Language of document : ECLI:EU:C:2013:360

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 30 maggio 2013 (1)

Causa C‑58/12 P

Groupe Gascogne SA

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Settore dei sacchi industriali di plastica – Ammende – Violazione da parte del Tribunale del diritto fondamentale ad un equo processo entro un termine ragionevole»






 Prefazione

1.        Il 16 novembre 2011 il Tribunale ha pronunciato tre sentenze separate (2), con cui ha respinto alcuni ricorsi separati aventi ad oggetto l’annullamento della decisione della Commissione nel caso COMP/38354 – Sacchi industriali (3). In tale decisione, la Commissione ha dichiarato che era stata commessa una violazione grave e duratura dell’allora articolo 81 CE (divenuto articolo 101 TFUE), e ha inflitto pesanti ammende a numerose società controllate e alle rispettive società madri. Questa è una delle impugnazioni proposte contro tali sentenze del Tribunale (4).

2.        Oltre a sollevare nuove questioni attinenti al diritto della concorrenza, detti ricorsi di impugnazione deducono che il Tribunale avrebbe violato l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (in prosieguo: la «Carta») (5), non avendo pronunciato una decisione entro limiti di tempo ragionevoli. Per tale motivo, è evidente che la Corte deve tentare di decidere sulle impugnazioni rapidamente. Al fine di soddisfare tale esigenza, rispettando, al contempo, la necessità di concedere un termine adeguato per la traduzione, ho suddiviso le questioni oggetto della mia analisi tra le conclusioni relative alle menzionate impugnazioni, nel modo di seguito esposto.

3.        Le disposizioni legislative essenziali, insieme ad una descrizione dell’intesa, e la procedura che ha portato la Commissione ad adottare la decisione e ad infliggere le relative ammende, sono contenute nei paragrafi da 6 a 34 delle mie conclusioni nella causa Gascogne Sack Deutschland (6). Poiché esistono leggere differenze tra i punti sollevati in ciascun ricorso di impugnazione in relazione alle circostanze in cui le società madri sarebbero o meno responsabili degli atti compiuti dalle loro controllate al 100%, tale questione viene discussa in tutte e tre le conclusioni. La mia analisi della questione derivante dalla censura secondo cui il Tribunale non si sarebbe pronunciato entro un limite di tempo ragionevole (con particolare riferimento al criterio per stabilire se vi sia stato un ritardo eccessivo ed ai possibili mezzi di ricorso qualora tale ritardo eccessivo si sia effettivamente verificato) è contenuta nei paragrafi da 70 a 150 di queste conclusioni. Un esame dettagliato degli argomenti addotti da ciascun ricorrente in merito (per esempio) all’adeguatezza della motivazione delle sentenze del Tribunale, è ovviamente inserito in ciascuna delle corrispondenti conclusioni in cui tratto i rispettivi ricorsi d’impugnazione (7).

 Introduzione

4.        Nell’impugnazione, il Groupe Gascogne contesta l’interpretazione del Tribunale di due nozioni del diritto della concorrenza: la nozione di impresa ed il principio in base al quale la responsabilità per una violazione commessa da una società controllata detenuta al 100% deve essere imputata alla società madre. Il Groupe Gascogne sostiene che, qualora venga inflitta un’ammenda in conseguenza di detta violazione sulla base del principio della responsabilità congiunta e solidale, l’importo massimo (in prosieguo: il «limite massimo del 10%») di tale ammenda dovrebbe essere calcolato in base all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (8), tenuto conto del fatturato cumulativo della controllata e della controllante, piuttosto che del fatturato globale di tutte le società che compongono il gruppo (9).

 Normativa applicabile

 La direttiva sui conti consolidati

5.        Uno degli obiettivi della direttiva sui conti consolidati (10) è quello di coordinare le legislazioni nazionali in materia di conti annuali di taluni tipi di società, in particolare dei gruppi di imprese (11). Un altro obiettivo di tale direttiva consiste nell’assicurare che le informazioni finanziarie relative a tali imprese siano tenute a disposizione dei soci e dei terzi (12). Le imprese tenute a redigere conti consolidati sono definite all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, e comprendono ogni impresa madre che:

«a)      ha la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’impresa (…); ovvero

b)      ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza di un’impresa (...) ed è allo stesso tempo azionista o socio di tale impresa; ovvero

c)      ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’impresa (…) di cui è azionista o socio (…)».

6.        L’articolo 16 della direttiva sui conti consolidati prevede, tra l’altro, come segue:

«1.       I conti consolidati comprendono lo stato patrimoniale consolidato, il conto profitti e perdite consolidato e l’allegato. Questi documenti formano un tutto inscindibile

(…)

3.      I conti consolidati devono fornire un quadro fedele della situazione patrimoniale, di quella finanziaria nonché del risultato economico dell’insieme delle imprese incluse nel consolidamento».

 Sintesi della sentenza impugnata

7.        In primo grado il Groupe Gascogne (13) ha chiesto al Tribunale di:

–        annullare la decisione nella parte in cui era rivolta alla ricorrente e le infliggeva un’ammenda;

–        annullare la decisione nella parte in cui infliggeva alla controllata della ricorrente, la Gascogne Sack Deutschland (in prosieguo: la «GSD»), un’ammenda di importo superiore al 10% del fatturato della GSD, in violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17;

–        in via subordinata, annullare l’articolo 2 della decisione impugnata;

–        in ulteriore subordine, annullare l’articolo 2, lettera i) della decisione e ridurre l’importo dell’ammenda inflitta congiuntamente e in solido al Groupe Gascogne e alla GSD;

–        condannare la convenuta alle spese del procedimento.

8.        A sostegno del ricorso di annullamento della decisione, il Groupe Gascogne ha dedotto tre motivi. In primo luogo, il Groupe Gascogne ha sostenuto che la Commissione aveva violato l’articolo 101 TFUE, attribuendogli a torto la responsabilità congiunta ed in solido della violazione commessa dalla GSD. In secondo luogo, il ricorrente ha dedotto che la Commissione aveva commesso un errore di diritto nella decisione, interpretando in maniera erronea la nozione di impresa ai sensi dell’articolo 81 CE e che, conseguentemente, aveva violato l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, infliggendo al Groupe Gascogne un’ammenda calcolata in rapporto al fatturato globale di quest’ultimo, e non sul fatturato cumulativo del Groupe Gascogne (presumibilmente tenendo in considerazione il fatturato della società holding, il Groupe Gascogne, ma non quello delle sue controllate) ed il fatturato della GSD. In terzo luogo, il Groupe Gascogne sostiene che l’ammenda inflittagli congiuntamente e in solido con la GSD viola il principio di proporzionalità, in quanto la Commissione non ha garantito l’esistenza di un rapporto ragionevole tra la sanzione inflitta ed il fatturato effettivamente realizzato dal Groupe Gascogne nel settore dei sacchi di plastica.

9.        All’udienza in primo grado, il Groupe Gascogne ha sollevato tre punti, deducendo una violazione dei suoi diritti fondamentali di difesa garantiti dalla Carta. In primo luogo, il ricorrente ha dedotto una violazione dei diritti di difesa e della presunzione di innocenza, ai sensi dell’articolo 48 della Carta. In secondo luogo, ha sostenuto che la motivazione della decisione era insufficiente e che quindi impediva di esercitare un controllo sulla sua legittimità. In terzo luogo, esso ha invocato gli articoli 47 e 49 della Carta, sostenendo che il Tribunale doveva esercitare la sua competenza estesa al merito per imporre un’ammenda proporzionata.

10.      Al punto 31 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che il primo punto, relativo ad una violazione dei diritti di difesa del Groupe Gascogne nonché della presunzione di innocenza, comprendeva nuovo elementi ed era quindi irricevibile.

11.      Il Tribunale ha respinto tutti e cinque i motivi e, pertanto, il ricorso nella sua interezza.

 Motivi di impugnazione

12.      Il Groupe Gascogne deduce quattro motivi di impugnazione.

13.      In primo luogo, il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto rifiutando di valutare l’impatto delle modifiche intervenute nell’ordinamento giuridico dell’Unione in seguito all’entrata in vigore, il 1º dicembre 2009, dell’articolo 6, paragrafo 1, TUE, in particolare, per quanto riguarda l’articolo 48 della Carta.

14.      In secondo luogo, il Groupe Gascogne asserisce che il Tribunale ha violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 48 della Carta, i) imputandogli a torto la responsabilità congiunta e solidale della violazione commessa dalla GSD nel periodo compreso tra il 1º gennaio 1994 ed il 26 giugno 2002, sulla sola base della constatazione che il Groupe Gascogne deteneva interamente il capitale della GSD e ii) confermando la decisione in quanto dichiarava il Groupe Gascogne congiuntamente e solidalmente responsabile del pagamento dell’ammenda inflitta alla GSD per l’ammontare di EUR 9,90 milioni.

15.      Con il terzo motivo, presentato in subordine, il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, interpretando erroneamente la nozione di «impresa» e, di conseguenza, stabilendo il massimale del 10% per l’ammenda da pagare, prendendo in considerazione il fatturato globale del Groupe Gascogne, mentre avrebbe dovuto basarsi sul fatturato sociale cumulativo della GSD e della società madre.

16.      Con il quarto motivo, del pari presentato in subordine, il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 47 della Carta, in quanto non ha statuito sulla sua causa entro un termine ragionevole.

 Primo e secondo motivo di ricorso – violazione dei diritti fondamentali e incompatibilità della presunzione d’influenza determinante – Articolo 48 della Carta

17.      Con il primo motivo di impugnazione il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale, avendo considerato irricevibile l’argomento sollevato all’udienza che si riferiva al cambiamento di status della Carta dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha commesso un errore di diritto. Con il secondo motivo d’impugnazione, il Groupe Gascogne fa valere che la presunzione di influenza determinante (14), in base alla quale gli è stata attribuita una violazione commessa dalla GSD, è incompatibile con il suo diritto fondamentale ad un processo equo, poiché tale presunzione opera effettivamente come una presunzione di colpevolezza.

18.      Devo esaminare il primo ed il secondo motivo d’impugnazione congiuntamente, dato che entrambi sollevano questioni relative ai diritti fondamentali.

 Sintesi degli argomenti

 Ricorso del Groupe Gascogne

19.      Con riferimento al primo motivo d’impugnazione, il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale ha erroneamente omesso di tenere conto del fatto che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha conferito alla Carta lo status dei Trattati. Inoltre, anche se il Tribunale ha correttamente sostenuto che il diritto dell’Unione anteriore al 1º dicembre 2009 garantiva i diritti di difesa e la presunzione d’innocenza, tali principi non hanno lo stesso valore legale dei Trattati. Conseguentemente, il cambiamento dello status della Carta comporta che, d’ora in avanti, i diritti garantiti devono essere applicati con maggior rigore dai giudici dell’Unione.

20.      In merito al secondo motivo d’impugnazione, il Groupe Gascogne sostiene che l’articolo 48 della Carta deve essere interpretato alla luce dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»). Quando interpreta l’articolo 48 della Carta, la Corte deve parimenti prendere in considerazione le costituzioni e le tradizioni giuridiche degli Stati membri. L’applicazione della presunzione d’influenza determinante opera in effetti come una presunzione di colpevolezza ed è pertanto vietata.

21.      Inoltre, esisterebbe un’insufficienza di motivazione nella sentenza del Tribunale nel dimostrare che il Groupe Gascogne di fatto esercitava un’influenza determinante sulla controllata, la GSD. Il Groupe Gascogne non esercitava alcun controllo sulle attività della GSD nel settore dei sacchi di plastica. Il Tribunale avrebbe quindi erroneamente imputato al Groupe Gascogne i comportamenti della GSD.

 Risposta della Commissione

22.      La Commissione considera manifestamente infondato il primo motivo d’impugnazione.

23.      Non sarebbe stata formulata espressamente alcuna censura in merito ad una violazione della presunzione d’innocenza o dei diritti della difesa, durante la fase scritta del procedimento. Inoltre, il Tribunale non ha rifiutato di esaminare l’impatto del cambiamento dello status della Carta, ma è semplicemente pervenuto alla conclusione che detto cambiamento non incideva sulla situazione giuridica, poiché la presunzione d’innocenza e i diritti della difesa comprendevano già una parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione. L’argomento secondo cui i principi generali del diritto non hanno la stessa efficacia giuridica del Trattato sarebbe ininfluente.

24.      La Commissione ritiene che il secondo motivo d’impugnazione dedotto dal Groupe Gascogne, sia, in linea di principio, irricevibile, o per lo meno ininfluente ed in ogni caso, infondato.

25.      Il secondo motivo sarebbe poi irricevibile, poiché riguarda questioni che non sono state sollevate dinanzi al Tribunale. Le osservazioni scritte del Groupe Gascogne presentate in primo grado non contengono riferimenti alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani (in prosieguo: la «Corte di Strasburgo») in merito all’articolo 6 della CEDU, ovvero alla giurisprudenza del Conseil Constitutionnel francese (Consiglio costituzionale). La posizione difesa dal Groupe Gascogne si basa su un’errata interpretazione della giurisprudenza in materia di imputazione della responsabilità ad una società controllante per un’infrazione commessa da una controllata. La Commissione cita in proposito le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Alliance One (15).

26.      La Commissione ritiene che il secondo motivo d’impugnazione sia ininfluente poiché, quando ha stabilito che il Groupe Gascogne era responsabile congiuntamente e in solido con la GSD, essa non si è basata esclusivamente sulla presunzione d’influenza determinante. Il Tribunale ha esaminato in profondità i fattori supplementari esposti dalla Commissione, i quali dimostravano che il Groupe Gascogne aveva effettivamente esercitato un’influenza determinante sul comportamento della GSD.

27.      Dalla sentenza della Corte nella causa Elf Aquitaine (16) si desume che la presunzione d’influenza determinante è compatibile con la presunzione d’innocenza garantita dall’articolo 48 della Carta. Pertanto, il secondo motivo sarebbe infondato.

 Valutazione

 Diritti fondamentali – ricevibilità in primo grado

28.      Dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, si evince che la censura del Groupe Gascogne riguardante un obbligo di interpretare l’articolo 48 della Carta alla luce dell’articolo 6 della CEDU sarebbe ricevibile soltanto se fosse basata su elementi di fatto o di diritto emersi nel corso del procedimento.

29.      Emerge chiaramente dalla richiesta del Groupe Gascogne di riaprire la fase scritta (richiesta inoltrata tramite lettera del 20 ottobre 2010), basata sul motivo che era sorto un nuovo elemento di diritto nel corso del procedimento, che i legali di tale gruppo sapevano che la censura relativa ai diritti fondamentali introduceva nuove questioni che non erano incluse nel ricorso iniziale.

30.      L’affermazione del Tribunale al punto 27 della sentenza impugnata indica chiaramente che la censura del Groupe Gascogne riguardante l’articolo 48 della Carta non era contenuta nel primo ricorso di annullamento. Il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

«Quanto alle censure del ricorrente che deducono una violazione del principio della presunzione d’innocenza nonché dei diritti della difesa sanciti dall’articolo 48 della Carta, esse si aggiungono agli argomenti esposti nel ricorso e non presentano un nesso abbastanza stretto con gli argomenti inizialmente addotti che permetta di considerarle il frutto di una normale evoluzione del dibattito nei procedimenti dinanzi alla Corte. Pertanto, dobbiamo ritenere che tali argomenti costituiscano nuove censure» (17).

31.      Inoltre, tale censura avrebbe un contenuto diverso da quella riguardante l’articolo 49 della Carta con riguardo alla proporzionalità della sanzione inflitta. Pertanto, gli argomento della Groupe Gascogne non si legavano a tale punto in misura tale da poter costituire un’amplificazione di argomenti già sollevati.

32.      Di conseguenza, ritengo che la valutazione del Tribunale sia stata corretta.

33.      Ne deriva che il Tribunale non ha commesso un errore di diritto quando ha considerato irricevibile la censura sollevata dal Groupe Gascogne all’udienza, in cui si deduceva una violazione dell’articolo 48 della Carta.

 Diritti fondamentali – Compatibilità della presunzione di influenza determinante con l’articolo 48 della Carta

34.      La censura formulata dal Groupe Gascogne si divide in tre parti: i) quando ha interpretato l’articolo 48 della Carta il Tribunale avrebbe dovuto tenere presente l’articolo 6 della CEDU insieme alle tradizioni giuridiche degli Stati membri; ii) la presunzione d’influenza determinante è stata applicata come presunzione di colpevolezza, e iii) il Tribunale non ha fornito sufficiente motivazione nel constatare che il Groupe Gascogne esercitava tale influenza sulla GSD.

35.      Se al Groupe Gascogne fosse consentito di sollevare dianzi alla Corte per la prima volta un motivo che non aveva dedotto a tempo debito dinanzi al Tribunale, ciò permetterebbe al ricorrente di presentare in sede d’impugnazione una controversia più ampia di quella esaminata in primo grado. Tuttavia, nell’ambito dell’impugnazione, la competenza della Corte è limitata, in linea di principio, all’esame della valutazione da parte del Tribunale dei motivi dinanzi ad esso discussi (18).

36.      Ho già avuto modo di osservare in relazione al primo motivo d’impugnazione che, in primo grado, il Groupe Gascogne non ha mosso censure riguardanti l’interpretazione dell’articolo 48 della Carta alla luce dell’articolo 6 della CEDU o delle tradizioni giuridiche degli Stati membri (19). Ne deriva che, in quanto la censura del Groupe Gascogne riguarda questioni che sono state poste per la prima volta dinanzi alla Corte, tale censura è irricevibile (20).

37.      Tali questioni avrebbero potuto essere sollevate dinanzi alla Corte durante la fase scritta del procedimento, In primo luogo, i diritti in parola erano compresi nei principi generali del diritto dell’Unione. In secondo luogo, sebbene la Carta non fosse ancora uno strumento giuridicamente vincolante, la Corte si è spesso ispirata alle disposizioni della Carta per emettere le sue decisioni, prima dell’entrata in vigore dell’articolo 6 TUE (21). Inoltre, la Corte ha dichiarato che il Trattato di Lisbona si limita a ratificare la Carta (22).

38.      La Corte ha sostenuto che la presunzione d’influenza determinante non è incompatibile con l’articolo 48 della Carta (23). Inoltre, contrariamente alla tesi difesa dal Groupe Gascogne, la Corte ha indicato che tale presunzione non opera effettivamente come una presunzione di colpevolezza (24).

39.      Come ha indicato il Tribunale al punto 73 della sentenza impugnata, la censura della Groupe Gascogne relativa ad un’insufficienza di motivazione della Commissione è stata formulata «(…) essenzialmente a sostegno della tesi secondo cui il ricorrente non prendeva parte alle operazioni della [GSD] quando ha acquistato tale società nel 1994. L’interesse commerciale all’acquisto consiste essenzialmente nell’apertura di un mercato per la carta prodotta dal gruppo ricorrente. Non vi era l’intenzione di influenzare il comportamento commerciale della [GSD] e, in particolare, nel settore industriale dei sacchetti di plastica, nel quale il ricorrente non era presente e che, in ogni caso, rappresentava per lo stesso una questione di importanza economica assai limitata» (25).

40.      L’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale (ai sensi degli articoli 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea), non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito di un’impugnazione (26).

41.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito quanto segue con riferimento all’influenza determinante esercitata dal Groupe Gascogne sulla GSD:

«74      Se è pur vero che alcuni argomenti addotti dal ricorrente indicavano che la [GSD] godeva di un notevole margine di autonomia, resta nondimeno il fatto che il ricorrente senza alcun dubbio interveniva nelle operazioni della sua controllata, che imponeva limiti considerevoli alla direzione delle pratiche commerciali di quest’ultima e che quindi esercitava un controllo effettivo sulla propria controllata.

(…)

93      Dall’esame di tutti gli elementi di prova e degli argomenti addotti dal ricorrente e dalla Commissione emerge che quest’ultima non ha commesso alcun errore di valutazione nel ritenere che il ricorrente esercitasse un controllo periodico sulla gestione della propria controllata e quindi nell’imputare al ricorrente la responsabilità per l’infrazione commessa da quest’ultima. Infatti, la Commissione non ha avuto bisogno di applicare la presunzione relativa all’esercizio di un controllo effettivo, derivante dalla circostanza che il ricorrente detiene il 100% delle azioni della controllata, poiché in base a tutti gli elementi probatori di cui disponeva, la Commissione ha potuto concludere nel senso che, nel presente caso, la società madre esercitava effettivamente un’influenza sulla propria controllata» (27).

42.      In tali punti della sentenza impugnata il Tribunale ha esaminato gli elementi di prova ed ha constatato che il Gooupe Gascogne era attivamente coinvolto nelle operazioni della GSD, in quanto la società madre controllava effettivamente quest’ultima.

43.      Ritengo pertanto che il secondo motivo d’impugnazione del Groupe Gascogne sia infondato. La motivazione del Tribunale risulta sufficiente al fine di consentire agli interessati di conoscere gli argomenti sui quali essa è basata e fornisce alla Corte sufficienti elementi per permetterle di esercitare il proprio sindacato nell’ambito della presente impugnazione. Di conseguenza, la sentenza impugnata non è viziata da alcun difetto di motivazione, contrariamente a quanto sostiene il Groupe Gascogne.

44.      Da quanto precede risulta che il primo e il secondo motivo dell’impugnazione devono essere respinti.

 Terzo motivo d’impugnazione: interpretazione del termine «impresa» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003

 Sintesi degli argomenti

 L’impugnazione del Groupe Gascogne

45.      Il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale ha erroneamente interpretato il termine «impresa» di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Tale disposizione mira ad assicurare che nessuna delle ammende irrogate sia eccessiva. Nell’interpretare tale disposizione il Tribunale avrebbe commesso due errori. In primo luogo, avrebbe confuso le nozioni di «impresa» e di «responsabilità diretta». Nel diritto della concorrenza il termine «impresa» riveste un significato molto specifico, che non può essere interpretato in modo analogo a quello di «responsabilità diretta». È essenziale definire l’impresa con riferimento all’entità cui sono imputabili le pratiche anticoncorrenziali.

46.      In secondo luogo, il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale ha erroneamente confuso la nozione di impresa con quella del gruppo di società. Secondo la giurisprudenza della Corte, solo quando l’intero gruppo costituisce un’unica impresa il fatturato complessivo dell’intero gruppo deve essere preso in considerazione per determinare il massimale del 10% ai fini del calcolo dell’importo massimo dell’ammenda da erogare ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Non vi sono elementi nella sentenza impugnata (ovvero nella decisione) atti a dimostrare l’esistenza di tale gruppo.

47.      L’ammenda inflitta alla GSD con la decisione ammonta ad EUR 13,2 milioni, cifra cui il Groupe Gascogne deve contribuire per un importo pari ad EUR 9,9 milioni, essendo responsabile congiuntamente ed in solido. Il Groupe Gascogne sostiene che il limite massimo dell’ammenda non dovrebbe superare l’importo di EUR 2 070 400, che corrisponde al 10% del fatturato della GSD. L’indicazione di tale cifra si basa sul presupposto che venga accolto il secondo motivo d’impugnazione del Groupe Gascogne, ossia, che l’infrazione commessa dalla GSD non sia imputabile a quest’ultimo.

 Risposta della Commissione

48.      La Commissione fa valere che il terzo motivo d’impugnazione è infondato. Secondo una giurisprudenza costante, il fatturato complessivo di un’impresa è un indice dell’importanza economica di quest’ultima e del suo peso sul mercato. Il Groupe Gascogne è responsabile dell’infrazione commessa dalla GSD. La Commissione aveva quindi il diritto di prendere come riferimento il 10% del fatturato complessivo globale del gruppo nel calcolo del limite massimo dell’ammenda.

 Valutazione

49.      Ci si chiede come dovrebbe essere determinato il limite massimo del 10% (il limite massimo dell’ammenda), nel caso in cui una società madre sia considerata responsabile di un’infrazione commessa da una società controllata, detenuta al 100%. Il Groupe Gascogne contesta la nozione stabilita da una giurisprudenza costante secondo cui in tali circostanze il limite massimo del 10% di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 viene calcolato in base al fatturato globale delle società che compongono il gruppo. Il ricorrente sostiene che, nel presente caso, il limite massimo del 10% dovrebbe essere calcolato con riferimento al fatturato cumulativo della GSD e del Groupe Gascogne. Ne deriva che l’importo massimo dell’ammenda dovrebbe essere inferiore, in quanto l’applicazione della percentuale del 10% del fatturato cumulativo della GSD e del Groupe Gascogne (segnatamente, il fatturato della società holding senza quello delle sue controllate) darebbe luogo ad una cifra inferiore rispetto al 10% del fatturato globale dell’intero gruppo.

50.      Non concordo con il Groupe Cascogne.

51.      Il termine «impresa» ricopre un ampio significato ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Esso comprende più di un ente che eserciti un’attività economica. Qual è l’ente identificato come impresa ai sensi di tale disposizione?

52.      L’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 si riferisce a «(…) ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione (…)».

53.      La nozione di impresa abbraccia qualunque soggetto che svolga un’attività economica, indipendentemente dalla sua forma giuridica e dalle sue fonti di finanziamento. Tale nozione dev’essere intesa nel senso che designa un’unità economica ancorché, dal punto di vista giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone fisiche o giuridiche. Qualora un ente di tal genere violi le regole della concorrenza, esso è tenuto, secondo il principio della responsabilità diretta, a rispondere di tale infrazione (28).

54.      Qualora la responsabilità sia imputata alla società controllante, si considera che quest’ultima ha partecipato all’infrazione. Pertanto, l’impresa identificata ai fini dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 comprende tanto la società controllante quanto la controllata.

55.      Tale limite massimo del 10% è diretto ad evitare che siano inflitte ammende che le imprese, date le loro dimensioni, quali determinate dal loro fatturato complessivo, non saranno, prevedibilmente, in grado di saldare (29). Inoltre, quando esaminato l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 (30), ha statuito che la dissuasione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione nel calcolo dell’importo dell’ammenda.

56.      Credo perciò che, quando una società madre viene considerata responsabile congiuntamente e in solido con la sua controllata per violazione delle regole di concorrenza, sia del tutto coerente con la lettera e con l’obiettivo dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 il fatto di determinare il limite massimo del 10% di qualsiasi ammenda inflitta in base al fatturato globale dell’impresa interessata, tenuto conto del gruppo di società nel suo complesso. Il diritto dell’Unione non richiede né che altre società controllate siano attive nello stesso mercato né che debbano essere collegate all’infrazione, come fattori da prendere in considerazione nel calcolo dell’ammenda da infliggere.

57.      La Commissione invita la Corte a considerare determinate misure del diritto secondario che disciplinano i bilanci delle società e, in particolare, la direttiva sui bilanci consolidati. Tale suggerimento vuole supportare l’argomento secondo cui il limite massimo del 10% deve essere determinato in base al fatturato globale dell’impresa in questione. Nella mia valutazione non ho tenuto conto di tali misure.

58.      Ritengo che la direttiva sui bilanci consolidati non fornisca un’analogia evidente. La definizione di impresa di cui agli articoli 1, paragrafi 1 e 2 di tale direttiva non è identica a quella applicata dal diritto della concorrenza allorché la responsabilità di un’infrazione commessa da una controllata viene imputata alla società madre. Ancor più importante è il fatto che il termine «bilanci consolidati» non è definito negli stessi termini in cui viene spiegato il concetto di fatturato globale dalla giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

59.      Infine, per quanto concerne l’asserita insufficienza di motivazione della sentenza impugnata (31), osservo che il Tribunale espone gli argomenti invocati dal Groupe Gascogne nei punti da 96 a 104 della sentenza medesima. Risulta dalle conclusioni esposte nei punti da 107 a 110 di quest’ultima che il Tribunale ha respinto tali argomenti. E ciò in quanto ha constatato che il Groupe Gascogne e la GSD formavano un’unica impresa e che, in forza della regole in materia di concorrenza il limite massimo del 10% doveva essere calcolato con riferimento al fatturato globale di tutte le società facenti parte del gruppo Groupe Gascogne.

60.      Al punto 108 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso:

«(…) il limite massimo del 10% deve essere calcolato in base al fatturato globale di tutte le società che formano il gruppo al cui vertice si trova la società holding, poiché soltanto il fatturato globale delle società che lo compongono può costituire un’indicazione delle dimensioni e del potere economico dell’impresa in questione (sentenza Azko Nobel e a./Commissione, punto 90 [(32)]» (33).

61.      Al punto 111 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato:

«(…) la presa in considerazione dell’ammontare del fatturato consolidato della società madre ai fini dell’applicazione del massimale del 10% del fatturato realizzato dall’impresa interessata, non implica l’obbligo di dimostrare che ciascuna società controllata all’interno del gruppo sia priva dell’autonomia necessaria per scegliere il modo in cui determinare il proprio comportamento commerciale» (34).

62.      Inoltre, al punto 112 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, con la conferma che il limite massimo del 10% deve essere determinato in base al fatturato globale, esso non ha inteso imputare la responsabilità dell’infrazione commessa alle società del Groupe Gascogne diverse dalla GSD.

63.      Al punto 113 della sentenza medesima, il Tribunale ha spiegato che, nel prendere in considerazione il fatturato globale della società capogruppo (Groupe Gascogne), al fine di calcolare il limite del 10%, non ha ritenuto necessario che le società facenti parti del gruppo fossero attive nello stesso settore di mercato né che dette società controllate fossero collegate all’infrazione.

64.      In tali punti della sentenza impugnata il Tribunale riconosce apertamente di aver considerato il Groupe Gascogne e la GSD come parti di un’unica impresa ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e che, nel calcolare il limite massimo del 10% doveva tenere presente il fatturato globale delle diverse componenti dell’impresa. Il Tribunale non ha considerato rilevante il comportamento delle altre società controllate all’interno del gruppo al fine di determinare l’ammenda. Né ha ritenuto che tali società fossero collegate all’infrazione (35).

65.      Dal momento che i summenzionati punti della sentenza impugnata consentono agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito di un’impugnazione, detta sentenza non è viziata da alcun difetto di motivazione.

66.      Considero pertanto infondato il terzo motivo d’impugnazione

67.      Aggiungo che, qualora la Corte pervenisse ad una diversa conclusione (ossia, che il limite massimo del 10% debba essere determinato con riferimento al fatturato cumulativo e non a quello globale del gruppo), ma considerasse il Groupe Gascogne responsabile congiuntamente ed in solido del pagamento dell’ammenda inflitta alla GSD per un ammontare di EUR 9,9 milioni, dovrebbe affrontare il problema che non dispone di informazioni sulla cifra corrispondente al fatturato cumulativo delle due società interessate all’epoca dei fatti. Non è pertanto possibile calcolare il 10% di tale somma e verificare se e in che misura possa comportare una riduzione dell’ammenda inflitta al Groupe Gascogne. Occorrerebbe quindi rinviare la causa al Tribunale.

 Incapacità contributiva

68.      All’udienza dinanzi a questa Corte, il Groupe Gascogne, al pari della sua controllata GSD, ha addotto argomenti riguardanti la sua attuale situazione finanziaria, sostenendo di non avere la capacità di pagare l’ammenda inflittagli mediante la decisione. Argomenti simili non sono stati addotti in primo grado né sono state invocate disposizioni del Trattato, dello Statuto della Corte o del regolamento di procedura di quest’ultima, a sostegno di tale tesi.

69.      Ritengo che gli argomenti del Groupe Gascogne relativi alla sua incapacità contributiva siano irricevibili per le stesse ragioni che ho esposto nei paragrafi da 121 a 124 delle mie conclusioni nella causa Gascogne Sack Deutschland.

 Superamento della ragionevole durata del procedimento

70.      I ritardi della giustizia hanno fornito negli anni ampie opportunità agli scrittori di romanzi di esercitare il loro ingegno. Volendo fornire un esempio pertinente per le presenti impugnazioni, non posso che citare la prefazione scritta da Charles Dickens alla prima edizione del suo racconto «La casa desolata»:

«Alcuni mesi fa, durante un evento pubblico, un giudice dell’Alta Corte ha usato la cortesia di informarmi, quale membro di un gruppo di circa centocinquanta persone tra uomini e donne non sospettati di essere colpiti da follia, che la Cancelleria, nonostante fosse un fulgido esempio del pregiudizio popolare (a questo punto credo che il giudice mi abbia lanciato un’occhiata) era pressoché immacolata. Egli ha riconosciuto che vi era stato qualche piccolo problema nel suo ritmo di avanzamento, ma si trattava di un’esagerazione, che peraltro era interamente dovuta alla “parsimonia del pubblico”, il quale pubblico, colpevole, si era mostrato fino a tempi recentissimi assolutamente determinato a non aumentare in nessun caso il numero dei giudici dell’Alta Corte – credo da parte di Riccardo II ma ogni altro re farà lo stesso».

71.      Con il quarto motivo d’impugnazione, il Groupe Gascogne sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 47 della Carta, poiché non si è pronunciato sul merito della causa entro un termine ragionevole. Non è la prima volta che la questione relativa a cosa s’intende per termine ragionevole entro il quale il Tribunale deve statuire nei procedimenti in materia di concorrenza è stata sollevata dinanzi alla Corte (36). Tuttavia, la presente causa permette alla Corte – ed al contempo le richiede –, di chiarire una serie di questioni di principio (37). Segnatamente, quando e dove (dinanzi al Tribunale o dinanzi alla Corte nell’ambito di un’impugnazione) si possa formulare una censura relativa ad un indebito ritardo nella decisione di una causa; quali siano i criteri da applicare per stabilire cosa costituisce un ritardo «irragionevole» o «eccessivo». E, qualora si ritenga che vi sia stato un ritardo irragionevole, quale sia un rimedio adeguato.

 Il diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole

72.      Il principio di una tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Tale principio è sancito dagli articoli 6 e 13 della CEDU nonché dall’articolo 47 della Carta (38). A tenore dell’articolo 47 della Carta ogni individuo ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice e ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente ed entro un termine ragionevole. In forza dell’articolo 52, paragrafo 3 della Carta, poiché i diritti riconosciuti dall’articolo 47 corrispondono a diritti garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi devono essere interpretati alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (39). Perciò, i criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo per l’interpretazione di tali disposizioni devono essere applicati nell’ambito dell’analisi diretta a stabilire se una causa sia stata esaminata entro un termine ragionevole e quali siano i rimedi adeguati qualora si verifichi una violazione di tale principio (40). Detta Corte ha stabilito, nell’ambito della sentenza Sürmeli (41), che gli Stati membri sono tenuti ad organizzare i loro sistemi giuridici in modo tale da consentire ai giudici nazionali di soddisfare le condizioni di cui agli articoli 6, paragrafo 1, della CEDU, compreso l’obbligo di esaminare le cause entro un termine ragionevole.

73.      È noto che l’Unione europea non è ancora una parte contraente della CEDU. Tuttavia, poiché gli Stati membri hanno già attribuito alla Carta uno status equivalente a quello dei Trattati, essi si sono impegnati a garantire che, nell’ambito in cui opera il diritto dell’Unione, i diritti garantiti dalla Carta vengano effettivamente rispettati. Inoltre, l’Unione europea si è attualmente impegnata a condurre i necessari negoziati per aderire alla CEDU. Ritengo pertanto che, in linea di principio, gli Stati membri si siano già impegnati a garantire l’idoneità delle strutture giurisdizionali dell’Unione al fine di soddisfare i requisiti imposti dall’articolo 47 della Carta nonché dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, e quindi a garantire che le cause di competenza dei giudici comunitari siano esaminate entro un termine ragionevole.

 Sollevare una censura relativa ad un indebito ritardo

74.      È evidente che la miglior maniera di evitare una violazione del diritto di ottenere un equo processo entro un termine ragionevole, è quella di assicurare l’applicazione di una misura correttiva, prima che la durata di un procedimento diventi eccessiva. Una gestione efficiente del procedimento da parte dello stesso giudice è senza dubbio la miglior procedura. Tuttavia, mi sembra anche assolutamente opportuno e legittimo che un soggetto possa esprimere la propria preoccupazione se il procedimento si prolunga oltre il dovuto, senza dover necessariamente attendere la pronuncia della sentenza. Ciò può (ad esempio) includere la possibilità di contattare il cancelliere, trascorso un periodo di apparente inerzia, per chiedere informazioni circa lo stato di avanzamento della causa. Non ritengo che esista alcun obbligo, a carico del soggetto interessato, di sollecitare un giudice in tal modo, ma un atteggiamento proattivo dell’interessato ha il vantaggio di far sì che il problema possa essere affrontato in nuce. Il giudice può prendere iniziative per garantire che la continuazione del procedimento si svolga rapidamente, in modo tale da garantire che, complessivamente, il diritto ad un processo equo entro un termine ragionevole venga rispettato.

75.      La circostanza che un soggetto sollevi o meno tale questione dinanzi al Tribunale non incide, secondo me, sul diritto di questi di invocare successivamente la stessa questione nell’ambito di un’impugnazione dinanzi alla Corte.

76.      Un ricorso avverso una decisione del Tribunale è circoscritto a questioni di diritto. I motivi d’impugnazione possono altresì includere vizi procedurali lesivi per gli interessi del ricorrente (42). È giurisprudenza costante che l’inosservanza del principio della durata ragionevole del procedimento costituisce un vizio procedurale, già considerato un motivo ricevibile dalla Corte (43).

 Durata eccessiva del procedimento – un concetto quantificabile?

77.      La Corte di Strasburgo valuta la ragionevolezza della durata del procedimento alla luce delle particolari circostanze del caso di cui è adita e tiene conto dei seguenti quattro criteri che ha elaborato nell’ambito della sua giurisprudenza: importanza della causa per la parte ricorrente; complessità della causa; comportamento della parte ricorrente e comportamento delle autorità competenti (44).

78.      Nella sentenza Baustahlgewebe, la Corte di giustizia ha valutato la durata di un procedimento dinanzi al Tribunale (definendola «notevole»), dalla data di presentazione della domanda di annullamento alla data in cui la Corte ha pronunciato la relativa sentenza (in tal caso, circa cinque anni e sei mesi) (45). Erano trascorsi trentadue mesi tra la fine della fase scritta e la decisione di aprire la fase orale. In tale periodo, con ordinanza era stata disposta la riunione di 11 cause ai fini della fase orale. La Corte ha dichiarato che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata caso per caso ed ha applicato i quattro criteri elaborati dalla giurisprudenza della Cote di Strasburgo, che ho elencato poc’anzi (in prosieguo: i «criteri Baustahlgewebe»). La Corte ha poi menzionato alcuni vincoli inerenti ai procedimenti dinanzi ai giudici comunitari. In particolare, essa ha indicato la necessità di prendere in considerazione il regime linguistico processuale (46).

79.      Nella causa Der Grüne Punkt (47), il procedimento era durato cinque anni e dieci mesi, essendo trascorsi tre anni e nove mesi tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale. Durante tale periodo, il Tribunale non aveva adottato misure di organizzazione del procedimento. In sede d’impugnazione, la Corte di giustizia ha valutato il periodo intercorso tra la presentazione del ricorso e la pronuncia della sentenza, alla luce dei criteri Baustahlgewebe.

80.      In entrambi i casi, Baustahlgewebe e Der Grüne Punkt, la Corte ha statuito che il Tribunale non si era pronunciato entro un termine ragionevole. Tuttavia, l’approccio adottato fino ad oggi per stabilire se un procedimento abbia avuto una durata eccessiva, è stato più pragmatico che non scientifico.

81.      Considero importante resistere alla tentazione di definire in termini generali cosa sia «eccessivo», e preferisco concentrarmi unicamente sulla durata complessiva del procedimento. Mi sembra piuttosto che un giusto punto di partenza sia quello che prende in considerazione brevemente cosa fa il Tribunale ed i vincoli entro i quali esso svolge le sue funzioni, per vedere come tali fattori incidono sui tempi necessari per emettere una decisione e, su tale base, identificare con maggiore chiarezza le fasi, nell’ambito della trattazione di una causa, che dovrebbero essere soggette ad un rigoroso controllo.

82.      Il Tribunale ha assistito ad un notevole aumento dei casi portati a sua conoscenza, fino dai tempi della sua istituzione, nel 1989 (48). Mettendo da parte le aree del diritto che non sono pertinenti per la presente impugnazione, la giurisdizione esercitata dal Tribunale sulle decisioni della Commissione in materia di concorrenza non è assimilabile tout court al lavoro di un giudice nazionale competente in detta materia. I casi dell’Unione relativi ai cartelli tra imprese spesso coinvolgono imprese stabilite in diversi Stati membri, che presentano domande di annullamento nella loro lingua procedurale, scelta fra le 23 (presto 24) lingue ufficiali a loro disposizione. Dopo la chiusura della fase scritta, la scelta linguistica si riduce ad una sola lingua di lavoro comune, al fine di permettere ai giudici ed ai loro referendari di iniziare ad esaminare il fascicolo. Il Tribunale si avvale della stessa direzione della traduzione che condivide con la Corte di giustizia. Vi sono richieste concorrenti per i servizi di traduzione, e non sarebbe realistico supporre che a tutte le traduzioni di ciascun caso di concorrenza dinanzi al Tribunale possa (o debba) venire data la stessa priorità che viene accordata (per esempio) ad un procedimento pregiudiziale urgente dinanzi alla Corte di giustizia, riguardante un ricorrente che si trovi in stato di detenzione. Qualora sia stata presentata una serie completa di memorie (ricorso, controricorso, replica e controreplica), eventualmente con un’estensione dei termini salvo per il ricorso, e magari ciascuno di tali documenti sia stato anche tradotto, non è inverosimile che trascorrano circa 20-22 mesi prima che sia possibile iniziare a studiare il fascicolo, in ogni accezione significativa del termine (49). Il punto è che la natura transfrontaliera e multilinguistica del diritto della concorrenza dell’Unione provoca tendenzialmente un prolungamento dei tempi che trascorrono prima che possa iniziare l’esame di una causa (50).

83.      Tuttavia, molto probabilmente non esiste una sorta di «durata media» delle cause in materia di concorrenza. Alcune possono risultare relativamente semplici, dopo che siano stati singolarmente individuati gli argomenti addotti. Altre cause possono far sorgere questioni importanti, complesse e originali. In alcuni casi, il peso stesso dei documenti e degli elementi tecnici da valutare costituisce di per sé un esercizio formidabile. Quando svariate imprese impugnano una decisione della Commissione che constata la loro partecipazione ad un’intesa, è logico che le loro cause siano esaminate congiuntamente. Ciò significherà, tuttavia, che le singole cause non potranno procedere ad un ritmo più veloce rispetto a quello del procedimento più lento, all’interno di tale gruppo particolare.

84.      Se e nella misura in cui il Tribunale, proprio al fine di esaminare una causa, ritenga necessario intraprendere attivamente misure per la gestione del procedimento (per esempio, convocando un’apposita conferenza di gestione oppure chiedendo alle parti di fornirgli ulteriori informazioni per scritto), chiaramente tale periodo non dovrebbe essere preso in considerazione al momento di esaminare i tempi di trattazione della causa. Il tempo impiegato per garantire un equo processo è ragionevolmente speso.

85.      Che dire della tesi secondo cui è risaputo che il Tribunale ha un carico di lavoro eccessivo, con un considerevole numero di casi arretrati, e che ciò inevitabilmente comporta che il Tribunale impieghi un tempo più lungo del dovuto per trattare i casi?

86.      Comprendo bene le esigenze del Tribunale; tuttavia mi sembra che il carico di lavoro generale non possa di per sé essere invocato per giustificare un ritardo eccessivo nella trattazione di una causa, che comporti una lesione del diritto di ottenere un equo processo entro un termine ragionevole.

87.      Poiché una revisione delle procedure interne e una gestione attiva del procedimento possono contribuire al miglior utilizzo delle risorse esistenti, si tratta evidentemente di un obiettivo da perseguire attivamente. È vero che il Tribunale sta riesaminando le proprie regole procedurali tenendo ben presente tale obiettivo. Tuttavia, la ricerca di un sistema che porti ad una più rapida trattazione delle cause non può costituire un obiettivo che sostituisce tutti gli altri. Il diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole comprende due componenti fondamentali, e non una soltanto. Smussare anche l’ultimo eventuale angolo nell’intento di velocizzare la trattazione dei casi non sarebbe compatibile con l’esigenza di garantire l’equità complessiva del procedimento. Né, più in generale, sarebbe questa la maniera più appropriata per condurre un procedimento giurisdizionale. Nel contesto delle presenti impugnazioni collegate, le imprese interessate sono state condannate al pagamento di ammende di importo notevole, per aver commesso ciò che la Commissione considera gravi infrazioni delle regole di concorrenza. Tali imprese hanno il diritto di dedurre argomenti per contestare tale decisione nonché il diritto di pretendere che tali argomenti siano esaminati con la dovuta attenzione; esse hanno altresì il diritto di sentire, indipendentemente dal fatto di vincere o perdere, che, nel riesame del loro caso, il Tribunale ha rispettato le norme sul giusto processo. Come ha evidenziato la Corte di giustizia, un controllo completo da parte del Tribunale è necessario per salvaguardare l’equità procedurale laddove la Commissione agisca nelle vesti di autorità investigatrice e di autorità responsabile della fase istruttoria o sanzionatoria (51). Come ho già indicato, il tempo necessario per effettuare tale controllo approfondito non è «eccessivo» o «sprecato». È il presupposto su cui si fonda la legittimità delle sentenze del Tribunale.

88.      Poiché le risorse a disposizione del Tribunale risultano inadeguate al fine di trattare diligentemente il carico di lavoro presente e presumibilmente quello futuro, la responsabilità di tale carenza deve ricadere sugli Stati membri.

89.      Ho già menzionato (52) l’obbligo incombente agli Stati contraenti della CEDU di garantire che i loro organi giurisdizionali siano organizzati in maniera tale da rispettare il diritto ad un processo equo entro un termine ragionevole. Non ravviso alcuna ragione plausibile per applicare alle istituzioni giudiziarie dell’Unione una logica diversa. La giurisdizione del Tribunale si è ampliata notevolmente negli anni (e con essa, parallelamente, è aumentato il carico di lavoro di tale organo). Il problema degli arretrati giudiziari del Tribunale è ben noto. È stata richiesta la nomina di giudici supplementari – finora senza successo (53). Lo stesso regime esistente genera talvolta qualche difficoltà. L’attuale Presidente del Tribunale, in tempi recenti ha richiamato apertamente l’attenzione (54) sul fatto che la produttività del Tribunale risulta compromessa qualora il processo di rinomina dei giudici non si svolga in maniera lineare (tenendo nel debito conto l’esame svolto dal comitato di cui all’articolo 255 TFUE) e sussista un prolungato periodo di incertezza fino alla data di rinnovo. Si tratta di vive preoccupazioni (55). Una persona assoggettata alla giurisdizione di uno Stato membro ha il diritto di attendersi che tale Stato organizzi il sistema giudiziario nazionale in maniera adeguata ed efficiente, nominando un numero sufficiente di giudici qualificati, rinnovando la nomina dei giudici in carica (supponendo che siano competenti) in maniera tale da mantenere un sistema giudiziario stabile ed efficiente, dotato di personale di supporto adeguato. Senza dubbio, anche i soggetti i cui casi vengono sottoposti ai giudici dell’Unione devono, analogamente, poter beneficiare di un regime che tuteli il loro diritto di ottenere un equo processo entro un termine ragionevole.

90.      Pertanto, le difficoltà derivanti dall’eccesivo carico di lavoro, anche se presenti, non dovrebbero essere prese in considerazione al momento di valutare se la durata di un particolare procedimento risulti eccessiva.

91.      Tirando le fila degli argomenti finora svolti, mi sembra legittimo, in primo luogo, non prendere in considerazione il tempo intercorso tra la presentazione del ricorso e la chiusura della fase scritta del procedimento; in secondo luogo, considerare tempi plausibilmente più lunghi (indico, come regola pratica, 4 mesi, ma potrebbero essere necessari tempi più lunghi per casi particolarmente impegnativi o nei periodi dell’anno in cui i servizi della traduzione si trovino sotto particolare pressione) per ricevere la traduzione dell’ultima memoria dopo la conclusione della fase scritta; e, in terzo luogo, ignorare anche i tempi attribuibili alla gestione attiva del procedimento. L’attenzione dovrebbe quindi concentrarsi sull’esame dei periodi di apparente inerzia, mentre si dovrebbe ammettere una ragionevole ma generosa concessione per il tempo effettivamente necessario che intercorre tra il momento in cui le memorie scritte sono rese disponibili nella lingua di lavoro dell’istituzione ed il momento in cui si possa ragionevolmente procedere alla convocazione dell’udienza (56).

92.      Sottolineo nuovamente che non possiamo stabilire a caso un numero magico, per indicare il «giusto» lasso di tempo che dovrebbe trascorrere tra il momento in cui viene reso disponibile il fascicolo tradotto e la convocazione dell’udienza, al fine di rispettare il diritto del ricorrente a che la propria causa sia esaminata equamente ed entro un termine ragionevole (57). Un caso piuttosto semplice potrebbe richiedere sei mesi per tale stadio del procedimento. Una causa considerevolmente più complessa (o – per esempio –, un’intesa con varie impugnazioni collegate) potrebbe richiedere il doppio del tempo, o forse di più. In generale – come indicazione dei parametri cui mi riferisco – ritengo che, nel caso in cui non vi sia stata una gestione attiva del procedimento, qualora siano trascorsi più di diciotto mesi tra la chiusura della fase scritta (vale a dire, nella lingua processuale) e le parti non siano ancora state informate della data dell’udienza, dovrebbe suonare il campanello di allarme. Mi sembra che tale lasso di tempo ecceda ciò che si possa plausibilmente considerare una regola per la trattazione dei casi.

93.      Da quanto esposto, dobbiamo forse desumere che, superato tale limite (certamente arbitrario) si sia accumulato un ritardo eccessivo?

94.      Ritengo di no. Secondo me, non esiste uno stadio transitorio, in cui si è verificato indubbiamente un ritardo che però non è ancora «eccessivo». Di nuovo, siamo nel campo del giudizio soggettivo piuttosto che in quello dell’analisi rigorosa. Personalmente, sarei forse disposta ad accettare che trascorrano altri sei mesi prima che la durata diventi eccessiva (ovvero, usando il linguaggio comune, prima che il ritardo diventi «inaccettabile»). Si potrebbero associare numeri diversi a fasi diverse. Ma qualora siano trascorsi più di due anni dal termine della fase scritta, senza che sia stata presa alcuna misura di gestione attiva del procedimento e senza che le parti siano state convocate per l’udienza, sarei propensa a considerare il ritardo come eccessivo e dovrei essere persuasa del contrario.

95.      Date tali circostanze, procedo ora ad esaminare se, nel caso presente, si sia accumulato un ritardo eccessivo.

 Sintesi degli argomenti delle parti

96.      Il Groupe Gascogne sostiene che, quando ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale impugnando la decisione e l’ammenda inflittagli, ha ottenuto una garanzia bancaria per coprire il pagamento dell’ammenda e di eventuali interessi che potrebbero derivare da questa, in attesa della conclusione del procedimento di primo grado. Il Groupe Gascogne asserisce che la durata di tale procedimento (circa sei anni) è stata eccessiva (58). Il ricorrente sostiene che il Tribunale, non pronunciandosi entro un termine ragionevole, ha violato l’articolo 47 della Carta. Di conseguenza, il Groupe Gascogne chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata o, in subordine, di ridurre l’ammenda inflittagli, tenuto conto dell’onere finanziario che ha dovuto sopportare in conseguenza della violazione di un suo diritto fondamentale.

97.      La Commissione sostiene anzitutto che la censura del Groupe Gascogne è irricevibile, poiché il ricorrente non ha sollevato la questione del superamento del termine ragionevole all’udienza dinanzi al Tribunale. In secondo luogo, la sentenza impugnata non dovrebbe essere annullata in tutte le sue parti in quanto il Groupe Gascogne non ha dedotto che il suo diritto di difesa è stato violato poiché il Tribunale non ha definito la causa del Groupe Gascogne entro un termine ragionevole. In terzo luogo, anche se la Corte ritenesse che la durata del procedimento dinanzi al Tribunale sia stata eccessiva, resta il fatto che il Groupe Gascogne non ha subito alcun danno materiale a causa della durata eccessiva di tale procedimento. In quarto luogo, il rimedio adeguato in tali circostanze sarebbe la presentazione di una domanda di risarcimento separata da parte del Groupe Gascogne. In quinto luogo, in subordine, anche qualora la Corte accordasse un risarcimento nell’ambito di un’impugnazione, esso dovrebbe essere simbolico.

 Valutazione: se vi sia stato un superamento del termine ragionevole

98.      Ritengo che non sia preclusa al Groupe Gascogne la possibilità di dedurre, per la prima volta nell’ambito di un’impugnazione dinanzi alla Corte, che il Tribunale non ha statuito entro un termine ragionevole (59), per le stesse ragioni che ho esposto ai paragrafi da 128 a 130 delle mie conclusioni nella causa Gascogne Sack Deutschland.

99.      Il Groupe Gascogne sostiene che vi è stato ritardo tra la conclusione della fase scritta e la data in cui il ricorrente ha ricevuto la lettera di convocazione all’udienza (60). Tuttavia, il Groupe Gascogne conferma che il procedimento si è svolto più rapidamente dopo il rinvio della causa ad un nuovo giudice relatore, nel settembre 2010 (61).

100. Il Groupe Gascogne ha depositato il proprio ricorso di annullamento il 23 febbraio 2006. La fase scritta si è conclusa il 23 luglio 2007. Il 23 settembre 2010 la cancelleria del Tribunale ha informato il Groupe Gascogne che la causa era stata assegnata alla quarta Sezione (in tale stadio del procedimento vi era stato un periodo di inerzia di tre anni e due mesi). Il 20 ottobre 2010 il Groupe Gascogne ha chiesto la riapertura della fase scritta (62). Il 14 dicembre 2010 la società ricorrente è stata informata che era stata fissata una data per l’udienza. L’udienza dinanzi al Tribunale si è svolta il 2 febbraio 2011e la sentenza è stata pronunciata il 16 novembre dello stesso anno.

101. Quali elementi conosciamo che possano giustificare la (durata) del periodo compreso tra la conclusione della fase scritta e la convocazione delle varie udienze?

102. Per quanto riguarda le cause riguardanti l’intesa in questione, almeno quindici destinatari della decisione hanno proposto un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale (63). Uno di loro ha rinunciato agli atti (64). In due casi la sentenza è stata emessa il 13 settembre 2010 (65). In nove casi (incluso il presente) la sentenza è stata pronunciata il 16 novembre 2010. Tre cause sono rimaste pendenti dinanzi al Tribunale e, oltre alla presente impugnazione, alla Gascogne Sack Deutschland e alla Kendrion ci sono attualmente altre due impugnazioni pendenti dinanzi alla Corte di giustizia (66).

103. La causa del Groupe Gascogne è strettamente collegata a quella della sua controllata, la GSD. Tuttavia, tale causa ha proceduto pressoché allo stesso ritmo di quella della società madre e quindi non ha ostacolato il presente procedimento.

104. Se applichiamo i quattro criteri Baustahlgewebe, si capisce chiaramente che, in quanto il Groupe Gascogne è responsabile congiuntamente e in solido del pagamento di un’ammenda per un importo pari ad EUR 9,9 milioni, la causa è importante per tale impresa (67). È altresì evidente che tale causa solleva questioni complesse.

105. Non ritengo che la durata del procedimento sia imputabile al comportamento del Groupe Gascogne. È pur vero che il 20 ottobre 2010 il Groupe Gascogne ha chiesto al Tribunale di riaprire la fase scritta, allo scopo di sollevare argomenti che riferivano al nuovo status conferito alla Carta dal Trattato di Lisbona (v. sopra, paragrafi 19 a 21). Tuttavia, dal fatto che il Groupe Gascogne ha ricevuto la lettera di convocazione all’udienza il 14 dicembre 2010 si desume chiaramente che siffatto incidente procedurale ha avuto un impatto trascurabile – o nessun effetto – sulla durata complessiva del procedimento.

106. Per quanto mi è dato di osservare, durante il periodo di apparente inerzia (tre anni e due mesi) intercorso tra la conclusione della fase scritta e la richiesta del Groupe Gascogne di riaprire tale fase, non sono state prese misure di gestione attiva del procedimento.

107. Rigetto l’argomento del Groupe Gascogne – in quanto lo considero meramente retorico – secondo cui il fatto che sia stata convocata un’udienza tre mesi dopo l’assegnazione della causa ad un nuovo giudice relatore dimostrerebbe che era possibile trattare la causa ab initio entro tale termine. Da una parte, non sarebbe né legittimo né plausibile affermare che il nuovo giudice relatore sia venuto in possesso di fascicoli di causa sui quali il suo predecessore non aveva minimamente lavorato e, dall’altra, è sufficientemente chiaro che il giudice van der Woude e la sua squadra hanno compiuto sforzi eccezionali per fissare le udienze nelle cause relative ai sacchi di plastica industriali. Sarebbe completamente sbagliato ed irrealistico utilizzare il tempo da essi impiegato come un criterio pertinente per giudicare quali avrebbero dovuto essere i tempi ragionevoli «normali» per la trattazione della presente causa.

108. È altresì necessario (come ho indicato in precedenza) tenere conto delle esigenze legate alla traduzione ed allo studio accurato di vari fascicoli interconnessi – memorie e allegati dettagliati (spesso non tradotti) – relativi alla medesima intesa ed alla decisione della Commissione e che hanno sollevato complesse questioni di fatto e di diritto. Per quanto posso osservare dal fascicolo, non vi erano ragioni per cui le impugnazioni relative all’intesa in questione dovessero essere trattate con particolare urgenza [o perché, su 15 ricorsi che contestavano la decisione della Commissione, dovessero essere differenziati dagli altri, per ricevere un trattamento speciale fin dall’inizio, i tre ricorsi che sono sfociati nelle presenti impugnazioni, presentati rispettivamente dal Groupe Gascogne, dalla GSD e dalla Kendrion – (per esempio) non sono state presentate domande di provvedimenti urgenti ben argomentate ma poi respinte]. Detto in altri termini: i ricorrenti avevano diritto a che le loro cause venissero trattate con ragionevole rapidità; niente di più o di meno.

109. Alla luce di tale criterio e applicando i parametri generali che ho indicato nei precedenti paragrafi da 72 a 95, la conclusione cui si perviene inevitabilmente è che, ciononostante, la durata del presente procedimento è stata eccessiva.

110. Secondo me, la Corte dovrebbe resistere alla tentazione di identificare, nell’emananda sentenza, un numero specifico di mesi, quale indicazione del periodo che mediamente dovrebbe separare il momento in cui si conclude la fase scritta (nella lingua processuale) ed il momento in cui viene convocata l’udienza, in un generico caso di intesa. Mentre gli obiettivi interni possono e devono essere fissati, i dati numerici sono indicativi. Possono esistere ragioni perfettamente valide per superarli in una particolare impugnazione o serie di impugnazioni. Ne deriva – come ho già indicato in precedenza (68) – che il ritardo può essere valutato solo caso per caso.

111. Al contempo, riconosco la necessità di dire qualcosa di più che non «nel presente caso si è accumulato un ritardo eccessivo». Da una parte, è importante indicare in che misura è stato violato il diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole. Dall’altra, qualora uno dei ricorrenti avesse in mente di proporre un’autonoma azione di risarcimento (69), sarebbe necessario quantificare il danno, affinché tale domanda possa essere esaminata.

112. Non posso sottolineare a sufficienza che la quantificazione del ritardo non è una scienza esatta. Qualsiasi valutazione è approssimativa. Considerate le caratteristiche del caso in esame, che si situano nel contesto delle impugnazioni della decisione che ha inflitto sanzioni ad un’intesa nel settore dei sacchetti di plastica industriali, e concentrandosi sul lasso di tempo intercorso tra la conclusione della fase scritta e la convocazione di un’udienza, considero ragionevole affermare che tale fase del procedimento del suddetto caso avrebbe potuto raggiungere la durata di due anni senza necessariamente accumulare un ritardo che potrebbe giustamente essere considerato «eccessivo». Ne deriva che – in cifre tonde – la causa in esame si è protratta dinanzi al Tribunale per circa un anno e mezzo più del dovuto.

113. Cosa dovrebbe fare la Corte qualora la questione del superamento del termine ragionevole venga sollevata nell’ambito di un’impugnazione?

 Rimedi

114. Quando si verifica un superamento del termine ragionevole qualsiasi rimedio a tale violazione deve essere efficace (70). Nel contesto della CEDU, la Corte di Strasburgo ha indicato che negli ordinamenti giuridici delle parti contraenti dovrebbe essere prevista una procedura specifica per trattare tali casi (71).

115. Questa Corte ha adottato due approcci diversi, rispettivamente nella causa Baustahlgewebe (riduzione dell’ammenda) e nella causa Der Grüne Punkt (azione autonoma di risarcimento). Nessuno dei due è perfetto.

116. Il Groupe Gascogne chiede alla Corte di applicare l’approccio Baustahlgewebe (72). Tale approccio presenta un ovvio vantaggio dal punto di vista dell’economia processuale. Tuttavia, come spiego di seguito, dubito dell’adeguatezza della base giuridica di tale approccio e non mi è chiaro in che misura si potrebbe effettivamente ritenere che quest’ultimo offra una soluzione efficace ed appropriata (73).

117. L’approccio adottato nella causa Der Grüne Punkt esige che sia proposta dinanzi al Tribunale un’azione autonoma per risarcimento. Il Tribunale esaminerebbe se il ricorrente abbia sofferto un danno o una perdita, se sussista un nesso causale tra il danno sofferto e l’omessa pronuncia entro un termine ragionevole e quantificherebbe il danno. Pertanto, qualsiasi danno ammesso al risarcimento corrisponderebbe al pregiudizio effettivamente subito dal ricorrente. L’approccio Baustahlgewebe non prevede un esame siffatto. La Corte non si pronuncia su specifiche domande di risarcimento allorché un ricorrente fa valere un indebito ritardo nell’ambito di un’impugnazione di una sentenza del Tribunale che conferma una decisione della Commissione che sanziona una violazione delle regole di concorrenza. Essa, piuttosto, procede ad una valutazione complessiva dell’appropriata riduzione percentuale dell’ammenda originaria. Tuttavia, per definizione, l’approccio Der Grüne Punkt è più complicato sotto il profilo procedurale, in quanto esige la proposizione di un’autonoma azione per risarcimento. Inoltre, il ricorso dovrebbe essere presentato dinanzi al Tribunale, il cui comportamento nella trattazione della causa è – precisamente – all’origine dell’azione di risarcimento. Mi domando se tale azione soddisfi i requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU.

118. Sembra che non sussista un rimedio comune sul piano dell’Unione europea per il caso in cui venga superato il termine ragionevole nelle cause in materia di concorrenza. Alcuni Stati membri dispongono una riduzione della sanzione o mitigano la sua esecuzione qualora si sia verificato un ritardo eccessivo (74). Altri Stati membri accordano soltanto una compensazione finanziaria invece di una riduzione della sanzione (75). Taluni Stati membri hanno adottato disposizioni specifiche relativamente al risarcimento conseguente ad una violazione del diritto ad ottenere un equo processo entro un termine ragionevole. (76). Altri considerano invece sufficiente a titolo di equo risarcimento una sentenza in cui si dichiari che effettivamente si è verificato un superamento del termine ragionevole (77). Almeno in uno Stato membro (78) esistono disposizioni specifiche regolanti la riduzione percentuale della sanzione che deve essere applicata in caso di mancato pronunciamento entro un termine ragionevole in materia di concorrenza.

119. La Corte ha invitato i 27 Stati membri, il Parlamento europeo ed il Consiglio a comunicare per scritto il loro parere in merito all’approccio adottato, rispettivamente, nelle sentenze Baustahlgewebe e Der Grüne Punkt. Sette Stati membri hanno indicato una preferenza per il primo, tre preferiscono il secondo e sei Stati membri non hanno espresso preferenze. Il Consiglio si è espresso a favore della sentenza Baustahlgewebe, pur riconoscendo che coesistono due rimedi e che nessuno dei due è perfetto. Il Parlamento europeo ha dichiarato di considerare migliore l’approccio adottato nella causa Der Grüne Punkt.

120. La Corte di Strasburgo ha statuito che, eventualmente, una sentenza può costituire un’equa compensazione nei casi in cui sia stata accertata un’irregolarità procedurale (79). L’articolo 41 della CEDU prevede inoltre che la Corte possa, se del caso, accordare un giusto risarcimento. Tuttavia, non esiste una disposizione equivalente nel diritto dell’Unione, che attribuisca espressamente alla Corte il potere di corrispondere un «equo risarcimento» equivalente.

121. Dalla giurisprudenza di questa Corte, dalla CEDU come interpretata dalla Corte di Strasburgo e dalle tradizioni giuridiche degli Stati membri desumo I seguenti principi. Primo, non esiste un approccio uniforme. Secondo, qualsiasi approccio sarà tendenzialmente imperfetto, nel senso che presenterà sia vantaggi che svantaggi. Terzo, ogni rimedio deve essere efficace per conformarsi all’articolo 13 della CEDU e quindi all’articolo 47 della Carta.

122. Soffermiamoci per un momento sugli elementi principali.

123. Un’impresa propone ricorso dinanzi al Tribunale chiedendo l’annullamento di una decisione in materia di concorrenza. Viene presentata la consueta sequenza di memorie e la fase scritta si conclude. Inizialmente, i rappresentanti dell’impresa non sono preoccupati per il tempo che passa: non hanno dubbi circa il fatto che il Tribunale stia lavorando sul fascicolo. Dopo qualche tempo, vengono richieste informazioni presso la Cancelleria del Tribunale circa lo stato di avanzamento della causa. In assenza di un qualsiasi segnale di gestione attiva del procedimento, viene probabilmente inviata al Tribunale una lettera formale e cortese in cui si esprime preoccupazione per la lunghezza del tempo già trascorso, identificando la probabile esistenza di danni (costi supplementari imprevisti legati alla garanzia bancaria, incertezza che si riflette negativamente sul corso delle azioni rendendo difficile pianificare il futuro, e così via) e riservandosi il diritto di eccepire, per conto del suo cliente, un ritardo eccessivo nella trattazione della causa e quindi di chiedere una riduzione dell’ammenda inizialmente inflitta al suo cliente oppure il risarcimento dei danni. Se il Tribunale reagisce velocizzando il processo, tanto meglio – il problema è risolto in nuce e non sono richiesti ulteriori rimedi. Supponendo che ciò non avvenga, tuttavia, l’argomento relativo al ritardo eccessivo potrà essere sollevato nuovamente all’udienza dinanzi al Tribunale.

124. Come verrà trattata questa censura dinanzi al Tribunale? A questo punto vorrei operare una netta distinzione tra i casi in cui il ricorrente è ancora in grado di esercitare pienamente i suoi diritti di difesa ed i casi – speriamo rari – in cui il mero trascorrere del tempo ha precluso al ricorrente la possibilità di ottenere un equo processo (80). In tali circostanze, l’unico rimedio efficace alla violazione del diritto di ottenere un equo processo entro un termine ragionevole è indubbiamente l’annullamento della decisione. Tuttavia, non vi sono elementi nelle tre impugnazioni di cui trattasi, atti ad indicare che il Groupe Gascogne, la GSD o la Kendrion siano stati privati della facoltà di sostenere efficacemente le loro pretese.

125. L’ammenda contestata dinanzi al Tribunale è stata inflitta in conseguenza di una specifica violazione delle regole di concorrenza. Supponendo che nessuno dei motivi d’impugnazione venga accolto, mi domando quale sarebbe la logica dietro una riduzione dell’ammenda. Non ne vedo alcuna. Nei limiti in cui le imprese possano indicare perdite precise – danni subiti in conseguenza della porzione del tempo complessivamente impiegato per decidere sul loro ricorso, che può essere considerata «irragionevole» o «eccessiva» – potrebbe essere legittimamente proposta un’azione (autonoma) di risarcimento ai sensi dell’articolo 340 TFUE. Ma un ritardo del Tribunale è concettualmente diverso dal comportamento anticoncorrenziale che ha inizialmente indotto la Commissione ad infliggere un’ammenda. Per tale ragione, il motivo relativo all’indebito ritardo, dedotto dinanzi al Tribunale, può essere giustamente considerato ininfluente. Anche se fosse fondato in diritto e supportato dai fatti di causa, potrebbe non avere alcun effetto sull’esito della causa (81).

126. Ma è sicuro che, qualora tale motivo sia ininfluente dinanzi al Tribunale, lo sia ugualmente anche nell’ambito di un’impugnazione dinanzi alla Corte?

127. Per tale ragione dissento dall’approccio Baustahlgewebe. Il sanzionamento di un’impresa per la violazione delle regole sulla concorrenza non può essere assimilato all’imposizione di una pena privativa della libertà nei confronti di un singolo, caso in cui si può indubbiamente rimediare ad un ritardo processuale (se l’imputato viene ancora considerato colpevole e condannato ad una pena detentiva), attraverso una riduzione della pena da scontare. Invece, se un’impresa è stata danneggiata da un ritardo processuale, il pregiudizio può venire scomposto in varie perdite finanziarie legate alla durata eccessiva del processo da un nesso causale. Si possono fornire prove al riguardo e, una volta che il danno sia stato dimostrato, può essere corrisposta un’adeguata compensazione. All’interno dell’ordinamento dell’Unione, è il Tribunale, piuttosto che la Corte, l’organo giurisdizionale competente a compiere verifiche approfondite dei fatti e a valutare le prove. Questo mi sembra un ulteriore elemento a favore della conclusione che un’autonoma azione di risarcimento esperita dinanzi al Tribunale è preferibile rispetto al tentativo di garantire un mezzo di ricorso effettivo mediante la riduzione di un’ammenda nell’ambito di un’impugnazione.

128. Una volta, un Lord Chancellor inglese del diciottesimo secolo ha retoricamente chiesto: «Potreste mai aspettarvi che una persona giuridica abbia una coscienza, giacché non ha un’anima da dannare né un corpo da prendere a calci?» (82). Un effetto della mancanza di tali attributi è che l’impresa – a differenza di un singolo – non può plausibilmente invocare un trauma psicologico per il fatto di avere un procedimento pendente a suo carico (83). Se tale impresa ha subito un pregiudizio sul mercato a causa di un ritardo processuale eccessivo, ci si può ragionevolmente attendere che essa cerchi di quantificare tale perdita in termini monetari e di fornire prove a sostegno dei dati numerici indicati (84).

129. Aggiungo che la mia riluttanza per l’approccio Baustahlgewebe si aggiunge ad un senso di disagio relativo all’esigenza di una base giuridica precisa per ridurre un’ammenda in tali circostanze. Ancora una volta, può essere utile tornare ai primi elementi.

130. Quando infligge un’ammenda, la Commissione ha potere discrezionale per fissarne l’ammontare. Non esiste una disposizione specifica nel regolamento n. 1/2003 che possa costituire la base giuridica per ridurre un’ammenda che avrebbe altrimenti inflitto, per il motivo che il procedimento amministrativo si è prolungato eccessivamente. Ciononostante, questa è stata la decisione della Commissione nel caso Dutch Beer (85). Nell’ambito del ricorso, il Tribunale ha disposto un’ulteriore riduzione dell’ammenda del 5%, nonostante il fatto che i motivi di ricorso fossero stati respinti.

131. Non mi è chiaro in che modo l’articolo 261 TFUE (sul quale si è basato il Tribunale) offra un fondamento sufficiente per ridurre un’ammenda qualora non sussistano motivi sostanziali per modificare la valutazione della Commissione circa l’ammenda che era adeguata all’infrazione. È vero che l’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 261 TFUE conferiscono al Tribunale (e a questa Corte in sede d’impugnazione) una «giurisdizione di merito», ma quest’ultima è intimamente legata all’adeguatezza (o meno) della sanzione inflitta in relazione all’infrazione che è stata commessa. Un ritardo del procedimento – sia nel caso di un ritardo della Commissione durante la fase amministrativa sia nel caso di un ritardo del Tribunale nella fase giudiziaria – non ha niente a che fare con il comportamento dell’impresa o con la gravità dell’infrazione.

132. Sono consapevole del fatto che il il rigore di tale approccio non coincide con la posizione assunta dal Tribunale nell’ambito dell’esame dei casi relativi all’indebito ritardo (86). So anche che non è questo l’approccio seguito dalla Corte nella causa Baustahlgewebe. Tuttavia mi sembra che la Corte sia attualmente arrivata ad un punto in cui può e deve stabilire quale dei due rimedi disponibili sia il migliore. Capisco che sia allettante optare per l’«economia processuale», assicurate dalla riduzione dell’ammenda (di una percentuale non precisata e calcolata su basi ignote) (87), nell’ambito di un’impugnazione. Non considero soddisfacente il fondamento intellettuale di tale approccio (rapporto tra ammenda e comportamento; giurisdizione e trasparenza) che presenta, al peggio, la potenzialità di diventare quasi del tutto arbitrario (aggiungo che, nel caso in cui il legislatore decidesse di introdurre norme specifiche regolanti la modulazione delle ammende per l’eventualità che si verifichi un indebito ritardo, nella fase vuoi amministrativa vuoi giudiziaria, nei casi di concorrenza, le cose cambierebbero completamente; ma fino ad ora – per quanto mi risulta – tale terreno non è stato esplorato).

 Quantificazione del danno

133. Il Groupe Gascogne dichiara di aver subito un pregiudizio a causa della durata eccessiva del procedimento dinanzi al Tribunale. Tuttavia, non ha quantificato, ai fini della domanda di risarcimento, la perdita economica imputabile alla violazione del suo diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole (88). Ancora una volta, può essere utile ritornare sugli elementi principali.

134. Qualora la Commissione infligga un’ammenda per una violazione delle regole di concorrenza e l’impresa destinataria di tale misura decida di impugnare la decisione della Commissione dinanzi al Tribunale, tale impresa può optare fra due alternative: può pagare l’ammenda oppure ottenere una garanzia bancaria a copertura del pagamento dell’ammenda stessa e degli eventuali interessi (89). Mi sembra di capire che è usuale nella prassi che le imprese decidano strategicamente di scegliere la seconda opzione, poiché generalmente considerano che ciò risponda ai loro interessi finanziari. In ogni caso, questa è la decisione presa dal Groupe Gascogne (90).

135. Un’impugnazione dinanzi alla Corte non ha effetto sospensivo. Né è prevista la concessione di provvedimenti provvisori per tutelare un ricorrente dai danni squisitamente finanziari che può subire in pendenza di giudizio (91). Perciò, anche qualora un’impresa contesti validamente una decisione della Commissione che le infligge un’ammenda e ottenga una pronuncia che annulla tale decisione completamente o almeno che riduce l’ammenda, deve comunque sopportare i costi di una eventuale garanzia finanziaria che ha assunto, oltre a dover successivamente pagare un’ammenda esigibile, maggiorata degli interessi. Tali costi non sono rimborsabili.

136. Per contro, se l’impresa sceglie di pagare l’ammenda e poi riesce ad impugnare con successo la decisione che l’ha inflitta, tale impresa ha diritto sia al rimborso delle somme versate con i relativi interessi. Gli interessi sono diretti a compensare il fatto che il ricorrente non ha potuto disporre di tale denaro mentre il procedimento era in corso.

137. È quindi normalmente ammesso che, qualora il ricorso dinanzi al Tribunale venga esaminato entro un termine ragionevole, un’impresa che scelga di assicurare il pagamento dell’ammenda stipulando una garanzia bancaria debba assumersi la responsabilità dei costi finanziari derivanti dalla decisione di non pagare direttamente l’ammenda. Se il procedimento dinanzi al Tribunale si protrae per un periodo eccessivamente lungo, tale impresa andrà incontro a i) incertezza e ii) costi supplementari, in quanto dovrà provvedere alle spese di finanziamento della sua garanzia bancaria più a lungo di quanto avesse previsto. Tuttavia, qualora si verifichi un danno materiale a causa del superamento di quello che sarebbe stato un «termine ragionevole» per l’esame del ricorso in questione, tale questione rimane distinta dalla violazione delle regole della concorrenza da parte dell’impresa interessata e dall’ammenda inflittale per sanzionare detta violazione. E, come spiego nei paragrafi successivi, da ciò non deriva necessariamente che detti costi siano sempre equivalenti al danno materiale, poiché l’impresa stessa ha scelto tale metodo particolare per onorare l’obbligo di pagare l’ammenda (92).

138. Pertanto, qualora ad un’impresa venga inflitta un’ammenda per violazione delle regole di concorrenza, il tempo impiegato per esaminare la sua causa non influisce sull’ammenda in sé e per sé.

139. Prima di concludere definitivamente a favore dell’approccio che prevede un’azione di risarcimento autonoma, devo menzionare due ovvie potenziali obiezioni. In primo luogo, in un contesto in cui si è perso già troppo tempo, che dire del tempo supplementare che sarebbe necessario per esperire un’azione autonoma di risarcimento? In secondo luogo, tali problemi derivano dal fatto che la domanda di risarcimento deve essere presentata dinanzi allo stesso Tribunale che è considerato responsabile del pregiudizio causato al ricorrente, non essendosi pronunciato entro un termine ragionevole sul ricorso proposto da quest’ultimo avverso la decisione della Commissione.

140. Per quanto riguarda la prima obiezione, è certo che il Tribunale dovrebbe garantire il rapido esame di qualsiasi azione autonoma di risarcimento. Qualora il Tribunale abbia provveduto in tal senso, ritengo che la prima potenziale obiezione potrebbe essere respinta.

141. La seconda obiezione potenziale è più consistente. Le azioni di risarcimento proposte nei confronti di un’istituzione dell’Unione sono di competenza esclusiva del Tribunale. Esso esaminerà necessariamente le questioni di fatto che sono all’origine della domanda di risarcimento, come, per esempio, se sussista un danno materiale e/o immateriale e se tale danno sia stato causato dalla violazione dell’articolo 47 della Carta (a meno che la Corte, nell’ambito di un’impugnazione, non abbia già constatato l’esistenza di un ritardo indebito nel procedimento dinanzi al Tribunale, una delle questioni di fatto da stabilire sarebbe appunto se vi sia stato o meno un ritardo eccessivo)

142. Anche se tale procedimento sarebbe ovviamente soggetto al controllo della Corte per via d’impugnazione, mi domando se il fatto che il Tribunale rappresenti al contempo la parte accusata della violazione di diritti fondamentali ed il giudice investito della causa medesima implichi che tale istituzione non possa essere considerata «un tribunale indipendente e imparziale» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (93).

143. La Corte di Strasburgo ha statuito che le nozioni di indipendenza e imparzialità sono strettamente interconnesse. I seguenti fattori sono rilevanti ai fini di una valutazione del carattere indipendente: le modalità di nomina dei membri del tribunale di cui trattasi, le condizioni del loro mandato, se esistano garanzie contro il rischio di pressioni esterne e se l’organismo in questione abbia una parvenza di autonomia. Per quanto riguarda l’imparzialità, la Corte di Strasburgo ha stabilito che, in primo luogo, il tribunale deve essere libero da opinioni preconcette o pregiudizi personali e, in secondo luogo, che deve essere imparziale da una prospettiva oggettiva: vale a dire che deve offrire sufficienti garanzie per escludere ogni legittimo dubbio al riguardo (94).

144. Da una lettura dell’articolo 252 TFUE nonché degli articoli 2 e 3 dello Statuto della Corte di giustizia emerge che i membri del Tribunale sino soggetti ad obblighi miranti ad assicurare la loro indipendenza ed imparzialità. È inoltre evidente che difficilmente si potrebbe dubitare dell’indipendenza dei membri del Tribunale nell’ambito dell’esame di una domanda di risarcimento, poiché essi non sono soggetti al controllo di un’istituzione o di un organismo che potrebbe avere un interesse nell’esito di tale procedimento.

145. Mi sembra che la vera questione a risolvere sia se il Tribunale possa essere percepito come un organo imparziale allorché si pronuncia su un’azione di risarcimento che si fonda sull’asserzione secondo la quale lo stesso Tribunale sarebbe responsabile di una violazione dei diritti fondamentali del ricorrente.

146. Ritengo che vi siano elementi atti a spostare l’ago della bilancia a favore della tesi secondo cui il Tribunale può essere ragionevolmente considerato un organo sufficientemente imparziale.

147. In primo luogo, qualsiasi eventuale compensazione non dovrebbe essere pagata dal Tribunale stesso, ma sarebbe a carico del bilancio dell’Unione, e pertanto il Tribunale non sarebbe direttamente interessato alle conseguenze del procedimento (95). In secondo luogo, al fine di soddisfare il requisito soggettivo dell’indipendenza da preconcetti personali (96), il Tribunale dovrebbe garantire che l’azione di risarcimento in questione venga esaminata da una sezione diversa da quella che ha statuito nel merito. In terzo luogo, poiché è più probabile che l’argomento relativo all’esistenza di una violazione dell’articolo 47 della Carta venga sollevato in sede d’impugnazione che non dinanzi al Tribunale, sarebbe la stessa Corte ad accertare l’esistenza di un ritardo eccessivo. Il ruolo del Tribunale si limiterebbe a valutare la prova della perdita economica ed alla quantificazione del danno. In quarto luogo, sebbene la situazione all’origine del procedimento avente ad oggetto una violazione dell’articolo 47 della Carta rientri nell’ambito operativo del Tribunale, sarebbe compito della Commissione, in qualità di promotore dell’interesse generale dell’Unione in conformità all’articolo 17, paragrafo 1, TUE, agire in giudizio dinanzi al Tribunale (97). In quinto luogo, qualsiasi decisione del Tribunale sarebbe ovviamente soggetta al sindacato di legittimità di questa Corte.

148. Concludo pertanto nel senso che, in quanto il ricorrente sostiene di aver subito un danno in conseguenza del fatto che il Tribunale non si è pronunciato sul merito della causa entro un termine ragionevole, un’azione di risarcimento dinanzi al Tribunale costituisce un rimedio più adeguato ed efficace ai fini dell’articolo 47 della Carta, interpretato alla luce degli articoli 6, paragrafo 1, e 13, della CEDU, rispetto ad eventuali riduzioni dell’importo dell’ammenda (98). Nei limiti in cui sia opportuno riconoscere espressamente la violazione commessa dal Tribunale, indipendentemente da qualsiasi domanda risarcitoria, ritengo che una dichiarazione della Corte a tali effetti costituisca un’equa riparazione.

149. Rimane da esaminare un punto finale: quale sarebbe il «fatto che dà origine» alla responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi dell’articolo 46 dello Statuto? Secondo me, tale fatto corrisponde alla constatazione della Corte che vi è stato un ritardo eccessivo nel procedimento dinanzi al Tribunale (99). Ne deriva che il termine di cinque anni entro il quale deve essere proposta qualsiasi domanda di risarcimento inizia a decorrere dalla data della sentenza che verrà pronunciata dalla Corte in questo procedimento d’impugnazione.

150. Suggerisco pertanto alla Corte di dichiarare che si è verificato un ritardo eccessivo nella soluzione del ricorso proposto dal Groupe Gascogne dinanzi al Tribunale; la Corte dovrebbe inoltre chiarire che il Groupe Gascogne ha la facoltà di proporre un’autonoma azione di risarcimento danni, qualora decidesse di farlo.

 Sulle spese

151. Qualora la Corte condividesse il mio giudizio sull’impugnazione, conformemente al combinato disposto degli articoli 137, 138, 140 e 184 del regolamento di procedura, il Groupe Gascogne, rimasto soccombente relativamente a tutti i motivi d’impugnazione, dovrebbe essere condannato alle spese.

 Conclusione

152. Ritengo pertanto che la Corte dovrebbe:

–        respingere l’impugnazione;

–        dichiarare che il Tribunale non ha statuito entro un termine ragionevole nella causa T‑72/06, Groupe Gascogne/Commissione, e

–        condannare il Groupe Gascogne alle spese del procedimento.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 –      Sentenze del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione (T‑54/06); Groupe Gascogne/Commissione (T‑72/06), e SachsaVerpackungGmbH/Commissione (T-79/06). È stata pubblicata una sintesi delle tre sentenze in lingua inglese. Il testo integrale di tutte e tre le sentenze è disponibile in francese sul sito Internet della Corte Per la sentenza Kendrion è disponibile una versione integrale anche in olandese.


3 – Decisione C(2005)4634 def. della Commissione, del 30 novembre 2005, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del trattato che istituisce la Comunità europea (Caso COMP/38354 – Sacchi industriali) (in prosieguo: la «decisione»). Una sintesi di tale decisione è stata pubblicata nella GU 2007, L 282, pag. 41.


4 –      Gascogne Sack Deutschland/Commissione (C‑40/12 P); Kendrion/Commissione (C‑50/12 P) e Groupe Gascogne/Commissione (C‑58/12 P, il presente caso). Per una panoramica completa dei ricorsi proposti nei confronti della decisione dinanzi al Tribunale e delle successive impugnazioni dinanzi alla Corte, v. paragrafo 102, infra.


5 – GU 2010, C 83, pag. 2.


6 – Cit. alla nota 4.


7 –      Le conclusioni relative ai tre ricorsi di impugnazione verranno presentate il 30 maggio 2013.


8 –      Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1, pag. 1). Il regolamento n. 17 è stato abrogato in forza dell’articolo 43, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003. La Commissione ha citato entrambi i regolamenti nel punto 6 della decisione come basi giuridiche. Le rilevanti disposizioni del regolamento n. 17 sono l’ articolo 15, paragrafo 2 e l’articolo 17. tali disposizioni sono riprodotte negli articoli 23, paragrafi 2 e 3 e 31 del regolamento n. 1/2003. Nelle presenti conclusioni mi riferisco alle disposizioni del regolamento n. 1/2002, che devono esser interpretate nel senso che comprendono anche gli articoli 15, paragrafo 2 e 17 del regolamento n. 17, poiché non hanno subito modifiche sostanziali per quanto rileva ai fini delle questioni sollevate nell’impugnazione in esame.


9 –      Sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione (C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punto 102). Anche gli orientamenti della Commissione del 1998, per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3) (in prosieguo: gli «orientamenti della Commissione del 1998») menzionano il fatturato totale nel riferirsi al massimale del 10% di cui all’articolo 23, paragrafo 2. Pertanto, nelle presenti conclusioni utilizzerò l’espressione «fatturato totale» per riferirmi al fatturato dell’intero gruppo di società.


10 –      Settima direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e relativa ai conti consolidati (GU L 193 pag. 1).


11 –      V. il primo considerando della direttiva sui conti consolidati.


12 –      V. il terzo considerando della direttiva sui conti consolidati.


13 –      Sentenza Groupe Gascogne, cit. alla nota 2 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).


14 –      Secondo una giurisprudenza costante, il comportamento di una controllata può essere imputato ad una società controllante, in particolare, quando la controllata non determini in modo autonomo la sua politica commerciale. In tali circostanze, la società controllante e la controllata formano una sola impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE. La Commissione può emanare una decisione che infligga ammende alla società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione. Nel caso in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, esiste una presunzione secondo cui la società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione iuris tantum secondo cui la società madre medesima esercita effettivamente una siffatta influenza (in prosieguo: la «presunzione d’influenza determinante»). V. sentenza del 19 luglio 2012, Alliance One International and Standard Commercial Tobacco/Commissione (C‑628/10 P e C‑14/11 P, punti da 42 a 46 e giurisprudenza ivi citata) (in prosieguo: la sentenza «Alliance One»).


15 –      Cit. alla nota 14.


16 –      Sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione (C‑521/09 P, Racc. pag. I‑8947, punti da 59 a 62) (in prosieguo: la sentenza «Elf Aquitaine»).


17–      La traduzione è mia.


18 –      V. sentenza Alliance One, cit. alla nota 14 (punto 111 e giurisprudenza ivi citata).


19 –      V. sopra, paragrafo 29.


20 –      V. sopra, paragrafi da 30 a 32.


21 –      V., per esempio, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc. pag. I‑6351, punto 335) (in prosieguo: la sentenza «Kadi»).


22 –      Sentenza del 3 maggio 2012, Legris Industries/Commissione (C‑289/11 P, punto 36).


23 –      Sentenza Alliance One, cit. alla nota 14 (punto 113).


24 –      Sentenza Elf Aquitaine, cit. alla nota 16 (punti da 59 a 62).


25 –      La traduzione è mia.


26 –      Sentenza Alliance One, cit. alla nota 14 (punto 64).


27 –      La traduzione è mia.


28 –      Sentenza Alliance One, cit. alla nota 14 (punto 42).


29 –      Sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punti 280 e 281).


30 –      Che ha preceduto l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.


31 –      I principi rilevanti stabiliti dalla giurisprudenza della Corte sono già stati enunciati nel precedente paragrafo 40.


32 –      Sentenza del 12 dicembre 2007 (T‑112/05, Racc. pag. II‑5049).


33 –      La traduzione è mia.


34 –      La traduzione è mia.


35 –      Cfr. il paragrafo 56 sopra.


36 –      Sentenze del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417) (in prosieguo: la sentenza «Baustahlgewebe»); 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione (C‑385/07 P, Racc. pag. I‑6155) (in prosieguo: la sentenza «Der Grüne Punkt»), e 25 ottobre 2011, Solvay SA/Commissione (C‑110/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta) (in prosieguo: la sentenza «Solvay»). Quest’ultimo caso riguardava l’omesso trattamento entro un termine ragionevole, da parte della Commissione, del procedimento amministrativo nonché la violazione del termine ragionevole da parte del Tribunale.


37 –      V., inoltre, le mie conclusioni nelle cause Gascogne Sack Deutschland, cit. (paragrafi da 124 a 140) e Kendrion, cit. (paragrafi da 108 a 134).


38 –      Sentenza Kadi, cit. alla nota 21 (punto 335).


39 –      L’articolo 47 della Carta contempla entrambi i diritti. In particolare, l’articolo 47, primo comma, garantisce il diritto ad un ricorso effettivo; l’articolo 47, secondo comma sancisce il diritto di ogni individuo a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole.


40 –      Sentenza del 28 febbraio 2013, RX Arango Jaramillo e a./BEI (C‑334/12, punto 28) (in prosieguo: la sentenza «Jaramillo»).


41 –      Sürmeli/Germania [GC], n. 75529/01, punto 137 (Corte eur. D.U. 2006‑VII).


42 –      Articolo 58 dello Statuto della Corte.


43 –      Sentenze Baustahlgewebe (punto 19) e Der Grüne Punkt (punto 176), entrambe cit. alla nota 36.


44 –      Causa Pélissier e Sassi/Francia [GC] n. 25444/94 (punto 67) (Corte eur. D.U.1999‑II).


45 –      Sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 36 (punti 28 e 29).


46 –      Sentenza Baustahlgewebe, cit. alla nota 36 (punto 43). V., inoltre, gli articoli 36 e 37 del regolamento di procedura, sulla determinazione della lingua processuale di una causa.


47 –      Cfr. la nota 36.


48 –      Per un’utile sintesi in materia, v. la relazione annuale della Corte, procedimenti del Tribunale e statistiche dell’attività giurisdizionale del Tribunale, disponibili sul sito Internet http:/curia.europa.eu/jcms/jcmsJ02_7000/


49 –      Mi baso su quelli che sembrano essere i tempi normali della fase procedurale scritta dei casi in materia di concorrenza dinanzi al Tribunale. Sarebbe naturalmente possibile ridisegnare il sistema in maniera da assicurare che i casi di concorrenza vengano trattati in maniera diversa durante l’iter giudiziario. Sottolineo, tuttavia, che, nel caso presente [come accade nelle cause Kendrion, GSD e Deltafina (C‑578/11 P, pendente e attualmente sospesa)], si tratta di stabilire se ci sia stato un ritardo eccessivo nell’esame di un caso particolare e non se sia opportuno ridisegnare radicalmente il sistema esistente.


50 –      Ciò non pregiudica l’osservazione che ho formulato nella precedente nota: anche nell’ambito di un sistema concepito in maniera diversa, la realtà transnazionale dei cartelli e la natura multilingue dell’Unione rendono difficile, a mio avviso, trattare i casi di concorrenza all’interno dell’Unione con la stessa rapidità dei casi omologhi nazionali.


51 –      Sentenza dell’8 dicembre 2011, KME e a./Commissione (C‑272/09 P, Racc. pag. I‑12789, punti da 102 a 106 e giurisprudenza ivi citata), v. anche le mie conclusioni, paragrafi 68 e 69, e la giurisprudenza ivi citata.


52 –      V. sopra, paragrafo 72.


53 –      Cfr. parte II sul sito Internet: http://curia.europa.eu.jcms/upload/docs/application/pdf/2011-04/projet.en.pdf.


54 –      Lettera indirizzata dal Presidente Jaeger alla Presidenza irlandese il 12 marzo 2013, pubblicata sul sito Internet http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/13/st07/st07758.en13.pdf. Il Presidente Jaeger aveva precedentemente scritto al Consiglio (in data 23 maggio 2012), per identificare i giudici le cui funzioni sarebbero cessate il 31 agosto 2013 e per invitare i governi interessati a presentare le loro proposte prima del 15 novembre 2012; V. http://www.parlament.gv.at/PAKT/EU/XXIV/EU/08/82/EU_88277/imfname_10037088.pdf. V. anche il 16th Report of Session 2012-13 dello House of Lords European Union Committee, intitolato «Workload of the Court of Justice of the European Union: Follow-up Report», in particolare i punti 59 e 67, http://www.publications.parliament.uk/pa/ld201213/ldselect/ldeucom/163/163.pdf. V. inoltre, la lettera del 26 marzo 2013 inviata dalla CCBE al Presidente della Corte relativa alla nomina di giudici alla Corte, http://www.ccbe.eu/fileadmin/user_upload/NTCdocument/260313_EN__EU_Repsp1_1364893059.pdf


55 –      Alla data di redazione delle presenti conclusioni, sembra probabile che (ammesso che tutti i processi di nomina siano ultimati puntualmente) vi saranno al massimo nove giudici, quando la composizione del Tribunale verrà parzialmente rinnovata nel settembre 2013. Poiché alcuni giudici supplementari faranno ingresso nel Tribunale e nella Corte di giustizia con l’adesione della Croazia all’Unione, il 1º luglio 2013, ciò significa che poco più di un terzo dei membri del Tribunale sarà composto da nuovi giudici.


56 –      Tale è l’approccio adottato dalla Corte di Strasburgo; v., per esempio, la sentenza del 25 febbraio 1997, Findlay/Regno Unito (punti 73 e 74; Corte eur. D.U. 1997‑I).


57 –      Sentenza Jaramillo, cit. alla nota 40 (punti 43 e 44).


58 –      La domanda di annullamento è stata presentata il 23 febbraio 2006 e la sentenza é stata emessa il 16 novembre 2011.


59 –      Cfr. il paragrafo 75 sopra.


60 –      Si tratta di un aspetto comune a tutte e tre le impugnazioni; v., inoltre Gascogne Sack Deutschland e Kendrion.


61 –      La GSD e la Kendrion affermano che la loro causa ha progredito più velocemente dopo essere stata assegnata ad un nuovo giudice relatore.


62 –      Cfr. il paragrafo 17 sopra.


63 –      C’erano sei lingue processuali diverse per quindici procedimenti.


64 –      Ordinanza del 6 luglio 2006, T‑43/06, Cofira Sac SA/Commissione; Il testo integrale dell’ordinanza del Tribunale è disponibile sul sito della Corte in francese ed italiano.


65 –      Sentenza del 13 settembre 2010, T‑26/06, Trioplast Wittenheim SA/Commissione. Il testo integrale della sentenza è disponibile in francese e svedese sul sito della Corte. V. anche sentenza del 13 settembre 2010, Trioplast Industrier AB/Commissione (T‑40/06, Racc. pag. II‑4893).


66 –      Cause Plásticos Españoles SA (ASPLA)/Commissione (C‑35/12 P), e Armando Álvarez SA/Commissione (C‑36/12 P). Entrambe le cause sono state sospese fino alla pronuncia delle sentenze nelle cause Groupe Gascogne, Gascogne Sack Deutschland e Kendrion.


67 –      L’ammenda inflitta alla GSD ammonta ad EUR 13,2 milioni. Il Groupe Gascogne è responsabile congiuntamente e in solido del pagamento di una parte dell’ammenda inflitta alla società da esso interamente controllata, per un ammontare di EUR 9,9 milioni.


68 –      V. sopra, i paragrafi da 81 a 84.


69 –      V. infra, paragrafi 133 e segg.


70 –      Sentenza Kudla/Polonia [GC], n. 30210/96 (punto 156) (Corte eur. D.U. 2000‑XI).


71 –      Sentenza Kudla/Polonia, cit. alla nota 70 (punto 157).


72 –      I ricorrenti nelle cause Gascogne Sack Deutschland e Kendrion adottano una posizione analoga.


73 – V. infra, paragrafi 130 e 131.


74–      Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito.


75 – Francia, Italia, Polonia e Romania.


76–      Germania, Finlandia, Italia e Polonia.


77–      Germania e Grecia.


78 – La giurisprudenza delle autorità giudiziarie olandesi ha elaborato le seguenti regole in materia di concorrenza. La durata di un procedimento si considera irragionevole qualora la durata complessiva della fase amministrativa e della fase giudiziaria sia superiore a cinque anni e sei mesi. Qualora il periodo eccedente tale limite sia inferiore a sei mesi, l’ammenda può venire ridotta fino ad un 5%. Le riduzioni possono arrivare fino al 10% (con un limite massimo di EUR 10 000) qualora il ritardo accumulato nel procedimento sia compreso tra i sei ed i dodici mesi. Per un ritardo superiore a 12 mesi il giudice ha il potere discrezionale di stabilire l’importo della riduzione dell’ammenda.


79 –      Sentenza Hauschildt/Danimarca, 24 maggio 1989 (punto 58) (Corte eur. D.U.Serie A n. 154).


80 –      Ciò può probabilmente accadere con maggior facilità quando si tratta piuttosto di un singolo che non nel caso di un’impresa; ma non si può escludere la possibilità che un testimone chiave per l’impresa muoia o diventi irreperibile nel corso del procedimento eccessivamente lungo.


81 –      Sentenza del 21 settembre 2000, EFMA/Consiglio (C‑46/98 P, Racc. pag. I‑7079, punto 38) e più recentemente sentenza del 29 settembre 2011, Arkema/Commissione (C‑520/09 P, Racc. pag. I‑8901, punto 31).


82 –      Edward, Primo Barone Thurlow Lord Chancellor di Inghilterra 1778‑1783 e 1783‑1792, citato da John Poynder, Literary Extracts (1844), vol. 1, pag. 268.


83 –      La Corte di Strasburgo ha accordato talvolta un risarcimento per danni morali quando ha ritenuto che il ritardo del processo abbia causato al ricorrente angoscia e frustrazione: v., per esempio, Barry/Irlanda, n. 18273/04 (15 dicembre 2005, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, qualora non sia dimostrata l’esistenza di un pregiudizio imputabile ad un ritardo processuale, la Corte di Strasburgo non concede tale risarcimento: v., per esempio, Hauschildt/Danimarca, cit. alla nota 79 (punto 58).


84 –      Nei limiti in cui potrebbe aver tratto vantaggio dal ritardo, sarebbe necessario riconoscere tale vantaggio al momento di quantificare il danno economico complessivo.


85 –      Sentenza del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione (Racc. pag. II‑3229) (in prosieguo: la sentenza «Birra olandese»).


86 –      V. oltre alla causa Birra olandese, cit. alla nota 85, sentenze del 30 aprile 2009, CD-Contact Data/Commissione (T‑18/03, Racc. pag. II‑1021) e del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione (T‑214/06).


87 –      Sono cosciente del fatto che, nelle sue conclusioni relative alla causa Solvay, cit. alla nota 36 (paragrafo 198), l’avvocato generale Kokott ha suggerito che poteva essere appropriato ridurre del 50% l’importo dell’ammenda inflitta. Se non erro, la collega non ha indicato ragioni precise per cui tale cifra avrebbe rappresentato la giusta percentuale – è molto probabile che l’avvocato abbia seguito l’approccio secondo cui «considerate tutte le circostanze del caso, la cifra giusta è X». Per i motivi che ho già esposto, tale approccio mi mette a disagio.


88 –      La stessa posizione è condivisa dalla GSD e dalla Kendrion.


89 –      V. lettera della Commissione al Groupe Gascogne in data 13 dicembre 2005 (allegato n. 3 al ricorso presentato dal Groupe Gascogne dinanzi al Tribunale chiedendo l’annullamento della decisione).


90 –      E anche della GSD e della Kendrion.


91 –      V., per esempio, ordinanza del Presidente del Tribunale del 2 marzo 2011, 1. garantovanáa/Commissione (T‑392/09 R).


92 –      V. sopra paragrafi da 134 a 138.


93 –      All’epoca della causa Bausathlgewebe, l’avvocato generale Léger ha proposto alla Corte di esaminare tali casi. Tuttavia, un’ipotesi di tal genere non è più praticabile, alla luce delle modifiche apportate alle norme regolanti la giurisdizione della Corte in seguito al Trattato di Nizza. V. il paragrafo 321 delle conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Der Grüne Punkt, cit. alla nota 36.


94 –      V. sentenza Findlay, cit. alla nota 56 (punto 73).


95 –      Le ammende sono destinate alla voce di bilancio delle risorse proprie dell’Unione europea.


96 –      V. sopra paragrafi 143 e 144.


97 –      V. inoltre l’articolo 335 TFUE.


98 –      Il motivo in esame, con cui il Groupe Gascogne chiede una riduzione dell’ammenda mi sembra basato proprio sulla dottrina Bausathlgewebe; esso non è stato dedotto nell’ambito di un’autonoma domanda di risarcimento per danni materiali e/o morali; inoltre, questa Corte non sarebbe competente ad esaminare siffatta domanda.


99 –      Se per tale «fatto» s’intendesse il momento in cui un termine considerato ragionevole per la trattazione della causa diventa un ritardo eccessivo, si rischierebbe a) di creare una considerevole incertezza giuridica circa il momento dal quale far decorrere il termine di cinque anni; e b) che un ritardo veramente eccessivo nel procedimento dinanzi al Tribunale possa perfino comportare che il termine procedurale per la proposizione di un’eventuale azione di risarcimento scada ancor prima che il Tribunale si pronunci sul merito. Ciò non mi pare equo.