Language of document : ECLI:EU:C:2017:71

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

31 gennaio 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Asilo – Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato – Articolo 12, paragrafo 2, lettera c) e articolo 12, paragrafo 3 – Esclusione dallo status di rifugiato – Nozione di “atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite” – Portata – Membro dirigente di un’organizzazione terroristica – Condanna penale per partecipazione alle attività di un gruppo terroristico – Esame individuale»

Nella causa C‑573/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio), con decisione del 13 novembre 2014, pervenuta in cancelleria l’11 dicembre 2014, nel procedimento

Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides

contro

Mostafa Lounani,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, M. Ilešič, L. Bay Larsen, J. L. da Cruz Vilaça, E. Juhász, M. Berger e E. Regan, presidenti di sezione, A. Rosas (relatore), A. Borg Barthet, J. Malenovský, E. Levits, K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 febbraio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Commissaire général aux réfugiés e aux apatrides, da E. Derriks, avocat;

–        per M. Lounani, da C. Marchand e D. Alamat, avocats;

–        per il governo belga, da C. Pochet, M. Jacobs e S. Vanrie, in qualità di agenti, assistiti da D. Matray, C. Piront e N. Schynts, avocats;

–        per il governo ellenico, da M. Michelogiannaki, in qualità di agente;

–        per il governo spagnolo, da A. Rubio González e L. Banciella Rodríguez‑Miñón, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da F.-X. Bréchot e D. Colas, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Salvatorelli, avvocato dello Stato;

–        per il governo ungherese, da M. Z. Fehér e M. Tátrai, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, da M. Holt, S. Brandon e V. Kaye, in qualità di agenti, assistiti da D. Blundell, barrister;

–        per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 31 maggio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c) e dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Commissaire général aux réfugiés e aux apatrides (Commissario generale per i rifugiati e gli apolidi; in prosieguo: il «Commissario generale») e il sig. Mostafa Lounani, cittadino marocchino, in merito all’applicazione a quest’ultimo della causa di esclusione dallo status di rifugiato per aver compiuto atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 La Carta delle Nazioni Unite

3        A norma dell’articolo 1, punti 1 e 3, della Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco (Stati Uniti) il 26 giugno 1945:

«I fini delle Nazioni Unite sono:

1.      Mantenere la pace e la sicurezza internazional[i], ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai princìpi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace;

(…)

3.      Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione».

 La Convenzione di Ginevra

4        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata completata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967, entrato a sua volta in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).

5        L’articolo 1 della Convenzione di Ginevra, dopo aver definito nella sezione A, in particolare, la nozione di «rifugiato» ai fini della suddetta convenzione, nella sezione F enuncia quanto segue:

«Le disposizioni della presente Convenzione non si applicheranno a quelle persone nei confronti delle quali si hanno serie ragioni per ritenere:

(…)

c)      che si siano rese colpevoli di azioni contrarie ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite».

 Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

6        Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1373 (2001), il cui preambolo ribadisce in particolare «la necessità di lottare con tutti i mezzi, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, contro le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali derivanti dagli atti terroristici».

7        Al punto 3, lettere f) e g), della suddetta risoluzione è richiesto a tutti gli Stati, da un lato, «di adottare le misure adeguate, conformemente alle disposizioni pertinenti della loro legislazione nazionale e del diritto internazionale, comprese le norme internazionali relative ai diritti dell’uomo, al fine di assicurarsi, prima di concedere lo status di rifugiato, che i richiedenti asilo non abbiano organizzato o agevolato la perpetrazione di atti terroristici e non vi abbiano preso parte» e, dall’altro, «di garantire, conformemente al diritto internazionale, che gli autori o gli organizzatori di atti terroristici o coloro che agevolano tali atti non utilizzino a loro profitto lo status di rifugiato».

8        Al punto 5 della medesima risoluzione, il Consiglio di sicurezza dichiara che «gli atti, metodi e pratiche terroristici sono contrari alle finalità e ai principi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e il finanziamento e l’organizzazione di atti terroristici o l’istigazione a commettere tali atti, compiuti scientemente, sono del pari contrari alle finalità e ai principi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite».

9        Il 12 novembre 2001, il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1377 (2001), al cui punto 5 esso «[s]ottolinea che gli atti di terrorismo internazionale sono contrari alle finalità e ai principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite e che il finanziamento, la pianificazione e la preparazione degli atti di terrorismo internazionale, come tutte le altre forme di sostegno a tal fine, sono del pari contrari alle finalità e ai principi in essa enunciati».

10      La risoluzione 1624 (2005), adottata il 14 settembre 2005 dal Consiglio di sicurezza, ricorda, in particolare, che «tutti gli Stati devono cooperare senza riserve alla lotta contro il terrorismo, conformemente agli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto internazionale al fine di individuare, privare di asilo e consegnare alla giustizia (…) chiunque fornisca sostegno al finanziamento, all’organizzazione, alla preparazione o alla commissione di atti di terrorismo, vi concorra, vi partecipi o tenti di parteciparvi, o dia rifugio ai loro autori».

11      Al punto 1 della risoluzione 1624 (2005), il Consiglio di sicurezza invita «tutti gli Stati ad adottare misure che possono essere necessarie ed adeguate e che siano conformi agli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto internazionale, per:

a)      vietare per legge l’istigazione a commettere uno o più atti terroristici;

b)      prevenire siffatta istigazione;

c)      negare l’asilo a qualsiasi individuo sul cui conto si disponga di informazioni attendibili e pertinenti secondo cui sussistono fondati motivi per ritenere che egli si sia reso colpevole di siffatta istigazione».

12      La risoluzione 2178 (2014), adottata dal Consiglio di sicurezza il 24 settembre 2014, al suo punto 5 afferma che «gli Stati membri devono (…) prevenire e reprimere le attività di reclutamento, organizzazione, trasporto o equipaggiamento di individui che si recano in uno Stato diverso dal loro Stato di residenza o di cui hanno la cittadinanza allo scopo di commettere, organizzare o preparare atti terroristici, oppure allo scopo di parteciparvi o di impartire o ricevere addestramento terroristico, nonché il finanziamento dei viaggi ed attività di tali individui».

13      Al punto 6 della medesima risoluzione, il Consiglio di sicurezza ricorda che:

«(…) nella sua risoluzione 1373 (2001), è stato deciso che tutti gli Stati membri dovevano garantire che chiunque partecipi al finanziamento, all’organizzazione, alla preparazione o commissione di atti terroristici o vi fornisca sostegno venga consegnato alla giustizia, e decide che tutti gli Stati devono garantire che le leggi e i regolamenti nazionali prevedano reati sufficienti ad avviare l’azione penale e a irrogare sanzioni penali, tali da riflettere debitamente la gravità del reato stesso, per i seguenti atti:

(…)

c)      l’organizzazione deliberata, da parte dei propri cittadini o sul proprio territorio, dei viaggi di individui che si recano in uno Stato diverso dal loro Stato di residenza o di cui hanno la cittadinanza allo scopo di commettere, organizzare o preparare atti terroristici oppure allo scopo di parteciparvi o di impartire o ricevere addestramento terroristico, o la partecipazione ad altre attività che agevolano tali atti, compreso il reclutamento;

(…)».

 Diritto dell’Unione

 La direttiva 2004/38

14      Ai sensi del considerando 3 della direttiva 2004/83, la Convenzione di Ginevra costituisce la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati.

15      I considerando 16, 17 e 22 della suddetta direttiva hanno il seguente tenore:

«(16) Dovrebbero essere stabilite norme minime per la definizione ed il contenuto dello status di rifugiato, al fine di orientare le competenti autorità nazionali degli Stati membri nell’applicazione della convenzione di Ginevra.

(17)      È necessario introdurre dei criteri comuni per l’attribuzione ai richiedenti asilo, della qualifica di rifugiato ai sensi dell’articolo 1 della convenzione di Ginevra.

(…)

(22)      Gli atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite sono enunciati nel preambolo e agli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite e si rispecchiano, tra l’altro, nelle risoluzioni delle Nazioni unite relative alle misure di lotta al terrorismo, nelle quali è dichiarato che “atti, metodi e pratiche di terrorismo sono contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite” e che “chiunque inciti, pianifichi, finanzi deliberatamente atti di terrorismo compie attività contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni unite”».

16      L’articolo 12 della direttiva 2004/83, intitolato «Esclusione» e contenuto nel capo III della medesima, a sua volta intitolato «Requisiti per essere considerato rifugiato», ai paragrafi 2 e 3 così dispone:

«2.      Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato ove sussistano fondati motivi per ritenere:

(…)

c)      che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite.

3.      Il paragrafo 2 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso menzionati».

 La decisione quadro 2002/475/GAI

17      Ai sensi del punto 6 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (GU 2002, L 164, pag. 3):

«La definizione dei reati terroristici dovrebbe essere ravvicinata in tutti gli Stati membri, compresa quella dei reati riconducibili a organizzazioni terroristiche. Inoltre, dovrebbero essere previste pene e sanzioni commisurate alla gravità dei reati per le persone fisiche o giuridiche che hanno commesso tali reati o ne sono responsabili».

18      L’articolo 1 di tale decisione quadro, intitolato «Reati terroristici e diritti e principi giuridici fondamentali», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano considerati reati terroristici gli atti intenzionali di cui alle lettere da a) a i) definiti reati in base al diritto nazionale che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno a un paese o a un’organizzazione internazionale (…):

(…)

a)      attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso;

b)      attentati gravi all’integrità fisica di una persona;

c)      sequestro di persona e cattura di ostaggi;

d)      distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, (…);

e)      sequestro di aeromobili o navi (…);

f)      fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi (…);

g)      diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni i cui effetti mettano in pericolo vite umane;

h)      manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali (…);

i)      minaccia di realizzare uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h)».

19      L’articolo 2 di tale decisione quadro, intitolato «Reati riconducibili a un’organizzazione terroristica», recita:

«1.      Ai fini della presente decisione quadro, per “organizzazione terroristica” s’intende l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici. Il termine “associazione strutturata” designa un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.

2.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano punibili i seguenti atti intenzionali:

a)      direzione di un’organizzazione terroristica;

b)      partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica, anche fornendole informazioni o mezzi materiali, ovvero tramite qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose dell’organizzazione terroristica».

20      Gli articoli 3 e 4 della decisione quadro 2002/475 sono stati modificati dalla decisione quadro 2008/919/GAI (GU 2008, L 330, pag. 21), il cui punto 10 stabilisce che «la definizione di reati di terrorismo, tra cui i reati connessi ad attività terroristiche, dovrebbe essere oggetto di un’ulteriore armonizzazione in tutti gli Stati membri al fine di includere la pubblica provocazione per commettere reati di terrorismo, il reclutamento e l’addestramento a fini terroristici, se commessi intenzionalmente».

21      L’articolo 3 della decisione quadro 2002/475, quale modificata dalla decisione quadro 2008/919, intitolato «Reati connessi ad attività terroristiche», ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

«1.      Ai fini della presente decisione quadro, si intende per:

(…)

b)      ‟reclutamento a fini terroristici” l’induzione a commettere uno dei reati di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a h) o all’articolo 2, paragrafo 2;

(…)

2.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che siano considerati reati connessi ad attività terroristiche i seguenti atti intenzionali:

(…)

b)      reclutamento a fini terroristici;

(…)

f)      redazione di un falso documento amministrativo con l’intenzione di commettere uno dei reati di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a h) o all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b)».

22      L’articolo 4 della decisione quadro 2002/475, quale modificata dalla decisione quadro 2008/919, riguarda l’istigazione a commettere determinati reati di cui agli articoli da 1 a 3 della decisione quadro 2002/475, il concorso o il tentativo di commettere tali reati.

 Diritto belga

23      L’articolo 55/2 della legge del 15 dicembre 1980 in materia di accesso al territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri (loi du 15 décembre 1980 sur l’accès au territoire, le séjour, l’établissement et l’éloignement des étrangers, Moniteur belge del 31 dicembre 1980, pag. 14584), così dispone:

«Uno straniero è escluso dallo status di rifugiato qualora rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, sezione D, E o F della Convenzione di Ginevra. Ciò avviene anche alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei reati o degli atti elencati all’articolo 1, sezione F, della convenzione di Ginevra».

24      La legge del 19 dicembre 2003 relativa ai reati terroristici (loi du 19 décembre 2003 relative aux infractions terroristes, Moniteur belge del 29 dicembre 2003, pag. 61689), adottata al fine di recepire nel diritto belga la decisione quadro 2002/475, ha inserito nel Libro II del codice penale un titolo I° ter, intitolato «Reati terroristici» e contenente gli articoli da 137 a 141 ter del suddetto codice.

25      L’articolo 137 del codice penale, quale modificato dalla legge del 19 dicembre 2003 (in prosieguo: il «codice penale modificato»), al suo paragrafo 1 così dispone:

«Costituisce un reato terroristico il reato di cui ai paragrafi 2 e 3 che, per sua natura o contesto, può arrecare grave danno a un paese o a un’organizzazione internazionale ed è commesso intenzionalmente al fine di intimidire gravemente una popolazione o costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o destabilizzare gravemente o distruggere le strutture fondamentali politiche, costituzionali, economiche o sociali di un paese o di un’organizzazione internazionale».

26      L’articolo 139, primo comma, del codice penale modificato recita:

«Costituisce un gruppo terroristico l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati terroristici di cui all’articolo 137».

27      Ai sensi dell’articolo 140 del codice penale modificato, corrispondente all’articolo 2 della decisione quadro 2002/475:

«1.      Chiunque partecipi a un’attività di un gruppo terroristico, anche fornendogli informazioni o mezzi materiali, ovvero tramite qualsiasi forma di finanziamento di una sua attività nella consapevolezza che tale partecipazione contribuisce a commettere un reato del gruppo terroristico, sarà punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con un’ammenda da EUR 100 a EUR 5 000.

2.      Ogni dirigente del gruppo terroristico è passibile di reclusione da quindici a venti anni e di un’ammenda da EUR 1 000 a EUR 200 000».

 Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

28      Nel 1991 il sig. Lounani ha lasciato il Marocco e si è recato in Germania dove ha presentato una domanda d’asilo, che è stata respinta. Nel 1997, egli è giunto in Belgio e da allora vi soggiorna illegalmente.

29      Con sentenza del 16 febbraio 2006, il sig. Lounani è stato condannato dal tribunal correctionnel de Bruxelles (Tribunale penale di Bruxelles, Belgio), sulla base, in particolare, dell’articolo 140 del codice penale modificato, a una pena di sei anni di reclusione per partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, nella specie la cellula belga del «gruppo islamico dei combattenti marocchini» (in prosieguo: il «GICM»), in qualità di membro dirigente, nonché per associazione a delinquere, falso e uso di documenti falsi e soggiorno illegale.

30      I fatti sui quali il tribunal correctionnel de Bruxelles (Tribunale penale di Bruxelles) si è fondato per dichiarare il sig. Lounani colpevole di partecipazione alle attività di un gruppo terroristico sono stati sintetizzati nel seguente modo nella decisione di rinvio: «supporto logistico a un’impresa terroristica mediante, in particolare, servizi materiali o intellettuali», «contraffazione di passaporti» e «cessione fraudolenta di passaporti»; «partecipazione attiva nell’organizzazione di una filiera per l’invio di volontari in Iraq». In particolare, la cessione fraudolenta di passaporti nella sentenza del 16 febbraio 2006 è stata qualificata come «atto di partecipazione all’attività di una cellula che fornisce il proprio supporto logistico a un movimento terroristico».

31      Il 16 marzo 2010, il sig. Lounani ha presentato una domanda di asilo presso le autorità belghe invocando il timore di subire persecuzioni in caso di ritorno nel suo paese d’origine per il rischio di essere considerato dalle autorità marocchine come islamista radicale e jihadista, in seguito alla sua condanna in Belgio. Tale domanda di asilo è stata oggetto, l’8 dicembre 2010, di una decisione del Commissaire général (Commissario generale) che ha escluso il sig. Lounani dal beneficio dello status di rifugiato in applicazione dell’articolo 55/2 della legge del 15 dicembre 1980 in materia di accesso al territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri e dell’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra.

32      Le 24 dicembre 2010, il sig. Lounani ha proposto ricorso di annullamento avverso tale decisione dinanzi al Conseil du contentieux des étrangers (Commissione per il contenzioso in materia di stranieri, Belgio). Con sentenza del 13 gennaio 2011, tale Commissione ha annullato la suddetta decisione e ha rimesso gli atti al Commissario generale in base al rilievo che mancavano nel fascicolo taluni elementi essenziali senza i quali essa non avrebbe potuto concludere per la conferma o la riforma della decisione di cui trattasi se non disponendo misure istruttorie complementari.

33      Il 2 febbraio 2011, il Commissario generale ha adottato una nuova decisione che ha escluso il sig. Lounani dal beneficio dello status di rifugiato. Adita, il 18 febbraio 2011, di un ricorso di annullamento avverso questa nuova decisione, la Commissione per il contenzioso in materia di stranieri, con sentenza del 3 marzo 2011, ha annullato la decisione di cui trattasi e ha rimesso gli atti al Commissario generale ritenendo che quest’ultimo non avesse condotto una vera e propria istruttoria complementare.

34      Il 24 maggio 2011, il Commissario generale ha adottato una terza decisione che ha disposto l’esclusione del sig. Lounani dal beneficio dello status di rifugiato. Il 14 giugno 2011, il sig. Lounani ha proposto dinanzi alla Commissione per il contenzioso in materia di stranieri un ricorso diretto alla riforma della decisione di cui trattasi e al riconoscimento dello status di rifugiato. Con sentenza del 1o luglio 2011, la Commissione per il contenzioso in materia di stranieri ha dichiarato che occorreva riconoscere al sig. Lounani lo status di rifugiato.

35      Adito di un ricorso amministrativo per cassazione avverso quest’ultima sentenza, il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio), con sentenza del 13 luglio 2012, l’ha annullata e ha rinviato la causa dinanzi alla Commissione per il contenzioso in materia di stranieri, in diversa composizione.

36      Statuendo sul rinvio, la Commissione per il contenzioso in materia di stranieri ha ritenuto che i fatti specificamente addebitati al sig. Lounani non costituissero reati terroristici in quanto tali poiché, nella sua sentenza del 16 febbraio 2006, il tribunal correctionnel di Bruxelles (Tribunale penale di Bruxelles) aveva condannato il sig. Lounani per la sua appartenenza a un gruppo terroristico senza addebitargli la commissione o la partecipazione a un atto terroristico, quale previsto dall’articolo 137 del codice penale modificato. Non sarebbero stati dimostrati né un principio di atto preciso rientrante in tale tipologia di reato a carico del GICM, né la sussistenza di una condotta personale del sig. Lounani che facesse sorgere la sua responsabilità individuale nel compimento di un tale atto.

37      Ritenendo pertanto che nessuno degli atti per i quali il sig. Lounani era stato condannato raggiungesse il grado di gravità richiesto per poter essere qualificato come «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83, con sentenza del 12 febbraio 2013 la Commissione per il contenzioso in materia di stranieri ha riformato la decisione del Commissario generale del 24 maggio 2011 e ha riconosciuto al sig. Lounani lo status di rifugiato.

38      Il Commissario generale ha impugnato tale sentenza dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato) mediante ricorso amministrativo per cassazione.

39      In tale contesto, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 debba essere interpretato nel senso che esso implica necessariamente, affinché la clausola di esclusione da esso prevista possa essere applicata, che il richiedente asilo sia stato condannato per uno dei reati terroristici previsti dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475, che è stata recepita in Belgio con legge del 19 dicembre 2003 relativa ai reati terroristici.

2)      In caso di risposta negativa, se fatti come quelli (…) imputati alla parte avversa nella sentenza del tribunal correctionnel de Bruxelles (Tribunale penale di Bruxelles) del 16 febbraio 2006, e per i quali la stessa è stata condannata per la sua partecipazione a un’organizzazione terroristica, possano essere considerati atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83.

3)      Se, ai fini dell’esame dell’esclusione di un richiedente protezione internazionale a causa della sua partecipazione a un’organizzazione terroristica, la sentenza di condanna in quanto membro dirigente di un’organizzazione terroristica, che dichiari che il richiedente protezione internazionale non ha commesso, né tentato di commettere, né minacciato di commettere un atto terroristico, sia sufficiente per constatare l’esistenza di un atto di istigazione o di partecipazione, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83, imputabile al richiedente, o se sia necessario procedere a un esame individuale dei fatti di causa e dimostrare la partecipazione alla commissione di un reato terroristico o l’istigazione a un reato terroristico come definito dall’articolo 1 della decisione quadro 2002/475.

4)      Se, ai fini dell’esame dell’esclusione di un richiedente protezione internazionale a causa della sua partecipazione a un’organizzazione terroristica, eventualmente in qualità di membro dirigente, l’atto di istigazione o di partecipazione, previsto dall’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83 debba riguardare la commissione di un reato terroristico come definito dall’articolo 1 della decisione quadro 2002/475 o possa riguardare la partecipazione a un gruppo terroristico, previsto dall’articolo 2 di tale decisione quadro.

5)      Se, in materia di terrorismo, l’esclusione dalla protezione internazionale, prevista dall’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83, sia possibile in assenza della commissione, istigazione o partecipazione a un atto violento, di natura particolarmente crudele, quale previsto dall’articolo 1 della decisione quadro 2002/475».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

40      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 debba essere interpretato nel senso che, per poter ritenere che ricorra la causa di esclusione dallo status di rifugiato ivi prevista, è necessario che il richiedente protezione internazionale sia stato condannato per uno dei reati terroristici di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475.

41      A tal riguardo, va ricordato che, come emerge dai considerando 3, 16 e 17 della direttiva 2004/83, la Convenzione di Ginevra costituisce la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale sulla protezione dei rifugiati e che le disposizioni di tale direttiva relative alle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato nonché al contenuto di tale status sono state adottate al fine di aiutare le autorità competenti degli Stati membri ad applicare detta Convenzione basandosi su nozioni e criteri comuni (sentenza del 2 dicembre 2014, A e a., da C‑148/13 a C‑150/13, EU:C:2014:2406, punto 45).

42      L’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2004/83 deve pertanto essere effettuata alla luce dell’economia generale e della finalità di quest’ultima, nel rispetto della Convenzione di Ginevra e degli altri trattati pertinenti di cui all’articolo 78, paragrafo 1, TFUE (sentenze del 9 novembre 2010, B e D, C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 78, nonché del 2 dicembre 2014, A e a., da C‑148/13 a C‑150/13, EU:C:2014:2406, punto 46).

43      A tal riguardo, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 corrisponde in sostanza all’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra, il quale prevede che le disposizioni della suddetta Convenzione non si applicheranno a quelle persone nei confronti delle quali si hanno serie ragioni per ritenere che si siano rese colpevoli di azioni contrarie ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite.

44      L’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 rinvia, più precisamente, agli atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite «quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni unite».

45      Come risulta dal considerando 22 della direttiva 2004/83, gli atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite, di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva in parola, si rispecchiano, tra l’altro, «nelle risoluzioni delle Nazioni unite relative alle misure di lotta al terrorismo, nelle quali è dichiarato che “atti, metodi e pratiche di terrorismo sono contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite” e che “chiunque inciti, pianifichi, finanzi deliberatamente atti di terrorismo compie attività contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni unite”».

46      Tali risoluzioni comprendono la risoluzione 1377 (2001) del Consiglio di sicurezza, dalla quale si evince che sono contrari ai fini e ai principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite non soltanto «gli atti di terrorismo internazionale» ma anche «il finanziamento, la pianificazione e la preparazione degli atti di terrorismo internazionale, come tutte le altre forme di sostegno a tal fine».

47      Peraltro, dalla risoluzione 1624 (2005) del Consiglio di sicurezza si può dedurre che gli atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite non si limitano agli «atti, metodi e pratiche di terrorismo». Infatti, ai fini della lotta al terrorismo, il Consiglio di sicurezza vi invita gli Stati, conformemente agli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto internazionale, a privare di asilo e a consegnare alla giustizia «chiunque fornisca sostegno al finanziamento, all’organizzazione, alla preparazione o alla commissione di atti di terrorismo, vi concorra, vi partecipi o tenti di parteciparvi o dia rifugio ai suoi autori». Inoltre, al suo punto 1, lettera c), tale risoluzione invita gli Stati a negare l’asilo a qualsiasi individuo sul cui conto si dispongano di informazioni attendibili e pertinenti secondo cui sussistono fondati motivi per ritenere che egli si sia reso colpevole di istigazione a commettere uno o più atti terroristici.

48      Ne consegue che la nozione di «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite» di cui all’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra e all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83, non può essere interpretata come limitata alla commissione di atti di terrorismo quali precisati nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza (in prosieguo: gli «atti di terrorismo»).

49      A maggior ragione, contrariamente a quanto sostenuto dal sig. Lounani, tale nozione non può essere interpretata nel senso che si applica soltanto ai reati terroristici di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475, né, di conseguenza, nel senso che richiede l’esistenza di una condanna penale che sanzioni un siffatto reato.

50      Al riguardo va rilevato che, come emerge dal suo punto 6, la decisione quadro 2002/475 mira al ravvicinamento, in tutti gli Stati membri, della definizione di reati terroristici, ivi compresi quelli riconducibili a organizzazioni terroristiche.

51      Come rilevato dalla Commissione europea, la decisione quadro 2002/475 elenca, a tal fine, vari atti che possono rientrare nella nozione generale di terrorismo e li classifica in quattro categorie di reati, ossia «reati terroristici» (articolo 1), i «reati riconducibili a un’organizzazione terroristica» (articolo 2), i «reati connessi ad attività terroristiche» (articolo 3) e, infine l’istigazione, il concorso o il tentativo di commettere siffatti reati (articolo 4).

52      Se il legislatore dell’Unione avesse inteso restringere l’ambito di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 e limitare la nozione di «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite» ai soli reati elencati all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475, avrebbe potuto farlo senza difficoltà, menzionando espressamente tali reati o facendo riferimento alla decisione quadro sopra citata.

53      Orbene, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 non si riferisce né alla decisione quadro 2002/475, sebbene questa esistesse alla data in cui l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), è stato redatto, né ad alcun altro strumento dell’Unione europea adottato nel contesto della lotta al terrorismo.

54      Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che, per poter ritenere che ricorra la causa di esclusione dallo status di rifugiato ivi prevista, non è necessario che il richiedente protezione internazionale sia stato condannato per uno dei reati terroristici di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475.

 Sulle questioni seconda e terza

 Sulla ricevibilità

55      Il Commissario generale e il governo belga sostengono che la terza questione, quale formulata dal giudice del rinvio, è irricevibile, da un lato, in quanto non espone sufficientemente i motivi per cui tale giudice ritiene che una risposta alla predetta questione sia necessaria per risolvere la controversia nel procedimento principale e, dall’altro, in quanto siffatta risposta sarà priva di qualunque utilità per la soluzione di tale controversia. Nel caso di specie, infatti, il sig. Lounani non è stato solo condannato, in base all’articolo 140 del codice penale modificato, quale membro dirigente di un’organizzazione terroristica, ma anche per altre azioni perseguite penalmente nel diritto belga, commesse con intento terroristico.

56      A tale riguardo, va rammentato che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non presenta alcun nesso con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenze del 14 aprile 2016, Polkomtel, C‑397/14, EU:C:2016:256, punto 37; del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 20, e del 13 ottobre 2016, Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej e Petrotel, C‑231/15, EU:C:2016:769, punto 16).

57      Orbene, nessuna di tali ipotesi ricorre nella presente causa.

58      Sul punto occorre ricordare che il giudice del rinvio ha posto le sue questioni seconda e terza nell’ambito di un ricorso amministrativo per cassazione avverso la sentenza del 12 febbraio 2013, in cui la Commissione per il contenzioso in materia di stranieri ha ritenuto che i fatti specificamente contestati al resistente nel procedimento principale non raggiungessero la soglia di gravità che consente di qualificarli come «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83. Infatti, secondo tale sentenza, la condanna del sig. Lounani da parte del tribunal correctionnel de Bruxelles (Tribunale penale di Bruxelles) per partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, ancorché come membro dirigente di tale gruppo, senza che gli siano stati imputati reati terroristici in quanto tali, non è sufficiente per ritenere che sussistano a carico dell’interessato fondati motivi per ritenere che egli abbia commesso atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite.

59      È in tale contesto che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli atti per i quali il sig. Lounani è stato condannato possano essere considerati di per sé contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 e, in caso negativo, se la condanna del sig. Lounani come membro dirigente di un gruppo terroristico sia sufficiente a stabilire che sussistono fondati motivi per ritenere che egli abbia istigato o abbia altrimenti concorso alla commissione di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva in parola.

60      Dalla decisione di rinvio emerge quindi chiaramente che il giudice del rinvio cerca di determinare in quale misura la partecipazione alle attività di un gruppo terroristico per la quale il sig. Lounani è stato condannato possa giustificare l’applicazione della causa di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 e si chiede, in tale contesto, se la condanna per partecipazione alle attività di tale gruppo come membro dirigente possa dare luogo all’esclusione dallo status di rifugiato in applicazione del combinato disposto dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c) e dell’articolo 12, paragrafo 3, di tale direttiva.

61      Di conseguenza, la terza questione è ricevibile.

 Nel merito

62      Con le sue questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), e l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83 debbano essere interpretati nel senso che atti di partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, come quelli per cui è stato condannato il resistente nel procedimento principale, possano rientrare nella causa di esclusione prevista da tali disposizioni, sebbene l’interessato non abbia né commesso, né tentato o minacciato di commettere un atto di terrorismo.

63      Per quanto riguarda gli atti per i quali il sig. Lounani ha subito una condanna penale, dalla decisione di rinvio emerge che tale condanna è fondata, in particolare, sull’articolo 140 del codice penale modificato, articolo che costituisce il recepimento nel diritto belga dell’articolo 2 della decisione quadro 2002/475 che definisce i reati riconducibili a un’organizzazione terroristica e include, al suo paragrafo 2, lettera b), la partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica.

64      Più particolarmente, per dichiarare il sig. Lounani colpevole di tale reato, il tribunal correctionnel de Bruxelles (Tribunale penale di Bruxelles) ha rilevato, nella sua sentenza del 16 febbraio 2006, che l’interessato aveva partecipato, come membro dirigente, alle attività della cellula belga del GICM, apportando a tale gruppo un supporto logistico tramite, in particolare, servizi materiali o intellettuali, provvedendo alla contraffazione e alla cessione fraudolenta di passaporti e partecipando attivamente all’organizzazione di una filiera per l’invio di volontari in Iraq.

65      Pertanto, non è stato constatato che il sig. Lounani avesse personalmente commesso atti di terrorismo né che avesse istigato tali atti o concorso alla loro commissione.

66      Nondimeno, dalle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza, come indicato al punto 48 della presente sentenza, emerge che la nozione di «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite» non è limitata agli atti di terrorismo.

67      Va segnatamente rilevato che, nella risoluzione 2178 (2014), il Consiglio di sicurezza esprime «grave preoccupazione per la minaccia terribile e crescente costituita dai combattenti terroristi stranieri, vale a dire individui che si recano in uno Stato diverso dal loro Stato di residenza o di cittadinanza per perpetrare, pianificare o preparare atti terroristici» e ha espresso la propria preoccupazione riguardo alle reti organizzate da enti terroristici e che consentono loro di far circolare tra gli Stati combattenti di ogni cittadinanza e le risorse di cui necessitano.

68      Tra le misure da adottare contro questo fenomeno, gli Stati devono garantire la prevenzione e repressione delle attività di reclutamento, organizzazione, trasporto o equipaggiamento a favore di individui che si recano in uno Stato diverso dal loro Stato di residenza o di cui hanno la cittadinanza allo scopo di commettere, organizzare o preparare atti di terrorismo.

69      Ne consegue che l’applicazione dell’esclusione dallo status di rifugiato prevista all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 non può essere limitata agli autori effettivi di atti di terrorismo, ma può anche estendersi a soggetti che svolgono attività di reclutamento, organizzazione, trasporto o equipaggiamento a favore di individui che si recano in uno Stato diverso dal loro Stato di residenza o di cui hanno la cittadinanza allo scopo segnatamente di commettere, organizzare o preparare atti di terrorismo.

70      Peraltro, dal combinato disposto dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), e dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83 emerge che l’esclusione dallo status di rifugiato prevista dalla prima di tali disposizioni è applicabile anche alle persone nei cui confronti sussistano fondati motivi per ritenere che abbiano istigato o altrimenti concorso alla commissione di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite. In considerazione di quanto esposto ai punti 48 e 66 della presente sentenza, l’applicazione di tale combinato disposto non presuppone che il richiedente protezione internazionale abbia istigato la commissione di un atto di terrorismo o vi abbia altrimenti concorso.

71      A tal riguardo, la Commissione osserva giustamente che la partecipazione alle attività di un gruppo terroristico può coprire un ampio spettro di comportamenti di un grado di gravità variabile.

72      Ciò considerato, l’autorità competente dello Stato membro interessato può applicare l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83 soltanto dopo aver proceduto, per ciascun caso individuale, ad una valutazione dei fatti precisi di cui essa ha conoscenza, al fine di determinare se sussistano fondati motivi per ritenere che gli atti commessi dall’interessato, che per il resto soddisfa i criteri per ottenere lo status di rifugiato, rientrino in tale caso di esclusione (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2010, B e D, C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punti 87 e 94).

73      Per quanto riguarda la questione se atti come quelli per i quali il sig. Lounani è stato condannato possano configurare atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83, un’istigazione alla commissione di tali atti o un concorso in essi in qualunque altro modo, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva in parola, la valutazione finale della domanda di protezione internazionale incombe alle autorità nazionali competenti, sotto il controllo del giudice nazionale.

74      A titolo di indicazioni da prendere in considerazione, va rilevato che nella decisione di rinvio viene evidenziato che il sig. Lounani era un membro dirigente di un gruppo terroristico di dimensioni internazionali iscritto, il 10 ottobre 2002, nell’elenco delle Nazioni Unite che identifica determinate persone ed entità oggetto di sanzioni e che è rimasto iscritto in tale elenco, da allora aggiornato. Le sue attività di supporto logistico alle attività del gruppo di cui trattasi rivestono una dimensione internazionale nei limiti in cui era coinvolto nella contraffazione di passaporti e ha aiutato volontari intenzionati a recarsi in Iraq.

75      Atti del genere possono giustificare l’esclusione dallo status di rifugiato.

76      A tal riguardo va ricordato che, come sottolineato ai punti 12, 13 e da 67 a 69 della presente sentenza, le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, segnatamente la risoluzione 2178 (2014) al punto 5 e al punto 6, lettera c), individuano, tra le attività che gli Stati devono combattere nell’ambito della lotta al terrorismo internazionale, l’organizzazione deliberata di viaggi di individui che si recano in uno Stato diverso dal loro Stato di residenza o di cui hanno la cittadinanza allo scopo di commettere, organizzare o preparare atti terroristici.

77      Pertanto, la circostanza, quand’anche fosse dimostrata, che il gruppo di cui il sig. Lounani era membro dirigente non abbia compiuto atti terroristici o che i volontari intenzionati a recarsi in Iraq aiutati da tale gruppo in definitiva non abbiano commesso atti del genere, non è comunque idonea ad escludere che gli atti del sig. Lounani possano essere considerati contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite. Lo stesso vale, tenuto conto di quanto esposto ai punti da 41 a 54 e da 66 a 70 della presente sentenza, per quanto riguarda il fatto, menzionato dal giudice del rinvio nella sua terza questione, che il sig. Lounani non abbia né commesso né tentato o minacciato di commettere reati terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475. Per gli stessi motivi, l’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83 non richiede che venga dimostrato che il sig. Lounani abbia istigato o abbia altrimenti concorso alla commissione di un reato di tal genere.

78      Inoltre, la circostanza che il sig. Lounani sia stato condannato dai giudici di uno Stato membro per partecipazione alle attività di un gruppo terroristico e che tale condanna sia divenuta definitiva assume particolare importanza nell’ambito della valutazione individuale che l’autorità competente deve effettuare.

79      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni seconda e terza dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c) e l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83 devono essere interpretati nel senso che atti di partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, come quelli per i quali il resistente nel procedimento principale è stato condannato, possono giustificare l’esclusione dallo status di rifugiato, sebbene non sia stato stabilito che l’interessato abbia commesso, tentato di commettere o minacciato di commettere un atto di terrorismo. Ai fini della valutazione individuale dei fatti che consentono di determinare se sussistono fondati motivi per ritenere che una persona si sia resa colpevole di un atto contrario alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, abbia istigato la commissione di atti del genere o vi abbia altrimenti concorso, la circostanza che tale persona sia stata condannata dai giudici di uno Stato membro per partecipazione alle attività di un gruppo terroristico assume particolare importanza, al pari dell’accertamento che detta persona era membro dirigente di tale gruppo, senza che sia necessario stabilire che tale persona abbia essa stessa istigato la commissione di un atto di terrorismo o che vi abbia altrimenti concorso.

 Sulle questioni quarta e quinta

80      Alla luce della risposta fornita alle prime tre questioni, non occorre rispondere alle questioni quarta e quinta.

 Sulle spese

81      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, deve essere interpretato nel senso che, per poter ritenere che ricorra la causa di esclusione dallo status di rifugiato ivi prevista, non è necessario che il richiedente protezione internazionale sia stato condannato per uno dei reati terroristici di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo.

2)      L’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), e l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/83 devono essere interpretati nel senso che atti di partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, come quelli per i quali il resistente nel procedimento principale è stato condannato, possono giustificare l’esclusione dallo status di rifugiato, sebbene non sia stato stabilito che l’interessato abbia commesso, tentato di commettere o minacciato di commettere un atto di terrorismo, quale precisato nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite. Ai fini della valutazione individuale dei fatti che consentono di determinare se sussistono fondati motivi per ritenere che una persona si sia resa colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, abbia istigato la commissione di atti del genere o vi abbia altrimenti concorso, la circostanza che tale persona sia stata condannata dai giudici di uno Stato membro per partecipazione alle attività di un gruppo terroristico assume particolare importanza, al pari dell’accertamento che detta persona era membro dirigente di tale gruppo, senza che sia necessario stabilire che tale persona abbia essa stessa istigato la commissione di un atto di terrorismo o che vi abbia altrimenti concorso.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.