SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
19 maggio 1999 (1)
«Aiuti concessi dagli Stati Nozione Credito d'imposta Recupero
Impossibilità assoluta»
Nella causa C-6/97,
Repubblica italiana, rappresentata dal professor Umberto Leanza, capo del servizio
del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente,
assistito dal signor Oscar Fiumara, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,
contro
Commissione delle Comunità europee , rappresentata dalla signora Laura Pignataro,
dal signor Anders C. Jessen, membri del servizio giuridico, e dal signor Enrico
Altieri, funzionario nazionale messo a disposizione del detto servizio, in qualità di
agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la
Cruz, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg,
avente ad oggetto l'annullamento della decisione della Commissione 22 ottobre
1996, 97/270/CE, concernente il regime di crediti d'imposta istituito dall'Italia a
favore del settore dei trasporti di merci su strada per conto terzi (C 45/95 ex
NN 48/95) (GU 1997, L 106, pag. 22),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai signori P.J.G. Kapteyn, presidente di sezione, G. Hirsch (relatore),
G.F. Mancini, H. Ragnemalm e R. Schintgen, giudici,
avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale
vista la relazione d'udienza,
sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 16 luglio 1998, in cui il
governo italiano era rappresentato dal signor Oscar Fiumara e la Commissione
dalla signora Laura Pignataro e dal signor Dimitrios Triantafyllou, membro del
servizio giuridico, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 17 settembre
1998,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- 1.
- Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 10 gennaio 1997,
la Repubblica italiana ha chiesto, ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE (divenuto,
in seguito a modifica, art. 230 CE), l'annullamento della decisione della
Commissione 22 ottobre 1996, 97/270/CE, concernente il regime di crediti
d'imposta istituito dall'Italia a favore del settore dei trasporti di merci su strada per
conto terzi (C 45/95 ex NN 48/95) (GU 1997, L 106, pag. 22; in prosieguo: la
«decisione controversa»).
- 2.
- La Repubblica italiana ha istituito, per gli esercizi finanziari 1993 e 1994, un regime
di crediti d'imposta a favore dei trasportatori italiani di merci su strada e una
compensazione a favore dei trasportatori comunitari non italiani in funzione del
consumo di carburante relativo alle percorrenze effettuate sul territorio italiano
secondo le modalità esposte nelle leggi 27 maggio 1993, n. 162 (GURI n. 123 del
28 maggio 1993), e 22 marzo 1985, n. 84 (GURI n. 68 del 22 marzo 1995), come
pure nel decreto legge 26 settembre 1995, n. 402 (GURI n. 226 del 27 settembre
1995).
- 3.
- Tale credito era configurato come abbuono d'imposta che gli autotrasportatori
italiani potevano scontare, a loro discrezione, dagli importi dovuti a norma
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone
giuridiche, dell'imposta locale sul reddito e dell'imposta sul valore aggiunto (in
prosieguo: l'«IVA»), nonché dalle trattenute alla fonte sui redditi dei lavoratori
subordinati e dalle compensazioni sul lavoro autonomo. I trasportatori italiani di
merci su strada ai quali si applicava il detto regime di credito d'imposta erano
quelli iscritti nel registro disciplinato dalla legge 6 giugno 1974, n. 298.
- 4.
- L'importo del credito d'imposta era stabilito in percentuale rispetto al costo
effettivo dei carburanti e lubrificanti, esclusa l'IVA, ma non poteva eccedere alcuni
limiti stabiliti in base al peso del veicolo a pieno carico, a seconda che tale carico
fosse inferiore a 6 000 kg, compreso tra 6 000 e 11 500 kg, compreso tra 11 500 e
24 000 kg e superiore a 24 000 kg. Gli importi massimi erano calcolati in base
all'ipotesi secondo la quale le quattro categorie di veicoli erano in grado di
percorrere rispettivamente 8, 6, 3,5 e 2,2 chilometri per litro di gasolio consumato.
- 5.
- Tale regime prevedeva inoltre, per ciascun periodo di applicazione, la concessione
di una compensazione a favore delle imprese di trasporti stabilite negli altri Stati
membri in funzione del consumo di carburante necessario a effettuare il percorso
sul territorio italiano. Le somme stanziate per tale compensazione ammontavano
rispettivamente, per il 1993 e per il primo e secondo semestre del 1994, a LIT 30,
15 e 8 miliardi.
- 6.
- Con lettera 4 dicembre 1995 (GU 1996, C 3, pag. 2) la Commissione ha informato
le autorità italiane della decisione di avviare il procedimento di cui all'art. 88, n. 2,
CE (ex art. 93, n. 2) nei confronti del regime fiscale in parola. Con la medesima
lettera la Commissione ha ingiunto alla Repubblica italiana, da un lato, di fornirle
tutti i documenti e le informazioni necessari a permetterle di esaminare la
compatibilità dell'aiuto e, dall'altro, di sospendere immediatamente il versamento
di qualsiasi nuovo aiuto configurabile come credito d'imposta.
- 7.
- Con lettera 26 marzo 1996 la Repubblica italiana ha presentato le proprie
osservazioni. Essa ha precisato, segnatamente, che i decreti ministeriali, i quali
avrebbero dovuto prevedere le modalità di concessione della compensazione a
favore delle imprese stabilite negli altri Stati membri, non erano ancora pronti nella
loro versione definitiva ma che, comunque, non sarebbero stati adottati per
rispettare l'ingiunzione della Commissione.
- 8.
- In esito al procedimento, il 22 ottobre 1996 la Commissione ha adottato la
decisione controversa i cui artt. 1, 2 e 3 dispongono:
«Articolo 1
Il regime di aiuti istituito dall'Italia a favore del settore dei trasporti di merci su
strada per conto terzi sotto forma di crediti d'imposta secondo le modalità esposte
nelle leggi 27 maggio 1993, n. 162 (GURI n. 123 del 28.5.1993), e 22 marzo 1995,
n. 84 (GURI n. 68 del 22.3.1995), nonché nel decreto legge 26 settembre 1995,
n. 402 (GURI n. 226 del 27.9.1995), è illegale essendo stato posto in essere
violando le regole di procedura dell'articolo 92, paragrafo 3, ed è incompatibile con
il mercato comune ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1 del trattato, perché non
soddisfa nessuno dei requisiti richiesti per l'applicazione delle deroghe di cui
all'articolo 92, paragrafi 2 e 3, né rispetta le condizioni poste dal regolamento
(CEE) n. 1107/70.
Articolo 2
L'Italia deve sopprimere l'aiuto di cui all'articolo 1, astenersi dall'adottare nuovi atti
legislativi e regolamentari che abbiano lo scopo di introdurre nuovi aiuti aventi la
forma descritta all'articolo 1 e deve recuperare l'aiuto stesso. Quest'ultimo deve
essere rimborsato secondo le regole di procedura e di applicazione della
legislazione italiana e deve essere maggiorato dell'importo degli interessi, calcolati
applicando il tasso di riferimento utilizzato per la valutazione dei regimi di aiuto
regionali, a decorrere dal giorno in cui l'aiuto è stato erogato fino alla data del
rimborso effettivo.
Articolo 3
Il governo italiano deve informare la Commissione, entro un termine di due mesi
a decorrere dalla notifica della presente decisione, delle misure adottate per
conformarvisi».
- 9.
- A sostegno del suo ricorso la Repubblica italiana adduce un solo motivo fondato
sulla violazione degli artt. 92 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art.
87 CE) e 88 CE (ex art. 93), motivo che si scinde in due parti, l'una principale e
l'altra subordinata.
- 10.
- In via principale, la Repubblica italiana sostiene che il regime di abbuono fiscale
non costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune poiché non
v'è attribuzione diretta o indiretta di risorse statali che falsi o minacci di falsare
la concorrenza incidendo sugli scambi intracomunitari. In via subordinata, essa fa
valere che è assolutamente impossibile procedere al recupero dell'aiuto di cui
all'art. 2 della decisione controversa.
Sul carattere di aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato CE (divenuto, in
seguito a modifica, art. 87 CE)
- 11.
- La Repubblica italiana, muovendo dalla constatazione che «l'articolo 92 non
distingue gli interventi in questione in base alla forma, alla causa o agli obiettivi,
ma li definisce in funzione dei loro effetti», rileva che essa avrebbe potuto
legittimamente ottenere lo stesso effetto di quello ottenuto con il credito d'imposta
riducendo l'importo dell'accisa sul carburante, con conseguente riduzione
proporzionale dell'IVA e del prezzo del gasolio alla pompa. Una disciplina siffatta
non sarebbe stata adottata perché, se fosse stata estesa a tutti i consumatori che
utilizzano il gasolio imprese e privati cittadini , avrebbe comportato
un'inaccettabile diminuzione complessiva delle entrate tributarie, mentre, se si fosse
proceduto ad una differenziazione al livello della vendita del gasolio tra gli
autotrasportatori e gli altri utilizzatori (in particolare i proprietari di autovetture),
non si sarebbe potuto trovare una soluzione soddisfacente allo scopo di prevenire
le frodi, per l'impossibilità di tenere distinte le erogazioni in favore rispettivamente
degli uni e degli altri.
- 12.
- La Repubblica italiana afferma poi che, a differenza di quanto constatato nel
secondo capoverso della parte IV della decisione controversa, il credito d'imposta
a favore degli autotrasportatori italiani non costituisce una deroga né temporanea
né definitiva all'applicazione di un regime fiscale generale. Infatti l'imposta sui
redditi delle persone fisiche o giuridiche, l'imposta lorda sui redditi e l'IVA, nonché
le trattenute alla fonte sui redditi dei dipendenti e le compensazioni sul lavoro
autonomo rimangono immutati nella forma e nella sostanza. La detrazione del
«bonus» fiscale, strettamente connessa alla quantità di gasolio ed olio combustibile
acquistata in Italia, costituirebbe infatti solamente un'operazione contabile sotto
forma di «compensazione di cassa», cioè un rimborso indiretto delle imposte
pagate sul carburante.
- 13.
- Secondo la Commissione la nozione di aiuto, prevista dal Trattato e riconosciuta
dalla giurisprudenza della Corte, nozione che è molto ampia, rende del tutto
irrilevante una ricerca sulla natura stessa della misura secondo il diritto nazionale
o secondo i principi di contabilità dell'impresa in questione, dal momento che è
pacifico che tale misura ha come effetto una diminuzione delle entrate per il
bilancio statale (in questo caso si tratta addirittura di entrate tributarie) e si traduce
in un corrispondente vantaggio nei confronti di determinate imprese.
- 14.
- Va ricordato in proposito che, secondo l'art. 92, n. 1, del Trattato, sono
incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra
Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto
qualsiasi forma, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o
minaccino di falsare la concorrenza.
- 15.
- Risulta dalla costante giurisprudenza della Corte che il concetto di aiuto
comprende non soltanto prestazioni positive come le sovvenzioni stesse, ma anche
interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri normalmente gravanti sul bilancio
di un'impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne
hanno la stessa natura e producono identici effetti (v. sentenze 23 febbraio 1961,
causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, Racc.
pagg. 1, in particolare 39, e 1° dicembre 1998, causa C-200/97, Ecotrade, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34).
- 16.
- Di conseguenza, un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità
accordino a determinate imprese un'esenzione fiscale che, pur non implicando un
trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione
finanziaria più favorevole di quella degli altri soggetti tributari passivi costituisce
aiuto statale ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato (sentenza 15 marzo 1994, causa
C-387/92, Banco Exterior de España, Racc. pag. I-877, punto 14).
- 17.
- Nel caso di specie, è sufficiente constatare che la normativa nazionale al centro
della decisione controversa era intesa a ridurre l'onere fiscale dei trasportatori di
merci su strada per conto terzi. Nella misura in cui essa soddisfa la condizione di
specificità che costituisce una delle caratteristiche della nozione di aiuto di Stato
(v. sentenza Ecotrade, citata, punto 40), è del tutto irrilevante accertare se altre
normative fiscali di cui avrebbe del pari fruito il settore controverso sarebbero
sfuggite alla qualificazione come aiuto ai sensi dell'art. 92 del Trattato.
- 18.
- La Repubblica italiana sottolinea inoltre che in Italia le accise sul gasolio, così
come sugli altri oli minerali, sono state da sempre una componente importante
delle entrate dello Stato e pertanto sono state fissate su livelli elevati, anzi, in
assoluto, al livello più elevato in tutta la Comunità. Essa rinvia a questo proposito
alle cifre riprodotte nel quinto capoverso della parte IV della decisione controversa,
cifre dalle quali emerge che le accise sul gasolio praticate negli Stati limitrofi sono
tutte sostanzialmente inferiori a quelle imposte in Italia.
- 19.
- Secondo la Repubblica italiana, contrariamente a quanto constatato nel settimo'considerando, secondo cui l'esistenza di disparità normative che provocano
distorsioni della concorrenza non giustifica la concessione di aiuti di Stato
compensativi, il regime introdotto ristabiliva una parità normativa (con un sistema
di rimborso più agevole rispetto a una riduzione della pressione fiscale, ma avente
effetti del tutto equivalenti) indispensabile per l'intero settore in questione.
- 20.
- La Commissione fa valere che una differenza di onere fiscale su un'attività non
può, da sola, giustificare l'erogazione di un aiuto di Stato. Nella specie il sistema
di credito di imposta si tradurrebbe in un incremento del margine lordo di
autofinanziamento di un solo settore economico, quello dei trasportatori italiani di
merci su strada per conto terzi, mediante una deroga temporanea all'applicazione
di un sistema fiscale generale. Non si tratterebbe pertanto di un'esenzione
giustificata dalla natura o dall'economia del sistema.
- 21.
- Dalla giurisprudenza della Corte emerge che la circostanza che uno Stato membro
cerchi di ravvicinare, attraverso misure unilaterali, le condizioni di competitività di
un determinato settore economico rispetto a quelle prevalenti in altri Stati membri
non può togliere a tali misure il carattere di aiuto (v., in tal senso, sentenza 10
dicembre 1969, cause riunite 6/69 e 11/69, Commissione/Francia, Racc. pag. 523,
punto 21). Va quindi esaminato se il credito d'imposta produca effetti negativi su
coloro che si trovino in concorrenza con i beneficiari, cioè gli autotrasportatori
stabiliti in altri Stati membri, sia per conto proprio, sia per conto terzi.
- 22.
- Al riguardo, la Repubblica italiana sostiene che non è previsto alcun rimborso a
favore delle imprese che effettuano trasporti per conto proprio, cosicché il prezzo
del gasolio grava per intero sui costi di distribuzione dei prodotti. Tuttavia, tale
parte del costo complessivo avrebbe solo un'incidenza marginale in quanto
costituirebbe soltanto una modesta componente accessoria nel più generale quadro
dei costi globali dell'attività principale dell'impresa e certamente non sarebbe
direttamente correlata con i costi di produzione a carico delle altre imprese
concorrenti nell'ambito del mercato comune. In ragione del carattere non
omogeneo delle attività in considerazione, sarebbe inaccettabile, come affermato
dalla Commissione nel sedicesimo capoverso della parte IV della decisione
controversa, comparare le condizioni di esercizio delle attività concorrenti senza
tener conto delle altre attività che potrebbero essere svolte dalle imprese.
- 23.
- Quanto agli effetti del «bonus» fiscale nel quadro della concorrenza fra le imprese
di trasporto in ambito comunitario, la Repubblica italiana sottolinea che,
contrariamente a quanto affermato nel nono capoverso, il meccanismo di calcolo
dell'ammontare del credito d'imposta, in particolare con riferimento ai massimali
previsti per ciascuna delle categorie di veicoli, non favorisce i veicoli di maggiore
capacità di carico, cioè quelli che verrebbero più spesso a trovarsi in concorrenza
sui mercati internazionali. Essa precisa che i trasportatori italiani recantisi all'estero
non operano unicamente nel territorio ove si recano con il carburante acquistato
in loco a prezzi più bassi; analogamente ai trasportatori non italiani, costoro
rientrano in Italia con i serbatoi pieni ed il gasolio acquistato all'estero non
concorre alla determinazione dell'ammontare del «bonus» fiscale. I maggiori
beneficiari del regime sarebbero pertanto i trasportatori italiani che non effettuano
trasporti all'estero.
- 24.
- La Commissione rileva che l'equilibrio sul piano della concorrenza tra i
trasportatori per conto proprio e i trasportatori per conto terzi può essere turbato
da un aiuto che riduce, per una di tali categorie, un costo che entrambe avrebbero
dovuto prendere in considerazione nello stesso modo nel calcolo del loro profitto.
Ciò varrebbe, naturalmente, sia per la discriminazione tra attività imprenditoriali
di trasporti eseguite per conto proprio o per conto terzi, sia per la discriminazione
tra grandi e piccole imprese di trasporti (tenuto conto del numero massimo di
veicoli per il quale la legge italiana autorizza il credito d'imposta).
- 25.
- Occorre ricordare che, secondo i termini del quattordicesimo capoverso della parte
IV della decisione controversa, «I trasportatori italiani di merci su strada per conto
terzi si trovano in concorrenza sia con trasportatori di merci su strada di altre
nazionalità, sia con trasportatori di merci su strada per conto proprio».
- 26.
- Quanto ai trasporti per conto proprio, il quindicesimo capoverso precisa che essi
rappresentavano, nel 1992, il 19,2% dei trasporti nazionali ed il 3,8% dei trasporti
internazionali effettuati da trasportatori italiani. Per quanto riguarda la concorrenza
con altre imprese comunitarie di trasporto per conto terzi, il diciassettesimo
capoverso segnala che, nel 1992, circa il 16,2% delle attività dei trasportatori
italiani di merci su strada per conto terzi, in termini di tonnellate-chilometro, era
costituito da trasporti internazionali.
- 27.
- La Repubblica italiana ammette che il sistema di credito d'imposta controverso
produce effetti negativi sulla competitività degli autotrasportatori italiani e stranieri.
Quanto al suo punto di vista secondo cui i veicoli di maggiore capacità di carico,
cioè quelli più esposti a trovarsi in concorrenza sul mercato internazionale, non
sono i più favoriti dal sistema, in quanto operano nel territorio italiano con il
gasolio comprato all'estero, che non concorre alla determinazione del bonus fiscale,
è sufficiente constatare che una tesi siffatta non è suffragata da alcun dato.
- 28.
- La Repubblica italiana sostiene infine che, per quanto riguarda la constatazione
contenuta nell'undicesimo capoverso, secondo cui le modalità della compensazione
non sono state né definite né attuate, l'emanazione del decreto di attuazione per
il versamento del contributo ai trasportatori non italiani è stata bloccata dall'avvio
del procedimento d'infrazione. Tuttavia, la mancata emanazione tempestiva di tale
normativa non impedirebbe agli interessati di presentare già oggi richieste di
rimborso sulla base della normativa in vigore. L'assenza, sino al momento attuale,
di tali domande dimostrerebbe un assoluto disinteresse per il sistema degli
operatori non nazionali, i quali hanno potuto operare in Italia con il pieno di
carburante acquistato a miglior prezzo nel territorio del paese di provenienza.
- 29.
- La Commissione osserva che, se è vero che i detti decreti non sono stati emanati,
il credito di imposta è tuttavia stato nel frattempo erogato agli autotrasportatori
italiani in virtù della normativa. Pertanto il governo italiano si sarebbe limitato a
non emanare ulteriori disposizioni nel rispetto delle ingiunzioni di cui all'art. 2 della
decisione impugnata, limitandosi ad applicare il regime discriminatorio in vigore,
operando così una «scelta» fra le disposizioni da applicare e di fatto applicando
la normativa per cui la Commissione aveva già aperto il procedimento d'infrazione.
La condotta dei trasportatori, non italiani, i quali non avevano presentato alcuna
domanda di rimborso, si spiegherebbe quindi proprio con l'assenza di una
normativa.
- 30.
- Va rilevato in proposito che, in assenza di disposizioni che precisino le modalità
di concessione della compensazione annunciata, gli autotrasportatori cittadini degli
altri Stati membri non potevano comunque avvalersi in modo utile del diritto ad
una siffatta compensazione.
- 31.
- Va pertanto respinta l'argomentazione fondata sull'assenza del carattere di aiuto
del controverso regime di credito d'imposta.
Sull'impossibilità di recuperare l'aiuto
- 32.
- Quanto all'obbligo, previsto all'art. 2 della decisione controversa, di recuperare
l'aiuto autorizzato, la Repubblica italiana fa valere che, da un lato, una domanda
di rimborso delle somme ai trasportatori, quale che sia la forma sotto la quale essa
avvenga, innescherebbe un conflitto sociale da cui lo Stato potrebbe solo uscire
perdente e, dall'altro, le operazioni tecnicamente necessarie per il recupero delle
somme in questione incontrerebbero difficoltà che possono ritenersi
ragionevolmente insormontabili a causa del cospicuo numero degli interessati e
della necessità di frazionare il «bonus» fiscale fra varie imposte e vari tassi di
imposizione.
- 33.
- Trattandosi, in primo luogo, di quest'ultimo argomento, il rappresentante del
governo italiano ha riconosciuto all'udienza che l'amministrazione finanziaria
italiana è in grado di individuare i diversi trasportatori italiani che hanno fruito del
«bonus» fiscale e di chiedere loro, per le vie ordinarie o giudiziarie, il rimborso.
- 34.
- In secondo luogo, quanto al primo argomento, è sufficiente ricordare che, poiché
il governo italiano non ha intrapreso alcun tentativo per recuperare il credito
d'imposta controverso, l'impossibilità di esecuzione della decisione di recupero non
può essere dimostrata (v. sentenza 29 gennaio 1998, causa C-280/95,
Commissione/Italia, Racc. pag. I-259, punto 15).
- 35.
- Dato quanto precede, il ricorso va respinto.
Sulle spese
- 36.
- A tenore dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica italiana
è soccombente nei suoi motivi e la Commissione ha concluso in tal senso, occorre
condannarla alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Sesta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Kapteyn Hirsch
Mancini
Ragnemalm Schintgen
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 maggio 1999.
Il cancelliere
Il presidente della Sesta Sezione
R. Grass
P.J.G. Kapteyn