CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
EVGENI TANCHEV
presentate il 27 giugno 2019 (1)
Cause riunite C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18
A.K. (C‑585/18)
contro
Krajowa Rada Sądownictwa
e
CP (C‑624/18)
DO (C‑625/18)
contro
Sąd Najwyższy (C‑624/18 e C‑625/18)
interveniente:
Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia)]
«Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Stato di diritto – Articolo 2 TUE – Articolo 19, paragrafo 1, TUE – Principio della tutela giurisdizionale effettiva – Principio dell’indipendenza dei giudici – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 47 e 51 – Misure nazionali istitutive della Sezione disciplinare della Corte suprema – Misure nazionali che modificano la modalità di nomina dei membri-giudici del Consiglio nazionale della magistratura – Primato del diritto dell’Unione – Potere di disapplicazione della normativa nazionale contrastante con il diritto dell’Unione»
I. Introduzione
1. Le presenti cause, analogamente alle problematiche che ho già preso in considerazione nelle mie conclusioni presentate nelle cause Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) e Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑92/18) (2), si collocano nel contesto della riforma del sistema giudiziario polacco, introdotta dalle misure adottate nel 2017, che sono state l’oggetto di una proposta motivata della Commissione a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea sullo Stato di diritto in Polonia (3), e altresì di notevoli critiche a livello internazionale (4).
2. Le stesse riguardano ricorsi, in parte fondati sul diritto dell’Unione, proposti dinanzi alla sezione per il lavoro e la previdenza sociale del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) da giudici che sono stati lesi da provvedimenti polacchi che hanno abbassato l’età pensionabile per i giudici (5). Nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18), la Corte ha dichiarato che tali provvedimenti erano incompatibili con gli obblighi della Polonia derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE per il fatto di essere in contrasto con i principi di inamovibilità e di indipendenza dei giudici, entrambi tutelati dal diritto dell’Unione.
3. Anche se, ai sensi del diritto nazionale, la competenza a conoscere di tali azioni spetta alla Sezione disciplinare della Corte suprema, di nuova costituzione, il giudice del rinvio chiede se tale sezione disciplinare offra sufficienti garanzie d’indipendenza ai sensi del diritto dell’Unione per trattare i ricorsi di cui trattasi. Ciò in ragione del fatto che il gruppo di giudici della Sezione disciplinare che possono essere nominati da parte del presidente della Repubblica è scelto dalla Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura; in prosieguo: il «CNM»), che è l’organo preposto a vigilare sull’indipendenza dei giudici in Polonia. Tuttavia, l’indipendenza del CNM è stata posta in discussione, a sua volta, a seguito dell’introduzione dalla normativa polacca che ha modificato le modalità di nomina dei membri giudici di tale organo. La sua composizione è attualmente decisa, prevalentemente, dal poteri legislativo ed esecutivo.
4. Inoltre, sono state espresse preoccupazioni in merito alla procedura adottata dal CNM per la selezione dei giudici della Sezione disciplinare.
5. Pertanto, la questione chiave su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi nelle presenti cause è se la Sezione disciplinare della Corte suprema soddisfi i requisiti di indipendenza previsti dal diritto dell’Unione, alla luce del meccanismo di nomina dei membri del CNM e degli strumenti per selezionare i giudici della Sezione disciplinare.
6. Per l’ipotesi in cui la Corte ritenga che la Sezione disciplinare della Corte suprema non soddisfi tali requisiti, il giudice del rinvio domanda altresì se sia legittimato, ai sensi del diritto dell’Unione, a disapplicare le norme del diritto di uno Stato membro che possono essere intese come ostative alla competenza del giudice nel rinvio nei procedimenti principali.
7. Pertanto, in sostanza, il giudice del rinvio invita la Corte a sviluppare la sua giurisprudenza relativa agli obblighi degli Stati membri di garantire l’indipendenza del giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), al fine di promuovere il rispetto dello Stato di diritto nell’ordinamento giuridico dell’Unione.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
8. L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE così dispone:
«Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».
9. L’articolo 47 della Carta, primo e secondo comma, prevede quanto segue:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.
Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge (…)».
B. Diritto polacco
1. Disposizioni sull’abbassamento dell’età pensionabile dei membri della Corte suprema
10. L’articolo 30, paragrafo 1, dell’Ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema) del 23 novembre 2002 (Dz. U. n. 240 del 2002, posizione 2052, come modificata; in prosieguo: la «legge del 2002 sulla Corte suprema»), ha fissato a 70 anni l’età per il pensionamento dei giudici della Corte suprema, salvo il caso in cui, al più tardi sei mesi prima del compimento del settantesimo anno di età, il giudice invii al primo presidente della Corte suprema una dichiarazione che indichi la sua volontà di continuare a esercitare le proprie funzioni e presenti un certificato attestante le sue condizioni di salute. In tal caso, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 5, della medesima legge, detto giudice poteva automaticamente esercitare le proprie funzioni fino al raggiungimento dell’età di 72 anni.
11. Il 20 dicembre 2017 il presidente della Repubblica ha promulgato la Ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema) dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 5, come modificata; in prosieguo: la «legge del 2017 sulla Corte suprema»), entrata in vigore il 3 aprile 2018.
12. Ai sensi dell’articolo 37, paragrafi da 1 a 4, della legge del 2017 sulla Corte suprema, al raggiungimento dell’età di 65 anni i giudici della Corte suprema sono, in linea di principio, collocati a riposo, salvo che, nel termine stabilito, presentino una dichiarazione che indichi la loro volontà di continuare a esercitare le funzioni e un certificato attestante buone condizioni di salute, e purché il presidente della Repubblica di Polonia li autorizzi a rimanere in servizio. Ai sensi del procedimento previsto in tali disposizioni, il presidente della Repubblica è tenuto, prima di concedere la propria autorizzazione, a consultare il CNM, che gli fornisce un parere. A norma dell’articolo 111, paragrafo 1, di tale legge, ai giudici della Corte suprema che avevano compiuto 65 anni entro il 3 luglio 2018 è stato imposto di abbandonare le proprie funzioni a partire dal 4 luglio 2018, salvo che presentassero i summenzionati documenti entro uno specifico termine e che il presidente della Repubblica li autorizzasse secondo la procedura prevista all’articolo 37 della medesima legge.
2. Disposizioni sulla Sezione disciplinare
13. La legge del 2017 sulla Corte suprema ha previsto, inter alia, l’istituzione di una nuova sezione della Corte denominata Sezione disciplinare, che è stata costituita, ai sensi dell’articolo 133 della medesima legge, il 3 aprile 2018.
14. L’articolo 20 della legge del 2017 sulla Corte suprema prevede quanto segue:
«Per quanto concerne la Sezione disciplinare e i giudici che la compongono, i poteri del primo presidente della Corte suprema come definiti
1) all’articolo 14, paragrafo 1, punti 1, 4 e 7, all’articolo 31, paragrafo 1, all’articolo 35, paragrafo 2, all’articolo 36, paragrafo 6, all’articolo 40, paragrafi 1 e 4, e all’articolo 51, paragrafi 7 e 14, sono esercitati dal presidente della Corte suprema che dirige i lavori della Sezione disciplinare;
2) all’articolo 14, paragrafo,1, punto 2, e all’articolo 55, paragrafo 3, seconda frase, sono esercitati dal primo presidente della Corte suprema, di concerto con il presidente della Corte suprema che dirige i lavori della Sezione disciplinare».
15. L’articolo 27 della legge del 2017 sulla Corte suprema così dispone:
«1. Rientrano nella competenza della Sezione disciplinare le seguenti controversie:
1) disciplinari:
a) concernenti i giudici della Corte suprema;
(…)
2) in materia di diritto del lavoro e di previdenza sociale relativi a giudici della Corte suprema;
3) in materia di pensionamento obbligatorio di giudici della Corte suprema».
16. L’articolo 29 della legge del 2017 sulla Corte suprema stabilisce quanto segue:
«I giudici della Corte suprema sono nominati dal presidente della Repubblica di Polonia, su proposta del Consiglio nazionale della magistratura».
17. L’articolo 79 della legge del 2017 sulla Corte suprema così dispone:
«Le controversie in materia di diritto del lavoro e della previdenza sociale che coinvolgono giudici della Corte suprema e le controversie concernenti il pensionamento di giudici della Corte suprema sono decise:
1) in primo grado, dalla Corte suprema, che si riunisce con un collegio giudicante composto da un solo giudice della Sezione disciplinare;
2) in grado d’appello, dalla Corte suprema, che si riunisce con un collegio giudicante composto da tre giudici della Sezione disciplinare».
18. L’articolo 131 della legge del 2017 sulla Corte suprema, come modificato dall’articolo 1, punto 14, della Ustawa o zmianie ustawy o Sądzie Najwyższym (Legge recante modifica della legge sulla Corte suprema), del 12 aprile 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 847) (in prosieguo: la «prima legge di modifica del 12 aprile 2018) (6) stabilisce quanto segue:
«I giudici che, alla data di entrata in vigore della presente legge, occupano posizioni in altre sezioni della Corte suprema possono essere trasferiti alla Sezione disciplinare. Entro la data in cui tutti i giudici della Sezione disciplinare della Corte suprema sono stati nominati per la prima volta, i giudici che esercitano funzioni in un’altra sezione della Corte suprema possono trasmettere al Consiglio nazionale della magistratura richiesta di trasferimento alla sezione disciplinare, dopo aver ottenuto il consenso del primo presidente della Corte suprema e del presidente della Corte suprema che dirige i lavori della sezione disciplinare nonché del presidente della sezione in cui il giudice richiedente il trasferimento esercita le sue funzioni. Su proposta del Consiglio nazionale della magistratura, il presidente della Repubblica di Polonia nomina un giudice presso la Corte Suprema nell’ambito della Sezione disciplinare sino a quando tutti i posti vacanti in tale sezione non saranno stati coperti per la prima volta».
3. Disposizioni sul Consiglio nazionale della magistratura
19. L’articolo 186, paragrafo 1, della Costituzione polacca recita come segue:
«Il Consiglio nazionale della magistratura è garante dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici».
20. L’articolo 187 della Costituzione polacca così dispone:
«1. Il Consiglio nazionale della magistratura è composto:
1) dal primo presidente della Corte suprema, dal Ministro della Giustizia, dal presidente della Corte suprema amministrativa e da una persona designata dal presidente della Repubblica;
2) da 15 membri eletti tra i giudici della Corte suprema, degli organi giurisdizionali ordinari, degli organi giurisdizionali amministrativi e degli organi giurisdizionali militari;
3) da quattro membri eletti dal Sejm (Camera bassa del Parlamento) tra i deputati nonché da due membri eletti dal Senato tra i senatori.
2. Il Consiglio nazionale della magistratura elegge, fra i suoi membri, un presidente e due vicepresidenti.
3. Il mandato dei membri eletti dal Consiglio nazionale della magistratura è di quattro anni.
4. Il regime, il settore di attività, le modalità di lavoro del Consiglio nazionale della magistratura nonché le modalità di elezione dei suoi membri, sono definiti per legge».
21. Il CNM è disciplinato dall’Ustawa o Krajowej Radzie Sądownictwa (legge sul Consiglio nazionale della magistratura) del 12 maggio 2011 (Dz. U. n. 126 del 2011, posizione 714, come modificata e consolidata, Dz. U. del 2019, posizione 84; in prosieguo: la «legge sul CNM»). Tale legge è stata modificata, fra l’altro, dall’Ustawa z zmianie ustawy o Krajowej Radzie Sądownictwa oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e talune altre leggi) dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 3, come modificata; in prosieguo: la «legge di modifica del CNM del 2017»), entrata in vigore il 17 gennaio 2018 (7).
22. Per effetto dell’articolo 1, punto 1, della legge di modifica del CNM del 2017, tale legge ha introdotto l’articolo 9a della legge sul CNM, che stabilisce quanto segue:
«1. Il Sejm elegge, tra i giudici della Corte suprema, degli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi e militari, 15 membri del Consiglio per un mandato congiunto della durata di quattro anni.
2. Nel procedere all’elezione di cui al paragrafo 1, il Sejm tiene conto, per quanto possibile, della necessità che, in seno al Consiglio, siano rappresentati giudici provenienti da differenti tipi e livelli di giurisdizione.
3. Il mandato congiunto di nuovi membri del Consiglio eletti tra i giudici decorre dal giorno successivo alla loro elezione. I membri uscenti del Consiglio esercitano le loro funzioni sino al giorno in cui ha inizio il mandato congiunto dei nuovi membri del Consiglio».
23. Per effetto dell’articolo 1, punti 2 e 3, della legge di modifica del CNM del 2017, tale legge ha sostituito l’articolo 11 della legge sul CNM (8) e ha introdotto gli articoli da 11a a 11e della legge sul CNM, concernenti la procedura per l’elezione dei 15 membri giudici del CNM.
24. Ai sensi dell’articolo 11a, paragrafo 2, della legge sul CNM:
«Possono proporre un candidato alla posizione di membro del Consiglio gruppi che riuniscono almeno: 1) 2000 cittadini della Repubblica di Polonia, che abbiano compiuto 18 anni di età e siano in pieno possesso della capacità giuridica e dei diritti civili e 2) 25 giudici, esclusi i giudici in pensione».
25. L’articolo 11d della legge sul CNM specifica quanto segue:
«1. Il Presidente del Sejm invita i gruppi parlamentari a indicare, entro un termine di sette giorni, i candidati alla posizione di membro del Consiglio.
2. Ciascun gruppo parlamentare designa, tra i giudici di cui sono state presentate le candidature a norma dell’articolo 11a, un massimo di nove candidati alla funzione di membro del Consiglio.
3. Se il numero totale dei candidati designati dai gruppi parlamentari è inferiore a quindici, l’Ufficio di presidenza del Sejm designa, tra le candidature presentate ai sensi dell’articolo 11a, il numero di candidati necessario per raggiungere la soglia di quindici.
4. La commissione parlamentare competente redige un elenco di candidati scegliendo, tra quelli designati in conformità ai paragrafi 2 e 3, quindici candidati per le funzioni di membro del Consiglio, fermo restando che deve essere preso in considerazione almeno un candidato designato da ciascun gruppo parlamentare attivo entro un termine di 60 giorni dalla prima seduta del Sejm, nel periodo della legislatura nel corso della quale avviene la selezione, a condizione che detto candidato sia stato designato da un gruppo ai sensi della procedura di nomina di cui al paragrafo 2.
5. Nella prima seduta successiva, in presenza di almeno metà del numero legale dei deputati, il Sejm elegge, a maggioranza dei 3/5 dei voti, i membri del Consiglio per un mandato congiunto della durata di quattro anni, votando per la lista dei candidati prevista al paragrafo 4.
6. Ove i membri del Consiglio non siano eletti secondo la procedura definita al paragrafo 5, il Sejm elegge detti membri a maggioranza assoluta dei voti, in presenza di almeno metà del numero legale di deputati e votando sulla base della lista di candidati prevista al paragrafo 4 (…)».
26. L’articolo 6 della legge di modifica del CNM del 2017 stabilisce quanto segue:
«Il mandato dei membri del [CNM] di cui all’articolo 187, paragrafi 1 e 2, della Costituzione della Repubblica di Polonia, eletti in forza delle disposizioni vigenti, si protrae sino al giorno precedente l’inizio del mandato dei nuovi membri del [Consiglio nazionale della magistratura], ma non eccede i 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvo che esso sia precedentemente cessato per scadenza del mandato».
27. L’Ustawa o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari e di talune altre leggi) del 20 luglio 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 1443; in prosieguo: la «legge del 20 luglio 2018») ha aggiunto il paragrafo 3 all’articolo 35 della legge sul CNM, che prevede quanto segue:
«1. Se più candidati hanno presentato domanda per il posto di giudice o uditore giudiziario, il gruppo stila un elenco di candidati raccomandati.
2. Nello stabilire l’ordine dei candidati nell’elenco, il gruppo tiene conto, in primo luogo, della valutazione delle qualifiche dei candidati e, in secondo luogo:
1) dell’esperienza professionale, ivi compresa l’esperienza nell’applicazione di norme di legge, la produzione accademica, i pareri dei superiori gerarchici, raccomandazioni, pubblicazioni e altri documenti allegati alla domanda;
2) del parere del collegio del tribunale competente e della valutazione dell’assemblea generale dei giudici competente.
3. L’assenza dei documenti di cui al paragrafo 2 non osta alla collocazione nell’elenco dei candidati raccomandati».
28. La legge di modifica del CNM del 2017 e la legge del 20 luglio 2018 hanno aggiunto, rispettivamente, il paragrafo 1a e il paragrafo 1b all’articolo 44 della legge sul CNM, il quale stabilisce quanto segue:
«1. Un candidato può proporre impugnazione dinanzi alla Corte suprema a motivo dell’illegittimità della decisione del Consiglio, salvo diversamente previsto da disposizioni specifiche (…).
1a. Nel caso di controversie individuali concernenti la nomina a giudice della Corte suprema, può essere proposta impugnazione presso la Corte suprema amministrativa. In tali casi, è precluso il ricorso dinanzi alla Corte suprema. Un’impugnazione proposta presso la Corte suprema amministrativa non può fondarsi sulla presunta erronea valutazione circa il possesso, da parte dei candidati, dei requisiti di cui si è tenuto conto ai fini dell’adozione della decisione sulla presentazione delle proposte di nomina a giudice della Corte suprema.
1b. Salvo che la deliberazione di cui all’articolo 37, paragrafo 1, sia stata impugnata da tutti i partecipanti alla procedura, in controversie individuali concernenti la nomina a giudice della Corte suprema, la suddetta deliberazione diviene definitiva nella parte in cui concerne la decisione di presentare una proposta di nomina a giudice della Corte suprema e nella parte in cui concerne la decisione di non presentare una proposta di nomina a giudice della medesima Corte, limitatamente ai partecipanti alla procedura che non hanno proposto impugnazione (…)».
4. Legge del 21 novembre 2018
29. Il 17 dicembre 2018, il presidente della Repubblica ha promulgato la Ustawa o zmianie ustawy o Sądzie Najwyższym (legge recante modifica della legge sulla Corte suprema) del 21 novembre 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 2507; in prosieguo: la «legge del 21 novembre 2018»), entrata in vigore il 1o gennaio 2019. Ai sensi dell’articolo 1 di tale legge, l’articolo 37, paragrafi da 1a a 4, e l’articolo 111, paragrafo 1, della legge del 2017 sulla Corte suprema sono abrogati, e l’articolo 37, paragrafo 1, della medesima legge è modificato nel senso che sono collocati a riposo all’età di 65 anni soltanto i giudici della Corte suprema che hanno assunto funzioni in tale Corte dopo la data di entrata in vigore della legge del 21 novembre 2018, mentre le disposizioni dell’articolo 30 della legge del 2002 sulla Corte suprema si applicano ai giudici della Corte suprema entrati in servizio prima di tale data.
30. L’articolo 2, paragrafo 1, della legge del 21 novembre 2018 stabilisce quanto segue:
«Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i giudici della Corte suprema o della Corte suprema amministrativa collocati a riposo ai sensi dell’articolo 37, paragrafi da 1 a 4, o dell’articolo 111, paragrafo 1 o 1a della [legge del 2017 sulla Corte suprema] sono reintegrati nelle loro funzioni alla data di entrata in vigore della [legge del 2017 sulla Corte suprema]. L’adempimento delle funzioni di giudice della Corte suprema o della Corte suprema amministrativa si considera proseguito senza interruzioni».
31. L’articolo 4 della legge del 21 novembre 2018 specifica quanto segue:
«1. I procedimenti instaurati a norma degli articoli 37, paragrafo 1, e 111, paragrafi da 1 a 1b della [legge del 2017 sulla Corte suprema] e le impugnazioni pendenti in tali controversie alla data di entrata in vigore della presente legge sono archiviati.
2. I procedimenti volti ad accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro in qualità di giudice della Corte suprema o della Corte suprema amministrativa in servizio attivo, concernenti i giudici di cui all’articolo 2, paragrafo 1, promossi e pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono archiviati (…)».
III. Fatti, procedimenti principali e questioni pregiudiziali
32. La causa C‑585/18 concerne un’impugnazione proposta da A.K., giudice della Corte suprema amministrativa, nei confronti del CNM. Secondo l’ordinanza di rinvio, alla data del 3 luglio 2018 A.K. aveva raggiunto l’età di 65 anni e aveva presentato una dichiarazione attestante la sua intenzione di continuare ad esercitare le sue funzioni ai sensi degli articoli 37 e 111, paragrafo 1, della legge del 2017 sulla Corte suprema. La Corte ha statuito, nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (9), che tali misure erano incompatibili con il diritto dell’Unione.
33. Conformemente alla procedura prevista all’articolo 37 della medesima legge, il CNM ha adottato una risoluzione, esprimendo parere negativo. A.K. ha presentato impugnazione avverso tale decisione, unitamente a una domanda di sospensione della sua esecutività, presso la Sezione per il lavoro e la previdenza della Corte suprema. A sostegno di tale impugnazione, A.K. invoca, tra l’altro, la violazione del secondo comma dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, del secondo paragrafo dell’articolo 47 della Carta, e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (10). In relazione a quest’ultima censura, A.K. sostiene di essere vittima di una discriminazione in ragione dell’età.
34. Le cause C‑624/18 e C‑625/18 riguardano i ricorsi proposti da CP e DO, giudici della Corte Suprema, avverso quest’ultima. Secondo le ordinanze di rinvio, tali giudici avevano raggiunto l’età di 65 anni alla data del 3 luglio 2018, ma non avevano presentato dichiarazioni attestanti la loro intenzione di continuare a esercitare le proprie funzioni in servizio ai sensi degli articoli 37 e 111, paragrafo 1, della legge del 2017 sulla Corte suprema.
35. Dopo essere stati informati del fatto che il presidente della Repubblica li aveva collocati a riposo dal 4 luglio 2018, CP e DO hanno promosso ricorsi presso la sezione per il lavoro e la previdenza sociale della Corte suprema, volti all’accertamento del fatto che il loro rapporto di lavoro in qualità di giudici in servizio attivo non si era convertito, a partire da tale data, nello status di giudici in pensione. Gli stessi domandavano, inoltre, l’adozione di provvedimenti provvisori. A sostegno di tali ricorsi, CP e DO sostengono, tra l’altro, la violazione del divieto di discriminazione in ragione dell’età, previsto all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 (11). Anche in tale fattispecie, CP e DO contestano misure che la Corte ha considerato incompatibili con il diritto dell’Unione nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (12).
36. La Sezione per il lavoro e la previdenza sociale della Corte suprema (in prosieguo: la «Sezione per il lavoro e la previdenza sociale»), presso la quale A.K., CP e DO (in prosieguo, congiuntamente: i «ricorrenti») hanno depositato i loro ricorsi, formula, tra l’altro, le osservazioni di seguito esposte.
37. Prima dell’entrata in vigore della legge del 2017 sulla Corte suprema, la Sezione per il lavoro e la previdenza sociale (13) era competente a esaminare le impugnazioni proposte avverso le deliberazioni del CNM, e le controversie originate dal rapporto di lavoro dei giudici della Corte suprema erano decise dai tribunali del lavoro. Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, secondo e terzo comma, della legge del 2017 sulla Corte suprema, la competenza a pronunciarsi su tali controversie è stata trasferita alla Sezione disciplinare della Corte suprema (in prosieguo: la «Sezione disciplinare») (14). Tuttavia, alla data di adozione delle ordinanze di rinvio, non era stato nominato alcun giudice della Sezione disciplinare, sicché, di fatto, essa non esisteva.
38. Pertanto, per quanto concerne le cause C‑624/18 e C‑625/18, il giudice del rinvio chiede se, considerata la mancanza di giudici nella Sezione disciplinare, lo stesso abbia facoltà di disapplicare le norme nazionali che attribuiscono competenza alla Sezione disciplinare e dichiararsi esso stesso competente, data la necessità di garantire una tutela effettiva dei diritti dei ricorrenti ai sensi del diritto dell’Unione, per quanto concerne la discriminazione in ragione dell’età (15). Il giudice del rinvio afferma che, poiché non vi è alcun giudice in grado di offrire tutela giurisdizionale nei procedimenti principali, tali disposizioni, nella misura in cui escludono la Sezione per il lavoro e la previdenza, devono essere ritenute incompatibili con l’articolo 47 della Carta e con l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78. Esso osserva, inoltre, che tale questione potrebbe divenire priva di oggetto, poiché, mentre i procedimenti principali erano pendenti, era in corso l’assegnazione delle posizioni vacanti nelle sezioni della Corte suprema di nuova istituzione.
39. In ogni caso, il giudice del rinvio nutre dubbi in merito a se la procedura di selezione dei giudici della Sezione disciplinare offra sufficienti garanzie di indipendenza, come richiesto dal diritto dell’Unione, dato che i giudici sono nominati dal presidente della Repubblica su proposta del CNM (16). Esso rileva che la legge di modifica del CNM del 2017 ha introdotto un meccanismo per la selezione dei membri giudici del CNM nel quadro del quale i suddetti membri sono scelti dal Sejm (la camera bassa del Parlamento polacco) e non più da giudici. Conseguentemente, i giudici della Corte suprema sono scelti, in Polonia, da un organo la cui composizione è prevalentemente determinata dai poteri legislativo ed esecutivo.
40. Il giudice del rinvio osserva, inoltre, che l’elezione degli attuali membri del CNM non è trasparente, che i membri giudici del CNM non sono rappresentativi dell’intera comunità giudiziaria, che le attività del CNM rivelano l’assenza di prese di posizione a difesa dell’indipendenza della Corte suprema e dei suoi giudici e che, come mostra il procedimento di cui alla causa C‑585/18, la prassi del CNM in riferimento alle richieste di giudici della Corte suprema che abbiano raggiunto l’età di 65 anni e intendano continuare ad esercitare le loro funzioni consiste nell’adozione di pareri negativi, che non offrono al presidente della Repubblica motivi sufficienti a consentire di esprimere un giudizio sul candidato di cui trattasi.
41. Per quanto concerne la procedura di selezione dei giudici attribuiti alla Sezione disciplinare, il giudice del rinvio osserva che la Corte suprema è esclusa da qualsiasi ruolo nell’ambito di tale procedura e che, sino a quando tutte le posizioni vacanti in tale sezione non saranno state coperte per la prima volta, soltanto i giudici nominati dal presidente della Repubblica possono sedere in tale sezione. Esso menziona, fra l’altro, il fatto che la procedura è stata modificata. In forza degli articoli 35 e 44 della legge sul CNM, rispettivamente, l’obbligo, per i candidati, di presentare determinati documenti concernenti le loro qualifiche, quale componente del processo di stesura di un elenco di candidati raccomandati, è stato abolito ed è stata introdotta una norma in base alla quale, se una deliberazione in un caso specifico riguardante la nomina ad una posizione presso la Corte suprema non è impugnata da tutti i partecipanti al procedimento, la parte della deliberazione riguardante la decisione di presentare la proposta per la nomina a detta posizione presso la Corte suprema risulta valida. Il giudice del rinvio sostiene che, pertanto, ciò impedisce un controllo giurisdizionale effettivo. Inoltre, esso afferma che i candidati raccomandati dal CNM per la Sezione disciplinare comprendono persone legate alle autorità politiche.
42. Per l’ipotesi in cui la Corte ritenga che la Sezione disciplinare non soddisfi i requisiti di indipendenza previsti dal diritto dell’Unione, il giudice del rinvio domanda se abbia facoltà di disapplicare le norme di diritto nazionale che escludono la sua competenza a pronunciarsi sulle controversie (17). Per quanto concerne le cause C‑624/18 e C‑625/18, il giudice del rinvio ritiene che, per assicurare l’effettività del diritto dell’Unione, la competenza generale della Sezione per il lavoro e la previdenza sociale in materia di controversie di lavoro legate a casi di discriminazione lo legittima a conoscere dei ricorsi di cui ai procedimenti principali che riguardano censure di discriminazioni in ragione dell’età ai sensi della direttiva 2000/78 (18).
43. In tale contesto, nella causa C‑585/18, il Sądzie Najwyższym (Corte suprema), ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1. Se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, di nuova istituzione, competente a pronunciarsi su ricorso di un giudice di un organo giurisdizionale nazionale e formata esclusivamente da giudici scelti da un’autorità nazionale preposta a vigilare sull’indipendenza degli organi giurisdizionali (Consiglio nazionale della magistratura), la quale, in considerazione del suo modello istituzionale di organizzazione e delle modalità di funzionamento, non offre le garanzie di indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo, è un organo giurisdizionale indipendente ai sensi del diritto dell’Unione europea.
2. In caso di risposta negativa alla prima questione, se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, incompetente a conoscere di una fattispecie ma che soddisfa i requisiti del diritto dell’Unione europea per essere considerata quale organo giurisdizionale, dinanzi alla quale è stato proposto il ricorso in una causa relativa ai diritti derivanti dal diritto dell’Unione, deve disapplicare le disposizioni della legge nazionale che escludono la sua competenza in tale causa».
44. Il Sądzie Najwyższym (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento anche nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1. Se l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, della [direttiva 2000/78], debba essere interpretato nel senso che, nel caso della proposizione, dinanzi ad un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, di un ricorso fondato sulla censura relativa alla violazione del divieto di discriminazione in ragione dell’età nei confronti di un giudice dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, unitamente alla domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, tale organo, al fine di garantire la tutela dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione mediante l’adozione di un provvedimento provvisorio previsto dal diritto nazionale, è tenuto a disapplicare le disposizioni nazionali che riservano la competenza nella causa in cui è stato proposto il ricorso a una sezione del medesimo organo giurisdizionale, la quale non è operativa a causa della mancata nomina dei giudici che ne fanno parte.
2. Se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, di nuova istituzione, competente a pronunciarsi su ricorso di un giudice di un organo giurisdizionale nazionale e formata esclusivamente da giudici scelti da un’autorità nazionale preposta a vigilare sull’indipendenza degli organi giurisdizionali [CNM], la quale, in considerazione del suo modello istituzionale di organizzazione e delle modalità di funzionamento, non offre le garanzie di indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo, è un organo giurisdizionale indipendente ai sensi del diritto dell’Unione europea.
3. In caso di risposta negativa alla seconda questione, se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, incompetente a conoscere di una fattispecie ma che soddisfa i requisiti del diritto dell’Unione europea per essere considerata quale organo giurisdizionale, dinanzi alla quale è stato proposto il ricorso in una causa relativa ai diritti derivanti dal diritto dell’Unione, deve disapplicare le disposizioni della legge nazionale che escludono la sua competenza in tale causa».
IV. Procedimento dinanzi alla Corte
45. Con decisione della Corte, le presenti cause sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della decisione.
46. Con ordinanza del presidente della Corte del 26 novembre 2018, è stata accolta la domanda del giudice del rinvio diretta a sottoporre le presenti cause al procedimento accelerato previsto all’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») e all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura (19).
47. Il Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (il Procuratore generale rappresentato dalla Procura nazionale; in prosieguo: il «Procuratore generale»), la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Polonia, l’Autorità di vigilanza AELS e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte in merito alle questioni sollevate nelle presenti cause.
48. Ad eccezione della Repubblica di Lettonia, tali parti, nonché i ricorrenti, hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 19 marzo 2019 (in prosieguo: la «prima parte dell’udienza»).
49. Nel corso della prima parte dell’udienza il Procuratore generale, ha richiesto la ricusazione del presidente della Corte, il giudice Koen Lenaerts, nelle presenti cause. Con decisione del 29 marzo 2019, la Corte, presieduta dal vicepresidente, ha respinto tale richiesta.
50. Con lettera del 28 marzo 2019, il CNM, che non aveva partecipato alla prima parte dell’udienza, ha richiesto la fissazione di una nuova udienza. In data 10 aprile 2019 la Corte ha deciso di proseguire l’udienza nelle presenti cause, in particolare al fine di consentire al CNM di presentare i suoi argomenti orali.
51. Il CNM e il Sądzie Najwyższym (Corte suprema) in qualità di parti del procedimento, unitamente ai ricorrenti, al Procuratore generale, alla Repubblica di Polonia, all’Autorità di vigilanza AELS e alla Commissione europea, hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 14 maggio 2019 (in prosieguo: la «seconda udienza») (20)
V. Riepilogo delle osservazioni delle parti
A. Eccezioni procedurali
52. Il Procuratore generale e la Polonia sostengono che le questioni pregiudiziali sono irricevibili, essendo divenute prive di oggetto a seguito della legge del 21 novembre 2018. Per effetto di tale legge, le disposizioni di diritto polacco sottostanti alle controversie di cui ai procedimenti principali sono state abrogate e tali controversie sono venute meno (21). La Polonia sottolinea che i procedimenti sono affetti da nullità ai sensi del diritto polacco, poiché rientrano nella competenza della Sezione disciplinare, ai sensi degli articoli 27 e 79 della legge del 2017 sulla Corte suprema.
53. La Polonia e la Commissione osservano, inoltre, che non è necessario che la Corte esamini la prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, poiché sono stati nominati i giudici che compongono la Sezione disciplinare e tale sezione esercita, attualmente, funzioni giurisdizionali.
54. Il Procuratore generale e la Polonia affermano, inoltre, che le questioni proposte sono irricevibili poiché la fattispecie di cui procedimenti principali non concerne il diritto dell’Unione. In particolare, il Procuratore generale sottolinea che l’articolo 19, paragrafo 1, TUE non attribuisce all’Unione competenza in merito al funzionamento dei consigli della magistratura e che le presenti cause si distinguono da quella di cui alla sentenza della Corte in Associação Sindical dos Juízes Portugueses (22). A suo avviso, l’articolo 47 della Carta non può costituire il fondamento per l’applicazione di requisiti vincolanti per la Polonia, poiché la normativa polacca di cui trattasi sulla Corte suprema e sul CNM non costituisce attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Inoltre, secondo il Procuratore generale, esiste un’incompatibilità con l’articolo 1, paragrafo 1, del Protocollo n. 30 sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al Regno Unito (23).
55. I ricorrenti e la Corte suprema ritengono che la soluzione delle questioni resti necessaria, poiché la legge del 21 novembre 2018 non si occupa delle problematiche in merito alle quali è necessario decidere. Secondo la Corte suprema, l’articolo 4 di tale legge non determina automaticamente il venir meno delle controversie, e il giudice del rinvio è la sezione competente rationae materiae nei procedimenti principali.
56. La Commissione sostiene che le questioni pregiudiziali, ad eccezione della prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, sono necessarie affinché il giudice del rinvio possa statuire su una questione preliminare (quaestio in limine litis) concernente l’individuazione della sezione della Corte suprema competente a pronunciarsi sulle controversie. A suo avviso, la legge del 21 novembre 2018 non incide sulla risposta alle questioni sollevate, la giurisprudenza su cui si fonda la Polonia è diversa da quella di cui alle presenti cause e un legislatore nazionale non può interferire con il meccanismo del rinvio pregiudiziale.
57. La Commissione sostiene, inoltre, che la fattispecie di cui ai procedimenti principali, in cui i ricorrenti invocano i propri diritti a fronte di discriminazioni in ragione dell’età, ai sensi della direttiva 2000/78, rientra nel campo di applicazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e che anche l’articolo 47 della Carta è applicabile per i medesimi motivi.
B. Sul merito
1. Sulla prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 e sulla non operatività, in concreto, della Sezione disciplinare
58. Ad avviso della Polonia, tale questione dovrebbe essere risolta in senso negativo. A suo parere, i diritti dei ricorrenti non sono stati violati e il rifiuto del giudice del rinvio di applicare le disposizioni nazionali che attribuiscono competenza alla Sezione disciplinare conduce a una situazione in cui nessuna delle sezioni della Corte suprema è competente a pronunciarsi sulle controversie. Essa afferma, inoltre, che l’articolo 47 della Carta e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 non possono essere invocati dai ricorrenti a sostegno di un’azione che sarebbe in contrasto con la Costituzione polacca.
59. La Lettonia e l’Autorità di vigilanza AELS suggeriscono alla Corte di fornire una risposta affermativa a tale questione. Secondo l’Autorità di vigilanza AELS, se un organo giurisdizionale investito di una competenza esclusiva per quanto concerne materie che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione e dello Spazio economico europeo (SEE) non è ancora operativo, non vi è, di fatto, alcun giudice che possa pronunciarsi sulla controversia; ciò equivale a un diniego di accesso alla giustizia, e il giudice del rinvio è tenuto, ai sensi del diritto dell’Unione, a disapplicare le disposizioni nazionali in questione e a dichiararsi competente al fine di assicurare che sia adottata una decisione in merito alle pretese fondate sul diritto dell’Unione (24).
2. Sulla prima questione nella causa C‑585/18, sulla seconda questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 e sull’indipendenza della Sezione disciplinare
60. I ricorrenti affermano che la Sezione disciplinare non soddisfa i requisiti necessari a garantire una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi del dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e del diritto ad un giudice indipendente e imparziale ai sensi dell’articolo 47 della Carta, poiché i membri del CNM sono stati designati in un modo che rende tale organo dipendente dalle autorità politiche. A loro avviso, la selezione dei giudici del CNM solleva seri dubbi per quanto concerne l’indipendenza di tali giudici, circostanza che mina la fiducia dei cittadini nel potere giudiziario. Essi ritengono, inoltre, che la nozione d’indipendenza debba essere interpretata in base al suo contesto; di conseguenza, la giurisprudenza della Corte sull’indipendenza di una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE non riveste un’importanza decisiva.
61. I ricorrenti individuano tre elementi che inducono a ritenere che il CNM non sia indipendente dalle autorità politiche. In primo luogo, i giudici ammissibili alla nomina da parte del presidente della Repubblica nell’ambito della Sezione disciplinare sono stati scelti dal CNM a seguito della prematura cessazione del mandato dei precedenti membri del CNM, in violazione dell’articolo 187, paragrafo 3, della Costituzione polacca, il quale prevede che il mandato abbia una durata di quattro anni (25). In secondo luogo, gli stessi rilevano che i 15 membri giudici sono nominati dal Sejm, e non da giudici, in contrasto con gli orientamenti europei (26), con la conseguenza che 23 dei 25 membri del CNM sono scelti dal poteri legislativo ed esecutivo. In terzo luogo, i ricorrenti sottolineano che la riforma del CNM è stata introdotta parallelamente ad altre riforme del sistema giudiziario polacco, che hanno condotto, fra l’altro, all’avvio del meccanismo di cui all’articolo 7, paragrafo 1, TUE nei confronti della Polonia (27) e alla sospensione del CNM dalla Rete europea dei Consigli della Giustizia (28). Essi criticano, inoltre, gli argomenti fondati sulle soluzioni adottate in altri Stati membri, poiché la situazione in Polonia si distingue per effetto dei tre elementi summenzionati.
62. Il CNM sostiene che la Corte deve fondarsi su fatti, e non su impressioni, e che la Sezione disciplinare soddisfa i requisiti, fra cui l’indipendenza, fissati nella giurisprudenza della Corte sull’articolo 267 TFUE. A suo avviso, il CNM non esercita alcuna influenza sulla Sezione disciplinare, poiché qualsiasi legame tra i due organi cessa nel momento in cui il CNM raccomanda determinati candidati. Esso afferma, inoltre, che la legislazione polacca sul CNM rafforza la rappresentatività dei membri giudici e permette a gruppi di giudici di presentare le loro candidature.
63. Il Procuratore generale afferma che le modifiche alle modalità di nomina dei membri del CNM e alla selezione dei giudici della Sezione disciplinare non pregiudicano l’indipendenza del potere giudiziario in Polonia. Lo stesso sottolinea, fra l’altro, che la nomina da parte del Sejm dei membri giudici promuove vari principi costituzionali e la legittimazione democratica. Secondo il Procuratore generale, poiché il CNM non è un organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 173 della Costituzione polacca, la normativa polacca sul CNM non viola l’indipendenza dei giudici e, inoltre, tale normativa garantisce l’imparzialità delle attività del CNM. In particolare, esso ha sostenuto, nel corso della prima parte dell’udienza, che l’articolo 44, paragrafo 1b, della legge sul CNM istituisce un sistema efficace, che permette ai candidati giudici che sono stati respinti di proporre un’impugnazione, senza bloccare la procedura di selezione per le posizioni vacanti.
64. Il Procuratore generale sostiene, inoltre, che le soluzioni introdotte in Polonia sono simili a quelle adottate in altri Stati membri, e che non dovrebbero sussistere due metri di giudizio fra gli Stati membri. Esso sottolinea che la Sezione disciplinare gode di vasto sostegno nella società polacca e che il diritto polacco prevede garanzie volte ad assicurare la sua indipendenza. Il Procuratore generale ha altresì dichiarato nel corso della prima parte dell’udienza, in relazione all’articolo 131 della legge del 2017 sulla Corte suprema, che il Presidente della Repubblica designa nuovi giudici al fine di coprire per la prima volta le posizioni nella Corte Suprema in seno alla Sezione disciplinare, dal momento che la nomina di un giudice alla Corte suprema è connessa a una posizione in una specifica sezione e quindi non è possibile designare un giudice che sia membro di un’altra sezione di tale organo giurisdizionale, a meno che detto giudice non rassegni le dimissioni.
65. La Lettonia è dell’avviso che la Corte debba rispondere negativamente a tale questione. La stessa sottolinea che l’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici non è un fine in sé ma uno strumento per garantire e rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto, e altresì un necessario prerequisito del diritto a un equo processo, come riconosciuto, inter alia, nel diritto lettone (29)
66. La Polonia sostiene che l’articolo 267, paragrafo 3, TFUE, l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, l’articolo 2 TUE e l’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che l’indipendenza del giudice di un organo giurisdizionale nazionale non è in alcun modo intaccata dalla sua nomina nel contesto di una procedura nazionale che prevede la partecipazione di un consiglio della magistratura, la cui istituzione rientra nella competenza esclusiva dello Stato membro interessato. A suo avviso, la procedura di selezione dei giudici della Corte suprema in Polonia, ivi compresa della Sezione disciplinare, è conforme alla giurisprudenza della Corte in materia di indipendenza ai sensi dell’articolo 267 TFUE (30). Come sottolineato nel corso della prima e della seconda parte dell’udienza, i requisiti di indipendenza ai sensi dell’articolo 267 TFUE non dovrebbero essere interpretati in modo diverso rispetto a quelli di cui all’articolo 19, paragrafo 1, TUE e all’articolo 47 della Carta, e poiché il CNM non è un organo giurisdizionale, ad esso non si applicano i requisiti in materia di indipendenza dei giudici.
67. Ad avviso della Polonia, in tale Stato i giudici, compresi quelli della Sezione disciplinare, sono nominati dal presidente della Repubblica, su proposta del CNM, per un periodo di tempo indeterminato; nell’esercizio della sua prerogativa costituzionale concernente la nomina dei giudici, il presidente della Repubblica non è vincolato al parere del CNM, e agisce in conformità con la Costituzione polacca (31). Siffatta procedura, a suo avviso, non differisce da quella prevista in altri Stati membri e da quella relativa agli organi giurisdizionali dell’Unione, in cui la partecipazione di rappresentanti del potere giudiziario è limitata, e il fatto che i giudici siano scelti dal CNM, composto da giudici e rappresentanti politici, non pregiudica l’indipendenza dei giudici nominati dal presidente della Repubblica. Essa sostiene, inoltre, che l’indipendenza dei giudici della Sezione disciplinare discende da un elaborato sistema di garanzie, legate, in particolare, alla loro nomina, inamovibilità, immunità, obbligo di rimanere apolitici e di astenersi da attività professionali, nonché alla loro retribuzione.
68. La Polonia sostiene, inoltre, che l’elezione dei 15 membri giudici del CNM da parte della Dieta rafforza la legittimazione democratica e la rappresentatività del CNM, e che la sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) del 25 marzo 2019 (K 12/18) ha fugato ogni dubbio in merito alla sua conformità con la Costituzione polacca. Inoltre, nel corso della prima parte dell’udienza, essa ha fatto presente che il precedente mandato del CNM è stato abbreviato a causa del nuovo metodo di selezione dei membri giudici e della necessità di unificare i loro mandati e che, di fatto, la maggior parte dei mandati è stata ridotta di un periodo di tempo esiguo.
69. L’Autorità di vigilanza AELS afferma che la Sezione disciplinare non è una giurisdizione indipendente ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Essa sottolinea che gli Stati sono tenuti ad organizzare i loro sistemi giudiziari in conformità con il diritto dell’Unione e del SEE, e tenendo conto del principio di non regressione dell’indipendenza dei giudici, come espresso nel diritto dell’Unione e negli orientamenti europei (32). A suo avviso, la modifica della composizione dell’organo incaricato della selezione dei giudici, in modo tale che esso sia costituito da una maggioranza di membri nominati dai poteri legislativo ed esecutivo, istituisce un legame con tali poteri che rischia di compromettere l’indipendenza dei giudici nominati tramite tale procedura. È quanto avviene, in particolare, quando la modifica della composizione rientra in cambiamenti di più ampia portata, che indeboliscono l’indipendenza del potere giudiziario, e la mera parvenza di influenza esterna che discende da tali circostanze lede la fiducia dei singoli nella giustizia (33).
70. La Commissione sostiene che i requisiti di indipendenza e imparzialità di cui al secondo comma dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta dovrebbero essere interpretati nel senso che un organo giurisdizionale quale la Sezione disciplinare, istituita nelle circostanze di cui ai procedimenti principali e competente a pronunciarsi su controversie concernenti lo status dei giudici, non soddisfa tali requisiti (34). A suo avviso, l’articolo 267 TFUE non è pertinente, in quanto, in questa sede, non è posta in discussione la qualificazione come «giurisdizione» dell’organo che effettua il rinvio pregiudiziale.
71. La Commissione riconosce che, in linea di principio, il coinvolgimento di un organo politico nel processo di nomina dei giudici non rischia di intaccare, di per sé, l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici nominati (35). Tuttavia, essa sottolinea che l’apparenza di indipendenza e imparzialità costituisce una delle componenti dell’indipendenza dei giudici (36). Nelle presenti cause, essa sostiene che vari elementi, considerati congiuntamente, producono una «rottura strutturale», vale a dire una discontinuità strutturale discendente da una pluralità di modifiche legislative introdotte contemporaneamente in Polonia, con la conseguenza che non è possibile escludere dubbi legittimi in merito all’impermeabilità della Sezione disciplinare a influenze esterne e alla sua neutralità in relazione a interessi confliggenti.
72. Secondo la Commissione, siffatti elementi comprendono, in primo luogo, il fatto che la sezione disciplinare è stata istituita ex nihilo e dotata di uno status distinto rispetto alle altre sezioni della Corte suprema; in secondo luogo, il fatto che, sino al momento in cui tutte le posizioni nella Sezione disciplinare non sono coperte per la prima volta, soltanto i giudici nominati dal presidente della Repubblica possono essere assegnati a tale sezione; in terzo luogo, il fatto che essa si inserisce in un pacchetto legislativo sulla riforma del sistema giudiziario in Polonia; e, in quarto luogo, che tale sezione è competente a pronunciarsi su controversie relative allo status dei giudici, ivi inclusi il loro collocamento a riposo e le decisioni in procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici, aspetti che sono stati significativamente modificati da tale pacchetto. A suo avviso, le modifiche alla composizione del CNM contribuiscono a tale rottura strutturale, e la sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte Costituzionale) del 25 marzo 2019 (K 12/18) non è pertinente al fine di valutare l’indipendenza della Sezione disciplinare ai sensi del diritto dell’Unione.
3. Sulla seconda questione nella causa C‑585/18, sulla terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 e sull’assunzione di competenza in quanto la Sezione disciplinare non è un organo giurisdizionale indipendente
73. I ricorrenti sostengono che il giudice del rinvio dovrebbe interpretare il diritto nazionale in modo da offrire ai ricorrenti la possibilità che le loro cause siano esaminate da un organo giurisdizionale competente.
74. L’Autorità di vigilanza AELS sostiene che è contrario al diritto dell’Unione e del SEE affidare la decisione di questioni che riguardano tale diritto a un giudice che non soddisfa i requisiti di indipendenza fissati dai giudici europei. Pertanto, a suo avviso, anche supponendo che l’assunzione di competenza in una situazione in cui il giudice competente non sia indipendente ai sensi del diritto dell’Unione e del SEE si configuri come un atto che va al di là della mera correzione di una lacuna procedurale, essa può essere giustificata a titolo di soluzione temporanea, laddove la protezione di diritti derivanti dal diritto dell’Unione e del SEE è imperativa (37).
75. Secondo quanto sostenuto dalla Commissione, il primato del diritto dell’Unione esige che le disposizioni nazionali che attribuiscono competenza, in una causa concernente il diritto dell’Unione, a un giudice che non soddisfa i requisiti di indipendenza e imparzialità di cui all’articolo 19, paragrafo 1, TUE e all’articolo 47 della Carta, siano disapplicate. Essa considera che, alla luce dell’importanza del principio dell’indipendenza dei giudici, il giudice del rinvio è tenuto a disattendere le disposizioni nazionali che reputa contrarie a tale principio (38).
VI. Analisi
A. Sintesi dell’approccio
76. Sono giunto alla conclusione che i requisiti di indipendenza dei giudici, enunciati all’articolo 47 della Carta dovrebbero essere interpretati nel senso che la sezione di un giudice nazionale di ultima istanza, quale la Sezione disciplinare, istituita nella circostanze di cui ai procedimenti principali, non soddisfa tali requisiti. L’approccio che utilizzerò al fine di pervenire a tale conclusione è il seguente.
77. Come spiegato supra al paragrafo 84 delle presenti conclusioni, sono giunto a considerare che la situazione che emerge dai procedimenti principali costituisce un caso di attuazione dell’articolo 47 della Carta da parte di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, di detta Carta. Pertanto, stricto sensu, non è necessario che la Corte statuisca in merito a se sussista anche una più ampia violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Ciò premesso, procederò a una valutazione relativa alla violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nella sezione D.4 delle presenti conclusioni, tenuto conto del fatto che tale disposizione e la garanzia dell’indipendenza giudiziaria che la stessa comporta rappresentano una concreta espressione del valore fondamentale dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE (39).
78. Realizzo la mia analisi in tale modo perché, come rilevato nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18), in linea di principio «un vizio strutturale che comporti in aggiunta un’attuazione del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri ricadrà nell’ambito di entrambe le disposizioni» (40).
79. Infine, un’analisi della tutela offerta dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE consegue altresì all’ampio ambito di applicazione ratione materiae che la Corte ha conferito a tale norma (v. paragrafo 87 delle presenti conclusioni).
80. Esporrò dettagliatamente il mio ragionamento nelle sezioni C, D e E infra, ma non prima di esaminare nella sezione B le eccezioni procedurali sollevate dalle parti nelle presenti cause.
B. Sulla competenza della Corte
81. Due sono le eccezioni procedurali sollevate nelle presenti cause: con la prima si sostiene, in sostanza, che la fattispecie di cui ai procedimenti principali non rientra nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, mentre la seconda concerne il fatto che le questioni proposte sono divenute prive di oggetto. Entrambe sembrano riguardare la competenza della Corte, sebbene le eccezioni siano state sollevate in relazione alla ricevibilità dei rinvii pregiudiziali (41).
1. La fattispecie di cui ai procedimenti principali rientra nel campo di applicazione del diritto dell’Unione
82. A mio avviso, la fattispecie di cui ai procedimenti principali rientra chiaramente nel campo di applicazione del diritto dell’Unione.
83. I ricorrenti nei procedimenti principali lamentano la violazione del divieto di discriminazione in ragione dell’età, come tutelato dalla direttiva 2000/78. Al fine di ottenere l’esecuzione di tale pretesa, essi hanno diritto di accedere a un giudice indipendente ai sensi dell’articolo 47 della Carta (42).
84. Questo rappresenta un caso da manuale di una fattispecie che è «regolata» dal diritto dell’Unione ai sensi della giurisprudenza della Corte (43). Vi è un collegamento in termini di oggetto tra la situazione derivante dal diritto dello Stato membro e la misura dell’Unione invocata (44). Essendo sollecitato l’accesso a un giudice indipendente al fine di garantire l’esecuzione della direttiva 2000/78, e in particolare il diritto di non essere discriminato sulla base dell’età tutelato da quest’ultima, i procedimenti principali concernono una situazione in cui uno Stato membro attua il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (45). Di conseguenza, i procedimenti principali rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 47 della Carta.
85. Procederò pertanto, per la parte principale della mia analisi, sulla base dell’articolo 47 della Carta. Ciò detto, come spiegato ai paragrafi da 93 a 101 delle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia (Independenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18) (46), considerato che l’articolo 47 della Carta e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE condividono comuni fonti di diritto e sono circoscritti dalla più ampia matrice di principi generali di diritto dell’Unione, esiste una «passerella costituzionale» tra tali due disposizioni e la giurisprudenza vertente sulle medesime inevitabilmente si interseca (47). È tale giurisprudenza che invocherò a sostegno della mia analisi.
86. Inoltre, la situazione di cui ai procedimenti principali rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.
87. Nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) (48) la Corte ha confermato che, quanto all’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, tale disposizione riguarda i «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente da se gli Stati membri attuino tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Pertanto, una volta che un organo, come il Sąd Najwyższy (Corte suprema), può essere chiamato a statuire su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione e che, quale «giurisdizione» definita dal diritto dell’Unione, rientra nel sistema giudiziario dello Stato membro interessato nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, tale Stato membro è tenuto, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, a garantire che un organo siffatto risponda ai requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva, incluso quello di indipendenza della giustizia, che riguarda la funzione di statuire e che fa parte del «contenuto essenziale» del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva..
88. Infine, come disposto nella sentenza della Corte nella causa N.S. e a. (49), il Protocollo n. 30 non rimette in discussione l’applicabilità della Carta in Polonia, sicché non è esclusa l’operatività dell’articolo 47 nei procedimenti principali. Inoltre, il Protocollo n. 30 riguarda la Carta e non si estende all’articolo 19, paragrafo 1, TUE nei limiti in cui sia applicabile (50). Pertanto, lo escludo dalla mia analisi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE che figura infra nella sezione D.4 delle presenti conclusioni.
89. Alla luce di quanto precede, l’eccezione procedurale secondo cui la fattispecie di cui ai procedimenti principali non rientra nel campo di applicazione del diritto dell’Unione deve essere respinta.
2. Sulla questione se la Corte sia chiamata a pronunciarsi
90. A mio avviso, al di là della prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 e della non operatività, in concreto, della Sezione disciplinare, le questioni sollevate non sono prive di oggetto.
91. Ai sensi di una giurisprudenza consolidata, risulta sia dal tenore letterale, sia dall’impianto sistematico dell’articolo 267 TFUE che il procedimento pregiudiziale presuppone la pendenza dinanzi al giudice nazionale di un’effettiva controversia, nell’ambito della quale esso dovrà emettere una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale della Corte (51). La ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia (52). Sebbene la Corte faccia affidamento, per quanto possibile, sulla valutazione del giudice nazionale in ordine alla necessità di una pronuncia pregiudiziale, essa deve poter compiere qualsiasi valutazione concernente l’adempimento dei propri doveri, in particolare al fine di verificare la propria competenza (53).
92. Di conseguenza, in generale, nel contesto dell’articolo 267 TFUE, la Corte dichiara che una questione pregiudiziale è divenuta priva di oggetto e che non vi è più necessità, per la Corte, di fornire una risposta (54), quando, nel corso del procedimento, si verifica una modifica del contesto giuridico o fattuale nel quale le questioni sono state proposte, ad esempio perché la legislazione nazionale di cui trattasi cessa di essere applicabile o perché si è già statuito sulle domande dei ricorrenti, con la conseguenza che la risposta della Corte a tali questioni non è più necessaria al fine di permettere al giudice del rinvio di emettere una pronuncia nel procedimento principale (55).
93. Sulla base di ciò, concordo con la Polonia e con la Commissione sul fatto che la prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 è divenuta priva di oggetto a causa del mutato contesto fattuale che costituiva la base di tale questione. È pacifico che, a seguito della decisione di rinvio del giudice nazionale, il 20 settembre 2018 il presidente della Repubblica ha nominato i giudici della Sezione disciplinare e che tale sezione è operativa ed esercita le sue funzioni giurisdizionali. Sottolineo, inoltre, che il giudice del rinvio ha rilevato che tale questione potrebbe divenire irrilevante per tali motivi (v. paragrafo 38 delle presenti conclusioni).
94. In tali circostanze, la Corte dovrebbe statuire nel senso che non è più necessario risolvere la prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, in quanto una risposta a tale questione è superflua. Sottolineo, tuttavia, che non ciò non ostacola in alcun modo il potere del giudice del rinvio di dichiararsi competente nei procedimenti principali, sulla base della mia risposta alla seconda questione nella causa C‑585/18 e alla terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, e nemmeno l’assunzione di competenza da parte del giudice del rinvio, che deve necessariamente discendere dalla mia conclusione secondo cui la Sezione disciplinare non è un organo giurisdizionale indipendente (v. sezione E delle presenti conclusioni).
95. Le altre questioni proposte dal giudice del rinvio, la prima e la seconda questione della causa C‑585/18, nonché la seconda e la terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 non sono, tuttavia, divenute prive di oggetto.
96. A tal proposito, la Corte ha deciso di interpellare il giudice del rinvio in merito alla questione se, alla luce dell’entrata in vigore della legge del 21 novembre 2018 e delle osservazioni della Polonia secondo cui tale legge avrebbe implicato il venir meno della necessità, per la Corte, di pronunciarsi sulle presenti cause, esso reputasse ancora necessaria una risposta alle questioni rivolte alla Corte al fine di addivenire a una decisione nei procedimenti principali.
97. Nella sua risposta del 25 gennaio 2019 a tale domanda, il giudice del rinvio ha ribadito che permane la necessità di ottenere una presa di posizione in merito alle questioni sollevate, al fine di consentirgli di adottare una decisione. In particolare, esso ha rilevato, in primo luogo, che tali questioni riguardano problemi non disciplinati dalla legge del 21 novembre 2018; in secondo luogo, che tale legge non abroga ex tunc le disposizioni nazionali controverse e i loro effetti giuridici; e, in terzo luogo, che l’articolo 4 della medesima legge limita la possibilità di ottenere risposte alle questioni proposte e non può essere utilizzato come fondamento per archiviare i procedimenti.
98. In tali circostanze, non risulta manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione chiesta dal giudice del rinvio sia superflua al fine di dirimere le controversie di cui è investito. Come confermato dalla risposta del giudice del rinvio, vi sono controversie concrete pendenti dinanzi ad esso che non possono essere poste in discussione dalle parti nei procedimenti principali (56), e la risposta della Corte sarà utile al giudice del rinvio nell’accertamento del giudice competente a pronunciarsi su tali controversie (57).
99. Inoltre, sottolineo che la giurisprudenza richiamata dalla Polonia (v. paragrafo 52 delle presenti conclusioni) si distingue dalle cause di cui trattasi. In quella giurisprudenza, le modifiche pertinenti hanno inciso sul merito delle questioni pregiudiziali (58). Nel caso di specie, le questioni proposte dal giudice del rinvio non sono state risolte dalla legge del 21 novembre 2018, poiché tale legge non riguarda né le regole relative alla Sezione disciplinare né la composizione del CNM. In altri termini, tali regole sono tuttora in vigore.
100. Per quanto concerne i presunti effetti degli articoli 2 e 4 della legge del 21 novembre 2018 sulle controversie di cui ai procedimenti principali, occorre tenere in considerazione anche il fatto che, nel contesto dell’articolo 267 TFUE, non spetta alla Corte pronunciarsi su questioni di diritto nazionale, né verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata conformemente alle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali (59). In linea di principio, i giudici nazionali di ultima istanza, quali il giudice del rinvio, sono tenuti, ai sensi del terzo paragrafo dell’articolo 267 TFUE, a sottoporre alla Corte questioni di interpretazione del diritto dell’Unione, e tale obbligo non può essere ostacolato dalle norme di diritto nazionale (60).
101. Per le ragioni suesposte, è necessario che la Corte risolva la prima e la seconda questione nella causa C‑585/18 e la seconda e la terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, e le eccezioni procedurali vertenti sul fatto che tali questioni sarebbero divenute prive di oggetto dovrebbero essere respinte.
C. Sulla prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 e sulla non operatività. in concreto, della sezione disciplinare
102. Qualora la Corte decida di non accogliere la mia tesi secondo cui tale questione è divenuta priva di oggetto, le osservazioni che seguono sono intese a rispondere succintamente e in via subordinata alla medesima.
103. La questione di cui trattasi concerne, essenzialmente, il fatto se il diritto dell’Unione attribuisca competenza al giudice del rinvio nei procedimenti principali qualora, all’epoca in cui i ricorrenti hanno inteso far valere i loro diritti in riferimento a una discriminazione in ragione dell’età ai sensi della direttiva 2000/78, il giudice designato per tutelare tali diritti di fatto non era stato ancora istituito.
104. Tale questione deve essere risolta in senso affermativo, per le ragioni esposte nel prosieguo.
105. In primo luogo, nella causa Unibet (61), la Corte ha stabilito che gli Stati membri sono tenuti a istituire, ai sensi del diritto nazionale, nuovi rimedi giurisdizionali azionabili dagli individui per far valere i diritti discendenti dal diritto dell’Unione soltanto se non esiste alcun rimedio. È pacifico che tale era la situazione nei procedimenti principali, considerato che la sezione disciplinare non era operativa, per via del fatto che i suoi giudici non erano ancora stati nominati. Il giudice del rinvio ha inquadrato questo problema facendo riferimento all’obbligo, imposto ai giudici nazionali ai sensi della giurisprudenza, di disapplicare le disposizioni nazionali confliggenti con il diritto dell’Unione, al fine di assicurarne la piena efficacia (62). È sufficiente osservare che tale imperativo serve a sottolineare la pronuncia della Corte nella causa Unibet.
106. Inoltre, l’articolo 47 della Carta, come previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 (63), garantisce il diritto di accesso alla giustizia (64). Il giudice del rinvio per il fatto di esaminare i ricorsi proposti dai ricorrenti nei procedimenti principali garantisce tale accesso.
D. Sulla prima questione nella causa C‑585/18, sulla seconda questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 e sull’indipendenza della Sezione disciplinare
1. Funzionamento dell’articolo 47 della Carta
107. Come spiegato supra, la situazione nei procedimenti principali è un caso di attuazione del diritto da parte di uno Stato membro ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta e, pertanto, deve essere valutata alla luce dell’articolo 47 di quest’ultima. Tuttavia, la giurisprudenza riguardante l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE inevitabilmente si interseca con quella dell’articolo 47 della Carta (v. paragrafo 85 delle presenti conclusioni). Anche gli orientamenti adottati da organi europei e internazionali, che si ispirano a principi condivisi dagli Stati membri per quanto concerne l’indipendenza della magistratura, possono costituire un utile riferimento (65). Queste sono le fonti su cui mi baserò per decidere se le disposizioni di cui ai procedimenti principali siano conformi ai requisiti dell’indipendenza dei giudici ai sensi del diritto dell’Unione.
108. Dal momento che la situazione nei procedimenti principali deve essere oggetto di una decisione basata sull’articolo 47 della Carta, è importante ricordare le disposizioni della Carta pertinenti relative al suo funzionamento. L’articolo 47, secondo comma, della Carta corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU sul diritto a un equo processo. Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, a tale disposizione della Carta occorre attribuire lo stesso significato e la stessa portata, o un significato e una portata più estesa, rispetto a quelli conferiti alla corrispondente disposizione della CEDU, alla luce del testo di tale convenzione e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») (66). Per effetto dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta e delle spiegazioni relative all’articolo 47 della stessa, il diritto dell’Unione deve stabilire la «soglia minima di protezione» garantita dall’articolo 6, paragrafo 1, CEDU per quanto concerne il diritto a un tribunale indipendente e imparziale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU (67).
109. Infine, riguardo agli argomenti della Polonia, l’interpretazione dell’articolo 267 TFUE non appare necessaria ai fini della soluzione delle controversie di cui ai procedimenti principali, dato che non è stata sollevata alcuna questione che imponga alla Corte di pronunciarsi, in particolare, sul fatto se un organo rientri nella nozione di «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE oppure sulla facoltà o obbligo di un giudice nazionale di adire la Corte ai sensi di tale disposizione.
110. Sebbene la Corte abbia recentemente osservato, nella sua giurisprudenza, che «[l]’indipendenza dei giudici nazionali è essenziale, in particolare, per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE», e che tale meccanismo «può essere attivato unicamente da un organo, incaricato di applicare il diritto dell’Unione, che soddisfi, segnatamente, tale criterio di indipendenza» (68), la Corte non ha inteso suggerire, in alcun modo, che le fonti che disciplinano tale indipendenza siano da ricercare esclusivamente nella giurisprudenza sviluppata ai sensi dell’articolo 267 TFUE.
111. La valutazione da parte della Corte del criterio dell’indipendenza nello stabilire se un organo soddisfi i requisiti di «giurisdizione», ai fini della proposizione di un rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, è un esercizio qualitativamente diverso rispetto alla valutazione se siano stati rispettati i requisiti concernenti l’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (69).
112. Nel contesto del meccanismo di rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, la Corte si occupa di risolvere una questione attinente al procedimento pendente dinanzi ad essa, che concerne gli organi legittimati a sottoporre questioni e che è collegata agli obiettivi sottesi a tale meccanismo, vale a dire instaurare un dialogo tra la Corte e i giudici nazionali e assicurare l’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione (70).
113. Nel contesto dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE la Corte procede a una valutazione di merito per quanto concerne, in particolare, la questione se la misura in questione pregiudichi l’indipendenza dei giudici alla luce dei requisiti previsti in tali disposizioni.
114. L’aspetto più importante, come ho osservato supra, a motivo dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, è che il diritto dell’Unione garantisce l’indipendenza dei giudici, a un livello minimo, secondo il criterio sancito all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (v paragrafo 108 delle presenti conclusioni). Ciò premesso, se la giurisprudenza elaborata dalla Corte in relazione al criterio dell’indipendenza ai sensi dell’articolo 267 TFUE (nel contesto della valutazione relativa alla questione se un determinato organo possa presentare un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte) dovesse non corrispondere alla «soglia di protezione minima» garantita da detto articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (71), tale giurisprudenza dovrebbe, comunque, essere condotta al livello di tale criterio.
2. Sul contenuto della garanzia dell’indipendenza dei giudici ai sensi del diritto dell’Unione
115. È utile ricordare che la Corte ha riconosciuto che l’articolo 47 della Carta ribadisce il principio della tutela giurisdizionale effettiva, un principio generale del diritto dell’Unione derivante dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e consacrato negli articoli 6 e 13 della CEDU (72), attraverso il quale si concretizza la tutela dello Stato di diritto quale valore dell’Unione ai sensi dell’articolo 2 TUE (73). Il contenuto della garanzia dell’indipendenza ai sensi del diritto dell’Unione è trattato nel prosieguo.
116. In primo luogo, occorre ricordare che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, le «garanzie di indipendenza e di imparzialità presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti» (74).
117. La Corte ha altresì stabilito che il requisito dell’indipendenza dei giudici esige che il regime disciplinare di coloro che esercitano una funzione giurisdizionale presenti le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di siffatto regime come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. A tal riguardo, l’emanazione di norme che definiscono, segnatamente, sia i comportamenti che integrano illeciti disciplinari, sia le sanzioni concretamente applicabili, norme che prevedono l’intervento di un organo indipendente conformemente a una procedura che garantisca appieno i diritti consacrati agli articoli 47 e 48 della Carta, in particolare i diritti della difesa, e che sanciscono la possibilità di contestare in sede giurisdizionale le decisioni degli organi disciplinari costituisce un insieme di garanzie essenziali ai fini della salvaguardia dell’indipendenza del potere giudiziario (75).
118. Su tale base, le misure concernenti la nomina di giudici e il regime disciplinare ad essi applicabile costituiscono aspetti importanti delle garanzie di indipendenza dei giudici ai sensi del diritto dell’Unione, e l’esistenza di un organo indipendente nel contesto del regime disciplinare fa parte di tali garanzie. Occorre considerare quindi che, anche quando l’organo incaricato della selezione dei giudici, quale il CNM, non esercita, di per sé, funzioni giurisdizionali, le regole concernenti, fra l’altro, la sua composizione e funzionamento, nella misura in cui incidono su tali aspetti, possono essere prese in considerazione al fine di accertare se un organo giurisdizionale nazionale (qualora detto organo svolga un ruolo sostanziale nella selezione dei giudici dell’organo giurisdizionale di cui trattasi) offra sufficienti garanzie di indipendenza ai sensi dell’articolo 47 della Carta.
119. La Corte EDU ha costantemente affermato che, al fine di determinare se un organo giurisdizionale possa essere considerato «indipendente» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, occorre fare riferimento, tra l’altro, alle modalità di nomina dei suoi membri, alle condizioni del loro mandato, all’esistenza di garanzie contro il rischio di pressioni esterne e al fatto se l’organo di cui trattasi appaia indipendente (76).
120. Come ho osservato nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) e nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18), (77), l’indipendenza e l’imparzialità di un giudice ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU esigono di valutare in modo oggettivo se un organo giurisdizionale offra, di per sé, garanzie sufficienti ad escludere ogni legittimo dubbio in merito alla sua imparzialità. Le apparenze hanno una certa importanza, per cui «non solo si deve fare giustizia, ma si deve anche vedere che è stata fatta giustizia». L’elemento in gioco è la fiducia che i giudici, in una società democratica, devono ispirare nel pubblico. Inoltre, la Corte EDU, al fine di pronunciarsi in merito all’esistenza, in una determinata causa, di motivi legittimi per temere che l’apparenza di indipendenza oggettiva non sia garantita, è decisivo verificare se tale timore sia oggettivamente giustificato (78).
121. Nella sua giurisprudenza sull’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, la Corte EDU, nell’accertare l’indipendenza di un dato organo, ha preso in considerazione la modalità di nomina dei membri giudici chiamati a sedere in consigli della magistratura o organi analoghi. Ad esempio, nella causa Denisov c. Ucraina (79), essa ha posto l’accento sul fatto che, alla luce dell’importanza di limitare l’influenza degli organi politici sulla composizione dell’organo, è importante valutare la modalità di nomina dei giudici attribuiti a tale organo, tenuto conto delle autorità dalle quali hanno ricevuto il mandato e del ruolo della comunità giudiziaria in tale processo. Su tale base, essa ha statuito che la composizione dell’organo in questione aveva rivelato una serie di lacune strutturali tali da pregiudicare i requisiti di indipendenza e di imparzialità. In particolare, essa ha tenuto in considerazione il fatto che l’organo era costituito, in maggioranza, da membri non giudici nominati direttamente dai poteri legislativo ed esecutivo, che il numero dei membri giudici eletti dai loro omologhi era limitato e che autorità del potere esecutivo erano rappresentate in qualità di membri ex officio.
122. Inoltre, nella causa Ástráðsson/Islanda (80), la Corte EDU ha rilevato l’esistenza di una violazione manifesta delle disposizioni nazionali applicabili concernenti la nomina dei giudici in una situazione in cui altre branche, in particolare l’esecutivo, avevano esercitato un’indebita discrezionalità, tale da pregiudicare l’integrità del procedimento di nomina, in violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU. A tal proposito, essa ha sottolineato che il contesto legislativo nazionale era volto a salvaguardare l’indipendenza dei giudici dal potere esecutivo e a minimizzare il rischio che interessi politici di parte esercitassero un’indebita influenza su tale processo. Essa ha concluso che tale situazione ledeva la fiducia che i cittadini devono nutrire nei confronti del potere giudiziario in una società democratica e violava il principio fondamentale dello Stato di diritto ai sensi del quale un giudice deve essere costituito per legge.
123. Su tale base, rilevo che, anche se le circostanze si distinguono da quelle di cui alle presenti cause, la summenzionata giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 6, paragrafo 1, CEDU tiene in considerazione, nell’accertamento dell’indipendenza ai sensi di tale disposizione, l’apparenza di indipendenza e la composizione dei consigli della magistratura e di organi analoghi.
124. Inoltre, come indicato da studi recenti (81), i consigli della magistratura e gli organi analoghi svolgono un ruolo essenziale nel garantire l’indipendenza e l’autonomia del potere giudiziario in molti Stati membri, seppur non in tutti. Sebbene non esista un modello uniforme per i consigli della magistratura, si ritiene che essi possiedano alcune caratteristiche comuni relative alla loro missione di salvaguardia dell’indipendenza de giudici e al loro funzionamento nell’ambito dei sistemi giudiziari delle rispettive giurisdizioni, al fine di garantire il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali.
125. Osservo che, in conformità con gli orientamenti europei e internazionali, tali caratteristiche comuni comprendono gli aspetti di seguito indicati. In primo luogo, la missione dei consigli della magistratura è la salvaguardia dell’indipendenza degli organi giurisdizionali, nel senso che essi devono essere liberi da qualsiasi influenza dei poteri legislativo ed esecutivo (82).
126. In secondo luogo, non vi è un modello unico a cui uno Stato è tenuto a conformarsi nell’istituzione di un consiglio della magistratura, nella misura in cui la sua composizione garantisca l’indipendenza di tale consiglio e gli consenta di funzionare in modo efficace (83). In particolare i consigli della magistratura dovrebbero, in linea di principio, essere composti, perlomeno, da una maggioranza di giudici eletti dai propri colleghi, al fine di prevenire strumentalizzazioni o pressioni indebite (84). La procedura di selezione dovrebbe svolgersi in modo obiettivo e trasparente, garantendo che il potere giudiziario sia ampiamente rappresentato a tutti i livelli e scoraggiando il coinvolgimento dei poteri legislativo ed esecutivo (85).
127. In terzo luogo, al fine di garantire la continuità delle funzioni, i mandati dei membri dei consigli della magistratura non dovrebbero cessare al medesimo tempo, né essere rinnovati a seguito delle elezioni parlamentari (86).
128. In quarto luogo, la selezione, nomina e/o promozione dei giudici rientrano tra le funzioni più comunemente attribuite ai consigli della magistratura, e le relative procedure devono essere condotte da consigli della magistratura indipendenti dai poteri legislativo ed esecutivo (87).
129. Di conseguenza, si può ritenere che le disposizioni che disciplinano la composizione, i mandati e le funzioni dei consigli della magistratura sono ispirate dall’obiettivo supremo di garantire il loro ruolo di salvaguardia dell’indipendenza dei giudici, evitando, dunque, influenze da parte dei poteri legislativo ed esecutivo in relazione, in particolare, alla nomina dei loro membri. A mio avviso, sebbene gli Stati membri siano liberi di decidere se istituire o meno un consiglio della magistratura o un organo analogo, qualora tale consiglio sia istituito, è necessario garantire in modo sufficiente la sua indipendenza attraverso, fra l’altro, tali disposizioni.
3. Sull’applicazione alle circostanze di cui ai procedimenti principali
130. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la sezione disciplinare su cui vertono i procedimenti principali non soddisfi i requisiti di indipendenza previsti dall’articolo 47 della Carta.
131. Osservo che il CNM è un organo la cui missione consiste nella salvaguardia dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici ai sensi della Costituzione polacca, e le sue funzioni includono la selezione dei giudici della Corte suprema, inclusa la Sezione disciplinare, ai fini della nomina da parte del presidente della Repubblica (v. paragrafi 16 e 19 delle presenti conclusioni). Pertanto, al fine di svolgere debitamente le sue funzioni, esso deve essere libero da qualsiasi influenza ad opera dei poteri legislativo ed esecutivo.
132. Tuttavia, la modalità di nomina dei membri del CNM rivela lacune tali da pregiudicare la sua indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo. In primo luogo, ciò è dovuto al fatto che, ai sensi dell’articolo 9a della legge sul CNM (v. paragrafo 22 delle presenti conclusioni), i 15 membri giudici del CNM non sono più nominati dai giudici, bensì dal Sejm. Ciò significa che il CNM è composto da una maggioranza di 23 membri su 25 scelti dai poteri legislativo ed esecutivo (88).
133. Inoltre, ai sensi dell’articolo 11a, paragrafo 2, della legge sul CNM, i candidati a membri giudici di quest’ultimo possono essere proposti da gruppi che riuniscano almeno 25 giudici o 2000 cittadini polacchi. A norma dell’articolo 11d di detta legge, l’elezione di tali membri del CNM è effettuata dal Sejm a maggioranza di 3/5 dei voti espressi, in presenza di almeno metà dei deputati ammessi a votare (v. paragrafi 24 e 25 delle presenti conclusioni).
134. Di conseguenza, si può ritenere che la modalità di nomina dei membri del CNM determini un’influenza del potere legislativo sul CNM, e non si può escludere che il Sejm possa scegliere candidati che non godono del sostegno dei giudici o che godono di un sostegno minimo, con la conseguenza che il parere della comunità giudiziaria potrebbe avere un peso insufficiente nel procedimento di elezione dei membri del CNM (89). A prescindere dagli obiettivi di rafforzamento della legittimazione democratica e della rappresentatività del CNM, tale meccanismo è incline a incidere negativamente sull’indipendenza di detto organo (90).
135. Inoltre, occorre ricordare che le modifiche alla modalità di nomina dei membri giudici del CNM sono state accompagnate dalla prematura cessazione del mandato dei membri del CNM. È pacifico che la legge sul CNM prevede la cessazione anticipata del mandato dei membri giudici del medesimo al momento dell’elezione dei nuovi membri (v. paragrafi 22 e 26 delle presenti conclusioni). Nonostante l’obiettivo dichiarato di uniformare il mandato dei membri del CNM, si può ritenere che la sostituzione immediata dei membri in carica del CNM, unitamente all’introduzione del nuovo regime per la nomina dello stesso pregiudichi ulteriormente l’indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura dai poteri legislativo ed esecutivo (91).
136. La sentenza del 25 marzo 2019 del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) (K 12/18) (92) non invalida la mia analisi. In tale sentenza, detta Corte ha stabilito, in primo luogo, che l’articolo 9a della legge sul CNM (v. paragrafo 22 delle presenti conclusioni), concernente la modalità di nomina dei membri giudici da parte del Sejm, è conforme a varie disposizioni della Costituzione polacca e, in secondo luogo, che l’articolo 44, paragrafo 1a, della legge sul CNM (v. paragrafo 28 delle presenti conclusioni), concernente il procedimento di controllo giurisdizionale delle decisioni individuali di diniego del CNM in merito alla selezione dei giudici, non è conforme all’articolo 184 della Costituzione polacca. Tale sentenza non contiene elementi pertinenti ai fini della valutazione dei requisiti di indipendenza della Sezione disciplinare ai sensi del diritto dell’Unione e, in ogni caso, non elimina, di per sé, tutte le circostanze che contribuiscono all’indebolimento dell’indipendenza del CNM, quali discusse supra.
137. Su tale base, tenendo in considerazione il fatto che i consigli della magistratura sono essenziali per garantire l’indipendenza del potere giudiziario negli ambiti giurisdizionali in cui sono istituiti, e che gli stessi devono, a loro volta, essere indipendenti e liberi dall’ingerenza dei poteri legislativo ed esecutivo nello svolgimento dei loro compiti, il ruolo del CNM nella selezione dei giudici della Sezione disciplinare mi induce a ritenere che tale sezione non offra sufficienti garanzie di indipendenza ai sensi dell’articolo 47 della Carta. Vi sono motivi legittimi per dubitare in modo oggettivo dell’indipendenza della Sezione disciplinare alla luce del ruolo del potere legislativo nell’eleggere i 15 membri giudici del CNM e del ruolo di detto organo nel selezionare i giudici che possono essere designati per la Corte suprema dal presidente della Repubblica. Tali dubbi non possono essere fugati dal ruolo consultivo (tecnicamente parlando) del CNM in tale procedimento.
138. Inoltre, come rilevato dai ricorrenti, dall’Autorità di vigilanza AELS e dalla Commissione, vi è una serie di considerazioni relative alla procedura di selezione dei giudici della Sezione disciplinare di cui occorre tener conto, unitamente alle modifiche nella modalità di nomina dei membri giudici del CNM.
139. In particolare, è pacifico, in primo luogo, che, sino a quando tutte le posizioni vacanti nella Sezione disciplinare non saranno state coperte per la prima volta, i giudici di tale sezione sono designati dal presidente della Repubblica (v. paragrafo 18 delle presenti conclusioni); in secondo luogo, che la Sezione di cui trattasi è disciplinata, in una certa misura, da disposizioni che la distinguono dalle altre sezioni della Corte suprema, quali l’articolo 20 della legge del 2017 sulla Corte suprema, il quale stabilisce che le funzioni di primo presidente della Corte suprema sono esercitate dal presidente della Sezione disciplinare per quanto concerne i giudici che siedono in tale sezione (v. paragrafo 14 delle presenti conclusioni); in terzo luogo, che le disposizioni concernenti la sezione disciplinare sono state introdotte quali parti di un pacchetto legislativo di misure concernenti la riforma del sistema giudiziario polacco (v. paragrafo 1 delle presenti conclusioni); e, in quarto luogo, che alla Sezione disciplinare è assegnato il compito di pronunciarsi su cause che concernono, in particolare, il pensionamento dei giudici della Corte suprema e i procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici, aspetti che sono stati entrambi significativamente modificati da tale pacchetto di misure (v. paragrafi 15 e 17 delle presenti conclusioni) (93). Infatti, la legge di modifica del CNM del 2017 è entrata in vigore circa tre mesi prima della legge del 2017 sulla Corte suprema (v. paragrafi 11 e 21 delle presenti conclusioni), conferendo un ruolo siffatto al CNM nel selezionare i giudici che possono essere designati per la Sezione disciplinare dal presidente della Repubblica.
140. A tale proposito, osservo che, nella deliberazione che espone la sua posizione nelle presenti cause (94), la Sezione disciplinare pone l’accento sul fatto che, fra l’altro, la nomina dei giudici costituisce una prerogativa costituzionale del presidente della Repubblica, esercitata in cooperazione con il Consiglio nazionale della magistratura, e che la sezione disciplinare soddisfa i requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, poiché è istituita per legge e le disposizioni sul suo status, competenza e organizzazione interna garantiscono l’indipendenza e l’imparzialità di tale sezione e dei suoi giudici. Essa sostiene che l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici della Sezione disciplinare sono assicurate, in particolare, dalle regole sulla ricusazione dei giudici e devono essere valutate alla luce di una situazione di fatto concreta.
141. Indipendentemente dagli argomenti avanzati dal Procuratore generale e dalla Polonia, unitamente alla Sezione disciplinare, per quanto concerne le prerogative costituzionali del presidente della Repubblica concernenti la nomina dei giudici e le garanzie formali di indipendenza applicabili alla Sezione disciplinare, tali argomenti non sono sufficienti a dissipare i dubbi circa l’assenza di indipendenza oggettiva di detta sezione e il rischio, percepibile, che quest’ultima possa essere utilizzata come un sistema di controllo politico, quando esaminati alla luce delle considerazioni di cui ai paragrafi da 132 a 135 e 139 delle presenti conclusioni.
142. Inoltre, la situazione risultante nei procedimenti principali crea un’impressione amplificata della mancanza d’indipendenza, dal momento che i ricorrenti chiedono un organo giurisdizionale indipendente e imparziale per porre rimedio a una presunta lesione delle tutele relative alla loro inamovibilità e indipendenza. Per quanto riguarda il ricorrente nella causa C‑585/18, le disposizioni, nella loro forma attuale, risultano essere contrarie al principio della parità delle armi (95). Ciò è dovuto al fatto che il ricorrente ha ricevuto un parere negativo dal CNM, e al contempo, il CNM svolge un ruolo nella composizione della Sezione disciplinare, l’organo giurisdizionale dinanzi al quale il ricorrente può presentare un ricorso ai sensi del diritto polacco. Questo sembra problematico dal punto di vista della parità delle armi alla luce delle conclusioni che ho raggiunto riguardo alle lacune, in termini di indipendenza, della Sezione disciplinare causati dalla modalità con cui sono nominati i membri del CNM.
143. Vorrei sottolineare, tuttavia, che ciò non significa che i requisiti di indipendenza dei giudici debbano essere interpretati nel senso di impedire agli Stati membri di introdurre opportune riforme dei loro regimi concernenti, in particolare, la selezione dei giudici e la composizione dei consigli della magistratura o di organi analoghi, bensì che gli Stati membri sono tenuti ad introdurre tali riforme nel rispetto dei loro obblighi ai sensi del diritto dell’Unione, fra i quali l’obbligo di salvaguardare l’indipendenza dei loro organi giurisdizionali e dei loro giudici in conformità con l’articolo 47 della Carta.
144. Ciò premesso, gli argomenti sostenuti dal Procuratore generale e dalla Polonia fondati su presunte analogie tra le soluzioni introdotte in Polonia e quelle adottate in altri Stati membri non sono convincenti. Come osservato dai ricorrenti, le presenti cause riguardano la situazione in Polonia, avuto riguardo, in particolare, alle considerazioni di cui ai paragrafi da 132 a 135 e 139 delle presenti conclusioni (96). Occorre forse sottolineare, inoltre, che, in tale contesto, non esistono metri di giudizio differenti fra gli Stati membri, poiché, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, qualsiasi misura nazionale che pregiudichi l’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 47 della Carta non deve essere tollerata nell’ordinamento giuridico dell’Unione.
4. Valutazione sotto il profilo dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE
145. Oltre alla violazione dell’articolo 47 della Carta, la violazione dei requisiti di indipendenza della giustizia nelle circostanze dei procedimenti principali costituisce un vizio strutturale o generalizzato che pregiudica il contenuto essenziale dell’indipendenza della giustizia ai fini dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (97), violando così in modo più ampio lo Stato di diritto, come tutelato dall’articolo 2 TUE (98)?
146. Nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia (Independenza della Corte suprema) (C‑619/18) (99), ho sostenuto che le misure nazionali che abbassano l’età per il pensionamento dei giudici della Corte suprema, senza garanzie adeguate per proteggere il criterio dell’inamovibilità e salvaguardare la loro indipendenza, equivalevano in sostanza a un siffatto vizio strutturale, tale da incidere così sull’intero segmento dei giudici della Corte suprema. Nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18) (100), sono pervenuto alla medesima conclusione riguardo a misure nazionali che abbassano l’età pensionabile applicabile ai giudici dei tribunali ordinari, tale da incidere così sull’intero segmento del potere giudiziario polacco. Entrambe le riforme hanno influito sulla struttura del potere giudiziario polacco in modo generalizzato.
147. Rilevo che, nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) (101), la Corte sembra non essersi pronunciata in merito alla gravità della violazione delle prescrizioni che tutelano l’inamovibilità e l’indipendenza dei giudici nel contesto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Tale sentenza non include alcun rinvio a una violazione strutturale o generalizzata di tali norme (102).
148. Sono giunto alla conclusione che, in ogni caso, le circostanze relative ai procedimenti principali equivalgono a una violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma,TUE.
149. Pervengo a tale conclusione in primis in quanto la normativa polacca che istituisce una nuova sezione della Corte suprema, nel caso di specie la Sezione disciplinare, al fine di esaminare i ricorsi proposti dai giudici della Corte suprema che sono stati collocati a riposo in modo anticipato e illegittimo, in forza dell’articolo 19, paragafo 1, secondo comma, TUE è intimamente connessa ai problemi evocati nelle mie conclusioni di cui alla causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) e che hanno inciso sui giudici della Corte suprema in un modo generale. Nella sua sentenza del 24 giugno 2019 in detta causa (103), la Corte ha statuito che le misure interessate violavano l’articolo 19, paragrafo 1, TUE (v. paragrafo 2 delle presenti conclusioni).
150. Il CNM riveste un ruolo importante da svolgere nella nomina dei giudici di tale nuova sezione che, a un esame approfondito, sembra essere in contrasto con gli orientamenti europei e internazionali vertenti sull’indipendenza di tali organi dal potere legislativo ed esecutivo (v. paragrafi da 124 a 135 delle presenti conclusioni). Ciò apre una via per accedere a un elevato livello di influenza del potere politico sulla nomina dei giudici della Corte suprema, che incide sulla struttura del potere giudiziario polacco in termini generalizzati.
151. Inoltre, è tale nuova Sezione disciplinare che decide in merito alle controversie che coinvolgono giudici colpiti dalle misure recentemente qualificate come contrarie all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE come appena menzionato (v. paragrafo 149 delle presenti conclusioni). Tenuto conto del calendario delle nuove misure aventi ad oggetto l’elezione dei membri giudici del CNM e del ruolo che lo stesso svolge nello stabilire chi è assegnato alla Sezione disciplinare, questo pone potenzialmente a rischio la possibilità, per i giudici della Corte suprema che abbiano raggiunto la nuova età di pensionamento, di beneficiare di un equo processo dinanzi a un organo giurisdizionale indipendente, al fine di contestare le misure adottate a loro sfavore.
152. Pertanto, data la prossimità tra il problema sollevato nelle fattispecie di cui trattasi e quello che ho esaminato nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18), si deve considerare tale problema come strutturale e generalizzato e quindi atto a incidere sul «contenuto essenziale» dell’indipendenza giudiziaria garantita ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.
E. Sulla seconda questione nella causa C‑585/18, sulla terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 e sull’assunzione di competenza in quanto la Sezione disciplinare non è un organo giurisdizionale indipendente
153. Per l’ipotesi in cui la Corte ritenga che una sezione di un organo giurisdizionale nazionale di ultima istanza, quale la Sezione disciplinare di cui ai procedimenti principali, non soddisfi i requisiti di indipendenza dei giudici stabiliti dal diritto dell’Unione, il giudice del rinvio chiede se un altro giudice nazionale, quale esso stesso, sia tenuto, ai sensi del diritto dell’Unione, a disapplicare le disposizioni di diritto nazionale che gli impediscono di pronunciarsi sulle controversie.
154. La risposta a tale questione è affermativa, per i motivi esposti nel prosieguo.
155. Secondo una giurisprudenza costante, il primato del diritto dell’Unione implica che il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza giurisdizionale, norme di diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, ivi comprese disposizioni procedurali, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (104). Il giudice nazionale è tenuto, in particolare, ad assicurare, nell’ambito delle sue competenze, la tutela giuridica spettante in forza dell’articolo 47 della Carta e a garantire la piena efficacia di tali articolo, disapplicando all’occorrenza qualsiasi disposizione nazionale contraria (105).
156. Ne discende che, nelle presenti cause, le disposizioni nazionali che attribuiscono la competenza a pronunciarsi su una controversia che concerne il diritto dell’Unione a una sezione di un organo giurisdizionale nazionale di ultima istanza che non soddisfa i requisiti di indipendenza stabiliti all’articolo 47 della Carta e/o all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE devono essere disapplicate. Come osservato dalla Commissione, alla luce dell’importanza dell’indipendenza dei giudici ai fini della garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva dei singoli ai sensi del diritto dell’Unione, è necessario che un’altra sezione dell’organo giurisdizionale nazionale di ultima istanza, quale il giudice del rinvio nei procedimenti principali, possa disapplicare d’ufficio le disposizioni nazionali incompatibili con tale principio. I giudici nazionali sono tenuti a offrire un mezzo di impugnazione effettivo al fine di dare attuazione al diritto dell’Unione qualora un tale mezzo non sia altrimenti disponibile ai sensi del diritto nazionale (106).
VII. Conclusione
157. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Sądzie Najwyższym (Corte suprema, Polonia) come segue:
1) Non è necessario risolvere la prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18.
In via subordinata, l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che, nel caso della proposizione, dinanzi ad un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, di un ricorso fondato sulla censura relativa alla violazione del divieto di discriminazione in ragione dell’età nei confronti di un giudice dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, unitamente alla domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, tale organo, al fine di garantire la tutela dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione mediante l’adozione di un provvedimento provvisorio previsto dal diritto nazionale, è tenuto a disapplicare le disposizioni nazionali che riservano la competenza nella causa in cui è stato proposto il ricorso a una sezione del medesimo organo giurisdizionale, la quale non è operativa a causa della mancata nomina dei giudici che ne fanno parte.
2) I requisiti di indipendenza dei giudici previsti all’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che una sezione, di nuova istituzione, di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, competente a pronunciarsi sul ricorso di un giudice di un organo giurisdizionale nazionale e formata esclusivamente da giudici scelti da un’autorità nazionale preposta a vigilare sull’indipendenza degli organi giurisdizionali, segnatamente la Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura), la quale, in considerazione del suo modello istituzionale di organizzazione e delle modalità di funzionamento, non offre le garanzie di indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo, non soddisfa tali requisiti.
Una situazione siffatta è altresì vietata dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.
3) Una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, incompetente a conoscere di una fattispecie, la quale soddisfa i requisiti del diritto dell’Unione europea per essere considerata quale organo giurisdizionale, dinanzi alla quale è stato proposto il ricorso in una causa relativa ai diritti derivanti dal diritto dell’Unione, deve disapplicare le disposizioni della legge nazionale che escludono la sua competenza in tale causa.