Language of document : ECLI:EU:T:2019:452

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

27 giugno 2019 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo Luciano Sandrone – Marchio dell’Unione europea denominativo anteriore DON LUCIANO – Uso effettivo del marchio anteriore – Articolo 47, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) 2017/1001 – Impedimento alla registrazione relativo – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 – Domanda di marchio denominativo composto da un nome e da un cognome – Marchio anteriore composto da un titolo e da un nome – Neutralità del confronto concettuale – Assenza di rischio di confusione»

Nella causa T‑268/18,

Luciano Sandrone, residente a Barolo (Italia), rappresentato da A. Borra, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da K. Kompari e H. O’Neill, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:

J. García Carrión, SA, con sede a Jumilla (Spagna),

avente ad oggetto il ricorso proposto avverso la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 26 febbraio 2018 (procedimento R 1207/2017‑2), relativa a un procedimento di opposizione tra J. García Carrión e Luciano Sandrone,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da V. Tomljenović, presidente, E. Bieliūnas e A. Kornezov (relatore), giudici,

cancelliere: R. Ūkelytė, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 aprile 2018,

visto il controricorso depositato il 1o agosto 2018,

in seguito all’udienza del 28 febbraio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

[omissis]

 Conclusioni delle parti

13      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

14      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

15      A sostegno del ricorso il ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, sul fatto che la commissione di ricorso ha violato l’articolo 47, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001 e, il secondo, sull’inosservanza, da parte della medesima, dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento.

[omissis]

 Sullasserita violazione dellarticolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001

[omissis]

 Sul confronto dei segni

[omissis]

62      Nel caso di specie, sia il marchio anteriore sia il segno oggetto della domanda di marchio sono di natura denominativa. La commissione di ricorso non ha ritenuto, prima di procedere al confronto visivo, fonetico e concettuale dei segni in conflitto, che questi contenessero un elemento dominante. Solo nel corso di tale confronto essa ha precisato, anzitutto, per quanto riguarda il marchio anteriore, che la parola «luciano» era maggiormente distintiva rispetto al termine «don» (punto 51 della decisione impugnata). In secondo luogo, per quanto riguarda il segno oggetto della domanda di marchio, il carattere distintivo dell’elemento «luciano» sarebbe, ad avviso della commissione di ricorso, inferiore rispetto a quello dell’elemento «sandrone», il quale avrebbe un valore intrinseco superiore per il pubblico spagnolo, francese, italiano e portoghese, in quanto si tratterebbe di un cognome raro. Tuttavia, tale conclusione non varrebbe su tutto il territorio dell’Unione, in particolare in Germania e in Finlandia, ove l’elemento «luciano» sarebbe tanto distintivo quanto l’elemento «sandrone» (punti 48 e 50 della decisione impugnata).

63      Il ricorrente contesta quest’ultima conclusione.

64      Occorre pertanto verificare se la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso in ordine agli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto sia viziata da errori di valutazione.

–       Sugli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto

65      Il segno oggetto della domanda di marchio è costituito da due parole, una di sette lettere, «luciano», l’altra di otto lettere, «sandrone». Il marchio anteriore è composto anch’esso da due parole, la prima di tre lettere, «don», la seconda di sette lettere, «luciano».

66      Per quanto riguarda il marchio anteriore, occorre rilevare che l’elemento «luciano» prevale sull’elemento «don», anche solo a causa della brevità di quest’ultimo, ma altresì, come sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 51 della decisione impugnata, in quanto esso sarà compreso come un titolo spagnolo che significa «signore» o come un titolo italiano attribuito ai preti che sarà, inoltre, compreso come tale da una parte significativa del pubblico dell’Unione, ivi compreso il pubblico tedesco e finlandese, posto che la commissione di ricorso si è riferita, su questo punto, al dizionario tedesco Duden. La commissione di ricorso ha quindi giustamente concluso che, per il pubblico di riferimento, l’elemento «luciano» era maggiormente distintivo rispetto all’elemento «don», circostanza del resto non contestata dal ricorrente. Tuttavia, tale constatazione non pregiudica la determinazione del grado di carattere distintivo di cui è dotato l’elemento «luciano» in quanto tale (v. infra, punto 102).

67      Ciò premesso, benché l’elemento «luciano» sia maggiormente distintivo rispetto al termine «don», non lo è al punto da rendere trascurabile quest’ultimo elemento.

68      Per quanto riguarda il segno oggetto della domanda di marchio, come giustamente affermato dalla commissione di ricorso al punto 46 della decisione impugnata, le parole che lo compongono saranno probabilmente percepite come una combinazione di un nome e di un cognome da parte del pubblico di riferimento dell’intero territorio dell’Unione. Essa ha poi precisato che il nome Sandrone non sarebbe percepito come un cognome comune, neppure in Italia, e che il nome Luciano sarebbe invece percepito come molto diffuso in Spagna, in Italia e in Portogallo, nonché in Francia, a causa del nome simile Lucien (punto 47 della decisione impugnata). Essa ha quindi riconosciuto, per il pubblico di tali territori, che il carattere distintivo dell’elemento «luciano» sarebbe inferiore rispetto a quello dell’elemento «sandrone», il quale, in quanto cognome raro, avrebbe un «valore intrinseco superiore» (punto 48 della decisione impugnata).

69      Le parti non contestano tale valutazione della commissione di ricorso.

70      Per contro, ad avviso della commissione di ricorso, in Germania o in Finlandia l’elemento «luciano» sarebbe percepito come un nome raro. Essa ha altresì smentito l’affermazione della divisione di opposizione secondo cui il nome italiano Luciano era familiare al pubblico dell’Unione nel suo insieme grazie alla notorietà del tenore italiano Luciano Pavarotti. Ad avviso della commissione di ricorso, «a sua conoscenza» sarebbe il cognome Pavarotti ad essere celebre, piuttosto che il nome completo Luciano Pavarotti, e una parte significativa del pubblico dell’Unione non ricorderebbe il suo nome proprio (punto 48 della decisione impugnata). Su tale base, la commissione di ricorso ha concluso che tanto il nome Luciano quanto il cognome Sandrone erano rari per il pubblico tedesco e finlandese e che, per tale pubblico, il primo elemento era quindi tanto distintivo quanto il secondo (punto 50 della decisione impugnata).

71      Si deve osservare, a tal riguardo, che, secondo la giurisprudenza, è possibile che, in una parte dell’Unione, il cognome abbia, in linea generale, un carattere distintivo più elevato rispetto a quello del nome. Occorre tuttavia prendere in considerazione gli elementi propri del caso di specie e, in particolare, la circostanza che il cognome di cui trattasi sia poco comune o, invece, molto diffuso, il che può influire sul detto carattere distintivo [sentenze del 5 ottobre 2011, Cooperativa Vitivinícola Arousana/UAMI – Sotelo Ares (ROSALIA DE CASTRO), T‑421/10, non pubblicata, EU:T:2011:565, punto 50, e dell’11 luglio 2018, Enoitalia/EUIPO – La Rural Viñedos y Bodegas (ANTONIO RUBINI), T‑707/16, non pubblicata, EU:T:2018:424, punto 38], nonché l’eventuale notorietà della persona che chiede che il suo nome e cognome, congiuntamente, siano registrati come marchio (sentenza del 24 giugno 2010, Becker/Harman International Industries, C‑51/09 P, EU:C:2010:368, punti 36 e 37).

72      Nel caso di specie occorre constatare, al pari del ricorrente, che l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui il nome Luciano sarebbe percepito come un nome raro in Germania o in Finlandia non si basa su alcun elemento concreto.

73      A tal riguardo, occorre rilevare che il solo fatto che un determinato nome non sia molto comune tra la popolazione di questo o quello Stato membro non significa necessariamente che tale nome sia percepito come raro dal pubblico di riferimento in tale Stato membro. Infatti, un nome relativamente noto a livello dell’Unione o su scala internazionale non sarà percepito come raro dal pubblico di riferimento, anche negli Stati membri in cui tale nome non è molto diffuso.

74      Nel caso di specie, atteso che la commissione di ricorso ha giustamente rilevato, al punto 47 della decisione impugnata, che il nome Luciano sarebbe considerato come un nome molto comune in Spagna, in Italia e in Portogallo, nonché in Francia, vale a dire in una parte sostanziale dell’Unione, non si può ragionevolmente sostenere, tenuto conto dei flussi di scambi nell’Unione e degli attuali mezzi di comunicazione elettronici, che tale nome sarà percepito come raro dal pubblico di riferimento in Germania e in Finlandia. In altre parole, se è noto che il nome Luciano non è molto diffuso tra la popolazione presente in Germania e in Finlandia, tale fatto, di per se stesso, non significa affatto che tale nome sarà percepito come un nome raro in tali Stati membri, come affermato dalla commissione di ricorso al punto 48 della decisione impugnata.

75      Pertanto si deve concludere che, per il pubblico dell’Unione nel suo insieme, l’elemento maggiormente distintivo del segno oggetto della domanda di marchio è l’elemento «sandrone», un cognome che non è percepito come comune, senza che ciò renda tuttavia trascurabile l’elemento «luciano».

76      Dopo aver esaminato le qualità intrinseche di ciascuna delle componenti dei segni in conflitto e dopo averle confrontate con quelle delle altre componenti, è giocoforza quindi constatare che la commissione di ricorso era tenuta a rilevare la presenza di un elemento maggiormente distintivo in ciascuno dei segni in conflitto, vale a dire l’elemento «luciano» nel marchio anteriore, cosa che essa ha giustamente effettuato, e l’elemento «sandrone» nel segno oggetto della domanda di marchio, cosa che essa non ha fatto, per una parte del pubblico di riferimento, prima di procedere al confronto dei segni in conflitto sul piano visivo, fonetico e concettuale. Le conseguenze di tale errore saranno esaminate successivamente.

[omissis]

–       Sul confronto concettuale

81      Ai punti 52 e 53 della decisione impugnata la commissione di ricorso afferma che il pubblico di riferimento assocerà il segno di cui viene chiesta la registrazione a un nome e a un cognome, vale a dire a una persona specifica (virtuale o reale) che porta il nome Luciano, membro della famiglia Sandrone, e riterrà, del pari, il marchio anteriore come designante una persona denominata Luciano. La commissione di ricorso ne ha dedotto che «[i] consumatori, in particolare in Germania o in Finlandia, potrebbero quindi interpretare i marchi di cui trattasi come facenti riferimento alla stessa persona (virtuale o reale) caratterizzata dall’inusuale nome “Luciano”». I segni in conflitto sarebbero quindi, secondo la commissione di ricorso, simili sul piano concettuale a un grado medio (punto 53 della decisione impugnata).

82      Tanto il ricorrente quanto l’EUIPO esprimono obiezioni al riguardo. Il ricorrente deduce che i segni in conflitto sono diversi sul piano concettuale, mentre, secondo l’EUIPO, il confronto tra gli stessi sarebbe neutro su tale piano. Inoltre, secondo l’EUIPO, la giurisprudenza sarebbe mutevole su tale punto in quanto, in talune sentenze, il giudice dell’Unione avrebbe considerato possibile procedere a un confronto concettuale tra segni contenenti un cognome o un nome, mentre, in altre sentenze, si sarebbe stabilito che non era possibile operare alcun confronto concettuale tra questo tipo di segni.

83      Il Tribunale ritiene pertanto necessario precisare la giurisprudenza su questo punto. A tale riguardo, occorre ricordare che il confronto concettuale ha lo scopo di confrontare i «concetti» che i segni in conflitto implicano. Il termine «concetto» significa, secondo la definizione datane, ad esempio, dal dizionario Larousse, un’«idea generale e astratta che lo spirito umano si forma in ordine a un oggetto di pensiero concreto o astratto, e che gli consente di collegare allo stesso oggetto le diverse percezioni che ne ha, nonché di organizzarne le conoscenze».

84      Parimenti, secondo la giurisprudenza, la somiglianza concettuale implica che i segni in conflitto concordino nel loro contenuto semantico (sentenza dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 24).

85      Pertanto, quando un nome o un cognome non esprimono un’«idea generale ed astratta» e sono privi di contenuto semantico, essi non sono portatori di alcun «concetto», di modo che il confronto concettuale tra due segni costituiti unicamente da siffatti nomi o cognomi non è possibile.

86      Per contro, il confronto concettuale resta possibile quando il nome o il cognome di cui trattasi siano diventati simbolo di un concetto, a causa ad esempio della celebrità della persona che porta tale nome o tale cognome, o qualora tale nome o cognome abbiano un contenuto semantico chiaro e immediatamente riconoscibile.

87      In tal senso, il Tribunale ha già avuto modo di dichiarare che il pubblico di riferimento percepirebbe i marchi composti da nomi o cognomi di persone come privi di un significato concettuale particolare, a meno che il nome o il cognome siano particolarmente noti in quanto appartenenti a una persona celebre [v., in tal senso, sentenze del 18 maggio 2011, IIC/UAMI – McKenzie (McKENZIE), T‑502/07, non pubblicata, EU:T:2011:223, punto 40; dell’8 maggio 2014, Pedro Group/UAMI – Cortefiel (PEDRO), T‑38/13, non pubblicata, EU:T:2014:241, punti da 71 a 73, e dell’11 luglio 2018, ANTONIO RUBINI, T‑707/16, non pubblicata, EU:T:2018:424, punto 65].

88      Nel caso di specie, la commissione di ricorso non ha individuato alcun concetto che possa essere collegato al nome e al cognome di cui trattasi. Neppure le parti adducono argomenti di tal genere.

89      Pertanto, il semplice fatto che il pubblico di riferimento assocerà il segno di cui viene chiesta la registrazione a un nome e a un cognome e quindi ad una persona specifica, virtuale o reale, e che il marchio anteriore sarà percepito come designante una persona denominata Luciano è irrilevante ai fini della comparazione dei segni in conflitto sul piano concettuale.

90      Di conseguenza, occorre annullare la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso secondo la quale i segni in conflitto sarebbero simili a un grado medio sul piano concettuale. Al pari dell’EUIPO si deve concludere che, nel caso di specie, non è possibile alcun confronto concettuale, in quanto i nomi e il cognome contenuti nei segni in conflitto non contengono alcun concetto.

91      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si devono avallare le conclusioni formulate dalla commissione di ricorso in merito alla somiglianza, quantomeno tenue, dei segni in conflitto sui piani visivo e fonetico e di annullarle riguardo alla somiglianza media di tali segni sul piano concettuale, dal momento che il confronto concettuale tra detti segni non è, nella fattispecie, possibile.

 Sulla valutazione globale del rischio di confusione

92      Occorre anzitutto respingere l’argomento del ricorrente, contenuto al punto 63 del ricorso, secondo cui il rischio di confusione dovrebbe essere valutato con riferimento all’impressione del consumatore dell’Unione, e non a quella dei consumatori di uno o di due paesi di quest’ultima (la Germania e la Finlandia, nel caso di specie). Si deve infatti ricordare che, per rifiutare la registrazione di un marchio dell’Unione europea, è sufficiente che un impedimento alla registrazione relativo, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 esista in una parte dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 76 e giurisprudenza ivi citata]. Di conseguenza, il ricorrente non può fondatamente sostenere che la commissione di ricorso si è erroneamente basata sull’esistenza di un rischio di confusione soltanto in due paesi dell’Unione per rifiutare la registrazione richiesta, e ciò a prescindere dalla questione se, nel caso di specie, l’asserito rischio di confusione per il consumatore tedesco o finlandese sia o meno accertato.

93      Per quanto concerne la valutazione del rischio di confusione, emerge dalla giurisprudenza che tale valutazione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze del 28 marzo 2017, REGENT UNIVERSITY, T‑538/15, non pubblicata, EU:T:2017:226, punto 71, e dell’8 novembre 2017, IST, T‑80/17, non pubblicata, EU:T:2017:784, punto 64).

94      Applicando il principio d’interdipendenza richiamato al precedente punto 93, la commissione di ricorso ha concluso affermando l’esistenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto, quanto meno per il pubblico di riferimento tedesco e finlandese, posto che detti segni erano visivamente e foneticamente simili, quanto meno a un grado basso, e concettualmente simili a un grado medio e che i prodotti in questione erano identici o simili a un grado medio.

95      Tuttavia, applicando meccanicamente il principio d’interdipendenza, senza tener conto di tutti i fattori pertinenti, la commissione di ricorso non ha svolto correttamente la valutazione globale del rischio di confusione.

96      Infatti, è giocoforza ricordare che, secondo la giurisprudenza, se è certamente vero che, in forza del principio d’interdipendenza, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, viceversa, nulla osta a che, alla luce delle circostanze di un caso di specie, non sussista alcun rischio di confusione, anche in presenza di prodotti identici e di un tenue grado di somiglianza tra i marchi in conflitto [sentenza del 3 giugno 2015, Giovanni Cosmetics/UAMI – Vasconcelos & Gonçalves (GIOVANNI GALLI), T‑559/13, EU:T:2015:353, punto 132 (non pubblicata); v. altresì, in tal senso, sentenze del 12 luglio 2006, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI – Johnson’s Veterinary Products (VITACOAT), T‑277/04, EU:T:2006:202, punti 67 e 68, e del 17 febbraio 2011, Annco/UAMI – Freche et fils (ANN TAYLOR LOFT), T‑385/09, EU:T:2011:49, punti 44 e 48].

97      Nel caso di specie, anzitutto, la commissione di ricorso non ha correttamente valutato la somiglianza tra i segni in conflitto, concludendo a torto che l’elemento «luciano» era tanto distintivo quanto l’elemento «sandrone» nel segno di cui si chiedeva la registrazione e rilevando erroneamente l’esistenza di una somiglianza concettuale media tra i segni in conflitto (v. punti 75 e 90 supra).

98      In secondo luogo, la commissione di ricorso non ha tenuto conto delle peculiarità dei prodotti in questione. Orbene, secondo la giurisprudenza, la percezione dei marchi che ha il consumatore medio del tipo di prodotto o di servizio di cui trattasi assume un ruolo determinante nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione [sentenza del 18 settembre 2012, Scandic Distilleries/UAMI – Bürgerbräu, Röhm & Söhne (BÜRGER), T‑460/11, non pubblicata, EU:T:2012:432, punto 27].

99      Nel caso di specie, nel settore vitivinicolo, i nomi sono molto importanti, sia che si tratti di cognomi o di nomi di tenute, in quanto essi servono a contraddistinguere e a designare i vini. In generale, occorre ricordare che i consumatori sono abituati a designare e a riconoscere il vino in funzione dell’elemento denominativo che serve a identificarlo e che tale elemento designa in particolare il viticoltore o la proprietà su cui il vino è prodotto [sentenze del 27 febbraio 2014, Pêra-Grave/UAMI – Fundação Eugénio de Almeida (QTA S. JOSÉ DE PERAMANCA), T‑602/11, non pubblicata, EU:T:2014:97, punto 35, e dell’11 luglio 2018, ANTONIO RUBINI, T‑707/16, non pubblicata, EU:T:2018:424, punto 49; v. inoltre, in tal senso, sentenza del 13 luglio 2005, Julián Murúa Entrena, T‑40/03,  EU:T:2005:285, punto 56]. Pertanto, è l’elemento distintivo «sandrone» che servirà a identificare i vini del ricorrente, ovvero la denominazione nel suo insieme, vale a dire «luciano sandrone», ma non unicamente l’elemento «luciano».

100    In terzo luogo, la commissione di ricorso non ha neppure tenuto conto della frequenza dell’utilizzo di nomi o cognomi spagnoli o italiani, veri o presunti tali, nel settore viticolo, né del fatto che i consumatori sono abituati ai marchi che contengono tali elementi, sicché essi non penseranno, ogni qualvolta un nome o un cognome di questo tipo appaia in un marchio in relazione ad altri elementi, che questo indichi che i prodotti per i quali è utilizzato provengano tutti dalla stessa fonte [v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2015, GIOVANNI GALLI, T‑559/13, EU:T:2015:353, punto 116 (non pubblicata) e giurisprudenza ivi citata].

101    Pertanto, nel settore dei vini, in cui è molto frequente l’uso di segni costituiti da nomi o cognomi, è inverosimile che il consumatore medio possa credere nell’esistenza di un collegamento economico tra i titolari dei segni in conflitto per il solo fatto che essi condividono il nome italiano Luciano, percepito come molto diffuso, secondo il punto 47 della decisione impugnata, in Spagna, in Francia, in Italia e in Portogallo, e per il quale non è stato dimostrato che potrebbe essere percepito come raro in altri paesi dell’Unione. Questo semplice fatto non consente quindi di concludere, per quanto riguarda i marchi relativi a vini, nel senso della sussistenza di un rischio di confusione, poiché il pubblico di riferimento non si aspetta che detto nome, di comune diffusione, sia utilizzato da un solo produttore quale elemento di un marchio [v., in tal senso, sentenza dell’8 febbraio 2019, Serendipity e a./EUIPO – CKL Holdings (CHIARA FERRAGNI), T‑647/17, non pubblicata, EU:T:2019:73, punto 71; v. altresì, per analogia, sentenza del 3 giugno 2015, GIOVANNI GALLI, T‑559/13, EU:T:2015:353, punto 117 (non pubblicata)].

102    In quarto luogo, la commissione di ricorso non ha neppure preso in considerazione il debole grado di carattere distintivo dell’elemento comune ai due marchi, ossia «luciano», derivante dal fatto che tale nome può designare un numero potenzialmente indeterminato di persone e che, pertanto, l’insieme del pubblico di riferimento sarà in grado di distinguere il marchio anteriore dal marchio di cui si chiede la registrazione, poiché quest’ultimo contiene, inoltre, l’elemento «sandrone», un cognome dotato di un valore intrinseco superiore (v. precedenti punti 68 e 69).

103    Tale conclusione è corroborata dalla giurisprudenza della Corte, secondo la quale non si può ammettere che qualsiasi cognome che costituisce un marchio anteriore possa essere opposto con successo alla registrazione di un marchio composto da un nome e dal cognome in questione (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2010, Becker/Harman International Industries, C‑51/09 P, EU:C:2010:368, punto 39). Non esiste quindi alcun automatismo che consenta di concludere nel senso dell’esistenza di un rischio di confusione quando un marchio anteriore consistente in un cognome è ripreso in un altro marchio, aggiungendovi un nome. Tale considerazione vale altresì quando il marchio anteriore consiste, in particolare, in un nome proprio e il segno di cui si chiede la registrazione è una combinazione di tale nome e di un cognome [sentenza del 3 giugno 2015, GIOVANNI GALLI, T‑559/13, EU:T:2015:353, punto 125 (non pubblicata)].

104    Alla luce di tutto quanto precede, e tenuto conto del tenue grado di somiglianza tra i segni in conflitto sui piani visivo e fonetico, nonché dell’impossibilità di procedere a un confronto concettuale tra questi ultimi, si deve concludere che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che esistesse un rischio di confusione tra i segni in conflitto.

105    Si deve pertanto accogliere il secondo motivo di ricorso e annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri argomenti del ricorrente, vertenti, l’uno, sulla notorietà del segno oggetto della domanda di marchio e, l’altro, sulla prassi decisionale dell’EUIPO.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 26 febbraio 2018 (procedimento R 1207/20172) è annullata.

2)      L’EUIPO è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, anche le spese del sig. Luciano Sandrone.

Tomljenović

Bieliūnas

Kornezov

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 giugno 2019.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


1 Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.