Ecuador, le Filippine, il Giappone, Hong Kong Cina, l’India, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, la Svizzera e il Territorio doganale separato di Taiwan, Penghu, Kinmen e Matsu (Taipei cinese) sugli adeguamenti compensativi necessari in seguito all’adesione all’Unione europea della Cechia, dell’Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell’Ungheria, di Malta, dell’Austria, della Polonia, della Slovenia, della Slovacchia, della Finlandia e della Svezia (5) il Consiglio ha approvato a nome dell’Unione gli accordi di cui al titolo, che costituivano presupposto per l’entrata in vigore del cosiddetto elenco consolidato di impegni dell’UE‑25. L’elenco consolidato è entrato in vigore il 15 marzo 2019. Esso riprende senza modifiche (6) gli impegni assunti dall’Ungheria nel suo elenco di impegni specifici (7).

14.      L’elenco degli impegni specifici dell’Ungheria è costituito da due parti; la Parte I contiene limitazioni relative agli impegni orizzontali, mentre la parte II riguarda le limitazioni relative agli impegni verticali (settoriali) individuali.

15.      Nella Parte II dell’elenco sono inseriti i settori nei quali sono previsti impegni specifici ai sensi dell’articolo XVI (Accesso al mercato) o dell’articolo XVII (Trattamento nazionale) del GATS. Per quanto riguarda i servizi nell’ambito dell’istruzione superiore (Higher Education Services) (8) con riferimento all’accesso al mercato, per la modalità di prestazione 3 qui rilevante («Presenza commerciale») è indicato: «Establishment of schools is subject to licences from the central authorities». Nella colonna relativa al trattamento nazionale non sono state inserite riserve («None»).

3.      Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea

16.      L’articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») (9) intitolato «Libertà delle arti e delle scienze», così dispone:

«Le arti e la ricerca scientifica sono libere. La libertà accademica è rispettata».

17.      L’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, è formulato nei termini seguenti:

«La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio».

18.      L’articolo 16 della Carta recita:

«È riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali».

4.      Direttiva 2006/123

19.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (in prosieguo: la «direttiva sui servizi») (10) si applica «ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro».

20.      Ai sensi dell’articolo 4, punto 1, di detta direttiva, si intende per «servizio» «qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo [57 TFUE] fornita normalmente dietro retribuzione».

21.      L’articolo 16 della direttiva sui servizi dispone quanto segue:

«(1)      Gli Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti.

Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio.

Gli Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi:

a)      non discriminazione: i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede,

b)      necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente,

c)      proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

(…)

(3) Allo Stato membro in cui il prestatore si reca non può essere impedito di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente, e in conformità del paragrafo 1. (…)»

B.      Diritto nazionale

22.      L’ordinamento didattico ungherese è disciplinato dalla Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény (legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale). Tale legge è stata modificata nel 2017 dalla Nemzeti felsőoktatásról szóló 2011. évi CCIV. törvény módosításáról szóló 2017. évi XXV. törvény (legge XXV del 2017 recante modifica alla legge CCIV del 2011 relativa all’istruzione superiore nazionale, in prosieguo: la «legge sull’istruzione superiore»).

23.      Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, un istituto di insegnamento superiore estero può esercitare nel territorio ungherese un’attività di insegnamento che prevede il rilascio di un titolo soltanto se «il governo ungherese e il governo dello Stato in cui si trova la sede dell’istituto di insegnamento superiore estero hanno acconsentito ad essere vincolati da un accordo relativo al sostegno di principio concesso all’istituto al fine di esercitare un’attività in Ungheria, accordo che, nel caso di uno Stato federale, si baserà su un accordo previamente stipulato con il governo centrale qualora lo stesso non sia competente a stipulare accordi internazionali».

24.      Ai sensi dell’articolo 77, paragrafo 2, della legge sull’istruzione superiore, tale requisito si applica agli istituti di insegnamento superiore esteri con sede in uno Stato non membro del SEE.

25.      Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della medesima legge, un istituto di insegnamento superiore estero può esercitare nel territorio ungherese un’attività di insegnamento che prevede il rilascio di un titolo soltanto qualora «disponga della condizione di istituto di insegnamento superiore riconosciuto dallo Stato nel paese in cui è ubicata la sua sede e ed eserciti effettivamente un’attività di insegnamento superiore in detto paese».

26.      Ai sensi dell’articolo 77, paragrafo 3, tale requisito si applica anche agli istituti di insegnamento superiore esteri con sede in uno Stato membro del SEE.

27.      L’articolo 115, paragrafo 7, della legge sull’istruzione superiore, nella versione in vigore al momento del parere motivato della Commissione, prevedeva che il requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), di tale legge fosse soddisfatto entro il 1° gennaio 2018. Nel caso degli Stati federali, l’accordo con il governo centrale avrebbe dovuto essere concluso entro sei mesi dalla pubblicazione della legge XXV del 2017. Inoltre, l’articolo 115, paragrafo 7, precisa che gli istituti d’insegnamento superiore esteri che non soddisfano i requisiti di legge alla scadenza del termine perdono la loro autorizzazione. In tal caso, a partire dal 1° gennaio 2018, essi non possono più ammettere nuovi studenti a un corso di studi in Ungheria, mentre i corsi di studio già in corso in quel momento devono essere completati a condizioni invariate al più tardi entro l’anno accademico 2020/2021.

28.      Il 18 ottobre 2017 l’Ungheria ha informato la Commissione che la legge sull’istruzione superiore era stata ulteriormente modificata dalla legge CXXVII del 2017. Di conseguenza, il termine per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 76, paragrafo 1, della legge sull’istruzione superiore è stato prorogato fino al 1° gennaio 2019 e anche gli altri termini previsti all’articolo 115, paragrafi 7 e 8, sono stati prorogati di un anno.

III. Fatti all’origine della controversia e procedimento precontenzioso

29.      Il 28 marzo 2017 il governo ungherese ha presentato all’Assemblea nazionale ungherese un progetto di legge di modifica alla legge CCIV del 2011. Il progetto è stato approvato con procedura legislativa d’urgenza pochi giorni dopo, il 4 aprile 2017, come legge XXV del 2017.

30.      Con lettera del 27 aprile 2017 la Commissione ha comunicato all’Ungheria di ritenere che, adottando la legge XXV del 2017, quest’ultima avrebbe violato gli articoli 9, 10, 13, l’articolo 14, paragrafo 3, e l’articolo 16, della direttiva 2006/123, in subordine, gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE, l’articolo XVII del GATS, nonché l’articolo 13, l’articolo 14, paragrafo 3, e l’articolo 16 della Carta, ed ha invitato l’Ungheria a presentare le proprie osservazioni. Quest’ultima ha risposto con lettera del 25 maggio 2017, nella quale ha contestato dette violazioni.

31.      Il 14 luglio 2017 la Commissione ha emesso un parere motivato con cui ha ribadito la propria posizione. Dopo che la Commissione ha respinto una richiesta di proroga dei termini di risposta da parte dell’Ungheria, quest’ultima ha replicato, con lettere del 14 agosto 2017 e dell’11 settembre 2017, affermando l’inesistenza degli inadempimenti addotti.

32.      Il 5 ottobre 2017 la Commissione ha emesso un parere motivato complementare. Il 6 ottobre 2017 l’Ungheria ha presentato informazioni supplementari alle lettere del 14 agosto e dell’11 settembre dello stesso anno.

33.      L’Ungheria ha risposto al parere motivato complementare il 18 ottobre 2017 e ha presentato ulteriori informazioni supplementari con lettera del 13 novembre 2017.

IV.    Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

34.      Con il presente ricorso per inadempimento, proposto dinanzi alla Corte il 1° febbraio 2018, la Commissione chiede che la Corte voglia

–        dichiarare che l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza:

–        dell’articolo XVII del GATS, nell’imporre agli istituti di insegnamento superiore esteri con sede al di fuori del SEE la conclusione di un accordo internazionale tra l’Ungheria e lo Stato d’origine quale requisito per la prestazione di servizi nell’ambito dell’istruzione, in conformità con l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge CCIV del 2011 come modificata;

–        dell’articolo 16 della direttiva 2006/123/CE e, in ogni caso, degli articoli 49 TFUE e 56 TFUE, nonché dell’articolo XVII del GATS, nell’imporre agli istituti d’insegnamento superiore esteri di offrire una formazione d’insegnamento superiore nel proprio paese di origine, in conformità con l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge CCIV del 2011 modificata;

–        degli articoli 13, 14, paragrafo 3, e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in relazione ai vincoli precedentemente descritti;

–        condannare l’Ungheria alle spese.

35.      L’Ungheria chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso della Commissione in quanto irricevibile;

in subordine

–        respingere il ricorso della Commissione in quanto infondato, e

–        condannare la Commissione alle spese.

36.      Il 24 giugno 2019 si è tenuta un’udienza, nella quale la Commissione e l’Ungheria hanno presentato osservazioni orali.

V.      Valutazione giuridica

37.      Nell’ambito del presente procedimento per inadempimento occorre esaminare la compatibilità con il diritto dell’Unione di due requisiti imposti dalla legge ungherese sull’istruzione superiore, come modificata, all’esercizio di attività di insegnamento da parte di istituti di insegnamento superiore esteri nel territorio nazionale. Da un lato, si tratta del requisito della conclusione di un accordo internazionale tra l’Ungheria e il paese d’origine dell’istituto di insegnamento superiore. Dall’altro, un istituto d’insegnamento superiore estero deve ora effettivamente esercitare un’attività di insegnamento nel proprio paese d’origine.

38.      Poiché la prima di tali disposizioni si applica solo agli istituti di insegnamento superiore la cui sede si trova in paesi terzi non membri del SEE, la Commissione deduce a tale riguardo la violazione, segnatamente, del principio di trattamento nazionale di cui all’articolo XVII del GATS. Per quanto riguarda tale censura, occorre innanzitutto esaminare la competenza della Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 258 TFUE (sub A.). Inoltre, successivamente, devono essere esaminate la ricevibilità (sub B.) e la fondatezza del ricorso per inadempimento (sub C.). Oltre alle violazioni del GATS, la Commissione ravvisa, nei requisiti sopra descritti, violazioni della direttiva sui servizi e delle libertà fondamentali, nonché della Carta.

A.      Competenza della Corte di giustizia per quanto riguarda la censura relativa alla violazione del GATS

39.      La competenza della Corte di giustizia a conoscere di una controversia è una questione di ordine pubblico, che può essere esaminata d’ufficio (11).

1.      Il GATS come parte integrante del diritto dellUnione

40.      Secondo la giurisprudenza relativa all’articolo 258, paragrafo 1, TFUE, il procedimento per inadempimento può avere ad oggetto solo le violazioni degli obblighi che derivano dal diritto dell’Unione (12). A parere dell’Ungheria, l’eventuale obbligo previsto dall’articolo XVII del GATS, in connessione con l’impegno specifico per il settore dell’istruzione non è, tuttavia, un obbligo derivante dal diritto dell’Unione, bensì un obbligo di tale Stato membro ai sensi del diritto internazionale.

41.      Le violazioni di determinati obblighi internazionali da parte degli Stati membri sono già state oggetto di procedimenti per inadempimento (13). Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia, infatti, gli accordi internazionali conclusi dall’Unione formano parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione dal momento della loro entrata in vigore (14). Essi vincolano, pertanto, le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE.

42.      Secondo la giurisprudenza in materia di accordi misti, tale vincolo sussiste in ogni caso, trattandosi di disposizioni di tali accordi che rientrano nella competenza esterna dell’Unione (15).

43.      La Corte di giustizia si è già pronunciata sull’articolo 133 CE affermando che gli scambi di servizi, compresi quelli che riguardano settori particolarmente sensibili come quelli della sanità e dell’istruzione, rientrano nella competenza esterna dell’Unione (16). Mediante l’articolo 207 TFUE, che con il trattato di Lisbona ha sostituito l’articolo 133 CE, la competenza esterna dell’Unione nel settore degli scambi di servizi è stata addirittura ampliata ed fa ora parte della sua competenza esclusiva nell’ambito della politica commerciale comune (in prosieguo: la «PCC»).

44.      È fatta salva l’esistenza di una competenza interna tuttora ampia degli Stati membri nel settore dell’istruzione, cui l’Ungheria fa riferimento. Di tale circostanza viene tenuto conto nell’articolo 207, paragrafo 4, terzo comma, lettera b), TFUE (17). Ai sensi di tale disposizione il Consiglio può deliberare all’unanimità per la conclusione di accordi internazionali nel settore degli scambi di servizi nell’ambito dell’istruzione, solo qualora tali accordi rischino di perturbare seriamente l’organizzazione nazionale di tali servizi e di arrecare pregiudizio alla competenza degli Stati membri riguardo alla loro prestazione. Tale unanimità è necessaria poiché l’attuazione degli impegni assunti è necessariamente competenza interna degli Stati membri. L’Unione ha solo una competenza di coordinamento nel settore dell’istruzione ai sensi dell’articolo 6, lettera e), TFUE.

45.      Inoltre, l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE, stabilisce che l’esercizio delle competenze attribuite dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE non comporta un’armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri, se i trattati escludono tale armonizzazione. Per quanto riguarda il settore dell’istruzione, l’articolo 166, paragrafo 4, TFUE, contiene un corrispondente divieto di armonizzazione. Ciò non mette, tuttavia, in alcun modo in discussione l’esistenza di una competenza esterna dell’Unione in quanto tale.

46.      Di conseguenza, gli accordi con i paesi terzi necessari per l’entrata in vigore dell’elenco consolidato dei cosiddetti impegni GATS dell’UE‑25 sono stati approvati dall’Unione senza la partecipazione degli Stati membri (18). L’elenco riprende senza modifiche gli impegni assunti dall’Ungheria in materia di istruzione superiore.

47.      Pertanto, l’impegno controverso originariamente assunto dall’Ungheria nell’ambito del GATS è stato trasferito all’Unione al più tardi con il trattato di Lisbona e costituisce, pertanto, un obbligo ai sensi del diritto dell’Unione la cui violazione può essere oggetto di un procedimento per inadempimento (19).

2.      Responsabilità internazionale dellUnione per violazioni del GATS da parte degli Stati membri

48.      Inoltre, depone ulteriormente a favore della competenza della Corte a pronunciarsi sulle violazioni del GATS da parte degli Stati membri nell’ambito di un procedimento per inadempimento, la possibilità per un paese terzo di ricorrere avverso l’Unione dinanzi agli organi di conciliazione delle controversie dell’OMC (20) con riferimento a tali violazioni.

49.      Ciò emerge, in primis, dal vincolo assoluto dell’Unione al GATS nelle relazioni esterne. È vero che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione del Consiglio 94/800, l’approvazione dell’Unione riguarda solo l’accordo OMC e i suoi allegati relativamente alla parte di sua competenza. Tuttavia, a differenza di altri accordi misti (21), la ripartizione delle competenze non è stata divulgata e, pertanto, la forza vincolante non è limitata. L’articolo 46, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna precisa, in tale contesto, che «[i]l fatto che il consenso di uno Stato a vincolarsi a un trattato sia stato espresso in violazione di una disposizione del suo diritto interno riguardante la competenza a concludere trattati non può essere invocato dallo Stato in questione come viziante il suo consenso, a meno che questa violazione non sia stata manifesta e non riguardi una norma del suo diritto interno di importanza fondamentale» (22).

50.      In ogni caso, in base al trattato di Lisbona, l’Unione dispone già di piena competenza nel settore della politica commerciale comune.

51.      In secondo luogo, gli atti degli Stati membri nel campo di applicazione del GATS possono essere attribuiti all’Unione. In effetti, l’Unione non può influenzare direttamente l’operato degli Stati membri in tutti i settori disciplinati dal GATS, dal momento che il rispetto degli obblighi dell’Unione nell’ambito dell’accordo OMC, dipende in larga misura dal modo in cui gli Stati membri esercitano le proprie competenze normative. Nondimeno, l’Unione si è vincolata incondizionatamente a tale accordo verso l’esterno, di conseguenza, essa deve rispondere della condotta dei suoi membri.

52.      Conformemente a ciò, in pratica, l’Unione si fa carico dei negoziati con gli altri membri dell’OMC anche nel caso di misure adottate dagli Stati membri, e assume la difesa della misura nella procedura per la risoluzione delle controversie (23).

53.      In proposito, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia risulta che, garantendo il rispetto di un accordo internazionale a livello interno, gli Stati membri adempiono un obbligo verso l’Unione, che si è assunta la responsabilità nelle relazioni esterne della corretta esecuzione dell’accordo (24).

54.      Tale obbligo è espressione del dovere di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del TUE, che costituisce un ostacolo all’esercizio della competenza. Ciò significa che l’Ungheria è libera di esercitare la propria competenza interna per regolamentare l’istruzione superiore, ma solo nella misura in cui la normativa pertinente non violi gli obblighi previsti dagli accordi dell’OMC, questo perché, non solo ciò comporterebbe la responsabilità dell’Unione ai sensi del diritto internazionale, ma esporrebbe anche gli altri Stati membri al rischio di misure di ritorsione. Tale rischio diventa particolarmente evidente alla luce dei recenti sviluppi della controversia sulle sovvenzioni concesse ad Airbus da Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna: le sovrattasse doganali statunitensi approvate dall’OMC come misura di ritorsione riguardano, tra l’altro, il parmigiano italiano.

55.      Anche il rispetto di tale obbligo di leale collaborazione può essere imposto nei procedimenti per inadempimento.

3.      Rapporto tra i procedimenti per inadempimento e le procedure per la risoluzione delle controversie dellOMC

56.      Questa conclusione non è contraddetta dalle altre obiezioni sollevate dall’Ungheria.

57.      In tale contesto, l’Ungheria evidenzia soprattutto la natura specifica della procedura per la risoluzione delle controversie dell’OMC e il ruolo particolare degli organi di conciliazione della stessa.

58.      A ciò si deve innanzitutto replicare, tuttavia, che una sentenza di inadempimento della Corte di giustizia non mette in alcun modo in discussione la competenza esclusiva degli organi di conciliazione dell’OMC in materia di constatazione di violazioni dell’accordo in un procedimento tra due membri (25). Il procedimento per inadempimento è, infatti uno strumento di regolamentazione puramente interno. La sentenza è quindi vincolante unicamente nei rapporti tra l’Unione e gli Stati membri e non impedisce agli organi dell’OMC di constatare, su richiesta di un paese terzo, una violazione dell’accordo OMC, anche se la Corte di giustizia ha precedentemente negato tale violazione.

59.      In pratica, è possibile evitare decisioni contraddittorie sospendendo un procedimento per inadempimento e attendendo la decisione degli organi dell’OMC qualora siano in corso procedimenti paralleli dinanzi all’OMC. Si può inoltre considerare di limitare l’intensità dell’esame della Corte alle violazioni apparenti, per tenere conto della competenza in ultima istanza degli organi di conciliazione dell’OMC su questioni particolarmente controverse (26).

60.      In secondo luogo, è certamente vero che la Corte di giustizia, citando l’importanza specifica dei negoziati nell’ambito dell’OMC, ha costantemente negato nella sua giurisprudenza l’applicabilità diretta del diritto dell’OMC (27); tuttavia, ciò significa soltanto che gli Stati membri nell’ambito di un ricorso di annullamento, o le parti nell’ambito di un rinvio pregiudiziale per accertamento di validità, non possono far valere l’incompatibilità di un atto dell’Unione con l’accordo OMC (28).

61.      Punto di partenza di queste considerazioni sono le peculiarità del meccanismo di risoluzione delle controversie nel quadro dell’OMC. Nell’ambito di tale procedura è ipotizzabile che, nei negoziati con Stati terzi, l’Unione acconsenta a revocare una determinata misura o un atto giuridico, se il paese terzo le offre in cambio altri impegni. Se un ricorso parallelo di annullamento proposto da uno Stato membro, o un rinvio pregiudiziale per accertamento di validità, potesse fondarsi direttamente su una violazione del diritto dell’OMC, la posizione negoziale dell’Unione sarebbe indebolita, in quanto al termine di tale procedimento, l’annullamento dell’atto dell’Unione in questione potrebbe essere confermato (29). L’azione dell’Unione sarebbe in tal modo compromessa unilateralmente da uno Stato membro o, addirittura, da una parte del procedimento di pronuncia pregiudiziale.

62.      L’unica conclusione che se ne può trarre è che il diritto dell’OMC non può, in linea di principio, costituire un criterio di valutazione per gli atti giuridici dell’Unione nei procedimenti dinanzi ai giudici dell’Unione. Da ciò va distinta la questione se i giudici dell’Unione possano esaminare le misure nazionali alla luce del diritto dell’OMC.

63.      La Corte di giustizia lo ha già ammesso nella causa Commissione/Germania, in materia di quote latte, riesaminando una misura nazionale alla luce di un accordo concluso nell’ambito del GATT (30). Così facendo, non ha seguito la proposta dell’avvocato generale Tesauro, secondo il quale, per quanto riguarda la questione dei criteri di verifica, non si dovrebbe fare alcuna distinzione tra le misure degli Stati membri e le misure dell’Unione (31).

64.      A mio avviso, in tale decisione la Corte ha giustamente concluso che le considerazioni che ostano ad un controllo degli atti dell’Unione alla luce dell’accordo OMC, non possono essere applicate alle violazioni del diritto dell’OMC da parte degli Stati membri. Infatti, la possibilità di avviare un procedimento per inadempimento nei confronti di uno Stato membro non è in contrasto con gli obiettivi e la natura specifica della procedura per la risoluzione delle controversie in seno all’OMC.

65.      In primo luogo, la possibilità di fondare un procedimento per inadempimento su una violazione del diritto dell’OMC può assicurare l’effettiva attuazione di un’eventuale condanna da parte degli organi di conciliazione dell’OMC. Se in tali casi l’Unione non potesse avviare un procedimento per inadempimento nei confronti degli Stati membri, l’applicazione interna del diritto commerciale internazionale sarebbe seriamente compromessa. Quest’ultima riveste peraltro particolare importanza nel contesto della minaccia di ritorsioni sotto forma di sanzioni per gli Stati membri non coinvolti e per l’Unione.

66.      In secondo luogo, nelle procedure per la risoluzione delle controversie, il procedimento per inadempimento può assumere un ruolo autonomo nell’ambito dei negoziati con paesi terzi. Infatti, in virtù della sua piena competenza nel settore della politica commerciale comune, l’Unione si fa carico dei negoziati con paesi terzi anche per quanto riguarda le misure degli Stati membri (32). Quando per motivi giuridici, politici o in base a considerazioni di altro tipo, l’Unione difende una misura adottata da uno Stato membro, essa non avvierà d’ufficio un procedimento per inadempimento nei confronti dello Stato membro interessato (33).  Per quanto riguarda i paesi terzi, proprio il procedimento per inadempimento le fornisce uno strumento che rafforza la sua posizione negoziale. Questo perché, in tal modo, essa dimostra alle sue parti negoziali di essere effettivamente in grado di garantire internamente, se del caso, che sia posto rimedio alle violazioni dell’accordo OMC. Di conseguenza, la sua credibilità è rafforzata e viene tenuto conto della necessità di un’azione esterna coerente e rapida.

67.      Infine, possono verificarsi casi, come quello di specie, in cui l’Unione stessa è convinta dell’illegittimità della misura di uno Stato membro. Avviando un procedimento per inadempimento nei confronti dello Stato membro interessato in tali casi essa esprime la sua decisione di garantire il rispetto dell’accordo OMC. Se, tuttavia, «nell’ipotesi in cui l’Unione avesse inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC o nel caso in cui [l’atto dell’Unione] rinviasse espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC», secondo una giurisprudenza costante spetterebbe alla Corte controllare anche la legittimità degli atti dell’Unione alla luce delle norme dell’OMC. (34) Ciò deve applicarsi, a maggior ragione, alle misure adottate da uno Stato membro.

68.      Di conseguenza, né la natura specifica della procedura per la risoluzione delle controversie dell’OMC, né il ruolo particolare degli organi di conciliazione dell’OMC, precludono il presente procedimento per inadempimento.

4.      Conclusione

69.      In conclusione, il primo motivo rientra, pertanto, nella competenza della Corte.

B.      Ricevibilità del ricorso per inadempimento

70.      Occorre quindi esaminare le obiezioni dell’Ungheria circa la ricevibilità del ricorso.

71.      A tale riguardo, l’Ungheria sostiene, in primo luogo, che nel procedimento precontenzioso la Commissione avrebbe concesso termini eccessivamente brevi, limitando così i suoi diritti di difesa. D’altro canto, l’Ungheria contesta alla Commissione di aver violato il proprio dovere di indipendenza e di imparzialità e di avere avviato il procedimento per motivi puramente politici, perseguendo unilateralmente interessi particolari.

1.      Sulla fissazione del termine nel procedimento precontenzioso

72.      Il procedimento precontenzioso ha lo scopo di concedere allo Stato membro l’opportunità, da un lato, di conformarsi agli obblighi che gli derivano dal diritto dell’Unione e, dall’altro, di sviluppare un’utile difesa avverso gli addebiti formulati dalla Commissione (35). La Commissione deve pertanto concedere agli Stati membri un termine ragionevole per rispondere alla lettera di diffida e conformarsi al parere motivato o, eventualmente, per preparare la loro difesa. Se il termine era così breve da pregiudicare, senza sufficiente giustificazione, il diritto dello Stato membro ad una difesa effettiva, ne consegue che il procedimento precontenzioso non si è svolto in modo regolare e che il ricorso della Commissione deve essere dichiarato irricevibile (36).

73.      In qualità di dominus litis, la Commissione dispone di ampia discrezionalità nel fissare i termini (37). Per valutare la ragionevolezza del termine impartito, si deve altresì tener conto del complesso delle circostanze caratterizzanti la fattispecie che viene in rilievo. Secondo la giurisprudenza, termini molto brevi possono così ammettersi, in particolare, quando vi sia l’urgenza di porre rimedio ad un inadempimento, o quando lo Stato membro interessato sia pienamente a conoscenza del punto di vista della Commissione ben prima che venga avviato il procedimento precontenzioso (38).

74.      Nella fattispecie, la Commissione ha fissato un termine di un mese sia nella lettera d’intimazione, sia nel parere motivato. È vero che la Commissione abitualmente fissa termini di due mesi nel procedimento precontenzioso. Tuttavia, un termine di un mese non è ancora un termine «molto breve» ai sensi della giurisprudenza citata al paragrafo 73 (39). Va inoltre sottolineato che tra la lettera di diffida del 27 aprile 2017 e la scadenza del secondo termine di un mese a metà agosto dello stesso anno, sono trascorsi circa tre mesi e mezzo, durante i quali il governo ungherese era a conoscenza del punto di vista della Commissione ed ha quindi avuto il tempo di valutare le proprie possibilità di difesa e di preparare la propria risposta.

75.      Nel caso in esame, la Commissione fa inoltre giustamente valere l’urgenza della questione. Essa non ha, tuttavia, esposto esplicitamente all’Ungheria i motivi di tale urgenza. Peraltro, essi emergono senz’altro dalle circostanze, in particolare, dal fatto che in base alla versione originale dell’articolo 115, paragrafo 7, della legge sull’istruzione superiore, già dal 1° gennaio 2018, gli istituti di insegnamento superiore che non soddisfacevano i requisiti di cui all’articolo 76, paragrafo 1, di tale legge, avrebbero dovuto vedersi ritirare l’autorizzazione e l’ammissione di nuovi studenti avrebbe dovuto essere vietata.

76.      L’Ungheria ha comunicato solo il 18 ottobre 2017 che tale termine era stato prorogato di un anno, ossia dopo che erano state fissate le scadenze relative al procedimento precontenzioso. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo ungherese, il fatto che la Commissione abbia avviato il ricorso per inadempimento solo nel febbraio 2018 non può confutare la presunzione di urgenza nella fissazione del termine.

77.      Infine, secondo la giurisprudenza occorre considerare se, in conclusione, la capacità dello Stato membro di far valere le proprie ragioni di fronte alle censure della Commissione sia stata limitata(40), infatti, anche un termine «troppo breve» non rende il ricorso irricevibile, se la Commissione prende in considerazione anche una tardiva presentazione della difesa e lo Stato membro è stato quindi sufficientemente in grado di far valere le sue ragioni di fronte alle censure formulate dalla Commissione (41).

78.      Nella fattispecie, oltre alle lettere del 14 agosto 2017 e del 18 ottobre 2017, il governo ungherese ha presentato altre tre lettere in risposta al parere motivato originale e al parere motivato complementare. La Commissione ha esaminato in dettaglio tutte le lettere e ne ha tenuto conto nella sua decisione di avviare il procedimento.

79.      Per quest’ultimo motivo è irrilevante altresì che la Commissione abbia fissato un termine di un mese anche in altre due procedimenti per inadempimento nei confronti dell’Ungheria, avviati parallelamente. Certamente non si può escludere che il cumulo di più procedimenti con termini brevi possa comportare per uno Stato membro un onere tale da impedire allo stesso di esercitare efficacemente i suoi diritti di difesa; nel fissare i termini, la Commissione deve tenere conto anche di questa possibilità. Tuttavia, fintantoché termini così brevi sono debitamente motivati e i diritti di difesa dello Stato membro non sono pregiudicati di conseguenza, il che non è dimostrato dall’Ungheria nella fattispecie, questo fatto da solo non può avere come conseguenza l’inammissibilità dei singoli termini.

2.      Sulla pretesa motivazione politica

80.      L’Ungheria è, inoltre, del parere che la Commissione abbia avviato il procedimento per inadempimento per motivi puramente politici e in violazione del suo dovere di imparzialità. Il procedimento servirebbe unicamente gli interessi della CEU di Budapest.

81.      Per quanto riguarda tale censura, appare innanzitutto dubbio che l’unica menzione della CEU nella lettera di diffida permetta di concludere che il procedimento serve solo gli interessi di tale università. Infatti, non si può senz’altro impedire alla Commissione di scegliere e citare singole istituzioni interessate a titolo di esempio.

82.      In ogni caso, le considerazioni che inducono la Commissione ad iniziare un procedimento per inadempimento non possono da sole mettere in discussione il corretto svolgimento del procedimento precontenzioso e, pertanto, non hanno alcuna incidenza sulla ricevibilità del ricorso ai sensi dell’articolo 258 TFUE (42). Sebbene la Commissione debba suffragare i motivi per cui ritiene che vi sia stata una violazione del diritto dell’Unione, non è tenuta ad indicare i motivi che l’hanno indotta a proporre un ricorso per inadempimento (43).

83.      Per i motivi sopra esposti, le eccezioni di irricevibilità del governo ungherese devono essere respinte nella loro interezza.

C.      Fondatezza del procedimento per inadempimento

84.      Esaminerò, innanzitutto, le censure della Commissione relative al requisito della conclusione di un accordo internazionale tra l’Ungheria e lo Stato di origine di un istituto d’insegnamento superiore estero (sub 1) e, successivamente, quelle relative al requisito di un’effettiva attività di insegnamento nello Stato di origine (sub 2).

1.      Requisito della conclusione di un accordo internazionale, articolo 76, paragrafo 1, lettera a) della legge sullistruzione superiore

85.      Per quanto riguarda il requisito della conclusione di un accordo internazionale tra l’Ungheria e lo Stato di origine di un istituto di insegnamento superiore estero quale requisito per la prestazione di servizi nell’ambito dell’istruzione da parte di istituti di insegnamento superiore la cui sede si trova al di fuori del SEE, previsto dall’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, la Commissione deduce una violazione dell’articolo XVII del GATS, in combinato disposto con l’impegno specifico per il settore dell’istruzione superiore, nonché degli articoli 13, 14, paragrafo 3, e 16 della Carta.

a)      Violazione dellarticolo XVII del GATS in combinato disposto con larticolo 216, paragrafo 2, TFUE

86.      Una violazione dell’articolo XVII, paragrafo 1, del GATS, in connessione con l’impegno specifico dell’Ungheria per il settore dell’istruzione superiore, costituirebbe al contempo una violazione dell’obbligo di tale Stato membro ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE (44).

1)      Intensità dell’analisi

87.      Per quanto riguarda l’esame delle violazioni del diritto internazionale consuetudinario, la Corte ha ritenuto in passato che il suo controllo fosse limitato a stabilire violazioni manifeste (45), Invero, essa ha respinto, in linea di principio, tale ipotesi per il controllo degli accordi internazionali dell’Unione (46).

88.      Nella fattispecie, una limitazione dell’esame della Corte alle violazioni apparenti del GATS potrebbe, peraltro, essere considerata alla luce di due obiezioni avanzate dall’Ungheria, relative alla competenza della Corte.

89.      In primo luogo, nella fattispecie, l’attuazione concreta degli obblighi nell’ambito del GATS si basa sulla competenza interna degli Stati membri nel settore dell’istruzione. In settori così delicati gli Stati membri dovrebbero poter disporre di un certo margine di manovra, che può venire in considerazione riducendo l’intensità dell’analisi.

90.      In secondo luogo, la natura specifica della procedura per la risoluzione delle controversie dell’OMC e la competenza in ultima istanza degli organi di conciliazione dell’OMC per l’accertamento giuridicamente vincolante delle violazioni dell’accordo OMC indicano l’opportunità di lasciare la risoluzione di questioni particolarmente controverse e difficili a tale organo specializzato e di limitare l’esame del GATS per «scopi interni» a violazioni apparenti (47).

91.      Per quanto riguarda il caso di specie, tuttavia, ritengo sussista una violazione apparente del GATS. È quello che mi riprometto di illustrare nel prosieguo.

2)      Attività di istruzione superiore quale servizio ai sensi del GATS

92.      L’Ungheria sostiene che la CEU, nel cui unico interesse si svolgerebbe in realtà il procedimento per inadempimento, sarebbe un ente senza scopo di lucro e che le sue attività non rientrerebbero, pertanto, nel GATS. Si deve riconoscere che, l’articolo I, paragrafo 3, lettera b), del GATS esclude dal suo ambito di applicazione i servizi che non sono forniti su base commerciale o in concorrenza con altri servizi.

93.      Tuttavia, la Commissione non contesta la gestione concreta della CEU, bensì l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore (48).

94.      Al riguardo, nel caso di specie, lo stesso governo ungherese sottolinea che l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, si applica a tutti gli istituti di insegnamento superiore, senza contestare il fatto che nel suo ambito di applicazione rientrano anche gli istituti che forniscono servizi a titolo oneroso, ossia che svolgono senza dubbio un’attività economica.

3)      Contenuto degli impegni specifici dell’Ungheria nel settore dell’istruzione

95.      Poiché il requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, si applica solo ai prestatori di servizi stranieri, esso potrebbe costituire una violazione del principio di trattamento nazionale.

96.      Ai sensi dell’articolo XVII, paragrafo 1, del GATS, tuttavia, l’obbligo di ciascun membro dell’OMC di accordare ai prestatori di servizi di un altro membro un trattamento non meno favorevole di quello accordato ad analoghi fornitori di servizi nazionali è soggetto ai requisiti e alle condizioni stabiliti nell’elenco degli impegni (Schedule of Commitments) per ciascun settore.

97.      In altre parole, l’obbligo di trattamento nazionale ai sensi del GATS è un impegno specifico che un membro deve aver accettato in modo concreto e limitato, a differenza di quanto avviene nell’ambito del GATT, dove esso deriva direttamente dall’articolo III del medesimo. Ai sensi dell’articolo XX, paragrafo 3, del GATS, gli elenchi di impegni di ciascun membro sono allegati allo stesso e ne formano parte integrante.

98.      Tra gli impegni specifici dell’Ungheria (49), per quanto riguarda i servizi nell’ambito dell’istruzione superiore per la modalità di prestazione 3 («presenza commerciale»), nella colonna relativa all’accesso al mercato, è stata inserita la condizione «Establishment of schools is subject to licence from the central authorities», mentre non sono state fissate restrizioni per quanto riguarda il trattamento nazionale («None»).

99.      Nel caso in esame è controverso tra le parti se e, in caso affermativo in quale misura, l’obbligo apparentemente incondizionato di trattamento nazionale dell’Ungheria sia limitato dalla riserva di una previa autorizzazione inserita con riferimento all’accesso al mercato.

100. Dall’articolo XX, paragrafo 2, del GATS, consegue a tale proposito che la voce «None» nella colonna relativa al trattamento nazionale non costituisce ancora necessariamente un obbligo di trattamento nazionale assoluto. Infatti, tale disposizione stabilisce che «[e]ventuali misure incompatibili con gli articoli XVI [sull’accesso al mercato] e XVII [sul trattamento nazionale] sono inserite nella colonna relativa all’articolo XVI. In tal caso la voce inserita sarà considerata una condizione o un requisito anche per l’articolo XVII».

101. Dalla prassi giurisprudenziale degli organi di conciliazione dell’OMC si evince che l’articolo XX, paragrafo 2, del GATS è una disposizione di semplificazione (50). Pertanto, per quanto riguarda misure incompatibili sia con l’obbligo di concedere accesso al mercato, sia con l’obbligo di trattamento nazionale, è sufficiente inserire la condizione solo per l’accesso al mercato. Vi rientrerà, parimenti, un’eventuale disparità di trattamento tra i prestatori di servizi nazionali e stranieri, anch’essa causata dal provvedimento (51).

102. Va rilevato, in proposito, che l’articolo XVI del GATS non vieta tutte le possibili misure che riguardano l’accesso al mercato. In effetti, in base a tale articolo solo sei categorie di limitazioni, definite con precisione, sono incompatibili con lo stesso. Esse sono elencate nell’articolo XVI, paragrafo 2 del GATS e sono principalmente di natura quantitativa (52). Una condizione inserita nella colonna «Accesso al mercato» qualifica anche l’obbligo di trattamento nazionale solo nel caso rientri in una di tali categorie.

103. Per contro, per quanto riguarda le misure non incompatibili con l’articolo XVI, paragrafo 2, del GATS, nel caso di specie dalla voce «None» nella colonna relativa al trattamento nazionale discende che il membro interessato è pienamente vincolato al trattamento nazionale a tale riguardo (53).

104. Possono senz’altro esistere riserve di previa autorizzazione che hanno natura quantitativa e rientrano, pertanto, in una delle categorie di cui all’articolo XVI, paragrafo 2, del GATS. Ad esempio, il rilascio dell’autorizzazione può essere soggetto a una verifica della necessità. L’Ungheria può mantenere in vigore e introdurre tali misure sulla base delle condizioni inserite per l’accesso al mercato. Inoltre, a causa dell’articolo XX, paragrafo 2, del GATS, tali misure possono anche essere discriminatorie. Infatti, in base a tale disposizione, la condizione inserita con riferimento all’accesso al mercato si applica anche all’obbligo di trattamento nazionale.

105. Tuttavia, la riserva di una previa autorizzazione può anche essere di natura qualitativa, ad esempio, quando il rilascio dell’autorizzazione è legato al soddisfacimento di determinati criteri sostanziali. Una siffatta misura non è a priori vietata dall’articolo XVI del GATS. Tuttavia, questa è anche la ragione per cui non trova applicazione nemmeno l’articolo XX, paragrafo 2. Le condizioni di previa approvazione di tipo qualitativo dovrebbero quindi (anche) essere inserite nella colonna relativa alle condizioni di trattamento nazionale. In caso contrario, siffatte misure restano pienamente soggette all’obbligo di trattamento nazionale, risultante dalla voce «None» (54).

106. Per quanto riguarda la misura controversa nel caso di specie, va osservato che il requisito della conclusione di un accordo internazionale, così come il requisito dell’esistenza di un’attività di insegnamento nello Stato di origine, non è inteso a imporre una limitazione quantitativa. Esso non costituisce nemmeno un requisito di veste giuridica [v. articolo XVI, paragrafo 2, lettera e), del GATS]. Pertanto, non si tratta di misure che rientrano nell’ambito dell’articolo XVI, paragrafo 2, del GATS e, di conseguenza, non è applicabile nemmeno l’articolo XX, paragrafo 2, del medesimo.

107. Ne consegue che, dal punto di vista dell’accesso al mercato, l’Ungheria è libera di introdurre tali requisiti. Ciò è vero, tuttavia, solo nella misura in cui essi siano applicabili indistintamente. Infatti, inserendo la voce «None», l’Ungheria si è impegnata ad osservare pienamente l’obbligo di trattamento nazionale.

108. In base al sistema «opt-in» [principio di adesione] del GATS, l’Ungheria avrebbe potuto indicare una corrispondente riserva con riferimento al trattamento nazionale. Tale possibilità non è stata tuttavia considerata.

109. Occorre di conseguenza rilevare che l’Ungheria si è impegnata ad osservare pienamente l’obbligo di trattamento nazionale per quanto riguarda le misure controverse.

110. In considerazione dell’esistente prassi giurisprudenziale degli organi di conciliazione dell’OMC, questa conclusione è da considerarsi ovvia anche alla luce del criterio di valutazione sopra descritto(55)

4)      Sussistenza di una disparità di trattamento

111. Il requisito della conclusione di un accordo internazionale per gli istituti d’istruzione superiore che hanno sede in paesi terzi comporta una disparità di trattamento tra gli istituti d’istruzione superiore con sede in Ungheria, da un lato, e gli istituti d’istruzione superiore aventi sede in paesi terzi, dall’altro. Lo stesso vale, del resto, per quanto riguarda il requisito di fornire servizi di insegnamento nello Stato membro d’origine.

112. Tale conclusione non è messa in discussione dal fatto che i prestatori di servizi nazionali non potrebbero, per loro stessa natura, soddisfare il requisito in questione. Ai sensi dell’articolo XVII, paragrafo 3, del GATS, un trattamento meno favorevole presuppone solo una modifica delle condizioni della concorrenza sul mercato nazionale a favore di servizi nazionali. Tuttavia, imponendo requisiti supplementari, la concorrenza viene modificata a spese degli istituti di insegnamento superiore dei paesi terzi interessati.

5)      Eccezione ai sensi dell’articolo XIV del GATS

113. Infine, occorre esaminare se con riferimento al requisito della conclusione di un accordo internazionale sia applicabile un’eccezione ai sensi dell’articolo XIV del GATS.

114. Il governo ungherese sostiene, a questo proposito, che si tratterebbe di una misura necessaria per salvaguardare l’ordine pubblico e la sicurezza e per prevenire pratiche commerciali ingannevoli e fraudolente.  Tali scopi sono specificamente menzionati nell’articolo XIV, lettera a, e lettera c), i), del GATS.

115. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, l’accordo deve essere concluso con lo Stato competente; nel caso di uno Stato federale in cui il governo centrale non è competente per il riconoscimento degli istituti di insegnamento superiore, deve previamente essere stipulato un accordo con il governo centrale. Quanto ai contenuti, l’accordo deve riguardare il sostegno di principio concesso dal governo dello Stato di origine per l’attività dell’istituzione interessata in Ungheria.

116. La conclusione di accordi internazionali, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento dei titoli di studio, è uno strumento usuale di cooperazione interstatale nel settore dell’istruzione superiore. Nell’ottica di prevenire pratiche commerciali fraudolente, un accordo relativo al riconoscimento dell’attività di un determinato istituto di insegnamento nello Stato ospitante da parte del governo dello Stato d’origine può, in sostanza, diventare una specie di garanzia. Per lo Stato ospitante, è indicativo del fatto che lo Stato di origine considera l’istituzione affidabile e ne sostiene le attività.

117. Peraltro, l’articolo XIV del GATS stabilisce che resta fermo «l’obbligo di non applicare i provvedimenti in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni dissimulate agli scambi di servizi».

118. In tale contesto, il requisito della conclusione di un accordo internazionale non può, ad un esame più attento, essere considerato un’eccezione ammissibile. Questo perché, nella sua concreta configurazione, sembra costituire un mezzo di discriminazione arbitraria ai sensi dell’articolo XVI del GATS.

119. Innanzitutto, la Commissione sottolinea giustamente che la conclusione di un accordo internazionale si accompagna necessariamente all’esercizio di una discrezionalità politica, che non è pienamente soggetta al controllo giurisdizionale. L’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, subordina così il rilascio di un’autorizzazione di esercizio agli istituti di insegnamento superiore di paesi terzi ad una condizione la cui osservanza dipende, in ultima analisi, esclusivamente dall’Ungheria. Ciò equivarrebbe, in ultima analisi, alla condizione «subject to licence». L’Ungheria non ha tuttavia subordinato a tale condizione l’obbligo di trattamento nazionale da essa assunto(56). In ogni caso, il governo ungherese può ritardare arbitrariamente la conclusione dell’accordo, fatto che, considerato breve termine previsto dall’articolo 115, paragrafo 7, della legge sull’istruzione superiore, può di per sé comportare il rifiuto dell’autorizzazione di esercizio di un istituto di istruzione superiore.

120. Peraltro, poiché, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, l’accordo richiesto riguarda solo il sostegno di principio per l’attività dell’istituto di insegnamento superiore interessato in Ungheria, non è chiaro perché tale requisito non possa essere soddisfatto anche attraverso una dichiarazione unilaterale del governo dello Stato di origine.

121. Inoltre, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, precisa i requisiti per gli accordi internazionali con gli Stati federali, stabilendo la necessità di un accordo preventivo con il governo centrale qualora quest’ultimo non sia competente a riconoscere l’efficacia vincolante di un accordo internazionale. Questo particolare requisito rappresenta una condizione potenzialmente non realizzabile e quindi, in ultima analisi, arbitraria. Non è certo, infatti, che l’ordinamento costituzionale dello Stato federale in questione ammetta l’accordo richiesto con il governo centrale, se l’istruzione superiore è di competenza degli Stati membri(57)

122. Infine, il fatto che il requisito oggetto della controversia non costituisca un requisito sostanziale nella lotta antifrode è reso evidente dal fatto che esso viene imposto anche agli istituti di insegnamento superiore già operanti in Ungheria. Non è chiaro come un’attività fraudolenta di un siffatto istituto di insegnamento superiore possa essere contrastata attraverso un accordo con il governo centrale del suo Stato d’origine.

123. Di conseguenza, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore non può essere considerato un’eccezione ai sensi dell’articolo XIV del GATS.

124. Considerata la natura arbitraria del provvedimento, anche questa conclusione deve essere considerata ovvia, alla luce del criterio di valutazione sopra descritto.

125. Da tutto ciò consegue che il requisito della conclusione di un accordo internazionale è incompatibile con gli obblighi imposti all’Ungheria alla luce dell’articolo XVII, paragrafo 2, del GATS e con l’impegno specifico per il settore dell’istruzione. Adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria ha pertanto violato l’articolo XVII, paragrafo 2, del GATS, in combinato disposto con l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE.

b)      Violazione dellarticolo 14, paragrafo 3, della Carta

126. La Commissione sostiene altresì che il requisito della conclusione di un accordo internazionale con lo Stato di origine a fini di accesso all’attività e di esercizio della medesima sul territorio nazionale da parte di istituti di insegnamento superiore che hanno sede in paesi terzi costituisce una violazione della libertà di creare istituti di insegnamento, sancita dall’articolo 14, paragrafo 3, della Carta. Esso violerebbe, inoltre, la libertà d’impresa sancita dall’articolo 16 della Carta.

1)      Applicabilità della Carta

127. Come già dimostrato, i singoli impegni nell’ambito del GATS costituiscono obblighi dell’Unione ai sensi del diritto internazionale. Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, gli organi dell’Unione sono vincolati dalla Carta nell’adempimento di tutti i loro obblighi.

128. Gli Stati membri, invece, sono vincolati dalla Carta esclusivamente «nell’attuazione del diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della stessa. Tuttavia, tale attuazione del diritto dell’Unione si configura proprio quando gli Stati membri attuano al loro interno gli obblighi giuridici internazionali dell’Unione sulla base della propria competenza normativa. Così facendo, essi adempiono infatti ad un obbligo nei confronti dell’Unione, che si è assunta la responsabilità nelle relazioni esterne della corretta esecuzione dell’accordo (58). L’applicabilità della Carta garantisce che gli Stati membri non violino i diritti fondamentali dell’Unione allorché operano come «agenti» (59).

129. Ciò non significa certamente che i provvedimenti degli Stati membri nel settore dell’istruzione debbano essere valutati in generale sulla base del criterio dei diritti fondamentali dell’Unione. A tali diritti fondamentali soggiacciono soltanto i provvedimenti disciplinati dal diritto dell’Unione(60). Si tratta segnatamente di provvedimenti rispetto ai quali il diritto dell’Unione impone agli Stati membri determinati obblighi. Nel caso in esame, l’articolo XVII GATS impone all’Ungheria l’obbligo del trattamento nazionale. Pertanto, l’applicazione della Carta deriva dal fatto che le disposizioni ungheresi si discostano dall’obbligo del trattamento nazionale previsto all’articolo XVII GATS.

2)      Ingerenza nell’articolo 14, paragrafo 3 della Carta

130. L’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, sancisce la libertà di creare istituti di insegnamento. Essa deve necessariamente comprendere anche il successivo esercizio dell’attività dell’istituto di insegnamento, poiché, diversamente, la creazione di quest’ultimo sarebbe inutile. Dalle spiegazioni relative alla Carta emerge che l’articolo 14, paragrafo 3, della stessa, è un’espressione specifica della libertà imprenditoriale di cui all’articolo 16 della Carta nel settore dell’istruzione a finanziamento privato (61).

131. Ne consegue, in primo luogo, che l’articolo 16 della Carta, anch’esso fatto valere dalla Commissione, non deve essere esaminato separatamente nel caso di specie, poiché l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta è più specifico al riguardo.

132. In secondo luogo, si evince che l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, tutela in ogni caso l’aspetto imprenditoriale dell’attività di un istituto di insegnamento superiore privato, vale a dire gli aspetti commerciali della creazione e della gestione di un istituto di istruzione superiore.

133. Un requisito quale quello di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), la cui inosservanza vieta la creazione e la gestione di una tale istituzione privata incide, di conseguenza, sull’ambito della tutela di cui all’articolo 14, paragrafo 3, della Carta. Ciò è tanto più vero in quanto l’istituzione di un diritto fondamentale autonomo di creare istituti di insegnamento privati suggerisce che l’esistenza di questi ultimi in quanto tali dovrebbe essere oggetto di tutela particolare, al di là dell’aspetto economico. A mio parere, da questo emerge che l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, è destinato a garantire l’esistenza di istituti d’istruzione privati accanto alle scuole e alle università statali e quindi, in ultima analisi, la diversità delle opportunità di formazione.

3)      Possibilità di limitazione nel caso in esame

134. Per quanto riguarda la possibilità di limitazione dell’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, dalla sua formulazione si evince che la libertà di creare istituti di insegnamento «[è rispettata] secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio». Ciò significa che, in sostanza, la libertà di creare istituti d’insegnamento è garantita solo nell’ambito degli specifici requisiti di legge previsti per la loro creazione. In altre parole, il legislatore può, in linea di principio, stabilire le condizioni per la creazione e l’esercizio dell’attività degli istituti di insegnamento attraverso la legislazione ordinaria senza violare l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta. Tuttavia, come già risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, esso deve in ogni caso rispettare il principio di proporzionalità (62).

135. Gli obiettivi invocati dall’Ungheria a titolo di giustificazione sono, da un lato, la tutela dell’ordine pubblico, in particolare contro le pratiche commerciali ingannevoli e fraudolente e, dall’altro, la garanzia della qualità delle attività di insegnamento.

136.  Per quanto riguarda il primo di questi obiettivi, come già chiarito, il «sostegno di principio per l’attività» dell’istituto di insegnamento superiore di cui trattasi, richiesto dall’articolo 76, comma 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, può anche essere espresso per mezzo di una dichiarazione unilaterale di tale Stato (63) e non è, pertanto, necessario.

137. Inoltre, come già menzionato in precedenza, la configurazione concreta della normativa comporta il rischio di un trattamento arbitrario (64). Questo perché, da un lato, la condizione specifica relativa alla conclusione dell’accordo da parte del governo centrale non garantisce l’effettivo soddisfacimento della stessa. D’altro canto, la conclusione dell’accordo, segnatamente, il momento di tale conclusione, resta a totale discrezione del governo ungherese. Questa circostanza è tanto più grave in quanto l’esercizio dell’attività di istituti di insegnamento precedentemente autorizzati è anch’essa assoggettato a condizioni successive, il cui adempimento non dipende dagli istituti interessati e che essi non potevano prevedere (65).

138. In secondo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo della garanzia della qualità, l’Ungheria non ha spiegato come la conclusione obbligatoria di un accordo internazionale con il governo centrale dello Stato di origine di un istituto di insegnamento superiore estero contribuirebbe a promuovere tale obiettivo.

139. Ciò è tanto più vero in quanto tale requisito è imposto anche ad istituti esistenti, senza che sia necessario dimostrare carenze qualitative o fornire indicazioni su come queste possano essere corrette attraverso la conclusione di un accordo internazionale con lo Stato di origine dell’istituto.

140. L’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore non può, pertanto, essere considerato una limitazione ammissibile alla libertà di creazione degli istituti di insegnamento. Di conseguenza, concludo che l’adozione dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore costituisce anche una violazione dell’articolo 14, paragrafo 3, della Carta.

c)      Violazione dellarticolo 13, seconda frase, della Carta

141. Poiché gli istituti di insegnamento superiore che non rispondono al requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, non possono, di conseguenza, nemmeno svolgere attività di insegnamento e di ricerca in Ungheria o sono tenute a cessarle, eventualmente dopo un periodo transitorio, la Commissione deduce anche una violazione dell’articolo 13, seconda frase, della Carta. Esso stabilisce che la libertà accademica è rispettata.

142. A quanto risulta, la Corte non ha ancora avuto modo di pronunciarsi sull’ambito di tutela dell’articolo 13, seconda frase, della Carta.

143. Come punto di riferimento può essere utilizzato l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, in base al quale, laddove quest’ultima contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti loro dalla suddetta convenzione. Nella giurisprudenza della Corte EDU, la libertà delle scienze è trattata come un’emanazione del diritto alla libertà di espressione ai sensi dell’articolo 10 della CEDU (66), al quale fanno riferimento anche le note esplicative relative all’articolo 13 della Carta (67). Secondo la giurisprudenza della Corte EDU, vi rientra, in particolare, la libertà di intraprendere ricerche scientifiche e di esprimere e diffondere opinioni scientifiche (68).

144. La disposizione legislativa relativa alla conclusione di un accordo internazionale di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, non limita direttamente questa libertà, ma potrebbe privare gli scienziati che lavorano nelle università interessate delle infrastrutture necessarie per l’esercizio della libertà accademica.

145. È vero che, sotto il profilo sistematico, la libertà delle scienze è collocata nell’articolo 13 della Carta, insieme alla tutela della libertà delle arti che, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, è anche un’emanazione della libertà di opinione. Da ciò si può concludere che anche la libertà accademica di cui all’articolo 13, seconda frase, della Carta, deve essere considerata un diritto fondamentale di comunicazione. Tuttavia, la libertà accademica non si limita alla mera comunicazione.

146. Piuttosto, a differenza della CEDU, la Carta contiene un diritto fondamentale alla libertà delle arti e delle scienze che è indipendente dalla libertà generale di opinione. Esso comprende non solo la ricerca e l’insegnamento autonomi in termini di responsabilità dei contenuti e indipendenti dall’influenza dello Stato, ma anche il loro quadro istituzionale e organizzativo. In pratica, infatti, il collegamento con un’università statale o privata è un prerequisito essenziale per la ricerca scientifica. L’università funge da piattaforma per il dibattito accademico e da rete e infrastruttura per insegnanti, studenti e organismi finanziatori. La libertà di creare istituti di insegnamento, sancita dall’articolo 14, paragrafo 3, della Carta, tutela solo una parte di tale quadro istituzionale, in particolare per quanto riguarda gli istituti di insegnamento privati.

147. Un requisito che, se non soddisfatto, impedisce l’accesso all’attività di insegnamento e di ricerca in ambito universitario o ne prevede la cessazione incide, pertanto, anche sull’ambito di tutela dell’articolo 13, seconda frase, della Carta.

148. Per quanto riguarda la possibilità di limitazione dell’articolo 13, seconda frase, della Carta, dalle spiegazioni relative alla stessa si evince che la Carta è soggetta alle limitazioni autorizzate dall’articolo 10 della CEDU. Si tratta di limitazioni stabilite dalla legge e necessarie in una società democratica per salvaguardare alcuni obiettivi ivi elencati. Tra questi vi sono, ad esempio, la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, o la prevenzione dei reati. Questi requisiti corrispondono, in sostanza, ai requisiti di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

149. Va precisato che l’articolo 13, seconda frase, della Carta, nella misura in cui tutela anche il quadro istituzionale‑organizzativo della ricerca e dell’insegnamento, non contiene alcuna garanzia di mantenimento per ogni istituto di insegnamento. Tuttavia, una disposizione che comporti la chiusura di un istituto di insegnamento superiore deve essere proporzionata, come già previsto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

150. Peraltro, per i motivi già discussi, il requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, deve essere considerato sproporzionato e non può, pertanto, giustificare una limitazione dell’articolo 13, seconda frase, della Carta (69).

d)      Conclusione

151. In conclusione, propongo pertanto alla Corte di giustizia di dichiarare che, adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo XVII del GATS, in combinato disposto con l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, nonché dell’articolo 13, seconda frase, e dell’articolo 14, paragrafo 3, della Carta.

2.      Requisito dellesistenza di uneffettiva attività di insegnamento nello Stato di origine, articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sullistruzione superiore

152. Con riferimento all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, che subordina la creazione e la continuazione dell’attività di un istituto d’insegnamento superiore estero in Ungheria all’esistenza di un’effettiva attività didattica nello Stato di origine, la Commissione deduce la violazione dell’articolo 16 della direttiva 2006/123, degli articoli 49 TFUE e 56 TFUE, dell’articolo 13, dell’articolo 14, paragrafo 3, e dell’articolo 16 della Carta, nonché dell’articolo XVII del GATS. Questo perché, contrariamente al requisito sopra menzionato della conclusione di un accordo internazionale, la condizione che dobbiamo ora esaminare si applica anche agli istituti di insegnamento superiore con sede in un altro Stato membro dell’Unione o del SEE.

a)      Violazione dellarticolo 49 TFUE, in combinato disposto con larticolo 54 del medesimo

153. In primo luogo, occorre esaminare la censurata violazione della libertà di stabilimento. Si può infatti presumere che un’«attività di insegnamento che prevede il rilascio di un titolo», soggetta a requisiti specifici ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, della legge sull’istruzione superiore, sia fornita, nella maggior parte dei casi, da una stabile organizzazione in Ungheria.

1)      Restrizione alla libertà di stabilimento

154. Secondo la giurisprudenza della Corte l’organizzazione, dietro corrispettivo, dei corsi di formazione superiore rientra nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento quando è svolta da un cittadino di uno Stato membro in un altro Stato membro, in maniera stabile e continuativa, a partire da un centro di attività principale o secondario nello Stato membro ospitante (70).

155. Secondo una giurisprudenza consolidata, nell’articolo 49 TFUE rientrano, da un lato, il diritto di accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione di imprese e l’esercizio di un’attività imprenditoriale secondo le disposizioni applicabili ai propri cittadini nello Stato di stabilimento. D’altro canto, devono essere considerate come restrizioni ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 1, TFUE, tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento (71).

156. Sulla base dei suddetti criteri, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, limita il diritto degli istituti d’istruzione superiore esteri di stabilirsi liberamente in Ungheria, in quanto è loro impedito di accedere ad un’attività d’istruzione superiore, o sono costretti a cessare di esercitarla al termine del periodo transitorio, se non forniscono istruzione superiore nel loro paese d’origine.

2)      Giustificazione della restrizione

157. Per quanto riguarda la giustificazione di tale misura, l’articolo 52, paragrafo 1, TFUE stabilisce che i regimi particolari per i cittadini stranieri possono essere giustificati solo da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

158. Nella fattispecie si è in presenza di un siffatto «regime particolare per i cittadini stranieri». Questo perché solo gli istituti d’insegnamento superiore esteri sono tenuti a fornire la prova dell’esistenza di tale attività nel loro paese d’origine per poter accedere all’attività di insegnamento e continuare ad esercitarla in Ungheria. Certamente, per loro stessa natura, gli istituti di insegnamento superiore nazionali non possono fornire tale prova, in quanto non hanno una sede in un altro Stato membro, Questa circostanza, tuttavia, non significa che gli istituti di istruzione superiore esteri non siano comparabili agli istituti di insegnamento superiore nazionali in tal senso (72), infatti, la sede in un altro Stato membro non può essere un criterio di differenziazione ammissibile in questo contesto. Il carattere discriminatorio della disposizione risiede proprio nel fatto che le attività degli istituti d’insegnamento esteri sono soggette a requisiti supplementari in quanto hanno la loro sede in un altro Stato membro.

159. Anche in questo caso, l’Ungheria invoca la tutela dell’ordine pubblico e fa valere la necessità del requisito oggetto della controversia per prevenire pratiche commerciali ingannevoli e fraudolente. Inoltre, solo così sarebbe possibile assicurare la qualità delle attività di insegnamento.

160. La giustificazione dell’ordine pubblico, tuttavia, si riferisce alla protezione contro una minaccia effettiva e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della collettività. Sebbene non si possa negare l’importanza degli obiettivi di prevenzione delle pratiche commerciali ingannevoli e fraudolente e della garanzia di elevata qualità di un’attività di insegnamento, ciò non pregiudica gli interessi fondamentali della società ai sensi di tale definizione (73).

161. In tale contesto, va osservato che la Corte ha già statuito che l’articolo 49 TFUE vieta in sostanza agli Stati di impedire la creazione di una succursale per il solo motivo che la società interessata non ha svolto alcuna attività commerciale nello Stato in cui è stabilita (74). Se e quali requisiti lo Stato membro possa imporre all’attività della succursale è un’altra questione.

162. Inoltre, la giustificazione per altre ragioni imperative di interesse generale può essere ammessa solo nel caso di restrizioni alla libertà di stabilimento che si applicano in modo non discriminatorio in base alla cittadinanza (75).

163. In conclusione, adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria ha pertanto violato l’articolo 49 TFUE.

b)      Violazione dellarticolo 16 della direttiva sui servizi

164. La Commissione ritiene inoltre che il requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, costituisca una violazione della direttiva sui servizi.

1)      Ambito di applicazione

165. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sui servizi, quest’ultima si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro; la nozione di servizio è definita all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, come «attività economica non salariata [...] fornita normalmente dietro retribuzione». Secondo la giurisprudenza, i corsi impartiti da istituti di insegnamento finanziati, essenzialmente, mediante fondi privati non provenienti dal prestatore dei servizi stesso costituiscono servizi, posto che, infatti, lo scopo perseguito da tali istituti consiste nell’offrire un servizio in cambio di una remunerazione (76).

166. L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sui servizi, non pone espressamente ulteriori condizioni quanto all’ambito di applicazione. In particolare, non fa riferimento al carattere temporaneo dell’attività, che è preso in considerazione nel quadro delle libertà fondamentali al fine di distinguere tra la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi (77), dal momento che la direttiva sui servizi contiene anche disposizioni sulla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi (78). A mio parere questa distinzione è, peraltro, rilevante nel caso in esame, in quanto la Commissione deduce specificamente una violazione dell’articolo 16, della direttiva sui servizi, contenuto nel Capo IV, sulla libera prestazione dei servizi.

167. L’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, tuttavia, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 16 della direttiva sui servizi solo nella misura in cui subordina a condizioni specifiche l’offerta temporanea di un’attività di insegnamento che prevede il rilascio di un titolo. Tali modelli imprenditoriali sono senz’altro concepibili, anche se la maggior parte degli istituti di insegnamento superiore che offre la possibilità di acquisizione titoli di studio lo fa nell’ambito di un’organizzazione stabile.

168. In ogni caso, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, non distingue tra le istituzioni che svolgono attività di insegnamento in Ungheria in modo permanente e quelle che lo fanno solo a titolo temporaneo. Inoltre, la disposizione non distingue tra i fornitori di servizi nell’ambito dell’istruzione finanziati privatamente e quelli le cui attività non hanno scopo di lucro.

169. Di conseguenza, la normativa rientra, almeno in parte, nell’ambito di applicazione dell’articolo 16 della direttiva sui servizi.

2)      Ammissibilità del requisito ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 1 e 3, della direttiva sui servizi

170. Ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 1 e 3, della direttiva sui servizi, gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio solo a requisiti non discriminatori, necessari e proporzionati. Conformemente all’articolo 16, paragrafo 1, terzo comma, lettera b), e paragrafo 3, della direttiva, i requisiti stabiliti devono servire a garantire l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza, la sanità pubblica o la tutela dell’ambiente

171. Nella fattispecie, il requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, non è ammissibile già a causa del suo carattere discriminatorio (79).

172. In ogni caso, la misura non può essere giustificata per nessuno dei motivi di cui all’articolo 16, paragrafo 1, terzo comma, lettera b), e paragrafo 3. A questo riguardo, è già stato dimostrato che tale disposizione non può essere giustificata da motivi di tutela dell’ordine pubblico (80).

173. Diversamente che in altre disposizioni della direttiva sui servizi, nell’articolo 16 della medesima il legislatore dell’Unione non ha previsto una giustificazione basata su altri motivi imperativi di interesse generale, i quali, secondo il considerando 40 della direttiva (81), comprendono un elevato livello di istruzione.

174. È vero che la giurisprudenza riconosce la giustificazione sulla base di motivi imperativi di interesse generale nel quadro dell’articolo 56 TFUE. Tale giustificazione, tuttavia, non è stata finora riconosciuta per le misure discriminatorie in casi simili (82). Pertanto, nella fattispecie può rimanere irrisolta la questione se il legislatore dell’Unione possa legittimamente limitare le possibilità di giustificazione nell’ambito dell’articolo 16 della direttiva sui servizi, rispetto ai motivi di giustificazione riconosciuti dal diritto primario (83). Infatti, la misura di cui trattasi non potrebbe apparire giustificata nemmeno ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

175. In conclusione, si deve affermare che il requisito dell’esistenza di un’effettiva attività di insegnamento nello Stato di origine non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 16, paragrafi 1 e 3, della direttiva sui servizi. Adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria ha pertanto violato l’articolo 16 della direttiva sui servizi.

176. Rispetto all’articolo 56 TFUE, contestato in subordine, la direttiva sui servizi contiene le disposizioni più specifiche, per cui nella fattispecie non occorre esaminare quest’ultima disposizione (84).

c)      Violazione della Carta

177. Infine, occorre esaminare se, adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria abbia violato i diritti fondamentali degli istituti di insegnamento superiore interessati, in particolare l’articolo 13 e l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta (85).

1)      Applicabilità della Carta

178. L’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, rappresenta un’inadeguata attuazione della direttiva sui servizi (86). Pertanto, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, è applicabile quest’ultima (87).

179. Contrariamente a quanto sostenuto dall’Ungheria, la questione se si possa constatare una violazione autonoma della Carta qualora il diritto dell’Unione trovi applicazione solo in caso di restrizione delle libertà fondamentali, non si pone quindi nel caso di specie (88).

180. Peraltro, l’accertamento di una violazione autonoma dei diritti fondamentali non produce effetti particolari nel caso di specie. La fondatezza del ricorso per inadempimento emerge, infatti, già dalle violazioni della direttiva sui servizi e dell’articolo 49 TFUE. Quantomeno, l’esame distinto del diritto fondamentale esprime più chiaramente l’importanza particolare e la qualità dell’infrazione. Ciò è particolarmente vero se, come nel caso in esame, l’asserita violazione dei diritti fondamentali va oltre gli effetti economici negativi che già rientrano nell’accertamento di violazioni delle norme del mercato interno.

2)      Ingerenza

181. Come già esposto, un requisito che, se non soddisfatto, non consente l’accesso alle attività di insegnamento e di ricerca di un’università, o ne prevede la cessazione, e che vieta la creazione e la gestione di una siffatta istituzione a scopo di lucro, incide sia sull’ambito di tutela dell’articolo 13, seconda frase, sia sull’articolo 14, paragrafo 3, della Carta (89).

3)      Giustificazione

182. Resta quindi da esaminare se l’ingerenza nei suddetti diritti fondamentali attraverso l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, possa essere giustificata. In particolare, essa dovrebbe essere proporzionata (90). Secondo la formulazione dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, possono essere apportate limitazioni dei diritti fondamentali solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità d’interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui

183. Da un lato, l’Ungheria sostiene che solo in presenza di un’attività di insegnamento nello Stato di origine, le sue autorità potrebbero avere certezza del carattere legale di tale attività e che sarebbero soddisfatti tutti i requisiti previsti per un’attività di insegnamento. Ciò potrebbe prevenire pratiche commerciali fraudolente. D’altro canto, le autorità potrebbero basarsi sulla formazione fornita nel paese d’origine per verificare se l’istituzione disponga di un approccio valido e insegnanti qualificati, e garantire così la qualità dell’insegnamento fornito.

184. A tale riguardo si deve convenire che lo svolgimento efficace delle attività di un istituto di insegnamento superiore nel paese d’origine porta a ritenere che esso soddisfi in tale paese tutti i requisiti di legge necessari per l’esercizio dell’attività. Di conseguenza, tale requisito è adeguato ad eliminare fin dall’inizio istituti illegali e fraudolenti.

185. La legalità e l’integrità di un’offerta di istruzione superiore non possono, tuttavia, essere verificate solo sulla base delle attività di insegnamento esistenti nel paese di origine. In assenza di siffatta attività nello Stato membro d’origine, uno Stato membro deve pertanto accettare anche altri adeguati elementi di prova. Ciò è particolarmente vero alla luce dell’importanza fondamentale del diritto alla libertà di stabilimento nell’Unione che, secondo la giurisprudenza, include lo stesso diritto delle imprese di svolgere l’essenziale, se non il complesso, delle proprie attività economiche in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno la loro sede sociale (91). Al fine di evitare incongruenze, la prova di un’attività nello Stato membro d’origine non può, pertanto, essere ritenuta necessaria.

186. Per quanto riguarda il fine del controllo di qualità, il governo ungherese non ha in alcun modo spiegato come la mera esistenza di una formazione di insegnamento superiore nel paese d’origine possa garantire la qualità dell’istruzione nel paese ospitante. Si può difficilmente presumere che l’università utilizzi lo stesso personale docente e fornisca gli stessi contenuti in entrambi i paesi, o che i requisiti di qualità siano identici in entrambi i paesi. L’opportunità stessa di questa misura è quindi discutibile.

187. Per quanto riguarda la necessità del requisito, occorre sottolineare che un controllo di qualità nel caso della prima creazione di istituti di insegnamento superiore nazionali non potrebbe neppure essere effettuato, se un’offerta già esistente fosse l’unico modo per verificare la qualità. È quindi inevitabile fare ricorso ad altre misure di controllo della qualità, che potrebbero essere applicate anche agli istituti di insegnamento superiore esteri.

188. Il collegamento all’esistenza di un’attività di insegnamento nel paese d’origine non è quindi idoneo di per sé a garantire la legalità e la qualità dell’istruzione superiore, e non è in ogni caso necessario in generale.

4)      Conclusione

189. Adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, l’Ungheria ha, pertanto, violato anche l’articolo 13, seconda frase, e l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta.

d)      Violazione dellarticolo XVII del GATS, in combinato disposto con larticolo 216, paragrafo 2, TFUE

190. Nella misura in cui la Commissione deduce anche una violazione dell’articolo XVII del GATS, per quanto riguarda il requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, è sufficiente notare che le disposizioni del diritto primario e derivato dell’Unione prevalgono sul diritto commerciale internazionale nelle relazioni tra gli Stati membri (92).

191. Peraltro, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore si applica anche alle università di paesi terzi. A tale riguardo, e per i motivi sopra esposti (93), tale disposizione viola l’obbligo di trattamento nazionale di cui all’articolo XVII del GATS e non può nemmeno essere considerata un’eccezione ammissibile ai sensi dell’articolo XIV del GATS. È certamente vero che consente l’adozione delle misure necessarie per salvaguardare la morale pubblica o mantenere l’ordine pubblico (94), o per prevenire pratiche commerciali ingannevoli e fraudolente. Tuttavia, come già esposto, il requisito dell’attività di insegnamento nel paese d’origine non soddisfa tali condizioni (95).

192. Pertanto, per quanto riguarda il requisito di cui all’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’istruzione superiore, sussisterebbe anche una violazione dell’articolo XVII del GATS, in combinato disposto con l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE.

VI.    Proposta di conclusioni

193. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)      Adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera a), della legge CCIV del 2011, come modificata, l’Ungheria ha violato l’articolo XVII dell’accordo generale sugli scambi di servizi, in combinato disposto con l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, nonché l’articolo 13, seconda frase, e l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2)      Adottando l’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), della legge CCIV del 2011, come modificata, l’Ungheria ha violato l’articolo 16 della direttiva 2006/123/CE, l’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, l’articolo XVII dell’accordo generale sugli scambi di servizi, in combinato disposto con l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, nonché l’articolo 13, seconda frase, e l’articolo 14, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

3)      L’Ungheria è condannata alle spese.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Le sue fondazioni sono regolamentate da una normativa ungherese parallela, la legge LXXVI del 2017 sulla trasparenza delle organizzazioni che ricevono sostegno economico dall’estero, che impone a tali organizzazioni determinati obblighi di registrazione, di dichiarazione e di pubblicità, corredati da sanzioni. La legge è oggetto del procedimento per inadempimento nella causa C‑78/18, Commissione/Ungheria (Trasparenza delle organizzazioni).


3      GU 1994, L 336, pag. 1.


4      «L’eccezione in materia di ordine pubblico può essere invocata esclusivamente ove uno degli interessi fondamentali della società sia esposto ad un rischio reale e sufficientemente grave». (Nota in originale)


5      GU 2019, L 87, pag. 1.


6      Documento OMC S/C/W/273, pagg. 166 e 167. Sull’entrata in vigore, v. comunicazione dell’Unione ai membri dell’OMC del 7 marzo 2019.


7      Hungary Schedule of Specific Commitments, documento OMC GATS/SC/40 del 15 aprile 1994.


8      Hungary Schedule of Specific Commitments, doc. OMC GATS/SC/40 del 15 aprile 1994, pag. 19 (punto 5.C).


9      GU 2007, C 364, pag. 1


10      GU 2006, L 376, pag. 36.


11      Sentenza del 12 novembre 2015, Elitaliana/Eulex Kosovo (C‑439/13 P, EU:C:2015:753, punto 37).


12      Sentenza del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda (C‑13/00, EU:C:2002:184, punto 13).


13      Sentenze del 25 febbraio 1988, Commissione/Grecia (194/85 e 241/85, EU:C:1988:95), del 10 settembre 1996, Commissione/Germania (C‑61/94, EU:C:1996:313), del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda (C‑13/00, EU:C:2002:184), del 7 ottobre 2004, Commissione/Francia (C‑239/03, EU:C:2004:598), e del 21 giugno 2007, Commissione/Italia (C‑173/05, EU:C:2007:362)


14      Sentenze del 30 aprile 1974, Haegeman (181/73, EU:C:1974:41, punti 2/6), del 30 settembre 1987, Demirel (12/86, EU:C:1987:400, punto 7), e dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 30).


15      Sentenze del 7 ottobre 2004, Commissione/Francia (C‑239/03, EU:C:2004:598, punto 25), del 16 novembre 2004, Anheuser-Busch (C‑245/02, EU:C:2004:717, punto 41), dell’11 settembre 2007, Merck Genéricos — Produtos Farmacêuticos (C‑431/05, EU:C:2007:496, punto 33 e segg.), e dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 31 e segg.).


16      All’epoca, l’Unione condivideva ancora tale competenza esterna con i suoi Stati membri, v. Parere 1/08 (Accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 135).


17      V., al riguardo, le mie conclusioni nella causa Commissione/Consiglio (C‑13/07, EU:C:2009:190, paragrafo 124).


18      V. decisione (UE) 2019/485 del Consiglio del 5 marzo 2019, GU L 87, pag.1. Prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Corte di giustizia aveva stabilito nel parere 1/08 (Accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739) che tale modifica rientrava nella competenza ripartita dell’Unione e dei suoi Stati membri e che la partecipazione degli Stati membri era necessaria.


19      V., in proposito, parere 2/15 (Accordo di libero scambio con la Repubblica di Singapore) del 1 maggio 2017 (EU:C:2017:376, punto 248).


20      La procedura per la risoluzione delle controversie dell’OMC è disciplinata dall’intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie (Understanding on Rules and Procedures governing the Settlement of Disputes, in prosieguo: il «DSU»), di cui all’allegato 2 dell’accordo che istituisce l’OMC. Essa prevede, innanzitutto, l’istituzione di cosiddetti panel per la risoluzione di determinate controversie, i quali riferiscono all’organo di conciliazione (Dispute Settlement Body, in prosieguo: il «DSB»). Su questa base, quest’ultimo redige una relazione finale, che diventa vincolante per le parti se entro 60 giorni non viene presentato ricorso dinanzi all’organo d’appello (Appellate Body, in prosieguo: l’«AB»).


21      V., ad esempio, l’articolo 6:1 dell’allegato IX della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 (United Nations Treaty Series, Vol. 1833, 1834 e 1835, pag. 3).


22      Lo stesso prevede, mutatis mutandis, l’articolo 46, paragrafo 2, della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali o tra organizzazioni internazionali (in prosieguo la «Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati tra Stati») per quanto riguarda la ripartizione interna delle competenze di un’organizzazione internazionale.


23      Per esempi tratti dalla prassi degli organi di conciliazione dell’OMC: WTO Appelate Body Report del 5 giugno 1998, adottato dal DSB il 1° luglio 1998, WT/DS62/AB/R, WT/DS67/AB/R e WT/DS68/AB/R, European Communities – Computer Equipment, riguardante alcune misure irlandesi e britanniche; WTO Appelate Body Report del 12 marzo 2001, adottato dal DSB il 5 aprile 2001, WT/DS135/AB/R, European Communities – Amiante, relativo ad un regolamento francese; infine WTO Appelate Body Report del 15 maggio 2018, WT/DS316/AB/RW, European Union – Large Civil Aircrafts.


24      Sentenze del 26 ottobre 1982, Kupferberg (104/81, EU:C:1982:362, punti 11 e 13), del 30 settembre 1987, Demirel (12/86, EU:C:1987:400, punto 11), del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda (C‑13/00, EU:C:2002:184, punto 15) e del 7 ottobre 2004, Commissione/Francia (C‑239/03, EU:C:2004:598, punto 26).


25      V. articolo 23, paragrafo 1, del DSU.


26      V., sul punto, paragrafo 90 delle presenti conclusioni.


27      Sentenze del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115), del 23 novembre 1999, Portogallo/Consiglio (C‑149/96, EU:C:1999:574), e del 9 gennaio 2003, Petrotub e Republica (C‑76/00 P, EU:C:2003:4).


28      Sentenza del 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio (C‑280/93, EU:C:1994:367, punto 109).


29      V. articolo 264, paragrafo 1, TFUE.


30      Sentenza del 10 settembre 1996, Commissione/Germania (C‑61/94, EU:C:1996:313, punto 16).


31      Conclusioni dell’avvocato generale Tesauro nella causa Commissione/Germania (C‑61/94, EU:C:1996:194, paragrafi 23 e 24).


32      V., sul punto, anche paragrafi da 49 a 52 delle presenti conclusioni.


33      La causa Airbus può essere citata ancora una volta come esempio significativo e attuale.


34      V. sentenze del 22 giugno 1989, Fediol/Commissione (70/87, EU:C:1989:254, punti da 19 a 22), del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186, punto 31), del 30 settembre 2003, Biret International/Consiglio (C‑93/02 P, EU:C:2003:517, punto 53), del 23 novembre 1999, Portogallo/Consiglio (C‑149/96, EU:C:1999:574, punto 49), e del 1° marzo 2005, Van Parys (C‑377/02, EU:C:2005:121, punto 40).


35      Sentenze del 5 novembre 2002, Commissione/Austria (C‑475/98, EU:C:2002:630, punto 35) e del 18 luglio 2007, Commissione/Germania (C‑490/04, EU:C:2007:430, punto 25).


36      Sentenza del 2 febbraio 1988, Commissione/Belgio (293/85, EU:C:1988:40, punto 20).


37      V., in proposito, conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Commissione/Francia (C‑1/00, EU:C:2001:467, paragrafo 57). V., a tal fine, anche sentenza del 10 luglio 1985, Commissione/Paesi Bassi (16/84, EU:C:1985:309, punto 10).


38      Sentenze del 2 febbraio 1988, Commissione/Belgio (293/85, EU:C:1988:40, punti 13 e 14), del 2 luglio 1996, Commissione/Lussemburgo (C‑473/93, EU:C:1996:263, punti 19 e 20), del 28 ottobre 1999, Commissione/Austria (C‑328/96, EU:C:1999:526, punto 51) e del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia (C‑1/00, EU:C:2001:687, punti 64 e 65).


39      Nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 2 febbraio 1988, Commissione/Belgio (293/85, EU:C:1988:40), i termini erano, rispettivamente, di otto e quattordici giorni; nella causa Commissione/Francia (C‑1/00, EU:C:2001:687) i termini erano di quindici e cinque giorni; nella causa Commissione/Austria (C‑328/96, EU:C:1999:526) i termini erano di una settimana e quindici giorni, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 31 gennaio 1984, Commissione/Irlanda (74/82, EU:C:1984:34) era stato fissato un termine di cinque giorni.


40      Sentenza del 10 luglio 1985, Commissione/Paesi Bassi (16/84, EU:C:1985:309, punto 10).


41      Sentenza del 31 gennaio 1984, Commissione/Irlanda (74/82, EU:C:1984:34, punto 13).


42      Sentenza del 3 marzo 2016, Commissione/Malta (C‑12/14, EU:C:2016:135, punto 24).


43      Sentenza del 3 marzo 2016, Commissione/Malta (C‑12/14, EU:C:2016:135, punto 26).


44      In una tale ipotesi, la Corte constata non solo una violazione del trattato internazionale in questione, ma anche dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE (ex articolo 300, paragrafo 7, CE); v. sentenze del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda (C‑13/00, EU:C:2002:184) e del 7 ottobre 2004, Commissione/Francia (C‑239/03, EU:C:2004:598).


45      Sentenze del 25 gennaio 1979, Racke (98/78, EU:C:1979:14, punto 52) e del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 110).


46      Sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 110).


47      V., a questo proposito, paragrafo 59 delle presenti conclusioni.


48      V., in proposito, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 49).


49      Hungary Schedule of Specific Commitments, doc. OMC GATS/SC/40 del 15 aprile 1994, pag. 19 (punto 5, lettera C). V., ora, l’elenco consolidato degli impegni dell’Unione e dei suoi Stati membri del 15 marzo 2019, documento OMC S/C/W/273, pagg. 166 e 167 (punto 5, lettera C).


50      WTO Panel Report del 16 giugno 2012, approvato dal DSB il 31 agosto 2012, WT/DS413/R, China – Electronic Payment Services, n. 7.658. «… [T]he special rule in Article XX:2 provides a simpler requirement: a Member need only make a single inscription of the measure under the market access column, which then provides an implicit limitation under national treatment».


51      WTO Panel Report del 16 giugno 2012, approvato dal DSB il 31 agosto 2012, WT/DS413/R, China – Electronic Payment Services, n. 7.661: «… Article XX:2 provides … that the measure inscribed in the market access column encompasses aspects inconsistent with both market access and national treatment obligations... [This thus permits] China to maintain measures that are inconsistent with both Articles XVI and XVII. With an inscription of "Unbound" for subsector (d) in mode 1 under Article XVI, and a corresponding "None" for Article XVII, China has indicated that it is free to maintain the full range of limitations expressed in the six categories of Article XVI:2, whether discriminatory or not».


52      WTO Panel Report del 16 giugno 2012, approvato dal DSB il 31 agosto 2012, WT/DS413/R, China – Electronic Payment Services, n. 7.652: «Unlike Article XVII, however, the scope of the market access obligation does not extend generally to "all measures affecting the supply of services". Instead, it applies to six carefully defined categories of measures of a mainly quantitative nature. The issue thus arises whether the scope of these measures, and thus the extent of China’s absence of obligation with respect thereto, extends to discriminatory measures in the sense of Article XVII».


53      WTO Panel Report del 16 giugno 2012, approvato dal DSB il 31 agosto 2012, WT/DS413/R, China – Electronic Payment Services, n. 7.663: «…Due to the inscription of "None", China must grant national treatment with respect to any of the measures at issue that are not inconsistent with Article XVI:2» (sottolineatura aggiunta).


54      V., mutatis mutandis, nota 53.


55      V. supra, paragrafi 88 e 90 delle presenti conclusioni.


56      V. supra, paragrafi da 107 a 109 delle presenti conclusioni.


57      Tale è in caso, ad esempio, per la conclusione di un accordo internazionale con gli Stati federati USA, uno dei cui ambiti di competenza è l’istruzione superiore.


58      V. paragrafi 53 e 47 delle presenti conclusioni.


59      V., con riguardo a questa ipotesi, anche le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Commissione/Ungheria (Diritti di usufrutto su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2018:971, punto 82).


60      V., in tal senso, sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa (C 206/13, EU:C:2014:126, punto 25 e segg.) e del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C 198/13, EU:C:2014:2055, punto 36 e seg.).


61      GU 2007, C 303, pag. 22


62      V., per quanto riguarda l’articolo 16 della Carta, formulato in termini analoghi, sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 47).


63      V. anche paragrafi 116 e 119 delle presenti conclusioni.


64      V. anche paragrafi da 118 a 121 delle presenti conclusioni.


65      V., in proposito, anche paragrafo 122 delle presenti conclusioni.


66      Corte EDU, sentenze del 23 giugno 2009, Mustafa Erdoğan/Turchia (CE:ECHR:2009:0623JUD001708903) e del 15 aprile 2014, Hasan Yazıcı/Turchia (CE:ECHR:2014:0527JUD000034604).


67      GU 2007, C 303, pag. 22


68      Corte EDU, sentenza del 15 aprile 2014, Hasan Yazıcı/Turchia (CE:ECHR:2014:0527JUD000034604, § 40).


69      V. paragrafi da 136 a 139 delle presenti conclusioni.


70      Sentenza del 13 novembre 2003, Neri (C‑153/02, EU:C:2003:614, punto 39).


71      Sentenze dell’11 luglio 2002, Gräbner (C‑294/00, EU:C:2002:442, punto 38) e del 13 novembre 2003, Neri (C‑153/02, EU:C:2003:614, punto 41).


72      Le libertà fondamentali sono divieti specifici di discriminazione che si limitano a vietare quest’ultima in situazioni analoghe, v. sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 30).


73      Ad esempio, la Corte ha considerato leso un interesse fondamentale della società nel caso di commissione di reati gravi, v. sentenza del 13 luglio 2017, E (C‑193/16, EU:C:2017:542, punto 20).


74      Sentenze del 9 marzo 1999, Centros (C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 38) e del 30 settembre 2003, Inspire Art (C‑167/01, EU:C:2003:512, punto 97).


75      Vr., ex multis, sentenze del 9 marzo 2017, Piringer (C‑342/15, EU:C:2017:196, punto 53) e del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia (C‑342/17, EU:C:2018:906, punto 51).


76      Sentenze dell’11 settembre 2007, Commissione/Germania (C‑318/05, EU:C:2007:495, punto 69), dell’11 settembre 2007, Schwarz e Gootjes-Schwarz (C 76/05, EU:C:2007:492, punto 48) e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C 74/16, EU:C:2017:496, punto 48).


77      Sentenza dell’11 dicembre 2003, Schnitzer (C‑215/01, EU:C:2003:662, punti 27 e 28).


78      V. Capo III della direttiva sui servizi.


79      Sul carattere discriminatorio, v. paragrafo 158 delle presenti conclusioni.


80      V., mutatis mutandis, paragrafo 160 delle presenti conclusioni.


81      V., ad esempio, articolo 9, paragrafi 1 e 4, articolo 10, paragrafo 2, e articolo 11, paragrafo 1, della direttiva sui servizi.


82      Sentenze del 25 luglio 1991, Collectieve Antennevoorziening Gouda (C‑288/89, EU:C:1991:323, punti da 11 a 13), del 19 luglio 2012, Garkalns (C‑470/11, EU:C:2012:505, punto 37), nonché del 30 aprile 2014, Pfleger e a. (C‑390/12, EU:C:2014:281, punto 43).


83      Sulla problematica parallela relativa all’articolo 14 della direttiva sui servizi, v. sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a. (C‑593/13, EU:C:2015:399, punto 40). Con riferimento agli argomenti, v. le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nelle cause riunite X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2017:397, paragrafo 99 e segg.).


84      Sentenza del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108, punto 118). V., per analogia, per la relazione tra l’articolo 15, della direttiva sui servizi, e l’articolo 49, TFUE, sentenza del 7 novembre 2018, Commissione/Ungheria (C‑171/17, EU:C:2018:881, punto 87).


85      L’articolo 14, paragrafo 3, della Carta prevale, nel caso di specie, sull’articolo 16 della Carta, censurato a sua volta in quanto lex specialis; v., sul punto, paragrafi 130 e 132 supra delle presenti conclusioni.


86      V., sul punto, anche paragrafi da 170 a 175 delle presenti conclusioni.


87      V., in tal senso, sentenze del 1° dicembre 2016, Daouidi (C‑395/15, EU:C:2016:917, punto 64 e segg.), e del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 66).


88      Su tale questione si vedano le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nelle cause riunite SEGRO e Horváth (C‑52/16 e C‑113/16, EU:C:2017:410, paragrafi da 121 a 142), nonché nella causa Commissione/Ungheria (Diritti di usufrutto su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2018:971, paragrafi da 64 a 112).


89      V. anche paragrafi 133 e 147 delle presenti conclusioni.


90      V. anche paragrafi 134 e 148 delle presenti conclusioni.


91      V., sul punto, anche paragrafo 158 delle presenti conclusioni e sentenza del 30 settembre 2003, Inspire Art (C‑167/01, EU:C:2003:512, punto 97).


92      V., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 161 e segg. e punto 165 e segg.).


93      V. paragrafi 106 e 111 delle presenti conclusioni.


94      Nel testo dell’accordo, quest’ultimo viene definito come «uno degli interessi fondamentali della società [...] esposto ad un rischio reale e sufficientemente grave».


95      V., mutatis mutandis, paragrafo 160, nonché paragrafi da 183 a 188 delle presenti conclusioni.