Language of document : ECLI:EU:C:2020:872

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

29 ottobre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Previdenza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 20, paragrafo 2 – Direttiva 2011/24/UE – Articolo 8, paragrafi 1 e 5 nonché paragrafo 6, lettera d) – Assicurazione malattia – Cure ospedaliere prestate in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di affiliazione – Rifiuto di autorizzazione preventiva – Cure ospedaliere che possono essere prestate efficacemente nello Stato membro di affiliazione – Articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Differenza di trattamento fondata sulla religione»

Nella causa C‑243/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Augstākās tiesa (Senāts) (Senato della Corte suprema, Lettonia), con decisione dell’8 marzo 2019, pervenuta in cancelleria il 20 marzo 2019, nel procedimento

A

contro

Veselības ministrija,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della seconda sezione, A. Kumin, T. von Danwitz e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: G. Hogan

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 febbraio 2020,

considerate le osservazioni presentate:

–        per A, da S. Brady, barrister, P. Muzny, avocat, e E. Endzelis, advokāts;

–        per il Veselības ministrija, da I. Viņķele e R. Osis, in qualità di agenti;

–        per il governo lettone, inizialmente da I. Kucina e L. Juškeviča, successivamente da L. Juškeviča e V. Soņeca, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Russo, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna,, M. Horoszko e M. Malczewska, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da B.-R. Killmann, A. Szmytkowska e I. Rubene, in qualità di agenti;

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 aprile 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 200, pag. 1), dell’articolo 8, paragrafo 5, della direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera (GU 2011, L 88, pag. 45), dell’articolo 56 TFUE nonché dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra A e il Veselības ministrija (Ministero della sanità, Lettonia) in merito al rifiuto di rilasciare un’autorizzazione che consentisse al figlio di A di ricevere assistenza sanitaria a carico del bilancio dello Stato lettone in un altro Stato membro.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Regolamento n. 883/2004

3        I considerando 4 e 45 del regolamento n. 883/2004 così recitano:

«(4)      È necessario rispettare le caratteristiche proprie delle legislazioni nazionali di sicurezza sociale ed elaborare unicamente un sistema di coordinamento.

(...)

(45)      Poiché lo scopo dell’azione proposta, vale a dire le misure di coordinamento atte a garantire l’effettivo esercizio del diritto di libera circolazione delle persone, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».

4        L’articolo 20, paragrafi da 1 a 3 di tale regolamento, intitolato «Viaggio inteso a ricevere prestazioni in natura – Autorizzazione a ricevere cure adeguate al di fuori dello Stato membro di residenza», è così formulato:

«1.      Fatte salve disposizioni contrarie del presente regolamento, la persona assicurata che si trasferisca in un altro Stato membro per ricevervi prestazioni in natura nel corso della dimora, chiede un’autorizzazione all’istituzione competente.

2.      La persona assicurata autorizzata dall’istituzione competente a recarsi in un altro Stato membro al fine di ricevervi cure adeguate al suo stato di salute, beneficia delle prestazioni in natura erogate, per conto dell’istituzione competente, dall’istituzione del luogo di dimora, secondo le disposizioni della legislazione che essa applica, come se fosse assicurata in virtù di tale legislazione. L’autorizzazione è concessa qualora le cure di cui si tratta figurino tra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro in cui risiede l’interessato e se le cure in questione non possono essergli praticate entro un lasso di tempo accettabile sotto il profilo medico, tenuto conto dell’attuale stato di salute dello stesso e della probabile evoluzione della sua malattia.

3.      I paragrafi 1 e 2 si applicano mutatis mutandis ai familiari di una persona assicurata».

 Direttiva 2011/24

5        I considerando 1, 4, 6, 7, 8, 29 e 43 della direttiva 2011/24 sono del seguente tenore:

«(1)      A norma dell’articolo 168, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE») nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Ne consegue che un livello elevato di protezione della salute umana deve essere garantito anche nel caso in cui l’Unione adotti atti a norma di altre disposizioni del trattato.

(...)

(4)      Nonostante la possibilità per i pazienti di ricevere assistenza sanitaria transfrontaliera ai sensi della presente direttiva, gli Stati membri sono comunque tenuti sul loro territorio a prestare ai cittadini un’assistenza sanitaria sicura, di qualità elevata, efficiente e quantitativamente adeguata. Inoltre, il recepimento della presente direttiva nella legislazione nazionale e la sua applicazione non dovrebbero condurre a una situazione in cui i pazienti siano incoraggiati a ricevere le cure fuori dal loro Stato membro di affiliazione.

(...)

(6)      Come sancito in varie occasioni dalla Corte (…), pur riconoscendone la natura specifica, tutti i tipi di cure sanitarie rientrano nell’ambito di applicazione del TFUE.

(7)      La presente direttiva rispetta e non pregiudica la facoltà di ciascuno Stato membro di decidere il tipo di assistenza sanitaria ritenuta opportuna. Nessuna disposizione della presente direttiva dovrebbe essere interpretata in modo tale da compromettere le scelte etiche fondamentali degli Stati membri.

(8)      La Corte (…) si è già pronunciata su alcuni aspetti dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, in particolare sul rimborso delle cure sanitarie prestate in uno Stato membro diverso da quello in cui è residente il destinatario delle cure. La presente direttiva ha la finalità di pervenire a una più generale, nonché efficace, applicazione dei principi elaborati dalla Corte (…) attraverso singole pronunce.

(...)

(29)      È opportuno esigere che anche i pazienti che si recano in un altro Stato membro per ricevere cure sanitarie in circostanze diverse da quelle previste nel regolamento [n. 883/2004] possano beneficiare dei principi della libera circolazione dei pazienti, dei servizi o delle merci conformemente al TFUE e alla presente direttiva. Ai pazienti dovrebbe essere garantito un livello di copertura dei costi delle cure sanitarie perlomeno corrispondente a quello che sarebbe stato loro riconosciuto per un’assistenza identica prestata nello Stato membro di affiliazione. Ciò dovrebbe rispettare pienamente la competenza degli Stati membri nel determinare l’entità dell’assicurazione malattia concessa ai propri cittadini ed evitare qualsiasi incidenza rilevante sul finanziamento dei sistemi sanitari nazionali.

(...)

(43)      I criteri connessi alla concessione dell’autorizzazione preventiva dovrebbero essere giustificati alla luce di motivi imperativi di interesse generale atti a giustificare gli ostacoli al principio della libera circolazione dell’assistenza sanitaria, quali le esigenze di pianificazione riguardanti l’obiettivo di assicurare, nel territorio dello Stato membro interessato, la possibilità di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità o alla volontà di garantire un controllo dei costi e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane. La Corte (…) ha individuato diverse possibili considerazioni: il rischio di compromettere gravemente l’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, l’obiettivo di mantenere, per ragioni di salute pubblica, un servizio medico-ospedaliero equilibrato e aperto a tutti e l’obiettivo di mantenere, sul territorio nazionale, delle strutture sanitarie o delle competenze mediche essenziali per la salute pubblica, ed anche per la sopravvivenza della popolazione (...)».

6        L’articolo 7 della direttiva 2011/24, intitolato «Principi generali per il rimborso dei costi», così dispone:

«1.      Fatto salvo il regolamento [n. 883/2004] e conformemente a quanto disposto dagli articoli 8 e 9, lo Stato membro di affiliazione assicura che i costi sostenuti da una persona assicurata che si è avvalsa dell’assistenza sanitaria transfrontaliera siano rimborsati, se l’assistenza sanitaria in questione è compresa tra le prestazioni cui la persona assicurata ha diritto nello Stato membro di affiliazione.

(...)

3.      Spetta allo Stato membro di affiliazione determinare, a livello locale, regionale o nazionale, l’assistenza sanitaria per cui una persona assicurata ha diritto alla copertura dei costi nonché il livello di copertura di tali costi, indipendentemente dal luogo in cui l’assistenza sanitaria sia stata prestata.

4.      I costi relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera sono rimborsati o direttamente pagati dallo Stato membro di affiliazione in misura corrispondente ai costi che il sistema avrebbe coperto se tale assistenza sanitaria fosse stata prestata nello Stato membro di affiliazione, senza che tale copertura superi il costo effettivo dell’assistenza sanitaria ricevuta.

Laddove l’intero costo dell’assistenza sanitaria transfrontaliera superi il livello dei costi che sarebbero stati sostenuti se l’assistenza sanitaria fosse stata prestata sul [suo] territorio, lo Stato membro di affiliazione può comunque decidere di rimborsare l’intero costo.

(...)

8.      Lo Stato membro di affiliazione non subordina il rimborso dei costi dell’assistenza transfrontaliera ad autorizzazione preventiva, ad eccezione dei casi di cui all’articolo 8.

9.      Lo Stato membro di affiliazione può limitare l’applicazione delle norme sul rimborso dell’assistenza sanitaria transfrontaliera per motivi imperativi di interesse generale, quali quelli riguardanti l’obiettivo di assicurare, nel territorio dello Stato membro interessato, la possibilità di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità o alla volontà di garantire il controllo dei costi e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane.

(...)».

7        Ai sensi dell’articolo 8 di tale direttiva, intitolato «Assistenza sanitaria che può essere soggetta ad autorizzazione preventiva»:

«1.      Lo Stato membro di affiliazione può prevedere un sistema di autorizzazione preventiva per il rimborso dei costi dell’assistenza transfrontaliera, conformemente al presente articolo e all’articolo 9. Il sistema di autorizzazione preventiva, compresi i criteri e l’applicazione di tali criteri, e le singole decisioni di rifiuto di concedere un’autorizzazione preventiva, è limitato a quanto necessario e proporzionato all’obiettivo da raggiungere, e non può costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione dei pazienti.

2.      L’assistenza sanitaria che può essere soggetta ad autorizzazione preventiva è limitata all’assistenza sanitaria che:

a)      è soggetta a esigenze di pianificazione riguardanti l’obiettivo di assicurare, nel territorio dello Stato membro interessato, la possibilità di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità o alla volontà di garantire il controllo dei costi e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane e:

i)      comporta il ricovero del paziente in questione per almeno una notte, o

ii)      richiede l’utilizzo di un’infrastruttura sanitaria o di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose;

(...)

5.      Fatto salvo il paragrafo 6, lettere da a) a c), lo Stato membro di affiliazione non può rifiutarsi di concedere un’autorizzazione preventiva quando il paziente ha diritto all’assistenza sanitaria in questione, ai sensi dell’articolo 7 della presente direttiva, e quando l’assistenza sanitaria in questione non può essere prestata sul suo territorio entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, sulla base di una valutazione medica oggettiva dello stato di salute del paziente, dell’anamnesi e del probabile decorso della sua malattia, dell’intensità del dolore e/o della natura della sua disabilità al momento in cui la richiesta di autorizzazione è stata fatta o rinnovata.

6.      Lo Stato membro di affiliazione può rifiutarsi di concedere un’autorizzazione preventiva per i seguenti motivi:

(...)

d)      l’assistenza sanitaria in questione può essere prestata sul suo territorio entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, tenendo presente lo stato di salute e il probabile decorso della malattia di ogni paziente interessato».

 Diritto lettone

8        Il punto 293 del Ministru kabineta noteikumi Nr. 1529 «Veselības aprūpes organizēšanas un finansēšanas kārtība» (decreto del Consiglio dei ministri n. 1529 sull’organizzazione e il finanziamento dell’assistenza sanitaria), del 17 dicembre 2013 (Latvijas Vēstnesis, 2013, n. 253), nella sua versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto n. 1529»), così disponeva:

«Ai sensi del [regolamento n. 883/2004] e del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del [regolamento n. 883/2004 (GU 2009, L 284, pag. 1)], il [servizio sanitario] rilascia i seguenti documenti, che attestano il diritto di una persona di ricevere, in un altro Stato membro dell’[Unione europea] o dello [Spazio economico europeo (SEE)] o in Svizzera, assistenza sanitaria finanziata attraverso il bilancio dello Stato:

(...)

293.2.      il modulo S2, intitolato “Certificato di autorizzazione a cure programmate” (in prosieguo: il “modulo S2”), che consente di ricevere cure mediche programmate indicate nel modulo, nel paese e entro il termine in esso menzionati (...)».

9        Ai sensi del punto 310 di tale decreto:

«Il [servizio sanitario] rilascia il modulo S2 agli aventi diritto ad assistenza sanitaria coperta dal bilancio dello Stato e che desiderano beneficiare di cure mediche programmate in un altro Stato membro dell’Unione o del SEE o in Svizzera, se vengono soddisfatte le seguenti condizioni cumulative:

310.1.      l’assistenza sanitaria è coperta dal bilancio dello Stato conformemente alle norme applicabili a tale assistenza;

310.2.      alla data in cui la domanda viene esaminata, nessuna delle strutture sanitarie di cui al punto 7 del presente decreto può garantire l’assistenza sanitaria ed in tal senso è stato espresso parere motivato da parte della struttura in parola;

310.3.      l’assistenza in questione è necessaria per l’interessato per evitare un deterioramento irreversibile delle funzioni vitali o delle condizioni di salute, sulla base delle condizioni di salute dell’interessato al momento in cui esse vengono esaminate e della prevedibile evoluzione della malattia».

10      Il punto 323.2 del decreto n. 1529 disponeva che spettava al servizio sanitario competente decidere di rilasciare un’autorizzazione preventiva per cure programmate di chirurgia cardiaca in ospedale in uno Stato membro dell’Unione, in uno Stato membro del SEE o in Svizzera.

11      Il punto 324.2 di tale decreto prevedeva che il servizio sanitario rifiutasse il rilascio dell’autorizzazione preventiva alle seguenti condizioni:

«324.2.      qualora l’assistenza sanitaria possa essere erogata in Lettonia entro il seguente termine (tranne in una situazione in cui non è consentita l’attesa a motivo dello stato di salute dell’individuo e del decorso prevedibile della malattia e nei limiti in cui ciò sia indicato nel documento medico menzionato al punto 325.2 o al punto 325.3 del presente decreto):

(...)

324.2.2.      nel caso di cure ospedaliere menzionate ai punti 323.2 e 323.3: dodici mesi;

(...)».

12      Il punto 328 di detto decreto così disponeva:

«Il [servizio sanitario] rimborsa, agli aventi diritto all’assistenza sanitaria a carico delle finanze pubbliche in Lettonia, i costi sanitari sostenuti con risorse proprie per l’assistenza sanitaria ricevuta in un altro Stato membro dell’Unione o del SEE o in Svizzera:

328.1.      conformemente alle disposizioni del regolamento n. 883/2004 e del regolamento n. 987/2009, nonché alle condizioni tariffarie applicate in relazione ai costi dell’assistenza sanitaria da parte dello Stato in cui dette persone hanno beneficiato dell’assistenza e sulla base delle informazioni fornite dall’istituzione competente dello Stato membro dell’Unione o del SEE o dalla Confederazione svizzera circa l’importo da rimborsare a dette persone, qualora:

(...)

328.1.2.      il [servizio sanitario] abbia preso la decisione di rilasciare a dette persone un modulo S2, ma queste abbiano coperto con proprie risorse i costi per l’assistenza sanitaria ricevuta.

328.2            Sulla base delle tariffe per i servizi di assistenza sanitaria vigenti al momento in cui dette persone hanno ricevuto tali servizi o sulla base dell’importo delle indennità previste dalle norme relative alla procedura di compensazione dei costi di acquisto di medicinali e di dispositivi medici destinati a trattamenti ambulatoriali al momento dell’acquisto dei medicinali e dei dispositivi medici in questione, qualora:

328.2.1      dette persone abbiano ricevuto un’assistenza sanitaria programmata (compresa quella che necessita di autorizzazione preventiva), salvo il caso di cui al punto 328.1.2 e in [Lettonia] detta assistenza sanitaria sia fra quelle erogate a carico delle finanze pubbliche secondo la procedura prevista dal presente decreto.

(...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      Il figlio del ricorrente nel procedimento principale, minore affetto da una malformazione cardiaca congenita, doveva subire un intervento a cuore aperto.

14      Il ricorrente nel procedimento principale, iscritto al sistema sanitario lettone, si è opposto all’esecuzione di una trasfusione di sangue al momento di tale operazione dichiarando di essere testimone di Geova. Poiché tale operazione non era possibile in Lettonia senza effettuare una trasfusione di sangue, il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto al Nacionālais veselības dienests (servizio sanitario nazionale, Lettonia) (in prosieguo: il «servizio sanitario») di rilasciare per il figlio un modulo S2, che autorizza a beneficiare di determinate cure mediche programmate, segnatamente, in uno Stato membro dell’Unione diverso dal suo Stato di affiliazione, affinché suo figlio potesse sottoporsi a detta operazione in Polonia. Con decisione del 29 marzo 2016 il servizio sanitario si è rifiutato di rilasciare tale modulo. Con decisione del 15 luglio 2016 il Ministero della sanità ha confermato la decisione del servizio sanitario per il motivo che l’operazione in questione poteva essere effettuata in Lettonia e che, ai fini del rilascio di detto modulo, devono essere presi in considerazione solo il quadro clinico e le limitazioni fisiche dell’individuo.

15      Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso dinanzi all’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale, Lettonia) al fine di ottenere, a favore del figlio, un atto amministrativo favorevole che riconoscesse il diritto di ricevere cure mediche programmate. Con sentenza del 9 novembre 2016 detto giudice ha respinto tale ricorso.

16      Adita in appello, l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia) con sentenza del 10 febbraio 2017 ha confermato la sentenza impugnata sulla base del rilievo che, ai fini del rilascio del modulo S2, dovevano essere soddisfatte le condizioni cumulative enunciate al punto 310 del decreto n. 1529. Orbene, tale giudice ha rilevato che la prestazione medica di cui trattasi, che è una cura medica finanziata dal bilancio dello Stato lettone, era certamente necessaria per evitare il deterioramento irreversibile delle funzioni vitali o delle condizioni di salute del figlio del ricorrente nel procedimento principale, ma che, al momento dell’esame della domanda di rilascio del modulo S2, l’ospedale avrebbe confermato che tale prestazione poteva essere effettuata in Lettonia. Inoltre, detto giudice ha ritenuto che dal fatto che il ricorrente nel procedimento principale avesse rifiutato la trasfusione non si poteva dedurre l’impossibilità dell’ospedale di cui trattasi di erogare detta prestazione medica e ha concluso che una delle condizioni necessarie per il rilascio del modulo S2 non era soddisfatta.

17      Il ricorrente nel procedimento principale ha presentato ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio, sostenendo, segnatamente, di essere vittima di una discriminazione in quanto la grande maggioranza degli iscritti avrebbe la possibilità di ricevere l’assistenza sanitaria in questione senza rinunciare alle proprie convinzioni religiose. Il Ministero della sanità sostiene, dal canto suo, che tale impugnazione sia infondata per il motivo che la norma enunciata al punto 310 del decreto n. 1529 è imperativa e non prevede che l’autorità competente disponga di un potere discrezionale nell’adottare un atto amministrativo. Tale norma dovrebbe essere letta in combinato disposto con il punto 312.2 di tale decreto, da cui risulta che solo le giustificazioni mediche dirette sono determinanti. Il Ministero della sanità ritiene che il ricorrente nel procedimento principale chieda, in sostanza, di prendere in considerazione criteri che il legislatore nazionale non ha previsto. Esso rileva che la normativa nazionale prevede restrizioni ragionevoli, che garantiscono per quanto possibile una destinazione razionale delle risorse economiche e che tutelano l’insieme degli interessi pubblici legati all’accesso a una medicina di qualità in Lettonia.

18      Il 22 aprile 2017 il figlio del ricorrente nel procedimento principale ha subito un intervento al cuore in Polonia.

19      Il giudice del rinvio si chiede se i servizi sanitari lettoni potessero negare il rilascio del modulo S2, che avrebbe consentito tale presa in carico, sulla base di criteri esclusivamente medici o se fossero altresì tenuti a prendere in considerazione a tal riguardo le convinzioni religiose di A.

20      È in tale contesto che l’Augstākā tiesa (Senāts) (Senato della Corte suprema, Lettonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 20, paragrafo 2, del [regolamento n. 883/2004], in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, della [Carta], debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può rifiutare l’autorizzazione di cui all’articolo 20, paragrafo 1, di detto regolamento qualora nello Stato di residenza dell’interessato siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma il metodo di cura utilizzato non sia conforme alle convinzioni religiose del suddetto interessato;

2)      Se l’articolo 56 del TFUE e l’articolo 8, paragrafo 5, della direttiva [2011/24], in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, della [Carta], debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro può rifiutare l’autorizzazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva qualora nello Stato membro di affiliazione dell’interessato siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma il metodo di cura utilizzato non sia conforme alle convinzioni religiose del suddetto interessato».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

21      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che lo Stato membro di residenza dell’assicurato rifiuti di concedergli l’autorizzazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamento qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose dell’interessato siano contrarie al metodo di cura utilizzato.

22      Occorre rammentare, innanzitutto, che, ai sensi dei considerando 4 e 45 del regolamento n. 883/2004, lo scopo di quest’ultimo è coordinare i sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri onde garantire l’effettivo esercizio della libera circolazione delle persone. Detto regolamento ha modernizzato e semplificato le norme contenute nel regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella sua versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 (GU 1997, L 28, pag. 1), mantenendo lo stesso obiettivo di quest’ultimo (sentenza del 6 giugno 2019, V, C‑33/18, EU:C:2019:470, punto 41).

23      Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, la persona assicurata che si trasferisca in un altro Stato membro per ricevervi cure mediche deve, in linea di principio, chiedere un’autorizzazione all’istituzione competente.

24      Il paragrafo 2, prima frase, dell’articolo 20 del regolamento n. 883/2004 è inteso a conferire un diritto alle prestazioni in natura erogate, per conto dell’istituzione competente, dall’istituzione del luogo di dimora, secondo le disposizioni della legislazione dello Stato membro in cui le prestazioni sono erogate, come se l’interessato dipendesse da quest’ultima istituzione. Agli assicurati sono così conferiti diritti che essi altrimenti non possederebbero, in quanto tali diritti, comportando la presa a carico da parte dell’istituzione del luogo di dimora secondo la normativa che applica quest’ultima, non potrebbero essere, per definizione, garantiti ai detti assicurati in forza della sola normativa dello Stato membro competente (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2003, Inizan, C‑56/01, EU:C:2003:578, punto 22). Pertanto, gli assicurati beneficiano, in forza di tale regolamento, di diritti che non sono conferiti loro dalla libera prestazione dei servizi, quale sancita dall’articolo 56 TFUE e concretizzata dalla direttiva 2011/24 in materia di assistenza sanitaria.

25      Il paragrafo 2, seconda frase, dell’articolo 20 del regolamento n. 883/2004 ha il solo scopo d’individuare le circostanze in cui è escluso che l’istituzione competente possa negare l’autorizzazione richiesta sulla base del paragrafo 1 di tale articolo (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov, C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). Tale paragrafo 2, seconda frase, enuncia due condizioni cumulative la cui presenza rende obbligatorio il rilascio, da parte dell’istituzione competente, dell’autorizzazione preventiva richiesta sulla base del paragrafo 1 dello stesso articolo. La prima condizione richiede che le cure in questione figurino tra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro in cui risiede l’assicurato. La seconda condizione impone che le cure che quest’ultimo intende ricevere in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede, tenuto conto dell’attuale stato di salute dello stesso e dell’evoluzione della sua malattia, non possano essergli praticate entro il termine normalmente necessario per ottenere le cure di cui trattasi nello Stato membro di residenza (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2014, Petru, C‑268/13, EU:C:2014:2271, punto 30).

26      Nel caso di specie, è pacifico che la prestazione di cui trattasi nel procedimento principale è prevista dalla legislazione lettone e che la prima condizione contenuta all’articolo 20, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento n. 883/2004 è soddisfatta.

27      Il giudice del rinvio rileva, invece, che il punto controverso nel procedimento principale è se sia soddisfatta la seconda condizione prevista da tale disposizione.

28      A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che l’autorizzazione richiesta non può essere negata ove un trattamento identico o che presenti lo stesso grado di efficacia non possa essere ottenuto in tempo utile nello Stato membro nel cui territorio risiede l’interessato (sentenza del 9 ottobre 2014, Petru, C‑268/13, EU:C:2014:2271, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

29      Al fine di valutare se esista un siffatto trattamento, la Corte ha precisato che l’istituzione competente è tenuta a prendere in considerazione l’insieme delle circostanze che contraddistinguono ogni caso concreto, tenendo nel dovuto conto non solamente il quadro clinico del paziente nel momento in cui è richiesta l’autorizzazione e, all’occorrenza, il grado del dolore o la natura dell’infermità di quest’ultimo, ma anche i suoi antecedenti (v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2006, Watts, C‑372/04, EU:C:2006:325, punto 62; del 5 ottobre 2010, Elchinov, C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 66, e del 9 ottobre 2014, Petru, C‑268/13, EU:C:2014:2271, punto 32).

30      Da tale giurisprudenza discende che l’esame dell’insieme delle circostanze caratteristiche di ogni caso concreto che devono essere prese in considerazione alla luce dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, al fine di stabilire se un trattamento identico o che presenti lo stesso grado di efficacia possa essere ottenuto nello Stato membro di residenza dell’assicurato, costituisce una valutazione medica oggettiva. Di conseguenza, si deve constatare che il regime di autorizzazione preventiva previsto dall’articolo 20 del regolamento n. 883/2004 prende esclusivamente in considerazione il quadro clinico del paziente, e non le sue scelte personali in materia di cure mediche.

31      Nel caso di specie, è pacifico che l’operazione di cui trattasi nel procedimento principale era necessaria al fine di evitare il deterioramento irreversibile delle funzioni vitali o delle condizioni di salute del figlio del ricorrente nel procedimento principale, tenuto conto dell’esame del suo stato di salute e dell’evoluzione prevedibile della sua malattia. Inoltre, tale operazione poteva essere effettuata in Lettonia mediante una trasfusione di sangue e non esisteva sotto il profilo medico alcun motivo che giustificasse di ricorrere a un altro metodo di cura. Il ricorrente nel procedimento principale si è opposto alla trasfusione per il solo motivo che le sue convinzioni religiose vi si opponevano e ha auspicato che l’operazione avvenisse senza trasfusione, il che non era possibile in Lettonia.

32      Dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge quindi che non vi era sotto il profilo medico alcun motivo che giustificasse che il figlio del ricorrente nel procedimento principale non potesse ricevere il trattamento disponibile in Lettonia.

33      Pertanto, nei limiti in cui la seconda condizione contenuta all’articolo 20, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento n. 883/2004 consiste esclusivamente nell’esaminare lo stato di salute del paziente, l’anamnesi e il probabile decorso della sua malattia, l’intensità del dolore e/o la natura della sua disabilità e non implica quindi la presa in considerazione della scelta personale di quest’ultimo in materia di cure, la decisione delle autorità lettoni di negare il rilascio del modulo S2 non può essere considerata incompatibile con tale disposizione.

34      Ciò posto, quando lo Stato membro di residenza dell’assicurato rifiuta di concedere l’autorizzazione preventiva di cui all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, tale Stato membro attua il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, di modo che è tenuto a rispettare i diritti fondamentali garantiti da quest’ultima, tra cui, in particolare, quelli sanciti dall’articolo 21 (sentenza dell’11 giugno 2020, Prokuratura Rejonowa w Słupsku, C‑634/18, EU:C:2020:455, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

35      Occorre rammentare, a tal riguardo, che il principio della parità di trattamento configura un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 20 della Carta, e il principio di non discriminazione enunciato all’articolo 21, paragrafo 1, della Carta ne costituisce una particolare espressione (sentenze del 22 maggio 2014, Glatzel, C‑356/12, EU:C:2014:350, punto 43, e del 5 luglio 2017, Fries, C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 29).

36      Inoltre, il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla religione o sulle convinzioni personali riveste carattere imperativo in quanto principio generale del diritto dell’Unione. Sancito all’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, tale divieto è di per sé sufficiente a conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale nell’ambito di una controversia che li vede opposti in un settore disciplinato dal diritto dell’Unione (sentenze del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 76, e del 22 gennaio 2019, Cresco Investigation, C‑193/17, EU:C:2019:43, punto 76).

37      Secondo giurisprudenza costante della Corte, detto principio generale impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che un trattamento siffatto sia obiettivamente giustificato. Una differenza di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi (sentenza del 9 marzo 2017, Milkova, C‑406/15, EU:C:2017:198, punto 55).

38      Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio verificare, in primo luogo, se il rifiuto di concedere al ricorrente nel procedimento principale l’autorizzazione preventiva prevista dall’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 instauri una differenza di trattamento fondata sulla religione. In tal caso, gli spetta quindi esaminare, in secondo luogo, se tale differenza di trattamento sia basata su un criterio obiettivo e ragionevole. Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, è competente a fornire, alla luce degli elementi del fascicolo, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella decisione sul procedimento principale (sentenza del 2 dicembre 2009, Aventis Pasteur, C‑358/08, EU:C:2009:744, punto 50).

39      Nel caso di specie, risulta che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale è formulata in modo neutro e non comporta una discriminazione diretta fondata sulla religione.

40      Occorre altresì esaminare se, tenuto conto degli elementi contenuti nel fascicolo, tale diniego introduca una differenza di trattamento che è indirettamente fondata sulla religione o sulle convinzioni religiose.

41      Il giudice del rinvio rileva che, a differenza delle persone il cui stato di salute, o quello dei loro figli, richiede un intervento medico quale quello di cui trattasi nel procedimento principale, ma che non sono testimoni di Geova, le convinzioni religiose del ricorrente nel procedimento principale incidono sulla scelta di quest’ultimo in materia di cure. Poiché per i testimoni di Geova il divieto di trasfusioni di sangue è parte integrante delle loro convinzioni religiose, essi non potrebbero accettare di subire un intervento medico che implichi siffatte trasfusioni. Dato che lo Stato membro di residenza non copre i costi di un altro trattamento, consentito dalle loro convinzioni religiose, le spese generate da quest’ultimo dovrebbero essere sostenute personalmente dai soggetti quali il ricorrente nel procedimento principale.

42      In una situazione del genere, risulta quindi che può verificarsi una differenza indiretta di trattamento tra, da un lato, i pazienti che subiscono un intervento medico con trasfusione di sangue, i cui costi sono coperti dalla previdenza sociale dello Stato membro di residenza e, dall’altro, i pazienti che, per motivi religiosi, decidono di non sottoporsi a un siffatto intervento in tale Stato membro e di ricorrere, in un altro Stato membro, a un trattamento al quale le loro convinzioni religiose non si oppongono, i cui costi non sono coperti dal primo Stato membro.

43      Alla luce di quanto precede, si deve osservare che il rifiuto di concedere al ricorrente nel procedimento principale l’autorizzazione preventiva prevista dall’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 instaura una differenza di trattamento indirettamente fondata sulla religione. Occorre pertanto esaminare se tale differenza di trattamento sia fondata su un criterio obiettivo e ragionevole.

44      Il giudice del rinvio sottolinea che l’obiettivo della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale potrebbe essere la tutela della sanità pubblica e dei diritti di terzi, mantenendo sul territorio nazionale un’offerta sufficiente, equilibrata e permanente di cure ospedaliere di qualità, nonché salvaguardando la stabilità finanziaria del sistema di previdenza sociale.

45      Occorre rilevare che, quando un provvedimento nazionale rientra nel campo della sanità pubblica, si deve tener conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi tutelati dal Trattato FUE.

46      La Corte ha considerato, in particolare, che il numero delle infrastrutture ospedaliere, la loro ripartizione geografica, la loro organizzazione e le attrezzature di cui sono dotate, o ancora la natura dei servizi medici che sono in grado di fornire, devono poter essere oggetto di una pianificazione, la quale risponda, in linea di massima, a diverse esigenze. Da un lato, tale pianificazione persegue l’obiettivo di garantire nel territorio dello Stato membro interessato la possibilità di un accesso sufficiente e permanente a una gamma equilibrata di cure ospedaliere di qualità. Dall’altro lato, essa è strumentale alla volontà di controllare le spese e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane. Un siffatto spreco si dimostrerebbe infatti tanto più dannoso in quanto è pacifico che il settore delle cure ospedaliere genera costi notevoli e deve rispondere a bisogni crescenti, mentre le risorse finanziarie che possono essere destinate alle cure sanitarie, quale che sia la modalità di finanziamento usata, non sono illimitate (sentenze del 12 luglio 2001, Smits e Peerbooms, C‑157/99, EU:C:2001:404, punti da 76 a 79; del 16 maggio 2006, Watts, C‑372/04, EU:C:2006:325, punti 108 e 109, nonché del 5 ottobre 2010, Elchinov, C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 43).

47      Di conseguenza, non si può escludere che un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale possa costituire un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una differenza di trattamento fondata sulla religione. L’obiettivo di mantenere un servizio medico-ospedaliero equilibrato ed accessibile a tutti può parimenti rientrare nel regime delle deroghe giustificate da ragioni di sanità pubblica, in quanto un tale obiettivo contribuisce alla realizzazione di un livello elevato di tutela della salute (v., per analogia, in materia di libera prestazione dei servizi, sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov, C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

48      Come rammentato al punto 24 della presente sentenza, l’assicurato che abbia ottenuto l’autorizzazione preventiva prevista dall’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 deve in linea di principio beneficiare, per la durata fissata dall’istituzione competente, delle prestazioni in natura erogate, per conto della detta istituzione, dall’istituzione dello Stato membro di dimora, secondo le disposizioni della legislazione che quest’ultima applica, come se l’assicurato fosse ad essa affiliato. La Corte ha rilevato, a tal riguardo, che il diritto così conferito all’assicurato implica di conseguenza che le cure praticate siano dapprima prese in carico dall’istituzione dello Stato membro di dimora, secondo la legislazione che quest’ultima applica, con l’obbligo per l’istituzione competente di rimborsare successivamente l’istituzione dello Stato membro di dimora alle condizioni previste dall’articolo 35 del regolamento n. 883/2004 (v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2005, Keller, C‑145/03, EU:C:2005:211, punti 65 e 66). Conformemente a tale ultima disposizione, le prestazioni in natura erogate dall’istituzione di uno Stato membro per conto dell’istituzione di un altro Stato membro, in base al capitolo in cui rientra tale disposizione, danno luogo a rimborso integrale.

49      Ne consegue che, nel caso in cui prestazioni in natura erogate nello Stato membro di dimora generino costi maggiori di quelli legati alle prestazioni che sarebbero state erogate nello Stato membro di residenza dell’assicurato, l’obbligo di un rimborso integrale può generare costi supplementari per quest’ultimo Stato membro.

50      Come correttamente riconosciuto dal giudice del rinvio, siffatti costi supplementari sarebbero difficilmente prevedibili se, al fine di evitare una differenza di trattamento fondata sulla religione, l’istituzione competente fosse tenuta, nell’attuare l’articolo 20 del regolamento n. 883/2004, a prendere in considerazione le convinzioni religiose dell’assicurato, in quanto tali convinzioni rientrano nel «forum internum» di quest’ultimo e sono, per loro natura, soggettive (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2019, Cresco Investigation, C‑193/17, EU:C:2019:43, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

51      Inoltre, come indicato dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, i sistemi sanitari nazionali potrebbero trovarsi esposti a un gran numero di richieste di autorizzazione a sottoporsi a cure mediche transfrontaliere fondate su motivi religiosi piuttosto che sul quadro clinico dell’assicurato.

52      Se l’istituzione competente fosse obbligata a tener conto delle convinzioni religiose dell’assicurato, siffatti costi supplementari sarebbero, considerata la loro imprevedibilità e la loro potenziale entità, idonei a comportare un rischio per la stabilità finanziaria del sistema dell’assicurazione malattia, la quale costituisce un obiettivo legittimo riconosciuto dal diritto dell’Unione. Ne consegue che un regime di autorizzazione preventiva che non tiene conto delle convinzioni religiose dell’assicurato ma che è incentrato su criteri esclusivamente medici può ridurre un siffatto rischio e sembra quindi idoneo a garantire tale obiettivo.

53      Quanto alla necessità della normativa di cui al procedimento principale, occorre rammentare che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la protezione della salute pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché quest’ultimo può variare da uno Stato membro all’altro, è necessario riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale (sentenza del 12 novembre 2015, Visnapuu, C‑198/14, EU:C:2015:751, punto 118 e giurisprudenza ivi citata).

54      Di conseguenza, occorre constatare che, in assenza di un regime di autorizzazione preventiva incentrato su criteri esclusivamente medici, lo Stato membro di affiliazione sarebbe esposto a un onere finanziario aggiuntivo che sarebbe difficilmente prevedibile e idoneo a comportare un rischio per la stabilità finanziaria del suo sistema di assicurazione malattia.

55      In tali circostanze, l’assenza di presa in considerazione, nell’ambito dell’esame di una richiesta di autorizzazione preventiva ai fini della copertura finanziaria da parte dell’istituzione competente di cure previste in un altro Stato membro, delle convinzioni religiose dell’interessato risulta essere una misura giustificata alla luce dell’obiettivo menzionato al punto 52 della presente sentenza, che non eccede quanto è oggettivamente necessario a tal fine e soddisfa il requisito di proporzionalità rammentato al punto 37 della presente sentenza.

56      Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che lo Stato membro di residenza dell’assicurato rifiuti di concedere a quest’ultimo l’autorizzazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamento qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose di tale assicurato siano contrarie al metodo di cura utilizzato.

 Sulla seconda questione

 Sulla ricevibilità

57      Il Ministero della sanità nonché i governi lettone e polacco sostengono che la direttiva 2011/24 non è pertinente nell’ambito del procedimento principale, in quanto A non ha chiesto l’autorizzazione preventiva ai fini della copertura da parte dell’istituzione competente dell’assistenza sanitaria transfrontaliera per suo figlio conformemente a detta direttiva. Inoltre, si è altresì sostenuto all’udienza dinanzi alla Corte che A non aveva chiesto il rimborso dell’assistenza sanitaria transfrontaliera ricevuta dal figlio entro un anno, come richiesto dalla normativa lettone che recepisce la direttiva 2011/24.

58      A tal riguardo, occorre rammentare che, poiché le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza, il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenze del 5 dicembre 2006, Cipolla e a., C‑94/04 e C‑202/04, EU:C:2006:758, punto 25; del 19 giugno 2012, Chartered Institute of Patent Attorneys, C‑307/10, EU:C:2012:361, punto 32, nonché del 9 ottobre 2014, Petru, C‑268/13, EU:C:2014:2271, punto 23).

59      Così non è, tuttavia, nel caso di specie.

60      Per quanto riguarda i motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 5, della direttiva 2011/24, dalla decisione di rinvio emerge che, poiché vi è divergenza tra le parti quanto all’interpretazione di tale disposizione, detto giudice si chiede se quest’ultima si applichi in caso di rifiuto, da parte delle autorità dello Stato membro di residenza, di concedere l’autorizzazione menzionata all’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva, in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale. Il giudice del rinvio ritiene che la soluzione della controversia principale dipenda dalla risposta che sarà fornita a tale questione.

61      L’interpretazione richiesta, nonché l’esame della natura e della portata dell’obbligo di ottenere una siffatta autorizzazione preventiva vertono sull’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004 e sull’articolo 8 della direttiva 2011/24, al fine di consentire al giudice del rinvio di determinare se A abbia diritto al rimborso, totale o parziale, nello Stato membro di affiliazione, dei costi dell’assistenza ospedaliera transfrontaliera prestata a suo figlio.

62      Pertanto, l’interpretazione richiesta non risulta manifestamente carente di qualsivoglia rapporto con l’effettività o l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale e la questione sollevata non è ipotetica, ma si riferisce ai fatti discussi dalle parti nel procedimento principale, che spetta al giudice del rinvio determinare. La Corte, inoltre, dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alla questione sollevata.

63      È al giudice del rinvio che spetterà stabilire se il ricorrente nel procedimento principale potesse aver chiesto l’autorizzazione preventiva del trattamento di cui trattasi conformemente alle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 8 della direttiva 2011/24 e se una domanda di rimborso successiva debba essere considerata come presentata oltre i termini previsti dal diritto nazionale. In tale contesto, si deve considerare che una siffatta domanda riguardante un rimborso nei limiti previsti dall’articolo 7 di tale direttiva è, implicitamente ma necessariamente, contenuta in una domanda di rimborso integrale ai sensi del regolamento n. 883/2004.

64      Ne consegue che la seconda questione è ricevibile.

 Nel merito

65      Con tale seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), della direttiva 2011/24, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che lo Stato membro di affiliazione di un paziente rifiuti di concedere a quest’ultimo l’autorizzazione menzionata dall’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose di tale paziente siano contrarie al metodo di cura utilizzato.

66      Come emerge dal considerando 8 della direttiva 2011/24, quest’ultima ha codificato la giurisprudenza della Corte relativa alla libertà di prestazione dei servizi garantita dall’articolo 56 TFUE nel settore dell’assistenza sanitaria, e ha la finalità di pervenire a una più generale, nonché efficace, applicazione dei principi elaborati da tale giurisprudenza attraverso singole pronunce.

67      Pertanto, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2011/24 dispone che, fatto salvo il regolamento n. 883/2004 e conformemente a quanto disposto dagli articoli 8 e 9 di tale direttiva, lo Stato membro di affiliazione assicura che i costi sostenuti da una persona assicurata che si è avvalsa dell’assistenza sanitaria transfrontaliera siano rimborsati, se tale assistenza sanitaria è compresa tra le prestazioni cui la persona assicurata ha diritto in tale Stato membro.

68      L’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/24 prevede inoltre che i costi relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera sono rimborsati o direttamente pagati dallo Stato membro di affiliazione in misura corrispondente ai costi che il sistema avrebbe coperto se tale assistenza sanitaria fosse stata prestata nello Stato membro di affiliazione, senza che tale copertura superi il costo effettivo dell’assistenza sanitaria ricevuta.

69      Inoltre, l’articolo 8 di tale direttiva dispone che uno Stato membro può assoggettare le cure ospedaliere a un sistema di autorizzazione preventiva. Tuttavia, tale articolo precisa che un siffatto sistema, compresi i criteri e l’applicazione di tali criteri, e le singole decisioni di rifiuto di concedere un’autorizzazione preventiva, deve limitarsi a quanto necessario e proporzionato all’obiettivo da raggiungere, e non può costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione dei pazienti.

70      Il considerando 43 della direttiva 2011/24 enuncia, dal canto suo, che i criteri connessi alla concessione dell’autorizzazione preventiva dovrebbero essere giustificati alla luce di motivi imperativi di interesse generale atti a giustificare gli ostacoli al principio della libera circolazione dell’assistenza sanitaria, quali le esigenze di pianificazione riguardanti l’obiettivo di assicurare, nel territorio dello Stato membro interessato, la possibilità di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità o la volontà di garantire un controllo dei costi e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane.

71      A tale riguardo, il governo lettone sostiene, nelle sue osservazioni scritte, che il sistema di autorizzazione preventiva che dà attuazione all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2011/24 è diretto ad assicurare un controllo dei costi e a garantire un accesso sufficiente e permanente a una gamma equilibrata di cure di qualità. Poiché obiettivi siffatti sono legittimi, come emerge dai punti 46 e 47 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio verificare ulteriormente se detto sistema si limiti a quanto necessario e proporzionato per raggiungerli.

72      Per quanto riguarda, da un lato, l’obiettivo di proteggere la stabilità finanziaria del sistema di previdenza sociale, occorre rilevare l’esistenza di una differenza sistemica tra il sistema di rimborso attuato dal regolamento n. 883/2004 e quello previsto dalla direttiva 2011/24.

73      Contrariamente all’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, l’articolo 7, paragrafo 4, primo comma, della direttiva 2011/24 prevede, così come rammentato al punto 68 della presente sentenza, che i costi relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera siano rimborsati o direttamente pagati dallo Stato membro di affiliazione in misura corrispondente ai costi che il sistema avrebbe coperto se tale assistenza sanitaria fosse stata prestata sul suo territorio, e ciò senza che tale copertura superi il costo effettivo dell’assistenza sanitaria ricevuta.

74      Il rimborso previsto dall’articolo 7 della direttiva 2011/24 può quindi essere sottoposto a un doppio limite. Da un lato, è calcolato sulla base delle tariffe applicabili all’assistenza sanitaria nello Stato membro di affiliazione. Dall’altro, se il livello dei costi dell’assistenza sanitaria prestata nello Stato membro ospitante è inferiore a quello dell’assistenza sanitaria prestata nello Stato membro di affiliazione, tale rimborso non supera il costo effettivo dell’assistenza sanitaria ricevuta.

75      Dal momento che il rimborso di tale assistenza sanitaria ai sensi della direttiva 2011/24 è soggetto a tale doppio limite, il sistema sanitario dello Stato membro di affiliazione non corre un rischio di costi supplementari legato alla copertura dell’assistenza sanitaria transfrontaliera quale quello constatato ai punti da 49 a 54 della presente sentenza.

76      Tale interpretazione è peraltro corroborata dal considerando 29 della direttiva 2011/24, che indica espressamente che tale copertura dei costi non deve avere un’incidenza rilevante sul finanziamento dei sistemi sanitari nazionali.

77      Di conseguenza, nell’ambito della direttiva 2011/24 e a differenza delle situazioni disciplinate dal regolamento n. 883/2004, lo Stato membro di affiliazione non sarà, in linea di principio, esposto a un onere finanziario aggiuntivo nel caso di un’assistenza transfrontaliera.

78      In siffatte circostanze, un tale obiettivo non può, in linea di principio, essere invocato al fine di giustificare il rifiuto di concedere l’autorizzazione prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2011/24 in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.

79      Per quanto attiene, dall’altro lato, all’obiettivo di mantenimento delle strutture sanitarie o delle competenze mediche, spetta al giudice del rinvio valutare se il sistema lettone di autorizzazione preventiva che dà attuazione all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2011/24, quando lo Stato membro di affiliazione ha rifiutato la copertura dei costi delle cure ospedaliere transfrontaliere prestate al figlio del ricorrente nel procedimento principale in misura corrispondente a quanto sarebbe stato riconosciuto per cure identiche prestate in tale Stato membro, si sia limitato a quanto necessario e proporzionato per assicurare tale obiettivo.

80      Pertanto, se il giudice del rinvio constata che così non è, le autorità lettoni non possono subordinare il rimborso dei costi di tale trattamento, in misura corrispondente a quanto sarebbe riconosciuto per un trattamento identico fornito nello Stato membro di affiliazione, all’ottenimento di un’autorizzazione preventiva rilasciata conformemente all’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), di detta direttiva.

81      Invece, se detto giudice ritiene che tale sistema di autorizzazione preventiva si sia limitato a quanto era necessario e proporzionato per garantire detto obiettivo, occorre osservare che l’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), della direttiva 2011/24 deve essere interpretato nel senso che quest’ultima disposizione tiene conto solo del quadro clinico del paziente.

82      Infatti, nessun elemento consente seriamente di giustificare interpretazioni diverse nel contesto dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, da un lato, e in quello dell’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), della direttiva 2011/24, dall’altro, dato che, in entrambi i casi, si tratta di stabilire se le cure ospedaliere richieste delle condizioni di salute dell’interessato possano essere prestate nel territorio del suo Stato membro di residenza entro un lasso di tempo accettabile che ne preservi l’utilità e l’efficacia (v., per analogia, sentenza del 16 maggio 2006, Watts, C‑372/04, EU:C:2006:325, punto 60).

83      Ciò posto, quando lo Stato membro di affiliazione rifiuti di rilasciare l’autorizzazione preventiva prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2011/24, per il motivo che i requisiti contenuti al paragrafo 5 di tale articolo non sono soddisfatti, tale Stato membro attua il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, di modo che è tenuto a rispettare i diritti fondamentali garantiti da quest’ultima, tra cui segnatamente quelli sanciti dal suo articolo 21.

84      Al pari delle considerazioni contenute ai punti 41 e 42 della presente sentenza, un siffatto rifiuto introduce una differenza di trattamento indirettamente fondata sulla religione. Poiché tale differenza di trattamento persegue un obiettivo legittimo di mantenimento delle strutture sanitarie o delle competenze mediche, spetta al giudice del rinvio valutare se detta differenza sia proporzionata. Esso deve segnatamente esaminare se la presa in considerazione delle convinzioni religiose dei pazienti, nell’attuazione dell’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), della direttiva 2011/24, abbia l’effetto di comportare un rischio per la pianificazione delle cure ospedaliere nello Stato membro di affiliazione.

85      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), della direttiva 2011/24, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che lo Stato membro di affiliazione di un paziente rifiuti di concedere a quest’ultimo l’autorizzazione prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose di tale paziente siano contrarie al metodo di cura utilizzato, a meno che tale rifiuto sia obiettivamente giustificato da uno scopo legittimo di mantenimento delle strutture sanitarie o delle competenze mediche, e costituisca un mezzo adeguato e necessario per raggiungere tale scopo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulle spese

86      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che lo Stato membro di residenza dell’assicurato rifiuti di concedere a quest’ultimo l’autorizzazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamento qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose di tale assicurato siano contrarie al metodo di cura utilizzato.

2)      L’articolo 8, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera d), della direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, letto alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che lo Stato membro di affiliazione di un paziente rifiuti di concedere a quest’ultimo l’autorizzazione prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva qualora, in tale Stato membro, siano disponibili cure ospedaliere la cui efficacia clinica non è in discussione, ma le convinzioni religiose di tale paziente siano contrarie al metodo di cura utilizzato, a meno che tale rifiuto sia obiettivamente giustificato da uno scopo legittimo di mantenimento delle strutture sanitarie o delle competenze mediche, e costituisca un mezzo adeguato e necessario per raggiungere tale scopo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Firme


*      Lingua processuale: il lettone.