Language of document : ECLI:EU:C:2009:281

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

30 aprile 2009 (*)

«Libera circolazione delle merci – Apparecchiature radio e apparecchiature terminali di telecomunicazione – Reciproco riconoscimento di conformità – Non riconoscimento della dichiarazione di conformità rilasciata dal produttore stabilito in un altro Stato membro»

Nel procedimento C‑132/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Fővárosi Bíróság (Ungheria) con decisione 11 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il 2 aprile 2008, nella causa

Lidl Magyarország Kereskedelmi bt

contro

Nemzeti Hírközlési Hatóság Tanácsa,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta dal sig. T. von Danwitz (relatore), presidente di sezione, dai sigg. E. Juhász e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Lidl Magyarország Kereskedelmi bt, dall’avv. R. Kölcsey‑Rieden, ügyvéd;

–        per il governo ungherese, dalle sig.re J. Fazekas, R. Somssich e K. Szíjjártó, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, dal sig. T. Materne, in qualità di agente;

–        per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. W. Wils e A. Sipos, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 9 marzo 1999, 1999/5/CE, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità (GU L 91, pag. 10), e 3 dicembre 2001, 2001/95/CE, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU 2002, L 11 pag. 4), nonché dell’art. 30 CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Lidl Magyarország Kereskedelmi bt (in prosieguo: la «Lidl») e il Nemzeti Hírközlési Hatóság Tanácsa (Consiglio dell’Autorità ungherese per le comunicazioni; in prosieguo: lo «Hatóság») in merito al rifiuto da questi opposto alla commercializzazione da parte della Lidl, in Ungheria, di un’apparecchiatura radio fabbricata da una società la cui sede sociale è situata in Belgio.

 Contesto normativo

 Il diritto comunitario

 La direttiva 1999/5

3        L’art. 1, n. 1, della direttiva 1999/5 definisce come segue il suo ambito di applicazione:

«La presente direttiva istituisce un quadro normativo per l’immissione sul mercato, la libera circolazione e la messa in servizio nella Comunità delle apparecchiature radio e delle apparecchiature terminali di telecomunicazione».

4        Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 1999/5:

«Ai fini della presente direttiva, valgono le seguenti definizioni:

a)      “apparecchio”: qualsiasi apparecchiatura che sia o un’apparecchiatura radio o un’apparecchiatura terminale di telecomunicazione o entrambe;

(…)

c)      “apparecchiatura radio”: è il prodotto, o un suo componente essenziale, in grado di comunicare mediante l’emissione e/o la ricezione di onde radio impiegando lo spettro attribuito alle radiocomunicazioni terrestri/spaziali;

d)      “onde radio”: onde elettromagnetiche di frequenza compresa tra 9 kHz e 3000 GHz, propagate nello spazio senza guida artificiale;

(…)».

5        Per quanto riguarda i requisiti essenziali in materia di sicurezza cui debbono rispondere gli apparecchi, l’art. 3, n. 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«I seguenti requisiti essenziali sono applicabili a tutti gli apparecchi:

a)      la protezione della salute e della sicurezza dell’utente o di qualsiasi altra persona, compresi gli obiettivi per quanto riguarda i requisiti di sicurezza previsti dalla direttiva 73/23/CEE, ma senza applicazione dei limiti minimi di tensione;

b)      i requisiti in materia di protezione per quanto riguarda la compatibilità elettromagnetica previsti dalla direttiva 89/336/CEE».

6        L’art. 5 della direttiva 1999/5 così dispone:

«1.      Gli Stati membri presumono che gli apparecchi conformi alle norme tecniche armonizzate, o a parte di esse, (...) [siano] conformi ai requisiti essenziali elencati nell’articolo 3, nella misura in cui siano contemplati nelle dette norme armonizzate o in parte di esse.

2.      Quando uno Stato membro o la Commissione reputano che la conformità con una norma armonizzata non garantisc[a] il rispetto dei requisiti essenziali di cui all’articolo 3 che detta norma dovrebbe soddisfare, la Commissione o lo Stato membro si rivolgono al [comitato per la valutazione della conformità e la sorveglianza del mercato delle telecomunicazioni].

3.      (...) Dopo aver consultato il comitato (...), la Commissione può revocare le norme armonizzate mediante la pubblicazione di una comunicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee».

7        L’art. 6, nn. 1 e 4, della direttiva 1999/5 così dispone:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché gli apparecchi siano immessi sul mercato soltanto se rispettano gli opportuni requisiti essenziali di cui all’articolo 3, nonché le altre disposizioni pertinenti della presente direttiva, quando sono adeguatamente installati, sottoposti a manutenzione e utilizzati ai fini previsti. Essi non sono soggetti ad ulteriori disposizioni nazionali per quanto riguarda l’immissione sul mercato.

(…)

4.      Nel caso di un’apparecchiatura radio che utilizzi bande di frequenza la cui utilizzazione non è armonizzata nella Comunità, il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità o la persona responsabile dell’immissione dell’apparecchiatura sul mercato notifica la propria intenzione di immettere l’apparecchiatura sul mercato all’autorità nazionale che, nello Stato membro in questione, è responsabile della gestione dello spettro delle radiofrequenze.

Questa notifica è fatta non meno di quattro settimane prima dell’inizio dell’immissione sul mercato e fornisce informazioni circa le caratteristiche radio dell’apparecchiatura (...) e il numero d’identificazione dell’organismo notificato di cui all’allegato IV o all’allegato V».

8        A tenore dell’art. 8, n. 1, della direttiva 1999/5:

«Gli Stati membri non vietano, limitano o impediscono l’immissione sul mercato e la messa in servizio sul loro territorio di apparecchi recanti la marcatura CE di cui all’allegato VII che ne indica la conformità con tutte le disposizioni della presente direttiva (...). Ciò non pregiudica gli articoli 6, paragrafo 4, 7, paragrafo 2, e 9, paragrafo 5».

9        Per quanto riguarda la marcatura «CE» di conformità, l’art. 12, n. 1, primo comma, della direttiva 1999/5 così dispone:

«L’apparecchio conforme a tutti i requisiti essenziali pertinenti è contraddistinto dalla marcatura CE di conformità prevista nell’allegato VII. Tale marcatura è apposta sotto la responsabilità del fabbricante, del suo rappresentante autorizzato nella Comunità o della persona responsabile dell’immissione dell’apparecchio sul mercato».

 La direttiva 2001/95

10      L’art. 1 della direttiva 2001/95 definisce il suo oggetto e il suo ambito di applicazione come segue:

«1.      La presente direttiva è intesa a garantire che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri.

2.      La presente direttiva si applica a tutti i prodotti definiti all’articolo 2, lettera a). Ciascuna delle sue disposizioni si applica nella misura in cui non esistano, nell’ambito della normativa comunitaria, disposizioni specifiche aventi lo stesso obiettivo che disciplinano la sicurezza dei prodotti in questione.

Se dei prodotti sono soggetti a requisiti di sicurezza prescritti dalla normativa comunitaria, la presente direttiva si applica unicamente per gli aspetti e i rischi o le categorie di rischi non soggetti a tali requisiti. (…)».

11      L’art. 2, lett. a), e) ed f), della direttiva 2001/95 così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, s’intende per:

a)      “prodotto”: qualsiasi prodotto destinato, anche nel quadro di una prestazione di servizi, ai consumatori o suscettibile, in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dai consumatori, anche se non loro destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o rimesso a nuovo.

(…)

e)      “produttore”:

i)      il fabbricante del prodotto stabilito nella Comunità, e qualsiasi altra persona che si presenti come fabbricante apponendo sul prodotto il proprio nome, il proprio marchio o un altro segno distintivo, o colui che rimette a nuovo il prodotto;

ii)      il rappresentante del fabbricante se quest’ultimo non è stabilito nella Comunità o, qualora non vi sia un rappresentante stabilito nella Comunità, l’importatore del prodotto;

iii)      gli altri operatori professionali della catena di commercializzazione nella misura in cui la loro attività possa incidere sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti;

f)      “distributore”: qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione, l’attività del quale non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti».

12      A tenore dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/95:

«Gli Stati membri provvedono affinché produttori e distributori rispettino gli obblighi loro incombenti in applicazione della presente direttiva in modo da assicurare che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri».

13      L’art. 8, n. 2, commi primo e secondo, di questa stessa direttiva è così formulato:

«Quando adottano misure analoghe a quelle di cui al paragrafo 1, in particolare a quelle di cui alle lettere da d), a f), tenendo conto del principio di precauzione, le autorità competenti degli Stati membri agiscono nel rispetto del Trattato, in particolare degli articoli 28 e 30, per attuarle in modo proporzionato alla gravità del rischio.

Nell’ambito di tali misure esse incoraggiano e favoriscono l’azione volontaria dei produttori e dei distributori conformemente agli obblighi loro imposti dalla presente direttiva, in particolare dal capo III, anche mediante l’eventuale elaborazione di codici di buona condotta».

 Il diritto nazionale

14      A tenore dell’art. 188, punto 32, della legge C. del 2003, relativa alla comunicazione elettronica (2003. évi C. törvény az elektronikus hírközlésről):

«Ai fini della presente legge si intende per:

(…)

32. “produttore”: ogni ente economico responsabile della presentazione, della fabbricazione, dell’imballaggio, della marcatura e della commercializzazione delle apparecchiature, indipendentemente dalla questione se tale soggetto realizzi detti incarichi per conto proprio o altrui. Dev’essere considerato produttore anche chi, con la finalità di procedere alla commercializzazione di apparecchiature esistenti, apporti modifiche o ampliamenti rilevanti che incidono sui loro requisiti essenziali o chi fabbrichi nuovi apparecchi sulla base di quelli esistenti. Qualora il fabbricante non abbia sede nel territorio ungherese, si considererà tale l’importatore degli apparecchi».

15      In forze dell’art. 1, n. 2, del decreto n. 5/2004 (IV.13.) IHM del Ministro dell’Informatica e delle Comunicazioni, relativo alle apparecchiature radio e alle apparecchiature terminali di telecomunicazioni nonché al reciproco riconoscimento della loro conformità [5/2004. (IV. 13.) IHM rendelet a rádióberendezésekről és az elektronikus hírközlő végberendezésekről, valamint megfelelőségük kölcsönös elismeréséről], «rientrano nell’ambito di applicazione del detto decreto in Ungheria, oltre all’Autorità ungherese per le comunicazioni, qualsiasi persona fisica o giuridica o qualsiasi ente senza personalità giuridica, le succursali ungheresi di società aventi sede all’estero, o i loro rappresentanti, che producano, importino, immettano in commercio (in prosieguo, congiuntamente: i “produttori”), distribuiscano, certifichino e pongano in esercizio e utilizzino gli apparecchi di cui al paragrafo 1».

16      Secondo l’art. 4, n. 4, di tale decreto, qualora un’apparecchiatura radio utilizzi una frequenza o una banda di frequenza non armonizzata nell’Unione europea, il produttore deve notificare all’autorità competente, conformemente alle disposizioni legislative speciali a tal riguardo emanate, la sua intenzione di commercializzare in Ungheria l’apparecchio di cui trattasi.

17      Questi, in forza dell’art. 10, n. 6, del detto decreto, deve «redigere una dichiarazione di conformità dell’apparecchiatura ai requisiti essenziali. Ai fini della commercializzazione di apparecchi fabbricati in Ungheria, si deve redigere una dichiarazione di conformità in lingua ungherese o in altre lingue ivi compreso l’ungherese. Qualora gli apparecchi non siano stati fabbricati in Ungheria, la dichiarazione può essere redatta in una lingua ufficiale di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea. I requisiti di merito relativi alla dichiarazione di conformità figurano nell’allegato 6».

 La controversia di cui alla causa principale e le questioni pregiudiziali

18      La Lidl commercializza in Ungheria l’apparecchiatura radio di tipo «UC Babytalker 500», fabbricata da una società belga che l’ha provvista della marcatura «CE» e che ha redatto una dichiarazione di conformità per tale prodotto. Detta apparecchiatura utilizza una frequenza non armonizzata.

19      A seguito di un’ispezione effettuata nel corso del 2007 in un punto di vendita della Lidl, lo Hatóság ha constatato che l’apparecchiatura di cui trattasi non soddisfaceva la dichiarazione di conformità prevista dalla normativa ungherese e ha, di conseguenza, vietato alla Lidl di commercializzarla fino alla presentazione di una dichiarazione di conformità redatta secondo il diritto ungherese. A suo giudizio, la Lidl avrebbe dovuto essere considerata come produttore degli apparecchi, dal momento che li immette sul mercato in Ungheria.

20      Poiché lo Hatóság non aveva accettato la dichiarazione di conformità redatta dal produttore belga, la Lidl ha proposto un ricorso giurisdizionale avverso tale decisione di divieto di commercializzazione chiedendone l’annullamento.

21      Ritenendo che il prodotto di cui trattasi, conformemente alle direttive comunitarie applicabili, possa essere commercializzato in tutti gli Stati membri, il Fővárosi Bíróság, tenuto conto del contrario punto di vista del convenuto nella causa principale, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 8 della direttiva [1999/5] possa essere interpretato nel senso che tale disposizione relativa alla libera circolazione delle apparecchiature radio e delle apparecchiature terminali di telecomunicazione (in prosieguo: gli “apparecchi”) non consente di imporre obblighi ulteriori ai fini dell’immissione sul mercato di apparecchi rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva in questione e che sono stati muniti della marcatura “CE” da parte di un produttore avente la sede sociale in un altro Stato membro.

2)      Se, trattandosi di obblighi relativi alla commercializzazione, il disposto dell’art. 2, lett. e) ed f), della direttiva [2001/95/CE] possa essere interpretato nel senso che può essere considerato produttore anche l’ente che immetta sul mercato gli apparecchi in uno Stato membro (senza aver partecipato alla loro fabbricazione) e la cui sede sociale non si trovi nello stesso Stato membro del produttore.

3)      Se il disposto dell’art. 2, lett. e), sub i), ii) e iii), ed f) della direttiva [2001/95] possa essere interpretato nel senso che il distributore (che non coincide con il produttore) degli apparecchi fabbricati in un altro Stato membro può essere tenuto a predisporre una dichiarazione di conformità contenente i dati tecnici relativi a tali apparecchi

4)      Se il disposto dell’art. 2, lett. e), sub i), ii) e iii), ed f), della direttiva [2001/95] possa essere interpretato nel senso che un ente incaricato esclusivamente della commercializzazione nell’ambito di uno Stato membro nel cui territorio è situata la sua sede sociale può essere considerato al contempo come produttore degli apparecchi commercializzati, nel caso in cui la sua attività di distributore non incida sulle caratteristiche di sicurezza degli apparecchi.

5)      Se l’art. 2, lett. f), della direttiva [2001/95] possa essere interpretato nel senso che può essere richiesta anche al distributore, quale definito in tale disposizione, la conformità ai requisiti che, in ogni caso, ai sensi di tale direttiva, sono applicabili esclusivamente al produttore ai sensi dell’art. 2, lett. e), di tale direttiva, ad esempio l’obbligo di presentare la dichiarazione di conformità nella quale siano compresi i dati tecnici relativi agli apparecchi di cui trattasi.

6)      Se il disposto dell’art. 30 [CE] e/o le cosiddette esigenze imperative possano fondare la deroga all’applicazione della formula ricavata dalla sentenza [11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837], tenuto conto altresì di quanto disposto dai principi di equivalenza e di riconoscimento reciproco.

7)      Se l’art. 30 [CE] possa essere interpretato nel senso che non consente di limitare il commercio e l’importazione delle merci in transito per motivi diversi da quelli elencati in tale disposizione.

8)      Se la marcatura “CE” soddisfi quanto sancito dai principi di equivalenza e/o di riconoscimento reciproco nonché i requisiti fissati all’art. 30 [CE].

9)      Se la marcatura “CE” possa essere interpretata nel senso che gli Stati membri non possono giustificare l’applicazione di nessun’altra norma tecnica o di qualità agli apparecchi che siano provvisti di tale marcatura.

10)      Se il disposto dell’art. 6, n. 1, e quello dell’art. 8, n. 2, seconda frase, della direttiva [2001/95] possano essere interpretati nel senso che, riguardo alla commercializzazione delle merci, il produttore e il distributore, nel caso in cui il produttore non commercializzi i prodotti di cui trattasi, possono essere considerati soggetti a identici obblighi».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sull’interpretazione della direttiva 1999/5

22      Con la prima questione, il giudice del rinvio vuole in sostanza sapere se uno Stato membro, in forza della direttiva 1999/5, possa pretendere che un operatore che immette sul mercato nazionale un’apparecchiatura radio fornisca una dichiarazione di conformità, anche qualora il produttore della detta apparecchiatura, avente la sede sociale ubicata in un altro Stato membro, vi abbia apposto la marcatura «CE» e abbia redatto una dichiarazione di conformità per tale prodotto.

23      Si deve a questo proposito constatare che la direttiva 1999/5, che istituisce un quadro regolamentare per l’immissione sul mercato, la libera circolazione e la messa in servizio nella Comunità delle apparecchiature radio, contiene, agli artt. 6, 8, e 12, le pertinenti norme per la soluzione della controversia di cui alla causa principale.

24      Gli artt. 6 e 8 di detta direttiva assicurano la libera circolazione degli apparecchi che soddisfano le disposizioni della detta direttiva (sentenza 8 maggio 2003, causa C‑14/02, ATRAL, Racc. pag. I‑4431, punto 50).

25      Se, in forza dell’art. 6, n. 1, prima frase, della direttiva 1999/5, gli Stati membri provvedono affinché gli apparecchi siano immessi sul mercato soltanto ove rispettino gli opportuni requisiti essenziali contemplati nella detta direttiva, essi non assoggettano tali apparecchi, in forza della seconda frase di questa stessa disposizione, ad altri requisiti nazionali per quanto riguarda la loro immissione sul mercato. Inoltre, secondo l’art. 8, n. 1, di questa stessa direttiva, essi non frappongono ostacoli all’immissione sul mercato nel loro territorio degli apparecchi recanti la marcatura «CE».

26      Infatti, la direttiva 1999/5 conferisce una presunzione di conformità agli apparecchi provvisti della marcatura «CE». Tale marcatura indica la conformità dei detti apparecchi con tutte le disposizioni della direttiva stessa, comprese le procedure di valutazione della loro conformità quali previste dalla direttiva in argomento (v. sentenza ATRAL, cit., punto 51).

27      In tale regime, la marcatura «CE», secondo l’art. 12, n. 1, primo comma, seconda frase, della direttiva 1999/5, è apposta sotto la responsabilità sia del fabbricante, sia del suo rappresentante stabilito nella Comunità o, ancora, della persona responsabile dell’immissione dell’apparecchio sul mercato.

28      Di conseguenza, i prodotti marcati «CE» possono essere immessi sul mercato senza dover essere assoggettati ad un meccanismo di previa autorizzazione (v., in tal senso, sentenza ATRAL, cit., punto 52) o a qualsiasi altra procedura intesa a moltiplicare il numero delle persone che debbono apporre la marcatura di conformità.

29      Gli Stati membri sono così tenuti, senza pregiudizio delle disposizioni di cui agli artt. 6, n. 4, 7, n. 2, e 9, n. 5, della direttiva 1999/5, a riconoscere la marcatura «CE» apposta da uno dei soggetti elencati all’art. 12, n. 1, di tale direttiva. Pretendere da uno di tali soggetti che fornisca una dichiarazione di conformità per un’apparecchiatura radio sulla quale è già stata apposta la marcatura «CE» da uno degli altri soggetti contemplati dall’art. 12, n. 1, della direttiva 1999/5 equivarrebbe ad ostacolare l’immissione sul mercato di tale prodotto, assoggettandolo a requisiti diversi da quelli previsti dalla direttiva 1999/5.

30      Da ciò consegue che la direttiva 1999/5 osta a norme nazionali che, nella materia da tale direttiva armonizzata, facciano obbligo ai soggetti responsabili dell’immissione sul mercato di un prodotto marcato «CE» e provvisto di una dichiarazione di conformità redatta dal produttore di fornire altresì una dichiarazione di conformità.

31      Su tale valutazione non incide il fatto che il produttore che ha apposto la marcatura «CE» sia situato in uno Stato membro diverso da quello dell’immissione sul mercato. Al contrario, la direttiva 1999/5, essendo finalizzata alla libera circolazione di apparecchiature radio e al reciproco riconoscimento della loro conformità, copre esattamente tale situazione.

32      Inoltre, neppure la circostanza che l’apparecchiatura di cui trattasi nella causa principale utilizzi una frequenza non armonizzata può, alla luce dell’art. 6, n. 4, della direttiva 1999/5, modificare tale valutazione. La norma di procedura enunciata in detta disposizione impone al fabbricante o al suo rappresentante stabilito nella Comunità o alla persona responsabile dell’immissione sul mercato solo l’obbligo di informare l’autorità nazionale responsabile della gestione dello spettro delle frequenze della sua intenzione di immettere tali apparecchiature sul mercato nazionale. Tale norma di procedura mira ad accompagnare l’attuazione dei meccanismi della direttiva 1999/5 nell’ordinamento interno, ma non conferisce per nulla agli Stati membri la facoltà di assoggettare a condizioni o di restringere il divieto enunciato alla seconda frase dell’art. 6, n. 1, della direttiva 1999/5 (v. sentenza 20 giugno 2002, cause riunite C‑388/00 e C‑429/00, Radiosistemi, Racc. pag. I‑5845, punto 53).

33      La prima questione va, di conseguenza, risolta dichiarando che gli Stati membri non possono esigere, in forza della direttiva 1999/5, che un soggetto che immette sul mercato un’apparecchiatura radio fornisca una dichiarazione di conformità anche qualora il produttore di detta apparecchiatura, la cui sede sociale sia ubicata in un altro Stato membro, abbia apposto la marcatura «CE» e abbia redatto una dichiarazione di conformità per tale prodotto.

 Sull’interpretazione della direttiva 2001/95

34      Con le questioni dalla seconda alla quinta e decima, che vanno trattate congiuntamente, il giudice del rinvio vuole in sostanza sapere se un distributore di un’apparecchiatura radio possa, in forza delle disposizioni della direttiva 2001/95, essere considerato come produttore di tale prodotto senza aver partecipato alla produzione nonché senza che la sua attività incida sulle caratteristiche di sicurezza del prodotto, e se egli possa essere obbligato a redigere una dichiarazione di conformità contenente i dati tecnici relativi alle apparecchiature radio per cui è causa o se possa essere soggetto ad obblighi che gravano sul produttore, qualora questi non commercializzi i prodotti di cui trattasi.

35      Si deve in limine ricordare che la direttiva 2001/95, in virtù dell’art. 1, n. 2, della stessa, non si applica dal momento che esistono normative comunitarie specifiche che disciplinano la sicurezza dei prodotti di cui trattasi e mirano allo stesso obiettivo.

36      Come in sostanza sostenuto, segnatamente, dal governo belga e dalla Commissione, la direttiva 1999/5 costituisce una siffatta specifica regolamentazione per quanto riguarda la dichiarazione di conformità delle apparecchiature radio.

37      Così, la direttiva 2001/95 e le definizioni dei termini «produttore» e «distributore» di cui al suo art. 2, lett. e) ed f), non si applica nella misura in cui si tratti della valutazione di questioni attinenti all’obbligo della persona di fornire una dichiarazione di conformità di un’apparecchiatura radio.

38      Dal momento che il giudice del rinvio vuole in sostanza sapere se uno Stato membro possa imporre ad un siffatto distributore obblighi gravanti normalmente sui produttori e derivanti dalla direttiva 2001/95, è giocoforza costatare che gli atti sottoposti all’esame della Corte non contengono indicazioni relative a obblighi diversi dalla presentazione di una dichiarazione di conformità a carico dei distributori di apparecchiature radio in Ungheria.

39      Ad ogni modo, al fine di determinare gli obblighi specifici derivanti dalla direttiva 2001/95, si deve constatare che una persona che commercializza un prodotto può essere considerata come se ne fosse il produttore solo alle condizioni definite da tale direttiva all’art. 2, lett. e), e come se ne fosse il distributore solo alle condizioni definite all’art. 2, lett. f). Il produttore e il distributore possono essere vincolati solo dagli obblighi rispettivamente previsti per ciascuno di essi dalla direttiva 2001/95.

40      Si deve di conseguenza rispondere alle questioni dalla seconda alla quinta e decima che la direttiva  2001/95 non è applicabile alla valutazione di questioni attinenti all’obbligo di un soggetto di fornire una dichiarazione di conformità di un’apparecchiatura radio. Per quanto riguarda il potere degli Stati membri di imporre, in forza della direttiva 2001/95, all’atto della commercializzazione di apparecchiature radio, obblighi diversi dalla presentazione di una dichiarazione di conformità, un soggetto che commercializza un prodotto può essere considerato, da un lato, come se ne fosse il produttore solo alle condizioni definite da tale direttiva all’art. 2, lett. e), e, dall’altro, come se ne fosse il distributore solo alle condizioni definite al detto art. 2, lett. f). Il produttore e il distributore possono essere vincolati solo dagli obblighi rispettivamente previsti per ciascuno di essi dalla direttiva 2001/95.

 Sull’interpretazione dell’art. 30 CE

41      Le questioni dalla sesta alla nona, che vanno trattate congiuntamente, vertono su eventuali giustificazioni che possono essere invocate da uno Stato membro a sostegno di ostacoli frapposti alla libera circolazione delle apparecchiature radio recanti la marcatura di conformità «CE» e sull’interpretazione dell’art. 30 CE.

42      A tale proposito occorre ricordare che, come in particolare rilevato dalla Commissione, quando un problema è disciplinato in modo armonizzato a livello comunitario, qualunque provvedimento nazionale in materia deve essere valutato in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non agli artt. 28 CE e 30 CE (v. sentenza 13 dicembre 2001, causa C‑324/99, DaimlerChrysler, Racc. pag. I‑9897, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

43      Per quanto riguarda l’obbligo di fornire una dichiarazione di conformità per un’apparecchiatura radio, la direttiva 1999/5 contiene norme specifiche. Dal tenore letterale e dalla finalità di tale direttiva risulta che questa mira a una completa armonizzazione nel suo ambito di applicazione. Ne consegue che, nei settori di applicazione della detta direttiva, gli Stati membri debbono conformarsi ad esse interamente e non possono mantenere disposizioni nazionali contrastanti (v. sentenza ATRAL, cit., punto 44).

44      La libera circolazione degli apparecchi rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 1999/5, che si presumono conformi ai requisiti essenziali e quindi alle norme di sicurezza da questa previste, può essere ostacolata solo alle condizioni previste dalla stessa direttiva. Qualora uno Stato membro ritenga che la conformità ad una norma armonizzata non garantisca il rispetto dei requisiti essenziali previsti dalla detta direttiva, che tale norma dovrebbe soddisfare, lo Stato membro può, in forza dell’art. 5 di tale direttiva, rivolgersi al comitato. In caso di lacune delle norme armonizzate rispetto ai requisiti essenziali, tali norme possono essere revocate conformemente al procedimento di cui all’art. 5 della direttiva 1999/5. Ciò considerato, si deve constatare che il regime istituito dalla direttiva 1999/5 assicura il rispetto dei requisiti essenziali contemplati da detta direttiva.

45      Inoltre, come osservato dalla Commissione, nel caso in cui uno Stato membro invochi, a sostegno di una restrizione, motivi esterni al settore armonizzato dalla direttiva 1999/5, detto Stato può fare riferimento all’art. 30 CE. In un siffatto caso, lo Stato membro può invocare soltanto uno dei motivi di interesse generale indicati dall’art. 30 CE o una delle esigenze imperative riconosciute dalla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, detta «Cassis de Dijon», Racc. pag. 649, punto 8). In entrambi i casi, la restrizione deve essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non deve andare oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v. citate sentenze Radiosistemi, punto 42, e ATRAL, punto 64).

46      Alla luce delle considerazioni di cui sopra, alle questioni dalla sesta alla nona si deve rispondere dichiarando che, qualora una questione sia regolamentata in modo armonizzato a livello comunitario, ogni misura nazionale ad essa relativa dev’essere valutata alla luce delle disposizioni di tale misura di armonizzazione, e non già di quelle di cui agli artt. 28 CE e 30 CE. Nelle materie oggetto della direttiva 1999/5, gli Stati membri debbono conformarsi integralmente alle disposizioni di tale direttiva senza poter mantenere disposizioni nazionali contrastanti. Qualora uno Stato membro ritenga che la conformità ad una norma armonizzata non garantisca il rispetto dei requisiti essenziali previsti dalla direttiva 1999/5 che tale norma dovrebbe soddisfare, tale Stato membro è tenuto a dare corso al procedimento previsto dall’art. 5 di tale direttiva. Per contro, uno Stato membro può, a giustificazione di una restrizione, invocare motivi esterni al settore armonizzato dalla direttiva 1999/5. In un caso siffatto esso può invocare soltanto i motivi enunciati all’art. 30 CE o ragioni imperative di ordine generale.

 Sulle spese

47      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

1)      Gli Stati membri non possono esigere, in forza della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 9 marzo 1999, 1999/5/CE, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità, che un soggetto che immette sul mercato un’apparecchiatura radio fornisca una dichiarazione di conformità anche qualora il produttore di detta apparecchiatura, la cui sede sociale sia ubicata in un altro Stato membro, vi abbia apposto la marcatura «CE» e abbia redatto una dichiarazione di conformità per tale prodotto.

2)      La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 3 dicembre 2001, 2001/95/CE, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, non è applicabile alla valutazione di questioni attinenti all’obbligo di una persona di fornire una dichiarazione di conformità di un’apparecchiatura radio. Per quanto riguarda il potere degli Stati membri di imporre, in forza della direttiva 2001/95, all’atto della commercializzazione di apparecchiature radio, obblighi diversi dalla presentazione di una dichiarazione di conformità, un soggetto che commercializza un prodotto può essere considerato, da un lato, come se ne fosse il produttore solo alle condizioni definite da questa stessa direttiva all’art. 2, lett. e), e, dall’altro, come se ne fosse il distributore solo alle condizioni definite al detto art. 2, lett. f). Il produttore ed il distributore possono essere vincolati solo dagli obblighi rispettivamente previsti per ciascuno di essi dalla direttiva  2001/95.

3)      Qualora una questione sia regolamentata in modo armonizzato a livello comunitario, ogni misura nazionale ad essa relativa deve essere valutata alla luce delle disposizioni di tale misura di armonizzazione, e non già di quelle di cui agli artt. 28 CE e 30 CE. Nelle materie oggetto della direttiva 1999/5, gli Stati membri debbono conformarsi integralmente alle disposizioni di tale direttiva senza poter mantenere disposizioni nazionali contrastanti. Qualora uno Stato membro ritenga che la conformità ad una norma armonizzata non garantisca il rispetto dei requisiti essenziali previsti dalla direttiva 1999/5 che detta norma dovrebbe soddisfare, tale Stato membro è tenuto a dare corso al procedimento previsto all’art. 5 di tale direttiva. Per contro, uno Stato membro può, a giustificazione di una restrizione, invocare motivi esterni al settore armonizzato dalla direttiva 1999/5. In un caso siffatto, esso può invocare solo i motivi enunciati all’art. 30 CE o ragioni imperative di interesse generale.

Firme


* Lingua processuale: l’ungherese.