Language of document : ECLI:EU:C:2020:65

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

31 gennaio 2020 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Articolo 259 TFUE – Competenza della Corte – Determinazione della frontiera comune tra due Stati membri – Disputa sui confini tra la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Slovenia – Convenzione di arbitrato – Procedura arbitrale – Notifica, da parte della Repubblica di Croazia, della propria decisione di porre fine alla convenzione a motivo di un’irregolarità che essa imputa a un membro del tribunale arbitrale di aver commesso – Sentenza arbitrale emessa dal tribunale arbitrale – Presunta violazione, da parte della Repubblica di Croazia, della convenzione di arbitrato e della frontiera fissata dalla sentenza arbitrale – Principio di leale cooperazione – Domanda di stralcio di un documento dal fascicolo – Tutela della consulenza legale»

Nella causa C‑457/18,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 259 TFUE, proposto il 13 luglio 2018,

Repubblica di Slovenia, rappresentata da M. Menard, in qualità di agente, assistita da J.-M. Thouvenin, avocat,

ricorrente,

contro

Repubblica di Croazia, rappresentata da G. Vidović Mesarek, in qualità di agente, assistita da J. Stratford, QC,

convenuta,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, A. Prechal, S. Rodin, L.S. Rossi e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, M. Ilešič, J. Malenovský, D. Šváby, C. Vajda (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 luglio 2019,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 dicembre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Repubblica di Slovenia chiede alla Corte di constatare che la Repubblica di Croazia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti:

–        in virtù dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, avendo detto Stato convenuto messo a rischio la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea, segnatamente quelli di consolidamento della pace e di unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, e avendo esso impedito alla Repubblica di Slovenia di adempiere al proprio obbligo di piena attuazione del diritto dell’Unione in tutto il suo territorio;

–        in virtù del principio del rispetto dello Stato di diritto, sancito dall’articolo 2 TUE, il quale costituisce una condizione essenziale di appartenenza all’Unione e obbliga la Repubblica di Croazia a rispettare il territorio della Repubblica di Slovenia stabilito dalla sentenza finale emessa il 29 giugno 2017 dal tribunale costituito nella procedura arbitrale relativa alla disputa sui confini terrestri e marittimi tra i due Stati di cui sopra (Corte permanente di arbitrato, caso n. 2012‑04; in prosieguo: la «sentenza arbitrale»), in conformità del diritto internazionale;

–        in virtù dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU 2013, L 354, pag. 22), nonché dell’allegato I di detto regolamento, in quanto la Repubblica di Croazia ha rifiutato di dare attuazione al regime di accesso reciproco previsto dal regolamento n. 1380/2013 di cui sopra, non ha riconosciuto l’effetto della normativa che la Repubblica di Slovenia ha adottato per attuare tale regime di accesso reciproco, ha negato ai cittadini sloveni il diritto di pescare nelle acque territoriali slovene, ed ha impedito alla Repubblica di Slovenia di godere di diritti, come l’adozione di misure di conservazione e di gestione degli stock ittici, previsti da questo stesso regolamento;

–        in virtù del sistema di controllo, di ispezione e di attuazione delle norme previsto dal regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 847/96, (CE) n. 2371/2002, (CE) n. 811/2004, (CE) n. 768/2005, (CE) n. 2115/2005, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007, (CE) n. 676/2007, (CE) n. 1098/2007, (CE) n. 1300/2008, (CE) n. 1342/2008 e che abroga i regolamenti (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1627/94 e (CE) n. 1966/2006 (GU 2009, L 343, pag. 1), e dal regolamento di esecuzione (UE) n. 404/2011 della Commissione, dell’8 aprile 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca (GU 2011, L 112, pag. 1), in quanto la Repubblica di Croazia ha impedito alla Repubblica di Slovenia di svolgere i compiti ad essa incombenti in forza di tale sistema, nonché la sorveglianza, il controllo e l’ispezione delle navi da pesca, come pure, allorché le ispezioni portano alla luce eventuali violazioni delle norme della politica comune sulla pesca, le procedure e le misure esecutive nei confronti dei responsabili della violazione, e in quanto detto Stato convenuto ha esso stesso esercitato i diritti che tali regolamenti riconoscono alla Repubblica di Slovenia quale Stato costiero;

–        in virtù degli articoli 4 e 17, letti in combinato disposto con l’articolo 13, del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1; in prosieguo: il «codice frontiere Schengen»), nonché

–        in virtù dell’articolo 2, paragrafo 4, e dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2014/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo (GU 2014, L 257, pag. 135), avendo detto Stato convenuto adottato e attuato la «[s]trategia di riorganizzazione del territorio della Repubblica di Croazia».

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 Convenzione di Vienna

2        L’articolo 60 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «Convenzione di Vienna»), intitolato «Estinzione di un trattato o sospensione della sua applicazione come conseguenza della sua violazione», stabilisce, ai paragrafi 1 e 3, quanto segue:

«1.      Una violazione sostanziale di un trattato bilaterale commessa da una delle parti autorizza l’altra parte a invocare la violazione come motivo per porre fine al trattato o per sospenderne l’applicazione in tutto o in parte.

(…)

3.      Ai fini del presente articolo, per violazione sostanziale di un trattato si intende:

(…)

b)      la violazione di una disposizione essenziale per la realizzazione dell’oggetto o dello scopo del trattato.

(…)».

3        L’articolo 65 della Convenzione di Vienna, intitolato «Procedura da seguire per quanto riguarda la nullità di un trattato, la sua estinzione, il recesso di una parte o la sospensione dell’applicazione del trattato», enuncia, ai paragrafi 1 e 3, quanto segue:

«1.      La parte che, in base alle disposizioni della presente convenzione, invochi o un vizio del proprio consenso ad essere vincolata da un trattato, o un motivo per contestare la validità di un trattato, per porvi fine, per recedere da questo o per sospenderne l’applicazione, deve notificare la propria pretesa alle altre parti. La notifica deve indicare la misura che si intende adottare nei confronti del trattato e le ragioni che la giustificano.

(…)

3.      Qualora tuttavia un’altra parte abbia sollevato un’obiezione, le parti dovranno cercare una soluzione facendo uso dei mezzi indicati nell’articolo 33 della Carta delle Nazioni Unite [firmata a San Francisco il 26 giugno 1945]».

 Convenzione di arbitrato

4        Una Convenzione di arbitrato tra la Repubblica di Slovenia e la Repubblica di Croazia è stata firmata a Stoccolma il 4 novembre 2009 (in prosieguo: la «convenzione di arbitrato»).

5        L’articolo 1 della convenzione di arbitrato istituisce un tribunale arbitrale.

6        L’articolo 2 di detta convenzione disciplina la composizione del tribunale arbitrale, e segnatamente le modalità di designazione dei suoi membri nonché di sostituzione degli stessi.

7        L’articolo 3 della citata convenzione, intitolato «Compiti del tribunale arbitrale», dispone, al paragrafo 1, che il tribunale arbitrale stabilisce: a) il tracciato della frontiera marittima e terrestre tra la Croazia e la Slovenia; b) il collegamento della Slovenia all’alto mare; e c) il regime per l’utilizzazione degli spazi marittimi pertinenti. Questo stesso articolo 3, al paragrafo 2, enuncia le modalità di determinazione dell’oggetto preciso della controversia, al paragrafo 3, prevede l’adozione da parte del tribunale arbitrale di una sentenza sulla disputa, e, al paragrafo 4, attribuisce a tale tribunale la competenza ad interpretare la convenzione di arbitrato.

8        Ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della convenzione di arbitrato, il tribunale arbitrale applica, ai fini delle decisioni contemplate dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale convenzione, le norme e i principi del diritto internazionale. A mente dell’articolo 4, lettera b), della citata convenzione, il tribunale arbitrale applica, ai fini delle decisioni contemplate dall’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), della convenzione medesima, il diritto internazionale, l’equità e il principio delle relazioni di buon vicinato al fine di ottenere un risultato giusto ed equo che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti.

9        L’articolo 6, paragrafo 2, della convenzione di arbitrato stabilisce che, salvo contrarie disposizioni, il tribunale arbitrale conduce la procedura in conformità del regolamento facoltativo della Corte permanente di arbitrato per l’arbitrato delle dispute tra due Stati. L’articolo 6, paragrafo 4, di detta convenzione prevede che il tribunale arbitrale decida quanto prima, previa consultazione delle parti, su qualsiasi questione procedurale, a maggioranza dei suoi membri.

10      L’articolo 7, paragrafo 1, della convenzione di arbitrato precisa segnatamente che il tribunale arbitrale, dopo aver preso in debita considerazione tutti i fatti pertinenti della controversia, emette quanto prima la propria sentenza. L’articolo 7, paragrafo 2, di detta convenzione enuncia che la sentenza arbitrale vincola le parti e costituisce un regolamento definitivo della disputa. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della citata convenzione, le parti adottano tutte le misure necessarie al fine di dare attuazione alla sentenza, ivi compresa, se necessario, la modifica della normativa nazionale entro i sei mesi successivi all’adozione della sentenza stessa.

11      In virtù dell’articolo 9, paragrafo 1, della convenzione di arbitrato, la Repubblica di Slovenia rimuove le proprie riserve relative all’avvio e alla chiusura dei capitoli dei negoziati relativi all’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione europea qualora l’ostacolo riguardi la disputa.

12      In conformità dell’articolo 11, paragrafo 3, della convenzione di arbitrato, tutti i termini procedurali fissati in tale convenzione si applicano a partire dalla data della firma del Trattato tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (Stati membri dell’Unione europea) e la Repubblica di Croazia, relativo all’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione europea (GU 2012, L 112, pag. 10; in prosieguo: il «Trattato di adesione della Croazia all’Unione»). Tale firma è avvenuta il 9 dicembre 2011.

 Diritto dellUnione

 Diritto primario

13      L’articolo 15 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU 2012, L 112, pag. 21; in prosieguo: l’«Atto di adesione»), allegato al Trattato di adesione della Croazia all’Unione, recita:

«Gli atti elencati nell’allegato III formano oggetto degli adattamenti specificati in tale allegato».

14      Il punto 5 dell’allegato III dell’Atto di adesione, intitolato «Pesca», ha proceduto all’adeguamento del regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca (GU 2002, L 358, pag. 59), aggiungendo, nell’allegato I di questo stesso regolamento, i punti 11 e 12, rispettivamente intitolati «Acque costiere della Croazia» e «Acque costiere della Slovenia». Le note a fondo pagina cui tali punti rinviano enunciano, in termini identici, che «[i]l regime [di accesso alle acque costiere della Croazia e della Slovenia a titolo delle relazioni di vicinato] si applica a partire dalla piena attuazione del lodo arbitrale derivante [dalla convenzione di arbitrato]». Tali punti e note a fondo pagina sono stati ripresi, in sostanza, nel regolamento n. 1380/2013, che ha abrogato il regolamento n. 2371/2002.

 Diritto derivato

–       Regolamento (CE) n. 1049/2001

15      L’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), dispone quanto segue:

«Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

(…)

–        le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,

(…)

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».

–       Regolamento n. 1224/2009 e regolamento di esecuzione n. 404/2011

16      Ai sensi dell’articolo 1 del regolamento n. 1224/2009, quest’ultimo istituisce un regime comunitario di controllo, di ispezione e di esecuzione per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca.

17      Il regolamento di esecuzione n. 404/2011 definisce le modalità di applicazione di tale regime di controllo.

–       Regolamento n. 1380/2013

18      L’articolo 5, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1380/2013 enuncia quanto segue:

«1.      I pescherecci unionali hanno pari accesso alle acque e alle risorse in tutte le acque unionali ad esclusione di quelle di cui ai paragrafi 2 e 3, fatte salve le misure adottate conformemente alla parte III.

2.      Nelle acque situate entro 12 miglia nautiche dalle linee di base soggette alla propria sovranità o giurisdizione, gli Stati membri sono autorizzati, fino al 31 dicembre 2022, a limitare le attività di pesca ai pescherecci che pescano tradizionalmente in tali acque e che provengono da porti situati sulla costa adiacente, ferme restando le disposizioni relative ai pescherecci unionali battenti bandiera di altri Stati membri previste dalle relazioni di vicinato esistenti tra Stati membri e le disposizioni contenute nell’allegato I che stabilisce, per ciascuno Stato membro, le zone geografiche delle fasce costiere di altri Stati membri in cui tali attività di pesca vengono esercitate nonché le specie interessate. Gli Stati membri informano la Commissione delle restrizioni imposte a norma del presente paragrafo».

19      L’allegato I di tale regolamento, intitolato «Accesso alle acque costiere ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2», stabilisce, ai punti 8 e 10, dei regimi di accesso riguardanti rispettivamente le «[a]cque costiere della Croazia» e le «[a]cque costiere della Slovenia». Le note a fondo pagina alle quali tali punti rinviano precisano, in termini identici, che «[i]l regime [di accesso alle acque costiere della Croazia e della Slovenia a titolo delle relazioni di vicinato] si applica a decorrere dalla piena attuazione del lodo arbitrale derivante [dalla convenzione di arbitrato]».

–       Direttiva 2014/89

20      In conformità del suo articolo 1, paragrafo 1, la direttiva 2014/89 istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo nell’intento di promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime, lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l’uso sostenibile delle risorse marine.

21      L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», stabilisce, al paragrafo 4, quanto segue:

«La presente direttiva non inficia i diritti sovrani e la giurisdizione degli Stati membri sulle acque marine che derivano dal pertinente diritto internazionale, in particolare [dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 ed entrata in vigore il 16 novembre 1994 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1833, 1834 e 1835, pag. 3)]. Più specificamente, l’applicazione della presente direttiva non influisce sul delineamento e la delimitazione delle frontiere marittime da parte degli Stati membri in conformità delle pertinenti disposizioni dell’UNCLOS».

22      L’articolo 11 di detta direttiva, intitolato «Cooperazione fra gli Stati membri», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«Come parte del processo di pianificazione e gestione, gli Stati membri che condividono un bacino marino cooperano al fine di garantire che i piani di gestione dello spazio marittimo siano coerenti e coordinati nella regione marina in questione. Tale cooperazione deve tener conto, in particolare, di aspetti di natura transnazionale».

–       Codice frontiere Schengen

23      L’articolo 4 del codice frontiere Schengen, intitolato «Diritti fondamentali», recita:

«In sede di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri agiscono nel pieno rispetto del pertinente diritto unionale, compresa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (…), del pertinente diritto internazionale, compresa la convenzione relativa allo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], degli obblighi inerenti all’accesso alla protezione internazionale, in particolare il principio di non-refoulement (non respingimento), e dei diritti fondamentali. (…)».

24      L’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del codice suddetto prevede quanto segue:

«1.      La sorveglianza si prefigge principalmente lo scopo di impedire l’attraversamento non autorizzato della frontiera, di lottare contro la criminalità transfrontaliera e di adottare misure contro le persone entrate illegalmente. Una persona che ha attraversato illegalmente una frontiera e che non ha il diritto di soggiornare sul territorio dello Stato membro interessato è fermata ed è sottoposta a procedure che rispettano la direttiva 2008/115/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98)].

2.      Le guardie di frontiera si servono di unità fisse o mobili per effettuare la sorveglianza di frontiera.

Tale sorveglianza viene effettuata in modo da impedire alle persone di eludere le verifiche ai valichi di frontiera o da dissuaderle dal farlo».

25      L’articolo 17 del codice di cui sopra, intitolato «Cooperazione tra gli Stati membri», dispone, ai paragrafi da 1 a 3, quanto segue:

«1.      Gli Stati membri si prestano assistenza e assicurano tra loro una cooperazione stretta e permanente ai fini di un’esecuzione efficace del controllo di frontiera a norma degli articoli da 7 a 16. Essi si scambiano tutte le informazioni utili.

2.      La cooperazione operativa tra Stati membri nella gestione delle frontiere esterne è coordinata dall’[Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea].

3.      Fatte salve le competenze dell’Agenzia, gli Stati membri possono continuare la cooperazione operativa con altri Stati membri e/o paesi terzi alle frontiere esterne, compreso lo scambio di ufficiali di collegamento, laddove tale cooperazione integri l’azione dell’Agenzia stessa.

Gli Stati membri si astengono da qualsiasi attività che possa mettere a repentaglio il funzionamento dell’Agenzia o il raggiungimento dei suoi obiettivi.

Gli Stati membri riferiscono all’Agenzia su tale cooperazione operativa di cui al primo comma».

 Fatti all’origine della controversia

26      Il 25 giugno 1991, la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Slovenia hanno proclamato la loro indipendenza nei confronti della Repubblica socialista federale di Jugoslavia. Nel corso degli anni dal 1992 al 2001, questi due Stati hanno cercato di risolvere la questione della fissazione delle loro frontiere comuni terrestre e marittima mediante negoziati bilaterali. Questi negoziati non hanno portato ad un risultato positivo per alcuni segmenti di tali frontiere.

27      La Repubblica di Slovenia è divenuta membro dell’Unione il 1o maggio 2004.

28      Il 4 novembre 2009, la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Slovenia hanno sottoscritto la convenzione di arbitrato, destinata a risolvere la disputa sui confini che le contrapponeva. In virtù di tale convenzione, che è entrata in vigore il 29 novembre 2010, esse si impegnavano a sottoporre tale disputa al tribunale arbitrale istituito dalla convenzione stessa e la cui sentenza sarebbe stata per esse vincolante.

29      Dopo la ratifica del Trattato di adesione della Croazia all’Unione da parte di tutti gli Stati contraenti, in conformità delle norme costituzionali di ciascuno di essi, tale Trattato è entrato in vigore il 1o luglio 2013. La Repubblica di Croazia è divenuta membro dell’Unione in questa stessa data.

30      Risulta dal fascicolo della presente causa che, nell’ambito della procedura di arbitrato dinanzi al tribunale arbitrale, è sorto un incidente procedurale a motivo di comunicazioni ufficiose intercorse tra l’arbitro nominato dalla Repubblica di Slovenia e l’agente di tale Stato dinanzi al tribunale arbitrale nel corso delle deliberazioni di questo organo. A seguito della pubblicazione di alcuni articoli di stampa che riferivano il contenuto di tali comunicazioni, l’arbitro e l’agente in questione si sono dimessi dai rispettivi incarichi.

31      Con lettera del 24 luglio 2015, la Repubblica di Croazia ha trasmesso alcuni estratti delle comunicazioni suddette al tribunale arbitrale e, tenuto conto del fondamentale venir meno di fiducia cagionato, a suo avviso, da tali comunicazioni, ha chiesto a detto tribunale la sospensione della procedura di arbitrato.

32      Con nota verbale del 30 luglio 2015, la Repubblica di Croazia ha informato la Repubblica di Slovenia che riteneva che quest’ultima si fosse resa responsabile di una o più violazioni sostanziali della convenzione di arbitrato, ai sensi dell’articolo 60, paragrafi 1 e 3, della Convenzione di Vienna, e che, di conseguenza, essa era legittimata a porre fine alla convenzione di arbitrato. Essa ha precisato che tale nota costituiva una notifica, in conformità dell’articolo 65, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna, mediante la quale essa proponeva di porre immediatatamente fine alla convenzione di arbitrato. La Repubblica di Croazia ha chiarito che essa riteneva che, a causa delle comunicazioni ufficiose menzionate al punto 30 della presente sentenza, fossero state irrimediabilmente pregiudicate l’imparzialità e la correttezza della procedura arbitrale, determinando una manifesta violazione dei suoi diritti.

33      In quella stessa data, il membro del tribunale arbitrale nominato dalla Repubblica di Croazia si è dimesso dal suo incarico.

34      Con lettera del 31 luglio 2015, la Repubblica di Croazia ha informato il tribunale arbitrale della propria decisione di porre fine alla convenzione di arbitrato e gliene ha comunicate le ragioni.

35      Il 13 agosto 2015, la Repubblica di Slovenia ha informato il tribunale arbitrale che essa aveva sollevato un’obiezione alla notifica, da parte della Repubblica di Croazia, della propria decisione di porre fine alla convenzione di arbitrato ed ha affermato che il tribunale arbitrale aveva il potere e l’obbligo di continuare la procedura.

36      Il 25 settembre 2015, il presidente del tribunale arbitrale ha nominato due nuovi arbitri per coprire i due posti vacanti, conformemente alla procedura di sostituzione di arbitro prevista dall’articolo 2 della convenzione di arbitrato.

37      Con lettera del 1o dicembre 2015, il tribunale arbitrale ha invitato le due parti a presentare memorie scritte «concernenti le implicazioni giuridiche dei punti sollevati dalla [Repubblica di] Croazia nelle proprie lettere del 24 e del 31 luglio 2015», ed ha tenuto un’udienza in merito a tale aspetto il 17 marzo 2016. Soltanto la Repubblica di Slovenia ha risposto all’invito del tribunale arbitrale ed ha partecipato a tale udienza.

38      Il 30 giugno 2016, il tribunale arbitrale ha deliberato sull’incidente procedurale con una sentenza parziale. Esso ha dichiarato, segnatamente, che, instaurando contatti ufficiosi con l’arbitro che essa aveva inizialmente nominato, la Repubblica di Slovenia aveva agito in violazione delle disposizioni della convenzione di arbitrato. Il tribunale arbitrale ha nondimeno ritenuto che, tenuto conto delle misure correttive successivamente prese, le violazioni di cui sopra non avessero inficiato la sua capacità, nella sua nuova composizione, di emettere una sentenza finale in modo indipendente e imparziale in ordine alla disputa tra le parti, conformemente alle regole applicabili, sicché le violazioni suddette non avevano privato la convenzione di arbitrato né del suo oggetto né del suo scopo. Il tribunale arbitrale ha concluso che la Repubblica di Croazia non era legittimata a porre fine alla convenzione di arbitrato ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna e che la convenzione di arbitrato restava pertanto in vigore.

39      Il 29 giugno 2017, il tribunale arbitrale ha emesso la sentenza arbitrale, mediante la quale esso ha precisato la delimitazione delle frontiere marittima e terrestre tra la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Slovenia.

 Procedimento precontenzioso

40      Con lettera del 29 dicembre 2017, la Repubblica di Slovenia ha attirato l’attenzione della Commissione sul rigetto, da parte della Repubblica di Croazia, della sentenza arbitrale, ed ha sottolineato che il rifiuto di tale Stato membro di dare attuazione a detta pronuncia aveva come effetto di rendere impossibile per la Repubblica di Slovenia l’esercizio della propria sovranità sulle zone marittime e terrestri facenti parte, secondo il diritto internazionale, del suo territorio. Alla luce di tali fatti, la Repubblica di Slovenia ha dichiarato che essa si trovava nell’impossibilità di rispettare sia l’obbligo ad essa incombente in virtù del diritto internazionale di dare attuazione alla sentenza arbitrale, sia l’obbligo su di essa gravante in virtù dei Trattati di dare attuazione al diritto dell’Unione nel suo territorio. Tenuto conto della minaccia che tale situazione presentava per i valori dell’Unione e per il rispetto del diritto dell’Unione, la Repubblica di Slovenia ha invitato la Commissione ad agire senza ritardo al fine di far cessare la violazione, da parte della Repubblica di Croazia, della convenzione di arbitrato e della sentenza arbitrale, dovendosi considerare tale violazione come un disattendimento, da parte di quest’ultimo Stato membro, degli obblighi al cui rispetto esso era tenuto in forza dei Trattati.

41      A seguito di vari incidenti marittimi nelle acque attribuite dalla sentenza arbitrale alla Repubblica di Slovenia, tale Stato membro ha instaurato, con lettera del 16 marzo 2018, una procedura per constatazione di inadempimento nei confronti della Repubblica di Croazia rivolgendosi alla Commissione, in conformità dell’articolo 259, secondo comma, TFUE.

42      Il 17 aprile 2018, la Repubblica di Croazia ha presentato osservazioni scritte alla Commissione. Le due parti hanno preso parte a un’udienza davanti alla Commissione.

43      La Commissione non ha emesso un parere motivato entro il termine di tre mesi previsto dall’articolo 259, quarto comma, TFUE.

 Procedimento dinanzi alla Corte

44      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 13 luglio 2018, la Repubblica di Slovenia ha presentato l’odierno ricorso.

45      Con atto separato del 21 dicembre 2018, la Repubblica di Croazia ha sollevato un’eccezione di irricevibilità del presente ricorso, ai sensi dell’articolo 151, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

46      La Repubblica di Slovenia ha risposto a tale eccezione in data 12 febbraio 2019.

47      Con decisione del 21 maggio 2019, la Corte ha rinviato la causa dinanzi alla Grande Sezione affinché si statuisse sull’eccezione di irricevibilità.

48      Con atto separato depositato presso la cancelleria della Corte il 31 maggio 2019, la Repubblica di Croazia ha chiesto, a norma dell’articolo 151 del regolamento di procedura, lo stralcio del documento di lavoro interno della Commissione relativo al parere del servizio giuridico di quest’ultima, contenuto nelle pagine da 38 a 45 dell’allegato C.2 della risposta della Repubblica di Slovenia all’eccezione di irricevibilità (in prosieguo: il «documento controverso»).

49      Con lettere della cancelleria della Corte in data 3 e 12 giugno 2019, le parti sono state invitate, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 62, paragrafo 1, del regolamento di procedura, a rispondere ad un quesito in occasione dell’udienza di prossimo svolgimento e a produrre taluni documenti. Le parti hanno ottemperato producendo tali documenti.

50      Con lettera della cancelleria della Corte del 7 giugno 2019, la Corte ha invitato la Commissione, a titolo dell’articolo 24, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, a rispondere per iscritto o, eventualmente, all’udienza ad alcuni quesiti relativi alle disposizioni del regolamento n. 1380/2013.

51      L’11 giugno 2019, la Repubblica di Slovenia ha presentato le proprie osservazioni in merito alla domanda della Repubblica di Croazia di stralcio del documento controverso dal fascicolo.

52      Con lettera della cancelleria della Corte del 20 giugno 2019, la Corte ha invitato la Commissione a presentare le proprie osservazioni in merito a tale domanda di stralcio.

53      Il 28 giugno 2019, la Commissione ha depositato le proprie osservazioni al riguardo. In una lettera separata dello stesso giorno, essa ha risposto ai quesiti che le erano stati sottoposti dalla Corte nella lettera del 7 giugno 2019.

54      Un’udienza di discussione si è svolta l’8 luglio 2019, in presenza della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia, avente ad oggetto l’eccezione di irricevibilità.

 Sulla domanda di stralcio del documento controverso dal fascicolo

 Argomenti delle parti

55      La Repubblica di Croazia chiede alla Corte di stralciare il documento controverso dal fascicolo della presente causa.

56      A sostegno della propria domanda, la Repubblica di Croazia fa valere che il documento controverso è un parere interno del servizio giuridico della Commissione, emesso nel corso della fase precontenziosa del presente procedimento per inadempimento e che non è mai stato reso pubblico dalla Commissione. Il mantenimento di tale documento nel fascicolo della causa avrebbe non soltanto delle ripercussioni negative sul buon funzionamento della Commissione, ma si porrebbe altresì in contrasto con le esigenze di un equo processo.

57      La Repubblica di Slovenia conclude per il rigetto della domanda della Repubblica di Croazia.

58      In primo luogo, la Repubblica di Slovenia fa valere che essa ha avuto accesso al documento controverso tramite un link ipertestuale contenuto in un articolo pubblicato sul sito Internet di un settimanale tedesco, e sottolinea come tanto questo articolo quanto il parere del servizio giuridico della Commissione siano tuttora accessibili on‑line. Dunque, il fatto che essa abbia avuto accesso al suddetto documento non è contrario al regolamento n. 1049/2001, dato che tale documento è pubblico.

59      In secondo luogo, la Repubblica di Slovenia sostiene che la Repubblica di Croazia, che non è l’autore del documento controverso, non ha il diritto di agire al posto della Commissione per difendere gli interessi di quest’ultima chiedendo lo stralcio di tale documento dal fascicolo.

60      In terzo luogo, la Repubblica di Slovenia sostiene che nessun insegnamento può essere tratto nella specie dalla sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374), e dall’ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento (C‑650/18, EU:C:2019:438, non pubblicata), dato che le cause decise da tale sentenza e dalla suddetta ordinanza vertevano sull’utilizzazione non autorizzata di documenti in controversie che coinvolgevano l’istituzione autrice degli stessi. Il presente procedimento rientrerebbe in una fattispecie differente, dal momento che la Commissione, che è l’autrice del documento controverso, non partecipa al procedimento in qualità di parte convenuta.

61      In ogni caso, la Repubblica di Slovenia sottolinea che la produzione del documento controverso non è idonea a pregiudicare gli interessi tutelati dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, e che la Repubblica di Croazia non ha indicato in quale misura il mantenimento di questo documento nel fascicolo di causa recherebbe pregiudizio a detti interessi.

62      In quarto luogo, la Repubblica di Slovenia sostiene che, anche supponendo che la Commissione intervenga nella presente causa o che la Corte la inviti a presentare le proprie osservazioni, la divulgazione del documento controverso non avrebbe alcuna incidenza nel merito sulle osservazioni che detta istituzione presenterebbe alla Corte. Infatti, sarebbe prevedibile che, in un caso siffatto, la Commissione segua, in linea di principio, la valutazione del proprio servizio giuridico.

63      La Commissione sostiene, per parte sua, che il documento controverso, il quale è un documento di lavoro interno relativo ad un parere del suo servizio giuridico, dovrebbe essere stralciato dal fascicolo di causa. Detta istituzione osserva che il documento in questione non era destinato al pubblico e che essa non l’ha divulgato a quest’ultimo e neppure ne ha autorizzato la produzione nell’ambito di una controversia dinanzi alla Corte. Essa aggiunge che neppure la Corte ne ha ordinato la produzione in giudizio.

 Giudizio della Corte

64      Occorre constatare che il documento controverso è una nota interna redatta dal servizio giuridico della Commissione e indirizzata al capo di gabinetto del presidente di tale istituzione, riguardante il procedimento precontenzioso instaurato dalla Repubblica di Slovenia in applicazione dell’articolo 259 TFUE, e nella quale è contenuta una valutazione giuridica delle pertinenti questioni di diritto. Pertanto, il documento in questione contiene innegabilmente un parere giuridico.

65      È pacifico, in primo luogo, che la Repubblica di Slovenia non ha chiesto alla Commissione l’autorizzazione a produrre il suddetto documento dinanzi alla Corte, in secondo luogo, che quest’ultima non ne ha ordinato la produzione nell’ambito del presente giudizio e, in terzo luogo, che la Commissione non ha divulgato detto documento nell’ambito di una domanda di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, in conformità delle disposizioni del regolamento n. 1049/2001.

66      Orbene, secondo una giurisprudenza consolidata, sarebbe contrario all’interesse pubblico che esige che le istituzioni possano fruire dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, ammettere che la produzione di siffatti documenti interni possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi alla Corte senza che la suddetta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o ordinata dalla Corte (ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2019:438, non pubblicata, punto 8 e la giurisprudenza ivi citata).

67      Tale interesse si sostanzia nell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, il quale prevede, al paragrafo 2, che «[l]e istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela (…) [delle] procedure giurisdizionali e [della] consulenza legale, (…) a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione». Sebbene tale disposizione non sia applicabile nel presente procedimento in quanto la Repubblica di Slovenia ha allegato il documento controverso alla propria risposta all’eccezione di irricevibilità senza l’autorizzazione della Commissione, resta il fatto che esso presenta un certo valore indicativo in vista della ponderazione degli interessi necessaria per statuire sulla domanda di stralcio del documento stesso (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2019:438, non pubblicata, punti 9, 12 e 13).

68      A questo proposito, occorre rilevare che, facendo valere e producendo, nell’ambito del presente ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 259 TFUE, un parere giuridico proveniente dal servizio giuridico della Commissione, redatto successivamente al coinvolgimento di quest’ultima e che contiene una valutazione giuridica delle pertinenti questioni di diritto, la Repubblica di Slovenia intende porre la Repubblica di Croazia e, eventualmente, anche la Commissione a confronto con tale parere nel presente procedimento. Autorizzare il mantenimento di tale documento nel fascicolo di causa, malgrado che la sua divulgazione non sia stata autorizzata dalla Commissione, finirebbe per permettere alla Repubblica di Slovenia di aggirare la procedura di domanda di accesso a un documento siffatto, istituita dal regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2019:438, non pubblicata, punto 14 e la giurisprudenza ivi citata).

69      Orbene, il semplice fatto che la Repubblica di Slovenia faccia valere il documento controverso in una lite dinanzi alla Corte contro una parte diversa dall’istituzione da cui promana il parere contenuto nel documento stesso è privo di qualsiasi incidenza sull’interesse pubblico delle istituzioni a poter beneficiare dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, e dunque non rende superflua la ponderazione degli interessi richiesta al fine di statuire sulla domanda di stralcio di tale documento dal fascicolo della causa (v., per analogia, ordinanza del 23 ottobre 2002, Austria/Consiglio, C‑445/00, EU:C:2002:607, punto 12).

70      Nel caso di specie, esiste un rischio prevedibile, tutt’altro che ipotetico, che la Commissione, la quale non ha emesso alcun parere motivato, a norma dell’articolo 259, terzo comma, TFUE, in merito alle censure della Repubblica di Slovenia, né ha fatto conoscere la propria posizione in merito a tali censure intervenendo dinanzi alla Corte a sostegno delle conclusioni dell’una o dell’altra parte in causa, si reputi, a motivo della produzione non autorizzata del documento controverso nel presente procedimento, costretta a prendere pubblicamente posizione in merito ad un parere che era destinato, con tutta evidenza, ad un uso interno. Orbene, una simile prospettiva comporterebbe inevitabilmente delle ripercussioni negative in riferimento all’interesse della Commissione a richiedere pareri giuridici e ad ottenere pareri franchi, obiettivi e completi (v., per analogia, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 42, nonché ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2019:438, non pubblicata, punto 16).

71      Per quanto riguarda l’esistenza di un interesse pubblico prevalente atto a giustificare il mantenimento del documento controverso nel fascicolo della presente causa, oltre al fatto che il parere giuridico contenuto in tale documento non riguarda una procedura legislativa per la quale si impone una trasparenza accresciuta (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 46, 47, 67 e 68), occorre rilevare che, per la Repubblica di Slovenia, l’interesse di questo mantenimento consiste nell’essere in grado di avvalersi di tale parere giuridico a sostegno della propria risposta all’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica di Croazia. Date tali circostanze, la produzione del suddetto parere giuridico appare guidata dagli interessi propri della Repubblica di Slovenia a supportare la propria argomentazione nella sua risposta all’eccezione di irricevibilità, e non da un qualsivoglia interesse pubblico prevalente (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2019:438, non pubblicata, punto 18).

72      Il fatto che, come messo in evidenza dalla Repubblica di Slovenia, quest’ultima abbia avuto accesso al documento controverso tramite il sito Internet di un settimanale nel quale è apparso un articolo che rinviava, mediante un link ipertestuale, al suddetto parere legale, non può, trattandosi di una pubblicazione non autorizzata del parere in questione, rimettere in discussione le considerazioni sopra svolte (v., per analogia, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2019:438, non pubblicata, punto 17).

73      Alla luce di tali circostanze, occorre accogliere la domanda della Repubblica di Croazia intesa allo stralcio del documento controverso dal fascicolo di causa.

 Sulla competenza della Corte

 Argomenti delle parti

74      La Repubblica di Croazia chiede alla Corte di respingere il presente ricorso nella sua interezza perché irricevibile. A tale titolo essa deduce, segnatamente, tre profili di incompetenza.

75      In primo luogo, la Repubblica di Croazia fa valere che le allegazioni della Repubblica di Slovenia, secondo cui essa avrebbe violato obblighi che le incombevano in forza del diritto dell’Unione, sono accessorie rispetto alla soluzione della disputa sulla validità e sugli effetti giuridici della convenzione di arbitrato e della sentenza arbitrale. Orbene, come sarebbe stato statuito nella sentenza del 30 settembre 2010, Commissione/Belgio (C‑132/09, EU:C:2010:562), la Corte non sarebbe competente a pronunciarsi sulla violazione di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione qualora questi obblighi siano accessori alla previa soluzione di un’altra disputa non rientrante nella competenza della Corte.

76      In secondo luogo, la Repubblica di Croazia sostiene che il reale oggetto della controversia tra i due Stati verte, da un lato, sulla validità e sugli effetti giuridici della convenzione di arbitrato, la quale non forma parte integrante del diritto dell’Unione, e, dall’altro, sulla validità e sulle eventuali conseguenze giuridiche della sentenza arbitrale, la quale a tutt’oggi non è stata attuata. Una siffatta controversia dovrebbe dunque essere risolta mediante l’applicazione delle norme del diritto internazionale e la sua soluzione non dipenderebbe dall’applicazione del diritto dell’Unione.

77      In terzo luogo, la Repubblica di Croazia ritiene che la Corte non sia competente, a titolo dell’articolo 259 TFUE, a pronunciarsi né sulla validità e sugli effetti della convenzione di arbitrato, che è un accordo internazionale non costituente parte integrante del diritto dell’Unione, né sulla validità e sugli effetti della sentenza arbitrale emessa sulla base di tale convenzione. Orbene, la convenzione di arbitrato costituirebbe il fondamento stesso delle violazioni del diritto dell’Unione fatte valere dalla Repubblica di Slovenia.

78      La Repubblica di Slovenia conclude per il rigetto dell’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica di Croazia, là dove quest’ultima conclude chiedendo che la Corte si dichiari incompetente a statuire sul presente ricorso.

79      In primo luogo, la Repubblica di Slovenia reputa che, mediante tale argomentazione, la Repubblica di Croazia tenti di snaturare unilateralmente l’oggetto del ricorso.

80      A questo proposito, anzitutto, la Repubblica di Slovenia sottolinea che essa si limita, nel proprio ricorso introduttivo, a far valere una violazione del diritto primario e del diritto derivato dell’Unione.

81      Poi, la Repubblica di Slovenia ritiene che la competenza della Corte a titolo dell’articolo 259 TFUE non sia esclusa qualora i fatti sui quali si basano le allegazioni concernenti la violazione del diritto dell’Unione ricadano sia nella sfera del diritto dell’Unione che in quella del diritto internazionale. A questo proposito, importerebbe soltanto che tali fatti vertano su una violazione di obblighi imposti dal diritto dell’Unione. Ciò non impedirebbe tuttavia che la Corte tenga conto delle norme sostanziali del diritto internazionale che il diritto dell’Unione ha integrato o aveva l’intenzione di integrare nel proprio sistema giuridico.

82      Indi, la Repubblica di Slovenia fa valere, fondandosi sulla sentenza del 12 settembre 2006, Spagna/Regno Unito (C‑145/04, EU:C:2006:543), che l’esistenza di una controversia bilaterale riguardante l’interpretazione di un atto di diritto internazionale applicabile tra le parti di un procedimento per inadempimento non esclude la competenza della Corte a pronunciarsi nell’ambito di tale procedimento.

83      Infine, per statuire sulla competenza della Corte a titolo dell’articolo 259 TFUE, l’unica cosa che rileverebbe sarebbe stabilire se il fondamento delle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio concerna degli «obblighi incombenti in virtù dei trattati».

84      La Repubblica di Slovenia sostiene che il proprio ricorso introduttivo soddisfa i requisiti necessari per un esame a titolo dell’articolo 259 TFUE. Risulterebbe infatti dalle conclusioni formulate in detto ricorso e dalle motivazioni addotte a sostegno dello stesso che le censure da essa sollevate riguardano il diritto primario dell’Unione nonché un insieme di atti di diritto derivato. La Repubblica di Slovenia precisa che, nelle conclusioni del ricorso introduttivo, essa non chiede alla Corte di constatare un inadempimento ad obblighi incombenti alla Repubblica di Croazia in virtù del diritto internazionale. Il riferimento che viene fatto nel ricorso introduttivo alla sentenza arbitrale verrebbe effettuato unicamente in quanto elemento di fatto pertinente per l’interpretazione del diritto dell’Unione, al fine di descrivere il territorio nel quale gli Stati membri devono conformarsi agli obblighi ad essi incombenti in virtù di tale diritto.

85      In secondo luogo, la Repubblica di Slovenia si occupa dei profili di incompetenza sollevati dalla Repubblica di Croazia.

86      Per quanto riguarda, più in particolare, il profilo di incompetenza relativo al carattere accessorio delle asserite violazioni del diritto dell’Unione, la Repubblica di Slovenia fa valere che, dato che i rispettivi territori della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia sono determinati dalla frontiera fissata in conformità del diritto internazionale, nel caso di specie dalla sentenza arbitrale, non si chiede alla Corte né di constatare una violazione del diritto internazionale né di pronunciarsi su una controversia internazionale. La Repubblica di Slovenia sottolinea che la frontiera tra i due Stati, come tracciata dalla sentenza arbitrale, è un dato di fatto di cui la Corte può e deve tener conto, e non una questione giuridica sulla quale la Corte potrebbe pronunciarsi. Ad ogni modo, la Corte dovrebbe rispettare e applicare il diritto internazionale, nella misura necessaria per interpretare o applicare il diritto dell’Unione.

87      Quanto ai profili di incompetenza relativi, da un lato, al fatto che l’oggetto reale della controversia è costituito dall’interpretazione e dall’applicazione del diritto internazionale e, dall’altro, al fatto che la Corte è incompetente a pronunciarsi sulla validità e sugli effetti di un accordo internazionale non costituente parte del diritto dell’Unione, la Repubblica di Slovenia sottolinea che la questione della validità della convenzione di arbitrato nonché della validità e degli effetti giuridici della sentenza arbitrale non costituisce l’oggetto della controversia dinanzi alla Corte, non rientra nella competenza di quest’ultima e, in ogni caso, è stata risolta dalla sentenza parziale del 30 giugno 2016. La circostanza che la Repubblica di Croazia sia in disaccordo con la sentenza arbitrale non può significare che esista una disputa sui confini non risolta o che la Corte dovrebbe pronunciarsi su tale questione già decisa.

88      Infine, la Repubblica di Slovenia fa valere che l’argomento della Repubblica di Croazia secondo cui la sentenza arbitrale non è direttamente applicabile rientra non nell’esame della competenza, bensì nell’esame del merito. In ogni caso, tale argomento sarebbe errato, dato che la sentenza di cui sopra sarebbe vincolante ai sensi del diritto internazionale e fisserebbe così in modo definitivo la frontiera tra i due Stati membri.

 Giudizio della Corte

89      Occorre ricordare che, a norma dell’articolo 259, primo comma, TFUE, «[c]iascuno degli Stati membri può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea quando reputi che un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati».

90      Nel caso di specie, risulta dal tenore letterale delle conclusioni formulate con l’atto introduttivo del giudizio che la Repubblica di Slovenia fonda il proprio ricorso per constatazione di inadempimento sulla presunta violazione, da parte della Repubblica di Croazia, degli obblighi gravanti su quest’ultima in virtù, in primo luogo, dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in secondo luogo, dell’articolo 2 TUE, in terzo luogo, dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1380/2013, letto in combinato disposto con l’allegato I di quest’ultimo, in quarto luogo, del sistema di controllo, ispezione e attuazione delle norme previsto dal regolamento n. 1224/2009 e dal regolamento di esecuzione n. 404/2011, in quinto luogo, degli articoli 4 e 17 del codice frontiere Schengen, letti in combinato disposto con l’articolo 13 di quest’ultimo, nonché, in sesto luogo, dell’articolo 2, paragrafo 4, e dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2014/89.

91      Occorre altresì ricordare come la Corte, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, abbia già statuito che essa è incompetente a pronunciarsi sull’interpretazione di un accordo internazionale concluso da Stati membri ed il cui oggetto esuli dai settori di competenza dell’Unione, nonché sugli obblighi che ne derivano per tali Stati (v., in tal senso, sentenza del 30 settembre 2010, Commissione/Belgio, C‑132/09, EU:C:2010:562, punto 44).

92      Risulta da tale giurisprudenza che la Corte non è competente a pronunciarsi su un ricorso per inadempimento, proposto a titolo dell’articolo 258 TFUE o dell’articolo 259 TFUE, qualora la violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione fatta valere a sostegno di tale ricorso presenti carattere accessorio rispetto alla presunta violazione di obblighi risultanti da un accordo internazionale quale sopra descritto.

93      Pertanto, al fine di comprendere esattamente la natura e la portata delle asserite violazioni, le conclusioni formulate nell’atto introduttivo del giudizio devono essere lette alla luce delle censure sollevate dalla Repubblica di Slovenia quali figuranti nelle motivazioni addotte a sostegno dell’atto introduttivo stesso.

94      Orbene, risulta da tali motivazioni che, mediante la sua prima censura, relativa alla violazione dell’articolo 2 TUE, la Repubblica di Slovenia mira a far constatare che, violando unilateralmente l’impegno assunto durante il processo di adesione all’Unione di rispettare la sentenza arbitrale che sarebbe stata emanata, il confine fissato dalla sentenza arbitrale, nonché gli altri obblighi derivanti da tale pronuncia, la Repubblica di Croazia rifiuta di rispettare lo Stato di diritto sancito dalla disposizione sopra citata e disattende, per tale motivo, i principi di leale cooperazione e della res judicata.

95      Con la seconda censura, relativa alla violazione del principio di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, la Repubblica di Slovenia fa valere che la Repubblica di Croazia, rifiutando di riconoscere e di rispettare la frontiera stabilita dalla sentenza arbitrale, mette a rischio la realizzazione degli obiettivi dell’Unione e impedisce l’attuazione, sulla totalità del territorio sloveno, del diritto dell’Unione, la cui applicazione dipende dalla determinazione dei territori degli Stati membri.

96      Con la sua terza e la sua quarta censura, la Repubblica di Slovenia sostiene che, non rispettando il territorio sloveno e le sue frontiere, così come definite dalla sentenza arbitrale, la Repubblica di Croazia viola il diritto dell’Unione nel settore della politica comune della pesca.

97      In particolare, per quanto riguarda la terza censura, la Repubblica di Slovenia sostiene che, contestando la frontiera così come determinata dalla sentenza arbitrale, nonché opponendosi alla sua demarcazione e alla realizzazione di tale frontiera, la Repubblica di Croazia viola i diritti esclusivi della Repubblica di Slovenia sulle proprie acque territoriali, le impedisce di conformarsi agli obblighi che le incombono in virtù del regolamento n. 1380/2013 ed ostacola, con un comportamento unilaterale costituente una violazione manifesta della convenzione di arbitrato, l’applicazione del regime di accesso alle acque costiere della Croazia e della Slovenia a titolo delle relazioni di vicinato istituito da tale regolamento, il quale si applica a questi due Stati membri dal 30 dicembre 2017, cioè dall’indomani della data di scadenza del termine di sei mesi previsto dall’articolo 7, paragrafo 3, della convenzione di arbitrato per l’attuazione della sentenza arbitrale.

98      Quanto alla quarta censura, la Repubblica di Slovenia asserisce mediante quest’ultima che la Repubblica di Croazia viola il regime comunitario di controllo istituito al fine di assicurare il rispetto delle regole della politica comune della pesca, istituito dal regolamento n. 1224/2009 e dal regolamento di esecuzione n. 404/2011, dal momento che il secondo Stato membro citato, a causa della violazione della loro frontiera marittima comune come fissata dalla sentenza arbitrale, da un lato, impedisce alla Repubblica di Slovenia di conformarsi agli obblighi che le incombono nel quadro del suddetto regime di controllo e, dall’altro, esercita illegalmente, nelle acque slovene, diritti che spettano alla Repubblica di Slovenia in quanto Stato costiero.

99      Con la sua quinta censura, la Repubblica di Slovenia sostiene che, poiché la frontiera tra la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Slovenia, così come fissata dalla sentenza arbitrale, rimane una frontiera esterna alla quale si applicano le disposizioni del codice frontiere Schengen relative alle frontiere esterne, la Repubblica di Croazia viola sia gli obblighi di controllo di tale frontiera sia l’obbligo di sorveglianza di quest’ultima imposti dal codice summenzionato. Inoltre, detto Stato membro violerebbe l’obbligo di agire nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni del diritto internazionale applicabile previste dal codice di cui sopra, in quanto rifiuterebbe di riconoscere la sentenza arbitrale.

100    Con la sua sesta censura, la Repubblica di Slovenia sostiene che la Repubblica di Croazia, rifiutando di riconoscere la sentenza arbitrale che ha fissato la delimitazione delle acque territoriali tra questi due Stati membri e, in particolare, includendo le acque territoriali slovene nella propria pianificazione dello spazio marittimo, viola la direttiva 2014/89. Così facendo, la Repubblica di Croazia renderebbe altresì impossibile qualsiasi cooperazione prevista da tale direttiva.

101    Risulta da quanto precede che le asserite violazioni del diritto primario dell’Unione quali contemplate dalla prima e dalla seconda censura derivano, secondo la stessa Repubblica di Slovenia, dalla presunta violazione, da parte della Repubblica di Croazia, degli obblighi scaturenti dalla convenzione di arbitrato e dalla sentenza arbitrale emessa sulla base di tale convenzione, e segnatamente dalla violazione dell’obbligo di rispettare la frontiera stabilita in tale sentenza. Allo stesso modo, per quanto riguarda le asserite violazioni del diritto derivato dell’Unione quali contemplate dalle censure terza, quarta, quinta e sesta, esse si fondano sulla premessa secondo cui la frontiera terrestre e marittima tra la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Slovenia è stata determinata in conformità del diritto internazionale, ossia mediante la sentenza arbitrale. Il rifiuto, da parte del primo Stato membro citato, di eseguire tale sentenza impedirebbe di conseguenza al secondo Stato membro di attuare, nella totalità del suo territorio, le disposizioni del diritto derivato dell’Unione in questione, nonché di godere dei diritti che gli sono conferiti da dette disposizioni, e ostacolerebbe, nelle zone marittime costituenti l’oggetto della disputa, l’applicazione delle disposizioni del diritto derivato dell’Unione che fanno riferimento alla piena attuazione della sentenza arbitrale scaturente dalla convenzione di arbitrato.

102    A questo proposito, occorre constatare che la sentenza arbitrale è stata emessa da un tribunale internazionale costituito in virtù di una convenzione di arbitrato bilaterale disciplinata dal diritto internazionale, il cui oggetto non rientra nei settori di competenza dell’Unione contemplati dagli articoli da 3 a 6 TFUE e della quale l’Unione non è parte. Certamente, l’Unione ha offerto i suoi buoni uffici alle due parti della disputa sui confini ai fini della soluzione della stessa e la presidenza del Consiglio ha firmato la convenzione di arbitrato a nome dell’Unione, quale testimone. Inoltre, vincoli di connessione esistono tra, da un lato, la conclusione di tale convenzione nonché la procedura di arbitrato condotta sul fondamento della stessa e, dall’altro lato, il processo di negoziazione e di adesione della Repubblica di Croazia all’Unione. Simili circostanze non sono però sufficienti per ritenere che la convenzione di arbitrato e la sentenza arbitrale formino parte integrante del diritto dell’Unione.

103    In particolare, la circostanza che il punto 5 dell’allegato III dell’Atto di adesione abbia aggiunto all’allegato I del regolamento n. 2371/2002 i punti 11 e 12 e che le note a fondo pagina alle quali tali punti rinviano facciano riferimento, in termini neutri, alla sentenza arbitrale emessa sulla base della convenzione di arbitrato, al fine di definire la data di applicabilità del regime di accesso alle acque costiere della Croazia e della Slovenia a titolo delle relazioni di vicinato, non può essere interpretato nel senso che l’Atto di adesione suddetto abbia incorporato nel diritto dell’Unione gli impegni internazionali assunti nel quadro di detta convenzione dalla Repubblica di Croazia e dalla Repubblica di Slovenia, e segnatamente l’obbligo di rispettare la frontiera fissata nella sentenza di cui sopra.

104    Ne consegue che le asserite violazioni del diritto dell’Unione presentano carattere accessorio rispetto alla presunta violazione, da parte della Repubblica di Croazia, degli obblighi risultanti da un accordo internazionale bilaterale del quale l’Unione non è parte e il cui oggetto esula dai settori di competenza dell’Unione stessa. Dunque, poiché un ricorso per inadempimento proposto ai sensi dell’articolo 259 TFUE può avere ad oggetto unicamente il mancato rispetto di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, la Corte non è, giusta quanto ricordato ai punti 91 e 92 della presente sentenza, competente a pronunciarsi nel quadro del presente ricorso in merito ad un’asserita violazione degli obblighi scaturenti dalla convenzione di arbitrato e dalla sentenza arbitrale da cui discendono le censure sollevate dalla Repubblica di Slovenia in riferimento a presunte violazioni del diritto dell’Unione.

105    Occorre altresì precisare al riguardo che, mancando nei Trattati una definizione più precisa dei territori che ricadono sotto la sovranità degli Stati membri, spetta a ciascuno di essi determinare l’ampiezza e i limiti del proprio territorio, in conformità con le regole del diritto internazionale pubblico (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2007, Aktiebolaget NN, C‑111/05, EU:C:2007:195, punto 54). Infatti, è in riferimento ai territori nazionali che viene determinato l’ambito di applicazione territoriale dei Trattati, ai sensi dell’articolo 52 TUE e dell’articolo 355 TFUE. Del resto, l’articolo 77, paragrafo 4, TFUE ricorda che gli Stati membri sono competenti per quanto riguarda la delimitazione geografica delle loro frontiere, in conformità del diritto internazionale.

106    Nel caso di specie, l’articolo 7, paragrafo 3, della convenzione di arbitrato prevede che le parti adotteranno tutte le misure necessarie al fine di attuare la sentenza arbitrale, ivi compresa, ove necessario, l’adozione di modifiche della normativa nazionale entro i sei mesi successivi all’adozione di detta sentenza. D’altronde, le note a fondo pagina relative ai punti 8 e 10 dell’allegato I del regolamento n. 1380/2013 precisano che, per quanto riguarda la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Slovenia, il regime di accesso alle acque costiere di tali Stati membri a titolo delle relazioni di vicinato, stabilito nell’allegato I di tale regolamento, «si applica a decorrere dalla piena attuazione [della sentenza arbitrale]». Orbene, è pacifico, come in sostanza rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 164 delle sue conclusioni, che la sentenza arbitrale non è stata eseguita.

107    Alla luce di tali circostanze, non spetta alla Corte, a pena di travalicare le competenze ad essa attribuite dai Trattati e di invadere le competenze riservate agli Stati membri in materia di determinazione geografica delle loro frontiere, esaminare, nel quadro del presente ricorso proposto ai sensi dell’articolo 259 TFUE, la questione dell’ampiezza e dei limiti dei rispettivi territori della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia, applicando direttamente la frontiera stabilita dalla sentenza arbitrale al fine di verificare l’effettiva esistenza delle violazioni del diritto dell’Unione in discussione.

108    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la Corte è incompetente a statuire sul presente ricorso per constatazione di inadempimento.

109    Tale conclusione lascia impregiudicato qualsiasi obbligo scaturente, per ciascuno dei due Stati membri interessati, nelle loro relazioni reciproche ma anche verso l’Unione e gli altri Stati membri, dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE per adoperarsi lealmente ai fini della realizzazione di una soluzione giuridica definitiva conforme al diritto internazionale, quale auspicata nell’Atto di adesione, la quale assicuri l’applicazione effettiva e senza ostacoli del diritto dell’Unione nelle zone in questione e per porre fine alla loro disputa utilizzando l’uno o l’altro mezzo per la composizione di quest’ultima, ivi compresa, se del caso, la sottoposizione di tale disputa alla Corte in virtù di un compromesso ai sensi dell’articolo 273 TFUE.

 Sulle spese

110    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

111    Poiché la Repubblica di Croazia ha concluso chiedendo la condanna della Repubblica di Slovenia alle spese e quest’ultima è rimasta soccombente nei motivi proposti, occorre condannare tale Stato membro alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il documento di lavoro interno della Commissione europea relativo al parere del suo servizio giuridico, contenuto nelle pagine da 38 a 45 dell’allegato C.2 della risposta della Repubblica di Slovenia all’eccezione di irricevibilità, è stralciato dal fascicolo della causa C457/18.

2)      La Corte di giustizia dell’Unione europea è incompetente a statuire sul ricorso della Repubblica di Slovenia, proposto sulla base dell’articolo 259 TFUE, nella causa C457/18.

3)      La Repubblica di Slovenia è condannata alle spese.

Firme


*      Lingua processuale: il croato.